FLESSIBILITA : Una leva strategica per la gestione del cambiamento

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1 POLITECNICO DI BARI Corso di GESTIONE DEI PROGETTI DI INNOVAZIONE A.A. 2006/07 2 semestre Corso di Laurea in Ingegneria Informatica, Automatica, delle Telecomunicazioni, Elettronica FLESSIBILITA : Una leva strategica per la gestione del cambiamento A cura di Dr. Ing. Domenico Aprile

2 INDICE Introduzione SCM (Supply Chain Management) e imprese multisito Supply Chain Supply Chain Management (SCM) FLESSIBILITA : un paradigma per l impresa moderna Il concetto di flessibilità Classificazione della flessibilità Misura della flessibilità

3 Introduzione Il mondo industriale sembra trovarsi di fronte ad un punto di svolta importante, poiché è sottoposto a continue sollecitazioni di carattere innovativo, derivanti dai turbolenti cambiamenti, a volte anche repentini, dell ambito competitivo. Tra le principali cause di tali turbolenze vanno inquadrati due concetti che risultano di assoluto rilievo e, in qualche modo, tra loro collegati: la crescente globalizzazione dei mercati; il ruolo centrale del cliente. Alcuni studiosi sono concordi nell affermare che il fenomeno globale affonda le sue radici nelle politiche colonialiste della metà dell ottocento e nel riconoscere in esso le caratteristiche di un processo storico, che ha tratto linfa e benefici dall assurgere dell economia a ruolo di volano del sistema socio-politico-economico (anni 40 del novecento). Per questo motivo, oggi la globalizzazione, piaccia o meno, è un fatto acquisito, con cui le aziende devono fare i conti, nel senso che tale fenomeno ha determinato una serie di cambiamenti che hanno influito su aspetti riguardanti sia il mondo esterno all azienda, che l organizzazione stessa della produzione, ovvero il sistema produttivo aziendale. Come può essere definita la globalizzazione? Come un processo, continuo e crescente, di scambio di materiali, tecniche ed informazioni fruibili su scala mondiale. Per il mondo industriale, ciò determina, da un lato, grandi opportunità legate alla possibilità di individuare modelli innovativi di sviluppo, dall altro rischi connessi alla turbolenza ed incertezza dei mercati. Un primo mutamento di scenario, dovuto alla globalizzazione, è la sofisticazione dei bisogni dei clienti, dovuta proprio allo scambio di gusti esigenze e culture, derivante dal contatto tra mondi diversi. Questo ha evidenziato la necessità di orientare la strategia di produzione verso il concetto di marketing, alla cui base c è l idea del customer satisfaction. In altri termini, non è più possibile perseguire il profitto pensando di poter creare i bisogni del cliente, tentando di vendere un prodotto che non lo soddisfa o, peggio, inutile; occorre, invece, saper interpretare e, al limite, influenzare, i bisogni della clientela ed organizzare la produzione in relazione al loro soddisfacimento. Proprio a causa di questa sofisticazione della clientela, unita alla crescita del fenomeno globale, è avvenuto lo stravolgimento del concetto di mercato locale, in cui era ben chiaro all azienda chi fossero i potenziali clienti, fornitori e, soprattutto, concorrenti. L avvento della competizione globale, favorita dell evoluzione dei trasporti e, in particolare, dalle comunicazioni, ha consentito ad alcune aree geografiche svantaggiate di colmare i gap geografici, culturali e tecnologici, coinvolgendo nella competizione nuovi soggetti (clienti, fornitori e imprese) che, con le loro caratteristiche, conferiscono una maggiore complessità e turbolenza al sistema economico mondiale. 3

4 L aumento della concorrenza e la necessità di soddisfare i bisogni della clientela, determinano la necessità che un impresa sia abile e tempestiva, più dei suoi concorrenti, nell individuare ciò che il mercato richiede e nel contenere il tempo di risposta alle richieste del mercato (Time-to-market). Non a caso si parla di Time Based Competition. Queste necessità determinano un aumento della complessità della produzione e, in particolare, della progettazione. Tale complessità induce le imprese a focalizzare la propria attenzione sulle cosiddette core activities, ossia su quelle attività assolutamente vitali per l impresa stessa, facendo ricorso, in modo sempre più massiccio all outsourcing (esternalizzazione delle risorse) per le altre attività, mantenendo, però, un controllo continuo e costante anche su di esse, attraverso, ad esempio, nuove forme di partnership con i fornitori, il cui ruolo diventa sempre più importante nel raggiungimento del vantaggio competitivo fissato dagli obiettivi strategici, tanto che essi diventano parte integrante del processo produttivo come avviene in una supply-chain, la cui corretta gestione è un importante critical success factor per il management. Alla luce di quanto detto, la gestione di un processo produttivo diventa sempre più complessa sia per la presenza di un gran numero di agenti (concorrenti, fornitori, mercati), sia per la elevata incertezza, esogena (domanda dei mercati e capacità di approvvigionamento) ed endogena (oscillazione della capacità produttiva dovuta non solo a guasti ed inefficienze ma anche ai tempi di set-up d impianto ai fini di poter adeguarsi alle richieste del mercato). In questo contesto, è essenziale la capacità dell impresa di mettere in piedi una struttura reticolare decentrata e ramificata che, seguendo i principi del network based business, renda flessibile la risposta del sistema, al fine di cogliere le migliori opportunità offerte dal sistema competitivo mondiale. La parola chiave per far fronte a tale turbolenza è, dunque, flessibilità: nella produzione, nella strategia e nell organizzazione della produzione. La flessibilità va intesa come una leva strategica cui l impresa può far ricorso per adeguarsi al cambiamento, ovvero come uno strumento che consenta all impresa di imparare a gestire l incertezza in un ottica che mira al raggiungimento di una stabilità dinamica, intesa come la capacità di ridurre i transitori di adattamento a nuovi scenari, raggiungendo un meccanismo adattativo che consenta il soddisfacimento delle mutevole richieste dei consumatori. 4

5 1. SCM (Supply Chain Management) e imprese multisito. Il fenomeno della globalizzazione investe tutte le dimensioni del vivere e dell agire quotidiano (politica, economia, cultura, informazioni, ecc ), a tal punto da diventare qualcosa di familiare e allo stesso tempo inconcepibile, difficile da affermare, ma che trasforma radicalmente la vita quotidiana, con una forza ben percepibile, costringendo tutti ad adeguarsi. Tuttavia, l aspetto che rappresenta il motore della globalizzazione è la nascita di una nuova economia virtuale, basata su flussi transnazionali, sempre meno materiali e più orientati ai dati ed alle informazioni. Come si esplica la globalizzazione nell economia? Ovvero: quali sono le conseguenze da essa provocate sulle imprese? La più evidente conseguenza del cambiamento imposto è, sicuramente, la nascita di un mercato-mondo. In altri termini, le imprese si sono trovate letteralmente catapultate in un ambito competitivo non più limitato (regionale o nazionale) ma, assolutamente, illimitato (mondiale), globale appunto. E chiaro che in questo contesto ha giocato e gioca tuttora un ruolo fondamentale l ICT, ossia l Information & Communication Technology, ed, in particolare, la diffusione della Rete delle Reti (Internet di massa). Per fronteggiare questo cambiamento, il mondo industriale ha adottato un concetto nuovo di espansione, ovvero di internazionalizzazione, che può ritenersi articolato in tre fasi. Durante la prima fase, l impresa ha esportato utilizzando fornitori e distributori locali. L offerta sui mercati esteri veniva ad essere soddisfatta attraverso l esportazione dei prodotti finiti. Nella seconda fase, pur conservando un elevato tasso di nazionalizzazione, ossia pur essendo fortemente legata alla propria nazionalità, l impresa ha iniziato ad installare proprie attività produttive in paesi esteri ritenuti chiave per il successo della propria strategia di sviluppo. Tuttavia, in questa fase, le varie unità produttive geograficamente distribuite, presentavano dei problemi di bassa integrazione reciproca, essendo state originate da esperienze contingenti e non essendo il frutto di un piano organico di sviluppo a livello mondiale. Infine, è arrivata la radicazione della propria attività nei vari contesti internazionali, quando l impresa ha cominciato a costruire le proprie reti di commercializzazione, decentrando, a volte, perfino un attività ritenuta chiave come la R&D (Research and Development, ricerca e sviluppo). Ed è proprio in quest ultima fase che è abbastanza agevole ritrovare i fondamenti, le idee che hanno portato alla costituzione dei sistemi aziendali multisito, per i quali risulta di assoluta rilevanza strategica la corretta e puntuale gestione della catena di fornitura (la supply chain). 5

6 1.1. Supply Chain Una delle conseguenze della globalizzazione più immediatamente visibili consiste nell emergere, sempre più come dominante, del concetto di network based business (NBB), ossia l impresa non più intesa a livello locale, bensì come una rete attraverso cui viaggiano risorse (umane e materiali) ed informazioni. Il NBB è attuale per una grande vastità di tipologie di business: telecomunicazioni, finanziarie, trasporti, ecc.in altri termini, è possibile affermare che la struttura reticolare proposta interessa, più o meno, tutti i tipi di produzione. Il concetto di NBB si esplica nella rappresentazione del sistema aziendale multisito, ovvero di una struttura produttiva reticolare, basato sulla teoria dei grafi, in cui ciascun nodo rappresenta un agente (sia esso mercato, impianto di produzione o di assemblaggio o, ancora, fornitore) e gli archi sono, invece, i vettori di veicolazione delle risorse, di qualunque natura e genere (informazioni, materie prime, semilavorati, prodotti finiti, ecc ). Quindi, l impresa a rete è un insieme di agenti (players) tra cui i principali sono: fornitori, impianti di produzione, distributori, rivenditori. Questo insieme coordinato di attori, informazioni, risorse (umane e materiali), teso a sviluppare valore per il cliente finale è definito, in letteratura, come Supply Chain (SC). Figura 1 un esempio di SC Una SC è un sistema complesso i cui diversi attori hanno spesso obiettivi conflittuali. Per esempio, i fornitori vorrebbero ricevere dagli impianti produttivi (o, più in generale, dallo stadio immediatamente a valle) ordini sufficientemente grandi in modo tale da stabilizzare la propria 6

7 produzione, senza dover ri-attrezzare continuamente i propri impianti (set-up). Sfortunatamente, tale desiderio contrasta con la necessità dei produttori di essere il più possibile flessibili per andare incontro alle esigenze della clientela, la cui domanda cambia continuamente. Ancora: nonostante i produttori tendano a perseguire una produzione a lotto continuo (in modo da evitare i set-up continui), i distributori preferiscono, invece ricevere piccoli lotti di merce, per evitare di doverli stoccare (immagazzinare), occupando spazio fisico in magazzino (ciò implica costo di giacenza a scorta), anche se questo implica un aumento dei costi di trasporto. Una SC è una struttura intrinsecamente dinamica e cambia continuamente nel tempo: ciò implica una continua evoluzione della domanda di mercato, della capacità di approvvigionamento dei fornitori e, più in generale, delle relazioni interne. Questo dinamismo può determinare alcune inefficienze come il Bullwhip Effect, ossia una amplificazione della varianza dell ordine procedendo da valle (clienti) verso monte (fornitori) della SC. Figura 2 Il Bullwhip effect 1.2. Supply Chain Management (SCM) Il Supply Chain Management (SCM) si riferisce la corretta gestione dei processi di una SC. Il SCM riguarda ogni attività coinvolta nella rete logistica, che ha un impatto sui costi, considerando anche i fornitori dei fornitori e i clienti dei clienti, le loro attività e le modalità con cui queste impattano sulle prestazioni dell intera catena di fornitura (la supply chain, appunto). Di conseguenza, il SCM deve essere orientate verso un efficiente e efficace gestione dell intera catena di fornitura, attraverso un approccio sistemico che riduca i costi dell intero sistema (scorte, trasporti, produzione, ecc ). 7

8 2. FLESSIBILITA : un paradigma per l impresa moderna. L instabilità economica che ha colpito i Paesi industrializzati durante gli anni settanta e la successiva globalizzazione dei mercati, a partire dai primi anni ottanta, hanno indotto il mondo industriale a considerare come cruciale la flessibilità di produzione. In realtà il paradigma competitivo basato sul concetto di flessibilità ha radici più lontane, dato che è, fino ad oggi, il punto di arrivo di una sorta di percorso che ha preso origine dal concetto di efficienza, passando attraverso l affermazione del concetto strategico di qualità, recepito piuttosto tardivamente dal mondo occidentale come fonte di vantaggio competitivo. L efficienza come prestazione fondamentale è stata la luce guida, l obbiettivo primario ed imprescindibile, nei primi anni del secolo scorso, in un epoca di grande crescita dell economia. Basato sul modello fordista-taylorista e, quindi, sulla standardizzazione del prodotto, affondava le sue radici nello scientific management e consentiva la crescita della produttività e l abbattimento dei costi grazie alle economie di scala ed all innovazione tecnologica, attraverso cui le imprese governavano i temporanei turbamenti dei mercati, stabilizzandoli o razionalizzandoli. Il modello fordista fu messo in crisi allorquando il mondo industriale classico (occidentale, insomma) entrò in competizione con i Paesi orientali (Giappone in primis). Questi recepirono prima e meglio le teorie di due studiosi americani (Deming e Juran) circa il concetto di qualità, da perseguire come leva per l ottenimento di un vantaggio competitivo sostenibile e, di conseguenza, riuscirono a far fronte in modo più efficace alle trasformazioni economiche sociali e tecnologiche in atto. Proprio le conseguenze di queste trasformazioni, ovvero la maggiore sofisticazione dei consumatori e l innalzamento del livello di competizione (conseguenza diretta della globalizzazione dei mercati), ha fatto assurgere il paradigma della flessibilità, a vari livelli, a strumento fondamentale per fronteggiare i continui cambiamenti di scenario, al fine di conseguire nuovi e più proficui vantaggi competitivi. In effetti, l offerta di una gamma più ampia di prodotti e la elevata frequenza di introduzione di nuovi prodotti sul mercato, ha acuito l attenzione verso prestazioni quali il time-to-market e l affidabilità delle consegne, che sono perseguibili a livelli ottimali solo attraverso l adozione di una adeguata flessibilità strategica ed operativa Il concetto di flessibilità La flessibilità deve essere considerata come un vero e proprio orientamento strategico che consente di affrontare la variabilità e l incertezza, sia esterna (fluttuazioni della domanda, variazioni 8

9 degli stock di fornitura) che interna (variazioni del volume e del mix di produzioni in seguito a guasti, set-up d impianto, ecc ) all azienda. Spesso, la flessibilità risulta essere una leva strategica che si affianca ad altre strategie del management quale, ad esempio, lo scaricare le fluttuazioni del mercato su altri anelli della supplychain. È interessante notare che la complessità ambientale determina, in modo oramai pressante, un cambiamento della flessibilità richiesta, poiché si passa da una flessibilità di tipo statico, basata su investimenti tecnologici e di impiantistica, ad una di tipo dinamico, ossia basata sulle capacità delle risorse umane di capire e, soprattutto, gestire il cambiamento. La flessibilità consente un rapido cambiamento delle priorità delle prestazioni a breve termine (bassi costi piuttosto che alta qualità, ecc ) nell ottica strategica del raggiungimento di un trade-off tra le varie prestazioni. Nel mondo competitivo moderno, il problema non è più monodimensionale, bensì multidimensionale. Infatti le aziende non tendono più a fissare una priorità assoluta di un obbiettivo e quindi definire gli altri in funzione di esso, determinando così, in modo automatico, ma non ottimale, il proprio posizionamento strategico sul mercato. Si preferisce agire su tutti gli indici prestazionali contemporaneamente al fine di determinare l ottimale posizione strategica. Alla luce di quanto detto finora, è evidente che il concetto di flessibilità è piuttosto vago, pur essendo critico per la competitività. Esiste una ampia letteratura che, tuttavia, sfocia nella seguente definizione, piuttosto generale: la flessibilità è la capacità del sistema di reagire ai cambiamenti causati sia da fonti endogene che esogene al sistema stesso. Da questa definizione scaturiscono alcune interessanti considerazioni. In primis, la flessibilità può essere vista tanto come una caratteristica potenziale del sistema, quanto come una sua prestazione effettiva. Nel primo caso, l analisi di basa su delle simulazioni basate su modelli di tipo probabilistico; nel secondo caso si fa riferimento a qualche misura operativa di flessibilità in seguito alla reazione del sistema a dei cambiamenti già avvenuti. In secondo luogo, la flessibilità può essere vista come uno strumento reattivo-difensivo (così come è intesa nella precedente definizione) ovvero proattivo-offensivo. In realtà, il primo aspetto sottintende al secondo, poiché l adattamento al cambiamento è condizione indispensabile da considerare anche in sede di progettazione e, quindi, di definizione degli obbiettivi strategici aziendali. 9

10 2.2. Classificazione della flessibilità La scarsa uniformità riscontrata nella definizione del concetto di flessibilità si riflette, inevitabilmente, sulla sua classificazione. In letteratura, infatti, esiste una gran varietà terminologica che rende difficoltoso identificare una tassonomia univoca. I criteri in base ai quali effettuare una classificazione variano dalle fasi di produzione o della catena del valore, alla distinzione tra flessibilità esterna o interna all azienda o, ancora, alla distinzione temporale della flessibilità ed altri ancora. Per gli scopi di questo lavoro, la flessibilità è da intendersi come capacità potenziale del sistema aziendale ad adeguarsi al cambiamento, ed è su questo criterio che vale la pena di insistere, anche perché è tra i più utilizzati. Tuttavia, proprio per questo motivo, esistono numerose varianti di tale criterio che sono state riassunte, nelle seguenti dimensioni principali, riassunte nella tabella 2.1. Accanto a queste dimensioni se ne potrebbero citare molte altre tra le quali, la più importante (e più citata) è la flessibilità di produzione, intesa come gamma di prodotti realizzabili dal sistema (varietà più che variazione della produzione). Tale concetto introduce il problema della misurazione della flessibilità, in quanto non è possibile, a-priori, conoscere l intero insieme di prodotti, e le possibile modifiche, potenzialmente realizzabili dal sistema. 10

11 FLESSIBILITÀ DESCRIZIONE Capacità del sistema di realizzare un nuovo prodotto in di prodotto relazione alle strategie di marketing Capacità del sistema di realizzare modifiche ad un prodotto in relazione alle richieste del mercato alle modifiche di prodotto (versione soft della flessibilità di prodotto, perché meno costosa) Capacità del sistema di far fronte a fluttuazioni del di volume volume della domanda di mercato attraverso variazioni del volume di produzione Capacità del sistema di realizzare combinazioni di mix differenti di prodotti a parità di volume complessivo Possibilità di investire per aumentare i volumi di di espansione (di capacità produttiva) produzione in maniera modulare Capacità del sistema di eseguire lavorazioni su di processo prodotti differenti attraverso set-up di impianti (cambi di attrezzaggio) Capacità del sistema di allocare i diversi prodotti alle di movimentazione proprie risorse in modo ottimale Capacità del sistema di realizzare un prodotto di percorso (routing flexibility) attraverso percorsi interni diversi. È strettamente legata alla flessibilità di movimentazione e di processo Capacità del sistema di operare in condizioni di ai materiali variabilità degli input. Coinvolge i rapporti con i fornitori Capacità di determinare cambi di programmazione in di programmazione base all assegnazione di priorità alle commesse Tabella 2.1 Dimensioni della flessibilità intesa come capacità di reazione al cambiamento 11

12 2.3. Misura della flessibilità Dalla definizione e successiva classificazione delle dimensioni della flessibilità dovrebbe essere chiaro che la flessibilità è, oggi, una leva strategica, uno strumento aziendale utile per conseguire altre prestazioni. Inoltre, l ampio filone di letteratura, che sfocia in una gran varietà tassonomica e nella conseguente difficoltà a definire la flessibilità, nonché la difficoltà nell individuare dei criteri oggettivi in base ai quali classificarla, conferiscono al concetto una complessità e poliedricità notevoli. Ciò si riflette nella difficoltà ad esprimere una misura della flessibilità che includa tutti gli aspetti del problema. Pur essendo presenti, in letteratura, dei tentativi di sintesi, la misura della flessibilità rimane, comunque, legata al contesto ed agli obiettivi dell analisi. Pur essendo presenti varie teorie miranti ad una misura diretta della flessibilità, spesso la misura della stessa avviene per via indiretta, ossia attraverso l analisi di altre prestazioni e caratteristiche influenzate dalla flessibilità. esempio: Le misure dirette si suddividono in oggettive e soggettive. Tra le prime vanno annoverate, ad range di opzioni disponibili in un dato istante; entropia ed aspetti collegati ad aleatorietà e gradi di libertà; analisi della varietà dell output. Tra le seconde vanno ricordati i giudizi espressi mediante le scale di Likert. Le grandezze adoperate come misura indiretta della flessibilità si suddividono in caratteristiche che la favoriscono e prestazioni ad essa collegate. Le prime possono essere di natura tecnologica (FMS) o organizzativa - gestionale (team working e modular design). Le seconde possono essere suddivise in vari modi. Uno di questi prescrive l individuazione di due categorie: economiche (costi e ricavi) e non-economiche (qualità e tempi). Un'altra suddivisione può essere fatta in base al contesto di analisi, ovvero al comportamento del sistema, tra valori di performance: statiche (vendite perse, utilizzo della capacità produttiva, ecc ) e dinamiche (work in process, lead time di impianto o di sistema, ecc ). E chiaro che una classificazione non esclude l altra e, spesso, sono trasversali tra di loro. 12

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