Modelli di Sistemi di Produzione

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1 Modelli di Sistemi di Produzione

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3 Indice 1 I sistemi di produzione Generalità I principi dei sistemi manifatturieri Descrizione dei principali sistemi produttivi I modelli matematici per il supporto alle decisioni L approccio modellistico-ottimizzatorio La formulazione dei modelli Alcune convenzioni Le 9 regole della formulazione Ottimizzazione dei sistemi di produzione Parametri strategici dei sistemi produttivi La gestione dei sistemi di produzione Il ruolo dei modelli matematici La gestione dei flussi produttivi: le logiche push e pull La linea di produzione Il carico lavorativo, il tasso di produzione, le relazioni di incompatibilità Dimensionamento di una linea Stime sul numero minimo di stazioni Complessità del problema L euristica RPWT L euristica COMSOAL Alcune note pratiche in merito alla natura stocastica delle durate dei lavori i

4 ii INDICE 4.4 Bilanciamento dei carichi in una linea di produzione Trade-off tra dimensionamento e bilanciamento Rappresentazione e soluzione di un problema di bilanciamento Trasformazione di formati Ulteriori vincoli in fase progettuale Formulazioni di vincoli logici Alcuni casi di studio Analisi di alcuni aspetti dei problemi proposti Coefficienti di inattività e di efficienza Work in process e tempo di attraversamento Bilanciamento Multi-Prodotto e a Prodotto Misto Linee Multi-prodotto Linee a Prodotto Misto Vincoli temporali. Linee push e pull Sequenziamento in una linea di produzione Gestione dei tempi di set up Determinazione della linea più corta

5 Capitolo 1 I sistemi di produzione 1.1 Generalità Per sistema si intende un insieme di elementi interagenti, coesi al raggiungimento di un obiettivo. In particolare un sistema è caratterizzato da: Obiettivi: l insieme degli scopi che giustificano l esistenza del sistema; Struttura: gli elementi che lo compongono, raggruppabili in diversi sottosistemi; Processi: le attività svolte dagli elementi della struttura, i cui effetti sono rivolti sia all interno del sistema stesso, che all esterno; Interrelazioni: le relazioni che intercorrono fra i sotto-sistemi, fra i processi, fra i sotto-sistemi e i processi. In generale, qualsiasi tipo di organizzazione può essere descritta secondo un approccio sistemico, specificandone gli obiettivi, le parti, i processi e le interrelazioni. Comprendere il sistema così descritto, allora, corrisponderà a comprendere il comportamento dell organizzazione nel suo insieme. Gli obiettivi di una azienda sono i suoi fini istituzionali e variano a seconda della tipologia d azienda: per un azienda pubblica di servizi, l obiettivo è quello di fornire alle migliori condizioni possibili di qualità e di costo un insieme di servizi (di trasporto, di comunicazione, etc.); per un azienda privata l obiettivo è quello di ottenere degli utili, attraverso la progettazione, la produzione e la vendita di beni. 1

6 2 CAPITOLO 1. I SISTEMI DI PRODUZIONE Per un azienda di produzione, in particolare, si può senza dubbio affermare che il principale obiettivo sia quello di creare valore, sia per i clienti che soddisfano una propria utilità nell acquisizione dei beni, sia per se stessa, con l ottenimento di un profitto monetario dalla vendita dei prodotti. Le parti di una azienda sono gli elementi costitutivi dell azienda stessa. E utile notare come tra questi non vi sono solo gli elementi fisici (macchine, impianti, etc.), ma anche delle pure unità organizzative (direzioni, servizi, uffici, etc.). Un sistema di produzione è costituito da insiemi interagenti di operazioni (task), di materiali, di risorse, di prodotti, di piani e di eventi. I piani contengono i piani di processo, ovvero i percorsi (routing) degli elementi nel sistema, e i piani di produzione. I processi sono tutte le funzioni necessarie per conseguire gli obiettivi operativi che l azienda si prefigge, e si attuano all interno della struttura. L obiettivo operativo di un sistema manifatturiero è la produzione, ovvero il processo di trasformazione di materie prime in prodotti finiti. Per poter quindi comprendere meglio i processi di una azienda, è opportuno approfondire il concetto di risorsa. Per risorsa aziendale si intende ogni entità che l azienda utilizza nei suoi processi per perseguire i propri obiettivi operativi. Sono risorse i prodotti o i servizi offerti dall azienda, i materiali utilizzati, gli immobili, ma sono risorse anche il denaro e le persone utilizzate per produrre. Oltre alle risorse citate, che sono esempi delle cosiddette risorse interne, si devono anche considerare le risorse esterne, sulle quali l azienda opera soltanto in maniera indiretta quali, ad esempio, l ambiente sociale e gli operatori economici. L acquisizione delle risorse per una azienda manifatturiera è un momento fondamentale del processo produttivo dato che ad ogni risorsa è associato un costo. Inoltre, la scelta di una risorsa tecnologicamente più avanzata di un altra può voler significare una maggior rapidità di esecuzione e precisione del processo a cui essa viene associata. Nella letteratura si trovano un gran numero di classificazioni delle risorse di una azienda. Specificatamente per un sistema manifatturiero le risorse possono distinguersi in: Risorse materiali: sono tutte le risorse previste dalla distinta base di un prodotto, ovvero le risorse necessarie sui diversi livelli di lavorazione per la realizzazione del prodotto. La quantità di risorsa da acquisire

7 1.1. GENERALITÀ 3 o da produrre, e l istante in cui ciò vada fatto (funzione del tempo di consegna del prodotto) viene stabilita tramite dei sistemi di pianificazione del fabbisogno, che si avvalgono di vari criteri decisionali (MRP, JIT, etc.). Risorse produttive proprietarie: sono tutte le risorse impiantistiche e macchinarie gestite direttamente e utilizzate per realizzare la produzione stessa. Il costo di disponibilità di tali risorse è fisso e può comprendere i costi di ammortamento, i costi di manutenzione ed i costi di alimentazione. L ambito operativo non può intervenire sensibilmente su tali costi, ma può perseguire la massima produttività; tale obiettivo viene tipicamente definito saturazione delle risorse produttive. Risorse operative: sono le risorse necessarie e non strettamente produttive (risorse umane). Il loro utilizzo è commisurato al fabbisogno. Compito della programmazione operativa è gestire gli impegni di risorse umane in maniera flessibile e coerente con quella delle risorse produttive. Inoltre risorse operative e risorse produttive costituiscono i centri di lavoro che rappresentano un vincolo importante sulla capacità produttiva stessa. Risorse strumentali: sono risorse la cui gestione riveste importanza strategica per il vincolo sulla capacità produttiva. La programmazione operativa deve gestire tutte le situazioni di contemporaneità dal momento che un particolare attrezzo, del quale esiste un solo esemplare, è in grado di penalizzare la capacità produttiva di più centri di lavoro. Risorse produttive esterne: i motivi per i quali si adotta una lavorazione in conto terzi possono essere sistematici o temporanei; nel caso della pianificazione e programmazione della produzione si ricorre a questo tipo di soluzione, dopo avere saturato le risorse produttive interne, qualora la capacità produttiva dovesse risultare insufficiente. A livello di programmazione aggregata vengono stipulati accordi preliminari con i terzisti così da poterli considerare, in fase di programmazione operativa, come unità di lavorazione con capacità, tempi medi di risposta e costi già definiti.

8 4 CAPITOLO 1. I SISTEMI DI PRODUZIONE A partire dalle risorse è possibile costruire un modello del sistema di produzione e dei suoi processi, e definire poi le unità strutturali nelle quali avvengono i processi e sono quindi gestite le risorse. Una volta costruito il modello del sistema, per comprenderne il comportamento, si devono individuare le interrelazioni tra gli elementi. La caratteristica privilegiata in questo senso è il flusso di spostamento degli elementi (materiali, prodotti, informazioni, risorse) all interno dei confini del sistema, e quindi l analisi del cambiamento di stato del sistema stesso che questo genera nel tempo. I materiali, vengono spostati attraverso il personale impiegato, i mezzi di movimentazione, le macchine, e subiscono le lavorazioni tali da essere trasformati in prodotti. Le risorse sono assegnate ai task, che ne hanno bisogno per effettuare tali trasformazioni. Gli eventi sono gli istanti di tempo in cui le risorse iniziano e terminano un task. L informazione sullo stato delle risorse, dei materiali e dei prodotti, indica lo stato del sistema in ogni istante di tempo. 1.2 I principi dei sistemi manifatturieri Come per tutta l ingegneria, anche lo studio dei sistemi manifatturieri si basa su dei principi o leggi. Questi che seguono sono le principali leggi che regolono tale studio. Prima legge: Legge di Little. Il work in progress nei sistemi manifattuerieri è dato dal prodotto tra il tasso di produzione ed il tempo di attraversamento nel sistema. Tale legge prende il nome di legge di Little (Little 1961) ed è probabilmente la più conosciuta nei sistemi manifatturieri. Il WIP ed il tempo di attraversamento sono intesi come valori medi. La legge si applica a tutti i livelli del sistema e va intesa a regime nel sistema. Quindi, fissato un tasso di produzione, il WIP varia in modo direttamente proporzionale al valore del tempo di attraversamento. La minimizzazione del WIP passa quindi attraverso la minimizzazione del tempo di attraversamento che si ottiene attraverso lo spostamento del carico massimo del sistema a monte e attraverso la riduzione del carico massimo del sistema. La minimizzazione del WIP comporta una riduzione della quantità di materiale nel sistema con una

9 1.2. I PRINCIPI DEI SISTEMI MANIFATTURIERI 5 conseguente riduzione dei costi associati al mantenimento a scorta e al controllo del processo produttivo. Seconda legge: La materia si conserva. I modelli manifatturieri sono progettati con l ipotesi di soddisfare equazioni di bilanciamento mostrando che la differenza tra il materiale che entra in un area di lavoro e quello che esce deve essere uguale alla quantità accumulata in magazzino. La legge vale ad ogni livello, sia di area di lavoro che di sistema complessivo. Terza legge: Più grande è lo scopo del sistema, meno affidabile è il sistema. Sistemi produttivi di grandi dimensioni sono per loro natura difficili di progettare, coordinare e mantenere. Un semplice risultato dalla teoria dell affidabilità è che se nel nostro sistema abbiamo n componenti indipendenti ciascuno con affidabilità r i, con i = 1,..., n, allora la probabilità che l intero sistema sia operativo è n i=1 r i. Dato che r i 1 aggiungere componenti al sistema implica una riduzione dell affidabilità complessiva. Naturalmente, si possono fare aggiunte in parallelo e miglioramenti locali sui singoli componenti per aumentarne l affidabilità, ma la direzione generale dell affidabilità rimane quella di diminuire all aumentare della complessità del sistema. Supponiamo di raddoppiare lo scopo del sistema, vale a dire i componenti che devono essere operativi nel sistema per il suo funzionamento. Il nuovo sistema avrà quindi n = 2n componenti. Assumiamo inoltre che l affidabilità di questi sia uguale per tutti ovvero r i = r ed r i = r. Il nuovo sistema avrà la stessa affidabilità del precedente se r n = r 2n. Questo si raggiunge quando r n = r 0.5. Se per esempio r = 0.9 allora si dovrà avere r Raddoppiare quindi la dimensione del sistema implicherà che l inattività dei suoi componenti dovrà essere ridotta della metà. Quarta legge: Gli oggetti decadono. Nella progettazione dei sistemi manifatturieri si deve tenere conto che i sistemi decadono al pari dei macchinari che lo compongono. Quindi anche un sistema flessibile progettato per durare il più a lungo nel tempo tenderà a usurarsi nel tempo al pari delle macchine obsolete. La flessibilità aiuta nell adattamento al cambiamento dell ambiente nel ciclo di vita, ma il ciclo di vita è scarsamente influenzato dalla flessibilità.

10 6 CAPITOLO 1. I SISTEMI DI PRODUZIONE Quinta legge: La complessità cresce esponenzialmente. Se un sistema ha m componenti, ciascuno dei quali può trovarsi in n stati differenti, allora il sistema ha n m possibili stati complessivi. Ciscuno di questi deve essere considerato nella progettazione del sistema. Sesta legge: La tecnologia migliora. In contrapposizione con la quarta legge dove gli oggetti che compongono il sistema decadono in termini di efficacia e capacità di soddisfare la domanda del mercato, bisogna tenere in conto il fatto che all esterno c è un continuo lavoro verso il miglioramento delle tecnologie e quindi quello che oggi rappresenta la frontiera in questi termini domani sarà superato e andrà aggiornato. Settima legge: I componenti del sistema si comportano in modo casuale. Le operazioni che eseguiamo nel sistema non avranno mai la stessa durata, anche se sono esattamente le stesse ad ogni ciclo produttivo. Inoltre, proprio per la natura degli eventi, è difficile predirre con precisione la durata di ogni evento. Possiamo associare ad esso un valore atteso ed una varianza. Ciononostante spesso si assumerà che la variabilità rispetto al valor medio sarà poco significativa e quindi si potrà modellare il sistema in prima approssimazione sotto un ipotesi di determinismo. Ottava legge: La razionalità umana è limitata. Simon (1969) discusse ampiamente questo concetto di razionalità limitata ed i limiti della capacità del ragionamento umano. Noi tendiamo ad avere un pensiero lineare che considera un attività alla volta. La nostra memoria di breve termine è limitata a sette item e la nostra visione concettuale è limitata alle esperienze del mondo che ci circonda. Questo, unito all esponenzialità riportata nella quinta legge, ci porta a dire che spesso bisogna tendere non all ottimalità di una soluzione ma al soddisfacimento dei requisiti che essa deve soddisfare e chiedersi quando una soluzione è sufficientemente buona, almeno per quel momento, e poi capire gli spazi per un possibile suo miglioramento. Nona legge: Combinare, semplificare e eliminare permettono di risparmiare tempo, denaro ed energia. Il concetto legato ai vantaggi che si hanno dalla combinazione e semplicazione di attività

11 1.3. DESCRIZIONE DEI PRINCIPALI SISTEMI PRODUTTIVI 7 necessarie e all eliminazione di quelle non necessarie è evidente e non serve stressarlo ulteriormente. Ogni attività consuma tempo, denaro ed energia e quindi tali concetti sono strettamente legati ad un risparmio in ognuna di queste direzioni. 1.3 Descrizione dei principali sistemi produttivi I sistemi manifatturieri possono essere classificati in base a diverse caratteristiche. Tra queste, quella riferita al flusso dei materiali che viaggiano nel sistema è una delle più diffuse ed efficaci, in quanto il flusso caratterizza l interazione tra gli elementi ed i processi del sistema stesso. In questa ottica un sistema di produzione si può classificare secondo quattro differenti categorie: sistemi orientati al prodotto, sistemi orientati al processo, tecnologie di gruppo, sistemi a postazioni fisse. I sistemi orientati al prodotto sono progettati attorno al prodotto. Essi sono noti anche come linee di produzione dato che il prodotto, una volta entrato nel processo, subisce le operazioni in modo sequenziale, senza mai tornare su macchine o risorse in generale che hanno già effettato lavorazioni sul prodotto. Quindi i materiali entrano nella linea e procedono nello stesso verso fino all uscita del sistema. Indubbiamente, le linee di produzione sono i più efficienti ed i più efficaci layout produttivi quando si ha a che fare con elevati volumi produttivi. Formare una disposizione delle macchine e delle risorse orientata al prodotto significa rendere dedicati i processi richiesti da quest ultimo; quindi c è una tendenza di questi sistemi ad essere economicamente più costosi in termini di macchine complessive utilizzate, a meno che il prodotto abbia un volume tale da assorbire il costo per riarrangiare le varie facility in una linea e il costo dovuto al deprezzamento dell equipaggiamento mentre la linea è in essere.

12 8 CAPITOLO 1. I SISTEMI DI PRODUZIONE Spesso però molti prodotti non hanno una domanda sufficiente per giustificare una linea. Infatti, le macchine scelte per un processo in linea non sono facilmente adattabili per altri prodotti. La risposta a necessità diverse, dove si può avere a che fare con prodotti a domanda bassa o che richiedono variazioni sostanziali in tempi decisamente brevi, è data dall uso di job shop o dei così chiamati sistemi produttivi orientati al processo. In questo tipo di layout i reparti o centri di lavoro sono composti da macchine in grado di poter eseguire lo stesso tipo di lavorazione. In un sistema produttivo di questo tipo, ad esempio, un reparto può essere formato da torni, un altro da presse ed un altro ancora da macchinari per test termici. Parti di un prodotto assegnate ad uno stesso centro di lavoro possono richiedere lo stesso tipo di lavorazione con attrezzaggi diversi e tempi di set-up diversi. Sistemi produttivi di tipo group technology possono essere utilizzati per convertire sistemi orientati al processo in sistemi pseudo orientati al prodotto. Parti simili di un prodotto, ovvero parti che richiedono processi lavorativi simili, sono raggruppati insieme in quantità sufficienti da giustificare le loro macchine personali. Tale raggruppamento forma una cella di lavorazione che è atta a produrre esclusivamente questo insieme di parti. Un sistema a postazioni fisse si realizza in caso di prodotti, quali una nave, un palazzo, un aeroplano, che a causa della loro elevata dimensione rendono impraticabile (spesso impossibile come nel caso di un edificio) lo spostamento del prodotto tra le operazioni da processare. A differenza delle altre tipologie di sistemi produttivi appena discussi, nei sistemi a postazioni fisse tutti i processi produttivi girano attorno al prodotto. La classificazione dei sistemi produttivi può essere fatta attraverso lo schema riportato in Figura 1.1 In base allo schema in figura si possono utilizzare tre principali caratteristiche per classificare un sistema di produzione: Il modo di rispondere alla domanda; Il modo di realizzare il prodotto; Il modo di realizzare il volume di produzione. Relativamente al modo di rispondere alla domanda possono essere individuati tre differenti scenari:

13 1.3. DESCRIZIONE DEI PRINCIPALI SISTEMI PRODUTTIVI 9 Figura 1.1: Classificazione dei sistemi di produzione.

14 10 CAPITOLO 1. I SISTEMI DI PRODUZIONE Produzione su commesse singole: l azienda riceve ordini per diversi prodotti o lotti di piccole dimensioni per i quali elabora il processo produttivo che può andare dalla progettazione (totale o parziale) allo sviluppo dei cicli di lavorazione fino alla produzione finale. Produzione su commesse ripetitive: l azienda lavora su catalogo o comunque su una gamma di prodotti ben definiti; vengono definiti anticipatamente tutte le caratteristiche progettuali e tecnologiche del prodotto, ma la produzione inizia solo dopo il manifestarsi dell ordine del cliente. Produzione per magazzino (su previsione): l azienda realizza, in genere prima del maniferstarsi degli ordini, volumi elevati di prodotti che colloca in un magazzino da cui successivamente servirà i clienti. Nello schema assume particolare rilievo la classificazione secondo il modo di realizzare il prodotto. A volte gli elementi che costituiscono il bene finale non possono essere facilmente identificati: il prodotto non può pertanto essere scomposto a ritroso, poichè i componenti originali non sono più distinguibili o hanno cambiato natura. In questi casi si parla di produzione per processo, ne sono un esempio i procedimenti utilizzati per ottenere acciaio, carta e cemento. Altre volte il bene ottenuto è costituito da un certo numero di componenti, o parti, in genere di diversa natura. Si può parlare allora di produzione per parti o manifatturiera; si pensi per esempio a prodotti quali automobili, elettrodomestici e apparecchiature elettroniche. Una caratteristica immediata di questo tipo di produzione è che un prodotto richiede una fase di assemblaggio con la conseguenza che il processo produttivo associato comprende quindi sia fasi di fabbricazione che fasi di montaggio. In genere il primo tipo di produzione (per processo) è caratterizzata da un ciclo tecnologico ben definito e vincolante, si parla perciò di ciclo tecnologico obbligatorio. I procedimenti del secondo tipo invece sono caratterizzati da una grande varietà nei cicli tecnologici delle parti componenti, cicli che spesso ammettono numerose varianti, e possono essere pertanto definiti come cicli tecnologici non obbligati. L ulteriore classificazione che ci rimane da analizzare è quella in base alla realizzazione del volume di produzione. Anche in questa classificazione possiamo individuare tre tipologie di produzioni:

15 1.3. DESCRIZIONE DEI PRINCIPALI SISTEMI PRODUTTIVI 11 Figura 1.2: Classificazione delle tipologie di sistemi di produzione.

16 12 CAPITOLO 1. I SISTEMI DI PRODUZIONE Unitarie: la variabilità dei cicli di produzione è molto elevata e l attività produttiva è organizzata per ottenere le quantità richieste dai singoli ordini. Per lotti: i cicli sono meno variabili nel tempo, i prodotti vengono realizzati per lotti di dimensioni anche superiori ai fabbisogni immediati in modo da formare delle scorte destinate a soddisfare eventuali richieste quando gli impianti saranno impegnati per la realizzazione di altri prodotti. Continue: i cicli restano costanti nel tempo anche per periodi estesi, si ha quindi la produzione ininterrotta di un prodotto dalle caratteristiche omogenee nel tempo e un magazzino polmone. Le correlazioni esistenti tra caratteristiche del prodotto e le tipologie del processo di fabbricazione da impiegare sono ben rappresentate dalla matrice prodotto - processo, vedi Figura 1.3. Le condizioni ideali sono quelle corrispondenti ai punti della diagonale principale (area di coerenza). In tal senso un azienda che lavora pezzi con caratteristiche assai variabili e ciascuno in serie pressochè uniche, è opportuno che impieghi un processo di lavorazione discontinuo di tipo job shop. Un azienda la cui produzione è di tipo standard, limitata ad un numero non elevato di modelli, ciascuno però fabbricato in grandi quantità, fa ricorso ad un processo produttivo di tipo ripetitivo organizzato su linee di assemblaggio. La produzione di beni di largo consumo, o comunque richiesti in grandi quantità, dovrà necessariamente operare mediante processi di lavorazione continui. Il posizionamento dell azienda in punti al di sopra o al di sotto della diagonale principale è indicativo di condizioni di lavoro non perfettamente bilanciate, sulle quali si possono formulare le considerazioni che seguono: Un punto al di sopra della diagonale indica che: Gli investimenti fissi realizzati sono limitati; Il sistema produttivo ha una struttura sufficientemente flessibile da consentire variazioni abbastanza rapide dell assetto produttivo in caso di mutamento della domanda. Infatti la parte al-

17 1.3. DESCRIZIONE DEI PRINCIPALI SISTEMI PRODUTTIVI 13 Figura 1.3: Matrice prodotto - processo.

18 14 CAPITOLO 1. I SISTEMI DI PRODUZIONE ta della matrice è caratterizzata da macchine general purpose organizzate in base al layout di processo. I costi di fabbricazione sono elevati giacchè vengono impiegate nella produzione macchinari ed attrezzature non specialistiche. Un punto al di sotto della diagonale indica che: Gli investimenti fissi realizzati sono molto elevati in quanto sono stati installati impianti e macchinari specialistici, costruiti su misura per lo specifico processo che si intende sviluppare. Il sistema produttivo ha una struttura scarsamente flessibile, dovuta alla natura specialistica delle risorse utilizzate. In tal senso risulta difficile adeguare la produzione ad eventuali mutamenti nelle caratteristiche del prodotto desiderato. I costi unitari di fabbricazione sono ovviamente i più bassi possibili, in virtù delle attrezzature e delle macchine specialistiche impegnate nella produzione. In definitiva la matrice prodotto processo dà l idea del corretto equilibrio tra economia di scala e flessibilità operativa. L automazione flessibile consente di realizzare anche piccoli volumi di produzione in maniera rapida ed economica. In tal senso l automazione flessibile induce ad uno spostamento a destra della diagonale principale; ossia rende l organizzazione del lavoro di tipo discontinuo job shop conveniente anche nel caso di produzione di articoli in piccole quantità ma molto numerosi e diversificati. Dopo aver classificato i vari tipi di sistemi produttivi e dopo avergli dato locazione all interno della matrice prodotto - processo, ora analizzeremo la disposizione delle stazioni operative, ovvero studieremo il loro layout. La scelta del layout, per quanto riguarda i processi di produzione manifatturiera viene presa in base a vari parametri che possono essere: 1. Numero di movimentazioni (materiali - uomo -macchina) 2. Altro: Layout a posizione fissa; Layout per reparti e linee di lavorazione o montaggio.

19 1.3. DESCRIZIONE DEI PRINCIPALI SISTEMI PRODUTTIVI 15 Figura 1.4: Disposizione delle stazioni operative.

20 16 CAPITOLO 1. I SISTEMI DI PRODUZIONE Mix relativi al prodotto; Standardizzazione del prodotto e ripetitività delle produzioni; Servizio al cliente; Complessità della produzione; Flessibilità del sistema produttivo; Produttività e grado di automazione. Nella produzione per reparti (job shop) ogni unità di lavoro o ordine di lavorazione (costituito da un unico pezzo o da un certo numero di pezzi - lotto o batch - che si muovono assieme, per esempio in un contenitore o pallet), richiede l esecuzione di una serie di operazioni da parte di un gruppo di centri di lavoro (macchine, stazioni, gruppi di operatori) in una sequenza preassegnata (ciclo tecnologico) che eventualmente può ammettere alternative. In queste organizzazioni produttive la varietà dei cicli da realizzare è tale che l unica forma di ordinamento possibile è quella di aggregare i macchinari in reparti per il tipo di lavorazione realizzabile, vedi Figura 1.5 I flussi produttivi tendono pertanto ad essere via via più intrecciati passando da job shop impiegati in qualche misura per commesse ripetitive (cicli con qualche interferenza) all impiego in produzioni su commesse singole (possibilità di cicli con sensibili interferenze), vedi Figura 1.6 La creazione di reparti dotati di omogeneità tecnologica, oltre a facilitare lo scambio di competenze fra operatori e la supervisione da parte dei capi di primo livello, mette a disposizione una potenzialità produttiva (espressa per esempio in ore macchina disponibili per l esecuzione di una data classe di operazioni tipiche del reparto) variamente utilizzate per le produzioni che la richiedono, a tutto vantaggio della flessibilità operativa (tipica di questa soluzione). La produzione per celle manifatturiere si ha quando è possibile individuare delle famiglie di pezzi con cicli di lavorazione sufficientemente omogenei (secondo i criteri della tecnologia a gruppi, o Group Technology), si possono creare gruppi (celle) di macchine (questa volta di natura diversa) adibite alle lavorazioni necessarie per ottenere l intera famiglia di pezzi, vedi Figura 1.7 Si riduce così fortemente il grado di intreccio dei flussi produttivi rispetto alle soluzioni del job shop (con vantaggi in termini di semplificazione dei trasporti e della gestione della produzione); in parallelo diminuisce però la

21 1.3. DESCRIZIONE DEI PRINCIPALI SISTEMI PRODUTTIVI 17 Figura 1.5: Schema produzione per reparti.

22 18 CAPITOLO 1. I SISTEMI DI PRODUZIONE Figura 1.6: Schema produzione per reparti.

23 1.3. DESCRIZIONE DEI PRINCIPALI SISTEMI PRODUTTIVI 19 Figura 1.7: Schema produzione per celle.

24 20 CAPITOLO 1. I SISTEMI DI PRODUZIONE flessibilità dell impianto (ogni cella è infatti dedicata alla lavorazione di una sola famiglia). In questo tipo di processo (flow shop), tutti i lavori da eseguire richiedono l intervento di una stesso numero di macchine, l ordine delle operazioni è fisso ed uguale per tutti (routing fisso), i tempi di lavorazione su ogni macchina possono essere differenti da job a job, il flusso di lavorazione è unidirezionale. Si possono, inoltre, classificare diversi tipi di flow shop: Flow shop puro: tutti i lavori richiedono un operazione su ogni macchina. Flow shop generico: i lavori possono non utilizzare qualche macchina tra quelle appartenenti al flusso di lavorazione. Flow shop con sorpasso tra i lavori: la sequenza di lavorazione sulle macchine non è la stessa. Flow shop senza sorpasso: la sequenza di lavorazione sulle macchine è la stessa. I punti di forza di una produzione per celle possono essere i seguenti: Semplificazione dei flussi di materiali; Maggiore semplicità gestionale; Riduzione dei tempi di set-up; Riduzione dimensione lotti; Riduzione tempi di attraversamento riduzione WIP; Riduzione occupazione spazio; Riduzione variabilità dei tempi di consegna Allargamento delle mansioni; Arricchimento delle mansioni; Identificazione delle responsabilità di prodotto e responsabilità di processo;

25 1.3. DESCRIZIONE DEI PRINCIPALI SISTEMI PRODUTTIVI 21 Maggiore livello di conformità qualitativa del prodotto. Mentre i vari punti di debolezza possono essere: Difficoltà di bilanciamento dei carichi fra celle; Maggiore rigidità a variazioni di mix, di volume, e a introduzione di nuovi prodotti; Impiego, in alcuni casi, di un numero di macchine superiore rispetto all organizzazione a reparti; Presenza di operazioni fuori cella difficili da gestire; Maggiore esposizione ai guasti; Problemi di coesistenza con sistemi non organizzati in celle; Le linee di produzione sono costituite da un insieme di macchine progettate per realizzare rigidamente una sequenza prefissata di lavorazioni, per prodotti da ottenere in grandi quantità e con varianti limite, vedi Figura 1.8 In questo caso il flusso dei materiali è lineare ed è incorporato nel processo (in genere automatizzato). La gestione della produzione è certamente più semplice, ma la flessibilità dell impianto è minima. Le scelte del tipo di layout vengono fatte in base ai campi di applicazione delle tecnologie Nello schema riportato in Figura 1.9 è possibile vedere i diversi campi di applicazione dei vari tipi di assetti al variare del mix e del volume dei prodotti realizzati. Mentre nello schema in Figura 1.10 è possibile vedere i diversi campi di applicazione dei vari tipi di assetti al variare della flessibilità di automazione: Il confronto fra le varie soluzioni è riportato nella tabella in Figura 1.11.

26 22 CAPITOLO 1. I SISTEMI DI PRODUZIONE Figura 1.8: Schema produzione per linea.

27 1.3. DESCRIZIONE DEI PRINCIPALI SISTEMI PRODUTTIVI 23 Figura 1.9: Trade-off volumi e mix di produzione.

28 24 CAPITOLO 1. I SISTEMI DI PRODUZIONE Figura 1.10: Trade-off automazione e flessibilità.

29 1.3. DESCRIZIONE DEI PRINCIPALI SISTEMI PRODUTTIVI 25 Figura 1.11: Confronto produzione in linea e produzione per reparti.

30 26 CAPITOLO 1. I SISTEMI DI PRODUZIONE

31 Capitolo 2 I modelli matematici per il supporto alle decisioni 2.1 L approccio modellistico-ottimizzatorio. Nell atto di prendere delle decisioni, cioè di scegliere la migliore alternativa tra quelle disponibili, l uomo si avvale sempre, in modo conscio o più spesso inconscio, di un modello, ovvero di una rappresentazione semplificata ma efficace della realtà. Tra i vari modelli generabili dal decisore, risultano rilevanti i modelli matematici, la cui caratteristica è quella di fornire al problema una struttura matematica, se non proprio algebrica, che consente di esaminare un numero elevato di alternative, di analizzare la sensibilità alla variazione dei parametri ambientali e di valutare l esistenza e la computabilità di una soluzione. Un gran numero di problemi concernenti l individuazione di decisioni soggette a vincoli di diversa natura può essere modellato e risolto con i metodi propri della programmazione matematica, termine con cui si indica la ricerca di una soluzione ottimale mediante l uso di modelli matematici. Le applicazioni che essa trova nel mondo reale spaziano dalla finanza all agricoltura, dalla pianificazione della produzione industriale alla distribuzione di energia elettrica e allo studio delle reti. L approccio logico-risolutivo ai problemi decisionali tramite programmazione matematica è noto come approccio modellistico-ottimizzatorio, e preve- 27

32 28CAPITOLO 2. I MODELLI MATEMATICI PER IL SUPPORTO ALLE DECISIONI de due distinte ma integrate fasi di analisi al problema reale: 1. Rappresentazione tramite un modello matematico in grado di identificare i parametri e le variabili significative del problema, e le relazioni che intercorrono tra essi; 2. Utilizzo di algoritmi di soluzione per determinare una soluzione del problema e valutarne l ottimalità. La Figura 2.1 mostra tale processo in modo schematico. Figura 2.1: Dal problema alla soluzione.

33 2.1. L APPROCCIO MODELLISTICO-OTTIMIZZATORIO. 29 La prima fase del processo riguarda la definizione e l analisi del problema. In ambito industriale, in particolare per i sistemi di produzione, si tratta di comprendere la natura del problema e identificare le decisioni che si devono intraprendere in funzione del livello organizzativo cui afferisce il decisore, ma su questo si tornerà con più precisione nel Capitolo 3. Analizzato il problema, si identifica il modello decisionale di riferimento, individuando le strategie decisionali che sembrano più idonee, quindi i parametri significativi per il problema in questione, e le relazioni logico-funzionali che sussistono tra questi. Questa fase del processo analitico-risolutivo è molto importante e va eseguita con molta cura, perchè dalla definizione degli obiettivi e delle strategie mediante le quali raggiungerli dipende la consistenza del modello. Nella fase successiva si provvede alla formulazione matematica del modello, ovvero alla descrizione formalizzata mediante linguaggio algebrico dei parametri significativi e delle relazioni che tra essi sussistono. In particolare, i parametri caratteristci del problema saranno tradotti in variabili e le relazioni in vincoli. L utilizzo di tecniche risolutive, quali algoritmi, tecniche di simulazione o classiche tecniche analitiche, consentono di dedurre una soluzione (più frequentemente un insieme di soluzioni) per il problema. Questa fase del processo risolutivo è stata appositamente distinta dalla fase di analisi e studio della soluzione, perchè l utilizzo delle tecniche risolutive prevede una robusta analisi iniziale sulle caratteristiche della soluzione e degli obiettivi che si intendono raggiungere, al fine di selezionare la tecnica più idonea. Pertanto, si può affermare: non esiste una tecnica risolutiva migliore in assoluto, ma la bontà di una tecnica è funzione delle soluzioni e degli obiettivi che si intende perseguire, nonchè (ovviamente) della corretta implementazione delle precedenti fasi nel processo analitico-risolutivo. La successiva fase prevede la caratterizzazione delle soluzioni trovate, lo studio delle relative proprietà analitiche nonchè la analisi della stabilità di tali soluzioni al variare delle caratteristiche del problema. La fase di validazione ha infine una funzione rilevante, in quanto prevede:

34 30CAPITOLO 2. I MODELLI MATEMATICI PER IL SUPPORTO ALLE DECISIONI una analisi più approfondita della soluzione e della coerenza che questa presenta rispetto alla applicazione pratica per cui si è sviluppato il modello. Eventuali inammissibilità (pratiche e non analitiche) sono fondamentali per poter correggere il modello stesso; analisi della bontà del modello nel suo complesso: in funzione dei risultati ottenuti è importante chiedersi se il modello elaborato è effettivamente adeguato alla soluzione del problema in esame. Si noti infine come ogni fase del processo, seppur distinta, sia integrata con le altre, e come il controllo delle fasi permetta un feedback essenziale per il continuo miglioramento e sviluppo del modello logico-matematico. 2.2 La formulazione dei modelli. In termini molto generali un problema di programmazione matematica può essere formulato nel modo seguente: max f(a) st a A (2.1) dove A è l insieme finito o infinito delle alternative o azioni possibili, a è l alternativa generica e la funzione f(a) è la funzione obiettivo che esprime l utilità della alternativa a per il decisore. Il problema consiste quindi nel determinare un alternativa a ottima, per la quale cioè si abbia: f(a) f(a ) a A Si noti che l aver scritto max f(a) non è per nulla restrittivo in quanto un problema di minimizzazione può essere ricondotto ad uno di massimizzazione semplicemente cambiando il segno della funzione obiettivo (e naturalmente viceversa). Se il numero degli elementi dell insieme A è finito il problema è concettualmente banale: si tratta di esaminare tutte le alternative e selezionare la migliore. Dal punto di vista computazionale tuttavia questo modo di procedere che viene detto metodo esaustivo è utilizzabile solo quando il numero

35 2.2. LA FORMULAZIONE DEI MODELLI. 31 delle alternative è molto limitato. Nel caso contrario, quando cioè il numero delle alternative è elevato o infinito (in questo caso sorgono anche problemi di esistenza del massimo: a rigore l espressione max f(a) andrebbe sostituita con sup f(a) può tuttavia essere possibile determinare il massimo della f(a) in un tempo ragionevole sfruttando una qualche particolarità di A e di f(a), usando cioè qualche particolare metodo di ottimizzazione. Molto spesso la dimensione e la complessità del problema sono tali che, anche con l ausilio di un efficace metodo di ottimizzazione, non è possibile determinare con sicurezza la soluzione ottima del problema. In tal caso si fa ricorso ad un metodo euristico cioè ci si limita a cercare una buona soluzione del problema. Naturalmente può verificarsi il caso in cui la soluzione determinata attraverso il metodo euristico sia anche ottima, ma la natura stessa del metodo non fornisce garanzie in tal senso. La formulazione di un modello è un processo molto delicato, che richede di individuare gli aspetti più significativi del problema reale che siano anche facilmente formalizzabili in termini matematici. Tali operazioni non sono spesso riconducibili ad un procedimento sistematico, e dipendono fortemente dalla abilità e dalle conoscenze del decisore. Nelle sezioni che seguono, si indicheranno alcune regole di base per la formulazione di modelli matematici. Queste sono da ritenersi puramente indicative, e non costrittive, pur rappresentando un valido ausilio, o quantomeno un punto di riferimento, per chi intenda cimentarsi nella elaborazione di modelli per il supporto alle decisioni. Si noti che queste regole, pur essendo di carattere del tutto generale, sono orientate alla formulazione di modelli per l ottimizzazione dei sistemi di produzione, in accordo con il tema generale di questo testo Alcune convenzioni. Indici. Sono usati per numerare gli items (domande di prodotto, scenari, periodi, prodotti, stazioni lavorative). Si indicano con lettere in carattere minuscolo, di solito si parte da quelle che si trovano nel mezzo dell alfabeto (i, j, k). Parametri. Sono i valori che si assumono noti prima del momento di rife-

36 32CAPITOLO 2. I MODELLI MATEMATICI PER IL SUPPORTO ALLE DECISIONI rimento a cui si riferisce il problema, o che possono essere facilmente desumibili da altri parametri noti (i vettori di domanda, i costi, le probabilità, le distanze). Si indicano con lettere in carattere minuscolo, partendo da quelle prossime all inizio dell alfabeto (a, b, c). Variabili decisionali. Sono le informazioni che si vogliono conoscere tramite l implementazione del modello (localizzazione delle facilities, assegnamento, quantità di produzione ottima). Si indicano con lettere in carattere maiuscolo, di solito si usano quelle localizzate alla fine dell alfabeto (x, y, z). Funzioni obiettivo. Sono le funzioni che si vogliono ottimizzare (cioè minimizzare o massimizzare). Possono essere costituite anche da una sola variabile decisionale, ma più spesso si tratta di funzioni di un insieme di variabili decisionali Le 9 regole della formulazione. 1. Definire chiaramente tutti gli indici e gli insiemi. Ad esempio: I: l insieme dei prodotti, indicati con l indice i; K: l insieme dei possibili scenari, indicati con l indice k; T : l insieme degli intervalli temporali, indicati con t. 2. Definire distintamente e chiaramente gli indici e gli insiemi, i parametri e le variabili decisionali. 3. Nel descrivere i parametri e le variabili decisionali a parole, se un indice appare nella descrizione analitica, deve anche essere presente in quella verbale. Ad esempio, tra le due seguenti definizioni: - d ij = distanza tra il sito produttivo i e il cliente j; - d ij = distanza; solo la prima è corretta.

37 2.2. LA FORMULAZIONE DEI MODELLI Non lasciare indefiniti gli indici nella funzione obiettivo. Ad esempio, tra le due seguenti funzioni obiettivo: min i I j J h i d ij y ij min i I c ij x ij solo la prima è corretta. 5. Deve apparire almeno una variabile decisionale nella funzione obiettivo e in ciascun vincolo. Ad esempio nella seguente formulazione: min h i d ij y ij i I j J st d ij 0 la funzione obiettivo è scritta correttamente, mentre il vincolo potrebbe essere sbagliato se d ij fosse un valore di distanza in input, e non una variabile decisionale. 6. Assicurarsi che ogni variabile sia collegata in qualche modo con le altre. Se così non fosse, il problema risulterebbe separabile e con molta probabilità si avrebbe un errore. Ad esempio, nella formulazione: min h i z i st i I j J x j = P z i {0, 1}, x j {0, 1}, i I j J le variabili x e z non sono collegate fra loro. Ci sarebbe allora bisogno di un vincolo di collegamento addizionale, ad esempio del tipo: z i j J a ij x j 0, i I Si osservi, che la regola fornita non impone che ogni variabile sia collegata direttamente alle altre, situazione che potrebbe anche portare alla presenza di vincoli ridondanti, ma altresì richiede che gruppi di variabili collegate fra loro siano a loro volta collegati.

38 34CAPITOLO 2. I MODELLI MATEMATICI PER IL SUPPORTO ALLE DECISIONI 7. Se una variabile o una costante inclusa in un vincolo presenta qualche indice, allora deve avvenire una delle seguenti operazioni: Sommare su tutti i valori dell indice; Specificare per quali valori dell indice è applicato il vincolo; ma non avvenire le operazioni contemporaneamente. Ad esempio, il seguente vincolo: y ij = 1, j J i I è scritto correttamente, mentre il vincolo: h ik d ijk y ijk D, j J i I non è scritto correttamente, perchè non fornisce indicazioni sull uso dell indice k. 8. Cercare di formulare il problema linearmente (quando possibile!). Questo significa: Cercare di evitare moltiplicazioni tra le variabili decisionali, sia nella funzione obiettivo, che nei vincoli; Cercare di utilizzare variabili decisionali lineari; Evitare funzioni logaritmiche e trigonometriche; Cercare di essere creativi nelle trasformazioni delle variabili. 9. Disaggregare i vincoli, quando è possibile. Ad esempio in: y ij x j, i I, j J c è una effettiva disaggregazione dei vincoli, che non è presente invece in: y ij I x j, j J i I

39 Capitolo 3 Ottimizzazione dei sistemi di produzione. 3.1 Parametri strategici dei sistemi produttivi La struttura di un sistema produttivo è fortemente condizionata da tre variabili fondamentali: L interazione a monte con i fornitori. L interazione a valle con i clienti. Le caratteristiche del prodotto. Le prime due rappresentano l interazione del sistema produttivo con l esterno e generano un mutamento della struttura interna per un migliore interfacciamento con l ambiente. La terza rappresenta la specificità dell oggetto della produzione, attorno alla quale viene costruito il processo produttivo al fine del conseguimento della conformità del prodotto alle specifiche richieste. I parametri strategici della produzione sono le variabili interne sulle quali l impresa può operare per costruire un azione che generi all esterno un vantaggio competitivo nei confronti dei concorrenti. Nel 1984 Hayes e Wheelwright, e in seguito Gunn nel 1987, hanno proposto alcuni fattori chiave origine del vantaggio competitivo: 35

40 36 CAPITOLO 3. OTTIMIZZAZIONE DEI SISTEMI DI PRODUZIONE. Capacità Produttiva; Livello di servizio; Livello Tecnologico; Grado di Integrazione; Forza Lavoro; Qualità; Pianificazione della produzione; Organizzazione; Flessibilità; Indice di rotazione delle scorte. Caratteristica fondamentale di questi parametri è quella di essere indicatori quantitativi, essendo possibile migliorare, quindi ottimizzare, la performance aziendale solo qualora questa sia misurabile (ricorda: si può migliorare solo ciò che è misurabile). 3.2 La gestione dei sistemi di produzione La decisioni prese al fine di ottimizzare la gestione dei sistemi di produzione svolgono un ruolo di primaria importanza. Solo individuando le strategie da adottare e pianificando le operazioni da effettuare, infatti si può riuscire a sopravvivere in un contesto competitivo come quello industriale. L attività di pianificazione delle azioni è naturale per l uomo, che costantemente si trova ad effettuare scelte cercando di prevederne gli effetti futuri. A meno che i decisori non abbiano, però, una idea abbastanza chiara su quale possa essere il futuro, non c è modo di formulare piani accurati. La motivazione è che molti fattori determinanti sull esito delle azioni future subiscono variazioni, più o meno apprezzabili. È il caso, ad esempio, di una

41 3.2. LA GESTIONE DEI SISTEMI DI PRODUZIONE 37 industria manifatturiera che produce e commercializza dei prodotti con caratteristiche stagionali, la cui domanda varia notevolmente nel corso dell anno. Il problema che si pone il management dell azienda è: Si deve produrre ad un tasso costante, in modo da minimizzare il turnover lavorativo e stabilizzare il flusso di operazioni, o si deve produrre seguendo la fluttuazione stagionale della domanda per ridurre i costi di magazzino? Supponendo che si decida di seguire la fluttuazione della domanda, quali sono le azioni giuste da intraprendere in un ottica di lungo e medio periodo? Quale è il migliore approccio per schedulare le operazioni? È più conveniente produrre ogni parte del prodotto, o acquistare alcuni componenti di questo da terzi? A tutte queste domande si cerca di fornire una risposta accurata attraverso una mirata attività decisonale e di gestione. Più in dettaglio, la gestione delle aziende manifatturiere avviene attraverso l individuazione delle scelte che, secondo l orizzonte temporale in cui sono proiettate, e secondo il coinvolgimento dei diversi livelli aziendali, si possono suddividere in: Strategiche : sono le scelte effettuate al livello decisionale più alto. L obiettivo è determinare le strategie da intraprendere, quindi le caratteristiche del progetto che si intende realizzare. Tattiche : sono le scelte effettuate al livello decisionale intermedio, relative alla gestione della domanda e dei servizi. In questo livello tipicamente si pianifica il layout di impianto, la gestione di materiali, l allocazione delle risorse. Operative : sono le scelte effettuate al livello decisionale più interno, relative alla realizzazione fisica del prodotto. Tipicamente le decisioni coinvolgono la scelta del dimensionamento di impianto e lo scheduling della produzione.

42 38 CAPITOLO 3. OTTIMIZZAZIONE DEI SISTEMI DI PRODUZIONE. Nel caso di organizzazioni complesse, quali sono ordinariamente i sistemi produttivi, però gli obiettivi strategici non possono essere raggiunti in modo immediato ma necessitano di essere tradotti in sotto-obiettivi sempre più operativi e dettagliati: formulazione di politiche aziendali, piani operativi, procedure e regole. Nel processo di gestione si possono perciò distinguere diversi livelli gerarchici: passando da un livello al successivo gli obiettivi superiori (decisioni strategiche) vengono frammentati in più sotto-obiettivi; decresce il grado di astrazione (astrazione dai particolari di realizzazione) e aumenta invece il carattere operativo e procedurale (passaggio dal che cosa al come). Ogni fase ha il compito di perseguire gli obiettivi del livello gerarchico superiore, avvalendosi degli strumenti forniti da quello inferiore. Gli obiettivi strategici sono strumenti ad ampio raggio d azione con un lontano orizzonte di previsione, mentre i piani, i programmi, e le procedure hanno un livello di dettaglio sempre più spinto. La gestione è, dunque, un processo dinamico che fa uso di livelli di astrazione e aggregazione differenti sia per semplificare la complessità del problema, sia per far fronte al diverso grado di informazioni disponibili lungo l asse temporale. Informazioni abbondanti sono disponibili solo nell immediata prossimità temporale degli eventi; mentre sono molto scarse al momento della formulazione delle strategie, a causa della distanza temporale che separa queste dal dal loro obiettivo. Il piano strategico è quello che dista maggiormente dal suo obiettivo e l ordine di grandezza tipico del suo orizzonte temporale è di 3-5 anni. Il soddisfacimento del piano passa attraverso la formulazione e il conseguimento dei diversi piani aziendali: piano delle vendite e del marketing, piano della ricerca e sviluppo, piano finanziario, piano della produzione. Per ognuno di essi si ha una ulteriore frammentazione; nel caso del piano di produzione si ha un piano aggregato (1 anno), un programma principale di produzione (Master Production Schedule, 3-6 mesi), un eventuale programma di assemblaggio (1 mese) e infine il controllo operativo (continuo). In funzione dei livelli di scelta tattici e operativi, in ogni fase della gestione si possono individuare tre momenti fondamentali:

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