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1 Cristallizzazione Cristallizzazione e e Microstrutture Microstrutture Rocce Ignee Ignee Sergio Rocchi Rocchi Dipartimento di Scienze della Terra Terra Università di Pisa Pisa

2 GENESI DELLA MICROSTRUTTURA NUCLEAZIONE Nucleazione omogenea Nucleazione eterogenea Velocità di nucleazione Geminazioni CRESCITA CRISTALLINA Diffusione Velocità di crescita RELAZIONE NUCLEAZIONE-CRESCITA ORDINE DI CRISTALLIZZAZIONE FENOMENI DI CUMULO DESCRIZIONE DELLA MICROSTRUTTURA CRISTALLINITÀ GRANULARITÀ Osservazioni a occhio nudo e al microscopio Dimensioni assolute dei cristalli Dimensioni relative dei cristalli FORMA DEI CRISTALLI Sviluppo delle facce Forma tridimensionale RELAZIONI SPAZIALI TRA FASI Tessiture di primo ordine Tessiture delle paste di fondo Generale Paste di fondo isotrope Paste di fondo orientate Paste di fondo raggiate Tessiture di inclusione/concrescimento Tessiture di inclusione/sovracrescita Tessiture di cavità Tessiture di cumulo Xenoliti e xenocristalli Indice INTERPRETAZIONE DELLA MICROSTRUT- TURA CRISTALLINITA' GRANULARITA` Dimensioni assolute dei cristalli Dimensioni relative dei cristalli FORMA DEI CRISTALLI RELAZIONI SPAZIALI TRA FASI Tessiture equigranulari Tessiture disequigranulari Generale Paste di fondo isotrope Paste di fondo orientate Paste di fondo raggiate Tessiture di inclusione/concrescimento Tessiture di inclusione/sovracrescita Tessiture di cavità 2

3 GENESI DELLA MICROSTRUTTURA La struttura di una roccia è determinata dall'insieme dei caratteri derivanti dalla sua cristallinità e dalle dimensioni e forma dei suoi costituenti. La tessitura è determinata dai reciproci rapporti spaziali tra i costituenti la roccia. Si usa generalmente il termine tessitura limitatamente alla scala microscopica, e il termine struttura alla scala meso- e megascopica o come termine più generale. Le rocce magmatiche acquisiscono la loro struttura durante il passaggio del sistema dallo stato di magma (fuso silicatico contenente cristalli e/o frammenti rocciosi in sospensione e gas disciolti) allo stato solido. Tale struttura può essere secondariamente modificata da processi di alterazione di varia intensità. Il principale fattore esterno che determina la solidificazione del fuso magmatico è la diminuzione di temperatura, controllata dal meccanismo di risalita del magma verso porzioni più esterne e più fredde della crosta terrestre e, nell'eventualità di effusione, dalla interazione termica con la superficie terrestre, l'aria, l'acqua. Gli elementi costituenti il liquido magmatico possono passare nello stato solido ordinandosi in reticoli cristallini oppure conservando una struttura simile a quella del liquido e formando così del materiale amorfo. L'evoluzione del sistema è dunque controllata essenzialmente dalla velocità di raffreddamento, dalla viscosità e dalle caratteristiche termodinamiche del magma. Il processo di cristallizzazione inizia con la nucleazione di germi cristallini e procede con la loro crescita: il ruolo combinato di nucleazione e crescita determina il tipo di struttura della roccia. NUCLEAZIONE La velocità di raffreddamento determina il tempo disponibile per la nucleazione. Se la velocità di raffreddamento è sufficientemente bassa, si instaurano le condizioni per la nucleazione di germi cristallini. In un sistema monofasico, ad una data pressione, esiste una temperatura (Te di Fig.1) alla quale solido e liquido sono in equilibrio (hanno cioè uguale energia libera G): i primi nuclei di fase solida non si formano però alla temperatura T e, ma dopo che il liquido è avanzato per un po' nel campo metastabile o instabile fino ad una temperatura T<T e, e cioè quando esiste un certo sottoraffreddamento T=Te-T: infatti all'equilibrio l'affinità della reazione ( G=G liq -G sol ) è zero, e così la sua velocità. energia libera G G solido solido stabile G liquido liquido stabile T T T temperatura e Fig. 1. Variazione schematica dell'energia libera di solido e liquido in funzione della temperatura in un sistema monofasico. Per un sottoraffreddamento adeguato i germi cristallini possono formarsi per nucleazione omogenea oppure per nucleazione eterogenea. La nucleazione omogenea è la formazione spontanea di configurazioni interatomiche o intermolecolari costituenti embrioni cristallini ed è causata da fluttuazioni termiche casuali in un mezzo isotropo e omogeneo. La nucleazione eterogenea è un processo di ordinamento facilitato dalla presenza di un'altra fase in contatto con il liquido. 3

4 Nucleazione omogenea La formazione di embrioni cristallini comporta una variazione di energia libera del sistema, pari a: G = V G c / V m + n i=1 a i σ i (1) dove: V è il volume dell'embrione; G c è la variazione di energia libera molare di formazione dell'embrione [questo termine è positivo nel caso di sottoraffreddamento nullo ( T=0), cioè alla temperatura di equilibrio, mentre è negativo per T>0, con valore assoluto proporzionale a T]; V m è il volume molare della fase in formazione; a i è l'area di ognuna delle varie superfici del cristallo; σ i è l'energia di superficie per ognuna di esse [questo termine è sempre positivo a causa dell'incremento di energia libera del sistema dovuto ai legami non saturati sulla superficie dell'embrione (50% per un embrione di 8 atomi, 25% per un embrione di 64 atomi, 12.5% per un embrione di 512 atomi)]; n è il numeri delle superfici del cristallo. L'evoluzione spontanea di un sistema durante una trasformazione è sempre diretta verso una diminuzione della sua energia libera totale ( G trasformazione<0): quindi un germe cristallino è stabile quando la sua formazione comporta una diminuzione di energia libera del sistema. Alla temperatura di equilibrio solido-liquido ( T=0 G c >0) la formazione di embrioni aumenta l'energia libera del sistema e di conseguenza essi tendono a scomparire. Quando invece esiste un certo sottoraffreddamento ( T>0) il liquido è sovrasaturo ( Gc<0): quindi G varia in funzione del volume del germe. Assumendo che i germi cristallini abbiano forma sferica e raggio r la (1) diventa ΔG = 4/3 π r 3 ΔGc / Vm + 4 π r 2 σ (2) Dunque G varia in funzione di r come indicato in Fig. 2, che mostra come i germi con r<r c (r c =raggio critico), per far diminuire G debbano scomparire, mentre quelli con r>r c, per far diminuire G debbano crescere. Il raggio critico può essere calcolato differenziando G rispetto ad r, azzerando la derivata e risolvendo rispetto a r: (3) La lunghezza di tale raggio critico r c è stimabile intorno a 10Å. Il valore di G del sistema corrispondente a r c rappresenta l'energia di attivazione ( G c ): sebbene lo stato finale abbia una energia libera minore dello stato iniziale, occore superare tale barriera energetica, costituita dall'energia delle interfacce tra le fasi solida e liquida. I germi diverranno definitivamente stabili e saranno detti nuclei cristallini quando le loro dimensioni saranno tali che la loro energia libera di formazione sarà negativa ( G<0). ΔG (cal x ) ΔG a ΔG a ΔG a r c = -2σ V m ΔG c r c ΔT = 0 r c ΔT 15 C ΔT 10 C ΔT 20 C r (mm x 10-4 ) r c Fig.2. Energia libera di formazione di un germe cristallino in funzione del suo raggio r, da (Carmichael et al., 1974). I valori di G e r sono soltanto indicativi dell'ordine di grandezza di tali parametri. Nucleazione eterogenea L'energia di attivazione richiesta per la nucleazione è sensibilmente ridotta in corrispondenza di imperfezioni e di solidi preesistenti, in quanto l'ener- germi cristallini instabili germi cristallini stabili (nuclei) 4

5 gia dell'interfaccia solido-solido è minore dell'energia dell'interfaccia solido-liquido. L'importanza della nucleazione eterogenea in corrispondenza della parete di una camera magmatica o di un condotto è limitata dall'alto rapporto volume/superficie, ma in ogni caso, poiché un magma naturale non è praticamente mai privo di materiale solido in sospensione, la nucleazione eterogenea assume rilevante importanza nel processo di cristallizzazione dei magmi. I "semi" di fasi preesistenti costituiscono nuclei favorevoli soprattutto per le specie cristallograficamente simili. Si possono così verificare casi di epitassia (cristallo cresciuto su un seme con sistematiche relazioni tra le due strutture cristalline) e sintassia (parallelismo tra le due strutture). Velocità di nucleazione La velocità di nucleazione è influenzata dai parametri sottoraffreddamento T ed entropia di fusione S fus. Velocità di nucleazione T T Fig. 3. Velocità di nucleazione (eventi x unità di volume -1 x unità di tempo -1 ) vs sottoraffreddamento T. T e =temperatura di liquidus. La velocità di nucleazione varia con T come in Fig. 3, con un picco di nucleazione per un certo sottoraffreddamento, la cui entità dipende a sua volta dalla fase considerata e da vari perametri quali variazione di energia libera per gli atomi che T e passano dalla fase liquida alla fase solida, forma e tensione superficiale dei granuli. In base a considerazioni termodinamiche si può stabilire che la velocità di nucleazione di una fase è inversamente proporzionale alla sua entropia di fusione S fus (Carmichael ret al., 1974). Dunque i minerali sialici, che relativamente ai minerali femici hanno entropia di fusione più bassa (v. Tabella 1), a parità di tutte le altre condizioni, hanno una velocità di nucleazione maggiore di questi ultimi. Tabella 1. Entropia di Fusione ( S fus ) di alcuni minerali, da Carmichael et al. (1974). Cristobalite 0.32 Diopside 1.88 Fluoroflogopite 2.21 Albite 0.75 Forsterite 1.94 Titanite 2.22 Sanidino 0.77 Enstatite 2.03 Magnetite 2.52 Anortite 1.22 Fayalite 2.11 Ilmenite 2.64 S fus in unità entropiche per atomo nella unità di formula. CRESCITA CRISTALLINA Diffusione La crescita di un cristallo è subordinata al movimento di particelle dei suoi componenti i dal sistema liquido verso il solido (diffusione). Questo movimento può verificarsi se il potenziale chimico (µ) del componente i nel solido è minore del potenziale chimico del componente i nel liquido ( µ i sol < µ i liq ), e avviene quindi lungo gradienti di potenziale chimico con una intensità approssimativamente regolata dalla prima legge di Fick: J i z = - Di dx i dz (4) z dove: J i = flusso di particelle del componente i in cm 2 s -1 attraverso una superficie perpendicolare 5

6 alla direzione z; D i = coefficiente di diffusione del componente i nella fase considerata (liquido magmatico); dx i /dz = gradiente della concentrazione molare di i lungo la direzione z. La velocità di diffusione è inversamente proporzionale al raggio ionico e alla carica della specie in movimento. Il movimento degli elementi coinvolti nella polimerizzazione della struttura dei fusi magmatici (Al, Si, O) è facilitato dalla abbondanza nel magma di acqua e alcali, che sortiscono l'effetto di smembrare i polimeri. La diminuzione di temperatura durante la cristallizzazione determina una continua diminuzione del tasso di diffusione. Velocità di crescita La velocità di crescita di un minerale dipende dalla velocità alla quale gli appropriati ioni, atomi o molecole possono diffondere nel liquido verso il cristallo per poi attaccarsi alla sua superficie e dal tasso di rimozione del calore latente di cristallizzazione. L'adesione dei componenti è fortemente favorita dalla presenza di imperfezioni, gradini o comunque discontinuità superficiali del cristallo. La velocità di crescita (V c ) di un cristallo è regolata dalla seguente equazione: V c = krt η (1- e- S fus Τ/RT l ) (5) (Kirkpatrick, 1975; Carmichael et al., 1974), dove: k è una costante che tiene conto della frazione di siti superficiali dove le particelle tendono ad attaccarsi; R è la costante dei gas; T è la temperatura; η è la viscosità; S fus è l'entropia di fusione della fase considerata; T è il sottoraffreddamento relativamente alla temperatura di equilibrio solidoliquido per quella fase; T l è la temperatura di liquidus della fase in questione nel sistema in esame. L' equazione (5) indica come la velocità di crescita sia direttamente proporzionale a S fus. Dunque i minerali sialici, che relativamente ai minerali femici hanno entropia di fusione più bassa (Tabella 1), a parità di tutte le altre condizioni, hanno una velocità di crescita minore. L'andamento della velocità di crescita al variare di T (Fig.4) è analogo a quello della velocità di nucleazione, ma i picchi di nucleazione e di crescita corrispondono, per la stessa fase, a T diversi. Velocità di crescita T T T e Fig.4. Velocità di crescita (unità di lunghezza x unità di tempo -1 ) vs sottoraffreddamento T. T e = temperatura di liquidus. La forma dei cristalli è regolata dal rapporto tra velocità di crescita della fase e velocità di diffusione dei componenti. A bassi valori di sottoraffreddamento, il tasso di diffusione, più alto della velocità di crescita, garantisce una regolare "alimentazione" del cristallo, e la forma finale sarà costituita da facce semplici ben sviluppate. A sottoraffreddamenti maggiori, il tasso di diffusione non è in grado di sostenere una velocità di crescita uniforme su tutto il cristallo e la forma che ne risulta è tipicamente di disequilibrio, scheletrica, dendritica o sferulitica (Donaldson, 1976; Schiffman & Lofgren, 1982; Lofgren, 1971). Geminazioni Gli atomi che si attaccano alla superficie di un cristallo durante la crescita tendono a disporsi secondo l'orientazione del reticolo esistente (stato 6

7 di più bassa energia). E' però possibile che, soprattutto durante stadi di rapida crescita immediatamente seguenti la nucleazione, gli atomi inizino accidentalmente a disporsi secondo un'altra orientazione reticolare a bassa energia, che ha in comune con il cristallo "ospite" alcune caratteristiche cristallografiche. Se le due porzioni continuano a crescere, ne risulterà un cristallo geminato. Talvolta cristalli sospesi nel magma possono accidentalmente accoppiarsi con orientazioni cristallografiche parallele o in rapporto tipico di una legge di geminazione, e in seguito crescere come una unità (sinneusi). Cristalli uniti per sinneusi possono quindi avere l'apparenza di un geminato. L'eventuale presenza di una zonatura aiuterà nella discriminazione dei due tipi di genesi: sarà unica per un cristallo geminato dalla nascita, e indipendente per i vari cristalli uniti invece per sinneusi. Occorre però notare che una zonatura indipendente può essere un artefatto generato da un taglio particolare di un cristallo geminato zonato (Fig. 5). sezione piano di unione Fig. 5. Cristallo a zonatura unica con sezione a zonatura apparentemente indipendente. Successivamente alla crescita del cristallo possono svilupparsi delle geminazioni, dette secondarie, raggruppabili in due tipi: geminazioni per deformazione e geminazioni di trasformazione. Le geminazioni per deformazione consistono nella rotazione, sotto l'azione di campi di stress, di una porzione della struttura cristallina, in maniera tale che diverse porzioni di uno stesso cristallo assumono una orientazione relativa tipica di una data legge di geminazione. Geminazioni di questo tipo secondo la legge dell'albite si osservano comunemente nei feldspati, e si riconoscono dalle geminazioni primarie in quanto tendono a chiudersi a cuneo e/o ad essere piegate. Alcune geminazioni (es. Karlsbad) possono svilupparsi soltanto tramite processi primari durante la crescita. Per la calcite la quantità di geminazioni cresce proporzionalmente con lo stress applicato (Rowe & Rutter, 1990), ed è possibile determinare la direzione dello stress applicato. Un metodo simile è applicabile anche ai plagioclasi (Lawrence, 1970). Le geminazioni di trasformazione avvengono per accomodare l'abbassamento di simmetria di una fase durante il raffreddamento. Questo tipo di geminazioni si osserva comunemente nella leucite (abbassamento della simmetria da cubica a tetragonale) e nel microclino (abbassamento della simmetria da monoclina a triclina tramite la formazione di geminazioni Albite e Periclino). RELAZIONE NUCLEAZIONE - CRESCITA La struttura della roccia dipende dalla relazione tra velocità di nucleazione e velocità di accrescimento, che dipendono entrambe dall'entità del sottoraffreddamento, ma in modo diverso. La Fig. 6 mostra le relazioni tra le velocità di nucleazione e di crescita per un dato T di due fasi A e B, con S fus (A)> S fus (B): alla temperatura T si verifica una maggior proliferazione di nuclei della fase B e, per contro, una velocità di crescita della fase B inferiore a quella della fase A. Dunque in questo sistema alla temperatura T si hanno molti nuclei della fase B che crescono lentamente e scarsi nuclei della fase A che crescono velocemente. 7

8 A B Velocità di nucleazione vel. nucl. B vel. nucl. A T vel. cr. A vel. cr. B ΔT T e A B Velocità di crescita Fig. 6. Rapporti tra velocità di nucleazione e velocità di crescita in relazione al sottoraffreddamento nel caso di due fasi A e B tali che S fus (A)> S fus (B). ORDINE DI CRISTALLIZ- ZAZIONE La cinetica della nucleazione e della crescita cristallina esercita una influenza rilevante sulla struttura della roccia, ma anche l'ordine di comparsa delle varie fasi sul liquidus è determinante nella costruzione della struttura. L'ordine di cristallizzazione è ricostruibile attraverso semplici osservazioni petrografiche: (i) i rapporti di inclusione tra le fasi indicano che le fasi che ne includono altre sono comparse successivamente a queste, ma si deve tenere presente la possibilità che il rapporto di inclusione sia un artefatto dovuto al taglio (e quindi alla osservazione in due dimensioni) di un limite tridimensionale tra due cristalli di tipo irregolare e compenetrato; (ii) i cristalli comparsi per primi sul liquidus risultano i più grandi in quanto hanno avuto più tempo per accrescersi, ma occorre tenere presente la variabilità delle velocità di crescita per le varie fasi; (iii) cristalli comparsi per primi sul liquidus hanno in genere un grado di euedralità maggiore di quelli comparsi successivamente in quanto la loro crescita è stata meno contrastata dalla presenza di altri solidi; in alcuni casi però le fasi cristallizzate precocemente reagiscono con il liquido perdendo la loro euedralità, come accade all'olivina ricca in Mg nei fusi basaltici saturi o sovrasaturi. Studi sperimentali sull'ordine di cristallizzazione hanno fornito dati che indicano come, per esempio in magmi basaltici, l'olivina sia generalmente la prima fase a comparire sul liquidus, seguita da plagioclasi e pirosseni. Tale ordine può però variare in funzione delle condizioni di Pressione, ed è inoltre influenzato dai diversi gradi di sottoraffreddamento richiesti dalle varie fasi per nucleare. FENOMENI DI CUMULO I cristalli nucleati e cresciuti in una zona del corpo magmatico (detti primocristalli) possono restare in questa zona reagendo o meno con il liquido (se questo varia di composizione), oppure possono spostarsi in un'altra zona del corpo magmatico; questo meccanismo è uno dei più efficaci nel produrre cambiamenti composizionali in un liquido magmatico e nel rimuovere il calore latente di cristallizzazione. La migrazione dei primocristalli è essenzialmente regolata dalla legge di Stokes V= 2gr2 (Δδ) 9η (6) dove: V = velocità di migrazione (positiva verso il basso, negativa verso l'alto); g = accelerazione di gravità; r = raggio del granulo assunto di forma sferica; δ=δ cristallo -δ liquido = differenza di densità tra cristallo e liquido; η = viscosità del liquido. Nel caso di primocristalli di un'unica fase la direzione di accumulo sarà verso il basso per δ cristallo >δ liquido, mentre sarà verso l'alto per δ cristallo <δ liquido. Nel caso di due o più fasi gioca un ruolo importante anche la dimensione dei cristalli. Infatti cristalli con densità minore del liquido e grandi dimensioni 8

9 possono salire abbastanza velocemente da inibire la caduta di fasi più dense del liquido ma di piccole dimensioni: si possono così venire a creare dei microritmi invertiti, con fasi più dense di piccole dimensioni sopra fasi meno dense di grandi dimensioni. Viceversa cristalli con densità maggiore del liquido e grandi dimensioni possono cadere abbastanza velocemente da inibire la salita di fasi meno dense del liquido ma di piccole dimensioni: in questo caso i microritmi invertiti sarranno costituiti da fasi meno dense di piccole dimensioni sotto fasi più dense di grandi dimensioni. In una camera magmatica i cristalli si spostano preferenzialmente verso il fondo, il tetto e le pareti. In questi luoghi i cristalli possono accumularsi (cristalli di cumulo). Essi saranno immersi in una quantità variabile di liquido intercumulo. L'evoluzione successiva al processo di accumulo di cristalli (processo post-cumulo) determina il tipo di struttura. I processi post-cumulo sono sostanzialmente di quattro tipi: (i) Nuovi minerali nucleano nel liquido intercumulo e crescono in situ. Il liquido intercumulo ha quindi dato luogo alla formazione delle fasi intercumulo, e soltanto una limitata parte di esso è stata allontanata. Le rocce derivanti da accumulo di cristalli e cristallizzazione in situ del liquido intercumulo sono dette ortocumuliti, e sono ricoscibili dai fenomeni di frazionamento subiti dal liquido intercumulo. (ii) I cristalli di cumulo si accrescono mantenendo una composizione più o meno costante grazie all'apporto di appropriati componenti chimici dalle zone adiacenti e grazie all'allontanamento dei componenti non richiesti (crescita adcumulitica). In questo caso il liquido intercumulo è stato in gran parte allontanato verso il magma adiacente dalla crescita delle fasi di cumulo. Le rocce derivanti da accumulo di cristalli e crescita adcumulitica sono dette adcumuliti, e sono ricoscibili dall'assenza di fasi intercumulo e dalla tendenza alla uniformità composizionale dei minerali; la zonatura sarà tanto più scarsa quanto più efficiente sarà stata la diffusione tra liquido intercumulo e magma adiacente. (iii) Nuovi minerali nucleano nel liquido intercumulo e crescono con composizione costante per diffusione adcumulitica dal magma adiacente e spremitura verso di esso dei componenti non richiesti. Il materiale intercumulo ha composizione molto diversa dall'originario liquido intercumulo. Le rocce derivanti da accumulo di cristalli e crescita adcumulitica delle fasi nucleate nel liquido intercumulo sono dette eteradcumuliti. (iv) Sostituzione per reazione: i cristalli di cumulo reagiscono con il liquido e vengono parzialmente (o totalmente) consumati, e lo spazio tra di essi viene riempito da nuove fasi e/o dalla crescita di eventuali altre fasi di cumulo. In questo caso il liquido intercumulo ha variato la propria composizione originaria ed è cristallizzato formando nuove fasi e/o accrescendo alcune fasi di cumulo. 9

10 DESCRIZIONE DELLA MICROSTRUTTURA La determinazione della struttura di una roccia magmatica richiede lo studio microscopico di cristallinità, granularità, forma dei cristalli e mutue relazioni spaziali tra i costituenti. Inoltre, dato il carattere bidimensionale di una sezione sottile, è auspicabile che la determinazione della tessitura in rocce anisotrope si esplichi attraverso l'analisi di più sezioni sottili opportunamente orientate. La descrizione della struttura deve contemplare soltanto termini puramente descrittivi, riservando i termini recanti implicazioni genetiche alla successiva fase interpretativa. Foto delle tessiture descritte si possono trovare in MacKenzie et al. (1982) e Shelley (1992). Disegni si trovano in Bard, (1980) e Nockolds et al. (1978). CRISTALLINITA` Il grado di cristallizzazione di una roccia ignea può variare da totale a nullo. Una roccia costituita totalmente da materiale cristallino ha struttura olocristallina; una roccia costituita totalmente da vetro è detta oloialina (o ialina o vetrosa). Per le rocce parzialmente cristalline si usa il termine ipocristallina, accompagnato dalla stima dalle relative proporzioni di cristalli e vetro. Quando a occhio nudo è possibile identificare del vetro contenente cristalli, la tessitura può essere detta vitrofirica. Tessitura vitrofirica (nicol X). Le rocce molto ricche in vetro (ialine) spesso contengono all'interno del vetro stesso numerose fratture curvilinee, che meritano l'appellativo di perlitica alla relativa tessitura. Tessitura perlitica in ossidiana (nicol //). Tessitura ipocristallina con vetro interstiziale (nicol //). 10

11 Tessitura perlitica in vitrofiro (nicol //). Il vetro delle rocce basaltiche raffreddate velocemente sono detti sideromelano o tachilite ed è in genere scuro (nero, verde o marrone) per l abbondanza di cristalliti, generalmente presente in basalti. Il vetro scuro e massivo, di composizione riolitica e generalmente privo di fenocristalli è definito ossidiana. Ossidiana (nicol //). Spesso il vetro può essere sostituito da aggregati di minuti cristalli a composizione generalmente quarzo-feldspatica (tessitura petroselciosa). In questo caso è opportuno distinguere ciò che la roccia è attualmente (olocristallina petroselciosa, felsitic) da ciò che probabilmente era in origine (ipocristallina). GRANULARITA` Osservazioni a occhio nudo e al microscopio Una roccia della quale tutti i cristalli dei principali minerali possono essere distinti a occhio nudo ha struttura faneritica. Quando tutti i cristalli sono particolarmente grandi (>1-2 cm) la tessitura può essere detta pegmatitica. Quando invece i cristalli non sono distinguibili a occhio nudo la roccia è detta afanitica. La struttura è detta porfirica quando sono visibili dei fenocristalli immersi in una matrice afanitica; afirica quando i fenocristalli sono assenti, subafirica quando sono scarsi. Una tessitura afanitica è detta microcristallina se i cristalli sono identificabili con il microscopio da petrografia (i cristalli dei quali si possono riconoscere i colori di polarizzazione e alcune proprietà ottiche, sono detti microliti); è invece detta criptocristallina se i cristalli non possono essere identificati neanche con l'ausilio del microscopio (i cristalli talmente piccoli da non poter essere caratterizzati otticamente sono detti cristalliti). Dimensioni assolute dei cristalli La grana di una roccia è definita grossa se i cristalli hanno dimensioni superiori a 5 mm, media se hanno dimensioni tra 5 e 1 mm, fine se hanno dimensioni inferiori a 1 mm; alcuni autori usano la definizione di grana molto fine per cristalli di dimensioni inferiori a 0.05 mm. dimensioni grana cristalli (mm) >5 grossa 1 5 media <1 fine Un adeguata osservazione della tessitura al microscopio richiede ingrandimenti tanto minori quanto più grossa è la grana della roccia; in genere è utile 11

12 un esame preliminare a occhio nudo o con una lente a mano a basso ingrandimento. Dimensioni relative dei cristalli Quando tutti i cristalli presentano approssimativamente le stesse dimensioni, la tessitura si dice equigranulare. Nel caso in cui la taglia dei cristalli sia sostanzialmente variabile, la tessitura è detta disequigranulare. La tessitura disequigranulare più comune nelle rocce vulcaniche è la porfirica, definita dalla presenza di cristalli relativamente grandi, detti fenocristalli (microfenocristalli nel caso in cui abbiano dimensioni tra 0.05 e 0.5 mm) immersi in una matrice, detta massa fondamentale, a grana più fine o addirittura vetrosa, nel qual caso la tessitura è detta vitrofirica. La tessitura porfirica può essere seriata, nel caso in cui le dimensioni dei fenocristalli mostrino una gradazione dimensionale continua; quando tale variazione dimensionale risulti discontinua la tessitura può essere detta iatale. In questi casi è necessaria cautela, e si deve considerare che le dimensioni di un cristallo in due dimensioni dipendono dalla sua intersezione con il piano della sezione. Per esempio, cristalli di forma approssimativamente sferica (v. leucite) forniscono, in due dimensioni, sempre delle sezioni circolari, con diametro delle sezioni funzione del diametro della sfera e della distanza del piano della sezione dal centro della sfera. Quindi sfere uguali possono fornire sezioni di diametro diverso e viceversa, per cui sarà sempre dubbio in quale misura le eventuali variazioni dimensionali osservate in sezione sottile siano dovute ad un puro effetto geometrico. Nel caso in cui i cristalli abbiano abito prismatico (v. pirosseni, anfiboli e miche) o tabulare (v. plagioclasi), le sezioni hanno forme diverse secondo l'orientazione relativa della sezione: in questo caso il confronto dimensionale tra sezioni della stessa forma può essere risolutivo. Sviluppo delle facce FORMA DEI CRISTALLI L'osservazione dello sviluppo delle facce caratteristiche della specie minerale cui un cristallo appartiene porta a definire euedrali quei cristalli completamente limitati dalle loro facce caratteristiche; subedrali quelli che mostrano soltanto alcune facce caratteristiche; anedrali quelli completamente privi di facce caratteristiche. Forma tridimensionale Un cristallo ugualmente sviluppato in tutte le direzioni si dice equidimensionale (equant), termine che può essere precisato con l'aggiunta di un attributo quale poliedrico, anedrale, subsferico, etc. Un cristallo diversamente sviluppato nelle varie direzioni si dice inequidimensionale, con le due forme principali tabulare (due direzioni più sviluppate della terza, con ulteriori specifiche in appiattito, lamellare, ad assicella) e prismatico (una direzione più sviluppata delle altre due, con ulteriori specifiche in colonnare, aciculare, fibroso). Altre forme particolari sono: scheletrica (con vertici e spigoli vivi e con cavità usualmente disposte secondo particolari orientazioni cristallografiche); a crescita parallela (caso particolare di cristallo scheletrico); dendritico (arrangiamento regolare di fibre con orientazione ottica comune, facenti quindi parte di un unico cristallo); con insenature (embayed); allungato, curvato (la curvatura è quasi sempre dovuta alla giustapposizione longitudinale di cristalli con orientazione leggermente diversa), ramificato, a setaccio (es. inclusioni vetrose in un feldspato a forfacce caratteristiche tutte alcune nessuna forma euedrale subedrale anedrale 12

13 mare un graticcio). Infine si dicono pseudomorfi i cristalli di un certo minerale che mostrano la forma propria di un minerale diverso (es. carbonati con forma di olivina), e paramorfi quei cristalli con la forma di un altro minerale della stessa composizione (es. quarzo con forma di tridimite). cristalli risultano generalmente subedrali la tessitura si dice granulare subedrale. Nel caso in cui i cristalli abbiano diversi gradi di euedralità, con presenza di cristalli euedrali, subedrali, anedrali e anche interstiziali, la tessitura si definisce ipidiomorfa (caso molto comune nelle rocce plutoniche); in questo caso opportuno descrivere il grado di euedralità di ciascuna fase. Quando la totalità dei cristalli risulta anedrale la tessitura si dice allotriomorfa (o granulare anedrale). Quest ultimo tipo di tessiture equigranulari viene talvolta descritto semplicemente come granulare. Il termine autoallotriomorfo viene talvolta usato per descrivere tessiture granulari con minerali subedrali-anedrali a contatti consertali suturati (es.: apliti). Tessitura a setaccio al bordo di plagioclasio (nicol //). Quarzo consertale in aplite (nicol X). Tessitura a setaccio al nucleo di plagioclasio (nicol //). RELAZIONI SPAZIALI TRA FASI Generale Per le rocce olocristalline faneritiche, quando la totalità o almeno la grande maggioranza dei cristalli risulta euedrale, la tessitura si dice granulare euedrale (caso ovviamente molto raro). Quando i Per le rocce disequigranulari, quando il salto dimensionale tra i cristalli di dimensioni maggiori e quelli più piccoli è significativo (almeno di cinque volte), la tessitura si definisce porfirica. Nelle rocce vulcaniche questa tessitura è molto comune, con i grandi cristalli detti fenocristalli, e la massa fondamentale in cui risultano immersi (pasta di fondo o mesòstasi) composta da cristalli a grana più fine (afanitica) o da materiale amorfo (vetro). Tessiture delle paste di fondo Termini generali 13

14 Seriata: Le dimensioni dei fonocristalli mostrano una gradazione dimensionale continua. Iatale: Le dimensioni dei fonocristalli mostrano una gradazione dimensionale discontinuaccon uno o più salti dimensionali. Glomerofirica: Varietà della tessitura porfirica in cui i fenocristalli sono raggruppati in aggregati detti glomerofiri; il termine tessitura glomerofirica dovrebbe essere riferito soltanto al caso in cui i cristalli aggregati siano equidimensionali (Johannsen, 1931), mentre in caso contrario si dovrebbe usare il termine glomeroporfirica; nell'uso corrente i due termini sono però usati come sinonimi. Cristallo pecilitico di flogopite (nicol //). Ofitica: E' una variante della tessitura pecilitica in cui i cadacristalli sono allungati. Il caso più comune è quello in cui cristalli di plagioclasio in contatto tra loro risultano inclusi in grandi cristalli di augite equidimensionali. Subofitica: E' una variante della tessitura ofitica in cui i cadacristalli allungati non sono in contatto tra loro e/o risultano soltanto parzialmente inclusi negli oicocristalli. Glomerofiri di cristalli di plagioclasio (nicol X). Pecilitica (inglese: poikilitic): Cristalli relativamente grandi di un minerale (oicocristalli) includono numerosi più piccoli cristalli (cadacristalli) orientati casualmente appartenenti a una o più specie minerali. In alcuni casi gli inclusi sono concentrati in zone, come frequentemente accade per le inclusioni di plagioclasio (e biotite) in cristalli di K- feldspato, quando le facce (010) dei plagiocasi e le (001) della biotite si dispongono più o meno parallelamente alle facce in crescita del K-feldspato. Alcune rocce a grana fine con molti piccoli oicocristalli presentano un aspetto macchiettato (ophimottled). Tessitura ofitica (nicol //). 14

15 ridotta quantità di vetro negli interstizi tra i feldspati. Tessitura ofitica (nicol X). Tessiture isotrope Le tessiture interstiziali isotrope si sviluppano generalmente in rocce contenenti cristalli di feldspati dalla caratteristica forma tabulare, tra i quali si hanno degli spazi di forma angolare-cuneiforme contenenti generalmente minerali femici (tendenzialmente equidimensionali) o vetro. Intersertale: Lo spazio tra i cristalli feldspatici è occupato da vetro; se la plaga di vetro è sufficientemente grande e continua da includere un certo numero di cristalli di plagioclasio, la tessitura può essere detta ialofitica. Intergranulare: Lo spazio tra i cristalli di plagioclasio è occupato da uno o più granuli di pirosseno (± olivina e ossidi opachi). Diversamente da quanto si verifica nella struttura ofitica, i cristalli di pirosseno di interstizi adiacenti non risultano in continuità ottica. Doleritica: Termine con definizione non univoca, talvolta usato come sinonimo di ofitica, talvolta con significato di intergranulare a grana più grossa, talvolta a indicare semplicemente la tessitura delle doleriti (rocce a composizione basaltica e giacitura subvulcanica). A feltro: Disposizione casuale di microliti feldspatici nella massa fondamentale. Tessiture orientate Pilotassitica: Disposizione subparallela di microliti allungati di feldspati nella massa fondamentale di una roccia olocristallina o contenente una Tessitura pilotassitica (nicol X). Ialopilitica: Disposizione subparallela di microliti allungati di feldspato nella massa fondamentale di una roccia largamente ipocristallina. Trachitica: Disposizione subparallela di microliti allungati, generalmente di sanidino, nella massa fondamentale di una roccia olocristallina o leggermente ipocristallina. Questo termine è generalmente usato per rocce di composizione trachitica, anche se non è rigorosamente confinato ad esse. Tessitura trachitica (nicol X). Trachitoide: Disposizione subparallela di cristalli tabulari, lamellari o prismatici visibili a occhio nudo. Generalmente i cristalli in questione sono di feldspato. A crescita parallela: Un cristallo scheletrico composito può presentarsi in sezione sottile come 15

16 un insieme di cristalli aventi la stessa direzione di allungamento e la stessa orientazione ottica. Questa direzione di allungamento in genere non è casuale, ma è spesso comune a tutti i cristalli a crescita parallela di quel volume di roccia. A pettine: Cristalli allungati e ramificati, talvolta curvi, con orientazione ottica comune e formanti bande o livelli; in genere i cristalli sono disposti con una inclinazione fissa rispetto al piano delle bande. Eutassitica: Frammenti vetrosi di colore e composizione variabili, in forma di C o di Y, a formare bande discontinue e/o lenti allungate (talvolta vescicolate) contenenti variabili quantità di cristalli, frequentemente frammentati. Si rinviene in rocce piroclastiche. Sferulitica: Aggregato sferoidale (circolare in sezione) composto da cristalli fibrosi di uno o più minerali, irradiantisi da un nucleo; tra questi cristalli può essere presente materiale cristallino o amorfo. Il caso più comune è quello di cristalli aciculari di feldspato alcalino immersi in vetro. Tessitura sferulitica (nicol X). Tessitura eutassitica (nicol //). Tessitura eutassitica (nicol //). Tessiture raggiate Cristalli allungati divergenti da un nucleo comune. Variolitica: Fibre divergenti disposte a cono (ventaglio in sezione). Il caso più comune è quello di plagioclasio con pirosseno (±olivina e ossidi opachi) negli interstizi (variole). Tessiture di inclusione/concrescimento Consertale: I limiti tra i cristalli appaiono interdigitati e incastrati tra loro. Si manifesta in genere tra cristalli di quarzo. Grafica (talvolta riportata come micrografica se a grana molto fine): Concrescimento regolare di due minerali. Il caso più comune e più noto è quello di un cristallo otticamente continuo di feldspato includente porzioni triangolari di quarzo, che ricordano la scrittura cuneiforme. Il feldspato può essere un microclino o un plagioclasio sodico, e talvolta i due feldspati possono essere contemporaneamente presenti. Concrescimenti di quarzo e feldspato meno regolare o grossolanamente raggiato a grana fine definiscono la tessitura granofirica; in questo caso il feldspato ha generalmente composizione intermedia tra KAlSi 3 O 8 e NaAlSi 3 O 8. La compo- 16

17 sizione totale dei concrescimenti granofirici è vicina alla composizione del "minimo granitico" nel sitema petrogenetico residuale. Concrescimenti granofirici si ritrovano in alcuni graniti (detti granofiri) e tra i prodotti interstiziali in basalti tholeiitici, doleriti e gabbri. Simplectitica: Intimo concrescimento di due minerali a grana fine, uno dei quali presenta aspetto vermiculare. Si rinviene caratteristicamente ai bordi di cristalli, ed è frequente nelle rocce intrusive basiche; qui l'olivina può essere bordata da spinello o granato in concrescimento con pirosseno o anfibolo, oppure da concrescimenti di pirosseno e ossidi di Fe e Ti. Simplectiti si ritrovano anche in vulcaniti alcaline sottosature, sotto forma di concrescimenti di nefelina vermicolare in K-feldspato, talvolta con abito esterno tipico della leucite (pseudoleucite). Mirmechitica: Caso particolare di struttura simplectitica. E' formata da bacchette vermicolari di quarzo in continuità ottica (estinguono insieme) incluse in plaghe di plagioclasio, generalmente oligoclasico. Molto frequente nelle rocce granitiche, si rinviene spesso come proiezioni di plagioclasio lobate, a forma di verruca (in greco: myrmekia), al contatto tra plagioclasio e K-feldspato, o tra diversi cristalli di K- feldspato. Tessitura mirmechitica (nicol X). Intrafascicolata: Plagioclasi colonnari cavi riempiti da cristalli di pirosseno. Lamellare o a lacinie: Lamelle parallele, allineamenti di lacinie, strisce, vene, plaghe (con orientazione cristallografica comune) di una fase si trovano incluse in un cristallo di un'altra fase minerale. II cristallo includente, più grande, è detto ospitante o genitore (ingl. host), e le lamelle o lacinie incluse sono dette ospitate o figlie (guest). I casi più comuni sono quelli dei feldspati e dei pirosseni delle rocce plutoniche. An ortose / microclino pertitici mesopertiti pertiti Ab Or Fig. 7. Classificazione degli smescolamenti pertitici dei feldspati, in base alla composizione del cristallo ospitante. albite / plagioclasio antipertitici FELDSPATI ALCALINI: Nei feldspati alcalini le lacinie a grana fine hanno orientazione cristallografica coerente con il cristallo di feldspato includente, come testimoniato dalla continuità delle sfaldature attraverso le due fasi. Le isole a grana più grossa possono avere orientazione non coerente con il cristallo ospitante e risultare geminate. Queste tessiture sono classificate come pertiti nel caso in cui isole di feldspato sodico si ritrovano incluse in un cristallo di feldspato potassico, antipertiti quando isole di feldspato potassico si ritrovano in un cristallo di feldspato sodico, mesopertiti nei casi a composizione intermedia (Fig. 7). PLAGIOCLASI: La eventuale separazione tra le fasi ha grana molto fine (submicroscopica) e non è quindi osservabile al microscopio, ma può essere testimoniata da iridescenze nel campione macroscopico. 17

18 PIROSSENI: Nei pirosseni delle rocce intrusive si possono osservare al microscopio lamelle (o lacinie più o meno continue) a composizione diversa dal cristallo ospite. Le lamelle o lacinie si presentano sempre con orientazioni cristallografiche definite, dipendenti dalla composizione (e quindi struttura) relativa: OSPITE LAMELLE ORIENTAZ. TIPO o LACINIE augite opx // (100) augite pigeonite ~ // (001) augite pigeonite ~ // (100) pigeonite augite ~ // (001) pigeonite augite ~ // (100) opx augite // (100) Bushveld opx augite ~// (001) Stillwater [+ // (100)] I nomi dei due tipi di opx presentanti lamelle diversamente orientate derivano da due importanti complessi intrusivi basici: Bushveld, nel Sudafrica, ha una età 2 Ga e, con un volume 10 5 km 3, è il più grande conosciuto; Stillwater è il nome di una intrusione nel Montana, che ha una età 2.75 Ga. Tessiture di inclusione/ sovracrescita A corona: Cristalli di un minerale circondato da un bordo di uno o più cristalli di un altra fase. Rapakivi: Caso particolare di tessitura a corona, in cui grandi cristalli di feldspato potassico, usualmente tondeggianti, sono bordati da plagioclasio sodico (es. graniti rapakivi, Scandinavia). Antirapakivi: Grandi cristalli di plagioclasio, usualmente tondeggianti, bordati da feldspato potassico (es. trachiti Campi Flegrei). Lacinie in feldspato alcalino pertitico (nicol X). Tessitura antirapakivi (nicol X). Chelifitica: Caso particolare di tessitura a corona, in cui cristalli di olivina o granato sono bordati da orneblenda o pirosseno fibrosi; si ritrova generalmente in rocce gabbroidi. Uralitizzazione: Tessitura a corona costituita da un bordo di anfibolo (generalmente orneblenda verde) intorno a un cristallo di pirosseno; il bordo può essere da molto sottile spesso, fino a invadere e sostituire completamente il cristallo di pirosseno. In questo caso il fenomeno potrà essere testimoniato da anfiboli con forme di pirosseno (per es. sezioni basali ottagonali: v. pseudomorfosi) e/o da piccole zone relitte di pirosseno nell'anfibolo. Pseudomorfosi: Fase/i cristallina/e con abito esterno tipico di un'altra fase. Comuni le pseudomorfosi con abito esterno di olivina composte da iddingsite (mineraloide contenente ossidi idrati di Fe), bowlingite (mineraloide meno ossidato dell'iddingsite), serpentino (nelle forme lizardite, crisotilo o antigorite) o calcite. Altri casi tipici di sovracrescite secondarie sono rappresentati dallo sviluppo di clorite su biotite e di albite + epidoto (saussuritizzazione) o sericite su plagioclasio. Dendritica: Fibre sottili (dendriti) che si estendono dai bordi di fenocristalli in rocce porfiriche 18

19 con massa fondamentale vetrosa o a grana molto fine. Fenocristalli e dendriti non hanno necessariamente la stessa composizione. Zonatura: Variazioni delle proprietà ottiche (es. colore, birifrangenza, angolo di estinzione) all'interno di un cristallo riflettono variazioni composizionali. Molte fasi sono zonate composizionalmente, ma non sempre la zonatura è ben visibile e determinabile al microscopio. Infatti talvolta la zonatura non è cospicua a motivo della facile riequilibratura del cristallo col liquido a seguito dell'agevole interscambio tra i cationi coinvolti (es. interscambio Fe-Mg nell'olivina). In altri casi la simmetria del cristallo permette la variazione con la composizione di alcune proprietà ottiche meno appariscenti: es. la zonatura dell'olivina e dell'ortopirosseno -rombici- si manifesta soltanto attraverso la variazione di colore e birifrangenza, e non dell'angolo di estinzione. La fase che più si presta alla determinazione quantitativa al microscopio è il plagioclasio. Infatti la riequilibratura dei cristalli di plagioclasio col liquido risulta difficoltosa in quanto implica anche l'interscambio di Al e Si, componenti dell'impalcatura tettosilicatica, e la zonatura è quindi piuttosto comune e cospicua. Inoltre i plagioclasi sono triclini e la posizione dell'indicatrice ottica varia (anche notevolmente) con la composizione, fornendo angoli di estinzione fortemente e regolarmente variabili. I salti composizionali possono essere evidenziati da allineamenti di inclusioni cristalline e/o vetrose, particolarmente frequenti nei plagioclasi. La variazione di composizione dal nucleo al bordo del cristallo può seguire andamenti molto variabili, che è opportuno descrivere più dettagliatamente possibile. La Fig. 7 riporta alcune definizioni descrittive della zonatura relative al contenuto in molecola anortitica nel plagioclasio; tali definizioni sono però valide anche per le altre fasi. La zonatura è detta continua (Fig. 7a,b) se le variazioni composizionali avvengono gradualmente, discontinua (Fig. 7c,d) se le variazioni sono brusche, oscillante se coinvolge alternativamente aumenti e diminuzioni del contenuto in molecola An (Fig. 7d,e). La zonatura è detta normale per i cristalli che verso il bordo si arrichiscono del componente bassofondente della miscela, come previsto dal normale decorso della cristallizzazione magmatica. La zonatura è invece detta inversa per i cristalli il cui bordo è più ricco del componente altofondente. I plagioclasi hanno zonatura normale (Fig. 7a,c,d) se la composizione diventa più acida (più ricca in albite) verso il bordo, inversa (Fig. 7b,d,e) quando la composizione diventa più basica (più ricca in anortite) verso il bordo. In fasi femiche come olivina o pirosseno la zonatura normale è costituita da un arricchimento in Fe rispetto a Mg verso il bordo. Fig. 8. Possibili andamenti della zonatura composizionale dei plagioclasi. Generalmente queste variazioni avvengono secondo bande concentriche. La forma delle varie zone concentriche può ricalcare l'abito esterno del cristallo, ed essere quindi generalmente euedrale o subedrale, oppure può presentare andamenti più o meno irregolari con evidenti rientranze, nel qual caso è detta convoluta. In alcune casi si osservano, in genere nei nuclei, delle zone anedrali a composizione contrastante e separate tra loro a dare una 19

20 estinzione a chiazze (patch zoning). Talvolta la zonatura composizionale, anziché disporsi secondo zone concentriche, può essere distribuita a settori, generalmente di forma triangolare; quando i settori triangolari appaiono leggermente bombati, la zonatura è detta a clessidra. La zonatura a settori può combinarsi con la zonatura concentrica. Questo tipo di zonature si ritrova con relativa frequenza ed è agevolmente osservabile nei pirosseni, in particolare nell'augite titanifera. Orbicolare: gusci concentrici a composizione mineralogica alternata. Ocellare: disposizione radiale o tangenziale di cristalli prismatici o appiattiti intorno a un cristallo euedrale di un minerale diverso; originariamente usato per cristalli di egirina intorno a nefelina. Tessiture di cavità Vescicolare: Sono presenti vacuoli, la cui forma può essere tondeggiante, ovoidale o più o meno regolarmente appiattita (allungata in sezione). Importante è la proporzione tra spazi vuoti e pieni. Tessitura vescicolata (nicol //). Amigdaloide: Vescicole completamente (o quasi) riempite da materiale di origine secondaria. Il riempimento può essere costituito da: (i) vetro vulcanico, (ii) cristalli di origine ignea, (iii) cristalli secondari precipitati da fluidi durante il raffreddamento immediatamente successivo all'eruzione, (iv) cristalli cresciuti successivamente all'eruzione, quando la massa lavica viene coinvolta in un ciclo sedimentario. Miarolitica: Sono presenti cavità di forma irregolare nelle quali si proiettano cristalli euedrali. Si rinvengono tipicamente in rocce ipoabissali. Tessiture di cumulo Cumulite è una roccia formata (in parte o del tutto) per accumulo di cristalli che si concentrano in una particolare zona del fuso magmatico. Le cumuliti si possono descrivere in base ai rapporti tra l'originario materiale accumulato e il materiale cresciuto successivamente. Le ortocumuliti sono caratterizzate da grandi cristalli pecilitici precipitati dal liquido intercumulo e includenti i cristalli di cumulo, che in genere sono in contatto tra loro e talvolta presentano un bordo zonato. Le adcumuliti sono caratterizzate dalla abbondanza di giunti tripli a 120 tra i grandi cristalli di cumulo (accresciuti anche in situ) generalmente anedrali e privi (o quasi) di zonatura; il liquido interstiziale residuo cristallizzato tra le fasi di cumulo costituisce al massimo il 5% della roccia. Le mesocumuliti hanno struttura intermedia tra le ortocumuliti e le adcumuliti. Le eteradcumuliti hanno tessitura pecilitica e fasi intercumulo non zonate. Le crescumuluti hanno cristalli allungati (fina ad alcuni cm), talvolta dendritici, costituiti da olivina, pirosseno, plagioclasio o apatite disposti a formare angoli elevati con il bordo del livello che li contiene. Non sempre agevole risulta distinguere l'originario materiale di cumulo da quello cresciuto in seguito, né definire se il materiale cresciuto dopo l'accumulo sia precipitato direttamente dal liquido intercumulo oppure se -e in quale proporzione- sia stato modificato per diffusione di componenti dal magma adiacente: si può quindi usare una terminologia più descrittiva, usando il termine cumulo per i cristalli generatisi altrove e il termine postcumulo per il materiale formatosi in situ. 20

21 Xenoliti e xenocristalli Le rocce ignee possono contenere materiali estranei al magma sotto forma di xenoliti (frammenti di roccia) o xenocristalli (singoli cristalli). Si identificano per la mineralogia e la tessitura estranea al magma e/o per le tessiture di reazione (a corona) che li possono circondare. Più ambigui sono i casi di xenoliti cogenetici, provenienti cioè da rocce magmatiche simili o uguali a quella in cui si ritrovano (es. frammenti di roccia strappati da un magma da parti pre-esistenti del vulcano stesso). Xenolite peridotitico (nicol X). Xenocristallo di quarzo (nicol X). 21

22 INTERPRETAZIONE DELLA MICROSTRUTTURA Vengono qui riportate alcune possibili interpretazioni genetiche delle tessiture sopra descritte. Occorre precisare che tali interpretazioni non sono esclusive, sia perché una medesima tessitura può originarsi attraverso processi petrogenetici diversi, sia perché non sempre vi è unanimità di vedute tra i vari Autori. In alcuni casi vengono riportate spiegazioni alternative. CRISTALLINITA` Dipende dalla successione dei principali eventi di raffreddamento che hanno determinato la solidificazione del magma. Il raffreddamento può avvenire totalmente in condizioni plutoniche, dando luogo a rocce olocristalline; può avvenire parzialmente o totalmente alla superficie in condizioni vulcaniche effusive o esplosive con formazione di rocce ipocristalline o vetrose. La tessitura petroselciosa è costituita da aggregati microcristallini o criptocristallini a composizione generalmente quarzofeldspatica derivanti dalla devetrificazione (passaggio dallo stato amorfo allo stato cristallino) secondaria del vetro della pasta di fondo di rocce vulcaniche. La tessitura perlitica è originata da fenomeni di contrazione durante il rafreddamento. GRANULARITA` Dimensioni assolute dei cristalli Un raffreddamento lento e/o sottoraffreddamento basso porta alla formazione di cristalli di grandi dimensioni, mentre un raffreddamento più veloce inibisce le crescita dei cristalli, che risultano così di piccole dimensioni. C'è quindi una grossolana proporzionalità inversa tra velocità di raffreddamento e taglia dei cristalli. Dimensioni relative dei cristalli In genere rocce equigranulari sono cristallizzate sotto una velocità di raffreddamento bassa e costante, mentre le rocce porfiriche testimoniano uno stadio a bassa velocità di raffreddamento (profondo, intratellurico) seguito da uno stadio ad alta velocità di raffreddamento (superficiale). FORMA DEI CRISTALLI La forma dei cristalli fornisce informazioni sulla velocità di cristallizzazione (v.), sull'ordine di cristallizzazione (v.) e sull'ambiente fisico di crescita. Le condizioni fisiche possono influenzare la crescita addirittura in maniera negativa: per esempio una brusca diminuzione della pressione d'acqua (perdita di volatili o abbassamento della pressione confinante totale) induce in magmi riolitici una contrazione del campo di stabilità del quarzo, che incorre in fenomeni di riassorbimento con conseguente generazione di cristalli dai bordi irregolari e sinuosi, senza vertici né spigoli vivi. RELAZIONI SPAZIALI TRA FASI Tessiture delle parte di fondo Generale Porfirica: la formazione di questa tessitura può essere spiegata secondo due meccanismi limite. Nel primo caso (Fig. 9) si generano due distinte popolazioni di uno stesso minerale: la formazione dei fenocristalli avviene durante una fase intratellurica con raffreddamento molto lento e basso sottoraffreddamento ( T 1 ), mentre la formazione dei microliti (o dei cristalliti o del vetro) si verifica

23 durante la messa in posto, in condizioni di raffreddamento molto brusco ed elevato sottoraffreddamento ( T 2 ). mesostasi Vn alta V n V c fenocristalli V c alta mesostasi della fase A nuclei A crescita A V n (A) V n (B) V c (B) V c (A) crescita B nuclei B fenocristalli della fase B V c bassa T 2 T 1 T e ΔT 2 ΔT 1 fase eruzione intratellurica V n bassa Fig. 9. Vn=Velocità di nucleazione; Vc= Velocità di crescita; Te=temperatura di liquidus. In alternativa la struttura porfirica può essere vista come determinata dalla concomitante presenza di distinte specie minerali con taglie molto diverse. In questo caso è spiegabile invocando una cristallizzazione a un dato T di fasi con curve di V n e V c diverse (Fig. 10). L'interazione dei due meccanismi è in generale molto probabile, anche se la crescita dei fenocristalli di una roccia vulcanica è generalmente attribuibile a una fase di cristallizzazione intratellurica pre-eruttiva. In ogni caso è fondamentale notare che, essendo T e molto diversa per le diverse fasi, i fenocristalli sono costituiti da quelle fasi con più alta T e (relativamente a quel dato sistema). Seriata: nel caso la caratteristica riguardi una sola fase, si può invocare una graduale variazione di T durante la cristallizzazione dei fenocristalli. Nel caso in cui le fasi con gradazione dimensionale siano più di una, la formazione di questo tipo di struttura può essere attribuita a velocità di crescita delle diverse fasi variabili uniformemente su un certo intervallo di sottoraffreddamento. Fig. 10. V n (A)=Velocità di nucleazione fase A; V c (A)=Velocità di crescita fase A; V n (B)=Velocità di nucleazione fase B; V c (B)=Velocità di crescita fase B; T e =temperatura di liquidus. Glomerofirica: La formazione di glomerofiri tramite l'aggregazione dei primi cristalli formatisi sul liquidus è favorita da almeno due fattori energetici: (i) la superficie di un glomerofiro è minore della somma delle superfici dei cristalli che lo compongono, e di conseguenza l'energia superficiale è minore; (ii) la presenza di cristalli o nuclei favorisce la nucleazione eterogenea dal liquido con conseguente crescita di cristalli giustapposti. I glomerofiri possono rivestire un ruolo importante nei processi di frazionamento, in quanto l'efficacia dell'affondamento di un granulo nel magma è proporzionale alle sue dimensioni (v. legge di Stokes, eq. 6). Inoltre, minerali leggeri quali i plagioclasi acidi che tenderebbero a risalire nel magma, possono invece essere trascinati verso il basso se inglobati in un golmerofiro costituito in prevalenza da minerali pesanti quali olivina e pirosseno. Occorre porre particolare attenzione alla distinzione tra glomerofiri e xenoliti, che possono presentare tessitura e mineralogia molto simili, particolarmente nel caso in cui lo xenolite sia cogenetico e rappresenti per esempio un prodotto di cumulo dello stesso magma. T ΔT T e 23

24 Pecilitica: Generalmente i cadacristalli sono cristallizzati precedentemente agli oicocristalli. La disposizione orientata di cristalli inclusi può essere dovuta ad adsorbimento selettivo di materiale estraneo e/o a sinneusi e/o a nucleazione eterogenea di una fase che utilizza l'altra come "seme" per la propria nucleazione eterogenea. Ofitica: La più comune interpretazione genetica di questa struttura chiama in causa le velocità di nucleazione e crescita relative di clinopirosseno e plagioclasio. Il cpx, avendo entropia di fusione più alta del plagioclasio, ha tasso di nucleazione più basso e velocità di crescita più alta del plagioclasio (Fig. 11) Quindi a parità di sottoraffreddamento ( T=T liquidus -T sistema ) si formano molti nuclei di plagioclasio in grado di crescere poco e pochi nuclei di cpx che al contrario crescono velocemente: così pochi grandi cristalli di augite fagocitano i molti piccoli cristalli di plagioclasio. Questa interpretazione implica evidentemente la contemporanea presenza sul liquidus di cpx e plagioclasio. cpx plg Velocità di nucleazione vel. nucl. plg vel. nucl. cpx vel. cr. cpx vel. cr. plg Velocità di crescita Fig. 11. Ipotesi di formazione della tessitura ofitica. T e = temperatura di liquidus; T = temperatura del sistema. Paste di fondo a tessitura isotropa Intersertale: Il materiale interstiziale residuo dalla cristallizzazione del plagioclasio si è raffreddato T ΔT T e cpx plg rapidamente, passando allo stato solido come materiale amorfo. Intergranulare: Si può formare per cristallizzazione penecontemporanea di plagioclasio e cpx (± olivina e ossidi opachi) durante il raffreddamento del liquido: i plagioclasi, di forma tabulare, formano una impalcatura tridimensionale, mentre i femici, più tozzi, occupano gli spazi tendenzialmente equidimensionali tra i cristalli di plagioclasio. In alternativa si può invocare una cristallizzazione dei femici successiva ai plagioclasi, ipotesi meno probabile. A feltro: si forma in assenza di pressioni orientate. Paste di fondo a tessitura orientata Pilotassitica, ialopilitica, trachitica, trachitoide: Riflettono movimenti del magma durante la cristallizzazione e permettono di dedurre la direzione (e talvolta il verso) di tale flusso. A crescita parallela: Alcune tessiture con andamento strettamente parallelo di cristalli apparentemente distinti sono in realtà dovute al taglio di cristalli scheletrici, che nella sezione non mostrano la loro effettiva continuità. Eutassitica: Testimonia lo schiacciamento e la saldatura ad alta temperatura di pomici e matrice vetrosa rappresentanti frammenti di fuso magmatico messi in posto nel corso di una eruzione esplosiva. Paste di fondo a tessitura raggiata Sferulitica: Tipica di vetri vulcanici, che hanno secondariamente subito processi di passaggio del vetro dallo stato amorfo a quello cristallino, con formazione di fasi sialiche in forma di sottili aciculi disposti in aggregati sferoidali. Variolitica: Testimonia cristallizzazione relativamente rapida e indica la direzione di avanzamento del fronte di cristallizzazione, che procede nel verso di apertura del ventaglio. Tessiture di inclusione/concrescimento 24

25 Consertale: Indica crescita contemporanea dei cristalli. Grafica: La eventuale presenza di due feldspati depone a favore di una cristallizzazione a pressione di acqua relativamente alta, in condizioni subsolvus (Barker, 1970; v. Fig 13b), in accordo col ritrovamento di queste strutture in pegmatiti, ricche in fluidi. La cristallizzazione avviene in prossimità del minimo termico del sistema ternario Ab- Or-SiO 2 : una precoce crescita di feldspato impoverisce il liquido circostante dei suoi stessi componenti, per cui il feldspato cresce in forma scheletrica, e gli interstizi vengono poi riempiti da quarzo. Granofirica: Si può formare in rocce a composizione granitica povere in volatili e/o messe in posto a profondità relativamente bassa, cioè in condizioni ipersolvus, come testimoniato dalla presenza di un solo feldspato a composizione intermedia (v. Fig 13a). In queste condizioni si verifica una crescita simultanea e relativamente rapida di pochi nuclei di quarzo e di feldspato alcalino da un mezzo che può essere un fuso magmatico, una fase vapore, un vetro in via di devetrificazione (Barker, 1970). Simplectitica: E' generalmente imputabile a crescita simultanea durante processi secondari di reazione e sostituzione. Meno frequentemente può derivare da cristallizzazione eutettica di due fasi; la Fig. 12 mostra come esempio un sistema binario A-B, con i percorsi dei liquidi di composizione x e y che possono dar luogo alla cristallizzazione eutettica delle fasi A e B. Lo sviluppo di simplectiti limitatamente ai contatti tra specifiche coppie di minerali ne testimonia l'origine secondaria, di tipo metamorfico. Inoltre la grana fine e la tessitura di disequilibrio testimoniano una dominanza di processi di diffusione molto lenti (stato solido). I concrescimenti di nefelina e K-feldspato possono essere spiegati chiamando in causa la reazione peritettica della leucite a dare nefelina + K-feldspato, la cristallizzazione eutettica di nefelina + K-feldspato, etc. Mirmechitica: Non esite uniformità di vedute riguardo l'interpretazione genetica di questa struttura, che è stata attribuita sia a fenomeni di smescolamento, sia di sostituzione, sia a diretta cristallizzazione dal magma. Una comune interpretazione invoca l'azione di fluidi metasomatici recanti Na e Ca in grado di trasformare il K-feldspato in plagioclasio+quarzo, liberando K, secondo la reazione schewmatica Kfs + Na + + Ca +2 = plg(olig) +Qtz + K +. In una stessa roccia si possono rinvenire mirmechiti di due generazioni successive (Hopson & Ramseyer, 1990): il primo e principale stadio di formazione avviene verso la fine della cristallizzazione magmatica prima del verificarsi degli smescolamenti tipici del subsolidus (es. pertiti), secondo la reazione schematica: Kfs + plg(and) = plg(olig) + Qtz + K + + Na + +Ca +2 una seconda generazione deposta da fluidi va in seguito a riempire eventuali fratture secondarie. Fig. 12. Diagramma binario con punto eutettico (e). Sono visualizzati i percorsi di evoluzione composizionale dei liquidi di copmposizione X e Y convergenti verso il punto eutettico. Intrafascicolata: I cristalli cavi testimoniano generalmente una elevata velocità di crescita. Lamellare o a lacinie: Lamelle e lacinie di una fase incluse in un'altra rappresentano in genere la manifestazione di fenomeni di smescolamento subsolidus. Tali fenomeni si verificano a varia estensione in tutte le rocce magmatiche. Nelle rocce raffreddate lentamente (intrusive e metamorfiche) tali smescolamenti possono essere osservati al microscopio polarizzante, mentre nelle rocce raffreddate rapidamente (vulcaniche) gli smescola- 25

26 menti sono submicroscopici e una certa separazione tra le fasi può essere osservata soltanto attraverso studi cristallografici (per es. tramite raggi X o microscopio elettronico a trasmissione). FELDSPATI ALCALINI: I feldspati alcalini presentano smescolamenti originati dalla presenza nel sistema feldspatico di una lacuna di miscibilità (solvus) a bassa temperatura tra i componenti sodico e potassico. Lo smescolamento comporta la ridistribuzione di K e Na, che non sono costituenti dell'impalcatura tettosilicatica: così le isole smescolate possono crescere con orientazione strutturale più o meno parallela (coerente) con quella del cristallo ospite; le isole più grandi e con orientazione non coerente possono essere state sottoposte ad aumento della grana tramite processi secondari coinvolgenti circolazione di fluidi. Fig. 13. Sistema binario NaAlSi3O8 (Ab) - KAlSi3O8 (Or). Il sistema Ab-Or è fortemente influenzato dal valore della P H2 O, che tende a deprimere considerevolmente le temperature di liquidus e di solidus (~220 C da 0 a 1 kbar, ~350 C da 0 a 5 kbar) e ad innalzare leggermente la curva di solvus (~ 6 C/ kbar). A bassa P H2 O (Fig. 13a) solvus e solidus non si intersecano e dal liquido cristallizza a T relativamente alta un singolo feldspato, che al di sotto della propria T di solvus, smescola lacinie di felspato sodico in una matrice di felspato potassico (pertiti) o lacinie di felspato potassico in una matrice di felspato sodico (antipertiti), secondo la composizione del feldspato originario. Le rocce, generalmente graniti e sieniti, che hanno un solo feldspato, sono dette ipersolvus (Tuttle & Bowen, 1958). Ad alta P H2 O invece solvus e solidus si intersecano (Fig. 13b) e dal liquido cristallizzano a T relativamente bassa due feldspati: un alcalifeldspato 26

27 ricco in K e un plagioclasio ricco in Na; al di sotto delle rispettive T di solvus entrambe queste fasi possono smescolare rispettivamente isole di feldspato ricco in Na e isole di feldspato ricco in K. Rocce con una storia di cristallizzazione di questo tipo sono dette subsolvus. PLAGIOCLASI: Il sistema Ab-An presenta tre lacune di miscibilità a bassa T, per cui si verificano smescolamenti detti Peristeriti nei plagioclasi più sodici, smescolamenti Bøggild nei plagioclasi andesinici-labradoritici, e smescolamenti Huttenlocher nelle labradoriti-bytowniti (Fig. 14). Fig. 14. Lacune di miscibilità a bassa T per i plagioclasi. Diversamente da quanto accade nei feldspati alcalini, gli smescolamenti dei plagioclasi coinvolgono la ridistribuzione anche di Al e Si, costituenti strutturali dell'impalcatura tettosilicatica e quindi molto meno mobili di Na e K: ne risultano così concrescimenti submicroscopici, non osservabili in sezione sottile. Un effetto notevole della lacuna peristeritica si rileva nel metamorfismo delle rocce pelitiche, dove l'albite pura o quasi, propria della facies scisti verdi, reagisce discontinuamente a fornire oligoclasio (An ~17 ) al passaggio alla facies anfibolitica. PIROSSENI: L'analisi approfondita dei pirosseni di alcuni massicci basici stratificati ad affinità tholeiitica ha messo in evidenza come lo studio delle variazioni composizionali dei pirosseni possa essere arricchito da osservazioni sugli smescolamenti subsolidus che in essi si sviluppano. Gli smescolamenti dei pirosseni presentano tre caratteristiche generali: 1) L'orientazione cristallografica degli smescolamenti relativa al cristallo ospitante segue lo schema illustrato Fig. 15. Fig. 15. Le frecce indicano la direzione di smescolamento da genitore a figlio. Tutte le sezioni rappresentate sono (010). Lo schema contempla anche i risultati di Robinson et al. (1971), che hanno hanno mostrato come gli smescolamenti di pigeonite nell'augite siano perfettamente paralleli a (001) soltanto nel caso in cui siano uguali i parametri di cella a delle due fasi, e come siano perfettamente paralleli a (100) soltan- 27

28 to nel caso in cui siano uguali i parametri di cella c delle due fasi. Sensibili differenze in a si riscontrano però soltanto alle temperature tipiche delle condizioni metamorfiche. In questo caso l'aumentare dell'angolo tra smescolamenti e (001) al diminuire della temperatura può fornire stime geotermometriche. 2) L equidimensionalità di un cristallo è inversamente proporzionale al sotto-raffreddamento del fuso e al rapporto V c /D (dove V c =velocità di crescita del cristallo e D=coefficiente complessivo di diffusione nel fuso delle specie che lo compongono). Questo fa sì che gli smescolamenti dei pirosseni dei magmi più basici (T alta, V c /D basso), abbiano forma di lacinie tondeggianti, quindi tendenzialmente equidimensionale, mentre gli smescolamenti che si formano nei pirosseni dei magmi meno basici (T più basse, V c /D più alto), hanno forma di lamelle, meno equidimensionale delle lacinie, anche se più regolare. 3) I clinopirosseni ricchi in Ca (augiti) dopo lo smescolamento rimangono monoclini, come analogamente rimangono rombici gli opx dopo aver smescolato cpx ricco in Ca. Più complessa è la storia di smescolamento dei cpx poveri in Ca (pigeoniti): essi smescolano inizialmente augite circa //(001) e, raramente, anche augite circa //(100); questo impoverimento in Ca favorisce, in seguito a una lenta diminuzione di T, la loro inversione a ortopirosseni (questo spiega perché la pigeonite è in pratica confinata alla rocce vulcaniche); in seguito queste pigeoniti invertite possono ancora smescolare augite, ma stavolta strettamente // (100). Così i pirosseni cristallizzati direttamente come rombici hanno lamelle di cpx //(100) (pirosseni tipo Bushveld), mentre i pirosseni divenuti rombici in seguito all'inversione di pigeoniti ricche in Fe (Fs>30) hanno augite circa //(001) smescolata prima dell'inversione e, eventualmente, augite //(100) smescolata dopo l'inversione (pirosseni tipo Stillwater). La Fig. 16 schematizza gli smescolamenti che avvengono nei pirosseni mostrandone le relazioni con il grado di evoluzione del liquido (inversamente proporzionele a T e a V c /D) dal quale cristallizza il pirosseno che ospita gli smescolamenti. La figura nell'insieme fa riferimento a una serie tholeiitica o ad una intrusione tholeiitica stratificata (Cox et al., 1979), ma i singoli schemi hanno validità generale. Fig. 16. Le frecce rosa indicano l'ordine di comparsa sul liquidus del pirosseno ospitante; le linee grige indicano la coesistenza sul liquidus dei due pirosseni; le frecce verticali indicano gli smescolamenti; le frecce orizzontali a indicano le inversioni strutturali da pigeonite a ortopirosseno (pigeonite invertita). 28

29 Tessiture di inclusione/ sovracrescita Rapakivi-antirapakivi: nello stadio finale di cristallizzazione frazionata nel sistema feldspatico ternario (Fig. 17) possono prospettarsi due casi, secondo la posizione relativa del punto neutro (N) e del feldspato critico (K'). a) (Fig. 17a) il proseguimento della cotettica EH cade nel campo del feldspato alcalino, e quindi il feldspato critico è un plagioclasio; l'ultimo plagioclasio cristallizzato (P) dal liquido N verrà bordato da un feldspato alcalino con composizione che evolve da H verso il feldspato critico (K'), dando luogo alla struttura detta antirapakivi; il liquido abbandonerà la cotettica EHN ed evolverà da N verso il minimo trachitico M; la roccia conterrà quindi un feldspato alcalino più sodico (H K') al bordo del plagioclasio (P) e un plagioclasio più calcico (P) in cristalli propri. b) (Fig.17b) il proseguimento della cotettica EH cade nel campo del plagioclasio, e quindi il feldspato critico è un alcalifeldspato; l'ultimo feldspato alcalino cristallizzato (F) verrà bordato da un plagioclasio con composizione che evolve da H verso il feldspato critico (K'), dando luogo a una struttura rapakivi; il liquido abbandonerà la cotettica EHN ed evolverà da N verso il minimo trachitico M; la roccia conterrà quindi un plagioclasio più sodico (H K') al bordo del feldspato alcalino (F) e un feldspato alcalino più potassico (F) in cristalli propri. Chelifitica: le reazioni procedono con difficoltà in assenza di fluido e la crescita delle fasi è controllata da bassi tassi di diffusione. Uralitizzazione: Quando il bordo di anfibolo è sottile, rappresenta probabilmente una sovracrescita di origine tardo-magmatica dovuta ad arricchimento in fluidi del magma. Nel caso in cui l'anfibolo (in questo caso tremolitico) abbia completamente invaso il cristallo di pirosseno, l'origine è quasi sicuramente metamorfica. Fig. 17. Percorsi di cristallizzazione frazionata nel sistema feldspatico ternario. Pseudomorfosi: E' un processo secondario. L'ossidazione con formazione di iddingsite è imputabile agli stadi magmatici tardivi arricchiti in volatili. La serpentinizzazione dell'olivina implica perdita di Fe, che si deposita come magnetite; la formazione di lizardite o crisotilo procede a T<100 C, mentre la formazione di antigorite implica T 500 C. La serpentinizzazione completa 29

30 dell'olivina implica un aumento di volume del 50%, che dà luogo alla formazione di fratture anche nei minerali circostanti. Dendritica o scheletrica: Le fibre che si estendono dai bordi dei fenocristalli verso la massa fondamentale (vetrosa o criptocristallina) sono cresciute molto rapidamente in condizioni effusive, spesso subacquee. Fig. 18. Formazione della zonatura composizionale dei plagioclasiin funzione di temperatura e pressione. Zonatura: Le variazioni composizionali delle fasi dipendono dal fatto che per le fasi non pure ma in miscela (praticamente tutti i principali minerali magmatici) la composizione in equilibrio col liquido varia con la temperatura. Poiché la cristallizzazione di un magma avviene non a temperatura costante, ma lungo un intervallo di temperatura, al diminuire di T cristallizzano composizioni via via più ricche del/i componente/i basso-fondente/i della miscela. PLAGIOCLASI: a pressione costante un plagioclasio che cristallizza da un magma ha composizione progressivamente più ricca in Na al diminuire della temperatura; se i cristalli di plagioclasio non vengono allontanati dal liquido né reagiscono con esso per riequilibrarsi, si formano cristalli di plagioclasio con una zonatura continua e diretta, cioè a composizione progressivamente più ricca in Na verso il bordo. Durante la cristallizzazione del magma la pressione può però essere variabile e, secondo il grado di saturazione in fluidi del magma, tale pressione può essere puramente litostatica o essere esercitata tramite fluido (essenzialmente H 2 O). Le variazioni di pressione influenzano i campi di stabilità di solido e liquido nel sistema Ab- An: un aumento della pressione anidra esercita un blando effetto di espansione del campo del solido a scapito del campo del liquido, mentre un aumento della pressione d'acqua esercita un forte effetto (circa volte maggiore rispetto a quello della pressione anidra) di espansione del campo del liquido a scapito del campo del solido (Fig. 18). In un magma saturo in H 2 O (P litostatica =P H2 O) una brusca diminuzione di pressione a temperatura (T l ) costante (per es. risalita veloce) fa sì che la composizione del plagioclasio in equilibrio con il liquido diventi molto più sodica (variazione da X Ab(3) a X Ab(2) ). Il plagioclasio acquisisce quindi una zonatura diretta discontinua, che riflette un veloce spostamento barico del magma saturo in H 2 O. In un magma anidro una brusca diminuzione di pressione a temperatura (T l ) costante (per es. risalita veloce) fa sì che la composizione del plagioclasio in equilibrio con il liquido diventi leggermente più calcica (variazione da X Ab(1) a X Ab(2) ). Il plagioclasio acquisisce quindi una zonatura inversa quasi continua, che riflette un veloce spostamento barico del magma anidro. 30

31 Le zonature oscillanti (frequenti in plagioclasio e cpx) riflettono scompensi tra velocità di crescita del minerale e velocità di diffusione delle specie che lo compongono nel liquido magmatico. In molti sistemi infatti la diffusione non è in grado di sostenere una crescita a composizione uniforme del cristallo, nelle cui immediate vicinanze si forma così un volume impoverito nei suoi componenti, dal quale cristallizza una fase con composizione leggermente diversa. Il carattere ricorsivo di questo meccanismo, dovuto per esempio a efficaci movimenti convettivi in una camera magmatica, è alla base della formazione delle zonature oscillanti. La forma delle zonature testimonia riassorbimento se le facce tardive tagliano le precedenti facce e zonature del cristallo (Fig. 19a), mentre testimonia rapida crescita se le zonature seguono parallelamente le superfici rientranti (Fig. 19b). Fig. 19. Zonatura vs. forma del cristallo. La zonatura a settori è determinata dalla crescita contemporanea di diverse facce del cristallo con composizioni leggermente diverse. Questo può avvenire in quanto facce diverse espongono diversi aspetti della struttura cristallina, in grado di attrarre cationi diversi. La zonatura a settori è favorita dalla crescita rapida, ma velocità di crescita diverse per le varie facce non sono necessari. Orbicolare: Il meccanismo che determina la formazione delle zonature oscillanti, se particolarmente accentuato, può addirittura determinare una alternanza di fasce concentriche non più di una stessa fase con composizione variabile, ma addirittura di fasi diverse. Tessiture di cavità Vescicolare: I fluidi che non si allontanano dal magma prima dell'eruzione, rimangono intrappolati a formare delle vescicole. Forma e distribuzione delle vescicole forniscono informazioni sul regime di stress agente sul flusso lavico. L'appiattimento delle vescicole avviene generalmente nel piano di scorrimento. Amigdaloide: Testimonia l'azione di fenomeni secondari di alterazione, e i minerali contenuti nelle amigdale possono fornire informazioni sulla temperatura e sul chimismo dei fluidi circolanti. Miarolitica: Testimonia una pressione di messa in posto non molto alta, tipica di ambiente ipoabissale. 31

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