Assessorato regionale alle Attività Produttive DOCUMENTO STRATEGICO DI POLITICA PER LE IMPRESE MANIFATTURIERE DELLA REGIONE FRIULI VENEZIA GIULIA

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1 Assessorato regionale alle Attività Produttive DOCUMENTO STRATEGICO DI POLITICA PER LE IMPRESE MANIFATTURIERE DELLA REGIONE FRIULI VENEZIA GIULIA 16 Gennaio 2004

2 INDICE Introduzione Cap. 1 - La promozione dell innovazione 1. Introduzione: uno sviluppo al bivio (1.1 La crescita delle imprese, 1.2 Un concetto ampio di innovazione, 1.3 Una strategia per l innovazione), 2. Una lettura cognitiva delle debolezze competitive dell industria regionale, 3. Il sostegno della Regione all innovazione: la L.R. 11/2003, 4. Verso un quadro organico di politica regionale a favore dell innovazoione (4.1 Innovazione e capitale umano, 4.2 La codificazione delle conoscenze e delle innovazioni, 4.3 Innovazione, cooperazione interaziendale e servizi alle imprese, 4.4 Creazione e start-up di imprese innovative, 4.5 La costruzione di un network regionale dell innovazione, 4.6 I progetti innovativi ad elevato impatto sistemico). Cap. 2 - La valorizzazione dei sistemi produttivi localizzati 1. Una premessa: i sistemi produttivi localizzati nella competizione globale, 2. I distretti industriali (2.1 I distretti industriali da sistemi chiusi a sistemi aperti all economia globale, 2.2 Obiettivi di politica industriale per i distretti industriali, 2.3 I marchi distrettuali di qualità: istruzioni per la progettazione, 2.4 Le modifiche da apportare alla L.R. 27/1999 per rilanciarla come strumento efficace di promozione dell evoluzione competitiva dei distretti), 3. Le zone industriali programmatiche (3.1 Le zone industriali di interesse regionale come tema di politica industriale, 3.2 Le innovazioni introdotte dalla L.R. 3/1999, 3.3 Un progetto di politica industriale per i Consorzi: estensione dell ambito di operatività, messa in rete e marketing territoriale). Cap. 3 - La crescita dimensionale delle imprese 1. Il problema dimensionale: perché crescere?, 2. Il problema dimensionale: crescita per linee esterne e crescita per linee esterne, 3. La crescita come opzione strategica, 4. Quale politica industriale per la crescita (4.1 Il punto di partenza per gli interventi: la questione manageriale, 4.2 Gli strumenti, 4.3 L articolazione degli strumenti, 4.4 Strumenti e criteri di valutazione), 5. Il rafforzamento manageriale delle Pmi regionali: misura trasversale di politica industriale. Cap. 4 - La riforma degli strumenti finanziari 1. Una premessa: il ruolo degli strumenti finanziari nella politica economica regionale, 2. Le linee ispiratrici della proposta, 3. Gli interventi di riassetto dei soggetti gestori, 4. Gli interventi di sostegno dell accesso al credito.

3 INTRODUZIONE La proposta di riforma organica delle politiche a favore delle imprese della Regione Friuli-Venezia Giulia si focalizza su sei principali aree di intervento: tre riferite all intero sistema, secondo una prospettiva macro, e tre riferite alle singole imprese. Gli interventi previsti a livello di sistema riguardano: la promozione dell innovazione e la strutturazione di un sistema regionale dell innovazione; la valorizzazione dei sistemi produttivi localizzati; la riforma degli strumenti finanziari. Gli interventi a livello di singola impresa riguardano: il sostegno dei processi di crescita dimensionale delle imprese e delle forme di cooperazione interaziendale; la promozione della creazione di nuove imprese e il supporto alla continuità imprenditoriale; la promozione dell internazionalizzazione. È chiaro che tra il livello macro e il livello micro esistono delle forti interdipendenze: la strutturazione di un sistema regionale all innovazione ha delle inevitabili ricadute sulla promozione e il supporto dei processi innovativi di tipo strategico e/o tecnologico delle singole imprese; la valorizzazione dei sistemi produttivi localizzati passa attraverso la razionalizzazione dei sistemi del valore in cui sono inserite le singole imprese; il riassetto degli strumenti finanziari introduce nuove modalità di relazione tra il mercato dei capitali pubblici e le singole imprese. Le linee-guida degli interventi sulle singole aree sono riportate di seguito. Titolo 1 Promozione dell innovazione e strutturazione di un sistema regionale dell innovazione La L.R. 11/2003 deve venire integrata identificando le interfacce che garantiscono un collegamento efficace tra strutture di ricerca e imprese. 2

4 Si deve procedere nella costruzione del sistema regionale di innovazione, identificando le strutture (pubbliche e private) esistenti che partecipano al network, quelle di cui è necessario promuovere la costituzione, le relative specializzazioni e le forme di cooperazione da incentivare. Deve venire adottato, come riferimento della politica regionale, un concetto ampio di innovazione, esteso ai prodotti nella loro accezione più estesa (materiali, prestazioni, personalizzazione, design, servizi che integrano il prodotto tangibile), ai processi aziendali e all insieme delle attività che compongono la catena del valore dell impresa (progettazione, produzione, approvvigionamenti, marketing, gestione della qualità ecc.). In questo ambito, vanno identificati ed esplicitati i fattori di innovazione oggetto di possibile intervento. La promozione dell innovazione deve dispiegarsi, oltre alla costruzione del citato network, su alcune direttrici fondamentali: la formazione del capitale umano; la codificazione delle conoscenze e delle innovazioni, con particolare riferimento ai processi di brevettazione europea e internazionale da parte delle Pmi regionali; la cooperazione interaziendale e una qualificata offerta di servizi alle imprese come leve per lo sviluppo dei processi di innovazione; i progetti innovativi ad elevato impatto sistemico. Titolo 2 Valorizzazione dei sistemi produttivi localizzati Il riferimento è ai distretti industriali (L.R. 27/1999) e alle aree attrezzate di interesse regionale (L.R. 3/1999). La legge 27 va modificata al fine di porre i Comitati di distretto (o le strutture che eventualmente li sostituiranno) in grado di operare al meglio. L obiettivo prioritario per lo sviluppo dei distretti diventa, nello scenario della competizione globale, la loro apertura internazionale. Può essere promossa l istituzione di nuove entità distrettuali. Deve venire esteso l ambito di operatività dei Consorzi di sviluppo industriale, e promossa la loro aggregazione e messa in rete, anche al fine di ottenere un adeguata massa critica per svolgere in modo efficace la funzione di marketing territoriale. Titolo 3 Promozione dell internazionalizzazione Il riferimento è sia alle imprese che, come affermato al punto precedente, ai sistemi produttivi localizzati. È necessario mettere insieme gli interventi esistenti che rientrano in questo titolo (consorzi export, partecipazione a fiere, ecc.) e ricollocarli in una visione aggiornata dei processi di internazionalizzazione. 3

5 In particolare, vanno promosse le forme di presidio diretto o concertato dei mercati esteri, sia in riferimento ai mercati di approvvigionamento di beni e servizi che a quelli di sbocco dei prodotti delle imprese regionali, tenendo conto della loro debolezza attuale nell organizzazione dei canali distributivi e nello sviluppo di reti commerciali adeguate. Titolo 4 Promozione della creazione di nuove imprese e supporto alla continuità imprenditoriale È necessario potenziare, razionalizzare e coordinare le diverse misure di intervento a supporto dell imprenditorialità nascente con riferimento alla progettazione della nuova impresa, alla costituzione e alla fase di start up orientandole in modo deciso verso forme di imprenditorialità innovativa (ad es. business idea a base tecnologica) in grado di innescare lo sviluppo di nuovi settori o di modificare il modello di business dei settori tradizionali. Poiché il riferimento esclusivo è la creazione di imprese a forte contenuto di innovazione, questa tipologia di intervento può anche essere aggiunta alle direttrici di intervento richiamate al Titolo 1. Il supporto alla continuità dell impresa è tema centrale e rilevante dal punto di vista socio-economico se si pensa che oltre il 48% delle imprese del Friuli- Venezia Giulia è ancora guidata dal fondatore. È necessario predisporre degli interventi mirati a supportare i processi di transizione generazionale che siano in grado di generare ammodernamenti e innovazioni della formula imprenditoriale originaria. Titolo 5 Promozione della crescita dimensionale e della cooperazione tra imprese L accesso alle economie di scala di tipo tecnologico e gestionale può realizzarsi solo oltre certe soglie dimensionali. Le dinamiche di innovazione tecnologica e di competizione globale impongono il raggiungimento di scale più efficienti in tempi rapidi. Ad una mappatura delle forme di aggregazione e di cooperazione è necessario far seguire interventi mirati allo sviluppo delle forme più efficaci e variamente articolate lungo le diverse parti della catena del valore: acquisizioni, fusioni, accordi contrattuali di lungo termine che interessino ad esempio una specifica parte della catena del valore. In quest ottica, un prioritario obiettivo di politica industriale è quello di dotare l impresa che vuole procedere a transizioni dimensionali di una figura manageriale in grado di gestire il processo di transizione. A tal fine può essere promosso l utilizzo di temporary managers. 4

6 Titolo 6 Riforma degli strumenti finanziari Si pone l esigenza di una razionalizzazione degli strumenti finanziari esistenti sia sotto il profilo funzionale che sotto il profilo dei soggetti gestori al fine di perseguire due obiettivi prevalenti: 1) recepire le indicazioni che emergono dagli interventi precedentemente proposti, mettendo se del caso a punto nuovi strumenti; 2) riallocare le funzioni tra diversi soggetti esistenti e/o accorpare soggetti e/o creare nuovi soggetti al fine di evitare sovrapposizioni di funzioni e consentire una precisa e trasparente attribuzione di responsabilità ai diversi attori riconducibili alla Regione. Per quanto attiene gli incentivi finanziari si propone la conferma degli strumenti in essere nell ambito del credito agevolato, mentre si prospetta l opportunità di valorizzare le politiche di accesso al credito attraverso una ridefinizione delle modalità di intervento della Regione in tale ambito. Il riferimento prioritario, seppure non esclusivo, nell esposizione che segue è costituito dalle imprese industriali e artigianali produttrici di beni. La predisposizione di proposte specifiche per settori del terziario che svolgono un ruolo importante nella produzione di ricchezza e lavoro in Friuli-Venezia Giulia (commercio, turismo, trasporti e logistica, finanza e assicurazioni) richiede ulteriori approfondimenti. 5

7 CAP. 1 LA PROMOZIONE DELL INNOVAZIONE 1. INTRODUZIONE: UNO SVILUPPO AL BIVIO La difficoltà che l industria italiana ma anche quella europea sta incontrando nel mercato globale ci inducono a riflettere sui limiti e sui rischi che la nostra regione affronta nel suo sviluppo che è stato così rilevante negli ultimi cinquant anni trasformando una regione povera, fornitrice di forza lavoro all esterno, in una regione con alto reddito che per sostenere il suo sviluppo è ora importatrice di manodopera. Le difficoltà in atto ci rafforzano nella convinzione che sia giunto il momento di una profonda riflessione sui limiti di un modello di sviluppo industriale, come quello della nostra regione, che si è rivelato sin qui vincente sul piano della flessibilità, ma che sta trovando ostacoli crescenti sul cammino dell incremento della produttività e della competizione internazionale. Si impongono alle imprese problemi di riorganizzazione e di innovazione produttiva e ai pubblici poteri una rimeditazione sul modello di sviluppo e sulla tenuta del sistema produttivo nel quadro internazionale. Se all impresa spetta il compito non facile di riorientare i processi produttivi, nel senso di privilegiare gli aspetti qualitativi e della produttività, rispetto a quelli quantitativi e della produzione, ai pubblici poteri spetta il compito di fornire un quadro di riferimento atto a mutare un modello di sviluppo diventato ormai eccessivamente estensivo nell uso delle risorse umane e territoriali e scarsamente intensivo nell utilizzo di innovazioni tecnologiche, organizzative e logistiche. Per riprendere un percorso virtuoso di crescita economica la regione deve compiere un salto di qualità atto a rimuovere strozzature e nodi strutturali. Questi riguardano aspetti dell economia, del territorio e della società. L interdipendenza dei mercati dei prodotti, dei servizi, dei capitali e dei fattori di produzione in genere, pone in concorrenza non solo le imprese ma anche le istituzioni politiche ed amministrative, i sistemi educativi e di innovazione. Di fatto questo è il contesto e diventa un elemento essenziale del vantaggio competitivo di una regione aperta come la nostra. La competizione sui mercati globalizzati non si manifesta infatti solo nella capacità di esportare o di saper ridurre i costi delocalizzando, ma anche nel saper attrarre capitali ed investimenti dall estero, capacità di attrazione oggi compromessa dalla insufficienza del contesto. L andamento della competitività totale è anche determinato dai fattori esterni all impresa, quali le infrastrutture, la qualità e l efficienza della pubblica amministrazione e della spesa pubblica, ovvero quel complesso di esternalità che hanno grande influenza nella cosiddetta competitività di sistema. 6

8 La competitività è pertanto qualcosa di più ampio e complesso rispetto alla produttività e va misurata in termini di confronto con altre aree, con altri paesi. Il progresso tecnologico ha avuto, in questi anni, una forte accelerazione che impone all economia della nostra regione un riesame del modello di sviluppo. In sostanza lo sviluppo basato sulla crescita estensiva dei fattori di produzione sembra abbia esaurito la sua spinta propulsiva e l economia regionale dovrà affrontare una difficile transizione verso uno sviluppo intensivo delle risorse, se vuole affrontare su basi nuove la più ampia concorrenza internazionale e non solo difendere i livelli di reddito assicurati dallo sviluppo attuale ma incrementarli. La transizione dell economia regionale andrà sorretta da politiche di contesto volte a migliorare le infrastrutture esistenti o a costruirne di nuove, a stimolare la ricerca e l innovazione, a formare capitale umano. Per quanto riguarda le politiche dei settori produttivi è da notare che le politiche di contesto presentano indubbi vantaggi rispetto alle tradizionali politiche industriali, in quanto non creano elementi di distorsione nel mercato e consentono di attrarre imprese ed investimenti diretti esteri. La flessibilità, che è la più importante connotazione del sistema produttivo regionale ha riflessi anche sul livello della produttività e quindi della redditività del sistema produttivo. La strategia orientata alla flessibilità ovvero alla prevalenza del capitale circolante sul capitale fisso porta con sé necessariamente la ricerca di maggiore redditività attraverso strategie di efficienza, ovvero di riduzione dei costi in settori maturi, piuttosto che mediante azioni strategiche di ricerca di nuovi prodotti e nuovi mercati in settori innovativi. In effetti, l efficienza produttiva viene mantenuta molto spesso attraverso innovazioni di processo ed organizzative in gran parte riferibili alla delocalizzazione di alcune fasi del processo produttivo in aree extracomunitarie a più basso costo del lavoro. Inoltre le imprese non dotate di potere contrattuale nei confronti di chi possiede un marchio o un mercato finale proprio si trovano costrette a subire condizioni contrattuali in termini di prezzi, di tempi di consegna o di realizzazione dei prodotti sempre più restrittive. In molti casi siamo di fronte a scelte imprenditoriali tese più a presidiare fasi di lavorazione intermedie rispetto al mercato finale, anche se di qualità elevata, in cui valore aggiunto e redditività tendono inesorabilmente a ridursi. Le ragioni di questo appiattimento su strategie di efficienza, che possono consentire al più la difesa di sempre più risicati margini di profitto ma non certo cospicui aumenti di produttività, sembra risiedere nel fatto che il sistema delle imprese, anche per le ridotte dimensioni delle stesse, non sia in grado di utilizzare adeguati supporti esterni di ricerca e sviluppo. Si riduce così la possibilità di tradurre queste componenti in nuovi prodotti e in nuovi mercati. Fattori dimensionali quindi, ma anche altri fattori strutturali sembrano portare il sistema produttivo regionale verso un consolidamento delle produzioni tradizionali attraverso scelte organizzative come la delocalizzazione e di processo piuttosto che verso la ricerca e lo studio di nuovi prodotti e di nuovi mercati. Si 7

9 rende quindi ancora più urgente e necessario un mutamento dell orientamento strategico di fondo, dal semplice abbattimento dei costi a strategie di miglioramento della competitività a tutto campo e di sviluppo dell innovazione. La strada da percorrere è quella del ripensamento delle fonti di vantaggio competitivo, solo attraverso questa via si può assicurare la continuità del processo di sviluppo. Questo porta verso due direzioni fra loro intrecciate: la prima è quella di una crescita del valore unitario dei prodotti attraverso strategie di differenziazione e un maggior ruolo dell innovazione sia tecnologica per accrescere l utilità, la funzionalità nonché l integrazione con le nuove frontiere tecnologiche che semantica design, personalizzazione; la seconda è quella di una crescita della capacità di organizzazione di reti produttive decentrate, all interno delle quali ricavarsi un ruolo nello sviluppo di funzioni ad elevato valore aggiunto, come sono quelle della progettazione e prototipazione, del marketing e della distribuzione, della finanza, della logistica, dei controlli di qualità, lasciando alle economie emergenti le attività manifatturiere e a maggior intensità di lavoro. Il nostro modello di sviluppo va modificato, arricchito, aperto al nuovo ma non va tradito, anzi va mantenuto nei suoi punti di forza. L organizzazione delle filiere produttive in piccoli operatori specializzati, la capacità del sistema di riconfigurarsi in modo flessibile di fronte alle opportunità del mercato, il rinnovamento costante di capacità e formule imprenditoriali, la distribuzione sociale della conoscenza tecnica e produttiva sono tutti fattori da valorizzare e da rinnovare. Pur tuttavia è necessario passare da un modello di sviluppo estensivo a un modello di sviluppo intensivo nel quale assume un ruolo centrale la crescita della competitività. La scarsità di manodopera di ambiente, di infrastrutture rende necessario il passaggio ad attività economiche che intensifichino l utilizzo del capitale investito e che consentano una maggiore sostenibilità nel medio-lungo termine. Questa tendenza, in parte già intrapresa dal sistema industriale regionale, necessità di una accelerazione che può essere accentuata da efficaci politiche dell innovazione. 1.1 La crescita delle imprese Gli attuali contesti competitivi sempre più caratterizzati da una concorrenza intensa e geograficamente estesa fanno si che la crescita sia indispensabile per mantenere anche solo un soddisfacente equilibrio interno. Molti elementi convergono nel determinare scenari competitivi di maggior impegno per le imprese: ad esempio la possibilità di sfruttare economie di scala e di scopo; l allargamento internazionale dei mercati che pone a diretto confronto prodotti e servizi che fino a pochi anni fa erano lontani; la rapidità e la complessità del 8

10 progresso tecnico sia nei settori cosiddetti maturi sia in quelli di avanguardia e il parallelo accorciamento della vita dei prodotti; la rapida evoluzione delle tecnologie riguardanti settori orizzontali come l informatica, le telecomunicazioni e i materiali. In questo contesto nessun vantaggio competitivo è destinato a durare nel tempo, ma è anche vero che si tratta di uno scenario denso di opportunità per chi le sa cogliere. Ecco perché la crescita è così importante. La crescita dell impresa costringe a pensare allo sviluppo in senso ampio, non solo a livello quantitativo, ma anche qualitativo, imponendo una rivisitazione continua della propria posizione, dell organizzazione, delle proprie capacità lungo tutta la catena del valore. La scarsa propensione alla crescita dà origine a un duplice svantaggio: l impresa rimane ancorata alla sua dimensione e perde quote rispetto allo sviluppo dei mercati e dei concorrenti e in tal modo presenta difficoltà crescenti nell attrarre le risorse necessarie, soprattutto umane. Quando la situazione si prolunga, l impresa raramente rimane immobile sulle dimensioni raggiunte e si mettono in moto forze che la fanno regredire. Non è tanto la dimensione più o meno piccola che conta, quanto la crescita, la capacità di muoversi da una certa dimensione ad una maggiore. Non è sulla dimensione che le imprese esprimono le loro forze, ma è nella crescita. È qui che si sprigionano le ambizioni, che si confrontano i piani e le realizzazioni, che si sfidano i concorrenti, che si scommette sul futuro, che si accettano i rischi, che si attraggono giovani che a loro volta vogliono condividere sfide. La crescita crea un ambiente favorevole alla innovazione. Vari fattori limitano la crescita delle nostre imprese. Ne elenchiamo solo alcuni. In alcuni casi la struttura familiare dell impresa è un fattore rilevante di ostacolo alla crescita e non mancano esempi di questa situazione. In altri è la mancanza di grandi imprese, che svolgono un effetto di trascinamento sulla crescita delle imprese minori. Questo ruolo si manifesta in vari modi: attraverso la politica degli acquisti delle imprese maggiori che le spinge a sforzi continui di riduzione dei costi e di miglioramento della qualità e, nei casi migliori, a formulare accordi di partnership dai quali possono sprigionarsi sinergie utili a tutti. Un altro effetto consiste nei vantaggi di agglomerazione: normalmente attorno alle imprese maggiori sorgono imprese minori di varie dimensioni e nell ambiente si sviluppano varie economie, dai vantaggi di servizi comuni a quelli dello scambio culturale e dell apprendimento di nuove formule organizzative. Un altro aspetto positivo della presenza di grandi imprese riguarda la nascita di nuove iniziative imprenditoriali. Infatti, soprattutto in ambienti dove vi è la cultura del rischio e dell iniziativa imprenditoriale, sono numerosi e importanti gli spin off, iniziative create da persone che fino a quel momento operavano in imprese grandi e che decidono di abbandonare una certa sicurezza per il gusto del rischio e del futuro profitto. Un altro possibile condizionamento alla crescita industriale è dato dalla povertà dei mercati finanziari italiani, in particolare nel rapporto banca/industria e nella limitata consistenza del nostro venture capital. Ma certo molti altri sono i condizionamenti alla crescita: dalla pressione fiscale eccessiva, alla inefficienza 9

11 della burocrazia, alla carenza di infrastrutture e varie altre concause. Una parte non lieve è data anche dalla limitata cultura imprenditoriale che fa temere di perdere il controllo, in ogni senso, non solo societario della propria azienda ma che fa anche procedere l impresa da sola non cogliendo opportunità di fare rete, di fare sforzo comune con altre aziende, con università, con centri di ricerca. Questo insieme di fattori di freno dello sviluppo è importante ma non spiega completamente la perdita di competitività della nostra industria, la pochezza della crescita, la scarsità di imprese medio-grandi. E non si spiega la persistente struttura produttiva caratterizzata da settori dove conta molto di più l innovazione in termini di creatività, di mercato, organizzativa e assai meno quella tecnologica. E mentre si nota una buona creazione di nuove imprese sono ben poche le nascite di imprese su base tecnologica. Poiché l innovazione è il primo motore della crescita, occorre dunque capire quali elementi la stimolano e quali la rallentano. L insufficiente crescita della nostra industria è anche dovuta alla forte presenza di imprese subfornitrici. La diffusa rete di Pmi manifatturiere si è sviluppata ed ha prosperato in buona misura come rete di subfornitura della grande industria europea soprattutto tedesca ma anche italiana. Oggi questa vocazione viene messa in difficoltà dall affermarsi di una travolgente rete di subforniture internazionali che, dai paesi dell Est europeo e dell estremo oriente, minaccia le nostre aziende con l offerta di prodotti non solo economicamente competitivi ma sempre più apprezzabili anche da un punto di vista qualitativo. Sono caratteri comuni al cosiddetto modello di sviluppo del Nord-Est. Modello dimostratosi incapace di diventare sistema dal momento che i suoi tratti caratterizzanti evidenziano a tutt oggi elementi di dispersione, frammentarietà, disorganizzazione. In altri termini il modello ha prodotto negli anni un diffuso benessere materiale e una crescente capacità produttiva e creativa, ma non è stato capace di organizzarsi sistematicamente. È quindi un non modello, un fenomeno difficilmente sistematizzabile e quasi impossibile da riprodurre in quanto asistemico, cresciuto e sviluppatosi senza sottostare ad apprezzabili progettualità. 1.2 Un concetto ampio di innovazione Innovazione è un concetto ampio, che può assumere aspetti molteplici relativamente alle sue dimensioni, alla frequenza, alle modalità con le quali si realizza e alle conseguenze che può produrre. Le conoscenze sull innovazione si sono molto sviluppate negli ultimi tempi e ora appaiono più chiaramente i criteri per classificarla, gli ambienti necessari a farla maturare, la complessità della sua genesi e le difficoltà che si incontrano quando si cerca di stimolarla. Lo schema lineare dell innovazione, che collegava direttamente una nuova idea di prodotto o di processo agli sforzi e alle competenze di un ricercatore o di un gruppo di ricerca organizzata, è molto 10

12 lontano. La discussione non è affatto teorica in quanto solo da più precise identificazioni dei complessi fattori che garantiscono l innovazione si possono trarre insegnamenti utili per interventi a sostegno. Altrimenti si finisce per concentrarsi solo su un fattore o su pochissimi elementi, con risultati scarsi e con spreco di risorse. Pur tuttavia non esiste una interpretazione del fenomeno innovativo sul quale si realizza una sicura convergenza di opinioni. Lo stesso concetto di R & S è spesso utilizzato in modo equivoco o almeno troppo generico nel dibattito sulle politiche industriali. Ai nostri fini per ricerca intenderemo ogni tipo di apporto finalizzato all introduzione di prodotti e processi nuovi o migliorati. Appare subito che il risultato della R & S non appare evidente quando i laboratori hanno generato i risultati, ma solo quando essi sono commercializzati sul mercato con l impiego di una serie di azioni complementari. Se ci limitiamo a considerare la R & S organizzata in modo sistematico nei laboratori perdiamo di vista un enorme quantità di pensieri e riflessioni di ingegno che le imprese orientano alla generazione dell innovazione. La quantità di ricerca organizzata nei laboratori varia nei diversi settori industriali. Essa è fortemente presente in alcuni settori (chimica, farmaceutica, biotecnologie, ecc.), mentre è decisamente più bassa nei settori tradizionali della nostra industria (arredamento, meccanica, tessile, alimentare, edilizia). Per capire meglio le caratteristiche e i problemi della innovazione conviene fare una puntata nel denso universo delle classificazioni: innovazione di prodotto o di processo ottenuta utilizzando laboratori e ricerca formalizzata o comunque forti competenze tecniche; innovazione architetturale, che utilizza in modo originale tecnologie e componenti già disponibili per creare nuovi prodotti o processi (soprattutto prodotti). Altrove si è definito questo tipo di innovazione come modello airbag (tutti i componenti dell airbag erano noti e già impiegati in altri usi, il contenuto di ricerca è modesto, l idea è stata nuovissima); innovazione custom, basata sulla capacità di modificare i prodotti o addirittura di creare i prodotti in funzione delle specifiche esigenze dei clienti; innovazione basata sul miglioramento continuo del prodotto e/o dei processi; innovazione di mercato capace di creare o esaltare domande nuove o latenti; innovazioni di marketing (posizionamento, comunicazione, canali distributivi ecc.); innovazioni organizzative. Fino a oggi le innovazioni che hanno sostenuto lo sviluppo italiano sono state prevalentemente le innovazioni basate sul concetto di novità (innovazione di stile), quelle architetturali e l innovazione custom, affiancate da sforzi sulla qualità e sul miglioramento continuo, mentre è stata decisamente scarsa l innovazione tecnologica su base organizzata. 11

13 I fattori che influenzano gli investimenti in ricerca e i suoi risultati sono molteplici. Obiettivo primario della R & S è la competitività delle imprese e ci dobbiamo chiedere quali percorsi possono essere seguiti per ottenere i risultati necessari minimizzando i costi (aumentando l efficienza e l efficacia) degli interventi. Dobbiamo comprendere che non è possibile forzare l innovazione tecnologica aumentando le spese in R & S. Infatti il sistema produttivo presenta capacità di assorbimento utile delle spese di ricerca che sono esse stesse limitate: è solo operando sull insieme dei fattori che influenzano la capacità delle imprese di assorbire e utilizzare la ricerca a fini produttivi che l aumento della spesa supera favorevolmente un giudizio di costi/benefici. Dobbiamo anche tenere conto che vi è un ampia dispersione temporale degli interventi; alcuni sono possibili in tempi relativamente brevi, ma quelli più importanti, se avviati, avranno effetti solo in tempi decisamente lunghi. Infatti lo sviluppo dell innovazione presuppone un innovazione di cultura che capitalizzi sul più grande patrimonio in nostro possesso, che è il capitale umano. È noto che l intensità della ricerca in Italia è inferiore a quella degli altri paesi avanzati, ma i dati più inattesi riguardano proprio i settori tradizionali, punto di forza della competitività italiana. Nel settore legno-arredo l intensità di R & S italiana è di venti volte inferiore a quella francese e di venticinque volte inferiore a quella U.S.A.; analoghi rapporti nell industria tessile e in quella alimentare. È dunque evidente che la natura della ricerca italiana e i suoi modelli organizzativi sono profondamente diversi da quelli di altri paesi. Alcuni fattori penalizzano la nostra attività di ricerca, in particolare emerge la scarsa disponibilità alla cooperazione tra imprese, e la scarsa attività di ricerca svolta dalle università per conto delle imprese e quindi la scarsità di rapporti tra imprese e università. 1.3 Una strategia per l innovazione Una strategia regionale per l innovazione richiede, prima di tutto, un attenzione al sistema economico e sociale nel suo complesso. Da questo punto di vista è difficile immaginare un numero limitato e selezionato di strumenti, mentre è più utile definire un insieme di azioni convergenti che consentano di avviare processi di cambiamento reale. Una adeguata strategia regionale comporta, quindi, un approccio evolutivo all innovazione, capace di agire su più livelli (l ambiente culturale e il capitale umano, i sistemi tecnologici avanzati, i sistemi produttivi locali, i processi aziendali) e di utilizzare una varietà di interventi (ricerca, trasferimento tecnologico, formazione, finanza, politiche per le risorse umane, creazione di impresa ecc.). Inoltre, una adeguata strategia regionale rende necessario guardare al processo di innovazione come a una dinamica sociale oltre che tecnologica, nella consapevolezza che l effettiva adozione di nuovi strumenti 12

14 di lavoro, così come l utilizzo di nuove conoscenze a livello tecnologico e manageriale, richiede un ripensamento delle dinamiche sociali e di comunicazione su cui si fonda la crescita economica. La Regione intende sostenere l innovazione intervenendo soprattutto sulle imprese, sui sistemi di impresa e sulle agenzie che sviluppano ricerca applicata, senza tuttavia sottovalutare la ricerca di base, la quale nonostante sia principalmente di competenza nazionale ed europea può venire sostenuta tenendo conto dei punti di forza e delle ricadute specifiche sul sistema regionale. L idea di fondo è che bisogna innanzitutto aiutare direttamente le imprese che investono in ricerca a compensare il rischio dei progetti innovativi, e bisogna investire sulle agenzie e sulle figure professionali che svolgono una funzione di interfaccia tra diversi saperi, nell ipotesi che per mantenere attivi i circuiti dell innovazione è necessario favorire giochi cooperativi fra attori diversi. In particolare, gli attori da fare incontrare sono quelli che operano all interno di tre sistemi che hanno spesso mostrato difficoltà di comunicazione reciproca: il sistema produttivo (imprese, lavoratori, associazioni), della conoscenza (Università e sistema educativo, centri di ricerca locali, nazionali, internazionali) e della finanza (credito, venture capital). Le ragioni del difficile incontro fra imprese, ricerca e finanza ma, più in generale, la presenza di ostacoli alla creazione di un efficiente mercato delle attività innovative sono state ampiamente indagate dalla teoria economica. La conclusione è che in un sistema economico dominato da Pmi, l attività innovativa collegata ai nuovi campi della scienza e della tecnologia rischia di incontrare condizioni di sistematico sottoinvestimento. Ciò è dovuto al fatto che nelle attività di innovazione è coinvolto un bene molto particolare che è la conoscenza, il cui trattamento economico è caratterizzato da problemi che condizionano in misura rilevante la struttura dei mercati e l attribuzione dei diritti di proprietà. Gli investimenti in conoscenza scientifica e tecnologica presentano, infatti, elevati costi fissi, in quanto le attività coinvolte (ricerca, sperimentazione, progettazione, valutazione di mercato ecc.), oltre a presentare un elevato grado di incertezza sui risultati e il differimento nel tempo dei ritorni, hanno bisogno di rilevanti investimenti iniziali che, dato il carattere immateriale degli assets coinvolti, risultano in gran parte irreversibili. Anche quando vengono conseguiti adeguati risultati, il grado di appropriabilità da parte di chi effettua l investimento rimane limitato. A causa della difficile escludibilità di terzi dalla condivisione delle informazioni. Inoltre, nonostante la componente variabile dei costi di produzione dell innovazione possa essere molto bassa, il vantaggio rischia, in realtà, di non essere colto a causa delle limitate dimensioni produttive e distributive delle Pmi e, soprattutto, della difficoltà di queste di codificare e separare i contenuti della conoscenza dal prodotto in cui vengono incorporati (ad esempio tramite brevetti). Infine, la conoscenza è vincolata da brevi cicli di vita e, dunque, dalla limitata durata temporale di validità economica dell innovazione che consente l eventuale ritorno del capitale investito, il che rende necessario un rapido accesso ai mercati 13

15 mondiali tramite efficienti reti distributive, nonché la possibilità di ricorrere con efficacia a istituzioni internazionali per la tutela della proprietà intellettuale. I mercati dell innovazione incontrano dunque molte difficoltà di funzionamento efficiente, anche perché risultano elevate le asimmetrie informative fra chi detiene le conoscenze necessarie (l offerta) e gli utilizzatori (la domanda, cioè gli imprenditori che devono assumersi il rischio degli investimenti, ma anche dei finanziatori a cui gli imprenditori si rivolgono). Siamo dunque in presenza di una tipica situazione di failure del mercato, che per essere superata ha bisogno di una qualche forma di intervento pubblico. Anche perché il sottoinvestimento nell innovazione ha evidenti conseguenze sul benessere sociale, soprattutto in uno scenario competitivo aperto che vede affacciarsi sia grandi organizzazioni industriali che si posizionano sulle fasce alte del mercato dei beni e dei servizi differenziati (le grandi imprese sono per definizione meglio attrezzate delle piccole ad assorbire le economie di scala della conoscenza), sia nuove aree dell economia-mondo che insidiano i produttori tradizionali su fattori di costo. L innovazione, intesa come capacità di maggiore creazione e utilizzo di conoscenze e condizione di crescita della competitività, diventa dunque una scelta necessaria per dare continuità allo sviluppo economico e sociale. Si potrebbe allora dire che tanto in quanto l innovazione presenta caratteri di bene pubblico ed esternalità positiva per l economia è necessario che le istituzioni assicurino specifiche forme di incentivo. Tuttavia, esiste anche l altro lato del problema, che può essere riassunto dal seguente interrogativo: come orientare in modo efficiente l iniziativa pubblica a sostegno dell innovazione che significa anche come stabilire criteri di selezione degli incentivi se questa è il risultato di una esplorazione imprenditoriale la cui efficacia può essere valutata solo ex post? Programmare significa, essenzialmente, collegare la conoscenza che si detiene su un insieme di problemi con l azione necessaria a risolverli. Ma l innovazione nel momento in cui coinvolge decisioni economiche, tecniche e organizzative concrete è un problema che per definizione non si conosce e che perciò risulta molto difficile programmare. Questo vale soprattutto per le istituzioni pubbliche le quali, non essendo direttamente impegnate nella produzione o nella ricerca, si trovano ad avere ancora meno informazioni delle imprese sui problemi concreti che l attività innovativa comporta. Il rischio, perciò, è che per superare un fallimento del mercato si arrivi ad un più costoso fallimento della regolazione. In una situazione di asimmetrie informative fra regolatore e regolato, si possono infatti creare fenomeni di cattura (quando il regolatore subisce l iniziativa del regolato, indipendentemente dalla bontà dell iniziativa di quest ultimo) e di 14

16 selezione avversa (gli incentivi vengono distribuiti in base alla capacità di influenza degli attori piuttosto che sul grado di efficacia dei progetti). Queste considerazioni hanno l obiettivo di mettere in luce la necessità ma anche i limiti dell azione pubblica nel sostegno all innovazione. E conducono alla necessità di rafforzare il dialogo con le imprese, il sistema della ricerca e la finanza quale condizione essenziale per rendere utile ed efficace l iniziativa regionale. L Europa è caratterizzata da un funzionamento ancora frammentato e insufficiente del sistema di innovazione comunitario e la situazione italiana è arretrata rispetto al quadro europeo. Un quadro poco esaltante in quanto manca una organica politica dell innovazione e molti degli strumenti a supporto dei processi innovativi risultano ancora difficilmente attivabili per ritardi culturali e ostacoli amministrativi, in cui il mondo della ricerca non ha perseguito in genere una politica dei risultati, il sistema a supporto dell innovazione (centri servizi, parchi scientifici, agenzie regionali ecc.) è per lo più disaggregato ed incoerente e la nascita di nuove attività ad elevato contenuto di sapere scientifico è una esigenza diffusa ma rallentata da una serie di fattori di contesto come la scarsa integrazione del sistema della ricerca con il mondo dell impresa e della finanza. In questo contesto è necessario ravvivare nella regione la cultura dell innovazione e l interesse per la creazione di nuovo valore. Il sostegno dell innovazione deve essere un impegno prioritario da condividere in tutti gli ambienti, senza distinzione di interessi economici o di opinione politica. La ricerca delle politiche e delle azioni più idonee per promuovere l innovazione devono diventare un impegno assillante, una preoccupazione costante di tutti e in particolare di coloro che hanno maggiori responsabilità nella conduzione dell economia, delle imprese e delle amministrazioni. In questo quadro la risorsa umana è protagonista con le sue capacità e con i suoi comportamenti che condizionano ogni progetto, ogni evoluzione dell economia e della società. La conoscenza e la qualificazione del lavoro sono fattori fondamentali per lo sviluppo. Dobbiamo recuperare un ritardo sia nel livello medio di istruzione della popolazione, sia nell impegno per la ricerca. Per facilitare l innovazione è necessario creare un ambiente favorevole, un sistema integrato che a tutti i livelli metta sempre l innovazione in cima alla lsita delle priorità. In altre parole occorre creare un sistema-regione univocamente orientato all innovazione. Le risorse destinate all istruzione, alla formazione e alla ricerca, al trasferimento di tecnologie non sono sufficienti. Per adeguare la conoscenza alle esigenze dello scenario competitivo occorre intervenire con maggiori investimenti e coraggiose riforme e ristrutturazioni. L obiettivo di migliorare la competitività attraverso l innovazione richiede interventi a tutto campo ma le risorse limitate costringono a stabilire delle priorità e privilegiare le azioni in quelle aree che presentano maggiori criticità. 15

17 2. UNA LETTURA COGNITIVA DELLE DEBOLEZZE COMPETITIVE DELL INDUSTRIA REGIONALE A fronte di uno scenario competitivo caratterizzato in tutti i settori da un elevata complessità, nel sistema industriale regionale è risultato insufficiente il processo di capitalizzazione di conoscenze e competenze nelle aree che non attengono direttamente il processo produttivo e il prodotto fisico. Se da tale giudizio si sottrae un nucleo sempre più consistente di imprese della regione, esso tuttavia rimane valido per la maggioranza delle imprese. Infatti, l impresa locale media ha dimostrato di saper governare in modo efficiente e flessibile le risorse materiali (gli impianti e i macchinari, i prodotti fisici, le prestazioni operative della forzalavoro). Senza trascurare la dimensione cognitiva implicata da questi traguardi, la complessità crescente del gioco competitivo impone però di acquisire una propensione e una capacità superiori nell attivare e gestire intelligenza terziaria, informazioni, conoscenze e skill complesse. Come hanno evidenziato alcuni studi, le principali aree di limitata accumulazione delle conoscenze e delle competenze aziendali sono sei. a. Strategia In molte imprese la tradizionale flessibilità operativa non è stata affiancata da una flessibilità di tipo strategico, che porta a modificare nel tempo le variabili aziendali (prodotti, mercati, posizionamento, processi e strutture organizzative, squadra manageriale, assetto proprietario ecc.) in relazione ai mutamenti dell ambiente competitivo. L incremento dei gradi di libertà strategica richiede un approccio razionale alle decisioni strategiche, una dotazione adeguata di risorse manageriali, la presenza di un sistema informativo di supporto alle decisioni e infine una certa attitudine all esplorazione strategica. In particolare, si tratta di sviluppare conoscenze eccedenti rispetto alla dotazione che consente di operare nel breve periodo. La ridondanza rappresenta infatti un fondamentale requisito delle imprese e dei sistemi produttivi locali per fronteggiare ambienti competitivi altamente dinamici. b. Marketing Quando la complessità investe la domanda ai suoi diversi stadi, non è più sufficiente la flessibilità passiva l impresa risponde adattivamente alle richieste del cliente ma è necessaria una flessibilità di tipo attivo. In quest ottica l impresa rafforza la capacità di market sensing, cerca di anticipare le variazioni della domanda, integra il prodotto sul piano dei servizi, ripensa le relazioni con i clienti (industriali o commerciali) e migliora il presidio degli sbocchi di mercato, adotta più avanzate politiche di comunicazione aziendale, in sintesi sviluppa un approccio di marketing in grado di garantire un efficace collegamento tra l impresa e i mercati di riferimento, sia che si tratti di mercati intermedi o dei mercati finali del consumo. Ma nelle imprese locali hanno prevalso gli 16

18 orientamenti alla produzione, al prodotto o alle vendite, piuttosto che al marketing nell accezione moderna del termine 1. Del resto, la debolezza nell approccio ai mercati discende direttamente dalla debolezza di analisi e pianificazione strategica di cui si è detto al punto precedente. c. Tecnologie dell informazione e della comunicazione Queste tecnologie e in particolare le tecnologie di rete offrono opportunità e modalità di gestione innovative ed efficaci sia delle relazioni interfunzionali all interno dell impresa che delle relazioni tra imprese. D altra parte, la conoscenza di queste tecnologie, dei loro utilizzi e dei possibili vantaggi e il livello di diffusione delle stesse, in particolare delle più evolute, risultano limitate nell area regionale. Inoltre, spesso il loro utilizzo non è ottimale, ossia non vengono sfruttate tutte le potenzialità delle tecnologie che le imprese hanno comunque acquistato. Su queste inerzie pesa un modello manageriale delle piccole e medie imprese che da un lato sottovaluta sistematicamente i costi della comunicazione, dall altro è permeato da una cultura dell apprendimento e del lavoro che incontra difficoltà a trovare un matching adeguato con le tecnologie di rete. d. Gestione della qualità La qualità intrinseca dei prodotti e il livello di servizio offerto ai clienti hanno rappresentato tradizionalmente punti di forza dell industria locale, che si sono consolidati nel tempo. Invece, il passaggio dal concetto di qualità del prodottoservizio al concetto di qualità del sistema aziendale e alla relativa certificazione viene compiuto con maggiore fatica dalle imprese locali. e. Gestione delle risorse umane Anche questo fattore ha rappresentato una fondamentale risorsa di flessibilità delle piccole imprese friulane, garantendo al contempo circuiti interni di apprendimento aziendale a base estesa. Una condizione, questa, di natura quasi 1 Sotto questo profilo, una serie di ricerche empiriche condotte negli ultimi anni su campioni diversi di imprese del Friuli-Venezia Giulia evidenzia una marcata debolezza dell approccio ai mercati per come percepita dalle stesse imprese coinvolte nelle rilevazioni. Gli ambiti oggetto di indagine sono: il distretto della sedia, il distretto maniaghese delle coltellerie, i distretti mobilieri del Livenza e del Quartier del Piave e infine l insieme di imprese che ha partecipato alla ricerca sui processi di successione imprenditoriale nell ambito del Progetto TRA-SME s coordinato dal Centro Regionale Servizi per la Piccola e Media Industria. Complessivamente le imprese indagate sono 387. In ciascuna indagine è stato disegnato il profilo competitivo delle imprese del rispettivo campione sulla base di un ampio spettro di fattori, dai costi di produzione alla comunicazione di marketing. Per ciascun fattore competitivo il soggetto intervistato ha autovalutato la posizione della propria azienda rispetto alla situazione media dei concorrenti, utilizzando una scala da 1 a 5. Calcolando le medie ponderate dei punteggi per ciascun fattore emerge come in tutti gli ambiti studiati i due fattori in cui le imprese avvertono una situazione di svantaggio competitivo sono il presidio dei canali distributivi e, in misura ancora più accentuata, la comunicazione, che rappresentano due fondamentali leve del marketing mix. 17

19 spontanea, che però non è stata frequentemente integrata da un salto di qualità sul piano della gestione e valorizzazione delle risorse umane. Il riferimento è alla scarsa attitudine delle aziende locali a considerare tali risorse non semplicemente come personale da amministrare, ma bensì come fattore il cui rango rientra tra le risorse strategiche dell impresa. f. Gestione finanziaria Non si tratta solo del problema ben noto della sottocapitalizzazione, peraltro qualche volta sopravalutato (nel senso che non coglie direttamente il nocciolo duro delle situazioni problematiche di molte aziende). Ci si riferisce soprattutto allo scarso know how finanziario degli imprenditori e dei manager delle imprese friulane. In altri termini, in gioco è la capacità di utilizzare la gestione finanziaria dell impresa come leva competitiva. 3. IL SOSTEGNO DELLA REGIONE ALL INNOVAZIONE: LA L.R. 11/2003 Attraverso la L.R. 11/2003 ( Disciplina generale in materia di innovazione ) l azione regionale è orientata a (art. 1): a. promuovere un ambiente favorevole all innovazione e all assimilazione delle tecnologie da parte delle imprese e del settore dei servizi di pubblica utilità, anche attraverso la diffusione e utilizzazione efficace dei risultati delle attività di ricerca; b. favorire l inserimento del sistema produttivo regionale in uno spazio internazionale aperto alla diffusione delle tecnologie e delle conoscenze; c. avviare e sostenere la creazione di un sistema integrato tra ricerca, formazione e innovazione; d. incentivare la collaborazione tra imprese, università, centri di ricerca, parchi scientifici e sistema finanziario; e. rafforzare la trasmissione della conoscenza e dell informazione per i servizi di pubblica utilità alla persona nei settori della sanità, assistenza e istruzione; f. promuovere realtà imprenditoriali innovative e la crescita dimensionale delle imprese. Per creare le condizioni necessarie a perseguire tali traguardi e in particolare un collegamento efficace tra le tre polarità su cui si fonda lo sviluppo e la diffusione dell innovazione tecnologica (le imprese, le università e gli altri centri di ricerca, il sistema finanziario), viene istituito il Comitato per l innovazione (art. 3). Il sostegno all innovazione e al suo trasferimento viene canalizzato attraverso diversi interventi, riferiti alle imprese industriali, alle imprese artigiane, alle imprese di trasporti e logistica, alle aziende agricole (attraverso la realizzazione di 18

20 un Centro di ricerca e innovazione tecnologica in agricoltura), alle organzzazioni che operano nei settori della sanità e dei servizi sociali, alla pubblica amministrazione. In modo trasversale rispetto ai settori si colloca poi la concessione di incentivi (da parte delle Province) per l assunzione a tempo pieno, anche con contratto di lavoro a tempo determinato, purché di durata almeno biennale, di soggetti a elevata qualificazione e di personale da impiegare in attività di ricerca (art. 16). Per quanto concerne gli interventi a favore delle imprese industriali, l Amministrazione regionale è autorizzata a: 1. concedere contributi in conto capitale a favore di piccole e medie imprese industriali e loro consorzi per l affidamento di commesse di ricerca o per l affidamento di commesse per la realizzazione di progetti di sviluppo precompetitivo; 2. commissionare e finanziare progetti di ricerca finalizzati allo sviluppo di tecnologie fortemente innovative e di elevato interesse applicativo per le strutture produttive regionali. Inoltre, la Friulia è autorizzata a intervenire in partecipazione e finanziamento in piccole e medie imprese che: a. realizzino progetti di ricerca o di sviluppo industriale degli stessi, nel secondo caso anche in riferimento a risultati di ricerche effettuate da terzi; b. attuino programmi di crescita dimensionale conseguente all effettuazione di progetti di ricerca, all utilizzo dei risultati della ricerca o a processi innovativi. Con riguardo alle aziende artigiane, la L.R. 11/2003 integra la L.R. 12/2002 ( Disciplina organica dell artigianato ) concedendo contributi ad aziende e strutture consortili per: 1. la realizzazione di progetti di ricerca industriale e di sviluppo precompetitivo; 2. la realizzazione, acquisizione, ampliamento e riistrutturazione di laboratori di ricerca; 3. l acquisizione di brevetti, marchi, diritti di utilizzazione di nuove tecnologie finalizzate al ciclo produttivo; 4. la predisposizione di studi di fattibilità e di progetti di ricerca da presentare allo Stato o all Unione Europea per l ottenimento delle agevolazioni in materia di ricerca e sviluppo. La legge regionale sull innovazione ha dunque introdotto un nuovo e importante tassello nel quadro degli strumenti di politica industriale regionale. Nella misura in cui il nuovo strumento verrà applicato in modo coerente con le premesse che lo hanno informato, la qualità complessiva della politica industriale regionale che rappresenta un importante fattore di competitività a livello locale ne beneficierà in misura significativa. 19

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