Brescia internazionale

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1 Brescia internazionale Un censimento delle multinazionali straniere operanti sul territorio e delle iniziative all estero delle imprese manifatturiere bresciane a cura di Davide Fedreghini e Caterina Perugini Centro Studi AIB Gennaio 2015

2 Centro Studi AIB 2

3 Indice Capitolo 1 Le tendenze degli investimenti diretti esteri nel panorama Internazionale pag. 5 Le dinamiche regionali pag. 12 Il ruolo dell Italia pag. 16 Nel labirinto delle statistiche sull internazionalizzazione pag. 24 Capitolo 2 Le imprese manifatturiere bresciane a capitale estero pag. 31 L analisi per settore di attività pag. 34 L origine geografica degli investitori pag. 39 I focus settoriali pag. 43 Capitolo 3 Le partecipazioni all estero delle imprese manifatturiere bresciane pag. 51 L analisi per settore di attività pag. 53 La destinazione geografica degli investimenti pag. 58 I focus settoriali pag. 62 Gli investimenti di natura commerciale pag. 71 Il presente rapporto è stato chiuso con le informazioni disponibili al 31 dicembre Centro Studi AIB 3

4 Centro Studi AIB 4

5 Capitolo 1 Le tendenze degli investimenti diretti esteri nel panorama internazionale L internazionalizzazione, come è noto, è uno dei fenomeni economici più rilevanti del nostro tempo. E fortemente cresciuta in intensità negli ultimi vent anni, assumendo forme sempre più complesse e diversificate ed estendendosi anche ai Paesi in via di sviluppo. Ha registrato una forte espansione negli anni Novanta, sia nella componente del commercio che in quella degli Investimenti Diretti Esteri (IDE), grazie ai nuovi sbocchi dei mercati dell Est europeo dopo la caduta del muro di Berlino. Negli anni Duemila, è stata alimentata soprattutto dall apertura del grande mercato cinese. Si tratta di un fenomeno complesso: al giorno d oggi, le forme di internazionalizzazione non includono più solo gli scambi di merci o l apertura di impianti produttivi o commerciali. Sempre più spesso comprendono accordi contrattuali di varia natura con imprese estere per la creazione di canali distributivi, per la condivisione di programmi di penetrazione commerciale, di ricerca e sviluppo di nuovi prodotti, per il ricorso o la fornitura di servizi di assistenza e cooperazione sui mercati internazionali. Prima di affrontare il tema dell internazionalizzazione nelle sue forme più evolute in provincia di Brescia (capitoli 2 e 3), in questa prima parte si cercherà di fornire una panoramica delle tendenze degli IDE mondiali negli ultimi anni e di individuare qual è la posizione dell Italia nel panorama internazionale. Nello stesso tempo, poiché la misurazione di un fenomeno così complesso è attualmente affidata a una molteplicità di statistiche, le più diverse tra loro, si tenterà di fornire una classificazione delle fonti esistenti, considerando anche che, per impulso degli organismi europei, i metodi tradizionali di rilevazione delle relazioni con l estero sono stati sostituiti da nuove fonti informative o da rilevazioni che ampliano le informazioni di quelle esistenti. Riguardo alla dinamica degli IDE, va ricordato che nel 1980 il livello mondiale dei flussi era di appena 50 miliardi di dollari l anno e nel 1990 raggiungeva solo i 200 miliardi di dollari. Nel decennio successivo, il volume dei flussi si è moltiplicato per sette, con tassi di crescita molto elevati. Il primo decennio di questo secolo si è rivelato altalenante: Centro Studi AIB 5

6 dopo aver raggiunto il livello di miliardi di dollari nel 2000, i flussi annui hanno subito una forte caduta, concentrata nel biennio , per attestarsi nel 2003 a 565 miliardi (-60,0% circa rispetto al 2000). Hanno poi registrato un continuo recupero, fino al livello record del 2007 (quasi miliardi di dollari) e hanno subito una nuova contrazione a partire dalla seconda metà del 2008 per effetto della crisi finanziaria internazionale (-9,4% sull anno precedente). Le conseguenze della crisi sono state ancora più consistenti nel 2009 e hanno comportato un ulteriore e più ampia riduzione dei flussi (-33,0%). La crisi ha colpito soprattutto gli investimenti verso i Paesi industrializzati, ma non ha risparmiato quelli diretti verso i Paesi emergenti e le economie in transizione. Nel biennio , nonostante il perdurare della crisi economico finanziaria e i primi segnali della nuova crisi dei debiti sovrani, i flussi mondiali degli IDE hanno evidenziato un certo recupero, con incrementi rispettivamente del 9,3% e del 16,5% sull anno precedente. L ammontare totale degli IDE, miliardi di dollari, ha raggiunto un livello analogo a quello medio degli anni precedenti ( ). Nel 2011, l Asia-Pacifico si è confermata la principale area di destinazione dei progetti di IDE ex novo, con il 30,3% dei progetti di investimento, il 34,4% del capitale investito e il 43,1% dei posti di lavoro creati. Sempre nel 2011, la Cina è risultato il Paese più attrattivo 1. Nel 2012, il valore complessivo dei flussi di investimenti diretti esteri in entrata ha segnato una forte flessione (-18,0%), come conseguenza della persistente incertezza sulla ripresa economica internazionale e di un atteggiamento di estrema cautela da parte degli investitori. Nonostante questo, le imprese multinazionali hanno continuato a ricomporre la geografia dei propri portafogli. Infatti, pur registrando una riduzione del 4,0% rispetto al livello massimo del 2011, i flussi di investimenti in entrata verso le economie emergenti e in via di sviluppo hanno complessivamente tenuto (intorno ai 703 miliardi di dollari), mentre quelli verso i Paesi avanzati sono crollati 2. Dopo il pesante scivolone registrato nel 2012, i flussi mondiali di IDE sono tornati a crescere nel 2013 (+9,0%) attestandosi a miliardi di dollari. Secondo le ultime proiezioni dell UNCTAD (United Nations Conference on Trade and Development), i flussi mondiali di IDE dovrebbero raggiungere i miliardi di dollari nel 2014, i miliardi nel 2015 e i miliardi nel La crescita sarebbe sostenuta 1 Mariotti S. e Mutinelli M. (2012), Italia multinazionale Le partecipazioni italiane all estero ed estere in Italia, Soveria Mannelli, Rubettino. 2 ICE (Agenzia per la promozione all estero e l internazionalizzazione delle imprese italiane) (2013), L Italia nell economia internazionale, Rapporto , Roma 11 luglio. Centro Studi AIB 6

7 principalmente dagli investimenti nelle economie mature, sulle aspettative di un recupero dei livelli di attività che dovrebbe coinvolgere un numero sempre maggiore di Paesi. La fragilità di alcuni mercati emergenti e i rischi correlati all incertezza politica e ai conflitti in alcune regioni del mondo costituiscono, tuttavia, incognite rilevanti che potrebbero modificare previsioni di crescita così favorevoli 3. Secondo l UNCTAD, come risultato di una maggiore crescita attesa degli IDE nei Paesi sviluppati, la distribuzione mondiale degli stessi potrebbe ritornare al tradizionale modello, in cui la quota prevalente degli IDE è da attribuirsi ai Paesi avanzati. Questo modello è stato, infatti, superato in almeno tre circostanze: nel 2009, nel 2012 e nel 2013, quando la quota di IDE dei Paesi emergenti è risultata superiore a quella delle economie sviluppate (Figura 1). Nonostante il recupero atteso dai Paesi avanzati, l UNCTAD prevede che i flussi verso le economie in via di sviluppo si manterranno su un livello consistente anche per i prossimi anni Figura 1 - Distribuzione dei flussi di IDE in entrata per gruppi di economie (miliardi di dollari) Fonte: elaborazioni Centro Studi AIB su dati UNCTAD, World Investment Report Paesi in via di sviluppo Economie in transizione Paesi industrializzati Per quanto riguarda gli IDE in entrata (inflows), nel 2013 le economie avanzate, pur avendo recuperato quota dopo la pesante caduta del 2012, si sono mantenute su una percentuale storicamente bassa del totale dei flussi mondiali (39%) e sono ancora a un livello inferiore di circa il 57,0% rispetto al picco del UNCTAD (2014), World Investment Report Overview, United Nations, New York and Geneva. Centro Studi AIB 7

8 I flussi mondiali verso le economie in via di sviluppo, invece, hanno raggiunto un nuovo massimo (778 miliardi di dollari), corrispondente al 54,0% del totale mondiale degli IDE in entrata. Nonostante questo, il loro tasso di crescita del 7,0% è risultato in riduzione rispetto a quello che le aveva caratterizzate negli ultimi dieci anni (17,0% circa). I Paesi dell Asia continuano ad essere l area con la maggiore quota di IDE in entrata, 426 miliardi, significativamente più alta di quella della UE (246 miliardi). Gli inflows sono aumentati anche nelle altre due più importanti zone in via di sviluppo: in Africa del 4,0% e in America latina e Caraibi del 6,0% (esclusi i centri finanziari offshore). I Paesi in via di sviluppo hanno mantenuto il primato degli inflows sulle economie avanzate per un margine di oltre 200 miliardi di dollari per il secondo anno consecutivo, a testimonianza della redistribuzione geografica delle attività economiche verso le aree meno sviluppate. Ai Paesi in via di sviluppo e alle economie in transizione va attribuita, nel 2013, la metà delle prime 20 posizioni nella classifica dei Paesi per ammontare degli IDE in entrata. Il Messico, con 20 miliardi di dollari di flussi in più tra il 2012 e il 2013, è salito al decimo posto, mentre la Cina, che nel 2013 ha registrato il massimo storico dei propri flussi in entrata (124 miliardi di dollari), ha mantenuto la sua posizione al secondo posto come maggior ricettore del mondo dopo gli Stati Uniti (Figura 2). Dalla figura si rileva, tra l altro, che l Italia, pur risultando all ultimo posto della classifica, tra il 2012 e il 2013 ha visto aumentare la propria quota da 0 a 17 miliardi di dollari. Figura 2 - Flussi di IDE in entrata: le prime 20 economie (miliardi di dollari) Stati Uniti Cina Russia Hong Kong Brasile Singapore Canada Australia Spagna Messico Regno Unito Irlanda Lussemburgo India Germania Paesi Bassi Cile Indonesia Colombia Italia Fonte: elaborazioni Centro Studi AIB su dati UNCTAD, World Investment Report Sul versante degli IDE in uscita (outflows), nel 2013 quelli delle imprese multinazionali dei Paesi in via di sviluppo hanno raggiunto un nuovo record: 454 miliardi di dollari. Centro Studi AIB 8

9 Insieme alle economie in transizione, rappresentano il 39,0% dei flussi mondiali di outflows, in confronto al solo 12,0% dell inizio del secolo. Sei economie, tra Paesi in via di sviluppo o in transizione, si sono classificate tra i 20 maggiori investitori del mondo nel 2013: Cina, Federazione Russa, Hong Kong, Repubblica di Corea, Singapore e Taiwan. I flussi in uscita provenienti dai Paesi sviluppati si sono attestati a 857 miliardi, un valore analogo a quello del 2012, e gli Stati Uniti sono rimasti il primo Paese investitore. La ripresa degli IDE nel 2013 può pertanto attribuirsi quasi esclusivamente alle multinazionali dei Paesi emergenti e in via di sviluppo. Riguardo alla distribuzione dei flussi in entrata per area geografica, va segnalato, tra l altro, che la quota dei Paesi dell APEC (Foro della cooperazione economica Asia- Pacifico) sul totale degli IDE inflows mondiali è aumentata dal 37,0% di prima della crisi al 54,0% nel 2013 (Figura 3). Nonostante la loro quota rimanga marginale, gli IDE in entrata in ASEAN e nel MERCOSUR nel 2013 sono notevolmente aumentati rispetto ai livelli pre-crisi. Figura 3 - Flussi di IDE in entrata per aree geografiche (quota % sul totale mondiale) G UE a 28 Paesi APEC RCEP BRICs NAFTA ASEAN MERCOSUR Percentuali multiple. Fonte: elaborazioni Centro Studi AIB su dati UNCTAD, World Investment Report Media Attualmente, sono in fase di negoziazione tre iniziative di integrazione multilaterale (TTIP, TPP e RCEP), che mostrano tendenze divergenti. Gli Stati Uniti e l Unione Europea stanno negoziando un ampio accordo bilaterale, Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP), con l obiettivo di realizzare un area di libero scambio e investimento in beni e servizi e soprattutto di accrescere la convergenza regolamentare tra le due aree. Nel 2013, la loro quota complessiva di IDE mondiali in entrata è risultata quasi dimezzata rispetto al livello pre-crisi (dal 56,0% al 30,0%). Un iniziativa simile, Trans-Pacific Partnership (TPP), è stata avviata tra alcuni Paesi dell area dell Oceano Centro Studi AIB 9

10 Pacifico, inclusi gli Stati Uniti. In questo caso, la perdita di quota di IDE degli Stati Uniti è stata compensata dall espansione delle economie emergenti appartenenti all area: ciò ha consentito alla quota complessiva di IDE di aumentare dal 24,0% di prima del 2008 al 32,0% nel L Associazione Regionale Economica Integrale (RCEP), in cui si sta negoziando tra 10 Stati membri dell ASEAN e 6 partners dell accordo di libero commercio, ha rappresentato più del 20% dei flussi mondiali di IDE negli ultimi anni, quasi il doppio del livello che deteneva prima della crisi. Gli IDE in entrata in molti Paesi poveri in via di sviluppo sono stati per tradizione concentrati in gran parte nell industria estrattiva: in questo settore, la quota è stata predominante in Africa e nei Paesi a sviluppo più recente (Angola, Bangladesh, Etiopia, Mozambico, Myanmar, Sudan, Yemen). Tuttavia, nel 2013 si riscontra che il 90,0% degli investimenti greenfield annunciati, sia in Africa che nei Paesi a sviluppo più recente, appartiene all industria manifatturiera e ai servizi. La rivoluzione dello shale gas, sperimentata in questi ultimi anni, è chiaramente visibile nelle tendenze degli IDE. Nell industria del petrolio e del gas negli Stati Uniti, il ruolo del capitale straniero sta crescendo proporzionalmente al consolidarsi del mercato dello shale gas e in base alla necessità, per gli operatori nazionali più piccoli, di suddividere i costi di sviluppo e di produzione. Le fusioni e acquisizioni di multinazionali nel settore dello shale gas hanno rappresentato più dell 80,0% delle operazioni di questo tipo nell industria del petrolio e del gas nel Le imprese degli Stati Uniti, con la necessaria esperienza nell esplorazione e nello sviluppo dello shale gas, si stanno convertendo in obiettivi di acquisizione o di soci industriali di imprese di energia di altri Paesi ricchi di risorse shale. Al di là dell industria del petrolio, anche quella del gas naturale sta attirando nuovi investimenti da parte dell industria manifatturiera degli Stati Uniti, in particolare da parte di quella chimica e di prodotti chimici. La quota degli Stati Uniti, sul totale degli investimenti greenfield mondiali annunciati in questo settore, è salita dal 6,0% nel 2011, al 16,0% nel 2012, al 25,0% nel 2013, ben al di sopra della quota media degli Stati Uniti sul totale dei settori (7,0%). Poiché i vantaggi di costo delle imprese manifatturiere petrolchimiche (petrolio e gas) degli altri Paesi ricchi si stanno erodendo, gli effetti sugli IDE stanno diventando visibili anche al di fuori degli Stati Uniti, specialmente nell Asia occidentale. Imprese multinazionali come Chevron Phillips Chemical, Dow Chemical e ExxonMobil Chemical stanno ritornando a concentrare la loro attenzione sugli Stati Uniti. Anche imprese petrolchimiche come Gulf Cooperation Centro Studi AIB 10

11 Council (GCC) o NOVA chimica (Emirati Arabi Uniti) e Sabic (Arabia del Sud) stanno investendo nell America del Nord 4. Su un altro versante, le multinazionali farmaceutiche negli ultimi anni hanno disinvestito segmenti di produzioni non strategiche e hanno esternalizzato attività di ricerca e sviluppo; nello stesso tempo, hanno partecipato a fusioni e acquisizioni per ottenere nuovi margini di guadagno e basare la produzione su costi più bassi. Per rispondere alla domanda crescente, i colossi dell industria farmaceutica hanno fatto di tutto per accedere a farmaci generici di basso costo e alta qualità, acquisendo produttori dislocati nelle economie in via di sviluppo. Hanno inoltre acquisito, nelle stesse economie, imprese di investimenti e start-up locali. La quota delle fusioni e acquisizioni multinazionali nelle economie in via di sviluppo e in quelle in transizione è aumentata da meno del 4,0% di prima del 2006, al 10,0% tra il 2010 e il 2012, balzando a oltre il 18,0% nel L esistenza di enormi riserve di utili non distribuiti nelle principali multinazionali farmaceutiche facilita questo tipo di operazioni e indica che queste attività proseguiranno nel futuro. Nel primo trimestre del 2014, il valore di transazione derivante dalle fusioni e acquisizioni delle multinazionali (23 miliardi di dollari in 55 operazioni) ha già superato il valore registrato in tutto il Nel 2013, i fondi private equity hanno continuato a crescere, fino a raggiungere il livello record di 1,07 miliardi di dollari (+14,0% sull anno precedente). Gli investimenti multinazionali di questi fondi - normalmente mediante fusioni e acquisizioni - sono ammontati a 171 miliardi di dollari, con un decremento dell 11,0% sul Nel 2013, i private equity hanno rappresentato il 21,0% del totale delle fusioni e acquisizioni multinazionali, 10 punti percentuali in meno rispetto al punto di massimo del Considerando il maggior ammontare di private equity disponibili per investimenti (dry power) e l attività relativamente modesta degli ultimi anni, il potenziale di aumento degli IDE effettuabili da parte delle società di capitale privato è significativo. La maggioranza delle acquisizioni è concentrata in Europa (tradizionalmente il mercato più grande) e negli Stati Uniti. Il numero delle operazioni in Asia sta tuttavia aumentando e, nonostante i private equity localizzati nei Paesi in via di sviluppo siano relativamente modesti, questi non solo stanno incominciando ad emergere, ma stanno partecipando ad operazioni sia nei Paesi in via di sviluppo che nei mercati più maturi. 4 UNCTAD (2014), pag. 7. Centro Studi AIB 11

12 I fondi sovrani di investimento continuano ad espandersi in termini di attività, distribuzione geografica e industrie partecipate. Le attività gestionali per i fondi sovrani si aggirano intorno a 6,4 miliardi di dollari e gli investimenti riguardano tutto il mondo, compresi i Paesi dell Africa sub sahariana. Proprio i Paesi produttori di petrolio dell Africa sub sahariana hanno recentemente creato un fondo sovrano per gestire i ricavi del petrolio. Paragonato all ampiezza dei propri affari, il livello degli IDE dei fondi sovrani è relativamente modesto, corrispondente a meno del 2,0% delle attività gestionali, e si limita a pochi fondi sovrani di maggiore importanza. Nel 2013, i flussi di IDE dei fondi sovrani ammontavano a 6,7 miliardi di dollari, mentre lo stock cumulato raggiungeva i 130 miliardi di dollari. Nel mondo, il numero di multinazionali di proprietà statale è relativamente piccolo, anche se il numero delle filiali straniere e il livello delle attività estere ad esse collegato è significativo. Secondo le stime UNCTAD esistono al massimo 550 imprese multinazionali di proprietà statale sia tra le economie mature che tra i Paesi in via di sviluppo con più di filiali straniere e un volume d affari estero stimato in oltre 2 miliardi di dollari. Alcune sono tra le più grandi multinazionali del mondo. Si stima che gli IDE delle multinazionali di proprietà statale abbiano raggiunto nel 2013 oltre 160 miliardi di dollari, con un leggero incremento, dopo quattro anni consecutivi di declino. A questo livello, anche se rappresentano meno dell 1,0% dell universo delle multinazionali, provvedono per oltre l 11,0% dei flussi mondiali di IDE 5. Le dinamiche regionali Riguardo alla distribuzione territoriale degli IDE, nel 2013 quelli in entrata in Africa sono aumentati del 4,0%, attestandosi a 57 miliardi di dollari, sostenuti soprattutto dagli investimenti in infrastrutture e con finalità di penetrazione dei mercati. Le aspettative di una robusta crescita della classe media della popolazione hanno attratto investimenti orientati verso le industrie produttrici di beni di consumo (alimentari, tecnologia dell informazione, turismo, finanza, commercio al minuto). La crescita complessiva del continente è stata determinata per la maggior parte dalle due aree dell Africa orientale e dell Africa meridionale, mentre nelle altre zone gli investimenti si sono contratti. Nell Africa meridionale, i flussi si sono quasi duplicati, attestandosi a 13 miliardi di dollari, soprattutto per il record raggiunto dal Sud Africa e dal Mozambico. In entrambi i 5 UNCTAD (2014), pagg Centro Studi AIB 12

13 Paesi, la maggior parte degli investimenti ha riguardato le infrastrutture, con un ruolo considerevole in Mozambico per quanto riguarda il settore del gas. Nell Africa orientale, gli IDE sono aumentati del 15,0% raggiungendo i 6,2 miliardi di dollari, grazie alla crescita dei flussi verso Etiopia e Kenya. Il Kenya è diventato il business hub favorito, non solo per la ricerca di petrolio e gas, ma anche per l industria manifatturiera e i trasporti; la strategia industriale dell Etiopia è stata quella di attirare capitale dall Asia per sviluppare la propria manifattura di base. I flussi di IDE verso l Africa settentrionale sono aumentati del 7%, raggiungendo i 15 miliardi di dollari. I flussi verso l Africa centrale e occidentale si sono ridotti, rispettivamente, a 8 e a 14 miliardi di dollari, in parte per le incertezze che riguardano le vicende politiche e la sicurezza nazionale. Con un totale di 426 miliardi di dollari nel 2013, i Paesi asiatici in via di sviluppo catalizzano quasi il 30,0% degli investimenti totali globali e rappresentano la principale area ricettiva del mondo. Gli IDE in entrata nei Paesi dell Asia orientale sono aumentati del 2,0%, raggiungendo i 221 miliardi di dollari. La buona performance dell area è stata determinata dalla crescita in Cina, Repubblica di Corea e Taiwan. Con un volume di inflows pari a 124 miliardi di dollari nel 2013, la Cina risulta ancora, come nel 2012, al secondo posto nella classifica mondiale (Figura 2). Gli outflows dal Paese sono aumentati del 15,0%, raggiungendo i 101 miliardi di dollari e si prevede che supereranno gli inflows nel giro di due o tre anni. Gli IDE in entrata nell Asia sud orientale sono cresciuti del 7,0%, fino a raggiungere i 125 miliardi di dollari: Singapore ne ha attratti la metà. I 10 Stati membri dell ASEAN e i loro sei partners del Trattato del libero commercio (Australia, Cina, India, Giappone, Repubblica di Corea e Nuova Zelanda) stanno, come è noto, attivando i negoziati per l Associazione Regionale Economica Integrale (RCEP). Nel 2013, gli IDE in entrata complessivi nei sedici Paesi membri negozianti sono risultati pari a 343 miliardi di dollari, il 24% del totale mondiale. Negli ultimi 15 anni, gli sforzi di cooperazione regionale per gli investimenti in Asia orientale e sud orientale hanno contribuito a un aumento degli IDE totali e intraregionali dell area. I flussi versi i Paesi appartenenti al RCEP al 2013 rappresentavano più del 40,0% degli inflows nell ASEAN, rispetto al 17,0% di prima del Nell Asia meridionale, gli IDE in entrata nel 2013 sono cresciuti del 10,0%, arrivando a 36 miliardi di dollari. Il Paese più attrattivo della regione, l India, ha segnato una crescita del 17,0%, raggiungendo i 28 miliardi di dollari. I flussi verso l Asia occidentale sono diminuiti del 9,0%, attestandosi a 44 miliardi di dollari, dopo cinque anni consecutivi di mancata crescita. Le persistenti tensioni regionali e l incertezza politica stanno distogliendo gli investitori, sebbene vi siano differenze tra i vari Paesi. In Arabia Saudita Centro Studi AIB 13

14 e Quatar i flussi di IDE continuano a mostrare un trend al ribasso; in altri Paesi gli investimenti stanno lentamente recuperando, sebbene si mantengano molto al di sotto del livello precedente, ad eccezione del Kuwait e dell Iraq dove hanno raggiunto livelli record nel 2012 e nel I flussi di investimenti verso l America Latina e i Caraibi, nel 2013, hanno raggiunto i 292 miliardi di dollari. Escludendo i centri finanziari offshore, sono aumentati del 5,0%, attestandosi a 182 miliardi di dollari. Mentre negli anni precedenti gli IDE erano principalmente diretti verso il Sud America, nel 2013 i flussi verso questo continente sono diminuiti del 6,0% attestandosi a 133 miliardi di dollari, dopo tre anni consecutivi di forte incremento. Tra i principali Paesi, il Brasile ha visto un leggero decremento (-2,0%). Gli IDE in Cile e in Argentina sono diminuiti, rispettivamente, del 29,0% e del 25% (20 e 9 miliardi di dollari), per i minori investimenti nel settore estrattivo. Anche in Perù i flussi sono diminuiti del 17,0%, attestandosi a 10 miliardi di dollari. I flussi di IDE sono invece cresciuti dell 8,0% in Colombia (17 miliardi di dollari), determinati in gran parte da operazioni di fusione e acquisizione nei settori dell energia elettrica e del credito. I flussi verso l America centrale e i Caraibi (esclusi i centri finanziari offshore) sono aumentati del 64% attestandosi a 49 miliardi di dollari. A ciò ha contribuito in gran parte l acquisizione, per 18 miliardi di dollari, delle quote residue del Grupo Modelo da parte dell azienda della birra belga AB InBev, operazione che ha fatto sì che gli inflows verso il Messico si siano più che duplicati arrivando a 38 miliardi di dollari. Altri incrementi si sono registrati a Panama (61,0%), Costa Rica (14%), Guatemala (5%) e Nicaragua (5%). Gli IDE in uscita dall America centrale sono diminuiti del 31% e si attestano a 33 miliardi di dollari. Per il futuro, prospettive favorevoli dovrebbero derivare dalle nuove opportunità per gli investitori esteri nell industria del petrolio e del gas, incluso lo shale gas in Argentina e nel Messico. Nel comparto manifatturiero, le multinazionali dell automotive hanno in programma piani di investimento per il Brasile e per il Messico. Gli IDE in entrata nelle economie in transizione, nel 2013, sono aumentati del 28%, raggiungendo i 108 miliardi di dollari. Nell Europa sud orientale i flussi sono cresciuti da 2,6 miliardi di dollari nel 2012 a 3,7 miliardi nel 2013, grazie alla privatizzazione delle ultime imprese di proprietà statale che restavano nel settore dei servizi. Una quota significativa degli IDE è stata realizzata nella Federazione Russa. Nonostante i Paesi sviluppati siano stati i principali investitori, gli IDE provenienti dalle economie in via di sviluppo sono aumentati. Le prospettive degli IDE nelle economie in transizione restano tuttavia pesantemente condizionate dalle incertezze relative all instabilità politica. Nel 2013 gli IDE in uscita dell area sono balzati all 84,0%, raggiungendo il livello record di 99 Centro Studi AIB 14

15 miliardi di dollari. Come negli anni precedenti, la maggior parte dei progetti di investimento è stata di iniziativa delle multinazionali russe: il valore delle operazioni di fusione e acquisizione realizzate si è moltiplicato per più di sei volte e i progetti greenfield annunciati sono cresciuti dell 87,0%, raggiungendo i 19 miliardi di dollari. Dopo la pesante caduta del 2012, i flussi di IDE verso le economie mature hanno recuperato, attestandosi nel 2013 a 566 miliardi di dollari (+9,0%). Gli inflows verso l Unione europea ammontano a 246 miliardi di dollari (+14%), il 30% in meno rispetto al picco del Tra le maggiori economie, i flussi in entrata in Germania, che hanno registrato un volume eccezionalmente basso nel 2012, si sono ripresi considerevolmente, ma in Francia e nel Regno Unito hanno manifestato un forte declino. Gli inflows in Italia e in Spagna hanno recuperato in maniera significativa e la Spagna è diventata il Paese europeo più ricettivo nel Gli IDE in entrata nell America settentrionale sono aumentati a 250 miliardi di dollari, con gli Stati Uniti, il primo Paese ricettivo del mondo, che ha registrato una crescita del 17,0% (188 miliardi di dollari). Gli outflows dalle economie sviluppate sono risultati nel 2013 pari a 857 miliardi di dollari, praticamente invariati rispetto all anno precedente. Il recupero in Europa e la continua espansione degli investimenti del Giappone hanno controbilanciato la contrazione degli outflows provenienti dall America settentrionale. Gli IDE in uscita dall Europa sono cresciuti del 10,0% attestandosi a 329 miliardi di dollari. La Svizzera è stata il principale investitore diretto europeo. Contrariamente al trend positivo dell Europa, Francia, Germania e Regno Unito hanno registrato una pesante flessione degli IDE in uscita. Questi ultimi sono diminuiti di oltre il 10,0% anche in provenienza dall America settentrionale e si sono attestati a 381 miliardi di dollari, in parte perché le multinazionali USA hanno trasferito in patria i fondi ottenuti sul mercato azionario europeo. Gli outflows dal Giappone sono aumentati per il terzo anno consecutivo, raggiungendo i 136 miliardi di dollari. Nelle economie industrializzate, sia gli IDE in entrata che quelli in uscita si sono mantenuti ad appena la metà del livello massimo registrato nel In termini di quota sul totale mondiale, le economie avanzate rappresentano il 39,0% degli inflows totali e il 61,0% degli outflows totali: entrambi questi valori sono storicamente bassi. Nonostante la quota dei flussi di IDE attraverso l Atlantico sia diminuita negli ultimi anni, l Unione Europea e gli Stati Uniti sono importanti partner di investimenti, molto di più di quanto appaia dal volume del commercio estero bilaterale. Per gli Stati Uniti, il 62,0% dello stock di IDE in entrata proviene dai Paesi dell Unione Europea e il 50,0% dello stock in Centro Studi AIB 15

16 uscita è collocato nella UE. Per l Unione europea, gli USA provvedono a un terzo degli investimenti totali in entrata. Il ruolo dell Italia Come si colloca l Italia all interno del panorama mondiale degli investimenti esteri? Analizzando i dai al 2013, resi disponibili dall UNCTAD, e prendendo in considerazione gli ultimi quattro anni ( ), si può innanzitutto osservare che, per quanto riguarda gli IDE in entrata, lo stock di investimenti è continuato a crescere attestandosi a fine periodo a milioni di dollari. In termini percentuali, la quota degli IDE in entrata (stock) sul PIL italiano è cresciuta dal 16,0% al 19,5% nei quattro anni considerati (anche per effetto della contrazione del denominatore), ma resta significativamente inferiore a quella media mondiale (pari al 34,3%), a quella dell insieme delle economie avanzate (36,4%), a quella dell Europa (51,4%), dell Unione Europea (49,4%) e a quella di alcuni Paesi europei di maggiore importanza: Germania (23,4%), Francia (39,5%), Spagna (52,7%), Regno Unito (63,3%) 6. Alla stessa conclusione si arriva anche analizzando il rapporto percentuale tra lo stock italiano di IDE in entrata e gli investimenti mondiali: tra il 2000 e il 2013 in Italia risulta particolarmente basso (oscilla tra l 1,5% e il 2,0%). Sempre riguardo agli IDE in entrata, la dinamica dei flussi in Italia nel periodo si presenta altalenante: per il primo anno si parla di milioni di dollari, per il secondo si sale a milioni, nel terzo si scende vertiginosamente a 92 milioni e nel quarto si cresce fino a raggiungere i milioni. Anche per l Italia quindi è particolarmente evidente il pesante scivolone registrato nel 2012 e di cui si è accennato precedentemente riguardo all analisi della dinamica mondiale degli investimenti. Forse, vale la pena di aggiungere che in Italia la caduta è stata proporzionalmente più ampia che in Germania, Francia, Spagna e Regno Unito, o nell Unione Europea, o nell Europa intera, o nel complesso delle economie avanzate. I dati al 2013 evidenziano che, tra i principali Paesi europei, al primo posto per ammontare dei flussi si è collocata la Spagna (con milioni di dollari), seguita da Regno Unito, Germania, Italia e Francia (Tabella 1). Mentre nella classifica al 2012 l Italia risulta all ultimo posto, nel 2013 si colloca in vantaggio di una posizione. 6 UNCTAD (2014), Country fact sheet: Italy. Centro Studi AIB 16

17 Tabella 1 Flussi di IDE in entrata: media ; (milioni di dollari) Paesi media Italia Germania Francia Spagna Regno Unito UE Europa Economie avanzate Mondo Fonte: elaborazioni Centro Studi AIB su dati UNCTAD, World Investment Report Un quadro piuttosto deludente deriva anche dai dati sull ammontare di risorse contenute nei progetti greenfield destinati all Italia da parte dei principali investitori esteri: rispetto a una media di milioni di dollari all anno nel periodo pre-crisi ( ), si è scesi a milioni di dollari nel 2013, in calo rispetto ai milioni del 2012 (-2,9%) 7. Ancora una volta, dal confronto internazionale l Italia non ne esce in modo particolarmente brillante: senza soffermarsi troppo, infatti, sul Regno Unito, che mostra anche in questo caso un livello di internalizzazione molto elevato ( milioni di dollari in progetti greenfield destinati), anche nel 2013 l Italia si colloca al di sotto di Francia (9.354 milioni di dollari), Germania ( milioni) e Spagna ( milioni). L attrattività dell Italia non appare stimolata nemmeno dal più basso livello di partenza dello stock di IDE sul PIL, che avrebbe dovuto negli anni aprire lo spazio per una maggiore rincorsa competitiva. Il confronto con la Germania, in questo senso, è esemplificativo: nel 1995, lo stock di IDE in entrata sul PIL era modesto per entrambi i Paesi e non molto diverso tra i due (5,8% per l Italia e 6,6% per la Germania), ma alla fine 2013, mentre l Italia è al 19,5%, la Germania si attesta al 23,4%. Il fenomeno è ancora più evidente per quanto riguarda gli IDE in uscita: nel 1995, il rapporto dello stock sul PIL era al 9,4% per l Italia e al 10,6% per la Germania, mentre nel 2013 le rispettive quote si sono attestate al 28,9% e al 47,0% 8. Il divario quindi si è acuito, lasciando in entrambi i casi l Italia abbastanza ai margini del processo di internazionalizzazione. I dati confermano, in definitiva, l esistenza di un problema di scarsa attrattività del Paese e pongono l urgenza di risolvere una situazione di bassa competitività che si trascina da 7 UNCTAD (2014), Country fact sheet: Italy. 8 UNCTAD (2014), Country fact sheet: Germany. Centro Studi AIB 17

18 tempo. Una maggiore presenza di multinazionali straniere sul territorio italiano, oltre a generare benefici diretti in termini di apporto di capitali e competenze, potrebbe favorire la partecipazione delle imprese italiane alle reti produttive internazionali. I fattori che influenzano le scelte degli investitori esteri sono gli stessi che determinano la competitività delle imprese nazionali e la loro capacità di andare all estero. E sono fattori che non riguardano soltanto questioni materiali, ma coinvolgono problemi ben più ampi, quali la certezza delle regole e anche la moralità nella convivenza civile. I nodi da risolvere urgentemente sono allora quelli di un diritto del lavoro più snello, una normativa fiscale meno complessa e incerta, una minore lentezza delle procedure giudiziarie e burocratiche, una soluzione al problema della corruzione, che frena lo sviluppo economico. A questo quadro si è aggiunta, nell ultimo biennio, la forte recessione, che ha falcidiato la capacità produttiva dell industria italiana e ridotto la domanda interna. Una caduta prolungata e intensa della domanda interna, come quella registrata in Italia negli ultimi anni, oltre a colpire i redditi e l occupazione, ha inevitabilmente prodotto effetti negativi anche sulla capacità delle imprese di competere sui mercati internazionali. L auspicato avvio di una fase di vera e solida ripresa economica richiede, da un lato, misure congiunturali di sostegno della domanda, ma non può prescindere, dall altro, dalle riforme strutturali necessarie per aumentare la produttività delle imprese. Perché le misure di attrazione siano efficaci, occorrono condizioni precise: un congruo stanziamento di risorse su un orizzonte temporale di medio periodo; regole semplici e certe per le imprese; interlocutori istituzionali stabili. Infine resta cruciale la volontà politica, a livello nazionale ed europeo, di promuovere il processo di liberalizzazione degli scambi e degli investimenti internazionali, usando tutte le leve negoziali disponibili, bilaterali e multilaterali, per ridurre le barriere di accesso ai mercati 9. Riguardo all attrattività del nostro Paese per settore produttivo, i dati disponibili al 2012 segnalano, per l industria, la prevalenza delle multinazionali estere nella fabbricazione di prodotti farmaceutici (54,2% degli addetti del settore), nella fabbricazione di coke e prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio (35,7%), nella fabbricazione di prodotti chimici (31,2%), nella fabbricazione di apparecchiature elettriche e apparecchiature per uso domestico non elettriche (22,5%) e nella fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi (22,4%). Molto limitata risulta, invece, la presenza di multinazionali estere nei settori tradizionali del made in Italy, quali le industrie del legno e dei prodotti in legno 9 ICE (Agenzia per la promozione all estero e l internazionalizzazione delle imprese italiane) (2014), L Italia nell economia internazionale, Sintesi del Rapporto , Roma 29 luglio, pagg Centro Studi AIB 18

19 (0,5% degli addetti del settore), la fabbricazione di mobili (0,8%), le industrie tessili (2,9%) e le confezioni di articoli di abbigliamento e pelle (3,6%) 10. Nei servizi, i comparti che si caratterizzano per la maggior rilevanza del controllo estero sono i servizi di informazione e comunicazione (14,7% degli addetti), il noleggio, le agenzie di viaggio e servizi alle imprese (12,3%), le attività finanziarie e assicurative (11,4%) e l intermediazione commerciale (8,3%). Le multinazionali estere contribuiscono in misura rilevante all interscambio commerciale italiano, realizzando oltre un quarto delle esportazioni nazionali di merci (25,9%) e attivando il 45,1% delle importazioni. Per le esportazioni, i settori principali sono: estrazione di minerali da cave e miniere, fabbricazione di prodotti farmaceutici, fabbricazione di prodotti chimici. Per le importazioni, i settori più rilevanti sono: fabbricazione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici, estrazione da cave e miniere e intermediazione commerciale. Per quanto riguarda la provenienza geografica delle multinazionali estere, la maggioranza è residente nell Unione Europea (61,4%). Seguono il Nord America (17,0%), gli Altri Paesi europei (12,9%) e l Asia (6,0%). Tra i Paesi di residenza delle multinazionali estere presenti in Italia, il primo posto spetta agli Stati Uniti, cui seguono: Francia, Germania, Regno Unito e Svizzera. La presenza multinazionale nel territorio italiano è diversificata tra le varie regioni. Nell industria manifatturiera le quote più elevate (rispetto agli addetti nelle imprese locali) si registrano nel Lazio, nell Abruzzo e in Piemonte. Nei servizi, le multinazionali si concentrano nelle grandi città (Roma, Milano e Genova). Negli anni della crisi, l occupazione nelle affiliate di multinazionali straniere ha subito perdite minori che nel resto del sistema, anche per effetto di acquisizioni importanti di imprese del made in Italy 11. Passando all analisi dei dati sugli IDE in uscita, sempre di fonte UNCTAD e riferiti al 2013, negli ultimi quattro anni risulta che lo stock di investimenti è costantemente cresciuto, passando da milioni di dollari nel 2010 a milioni nel 2013 (+22,2%). La quota dello stock degli IDE in uscita sul PIL italiano è aumentata dal 23,8% del 2010 al 28,9% del 2013, ma resta inferiore a quella media mondiale (pari al 35,7%), a quella dell insieme delle economie avanzate (47,1%), a quella dell Europa (65,3%), 10 ISTAT (2014), Struttura e attività delle multinazionali estere in Italia. Anno 2012, 17 dicembre. 11 Armenise M. e Mazzeo E. (2014), Le multinazionali a controllo estero in Italia: un analisi territoriale, in: ICE (Agenzia per la promozione all estero e l internazionalizzazione delle imprese italiane) (2014), L Italia nell economia internazionale, Rapporto , Roma 29 luglio. Centro Studi AIB 19

20 dell Unione Europea (61,1%) e a quella di alcuni Paesi europei di maggiore importanza: Germania (47,0%), Francia (59,8%), Spagna (47,3%), Regno Unito (74,3%) 12. Anche per lo stock degli IDE italiani in uscita, la quota italiana sugli investimenti totali mondiali risulta relativamente bassa: tra il 2000 e il 2013, oscilla tra l 1,9% e il 2,6%. A proposito della scarsa propensione dell economia italiana a investire all estero, è stato notato che le vie dell internazionalizzazione del nostro sistema industriale sarebbero basate prevalentemente su forme più leggere, quali gli accordi produttivi e commerciali e altre forme di delocalizzazione che non si materializzano negli IDE. Per quanto si possa ammettere una qualche spiccata propensione del Paese verso queste forme, particolarmente in ragione della maggiore presenza di piccole e medie imprese, non è possibile tuttavia ritenere che essa produca effetti tali da colmare, o anche ridurre in misura rilevante, il divario evidenziato dai dati 13. La dinamica dei flussi degli IDE in uscita presenta una crescita nel 2011 sul 2010 (da a milioni di dollari), un calo nel 2012 (7.980 milioni) e un recupero nel 2013 con il livello di milioni di dollari (+296,8% sull anno precedente) (Tabella 2). Nell ultimo anno, la crescita dei flussi in uscita è stata superiore in Italia rispetto a quanto avvenuto in Germania (-27,7%), Francia (- 106,9%), Spagna (-753,8%) e Regno Unito (- 44,4%), così come rispetto all Unione Europea (+5,3%), all Europa intera (+9,8%), al complesso delle economie mature (+0,6%), o all economia mondiale (+4,8%). Nel 2013, il numero di progetti greenfield di iniziativa italiana nei Paesi esteri è invece diminuito rispetto al 2012, passando da a (-1,0%). Una flessione più ampia ha riguardato la dinamica degli stessi progetti in uscita dalla Germania (-4,4%). Ciò in contro tendenza con quanto avvenuto in Francia (+10,1%), Spagna (+36,8%), Regno Unito (+6,9%) e, in generale, nelle economie avanzate (+9,5%). 12 UNCTAD (2014), Country fact sheet: Italy. 13 Mariotti S. e Mutinelli M. (2012), pag.10. Centro Studi AIB 20

21 Tabella 2 - Flussi di IDE in uscita: media ; (milioni di dollari) Paesi media Italia Germania Francia Spagna Regno Unito UE Europa Economie avanzate Mondo Fonte: elaborazioni Centro Studi AIB su dati UNCTAD, World Investment Report Dai dati ISTAT al 2012 risulta che il grado di internazionalizzazione attiva (incidenza delle attività realizzate all estero rispetto al complesso di quelle svolte in Italia, calcolata sul numero di addetti) è pari al 17,6% nell industria e al 6,8% nei servizi. In termini assoluti, le controllate italiane all estero attive nei servizi non finanziari ( imprese) sono più numerose di quelle attive nell industria (8.433 imprese). Le affiliate estere industriali hanno tuttavia maggiore rilevanza economica, sia in termini di addetti che in termini di fatturato 14. Tra i settori industriali, quelli che presentano il più elevato grado di internazionalizzazione attiva sono: estrazione di minerali da cave e miniere, fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi, fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche, fornitura di energia elettrica, gas e acqua, fabbricazione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici. Nei servizi, il grado di internazionalizzazione è relativamente più elevato nelle attività finanziarie e assicurative, più contenuto ma ancora rilevante nei servizi di informazione e comunicazione, nelle attività immobiliari, nel noleggio, nelle agenzie di viaggio, nei servizi alle imprese, e nel commercio all ingrosso e al dettaglio. La dimensione media delle controllate italiane all estero è piuttosto consistente (80,3 addetti), superiore a quella delle imprese residenti in Italia (3,8 addetti): questo aspetto riguarda sia l industria che i servizi. Tra i Paesi, gli Stati Uniti sono il principale mercato di localizzazione sia per le attività industriali che per la fornitura di servizi. Per l industria, seguono la Romania e il Brasile, mentre per i servizi seguono la Germania e la Spagna. Nell analisi per area geografica, l Unione europea si conferma la principale area di destinazione delle multinazionali 14 ISTAT (2014), Struttura, performance e nuovi investimenti delle multinazionali italiane all estero. Anno 2012, nuovi investimenti , 15 dicembre. Centro Studi AIB 21

22 italiane all estero, con il 57,9% delle imprese, il 41,5% degli addetti e il 53,9% del fatturato. Unica eccezione è costituita dalla Ricerca e Sviluppo che vede il Nord America al primo posto con il 59,0% della spesa complessiva realizzata all estero da multinazionali italiane. Le imprese specializzate nei settori tipici del made in Italy (industrie tessili e confezione di articoli di abbigliamento, di articoli in pelle e pelliccia; fabbricazione di articoli in pelle e simili; fabbricazione di mobili; altre industrie manifatturiere) si concentrano in Romania, Cina, Sri Lanka e Serbia. La localizzazione delle imprese specializzate nella meccanica strumentale è concentrata in pochi Paesi, tra cui Cina, Stati Uniti, India e Brasile. Il 54,1% dei principali gruppi multinazionali italiani attivi nell industria e il 63,5% di quelli dei servizi hanno dichiarato di aver realizzato o progettato per il biennio un nuovo investimento di controllo estero. Più contenuta, anche se rilevante, è la propensione all investimento estero dei gruppi multinazionali di medio-grande dimensione (27,0% nell industria e 24,7% nei servizi). Seguono i gruppi multinazionali di piccola dimensione (14,8% nell industria e 11% nei servizi). La motivazione prevalente alla base dei nuovi investimenti è la possibilità di accedere a nuovi mercati. Per i gruppi industriali, altre motivazioni importanti sono: aumento della qualità/sviluppo di nuovi prodotti e riduzione del costo del lavoro. Quelli attivi nei servizi giudicano rilevanti l aumento della qualità/sviluppo di nuovi prodotti e minori problemi di regolamentazione. I Paesi UE si confermano la principale area di localizzazione dei nuovi investimenti di controllo all estero, sia per l industria che per i servizi. Seguono, per l industria: America centro meridionale e Altri Paesi europei. Per i servizi: Altri Paesi europei, Stati Uniti e Canada. Tra gli obiettivi dei nuovi investimenti, la maggiore importanza è data alla produzione di merci e servizi. Seguono: distribuzione e logistica, marketing, vendite e servizi post vendita inclusi i centri assistenza e i call center. Per concludere, anche dagli ultimi dati disponibili (UNCTAD 2013 e ISTAT 2012) risulta evidente come il modello di crescita all estero delle imprese italiane sia rimasto sostanzialmente inalterato nel corso degli anni: in stretta coerenza con i tratti distintivi del made in Italy e con le caratteristiche di frammentarietà della struttura industriale del Paese, è emerso, infatti, che i processi di delocalizzazione sono diretti per la maggior parte verso i mercati geograficamente più vicini, rispecchiano in generale la specializzazione produttiva dell economia e sono prevalentemente orientati al rafforzamento della presenza commerciale più che all insediamento di nuove unità produttive. Centro Studi AIB 22

23 Nel contesto attuale, lo sviluppo economico di un Paese è strettamente legato alla capacità delle proprie imprese e delle proprie istituzioni di intrattenere forti rapporti con l estero: il processo di globalizzazione che ha coinvolto il sistema negli ultimi decenni ha, infatti, profondamente modificato gli equilibri sociali ed economici preesistenti, portando alla ribalta sfide, impensabili fino a qualche decennio fa, da parte di Paesi che sono emersi da condizioni di sottosviluppo economico e culturale. Non è quindi possibile sottrarsi a cambiamenti di così vasta portata. Gli scambi di beni e servizi e le varie forme di produzione internazionale sono sempre più interdipendenti, come dimostrato anche dal crescente contenuto di input intermedi importati nei beni esportati. La maggior parte degli scambi mondiali avviene nell ambito di reti produttive internazionali (dette anche catene globali del valore), costituite da imprese multinazionali, dalle loro affiliate e da vari fornitori di beni intermedi e servizi alla produzione collocati in Paesi diversi. Ciò rende le economie molto più integrate, ma anche più vulnerabili agli shock economici. L Italia, come abbiamo visto, pur avendo ottenuto risultati positivi nel 2013 rispetto all anno precedente, per quanto riguarda il processo di internazionalizzazione si colloca ancora in una posizione marginale, sia rispetto ai risultati ottenuti dai partners europei che in confronto a quelli di altre economie mondiali dello stesso calibro. Per poter scommettere sulle sfide della globalizzazione, le imprese sono chiamate a fare la loro parte: ampliare la propria visione strategica e destinare con fiducia maggiori risorse finanziarie e manageriali al fine di attuare nuovi processi di internazionalizzazione. Ma per poter realizzare questo dovrebbero anche essere supportate da un adeguato sistema di sostegno pubblico all internazionalizzazione. Il sistema italiano, nonostante gli interventi di riforma del biennio , rimane eccessivamente articolato e complesso, con sovrapposizioni funzionali tra i diversi attori istituzionali (Stato, Regioni, Comuni): è stato notato che l effettivo successo delle iniziative di promozione spesso dipende più dalle capacità individuali dei singoli (ministri, direttori generali, direttori locali, ecc.) che dal disegno complessivo dell azione di sistema. L Italia dedica ingenti risorse umane e finanziarie alla promozione senza che questo trovi adeguato riscontro nella capacità di insediamento ed espansione sui mercati esteri, né nel grado di internazionalizzazione produttiva delle imprese Vergara Caffarelli F. e Veronese G. (2013), Il sistema paese a supporto dell internazionalizzazione, Banca d Italia, Questioni di Economia e Finanza (Occasional Papers), n. 196, Settembre. Centro Studi AIB 23

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