I campioni e le finalità dell indagine

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1 IMMAGINI DI UOMINI E DI DONNE DALLE NECROPOLI VILLANOVIANE DI VERUCCHIO Giornate di studio dedicate a Renato Peroni Verucchio Aprile 2011 PIETRO BARALDI, MARCO MARCHESINI*, MAURO ROTTOLI^ Analisi scientifiche dalle necropoli di Verucchio. Analisi chimiche e botaniche: risultati e prospettive di ricerca I campioni e le finalità dell indagine In occasione degli scavi della necropoli Lippi di Verucchio sono state raccolte numerose campionature da sottoporre ad analisi chimiche, botaniche e più in generale organiche. La particolare ricchezza delle sepolture e l eccezionale stato di conservazione di molti materiali deperibili hanno infatti suggerito di raccogliere campioni, necessari per interpretare meglio alcuni aspetti dello scavo e fondamentali per trarre indicazioni sulla tecnologia, l economia e il rito non recuperabili da altre tipologie di reperti. La presenza di campionature estremamente varie (prelievi indisturbati, sedimenti sciolti con elementi organici, prelievi puntiformi, frammenti di reperti con tracce di diverso tipo, terra di rogo ecc.) ha imposto di attuare, per riconoscere i materiali e valutarne il loro significato, strategie molto diversificate, applicando di volta in volta analisi morfologiche a minore o maggiore ingrandimento e analisi chimiche con strumentazioni diverse. Talvolta è stato necessario ricorrere al microscavo delle campionature di maggiori dimensioni, per distinguere i molteplici elementi accumulatisi durante il rogo o sovrapposti nelle fasi successive del seppellimento. In sintesi, le analisi così effettuate hanno i seguenti scopi: - riconoscere e caratterizzare i materiali organici presenti nei diversi punti della sepoltura, anche ai fini di una migliore interpretazione dei dati di scavo; - individuare le tecnologie impiegate per la fabbricazione di alcuni manufatti; - diagnosticare le specie botaniche utilizzate per la fabbricazione di alcuni reperti (arredi, manici, intrecci ecc.) e per la preparazioni di cibi; - analizzare la legna del rogo e le offerte alimentari di origine vegetale per ricostruire i diversi aspetti del rituale; - ricostruire l ambiente e la vegetazione intorno al sito e fornire più in generale indicazioni sull agricoltura e l economia della comunità di Verucchio; - raccogliere elementi per caratterizzare, dal punto di vista ambientale, l area dove veniva effettuata la cremazione e definire i rapporti tra zone di abitato e aree di necropoli; - confrontare i dati così raccolti con analoghe ricerche svolte in altri contesti coevi.

2 La conservazione Le condizioni microambientali, per molti versi eccezionali, che si sono prodotte in molte tombe della necropoli di Verucchio hanno permesso la conservazione di una grande quantità di materiale organico. Sebbene non siano stati eseguiti studi fisico-chimici specifici, in molti casi è stato possibile osservare che più fattori hanno agito contemporaneamente. La conservazione in ambiente saturo d acqua. E il tipo di conservazione che ha permesso la sopravvivenza dei tessuti e degli oggetti lignei della Tomba 89/1972 Lippi; talvolta, come in questo caso, i materiali si sono conservati in modo spettacolare, altre volte i materiali si sono invece più o meno degradati, lasciando resti più fragili e meno consistenti, o addirittura soltanto intercapedini o colorazioni particolari, che sono state comunque sufficienti a riconoscere la presenza del legno e dei tessuti in sede di scavo. La carbonizzazione. Benché potenzialmente distruttiva, la combustione ha in realtà permesso la conservazione di molti reperti; il complesso cerimoniale di cremazione, che prevedeva la raccolta e la deposizione nella tomba di abbondanti resti del rogo, ha permesso la conservazione di frammenti di tessuti, carboni di legna e di corteccia, semi/frutti e altri materiali non sempre diagnosticabili con certezza (cuoio?). Non agendo in modo omogeneo, la combustione è stata spesso solo parziale, rendendo inattaccabili dagli organismi demolitori anche materiali molto fragili. La conservazione tramite prodotti di corrosione del rame/bronzo (ossidi e sali). Il grande quantitativo di materiali metallici deposti nelle tombe ha favorito la conservazione di altri resti lignei e tessili. Come avviene in genere, l azione dei prodotti di corrosione del rame e delle sue leghe ha agito sia in funzione antibiotica che con la produzione di pseudomorfi, cioè di copie che non replicano perfettamente l anatomia e l istologia vegetale: la determinazione della specie e delle fibre non è quindi sempre agevole. Nei materiali in corso di analisi, sono state osservate particolari trasformazioni delle fibre tessili che in genere avvengono a carico di fibre di origine vegetale ed in particolare del lino, ma non è stato possibile correlare queste fibre a frammenti di tessuti veri e propri. La conservazione tramite prodotti di corrosione del ferro (ossidi e sali). Questo tipo di conservazione si è osservata solo eccezionalmente sui materiali in corso di studio; al contrario di quanto avviene in genere - gli pseudomorfi sono di solito più fedeli rispetto a quelli di rame - i frammenti di legno e di tessuto così conservati non risultano meglio diagnosticabili. Da segnalare infine due particolari situazioni: una conservazione tramite prodotti di alterazione con fosfati-carbonati che sembra essere avvenuta a carico di piccoli frammenti tessili nella Tomba 11/2005 e una conservazione tramite calchi di sedimento, osservata nel caso dell elmo rinvenuto nella Tomba 72/2008. Nel campione osservato in laboratorio, dei crini presenti sulla cresta dell elmo non vi è più traccia, essi sono riconoscibili solo in quanto il sedimento che ha riempito gli interstizi tra crine e crine ha mantenuto la loro impronta (un calco purtroppo non perfetto), anche quando i peli si sono completamente degradati.

3 Le analisi chimiche Sono stati presi in considerazione vari reperti in relazione ad alcune sepolture dalle necropoli di Verucchio. Tra questi sono stati esaminati: le strutture metalliche delle fibule e i loro prodotti di degrado le aste situate all interno delle fibule i dischi e rettangoli di ambra e di altri materiali inseriti negli incavi i leganti tra ambra e altri materiali e struttura metallica le decorazioni delle parti in ambra le fibre vegetali contenute all interno delle fibule i materiali vitrei connessi Le tecniche principali impiegate sono state la microscopia Raman, la spettroscopia infrarossa FT-IR e la fluorescenza di raggi X. La struttura metallica delle fibule è costituito da bronzo (come mostrato dalle misure XRF), la cui superficie è spesso ricoperta da una patina di sali di rame, spesso malachite e azzurrite (spettri Raman). L ambra delle fibule è sempre di provenienza baltica, come rivelato dallo spettro FT-IR secondo il metodo classico di Beck. In molte lastrine o decorazioni superficiali delle parti di ambra l elemento più abbondante è lo stagno, con picchi molto intensi in confronto allo spettro XRF rilevato per i bronzi, per i quali i picchi dello stagno si osservano deboli. Potrebbero trattarsi di leghe a basso contenuto di rame, che hanno malleabilità e quindi possono essere ridotte in lamine sottili da ritagliare o sagomare per separare i dischi delle fibule tra loro o per decorarne la superficie. I nostri botanici possono saperne di più sulle fibre vegetali contenute all interno. Il materiale nero e bianco che sta all interno delle fibule è effettivamente vegetale, ma le analisi indicano che si tratta di una fibra con un notevole strato sovrapposto di indigotina. In circa 20 campioni su ottanta esaminati è presente indigotina che intride i supporti o costituisce frammenti di solo colorante. Ora, come noto, l indigotina può provenire da oltre trenta specie di piante tra le quali le due più celebri sono Isatis tinctoria o guado (woad) e Indigofera tinctoria (indigo). Entrambe erano note e utilizzate nell antichità, essendo la prima una specie diffusa in Europa e la seconda di provenienza orientale. Le foglie delle specie contengono i precursori incolori dell indigotina, forme labili che danno luogo alla formazione dell indigotina solo in presenza di un ossidante. La percentuale di precursori nelle foglie è di poche unità, per cui il ritrovamento di alte percentuali di indigotina testimonia dei processi per l estrazione e il passaggio alla forma solida blu e commerciabile. Le fibre vegetali quindi probabilmente sono state immerse in un bagno per la tintura ed esposte all aria in modo da sviluppare il colore. Per un campione si tratta di un vero e proprio blocchetto di colore, contenente tra l altro piccoli vaghi azzurri di collana in vetro. Lo spettro infrarosso del materiale bluastro sembra quello di un estratto piuttosto puro di indigotina. La microscopia Raman, che consente di identificare l indigotina anche in tracce, ad es. su un frammento di fibra, ha confermato questa identificazione.

4 I pollini di Isatis purtroppo sono molto labili e quindi è improbabile ritrovarli in questi campioni. L analisi pollinica attualmente in corso potrebbe però indicare proprio in questo caso il contesto di provenienza o di produzione dalla presenza di pollini compatibili. Come collante per l assemblaggio delle fibule è stata ampiamente impiegata la cera d api, il cui spettro infrarosso è inconfondibile rispetto ad altri materiali collanti come grassi e lipidi vari. Solo in pochi casi dallo spettro infrarosso si rileva l uso di colle proteiche, che potrebbe essere la colla di pelle o di caseina. Nei casi in cui si rinviene l apatite si può affermare che l oggetto contiene o il minerale apatite o che si tratta di osso. Malachite e azzurrite in molti casi indicano solo corrosione del materiale bronzeo prossimo, che ha portato al diffondersi di sali di rame e alla rideposizione come carbonati basici in altre posizioni. I silicati possono indicare anch essi permeazione di argilla tramite la percolazione attraverso il terreno dello scavo. La caolinite è componente argilloso di numerosi terreni, ma anche componente di ocre gialle o rosse. Nel caso della Tomba 26 è stato identificato, insieme a blu di indigotina, un frammento di blu egiziano, il pigmento CaCuSi4O10 di ampia cronologia, di origine sintetica e di grande stabilità. Data l alta cronologia del reperto, il frammento era decisamente di origine egiziana. Solo nel I sec. verrà avviata la produzione sul suolo italico, in area vesuviana (Liternum, Puteoli) sulla base di conoscenze acquisite ad Alessandria. La sua presenza in questo sito può essere di rilievo, essendo la più antica attestazione in area nord italica, a quanto risulta dalla bibliografia. Le indicazioni ambientali In occasione degli studi pollinici effettuati sulla tomba 89/1972, nonostante il materiale analizzato costituisse parte di una preparato alimentare, è stato possibile tracciare un primo quadro ambientale della zona intorno a Verucchio, nella prima età del Ferro. I dati attualmente raccolti confermano e ampliano quanto già noto per siti della stessa epoca. Il sito appare circondato da campi di cereali (orzo, grano e miglio), prati e piante sparse coltivate sia per il frutto che per il legno quali il noce, il pino da pinoli e il gelso bianco. La vegetazione forestale, posta oltre le zone coltivate, è caratterizzata da un querceto misto, composto da querce caducifoglie con farnia e, in sottordine, cerro, seguiti da acero campestre, carpino comune, carpino nero/carpino orientale, nocciolo, dai frassini con orniello e frassino comune, tiglio nostrano, ecc. Si osserva uno scarso peso della vegetazione di ambiente umido, confinata probabilmente negli impluvi e nelle vallecole poste fra i colli; mentre ancor più lontani sono i boschi montani, caratterizzati da pino silvestre, abete bianco e abete rosso. La legna della pira L analisi del legname impiegato per l allestimento della pira e dei legni impiegati per la costruzione dei diversi manufatti (troni, arredi, immanicature ecc.) permette di comprendere come la comunità abbia selezionato il legname disponibile nel territorio per i diversi impieghi.

5 Nelle necropoli dell età del Ferro finora studiate, solo eccezionalmente si è osservata una scelta precisa per motivi rituali del legno da bruciare: a Misincinis, in Carnia, sono rigorosamente selezionati il faggio e le pomoidee per questo scopo. Generalmente l uso della legna è vario ed incostante, suggerendo che la scelta dipenda da fattori diversi, probabilmente di ordine economico ed organizzativo: la disponibilità in natura, la vicinanza delle aree boscate, i diritti di proprietà o di prelievo. Non si può scartare l ipotesi della presenza di aspetti di tipo rituale, che potrebbero però essersi espressi in modi o azioni che non riusciamo a cogliere nel record archeobotanico. Fino a questo momento, è stata effettuata l analisi di un gruppo limitato di carboni prelevati dalla terra di rogo della Tomba 11/2005 e di frammenti recuperati accidentalmente nelle campionature di altre tombe; non si esclude che in alcuni casi si tratti di frammenti di oggetti lignei o di cesti intrecciati, deposti sulla pira e difficilmente distinguibili nella massa dei carboni del rogo. Nel caso della Tomba 11/2005, per la legna del rogo sono stati utilizzati il cerro e le querce caducifoglie (cioè roverella o farnia o rovere), insieme al nocciolo. La presenza di rami di modeste dimensioni di nocciolo, che comunque ha portamento arbustivo, suggerisce l impiego di fascine di nocciolo e tronchetti o porzioni di tronco delle querce per erigere la pira. L ampia quantità di legno di nocciolo osservato nelle tombe indicherebbe la presenza di boschi particolarmente discontinui, interrotti da radure e prati, lungo le quali la pianta tende a diffondersi, o di veri e propri frutteti. Come è noto, il nocciolo ha un importante e duplice impiego, per la produzione di legname di piccola pezzatura (da fuoco o da intreccio per manufatti e pareti degli edifici) e per il frutto. Gli elementi raccolti nelle altre tombe - in cui oltre al nocciolo e alle querce, sono documentati pomoidee, frassino, acero, salice e faggio - indicherebbero un utilizzo discretamente variegato del legname, con la preponderanza di specie del querceto misto: la formazione forestale più vicina al sito e maggiormente produttiva. Da sottolineare l assenza, almeno per il momento, del carpino nero e del carpino bianco, specie diffuse nel querceto misto, rispettivamente nelle zone meglio esposte e in quelle più umide. Un solo carbone di faggio è verosimilmente la testimonianza di un prelievo effettuato nelle zone montane, mentre il legno di salice è collegato alle aree più umide o ad una sua coltivazione proprio per produrre il vimini da intrecciare. Le analisi dei manufatti lignei confermano l ampio spettro di specie a disposizione ed una accurata scelta del materiali più adatti ai diversi impieghi. In particolare gli studi effettuati sulla tomba 89/1972 ci dicono che la fonte di approvvigionamento del legno usato per la loro costruzione è essenzialmente locale e, in prevalenza, sono state usate specie tipiche dei boschi che vegetavano nelle zone circostanti il sito. I legni utilizzati per la costruzione dei manufatti risultano scelti in base alle loro caratteristiche tecnologiche e in rapporto alla tipologia degli oggetti da costruire. Per i manufatti è stato utilizzato il pioppo, legno elastico e leggero, di facile lavorazione ma non molto pregiato, per la costruzione dei contenitori; la quercia, legno pesante, duro, elastico, tenace, resistente e di facile lavorazione, particolarmente adatto per la costruzione di oggetti di grandi dimensioni come le casse; il frassino, legno facilmente curvabile, usato per la costruzione delle aste delle lance; l ontano, legno semiduro, mediamente pesante, omogeneo e dolce, anch esso

6 utilizzato per la costruzione delle aste delle lance; l acero, utilizzato per lavori di intaglio ed ebanisteria. Nella tomba 9/2005 è documentato il corniolo, si tratta di una specie che poteva crescere spontanea ai margini del bosco, ma che potrebbe essere stata coltivata sia per il legno che per il frutto. Gli elementi che possono suggerire un quadro ambientale (o meglio microambientale) della zona dove avveniva l incinerazione sono quelli, per il momento piuttosto scarni, raccolti nell analisi della terra di rogo della Tomba 11/2005; i semi e i frutti rinvenuti suggeriscono l uso, per la cerimonia dell incinerazione, di un campo o di un incolto posto in prossimità dell abitato, con una vegetazione caratterizzata specie infestanti e ruderali e la presenza a terra di scarti della trebbiatura. Anche gli esegui (e dubbi) elementi raccolti tra i campioni della Tomba 9/2005 sembrano avvalorare questa ipotesi. Non vi sono per il momento elementi utili a stabilire se aree di questo tipo venissero utilizzate per una singola cerimonia (ambito famigliare) o se una volta individuata un area, questa venisse utilizzata per le cremazioni con una certa continuità (ambito di comunità). Le offerte alimentari vegetali Il complesso rituale effettuato a Verucchio prevedeva l offerta di semi e frutti sia sul rogo che deposti secondariamente nella tomba, e la deposizione all interno di contenitori di preparati alimentari. Già negli scavi Gentili era stato rinvenuto un frutto non combusto, attribuito alla zucca di vino (Lagenaria siceraria); reperto notevole, perché si tratta di una delle più antiche attestazioni in Italia di questa specie di origine africana. Le analisi polliniche hanno suggerito la presenza di una bevanda fermentata a base di cereali, o di un materiale utilizzato per la sua preparazione, all interno di un vaso biconico della tomba 89/1972 Lippi. Per quanto riguarda le offerte bruciate, alcune indicazioni derivano dalle analisi appena avviate. Nel caso della Tomba 11/2005 è testimoniata l offerta di nocciole, uva, susine selvatiche e di semi riferibili probabilmente ad una brassicacea (della famiglia cioè a cui appartengono la senape e i cavoli). Nella tomba 26/2006 è stata individuata l offerta di chicchi d orzo. Oltre a definire il tipo di offerta, questi elementi si prestano a fornire alcune indicazioni sull agricoltura praticata dalla comunità di Verucchio; indicazioni che si aggiungono ai dati ricavati dagli spettri pollinici. Abbiamo così dati abbastanza articolati sulla coltivazioni dei cereali: l orzo, il farricello, forse lo spelta, la segale (coltivata o infestante?) e il miglio; e della coltivazione/raccolta di frutti: con nocciole, uva, susine selvatiche e probabilmente ghiande. Gli intrecci: imbottiture o cesti In diverse tombe e, per quanto attualmente possibile definire, in rapporto a diverse situazioni e materiali, sono stati trovati intrecci vegetali. Il materiale impiegato per l imbottitura dell elmo della Tomba 9/2005 presenta una struttura molto particolare, composta da elementi parzialmente lignificati, molto sottili

7 (purtroppo non determinabili) che fanno da supporto ad un intreccio effettuato con elementi vegetali ancor più fini, forse pertinenti ad una pianta erbacea (una Cyperacea?). Sulla base delle prime osservazioni sembra trattarsi di una sorta di vero e proprio cesto, posto all interno dell elmo, verosimilmente per indossarlo con più agio. Gli stessi materiali - anche se la conservazione frammentaria rende complesso definire la forma dell oggetto e le modalità dell intreccio, che in qualche caso sembra un po più complesso - sono stati osservati in altri contesti, in particolare: - nella Tomba 18, in rapporto ad un singolo reperto (reperto 69-prelievo 3); - nella Tomba 26, in rapporto a diversi oggetti (reperto 6-prelievo 10; reperti 12 e 20- prelievo 12; reperto 28-14); - nella Tomba 32, pochi frammenti in corrispondenza di un solo reperto (reperto 146- prelievo 89) Nel caso dell elmo della tomba 21, a questo tipo di intreccio sembra aderire internamente uno strato di cuoio, posto sempre a protezione della testa. Negli altri casi non è possibile stabilire esattamente la funzione, se si tratti cioè di una imbottitura o di un intreccio molto fine con diverso impiego. Resti di altri cesti intrecciati, più robusti, e quindi sicuramente utilizzati diversamente, sono stati osservati soprattutto tra i materiali carbonizzati: già si è detto della difficoltà di riconoscerli. Nel caso della Tomba 32 gli elementi raccolti sono abbastanza certi per supporre la presenza di uno o più cesti carbonizzati intrecciati con listelli e sottili rametti di salice, nocciolo e - scelta abbastanza inconsueta - di quercia. I tessuti Lo studio accurato delle campionature e delle terre di rogo permette di riconoscere anche i più minuti frammenti tessili. Si tratta di osservazioni che possono essere utili per integrare i dati ricavati dai ritrovamenti più fortunati della stessa necropoli. I frammenti osservati nelle tombe 11, 25 e 32 presentano le armature (tela e batavia) già osservate nei resti ben più clamorosi della Tomba 89/1972; particolarmente interessante, anche se per il momento effettuata solo su fili sparsi non chiaramente connessi ad un tessuto della Tomba 32, la diagnosi dell uso di fibre vegetali (lino?); nello stesso campione è presente un piccolo tessuto carbonizzato che potrebbe essere stato intessuto con la stessa fibra. Si tratta per altro di un tessuto piuttosto lasso, che presenta caratteristiche tali da far pensare più che ad elemento del vestiario ad un panno usato diversamente. Ancora da meglio definire il problema della vestizione dei cinerari: i resti tessili visibili sullo scavo sono spesso privi di consistenza e con l essiccamento dei campioni le strutture anatomiche tendono a degradarsi completamente. Il materiale, ridotto ad una patina nerastra, dopo poco tempo non è più riconoscibile. Il cuoio e la pelliccia La diagnosi dei materiali vegetali, anche se non sempre è possibile determinare la specie, è in genere semplice: la presenza di cellule di grandi dimensioni e di strutture anatomiche relativamente uniformi rende il riconoscimento abbastanza facile. L identificazione del materiale animale è invece molto più complessa e in molti dei campioni analizzati non si è

8 riusciti a definire con sicurezza se grosse schegge nere siano riconducibili a cuoio o pelliccia e talvolta nemmeno a verificare, con sicurezza, l origine animale. Il degrado particolarmente spinto di alcuni frammenti e la possibilità che all interno dei prelievi siano presenti anche prodotti di natura animale o vegetale sottoposti a particolari lavorazioni (resine, cera, alimenti, grassi ecc.) rende spesso aleatoria l identificazione. In diversi casi dove si è proposta la presenza di cuoio o pelliccia si deve tener conto che la diagnosi non è esente da dubbi e che sono da valutare approfondimenti analitici per una conferma della diagnosi e per il controllo dell eventuale presenza di altre sostanze organiche, più o meno degradate, che sono state assorbite parzialmente dal terreno. Dipartimento di Chimica, Università di Modena e Reggio Emilia, via Campi, 183, Modena (Italy) pietro.baraldi@unimore.it * Soprintendenza dei Beni Archeologici dell Emilia Romagna via Belle Arti, 52, Bologna (Italy), marco.marchesini@beniculturali.it ^Laboratorio di Archeobiologia dei Musei Civici di Como, Piazza Medaglie d oro, 1, 22100, Como (Italy), archeobotanica@alice.it Avvertenza Testo predisposto per il convegno; note e bibliografia verranno aggiunte in sede di stampa

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