IL RAPPORTO DI LAVORO SPORTIVO

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1 IL RAPPORTO DI LAVORO SPORTIVO INDICE SOMMARIO INTRODUZIONE pag. 4 CAPITOLO 1 IL LAVORATORE SPORTIVO TRA AUTONOMIA E SUBORDINAZIONE 1.1 Spunti ricostruttivi della legge 23 marzo 1981, n. 91 pag Natura del rapporto di lavoro sportivo Analisi e confutazione degli argomenti addotti contro la tesi che l attività sportiva possa costituire oggetto di un contratto di lavoro subordinato Presupposti ed elementi oggettivi del rapporto Soggetti del rapporto. Differenza sportivo professionista e dilettante Tecnici, allenatori, direttori sportivi: qualificazione e funzioni Sport individuali degli azzurri Normativa lavoratori stranieri Il minore nello sport

2 CAPITOLO 2 CONTRATTO DI LAVORO SPORTIVO Parte prima 2.1 Costituzione..pag Approvazione del contratto Cause di invalidità del contratto di lavoro sportivo Vincolo sportivo Parte seconda 2.2 Svolgimento...pag Retribuzione Potere direttivo, disciplinare Tutela sanitaria Responsabilità e obblighi delle società sportive nella tutela della salute degli atleti Clausola compromissoria. 138 Parte terza 2.3 Cessione, recesso e risoluzione del contratto. Sospensione.pag Risoluzione consensuale del contratto di lavoro : cessione 146 2

3 2.3.2 Risoluzione unilaterale del contratto di lavoro sportivo pag Recesso ante tempus del contratto di lavoro sportivo Trattamento di fine carriera Trattamento previdenziale APPENDICE pag. 165 BIBLIOGRAFIA pag

4 INTRODUZIONE L oggetto della mia tesi - come si può facilmente intuire dal titolo della stessa - riguarda il rapporto di lavoro sportivo. Attività sportiva e lavoro, che pur rappresentano due aspetti da sempre caratterizzanti l attività sociale dell uomo, non sempre sono andati avanti di pari passo: tutti e due hanno origini in epoche assai remote e solo nell esperienza più recente hanno finito per incontrarsi. A conferma di ciò, mi è cosa gradita iniziare questo mio lavoro citando le parole pronunciate dall illustre professor Maurizio Cinelli in occasione del suo intervento nel corso di un convegno di studi sul diritto sportivo organizzato in quel di Coverciano (Firenze) dalla Fondazione Artemio Franchi; tali parole così recitavano << il cammino percorso dall attività sportiva per raggiungere la grande casa del diritto del lavoro è stato lungo e travagliato>>. Lo sport nasce nell antichità con esigenze e finalità ben diverse da quelle che riveste oggi; allora lo sport era praticato per puro divertimento e l aspetto competitivo era marginale: proprio per questo quindi non richiedeva alcuna tutela giuridica. È chiaro che in una concezione essenzialmente ludica, qual era quella dello sport nell antica Grecia o nella Roma dei Re prima e della Repubblica poi non vi era alcun bisogno di accostare tali discipline al concetto di lavoro. Con il passare degli anni però lo sport si è evoluto e l aspetto puramente ludico ha lasciato piano piano il posto all aspetto competitivo; anche il diritto del lavoro negli anni si è quindi evoluto ed ha cominciato ad espandere la propria competenza interessandosi sempre più alle varie attività umane che apparivano bisognose di tutela. 4

5 Negli ultimi decenni lo sport ha acquisito una sempre maggiore importanza e, grazie anche alle migliori condizioni di vita di gran parte della popolazione, ha registrato un incredibile espansione sia a livello professionistico sia, soprattutto, a livello dilettantistico. La legge, dal canto suo, non è invece riuscita a procedere di pari passo con questo sviluppo. Oggetto del mio lavoro è stato dunque quello di ricostruire come la legge ed il diritto del lavoro si siano posti di fronte ad un fenomeno di massa qual è oggi quello dello sport. Sicuramente non è per niente facile tracciare un quadro attendibile e non contraddittorio del vasto insieme d'indagini che da più di mezzo secolo sono state dedicate a questa moderna e complessa manifestazione della fenomenologia giuridica che viene etichettata con il nome di diritto sportivo 1. Dottrina e giurisprudenza hanno dibattuto per anni la tematica del rapporto tra sportivi e ordinamento dello sport, dato che in Italia si è registrata la quasi totale assenza di norme statuali riguardanti l attività sportiva la cui regolamentazione è sempre stata delegata alle singole federazioni, sotto il controllo del C.O.N.I. 2. Gli aspetti su cui si è maggiormente dibattuto in dottrina e giurisprudenza sono stati due: il primo riguardante la sistemazione delle relazioni tra l ordinamento sportivo e quello statale ed il secondo circa la configurazione della natura del rapporto che si instaura tra lo sportivo e la società o l associazione d appartenenza. Prima di tutto può essere interessante verificare come l attività sportiva si sia inserita negli ordinamenti statali ed in special modo in quello italiano. Possiamo affermare che l attività sportiva si svolge nel contesto di un ordinamento diverso da quello statale e che quindi si può parlare di un vero e proprio ordinamento sportivo autonomo rispetto a quello statale ma comunque originario rispetto a quest ultimo. L ordinamento sportivo è, infatti, dotato dei tre caratteri salienti di un ordinamento giuridico: 1. Plurisoggettività. In quanto costituito da tutti i soggetti che in esso operano, ossia atleti, dirigenti, tecnici, associazioni, società e federazioni. 1 L espressione diritto sportivo (usata per la prima volta da Suglia, in Saggio di diritto sportivo, Milano, 1929) è infatti suscettibile di assumere aspetti e contenuti diversi a seconda che sia riferita alle norme statali in materia sportiva o, come sembra più opportuno, solo a quelle emanate dall ordinamento sportivo. 2 Il Comitato Olimpico Nazionale Italiano (C.O.N.I.) è un organismo di diritto pubblico costituito con la legge 14 febbraio 1942, n.426 per sovrintendere alle varie forme in cui si atteggiava lo sport. 5

6 2. Organizzazione. Intesa come complesso di strutture nazionali ed internazionali appositamente create per favorire la più capillare diffusione e la più ampia pratica dell attività sportive. 3. Potestà normativa. In quanto emana tutte quelle norme necessarie a regolamentare ogni evento rilevante al suo interno. Sulla giuridicità dell ordinamento sportivo concorda non solo la dominante dottrina ma anche la Suprema Corte 3 la quale, in una sia pur non recente sentenza, ha avuto modo di affermare che: <<il fenomeno sportivo, quale attività disciplinata sia in astratto che in concreto, visto indipendentemente dal suo inserimento nell ordinamento statale, si presenta come organizzazione a base plurisoggettiva per il conseguimento di un interesse generale. È un complesso organizzato di persone che si struttura in organi cui è demandato il potere-dovere, ciascuno nella sua sfera di competenza di svolgere l attività disciplinatrice, sia concreta che astratta, per il conseguimento dell interesse generale. È dunque un ordinamento giuridico>>. Anzi, a ben vedere, poiché all interno del generale ordinamento sportivo le federazioni di ciascuna disciplina sportiva emanano proprie norme 4, si può dire che il complesso di tali atti normativi costituiscono, a loro volta, altrettanti ordinamenti giuridici 5. Quello sportivo non è certo l unico ordinamento autonomo che è riconosciuto nel nostro ordinamento, anzi la teoria dell esistenza di una molteplicità d ordinamenti giuridici di diversi tipi, che in Italia trova il suo maggior teorico in Santi Romano 6, ha segnato il superamento della concezione dello statalismo giuridico secondo cui non esisterebbe altro diritto che quello proveniente dallo Stato poiché quest ultimo sarebbe l unico soggetto legittimato ad organizzare la collettività. L ordinamento sportivo, pur costituendo articolazione dell ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato Olimpico Internazionale (C.I.O.) opera, dunque, nell ambito territoriale dello Stato, all interno del quale si configura come ordinamento di settore, cosicché si pone il problema di individuare i rapporti intercorrenti tra i due ordinamenti. Lo Stato rispetto agli ordinamenti minori presenti al suo interno come quello sportivo si pone in una posizione di superiorità: richiede ad essi un riconoscimento, in mancanza del quale sarebbero considerati dall ordinamento statale come inesistenti. 3 Cassazione, 11 febbraio 1978, n. 625, in Foro it., 1978, I, Statuti, regolamenti etc. 5 sul punto, si veda Giannini M.S., Diritto amministrativo, I, 1970, p Santi Romano, L ordinamento giuridico, Pisa,

7 Tale riconoscimento è stato attuato in Italia con la legge 426 del 1942 istitutiva del C.O.N.I.; con quest atto lo Stato ha attribuito le proprie competenze amministrative nel settore sportivo e le relative potestà a tale ente. Il C.O.N.I da un lato costituisce la massima espressione dell ordinamento sportivo, e ne persegue i suoi obbiettivi e dall altro costituisce soggetto di diritto dell ordinamento statale che lo ha riconosciuto, e gli ha attribuito le proprie competenze amministrative in materia sportiva. Ne deriva che gli atti amministrativi e regolamentari adottati dal C.O.N.I. fanno ricadere i loro effetti anche nell ordinamento giuridico statale. Ma la sovrapposizione tra i due ordinamenti non va oltre l ambito dell organizzazione amministrativa dello sport; per quanto riguarda gli altri aspetti i due ordinamenti riacquistano infatti la propria autonomia. L ordinamento sportivo è costituito da numerose organizzazioni collettive attraverso le quali si provvede alla strutturazione e allo svolgimento dell attività sportiva. All apice di un ideale struttura organizzativa piramidale troviamo il Comitato Olimpico Nazionale Italiano che come detto è entrato a far parte dell ordinamento statale con legge 6 febbraio 1942, n Nella sua veste di ente appartenente all ordinamento statale, il C.O.N.I. è un soggetto dotato di personalità giuridica di diritto pubblico e quindi sottoposto alla vigilanza da parte del Ministero per i beni e le attività culturali 7. In particolare, in tale ruolo, il C.O.N.I. presiede all organizzazione delle attività sportive sul territorio nazionale, detta i principi fondamentali per la disciplina delle attività sportive e per la tutela della salute degli atleti, detta i principi necessari per promuovere la massima diffusione della pratica sportiva nonché quelli per prevenire e reprimere l uso di sostanze che alterano le naturali prestazioni fisiche degli atleti. Tale ente ha subito una profonda riorganizzazione ad opera del decreto legislativo 23 luglio 1999, n e del successivo decreto legge 8 luglio 2002, n. 138 convertito in legge 8 agosto 2002, n. 178 che ha introdotto importanti novità rispetto alla legge istitutiva 9. 7 Articolo 1 D.Lgs. 242 del Con tale decreto legislativo, è stata riconosciuta per la prima volta l appartenenza all ordinamento sportivo internazionale, al quale il C.O.N.I. deve conformarsi nel rispetto dei principi da questo dettati. 9 Tra queste novità è da segnalare l istituzione del CONI Servizi s.p.a. società per azioni costituita per legge, le cui azioni appartengono interamente al Ministero dell Economia e delle Finanze. Al CONI Servizi s.p.a. sono state trasferite tutte le attività strumentali del C.O.N.I.. Così stabilendo il legislatore ha di fatto svuotato di competenze operative e gestionali l ente pubblico C.O.N.I. relegandolo ad una funzione puramente di indirizzo e promozione dello sport. 7

8 Il secondo punto che per anni è stato oggetto della disputa tra le varie correnti dottrinali riguarda la configurazione della natura del rapporto che si instaura tra lo sportivo e la società o l associazione d appartenenza. Le ipotesi sostenute dalla dottrina sono state sostanzialmente due: quella della subordinazione e quella tendente a riconoscere invece natura autonoma a tale rapporto di lavoro. Nelle pagine che seguiranno, spero di essere riuscito a ricostruire in modo sufficientemente nitido e comprensibile questo scontro che ha impegnato dottrina e giurisprudenza per molti anni. Ma al fine di rendere più chiaro e facile l intendimento del problema a chi volesse intraprendere la lettura delle pagine che seguono questa mia modesta introduzione, è forse opportuno esporre già fin da subito la soluzione a cui si perverrà dopo tanto argomentare. La legge 23 marzo 1981, n. 91 ha segnato il punto d arrivo di questi lunghi scontri ed ha optato, non senza riscuotere numerose critiche, per una ricostruzione del rapporto di lavoro intercorrente tra gli sportivi e le società in termini di lavoro subordinato. Per aiutare ancora di più un eventuale interessato lettore nella comprensione dei temi di seguito trattati, può essere opportuno spiegare accuratamente quella che è la reale differenza tra le due opposte soluzioni proposte dalla dottrina: 1. Rapporto di lavoro autonomo. Secondo la definizione dell articolo 2222c.c., una persona si obbliga a compiere un opera od un servizio verso corrispettivo con lavoro prevalentemente proprio e senza alcun vincolo di subordinazione nei confronti del committente. Il lavoratore autonomo, in sostanza, svolge l attività cui si è obbligato nei confronti di un altro soggetto decidendo, con piena discrezionalità, il tempo, il modo ed il luogo di adempimento della prestazione. In questa sua attività autonoma, il lavoratore non è costretto ad assoggettarsi a particolari prescrizioni da parte del committente o cliente, salvo il rispetto dei limiti e delle condizioni contenute nel contratto o derivanti dalla natura dell opera e salvo, altresì, il potere del committente di verificare l andamento dell attività a garanzia del risultato finale indicato nel contratto. 2. Rapporto di lavoro subordinato. Il rapporto di lavoro assume, invece, i caratteri della subordinazione ogni qual volta l attività lavorativa è dedotta nel rapporto non già in ragione del risultato cui la stessa tende, e cioè il compimento di un opera o di un servizio, ma in quanto tale. In questo caso oggetto del rapporto è l attività lavorativa in sé considerata, che si risolve in una condotta che il lavoratore deve 8

9 tenere secondo modi, tempi e luoghi cui l altra parte è direttamente interessata, al punto da conformare il contenuto della prestazione stessa, in virtù del suo potere direttivo. Secondo l articolo 2094 c.c., infatti, è prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell impresa prestando il proprio lavoro manuale o intellettuale alle dipendenze e sotto la direzione dell imprenditore 10. Il lavoro subordinato consiste, pertanto, nell attività compiuta da un soggetto il lavoratore al fine di ricavarne una retribuzione, nell interesse e sotto l autorità di un altro soggetto il datore di lavoro dal quale dipende, non soltanto economicamente ma anche giuridicamente, essendo riconosciuto al datore il potere di dettare le modalità di svolgimento della prestazione lavorativa. L elemento della subordinazione inteso come assoggettazione alle direttive, al controllo e alla vigilanza da parte del datore di lavoro costituisce il tratto caratterizzante del rapporto di lavoro subordinato, creando un vincolo intenso che giustifica la più intensa tutela giuridica apprestata dall ordinamento per tale tipo di lavoro 11. Come detto, dunque, la legge n. 91 del 1981 definisce il rapporto fra atleta e società come subordinato, salvo considerarlo come autonomo in presenza di particolari circostanze tassativamente prefigurate dalla menzionata norma di legge. La scelta operata dal legislatore nel 1981, pur ampiamente criticata, trova conferma in quasi tutti gli ordinamenti sportivi delle altre nazioni europee. In Germania è opinione comune che il rapporto tra una società sportiva e uno sportivo professionista sia un vero e proprio rapporto di lavoro che, in virtù della dipendenza dello sportivo al potere della società in relazione a luogo, durata e modalità della prestazione lavorativa, va definito come un rapporto di lavoro subordinato: lo sportivo professionista è considerato un impiegato della società sportiva. 10 Tra le numerose sentenze in ordine agli elementi distintivi del lavoro subordinato rispetto a quello autonomo si segnalano: Cassazione, 2 settembre 2000, n , in Or. giur. lav., 2000, I, 638; Cassazione, 21 novembre 2000, n , in Foro it., Rep. 2000, voce Lavoro (rapporto), 607; Cassazione, 30 giugno 1999, n. 379, in Not. giur. lav., 2000, 21; Cassazione, 23 aprile 1998, n. 4207, il Lav. giur., 1998, 946; Cassazione, 11 novembre 1983, n. 6701, in Not. giur. lav., 1984, 50. In dottrina Perone G., Lineamenti di diritto del lavoro, 1999, p. 171; Ferraro M., Dal lavoro subordinato al lavoro autonomo, in Gior. dir. lav. Rel. Ind., 1998, 429; Scognamiglio R., La disponibilità del rapporto di lavoro subordinato, in Riv. it. dir. lav., 2001, I, 95; Torrice A., Lavoro autonomo e subordinato: criteri distintivi, in Lavoro giur., 1995, È bene comunque ricordare che la distinzione tra lavoro autonomo e subordinato non esaurisce, tuttavia, la gamma delle possibili forme di svolgimento dell attività lavorativa, dovendosi tenere presente anche il lavoro associato e il lavoro parasubordinato. Sono due forme di rapporto di lavoro che hanno però poco inciso nello scontro dottrinale oggetto dei prossimi paragrafi. Nel lavoro associato gli interessi perseguiti dalle parti non sono distinti e contrapposti, ma si risolvono nel coincidente obbiettivo di condividere gli utili derivanti dall attività svolta in comune. 9

10 In Francia, nonostante venga da tutti ravvisato che il rapporto di lavoro sportivo è un rapporto di lavoro particolare che ha, pertanto, bisogno di una disciplina legale specifica, la giurisprudenza più recente considera lo sportivo lavoratore dipendente a norma degli articoli 1779 e 1780 del Code Civil. In Gran Bretagna è opinione consolidata che il lavoratore sportivo sia un lavoratore dipendente e precisamente un impiegato del club (white collar worker). In Grecia lo status dello sportivo professionista è fuori discussione in quanto l assetto normativo e giurisprudenziale del Paese sono chiari nel ritenerlo quale lavoratore subordinato di tipo particolare. In Belgio una legge del febbraio 1978 che disciplina lo sport professionistico, sancisce all articolo 3 che, indipendentemente dalla volontà contrattuale delle parti, il contratto sportivo professionista con la società sportiva è un contratto di lavoro subordinato (contrat du travail d employè). Anche in Spagna, ma solo nel 1985, il legislatore ha stabilito in modo molto particolareggiato la natura e la forma del rapporto di lavoro sportivo collocandolo nell area del lavoro subordinato, non mancando comunque di ravvisare la specialità di questo rapporto di lavoro, condizione questa che, come abbiamo visto, è stata evidenziata in quasi tutti gli ordinamenti giuridici, sinteticamente, analizzati. Questa breve dissertazione è stata a mio avviso necessaria per far capire come la scelta del legislatore italiano risulti coerente all orientamento che si presenta in maniera pressoché uniforme nei vari Paesi europei. All inizio di questa introduzione mi ero posto l obbiettivo di spiegare dove realmente si trovasse il punto di contatto tra lo sport ed il lavoro, poi però alcune digressioni mi hanno fatto abbandonare quello che doveva essere il filo conduttore di queste prime pagine introduttive al mio lavoro. Certo è comunque che quello di cui ho parlato è servito senz altro ad ampliare gli orizzonti del tema trattato ed a preparare alla lettura di quanto seguirà. Dunque riprendendo le fila del discorso, si può affermare con tutta tranquillità che allorquando l attività sportiva sia svolta per professione, ossia con la finalità di procacciarsi un reddito stabile, la stessa sarà qualificabile come attività lavorativa. I lavoratori parasubordinati sono, invece, coloro che intrattengono rapporti continuativi e coordinati con datori di lavoro dai quali, almeno sul piano economico, vengono a dipendere, cosicché ad essi si stanno progressivamente ampliando tutte le tutele dettate per i lavoratori subordinati. 10

11 Quando, invece, l attività sportiva viene praticata per puro svago o divertimento, senza cioè l obbiettivo di ricavarne benefici materiali, essa non rientrerà più tra le attività lavorative. Quindi lo sport diventa lavoro solo quando sia esercitato dall uomo-atleta al fine di ottenerne una contropartita economica necessaria al suo sostentamento e a quello della propria famiglia. Come vedremo il tratto distintivo tra il professionista ed il dilettante è costituito essenzialmente dal requisito dell onerosità, per cui lo sportivo professionista che fornisce a favore di altri le proprie prestazioni sportive ha diritto di ricevere da questi una remunerazione. Oggi il dilettante ha lasciato il posto al professionista, lo scopo ludico a quello competitivo e conseguentemente a quello lucrativo. Il legislatore ha dovuto prendere atto del nuovo scenario configurando l attività sportiva come lavoro - e pertanto oggetto di rapporti giuridici - nonostante le tante difficoltà incontrate nell individuare schemi di disciplina adeguati alla realtà. Si può quindi ben dire che per il professionista la prestazione agonistica è la manifestazione di un effettiva attività lavorativa: essa è resa in funzione del godimento che altri ne traggono nelle vesti di spettatori 12. L attività svolta invece dall atleta dilettante non può essere in alcun modo qualificata come lavoro poiché, per definizione, è svolta a solo scopo ludico-ricreativo senza alcuna finalità di lucro. Dalla Costa definisce il lavoro come quella attività umana diretta al soddisfacimento di un bisogno altrui 13 ; alla luce di ciò e di quanto detto sopra, si può quindi affermare che l attività svolta dallo sportivo professionista presenti quei tratti di quel lavoro cui la nostra Costituzione ha accordato una certa tutela. Ed è proprio in questa situazione che il diritto del lavoro ha il compito-dovere di disciplinare l attività sportiva prevedendo una serie di tutele a favore dello sportivolavoratore che rappresenta anche se spesso solo apparentemente la parte debole del rapporto contrattuale. Ne consegue che tutto l intero secondo capitolo della mia tesi è stato dedicato ad analizzare le varie tutele predisposte dall ordinamento sportivo a favore degli atleti fin dal momento della costituzione del rapporto. Il secondo capitolo è stato suddiviso in tre parti secondo la normale logica di ogni rapporto di lavoro: costituzione, svolgimento e conclusione. 12 Dalla Costa P., La disciplina giuridica del lavoro sportivo, Egida,

12 Nella prima parte sono analizzati tutti quelli elementi che concorrono alla formazione del contratto di lavoro, così come richiesti dalla legge n. 91 del 1981, senza tralasciare quelle che possono essere le conseguenze in caso di assenza o di errata applicazione di tali elementi; in questa prima parte è stato inoltre trattato, anche, un istituto molto importante qual è quello del vincolo sportivo. L inserimento di tale istituto nella prima parte del secondo capitolo è facilmente comprensibile in quanto il vincolo al tempo della sua vigenza 14 nasceva come effetto immediato dalla stipulazione del contratto di lavoro tra sportivo e società. La seconda parte, come detto, è quella che si occupa dello svolgimento del rapporto e ho quindi ritenuto opportuno disquisirla, spesso tramite vere e proprie elencazioni, su quelli che sono i diritti ed i doveri sia del lavoratore sia del suo datore di lavoro: nella maggior parte dei casi sono gli stessi che caratterizzano qualsiasi rapporto di lavoro. Infine nell ultima parte ho riportato in primis quelle che sono le cause di scioglimento del rapporto, siano esse motivo d accordo consensuale o di scelta unilaterale, ed ho poi parlato di alcuni istituti che hanno luogo soltanto dopo la conclusione del rapporto, quali il trattamento di fine rapporto ed il sistema pensionistico. Nel ricostruire tale sistema mi sono avvalso degli scritti di numerosi esperti in materia che hanno contribuito in vario modo allo sviluppo del diritto sportivo; a titolo esemplificativo, ma anche come ringraziamento per aver attinto dai loro preziosi studi, ho il piacere di citare alcuni di questi illustri personaggi come Sergio Grasselli, Paolo Dalla Costa, Vittorio Frattarolo, Guido Vidiri, Fulvio Bianchi D Urso, Mario Tortora e molti altri ancora che non cito solo per evidenti limiti di spazio. Non è stato facile come credevo in un primo momento l affrontare una materia come quella sportiva; vedere lo sport dal punto di vista dell appassionato è infatti cosa profondamente diversa rispetto a quella di doverlo analizzare e criticare da un punto di vista giuridico. Non credevo neppure di trovare a disposizione una così vasta serie di monografie e di articoli in materia, cui posso muovere solo due critiche: innanzitutto lo studio del fenomeno sportivo è quasi sempre limitato allo studio del fenomeno calcistico, quindi non me ne vogliano gli appassionati di altri sport se da qui alla fine del mio trattato il rinvio all esperienza calcistica sarà pressoché costante, mentre sarà solo occasionale il rinvio ad altre attività sportive che non per questo sono da considerare meno importanti. 13 Lo spettacolo sportivo che offre all uomo d oggi il modo di soddisfare un bisogno di svago e di dar sfogo, anche attraverso il motivo campanilistico, alle proprie ansie giornaliere, si inserisce tra le attività rivolte al soddisfacimento dei nuovi bisogni dell uomo moderno. 12

13 Altra critica, o forse potrei definirla come una semplice constatazione, sta nel fatto che spesso i materiali che ho trovato e su cui ho basato la mia ricostruzione dei fatti sono materiali abbastanza datati, ma ciò trova senza dubbio spiegazione nel fatto che la legge che regola l intera materia sia anch essa abbastanza datata. Mi riferisco cioè alla più volte già citata legge n. 91 del 23 marzo1981, ossia ad una legge di ben ventiquattro anni fa; è chiaro quindi che negli anni lo scontro in dottrina sia andato via via attenuandosi e che la maggior produzione sull argomento risalga per forza di cose a tempi immediatamente successivi alla legge stessa. Dunque a livello legislativo, il lavoro sportivo subordinato professionistico trova la sua specifica disciplina nella legge n. 91 del 1981 ed anche laddove non incompatibili o non espressamente escluse, in tutte le altre norme dettate per il lavoro subordinato in generale. L interprete è chiamato quindi ad un attenta opera di raccordo della disciplina speciale con quella generale e sotto questo punto di vista un ruolo fondamentale è attribuito agli accordi collettivi. È tuttavia da sottolineare che la continua evoluzione della disciplina del lavoro sportivo ha determinato l esigenza di una rivisitazione dell intero ordinamento sportivo e così da più parti sono giunti inviti ad una revisione pressoché totale della legge n. 91. Ed in effetti qualcosa è già stato fatto, soprattutto ad opera del Decreto legge 20 settembre 1996, n. 485, convertito in legge 18 novembre 1996, n Tale intervento del legislatore è stato soprattutto dovuto dalla necessità di armonizzare l ordinamento sportivo con il diritto comunitario, a seguito della nota sentenza Bosman, che ha dato il via ad una serie di conseguenze che erano inimmaginabili solo qualche anno prima. Tra le modifiche che si sono avute, di cui renderò conto più specificatamente nel corso dei singoli istituti, si possono intanto ricordare le due più significative quali: l abolizione dell indennità di preparazione e promozione ed il riconoscimento della possibilità per le società sportive di perseguire scopi di lucro. A questo punto direi che non rimane altro che iniziare la trattazione dell intera materia cominciando dalla ricostruzione delle scelte di fondo che hanno portato alla formazione dell attuale legislazione in materia e definendo una volta per tutte quella che è la natura del rapporto di lavoro sportivo. 14 Oggi come vedremo è stato abolito proprio dalla legge n

14 CAPITOLO 1. Il lavoratore sportivo tra autonomia e subordinazione 1.1 Spunti ricostruttivi della legge 23 marzo 1981, n. 91 L attività del legislatore nel settore sportivo è stata almeno fino agli anni settanta - molto limitata in quanto prevalentemente diretta solo a disciplinarne i suoi organi di governo 15 con una legge del e taluni aspetti del regime previdenziale con la legge 366 del 14 giugno L esigenza di disciplinare il rapporto di lavoro tra le società e gli sportivi non era infatti mai stata avvertita concretamente almeno fino all entrata in vigore della legge 91 del 23 marzo che pose fine ad una lunga disputa dottrinale e giurisprudenziale sulla qualificazione del lavoro sportivo. La legge in esame è però di quelle che non soddisfano né i giuristi, quanto a chiarezza di norme, né gli sportivi professionisti, quanto a tutela dei loro interessi. Il motivo principale di tale imperfezione risiede nell incertezza dimostrata dal legislatore nella collocazione da dare a tale categoria di professionisti: se considerarli, cioè, come lavoratori autonomi ovvero subordinati. 15 C.O.N.I. e Federazioni Sportive. 16 Legge n. 426 del 16 febbraio 1942 recentemente abrogata dal Decreto Legislativo 23 luglio 1999, n.242 che ha riformato la struttura organizzativa del C.O.N.I. e delle federazioni nazionali. 17 Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 86 del 27 marzo

15 Per cercare di capire meglio queste incertezze può quindi essere interessante analizzare le vicende che hanno portato alla formazione della legge, i motivi di fondo, le esigenze delle parti, l iter parlamentare, le tesi della dottrina e così via dicendo. Alcuni fanno risalire lo scontro, che per molti anni ha occupato la dottrina italiana, addirittura al lontano 1949 e cioè al tragico e pauroso incidente aereo che causò la scomparsa improvvisa e repentina - dell intera squadra calcistica del Torino, in quello che da tutti è ricordato come il disastro di Superga. È proprio da tale data, ma soprattutto dalla prima importante sentenza che ha trattato l argomento 18, che sono iniziati gli scontri a distanza tra i sostenitori delle opposte tesi relative alla qualificazione della tipologia del rapporto di lavoro sportivo La decisione giurisprudenziale, data in tale occasione dalla Suprema Corte, sostenne la tesi del rapporto di lavoro autonomo ritenendo che <<il contratto che lega un associazione sportiva ai propri giocatori è un normale contratto di prestazione d opera>> 19. Quest interpretazione giurisprudenziale non ebbe però una vita molto lunga in quanto, a fronte di contrastanti e contrapposte 20 posizioni, intervenne nuovamente la Corte di Cassazione 21 che rovesciando la tesi precedente, riconobbe così la natura subordinata del rapporto 22, sussistendo - a detta della corte - da parte dei calciatori professionisti la continuità, la esclusività, e la professionalità delle loro prestazioni. Questi atleti, dietro corresponsione di una retribuzione, mettono a disposizione dell associazione sportiva che li ha ingaggiati le loro energie fisiche e le loro attitudini tecniche. Essendo poi inseriti in un contesto lavorativo con complessa organizzazione tecnica-economica, gli atleti sono assoggettati al potere direttivo e gerarchico dell ente da cui dipendono, ente che può esercitare nei loro confronti un penetrante controllo fino alla sfera più privata e personale della loro vita 23. A questa sentenza ben presto si uniformò la dottrina prevalente anche se non mancarono autorevoli interpretazioni discordanti. 18 Cass. 4 luglio 1953, n E chiaramente implicito il richiamo all art.2222 c.c. rubricato contratto d opera <<Quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un opera o un servizio con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente, si applicano le norme di questo capo, salvo che il rapporto abbia una disciplina particolare nel libro IV>>. 20 Sul punto, si veda Lega C.: I giocatori di calcio sono lavoratori subordinati?, in Div. lav. unit. Trieste, 1955, 17; e Mangani M.: Il contratto sportivo del calciatore inquadrato nella teoria generale dei contratti in Riv. Dir. Sport., 1950, 3-4, Cass. 21 ottobre 1961, n in Foro it. 1961, I, Ex art.2094 c.c. che rubricato prestatore di lavoro subordinato afferma: <<E prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell imprenditore>>. 15

16 Dato il perdurare del silenzio del legislatore, fu ancora la Suprema Corte ad intervenire in materia 24 : ciò avvenne in merito alla richiesta di risarcimento danni per responsabilità del terzo, avanzata dal Torino Calcio in relazione al tragico incidente che causò la morte del giocatore Gigi Meroni. La tesi della società si basava sul concetto d avviamento dell impresa sportiva costituito anche dal parco giocatori; in virtù del rapporto giuridico che li lega alla società, l imprenditore può assicurarsi i servizi professionali e le energie di lavoro di collaboratori particolarmente qualificati. Accogliendo la richiesta di risarcimento danni, la Cassazione ricomprese il rapporto di lavoro sportivo nello schema dei rapporti di credito e quindi nell ambito della subordinazione 25. Un vero punto di svolta nella vicenda si ebbe poi qualche anno più tardi in seguito all azione del Pretore di Milano 26, Dr Costagliola, che - intervenendo clamorosamente durante le trattative del cd. calcio-mercato - ritenne di dover applicare al rapporto di lavoro tra calciatore e associazione sportiva, avente natura subordinata, le norme di legge che disciplinano il collocamento 27 nonché le norme sul divieto dell intermediazione privata nella fase di stipula del contratto di lavoro 28. L azione del Magistrato, anche se successivamente ridimensionata, attirò comunque l attenzione del Governo che fino ad allora non era mai intervenuto su questa materia. Ciò portò alla rapida emanazione di un decreto legge (D.L. 14 luglio 1978 n.367); questo decreto, concernente l interpretazione autentica in tema di disciplina giuridica dei rapporti tra enti sportivi ed atleti iscritti alle federazioni di categoria, ebbe tra i suoi scopi principali quello di ammanettare la magistratura e rimuovere il caos venutosi a creare in seguito all operato del Pretore di Milano. In pratica si pose un rimedio alla situazione verificatasi: fu stabilito che la costituzione, lo svolgimento e l estinzione dei rapporti tra società/associazioni sportive ed i propri atleti o tecnici continuavano ad essere regolati dal vigente ordinamento sportivo, confermando quindi che detti rapporti erano sottratti alla disciplina normativa sul collocamento. 23 Tale sentenza era relativa ad una controversia tra l A.C. Milan ed un suo dipendente, il calciatore Raccis. 24 Cassazione, Sez.Unite, 26 gennaio 1971, n. 174 in Foro it. 1971, I, Per un approfondimento sul punto, si veda Dalla Costa P. La disciplina giuridica del lavoro sportivo, Egida, luglio 1978, in Foro it., 1978, II, 319. Tale intervento fu conseguenza di una decisione, del Pretore stesso, in ordine alla contestazione rivolta ad alcuni dirigenti di società di calcio di aver partecipato al c.d. calcio mercato svolgendo attività di mediazione a scopo di lucro per il trasferimento di giocatori da una società ad un altra. 27 Legge 2 aprile 1949, n.264 e successive modificazioni. 28 L intervento che da un lato fu ampiamente criticato dalla dottrina, perché in contrasto con una precedente pronuncia della suprema corte Cassazione, 3 aprile 1963, n.811- ottenne il risultato di evidenziare le problematiche ancora non risolte relative al lavoro sportivo. 16

17 Per parte della dottrina 29 il collocamento ordinario di cui alla legge 29/04/49, n non era da ritenersi la porta da cui far passare il rapporto che intercorre tra giocatori e società, innanzitutto per la natura giuridica del collocamento, che riguarda operai ed impiegati, e poi per il modo con il quale si accede alla richiesta numerica che, ovviamente, non può interessare il mondo del calcio perché non può pensarsi affatto che i giocatori siano lavoratori dipendenti anche se hanno degli elementi che a questi li accomunano quali lo stipendio, gli obblighi di dipendenza verso la società, la posizione assicurativa, previdenziale ed assistenziale. Secondo questa parte della dottrina nel calcio - come in altri sport soprattutto di squadra - prevalgono gli elementi del lavoro di tipo professionale più che di tipo dipendente ed inoltre un calciatore non è certo intercambiabile con qualsiasi altro come potrebbe accadere in altri settori lavorativi. Sotto la spinta di queste tesi si cominciò quindi a considerare nuovamente la prestazione dei calciatori come una prestazione di lavoro autonomo ma tutto ciò non fece altro che complicare la situazione in quanto la stessa Corte di Cassazione aveva nel frattempo dato vita a definizioni difformi e contrastanti configurando talvolta il calciatore come lavoratore subordinato e talvolta come lavoratore autonomo 31. L ambiguità che si era venuta a formare dopo l intervento del legislatore non solo lasciava il problema irrisolto ma di fatto lo complicava e ciò indipendentemente dal fatto se essa qualificasse i rapporti che ne costituivano oggetto come di lavoro autonomo ovvero di lavoro subordinato. Di tutto ciò se ne rese ben presto conto il Parlamento che, in sede di conversione 32, confermò la disposizione relativa all inapplicabilità delle norme sul collocamento e abolì quella relativa al rinvio alle norme federali invitando nello stesso tempo il Governo a prendere posizione presentando sollecitamente un disegno di legge per la disciplina organica del settore 33. La risposta del Governo non si fece attendere e così di lì a poco il ministro D Arezzo 34 presentò un disegno di legge rubricato <<Norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti>>. Questo provvedimento trovava la sua ratio nella necessità, 29 Sul punto, si veda Micali G. in atti del congresso promosso dal centro nazionale studi di diritto del lavoro Domenico Napolitano, Maggioli Editore, E bene comunque ricordare che tale legge è stata abrogata a conclusione del processo di liberalizzazione del sistema delle assunzioni, avviato con legge 23 luglio 1991, n.223 e portato avanti con legge 28 novembre 1996, n. 608 e con il decreto legislativo n. 297 del 2002; nonché a seguito del procedimento di sburocratizzazione dei processi di incontro tra domanda ed offerta di lavoro disciplinato dal decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469 e dal decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, c.d. legge Biagi. 31 Non senza porre l accento in ogni caso sulll atipicità e la peculiarità del rapporto con la società per la quale l atleta svolge la sua attività. 32 Legge 4 agosto 1978 n Ordine del giorno della Camera del 27 luglio Ministro del turismo e dello spettacolo. 17

18 avvertita dal mondo dello sport, di creare una disciplina organica dei rapporti tra società sportive e sportivi professionisti al fine di chiarire l esatta dimensione del rapporto e lo status del professionista. Alla realizzazione di questo disegno di legge presero parte le rappresentanze di numerose categorie tra le quali, con ruolo preminente, anche l Associazione Calciatori presieduta dall avv. Campana. Avvalendosi della collaborazione d illustri giuristi tra i quali Grasselli, 35 si disegnò la configurazione del lavoro sportivo come quello di un lavoro autonomo. Nella sua relazione introduttiva si legge infatti che << lo sportivo professionista viene definito nell articolato un lavoratore autonomo che svolge la propria prestazione mediante una collaborazione coordinata e continuativa con una società sportiva, sottolineando in tal modo la parità dei diritti, dei doveri e della posizione giuridica tra i due soggetti del rapporto>>. Tutto ciò era esemplificato nel testo dell articolo quattro del disegno di legge, e rispondeva al principio enunciato nella sentenza 811/1963 della Cassazione 36 secondo cui le norme sul collocamento si applicano ai rapporti di lavoro subordinato e poiché la legge ne aveva sancito la loro non applicabilità agli sportivi ne derivava un ulteriore conferma della natura autonoma del rapporto di lavoro sportivo. Il disegno di legge fu assegnato alla VII Commissione (Istruzione) del Senato; in sede referente nella seduta del 12 dicembre 1979, su proposta del relatore Mezzapesa e con l assenso del rappresentante del Governo, la commissione all unanimità decise di chiedere il trasferimento del disegno di legge in sede deliberante 37. Questa richiesta non fu però accolta dall assemblea e il disegno di legge venne quindi riproposto per l esame da parte della Commissione nella seduta del 30 aprile successivo Prospettive di riforma della Legge 23 marzo 1981, n. 91 e il lavoro sportivo in La dimensione sportiva, Alsaba, Con tale sentenza la suprema corte ha esaminato, e deciso positivamente, il problema della liceità della mediazione privata nei c.d. contratti di cessione di giocatori di calcio, ritenendo inapplicabili le norme sul collocamento obbligatorio della mano d opera. A tale conclusione la corte vi è pervenuta sulla base di due ordini di considerazioni: a) rilevando da un lato, che il rapporto che lega il calciatore professionista all associazione sportiva presenta tali anomalie (limitazioni relative alla condotta, clausola compromissoria, rischio sportivo, inquadramento ed avviamento all attività sportiva) rispetto al rapporto di lavoro subordinato, da non poter senz altro essere ricompreso nello schema tipico di questo contratto; b) che, in ogni caso, anche ammesso che il detto rapporto possa equipararsi ad un rapporto di lavoro subordinato, se pure svolto in forma atipica, la stessa ratio legis della disciplina del collocamento è tale da escludere, alla luce delle dette anomalie, la categoria dei calciatori professionisti dall ambito di previsione e d applicazione della legge 22 aprile 1949, n Bollettino Giunte e Commissioni Senato, 57 resoconto, p Bollettino Giunte e Commissioni Senato, 113 resoconto, p

19 Il relatore Mezzapesa pose in evidenza quelli che a suo avviso erano i punti fondamentali del disegno di legge: regolazione dell attività sportiva professionistica e definizione dei corrispondenti status, natura e disciplina del rapporto tra sportivi professionisti e società, tutela sociale del professionista sotto l aspetto sanitario e previdenziale. Concludendo, il relatore si auspicava una sollecita approvazione del disegno di legge seppur con gli opportuni miglioramenti. Nella successiva seduta 39 (7 maggio) si apriva la discussione per l esame del provvedimento. Il senatore Canetti, pur dichiarando l orientamento favorevole del gruppo comunista al disegno di legge, sottolineava che si sarebbero dovuti disciplinare anche taluni aspetti non contemplati dal provvedimento, come il rapporto contrattuale degli atleti dilettanti e lo status dei tecnici e degli allenatori. Dopo la valutazione positiva del disegno di legge da parte del senatore Schiano del gruppo democristiano, il senatore Ulianich, pur favorevole al disegno legge, esprimeva le sue riserve a riguardo dell assenza di sanzioni per chi non avesse rispettato il divieto del fine di lucro per le società sportive e del termine eccessivamente ampio per l applicazione della disciplina dell abolizione del vicolo. La Commissione nella stessa seduta designava i membri di un comitato ristretto creato per l esame degli articoli del disegno di legge bisognosi di modifica. Nel corso della riunione del 14 maggio 40 il relatore Mezzapesa illustrava gli emendamenti apportati dalla sottocommissione 41 ; dopo alcuni interventi di scarso rilievo, la Commissione approvava all unanimità il disegno di legge con gli emendamenti proposti dalla sottocommissione. Il disegno di legge, che tra le tante configurava il rapporto sportivo come rapporto di lavoro autonomo, fu presentato in Senato per la sua approvazione che avvenne, pur con qualche emendamento, il 25 giugno Dalle parole del ministro D Arezzo, precedenti alla votazione, viene delineato un modello di sportivo professionista come indefettibile protagonista della sua vita lavorativa che si lega in modo pattizio ad una società con un contratto di lavoro autonomo temporalmente limitato. Il consenso dell atleta è necessario per la cessione del contratto ad altra società 43, mentre a favore della società che ha contribuito alla 39 Bollettino Giunte e Commissioni Senato, 115 resoconto, p Bollettino Giunte e Commissioni Senato, 119 resoconto, p. 16ss. 41 Artt. 7, 9, 13, 14, 15, 17 del provvedimento. 42 Bollettino Senato della Repubblica 142 seduta pubblica, 25 giugno 1980, p. 8ss. 43 Questa come vedremo più avanti è la conseguenza fondamentale dell abolizione del vincolo sportivo. 19

20 formazione atletica dello sportivo venne prevista un indennità di preparazione e promozione. Il disegno legge passò così alla Camera dei Deputati e più precisamente fu assegnato alla II Commissione (Affari Interni) in sede referente. Nella seduta del 26 novembre il presidente della Commissione, Zolla, nella qualità di relatore faceva presente che in sede parlamentare, all atto della conversione in legge del D.L. 376/78, era stato approvato un ordine del giorno che impegnava il Governo a presentare un organico disegno di legge di disciplina della materia. In considerazione dell urgenza del provvedimento, proponeva di richiedere l assegnazione dello stesso in sede legislativa, sopprimendo la delega legislativa prevista dall articolo 9, sussistendo la quale la procedura in parola sarebbe stata impraticabile ai senti dell articolo 72 Costituzione. I rappresentanti dei vari gruppi, seppur con argomentazioni differenti, manifestavano il proprio assenso al trasferimento in tale sede. Nella successiva seduta del 4 febbraio , in sede legislativa il relatore Zolla illustrava alcuni emendamenti necessari per rendere il disegno di legge più aderente alla realtà nella quale doveva operare. Il deputato Servello, pur dichiarandosi favorevole al disegno di legge nel suo complesso, manifestava alcune riserve in quanto il provvedimento non affrontava il problema dell illecito sportivo ed attribuiva troppa importanza al C.O.N.I., trascurando il fenomeno dell associazionismo sportivo. A questo punto avvenne una singolare vicenda, sotto la spinta di quelli che erano chiamati extraparlamentari di sinistra 46, ma dietro cui vi erano sicuramente altre forze, venne ribaltata la situazione inerente la configurazione del rapporto di lavoro, passando così nuovamente da una configurazione del rapporto di lavoro autonomo a quella di lavoro subordinato. I reali motivi di questo cambiamento furono abbastanza misteriosi, secondo l interpretazione di Grasselli potrebbe darsi che le forze di sinistra abbiano optato per tale scelta nell intento di introdurre anche nel mondo sportivo un sofisticato apparato sindacale che fino ad allora non si era sviluppato. Altri sostengono invece che il capovolgimento fu determinato dalla necessità di agevolare le società sportive da un punto di vista tributario; se avessero, infatti, 44 Bollettino Giunte e Commissioni Camera, 26 novembre 1980, p.15 ss. 45 Bollettino Giunte e Commissioni Camera, 4 febbraio 1981, p. 16ss. 46 Era questa una forza politica che era allora collocata a sinistra del partito comunista. 20

21 intrattenuto coi loro atleti rapporti di lavoro subordinato ne avrebbero avuto un concreto vantaggio economico. Per attuare questo capovolgimento, la proposta di legge avrebbe avuto necessità di una radicale rivisitazione. Ciò non venne fatto e ci si accontentò di modificare solo quei due o tre articoli che ne mutarono l assetto di base trasformando quel rapporto di lavoro da autonomo a subordinato. Tutto il resto, pur essendo ispirato ad una ipotesi di lavoro autonomo, rimase inspiegabilmente invariato e non ci si preoccupò neppure di chiarire alcuni degli articoli malformulati. La legge approvata alla Camera fece quindi ritorno al Senato dove - in sede legislativa - il provvedimento fu discusso e definitivamente approvato il 4 marzo , senza che venisse espressa né una parola di critica nei confronti di tale stravolgimento né una parola in difesa di quello che era stato il suo precedente operato. Il risultato finale fu ovviamente quello della promulgazione di una legge pazzesca: un corpo fornito di due anime. Due ispirazioni diverse, ma soprattutto contrapposte, che hanno generato nel tempo una serie di problemi, alcuni dei quali ancora non risolti; tra questi conseguenza di tali parziali modifiche uno dei principali è quello che questa legge non può trovare applicazione in tutti gli sport. Forse l unico punto importante che è rimasto fermo in tutto l iter parlamentare è l abolizione del vincolo sportivo. A tutt oggi, anche a seguito della legge 91/81, rimane vivo in dottrina lo scontro tra chi sostiene la tesi del lavoro sportivo come lavoro autonomo e chi invece, fondando le proprie argomentazioni sul testo normativo, propende per la tesi opposta ossia quella della subordinazione del rapporto di lavoro. Non vi è dubbio, come si è visto dalla ricostruzione delle vicende che hanno portato alla sua emanazione, che anteriormente a questa legge il legislatore si fosse pronunciato per la configurazione della prestazione sportiva in sé come espressione di lavoro autonomo. Tale interpretazione tiene conto della creatività che è necessaria all atleta per partecipare, come potenziale vincente, alle competizioni cui è chiamato; quest intendimento ha accompagnato per buona parte l iter legislativo della suddetta legge. Comunque sia, la soluzione legislativa - adottata a seguito di un ampio ed appassionato dibattito della dottrina - è stata quella di considerare di natura subordinata il rapporto di 47 Bollettino Giunte e Commissioni Senato, 4 marzo 1981, p. 22ss. 21

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