OSSERVATORIO SULLA GIURISPRUDENZA DELL UNIONE EUROPEA AGGIORNATO AL 31 LUGIO 2012 A CURA DI MARIA NOVELLA MASSETANI

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1 OSSERVATORIO SULLA GIURISPRUDENZA DELL UNIONE EUROPEA AGGIORNATO AL 31 LUGIO 2012 A CURA DI MARIA NOVELLA MASSETANI nella causa C - 128/11 UsedSoft GmbH / Oracle International Corp. La causa in oggetto riguarda il sistema di distribuzione delle copie di un programma per computer coperto da licenza. La società UsedSoft commercializza autorizzazioni riprese dai clienti della Oracle. Gli acquirenti della impresa tedesca, UsedSoft, scaricano il programma direttamente, dopo aver comprato una licenza usata, dal sito internet della Oracle. Successivamente, una volta in possesso del software, possono acquistare una licenza per utenti supplementari. La Oracle distribuisce programmi per computer operanti in base al modello client/server. Il cliente scarica una copia del programma sul proprio computer dal sito della Oracle. Il diritto di utilizzare tale programma include il diritto di memorizzare in modo permanente la copia di tale programma e di consentire fino a venticinque utenti di accedervi scaricando la copia sulla memoria centrale della loro stazione di lavoro. I contratti prevedono che l acquirente ottenga un diritto di utilizzazione di durata indeterminata, non trasferibile e riservato a un uso professionale interno. La direttiva 2009/24/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dispone che la prima vendita di una copia di un programma per computer nell Unione, da parte del titolare del diritto d autore ovvero con il suo consenso, esaurisce il diritto di distribuzione di tale copia nell Unione. In questa maniera il titolare del diritto che ha commercializzato una copia sul territorio di uno Stato membro dell Unione perde la possibilità di invocare il suo diritto di sfruttamento monopolistico per opporsi alla rivendita di detta copia. La società Oracle si rivolge alla Corte di Giustizia affinché interpreti la direttiva in materia. I giudici comunitari affermano che il principio di esaurimento del diritto di distribuzione opera non solo quando il titolare del diritto d autore commercializza le copie del proprio software su un supporto informatico, ma anche quando li distribuisce attraverso download dal proprio sito internet. Quando il titolare del diritto d autore mette a disposizione del proprio cliente una copia e conclude al tempo stesso un contratto di licenza che riconosce all acquirente il diritto di usare tale copia per un periodo illimitato, il titolare stesso vende la copia al cliente ed 1

2 esaurisce il diritto esclusivo di distribuzione. Tale operazione implica la cessione del diritto di proprietà della copia. Di conseguenza anche se il contratto di licenza vieta una successiva cessione, il titolare del diritto non può opporsi alla rivendita della copia. La Corte rileva che limitare l applicazione del principio dell esaurimento del diritto di distribuzione alle sole copie di programmi venduti su un supporto informatico tangibile consentirebbe al titolare del diritto d autore di controllare la rivendita delle copie scaricate via internet e di esigere una nuova retribuzione adeguata. Nel caso in cui il contratto di manutenzione sia di durata limitata le funzionalità correte, modificate o aggiunte sulla base di tale contratto costituiscono parte integrante della copia inizialmente scaricata e possono essere utilizzate dal cliente senza limitazioni di durata. L acquirente iniziale di una copia di un programma per la quale il diritto di distribuzione del titolare del diritto d autore sia esaurito è tenuto al momento della rivendita, a rendere inutilizzabile la copia scaricata sul proprio computer. Qualora, infatti, continuasse ad utilizzarla, violerebbe il diritto esclusivo del titolare del diritto d autore alla riproduzione del proprio programma. A differenza del diritto esclusivo di distribuzione, quello di riproduzione non si esaurisce con la prima vendita. La direttiva autorizza tuttavia, le riproduzioni necessarie per consentire al legittimo acquirente di usare il programma in modo conforme alla sua destinazione. Tali riproduzioni non possono essere vietate da un contratto. In conclusione la Corte dichiara che ogni successivo acquirente di una copia, la quale il diritto di distribuzione del titolare del diritto d autore sia esaurito, costituisce un legittimo acquirente. Egli può, pertanto, scaricare sul proprio computer la copia vendutagli dal primo acquirente. Tale download deve essere considerato quale riproduzione necessaria di un programma che deve consentire al nuovo acquirente di usare il programma stesso in modo adeguato alla sua destinazione. Sentenza della Corte di Giustizia nella causa C- 59/11 Association Kokopelli / Graines Baumaux SAS La controversia che ha dato origine alla causa riguarda la commercializzazione delle sementi di ortaggi. La direttiva in materia, 2002/55/CE del Consiglio assoggetta la commercializzazione di queste sementi alla previa ammissione delle loro varietà in almeno uno Stato membro. Una 2

3 varietà è ammessa nei cataloghi ufficiali solo ove sia distinta (se indipendentemente dall origine della variazione iniziale da cui proviene, si distingue per uno o più caratteri importanti da qualsiasi altra varietà), stabile (è tale se rimane conforme alla definizione dei suoi caratteri essenziali dopo le riproduzioni successive o alla fine di ogni ciclo) e sufficientemente omogenea ( tale è se le piante che la compongono, tenendo presente che le particolarità del loro sistema di riproduzione, sono simili o geneticamente identiche per l insieme delle caratteristiche considerate a tal fine). Tuttavia in un altra direttiva, quella 2009/145/CE della Commissione prevede alcune deroghe a tale regime di ammissione nei cataloghi nazionali di varietà da conservazione e le varietà sviluppate per la coltivazione in condizioni particolari. La Corte di Giustizia è chiamata a pronunciarsi circa il rapporto tra le due direttive. Afferma che il principio di proporzionalità impone che gli strumenti istituiti da una disposizione di diritto dell Unione siano idonei a realizzare le legittime finalità perseguite dalla normativa e non accedano quanto è necessario per raggiungerli. I giudici constatano che l obiettivo primario delle norme relative all ammissione delle sementi di ortaggi consiste nell ottenere una maggiore produttività delle colture di ortaggi nell Unione. L introduzione di un catalogo comune sulla base di cataloghi nazionali sembra idonea a garantire l obiettivo di maggiore produttività delle colture. Tale regime di ammissione è atto a contribuire alla realizzazione del secondo scopo che mira ad instaurare un mercato interno delle sementi di ortaggi, assicurandone la libera circolazione nell Unione. La Corte statuisce che il sistema di ammissione delle sementi di ortaggi non eccede quanto è necessario per raggiungere tali obiettivi. Il legislatore comunitario in considerazione dell ampio potere discrezionale di cui dispone nel settore della politica agricola comune, poteva legittimamente ritenere che altre misure, come l etichettatura, non avrebbero consentito di giungere allo sesso risultato. Infatti, una misura meno restrittiva non costituirebbe un mezzo altrettanto efficace in quanto permetterebbe la vendita e di conseguenza la coltivazione di sementi potenzialmente nocive o che non consentono una produzione agricola ottimale. Così non vi è violazione del principio di proporzionalità. La Corte ricorda che il legislatore dell Unione intendeva rendere meno restrittive le norme di ammissione, evitando allo stesso tempo l apparire di un mercato parallelo di tali sementi, che rischia di ostacolare il mercato interno delle sementi delle varietà di ortaggi. Le direttive controverse non violano né il principio di parità di trattamento, del libero esercizio di un attività economica e della libera circolazione delle merci, né gli impegni presi 3

4 dall Unione in forza del Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l alimentazione e l agricoltura. nelle cause riunite C - 378/10 VALE Epitesì Kft. Nella fattispecie in esame una società italiana, VALE COSTRUZIONI Srl, iscritta nel registro delle imprese di Roma, chiede la cancellazione per poter poi trasferire la propria sede sociale ed attività in Ungheria. Il diritto ungherese autorizza le società ungheresi a trasformarsi, cioè a cambiare la sede sociale e diritto nazionale applicabile, ma non permette la trasformazione di una società disciplinata dal diritto di un altro Stato membro in società ungherese. La Corte viene chiamata per pronunciarsi se il diritto ungherese sia o meno compatibile con il principio comunitario di stabilimento. Essa afferma che in assenza di una definizione uniforme delle società da parte del diritto comunitario, queste ultime possono esistere solo in forza delle normative nazionali che ne determinano la costituzione ed il funzionamento. Pertanto nel contesto della trasformazione transfrontaliera di una società, lo Stato membro ospitante può dettare le norme concernenti tale operazione e applicare il proprio diritto nazionale relativo alle trasformazioni interne e che disciplina la costituzione e il funzionamento di una società. La Corte constata che, prevedendo soltanto la trasformazione di una società che ha già la propria sede in Ungheria, la normativa ungherese istituisce una differenza di trattamento tra società a seconda che la trasformazione sia interna o transfrontaliera. Poiché tale differenza di trattamento è idonea a dissuadere le società con sede in altri Stati membri dall esercitare la loro libertà di stabilimento, essa costituisce una restrizione ingiustificata all esercizio di tale libertà. I giudici comunitari constatano che dagli articoli 49 TFUE e 54 TFUE concernenti la libertà di stabilimento non è possibile dedurre regole specifiche atte a sostituirsi alle disposizioni nazionali. L applicazione delle disposizioni nazionali deve essere effettuata nel rispetto dei principi di equivalenza e di effettività diretta a garantire la salvaguardia dei diritti riconosciuti ai singoli in forza del diritto dell Unione. Quando uno Stato richiede, nell ambito di una trasformazione interna, una stretta continuità giuridica ed economica tra la società dante causa, che ha chiesto la trasformazione, e la società avente causa, tale requisito può essere imposto anche nell ambito di una trasformazione transfrontaliera. 4

5 La Corte dichiara che il diritto dell Unione osta a che le autorità di uno Stato membro rifiutino di indicare nel registro delle imprese la società dello Stato membro di origine qualora si proceda all iscrizione di tale menzione della società dante causa in occasione di trasformazione interna. In conclusione le autorità dello Stato membro ospitante, chiamate a esaminare una domanda di registrazione di una società, devono tenere conto dei documenti che promanano dalle autorità dello Stato membro di origine comprovanti che tale società ha rispettato la normativa nazionale dello Stato di origine. nelle cause riunite C- 55/11, C- 57/11 e C-58/11 Vodafone Espana SA / Ayuntamiento de Santa Amalia e ayuntamineto de Tudel France Telecom Espana SA / Ayuntamiento de Torremayor La fattispecie che ha dato origine alla pronuncia della Corte riguarda la problematica circa la questione se la direttiva 2002/20/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica consenta agli Stati membri di imporre i contributi agli utilizzatori della rete di telecomunicazione. La direttiva in questione consente agli Stati membri di prelevare un contributo sui diritti di installare le infrastrutture necessarie alle prestazioni di servizi di telecomunicazione su proprietà pubbliche o private ovvero al di sopra o sotto di esse. Diversi comuni spagnoli hanno imposto alle imprese di telefonia mobile contributi per l installazione, sul demanio pubblico municipale, di infrastrutture necessarie alla prestazione giustificati dal fatto che esse fossero oppure no le proprietarie di tali installazioni. La Corte precisa che nella direttiva in esame, gli Stati membri non possono riscuotere tasse o contributi sulla fornitura di reti o servizi di comunicazione elettronica diversi da quelli previsti dalla direttiva stessa. Gli Stati membri possono imporre contributi sui diritti di installare strutture su proprietà pubbliche o private ovvero al di sopra o al di sotto di esse. La direttiva non definisce né la nozione di installazione di strutture su proprietà pubbliche o private né il debitore del contributo relativo ai diritti afferenti a tale installazione. Tuttavia la Corte rileva che secondo la direttiva quadro, 2002/21/CE i diritti per consentire l installazione di strutture su una proprietà pubblica o privata sono concessi all impresa che sia stata autorizzata a fornire reti di comunicazioni pubbliche e abilitata ad installare le strutture necessarie. Il contributo per i diritti di installare strutture può essere imposto solo al titolare di 5

6 tali diritti, cioè al proprietario delle infrastrutture installate sulle proprietà pubbliche o private, ovvero al di sopra o sotto di esse. I giudici comunitari concludono, affermando che il diritto dell Unione non consente agli Stati membri di imporre tale contributo agli operatori che, senza essere proprietari delle infrastrutture, le utilizzino per la prestazione di servizi di telefonia mobile. Poiché l articolo 13 della Direttiva è formulato in termini incondizionati e precisi, essa può essere invocata direttamente dai singoli dinanzi ai giudici nazionali per contestare l applicazione di una decisione dell autorità pubblica incompatibile con la disposizione stessa. nella causa C 602/10 SC Volksbank Romania SA / Autoritatea Nationala pentru Protectia Consumatorilor Comisariatul Judetean pentru Protectia Consumatilor Calarasi (CJPC) Il caso di specie riguarda la tutela dei consumatori riconosciuta nell ambito dei contratti di credito. La direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio prevede che gli Stati membri non possano mantenere o introdurre nel proprio ordinamento nazionale disposizioni diverse da quelle della direttiva stessa. Tale direttiva vieta agli Stati membri di applicare le sue disposizioni ai settori non riconducibili alla sua sfera di applicazione. Gli Stati membri devono provvedere affinché siano predisposte procedure adeguate ed efficaci per la risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di consumo che si riferiscono a contratti di credito, eventualmente mediante ricorso a organismi esistenti. Suddetta direttiva non si applica ai contratti di credito in corso alla data di entrata in vigore delle misure nazionali di attuazione. In Romania la direttiva è stata trasposta nell ordinamento nazionale con decreto che dispone, tra l altro, che quando viene concesso un credito, il creditore può percepire unicamente la commissione per l analisi del fascicolo, per l amministrazione del credito o per la gestione del conto corrente, la compensazione in caso di rimborso anticipato, i costi relativi alle assicurazioni, una commissione unica per servizi prestati su richiesta dei consumatori. La Corte, chiamata a pronunciarsi sulla portata della direttiva, sottolinea che gli Stati membri possono applicare le disposizioni di tale direttiva a settori che esulano dall ambito di applicazione della stessa. Rileva che in linea generale, spetta agli Stati membri determinare le condizioni alle quali intendono estendere il loro regime nazionale che traspone tale direttiva ai contratti di credito che non rientrano nei settori per cui il legislatore comunitario ha voluto fissare disposizioni armonizzate. Di conseguenza gli Stati membri possono stabilire una misura transitoria per cui detta 6

7 normativa si applichi altresì ai contratti in corso alla data della sua entrata in vigore. I giudici ritengono che la direttiva non ostacoli il fatto che uno Stato membro istituisca obblighi non previsti da tale direttiva a carico degli istituti di credito per quanto riguarda i tipi di commissione che questi possono percepire nel contesto di contratti di credito al consumo. La regola prevista dal decreto rumeno, infatti, comportando un elenco esaustivo di commissioni bancarie che il creditore può percepire dal consumatore, costituisce una norma di tutela dei consumatori in un settore non armonizzato dalla direttiva. Una normativa di uno Stato membro non costituisce una restrizione ai sensi del Trattato per il solo fatto che gli altri Stati membri applicano regole meno severe ed economicamente più vantaggiose ai prestatori di servizi simili stabiliti nel loro territorio. La Corte considera inoltre che una disposizione nazionale come quella istituita dal diritto rumeno non rende meno interessante l accesso al mercato e non riduce la capacità delle imprese interessate di svolgere una concorrenza efficace nei confronti delle imprese tradizionalmente operanti in Romania. La Direttiva non osta alla normativa rumena che, in materia di crediti al consumo, permette ai consumatori di rivolgersi direttamente a un autorità di tutela dei consumatori, che può successivamente infliggere sanzioni agli istituti di credito per violazioni della normativa nazionale, senza doversi preventivamente avvalere delle procedure di risoluzione stragiudiziale previste dal diritto nazionale per tali controversie. La Corte rileva che la direttiva esige che le procedure in materia di risoluzione stragiudiziale delle controversie siano adeguate ed efficaci. In conclusione, spetta agli Stati membri disciplinare le modalità di dette procedure compreso il loro eventuale carattere obbligatorio nel rispetto dell effetto utile di tale direttiva. nella causa C - 154/11 Ahmed Mahamdia / Algeria La fattispecie sottoposta all esame della Corte di Giustizia concerne il licenziamento di un cittadino algerino e tedesco che ha lavorato per lo Stato algerino come autista presso la sua ambasciata a Berlino. Egli impugna il licenziamento stesso. L Algeria sostiene di godere dell immunità giurisdizionale in Germania, riconosciuta dal diritto internazionale. La Corte di Giustizia risponde che l ambasciata di uno Stato membro situata nel territorio di uno Stato membro costituisce una sede di attività ai sensi del regolamento in una controversia relativa al contratto di lavoro concluso da tale ambasciata in nome dello Stato accreditante, qualora le funzioni svolte dal lavoratore non rientrino nell esercizio di pubblici poteri. Infatti, come ogni altro ente 7

8 pubblico, l ambasciata può diventare titolare di diritti e obblighi di carattere civile. Ciò avviene quando conclude contratti di lavoro con persone che non svolgono funzioni rientranti nell esercizio di pubblici poteri. L immunità invocata dall Algeria, precisa la Corte, non ha valore assoluto. Essa è generalmente riconosciuta quando la controversia riguarda atti rientranti nel potere di sovranità. Viceversa, può essere esclusa qualora l azione in giudizio verta su atti che non rientrano nei pubblici poteri. Pertanto, il principio del diritto internazionale dell immunità giurisdizionale degli Stati non osta all applicazione del regolamento n. 44/2001, quando si tratta di una controversia nata dall impugnazione, promossa dal lavoratore, della risoluzione del contratto di lavoro, concluso con uno Stato nei confronti del quale il giudice adito constati che le funzioni svolte da tale lavoratore non rientrano nell esercizio di pubblici poteri. La Corte ricorda che il regolamento n. 44/2001 limita la possibilità di derogare alle regole di competenza, che esso stabilisce. Precisa che un accordo attributivo di competenza, concluso anteriormente al sorgere di una controversia, non può impedire al lavoratore di adire i tribunali competenti in base alle norme speciali di detto regolamento in materia di contratti individuali di lavoro. Infatti, in caso contrario, lo scopo di tutelare il lavoratore, parte contraente più debole, non sarebbe raggiunto. Di conseguenza, un accordo attribuivo di competenza, concluso anteriormente alla nascita di una controversia, può offrire soltanto la facoltà al lavoratore di adire, oltre i giudici normalmente competenti in applicazione del regolamento, altri giudici, compresi, eventualmente, quelli situati fuori dell Unione europea. 8

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