RAPPRESENTAZIONI DI GENERE E VIOLENZA PRIVATA

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1 CAPITOLO 1 LA VIOLENZA DOMESTICA CONTRO LE DONNE 1 DIPARTIMENTO DI PSICOLOGIA Provincia di Parma PROGETTO PROVINCIALE AZIONI DI PREVENZIONE E CONTRASTO DELLA VIOLENZA SULLE DONNE RAPPRESENTAZIONI DI GENERE E VIOLENZA PRIVATA UNA RICERCA INTERVENTO NELLA PROVINCIA DI PARMA GENNAIO CON IL CONTRIBUTO

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3 DIPARTIMENTO DI PSICOLOGIA Provincia di Parma PROGETTO PROVINCIALE AZIONI DI PREVENZIONE E CONTRASTO DELLA VIOLENZA SULLE DONNE RAPPRESENTAZIONI DI GENERE E VIOLENZA PRIVATA UNA RICERCA INTERVENTO NELLA PROVINCIA DI PARMA GENNAIO 2009

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5 INDICE 5 INTRODUZIONE di Tiziana Mozzoni - Assessore Provincia di Parma 7 PRESENTAZIONE di Laura Fruggeri - Direttore Dipartimento di Psicologia, Università degli Studi di Parma 9 PARTE I E SE LUI/LEI MI DÀ UNO SCHIAFFO? IMMAGINI DELLE DIFFERENZE DI GENERE E DELLE RELAZIONI SENTIMENTALI VIOLENTE IN ADOLESCENZA. Nadia Monacelli, Tiziana Mancini - Dipartimento di Psicologia, Università degli Studi di Parma Capitolo 1 - LA VIOLENZA DOMESTICA CONTRO LE DONNE Nadia Monacelli, Valeria De Marco - Dipartimento di Psicologia, Università degli Studi di Parma 1.1 La portata del fenomeno Le definizioni della violenza intrafamiliare Le teorie psicologiche Gli attori: vittima e aggressore Gli antecedenti della violenza di coppia 32 Capitolo 2 - ALLA RICERCA DELLE PAROLE PER DIRLO Come le ragazze e i ragazzi parlano della violenza di coppia Nadia Monacelli, Tiziana Mancini, Sabina Zapponi - Dipartimento di Psicologia, Università degli Studi di Parma 2.1 Metodologia Risultati 38 Capitolo 3 - RAPPRESENTAZIONI ED ESPERIENZE DELLA VIOLENZA DI COPPIA NEI GIOVANI Nadia Monacelli, Tiziana Mancini - Dipartimento di Psicologia, Università degli Studi di Parma Introduzione Il questionario I partecipanti Le rappresentazioni delle relazioni di genere I significati attribuiti alle relazioni di coppia violente Le esperienze concrete dei ragazzi e la soddisfazione di coppia Rappresentazioni delle relazioni tra i generi e significati attribuiti alla violenza all interno delle relazioni di coppia 70 RIFLESSIONI CONCLUSIVE 73 PARTE II LA ROSA DEI SENSI: UN PERCORSO DI PROGETTO E PARTECIPAZIONE Esmeralda Losito, Paola Salvini, Paola Ziliani - Servizio Spazio Giovani, Azienda Unità Sanitaria Locale di Parma Introduzione 79 Obiettivi 79 Metodologia e realizzazione 80 L evento finale 85 Gli esiti dei cinque percorsi 86 I risultati raggiunti 91 APPENDICE 93 BIBLIOGRAFIA 103

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7 INTRODUZIONE 7 Resistere significa anche opporsi e scontrarsi, ma non dimentichiamo che, prima di tutto, resistere è creare Miguel Benasayag È ormai conoscenza condivisa che il fenomeno della violenza sulle donne sta crescendo in modo diffuso in tutti gli ambiti della vita sociale e che anche la provincia di Parma ne è interessata in maniera consistente. Partendo da tale consapevolezza, nel 2006 l Amministrazione Provinciale ha elaborato un progetto che coinvolge tutto il territorio, articolato in diverse tipologie di azioni: azioni di raccordo tra scuola e consultori giovani; attivazione di un monitoraggio a carattere provinciale sull andamento e le caratteristiche del fenomeno; azioni di sensibilizzazione sulla prevenzione delle molestie sessuali nei luoghi di lavoro; formazione congiunta per operatori delle Forze dell Ordine e operatori sociali e sanitari, pubblici e del terzo settore, che hanno compiti di prima accoglienza alle donne vittime di violenza. L Assessorato alle Politiche Sociali e Sanitarie ha il compito di realizzare due azioni: la formazione congiunta e una ricerca intervento che coinvolge i giovani delle Scuole Superiori e dei Centri di Formazione Professionale di Parma e provincia. Il presente volume illustra i risultati della ricerca intervento, che aveva un duplice obiettivo: da un lato indagare quali sono le rappresentazioni dei giovani sul tema della violenza contro le donne, partendo dalle relazioni tra i generi; dall altro coinvolgere i giovani stessi in un percorso progettuale per renderli protagonisti di una riflessione utile all affermazione e diffusione di una cultura dei rapporti tra i generi fondata sul rispetto reciproco e sul riconoscimento della dignità di qualunque persona. Ciò significa agire sul versante della prevenzione e allo stesso tempo rendere i giovani protagonisti di un cambiamento, in relazione anche al fatto che spesso i reati di violenza contro le donne vedono coinvolti i giovani, sia come autori che come vittime. Abbiamo voluto dare voce ai ragazzi e alle ragazze, per conoscere e capire, per cercare di andare oltre i facili stereotipi che spesso li riguardano, nella consapevolezza che la diffusione di una cultura fondata sul riconoscimento e il rispetto delle differenze, a partire proprio dai giovani e dalle loro rappresentazioni dei rapporti fra i generi, è la strategia vincente. Siamo anche consapevoli che l intervento su un fenomeno tanto complesso, che coinvolge gli aspetti più profondi della

8 8 INTRODUZIONE vita delle persone, deve vedere insieme partner diversi, in una azione a largo raggio che, nella reciprocità, sappia coniugare saperi, ruoli e competenze, a volte distanti tra loro, come il mondo accademico, deputato allo studio, e chi ha compiti di programmazione e gestione degli interventi sul campo. Per questa ragione abbiamo provato, e siamo riusciti, a coniugare il sapere scientifico con le esigenze di una conoscenza al servizio di una efficace programmazione degli interventi, che uscisse dal limite della autoreferenzialità che spesso caratterizza i servizi. È in tale contesto che abbiamo scelto quindi il metodo della ricerca intervento, particolarmente adeguato a offrire strumenti utili nella gestione dei problemi sociali e, nello specifico, ad un lavoro di comunità, ambito di pertinenza di un Ente quale la Provincia, orientato alla partecipazione attiva e al coinvolgimento delle persone e dei gruppi. È infatti un metodo che compone l esigenza del conoscere con quella dell agire, stimolando i soggetti coinvolti ad assumersi delle responsabilità, abbandonando il meccanismo della delega. Il metodo ci è sembrato particolarmente adeguato anche in relazione alla realtà che ci interessava conoscere, ovvero il mondo giovanile; un mondo spesso indagato, per fornire fotografie, ma meno frequentemente ascoltato, anche per metterlo in relazione con il più vasto sistema sociale di cui i giovani sono parte. Tutte le componenti devono invece essere messe nelle condizioni di interagire tra loro, per esplicitare i diversi punti di vista, ridefinire i problemi e ricercare insieme le strategie più adeguate ed efficaci. Ciò che i ragazzi e le ragazze ci hanno detto attraverso i questionari e ciò che hanno realizzato nei percorsi di progetto costituisce materiale prezioso e utile, a volte anche fonte di riflessione critica sui rapporti tra generi e generazioni. È un materiale che ci è sembrato utile ed opportuno condividere con altri, con chiunque sia interessato ad interrogarsi e conoscere per agire, nell ottica del cambiamento e dell efficacia degli interventi. Tiziana Mozzoni Assessore Provincia di Parma

9 PRESENTAZIONE 9 I dati statistici circa l estensione del fenomeno della violenza perpetrata nei confronti delle donne in ambito domestico sono estremamente preoccupanti perché testimoniano quanto la sistematica violazione dei diritti delle donne nel loro privato sia diffusa, senza sostanziali differenze, in tutto il mondo, al punto da essere definita dall Unicef come una piaga globale. La condanna che senza mezzi termini viene formulata dalle istituzioni e dal senso comune non sembra però costituire un argine alla reiterazione di azioni di violenza domestica. Per questo ci si interroga sui meccanismi psicosociali che le alimentano. Il fenomeno può essere considerato da un punto di vista esterno e da un punto di vista interno. Il punto di vista esterno è chiaro: massimo rifiuto, condanna incondizionata, punizione per i violenti. Il punto di vista interno è più confuso. Per chi subisce la violenza, i confini del fenomeno sono meno nitidi: la sofferenza si accompagna alla vergogna, la dignità calpestata si associa alla colpa, la negazione di ogni diritto si sposa con un profondo senso di impotenza, la minaccia alla propria sicurezza avviene dentro contesti relazionali familiari da cui in linea di principio ci si aspetta amore, sostegno e rispetto, la ragione è resa labile dalla solitudine. Le testimonianze delle donne vittime di violenza sono storie dolorose di chi è immersa in un incubo dentro cui vengono via via minati i diritti, l autostima, la speranza, ed ogni possibile spinta reattiva. Sono storie inimmaginabili a priori, anche per le protagoniste; finché non accadono, finché si è esterni al fenomeno, non pare possibile cadere in quell incubo. Eppure tra tutti coloro che osservano il fenomeno da un punto di vista esterno, alcuni poi entrano nel baratro della violenza privata o nel ruolo di vittima o di carnefice. Come si passa da una posizione di ferma condanna sul piano sociale a protagonista nella vita privata? Quale meccanismo produce lo slittamento dal rifiuto condiviso al coinvolgimento personale? È su questi interrogativi che la ricerca promossa dall Assessorato alle Politiche Sociali e Sanitarie della Provincia di Parma e condotta da un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Psicologia dell Università di Parma, con la collaborazione dello Spazio Giovani dell Azienda USL di Parma, cerca di gettare luce assumendo un punto di vista specifico. Un fenomeno così esteso in tutte le latitudini e longitudini del globo non può essere ricondotto a processi individuali. È riduttivo spiegare un fenomeno di questa portata ricorrendo a categorie personali quali il carattere, la personalità, la psicopatologia dei soggetti coinvolti. In questo senso gli interrogativi sopra descritti sono stati riformulati dal gruppo di lavoro in chiave psico-sociale, orientando l indagine che viene qui riportata verso l individuazione dei germi sociali della violenza privata. La ricerca si è proposta cioè di mettere a fuoco quei fattori che nascendo all interno dei rapporti nel contesto sociale sembrano, ad uno sguardo superficiale, lontani e indipendenti dal gesto colpevole e vergognoso di chi esercita violenza verso una persona di cui gode la fiducia e da cui è amato. In particolare, l indagine si è focalizzata su quali sono le idee, le credenze, le rappresentazioni dei ruoli di genere

10 10 PRESENTAZIONE nel nostro contesto sociale, quali i rapporti di potere tra uomini e donne, come si coniuga la inesorabile asimmetria nei rapporti di genere con la violenza domestica contro le donne. Questi fattori, ad uno sguardo più ravvicinato, delineano infatti il contesto socio-culturale che può legittimare la violenza nella coppia e fornire, al di là dei doverosi giudizi morali, l humus entro cui la violenza prende forma. Un altro aspetto che caratterizza l indagine qui presentata e che la rende di particolare interesse ed originalità, riguarda il target della ricerca stessa: i giovani. La rilevazione dei significati attribuiti da loro alle relazioni violente all interno dei rapporti di coppia e delle loro rappresentazioni dei rapporti tra i generi, hanno prodotto un materiale che non solo arricchisce il panorama conoscitivo su questo fenomeno, ma che costituisce anche una base a partire dalla quale sia possibile progettare interventi finalizzati a innescare un processo di discussione e riflessione che contribuisca alla affermazione ed alla diffusione di una cultura dei rapporti tra i generi fondata sul rispetto reciproco e sul riconoscimento della dignità di tutti in qualunque situazione. Infine, il rigore metodologico dell indagine conoscitiva e la creatività dei progetti realizzati danno spessore ad un materiale che per la sua ricchezza, mi auguro, potrà essere di ispirazione o sollecitazione per altre indagini e interventi anche in altre aree geografiche. Laura Fruggeri Dipartimento di Psicologia - Università di Parma

11 CAPITOLO 1 LA VIOLENZA DOMESTICA CONTRO LE DONNE 11 P A R T E I E SE LUI/LEI MI DÀ UNO SCHIAFFO? Immagini delle differenze di genere e delle relazioni sentimentali violente in adolescenza.

12 12 PARTE I E SE LUI/LEI MI DÀ UNO SCHIAFFO?

13 CAPITOLO 1 LA VIOLENZA DOMESTICA CONTRO LE DONNE 13 LA VIOLENZA DOMESTICA CONTRO LE DONNE 1.1 La portata del fenomeno La violenza contro le donne è una piaga globale che continua a uccidere, torturare e mutilare, sia fisicamente che psicologicamente, sessualmente ed economicamente. È una delle violazioni dei diritti umani più diffuse, che nega il diritto delle donne all uguaglianza, alla sicurezza, alla dignità, all autostima, e il loro diritto di godere delle loro libertà fondamentali 1. (UNICEF, 2000) Dati da molte ricerche indicano una elevata incidenza della violenza contro le donne in pressoché tutti i Paesi del mondo. In particolare, la violenza domestica è la forma più comune di abuso commesso contro le donne (UNICEF, 2006). I dati in fig. 1, risultati da una ricerca su scala mondiale condotta per iniziativa dell UNICEF (2000), indicano le percentuali medie di donne (su un campione di donne intervistate in 23 Stati nel mondo) che dichiarano di aver subito violenza all interno della famiglia. Essi mostrano come la violenza domestica ricorra con una frequenza mediamente superiore al 30%, non solo nei Paesi cosiddetti in via di sviluppo, ma anche in quelli industrializzati, quali Canada, Regno Unito, Giappone, Svizzera, Stati Uniti etc. (UNICEF, 2000); la ricerca, inoltre, è stata condotta consultando non solo le donne, ma anche uomini che in larga misura hanno ammesso di aver maltrattato la propria partner. Per citare altre cifre: si stima che nel mondo le donne che hanno subito maltrattamento fisico nel corso della vita siano tra il 20 e il 50 per cento (Krantz, 2002). Sia l UNICEF (2006) sia l OMS (WHO, 2005) ritengono che non si possa parlare di un problema privato, bensì di una reale questione di salute pubblica, data la forte incidenza sulle malattie e le ferite riportate dalle donne, nonché la notevole percentuale di responsabilità su altri generi di problematiche (Krantz, 2002). La violenza domestica è la principale causa di lesioni fisiche per le donne tra i 15 e i 44 anni di età, più degli incidenti d auto e le rapine messi insieme; il maltrattamento durante la gravidanza è la principale causa di anomalie prenatali e mortalità infantile (Gelles, 1995). 1 UNICEF, (2000); La violenza domestica contro le donne e le bambine, in Innocenti Digest, n. 6, Giugno; p. 2.

14 14 PARTE I E SE LUI/LEI MI DÀ UNO SCHIAFFO? VIOLENZA DOMESTICA CONTRO LE DONNE 40% 30% 30% 29% 33% 38% 31% 20% 25% 10% 0% Paesi industrializzati Asia e Pacifico Medio Oriente Africa America Latina e Caraibi Europa Orientale Fig. 1. Fonte: La violenza domestica contro le donne e le bambine, UNICEF, Per questi motivi, da alcuni anni l Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO, 2005) ha lanciato l allarme sulla violenza come fattore eziologico e di rischio in una serie di patologie di forte rilevanza per la popolazione femminile. Da una ricerca svolta della World Health Organization (2005), le conseguenze sulla salute delle donne vittime di violenza fanno riferimento a lesioni, disabilità permanenti, problemi di natura ginecologica, malattie a trasmissione sessuale, emicrania cronica, disturbi gastrointestinali e cardiovascolari, etc. Inoltre, una particolare attenzione è stata data dall OMS alle patologie mentali ed alla depressione, di cui le donne soffrono da due a tre volte più degli uomini. Su questo terreno il legame tra condizioni di salute e violenza è ancora più forte: la violenza fisica, sessuale o psicologica è spesso accompagnata da disturbi della sfera psicologica e/o emozionale (Tjaden e Thoennes, 2000). La correlazione tra violenze subite e patologie mentali ha portato erroneamente a credere, in passato, che le situazioni di violenza fossero in qualche modo causate dai disturbi stessi, già presenti nelle donne; tale ipotesi è stata però smentita dalla realtà dei fatti, considerato che nella stragrande maggioranza dei casi la violenza era antecedente il disagio psichico (Heise, Garcia-Moreno, 2002). Secondo l OMS (World Health Organization, 1998), numerosi problemi psichici e patologie, come depressione, paura cronica, disturbi d ansia, bassa autostima, disturbi sessuali e dell alimentazione, abuso di farmaci, alcolici o stupefacenti sono da considerarsi in relazione con le situazioni di violenza sia fisica che sessuale e psicologica. Si stima, inoltre, che il 10% delle vittime di violenza domestica tenti il suicidio. Per le donne vittime di violenza domestica i tentativi di suicidio sono 5 volte più frequenti rispetto alle donne non maltrattate (Stark, Flitcraft, 1983). I dati sull incidenza mostrano solo limitatamente quanto sia esteso il problema nel mondo. Viene infatti stimato che la maggior parte dei casi di violenza non sia segnalata; si tratta quindi di un fenomeno di cui possiamo solo intuire la portata, e che per gran parte rimane sommerso. A riprova di questo possiamo citare la forte discrepanza tra i dati dei centri antiviolenza e il numero di denunce riportate sullo stesso territorio (Gracia, 2004): da questi elementi si può facilmente capire come sia conosciuta esclusivamente la punta dell iceberg del fenomeno, stimato ben più grave di quello che appare (Barbagli, 1997). Dati nel contesto italiano: il rapporto dell Istat del 2007 Per quanto riguarda il fenomeno nel contesto italiano, secondo una recente indagine dell Istat (2007) condotta telefonicamente sull intero territorio nazionale, sono stimate in più di 6 milioni le donne da 16 a 70 anni vittime di violenza fisica o sessuale nel corso della vita (il 31,9% della classe di età considerata). 5 milioni di donne hanno subito violenze sessuali (23,7%), quasi 4 milioni violenze fisiche (18,8%); circa 1 milione di donne ha subito stupri o tentati stupri (4,8%). Il 14,3% delle donne con un rapporto di coppia attuale o precedente ha subito almeno una violenza fisica o sessuale dal partner, mentre il 24,7% delle donne ha subito violenze da un altro uomo.

15 CAPITOLO 1 LA VIOLENZA DOMESTICA CONTRO LE DONNE 15 Come anticipato precedentemente, nella quasi totalità dei casi le violenze non sono denunciate. Il sommerso è elevatissimo e raggiunge circa il 96% delle violenze da un non partner e il 93% di quelle da partner. Anche nel caso degli stupri la quasi totalità non è denunciata (91,6%). È consistente la quota di donne che non parla con nessuno delle violenze subite (33,9% per quelle subite dal partner e 24% per quelle da non partner) (Istat, 2007). Dalla ricerca (Istat, 2007) emerge, inoltre, che le donne subiscono più forme di violenza contemporaneamente. Un terzo delle vittime subisce atti di violenza sia fisica che sessuale, e la maggioranza delle vittime ha subito più episodi di violenza. La violenza ripetuta avviene più frequentemente da parte del partner che dal non partner (67,1% contro 52,9%). Tra tutte le violenze fisiche rilevate, è più frequente l essere spinta, strattonata, afferrata, l essere minacciata, schiaffeggiata, presa a calci, pugni o morsi. Segue l uso o la minaccia di usare pistola o coltelli (8,1%) o il tentativo di strangolamento o soffocamento e ustione (5,3%). Tra tutte le forme di violenze sessuali, le più diffuse sono le molestie fisiche, ovvero l essere stata toccata sessualmente contro la propria volontà (79,5%), l aver avuto rapporti sessuali non desiderati vissuti come violenza (19,0%), il tentato stupro (14,0%), lo stupro (9,6%) e i rapporti sessuali degradanti ed umilianti (6,1%). Tra i perpetratori delle violenze sessuali, i partner sono risultati responsabili della maggioranza degli stupri. Il 22,6% delle donne ha subito violenza solo dal partner, il 56,4% da altri uomini non partner. Il 69,7% degli stupri, infatti, è opera di partner, il 17,4% di un conoscente. Solo il 6,2% è stato opera di estranei. Il rischio di subire uno stupro piuttosto che un tentativo di stupro è tanto più elevato quanto più è stretta la relazione tra autore e vittima. Circa due terzi delle donne hanno dichiarato che la violenza subita è stata molto grave o abbastanza grave. Il 21,3% delle donne ha avuto la sensazione che la sua vita fosse in pericolo in occasione della violenza subita; tuttavia solo il 18,2% delle donne considera la violenza subita in famiglia un reato: per la maggior parte di esse l aggressione subita è stata qualcosa di sbagliato, o solo qualcosa che è accaduto (Istat, 2007). Anche nel caso di stupro o tentato stupro, solo il 26,5% delle donne lo ha considerato un reato. Il 27,2% delle donne ha subito ferite a seguito della violenza; ferite che, in un caso su quattro, sono state gravi al punto da richiedere il ricorso a cure mediche. Le donne che hanno subito più violenze dai partner, in quasi la metà dei casi hanno sofferto, a seguito dei fatti subiti, di perdita di fiducia e autostima, di sensazione di impotenza, disturbi del sonno, ansia, depressione, difficoltà di concentrazione, dolori ricorrenti, difficoltà a gestire i figli, ed in alcuni casi idee di suicidio (Istat, 2007). L indagine dell Istat (2007) ha stimato, ancora, che oltre 2 milioni di donne abbiano subito comportamenti persecutori (stalking) dai partner, comportamenti che le hanno particolarmente spaventate, al momento della separazione o dopo che si erano lasciate. Tra le donne che hanno subito stalking, in particolare il 68,5% dei partner ha cercato insistentemente di parlare con la donna contro la sua volontà o ha chiesto ripetutamente appuntamenti per incontrarla, il 57% l ha aspettata fuori casa o a scuola o al lavoro, il 55,4% le ha inviato messaggi, telefonate, , lettere o regali indesiderati, il 40,8% l ha seguita o spiata. Quasi la metà delle donne vittime di violenza fisica o sessuale da un partner precedente ha subito anche lo stalking. Il dato che l Istat (2007) ha rilevato con la prevalenza maggiore è relativo alla violenza psicologica; viene stimato, infatti, che in Italia oltre 7 milioni di donne abbiano subito o subiscano tale tipologia di violenza. Le forme più diffuse sono l isolamento o il tentativo di isolamento, il controllo e la svalorizzazione. Il 43,2% delle donne intervistate ha dichiarato di aver subito violenza psicologica dal partner attuale; di queste, 3 milioni 477 mila l hanno subita sempre o spesso (il 21,1%). Infine, è stata osservata un elevata prevalenza di violenze sessuali subite in adolescenza: secondo la ricerca (Istat, 2007) circa 1 milione 400 mila donne in Italia hanno subito violenza sessuale prima dei 16 anni, ossia il 6,6% delle donne tra i 16 e i 70 anni. Gli autori delle violenze sono vari e in maggioranza conosciuti (parenti, conoscenti, amici di famiglia, etc.): solo nel 24,8% la violenza è stata ad opera di uno sconosciuto. Tra i parenti, gli autori più frequenti sono stati gli zii. In risposta alla violenza subita, il silenzio è stato la risposta maggioritaria: il 53% delle donne ha dichiarato di non aver parlato con nessuno dell accaduto (Istat, 2007).

16 16 PARTE I E SE LUI/LEI MI DÀ UNO SCHIAFFO? 1.2 Le definizioni della violenza intrafamiliare Approcci storico-giuridici Con il termine violenza si intende comunemente l essere violento, ossia ricorrere alla forza per imporre la propria volontà a danno di altri, o anche un azione aggressiva, sopraffattrice, esercitata con mezzi fisici o psicologici 2 (Garzanti, 2004). Tuttavia, in passato questa concezione è stata soggetta a numerose eccezioni, soprattutto per quanto riguardava gli abusi commessi all interno della famiglia: infatti, molte delle azioni che oggi possiamo definire violente non erano considerate tali alcuni decenni fa nel nostro Paese, e ancora oggi in altri Paesi. Le diverse tipologie di violenza intrafamiliare sono state interpretate in modi molto diversi nel tempo; i cambiamenti che la società e il sistema legislativo hanno compiuto nel considerare questo fenomeno rispecchiano la complessa evoluzione dei valori di eguaglianza e di autodeterminazione nel campo delle relazioni tra i generi, evoluzione nella quale hanno giocato un ruolo fondamentale fattori politici, economici, sociali e culturali, oltre che giuridici. Il passaggio da una società prevalentemente agricola ad una industrializzata, da un regime politico totalitario ad uno democratico, con la conseguente evoluzione della morale e dei costumi, ha determinato un profondo cambiamento della struttura familiare, comportando non solo la rottura della tradizionale identificazione della comunità familiare con l entità produttiva, ma anche l accrescimento dell autonomia e dell indipendenza del singolo all interno del gruppo familiare (Kolb, 2001). In un secondo momento, dunque, nell ambito della famiglia così ridimensionata, si verifica un processo di progressiva democratizzazione dei rapporti, soprattutto tra i coniugi, e si sviluppa una tendenza all individualismo volto a privilegiare i bisogni di autorealizzazione del singolo rispetto a quelli dell unità familiare. Al modello tradizionale, portatore di funzioni sociali ed economiche, si contrappone un sistema alternativo, che, pur conservando ruoli educativi e di appoggio economico, sviluppa come prioritario il benessere dei singoli componenti, e in taluni casi si dissocia dal modello di famiglia istituzionalizzata previsto dal legislatore e dal Costituente (Cassano, 2005). Il Codice Rocco, elaborato e promulgato nel 1930 durante il regime fascista, è stato modificato a partire dal 1955, per poi essere definitivamente sostituito nel 1989 (Pisani, 2006). La parte che i giuristi hanno modificato con maggiori difficoltà, proprio perché maggiormente condizionata dalla tradizione, era quella relativa ai diritti individuali. Tra questi, un particolare interesse veniva destinato al mantenimento del sistema familiare patriarcale fascista in cui la donna era sposa e madre esemplare, creatura soggetta ed obbediente al suo destino biologico, alla funzione riproduttiva esaltata come missione per il bene della Patria, cioè del Regime (Vassalli, 1972). In virtù di tale concezione della donna all interno della famiglia, il Codice Penale in vigore in epoca fascista e nel periodo successivo non contemplava il reato di violenza sessuale, qualora ne fosse vittima la moglie. Dagli anni trenta agli anni settanta, infatti, vi è stato un indirizzo dottrinale che riconosceva nel matrimonio la fonte di obblighi di mutua assistenza fisica e morale, fra questi includendovi quelli relativi alla reciproca dedizione sessuale. Di conseguenza, l unione carnale in tale situazione era considerata un diritto, mentre il reato di violenza carnale veniva relegato ai soli casi di costrizione del coniuge ad atti sessuali estranei ai fini procreativi del matrimonio, come quelli contro natura (Szegò, 1996). Tale dottrina affermava che, tra soggetti legati da vincolo coniugale, per quanto riguarda i rapporti normali, non vi poteva mai essere un delitto contro la libertà sessuale, poiché la tutela di quest ultima non trovava giustificazione in una situazione in cui il contatto carnale costituisce il sostrato della relazione matrimoniale. Dunque, per il Codice Penale i reati di violenza sessuale e incesto erano rispettivamente parte Dei delitti contro la moralità pubblica e il buon costume (divisi in delitti contro la libertà sessuale e offese al pudore e all onore sessuale ) e Dei delitti contro la morale familiare. Così mentre si affermava che la violenza sessuale non offendeva principalmente la persona, coartandola nella sua libertà, ma ledeva una 2 A.A. v.v., (2004); Garzanti: Dizionario Italiano, Garzanti linguistica, Milano; p

17 CAPITOLO 1 LA VIOLENZA DOMESTICA CONTRO LE DONNE 17 generica moralità pubblica, si dimostrava che il bene che si voleva proteggere e tutelare non era tanto la persona quanto il buon costume sociale secondo il quale la donna non era libera di disporre di alcuna libertà nel campo sessuale (Mantovani, 1998). Altro reato contro la morale era il Ratto a fine di matrimonio e il Ratto a fine di libidine (entrambi gli articoli del codice penale abrogati definitivamente con la legge sullo stupro del 1996). Il codice distingueva il ratto a seconda del fine che il rapitore si proponeva e puniva meno gravemente chi rapiva a scopo di matrimonio (Matrimonio riparatore: norma abrogata nel 1981, cioè pochissimi anni fa) e più gravemente chi rapiva a fine di libidine, ritenendo evidentemente che privare della libertà una donna e coartarne la volontà allo scopo di sposarla fosse meno grave. Va notato che nel ratto a fine di libidine era prevista una aggravante se il reato era commesso nei confronti di donna legalmente sposata: la tendenza era quella di tutelare l oggetto moglie, di proprietà del marito. Qui ancora diventa evidente come nel codice era rappresentata la concezione dell inferiorità della donna (Mantovani, 1998). L assurdità del matrimonio riparatore fu rivelata per la prima volta nel 1965 dal coraggioso gesto di una ragazza, Franca Viola. Rapita ad Alcamo, in provincia di Trapani, Franca, 18 anni, rifiutò le nozze riparatrici e denunciò il suo rapitore, Filippo Melodia, e i suoi complici. Il caso sconvolse l opinione pubblica e in particolare quella siciliana: non si era mai vista una disonorata sottrarsi al matrimonio riparatore violando una consuetudine che dava per scontata la sottomissione delle donne a questo tipo di violenza. Malgrado le intimidazioni e le difficoltà opposte dall ambiente sociale, Franca Viola non tornò indietro: il processo contro Filippo Melodia e i suoi dodici complici si concluse nel dicembre 1966 con una condanna ad undici anni per lui, cinque assoluzioni e pene minori per gli altri (Nozzoli, Paletti, 1966). Gran parte dei cambiamenti nelle legislazioni sui reati relativi alla violenza sessuale sono dovuti al movimento femminista. A partire dagli anni settanta ci furono molti processi per stupro; in diversi Stati il movimento di liberazione delle donne creò i primi centri per vittime di violenza sessuale; questo movimento fu guidato dell Organizzazione Nazionale per le Donne (NOW) (Spagnoletti, 1978). Attualmente, il reato di violenza sessuale viene legiferato in Italia dall art. 609 bis c.p. (legge sullo stupro del 1996): Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da cinque a dieci anni. Tra le novità introdotte dalla legge n. 66 del 1996, vi è il passaggio dai reati contro la morale ed il buon costume ai reati contro la persona (Dei delitti contro la libertà personale), accentrando in tal modo la punibilità del gesto come offesa contro la persona anziché contro la morale pubblica. La fattispecie incriminatrice è inserita, infatti, tra i delitti contro la libertà personale. In sostanza, il concetto di libertà sessuale non può essere considerato come interesse collettivo alla continenza sessuale, bensì come aspetto particolarmente significativo dell autonomia personale. Si assiste così all introduzione di un concetto di rapporto sessuale adeguato al costume ed alla cultura sociale e morale del ventunesimo secolo, che restituisce alla vittima di simili delitti la piena dignità, garantendole la piena tutela della volontà di disporre del proprio corpo a fini sessuali (Kolb, 2001). Inoltre, fino al 1996 il reato di violenza sessuale era perseguibile solo attraverso una querela della parte offesa. Ciò vuol dire che la donna doveva denunciare lo stupratore, altrimenti non veniva perseguito. Va comunque sottolineato che, al pari dei maltrattamenti in ambito familiare, tale crimine viene raramente denunciato quando commesso a danno della partner. In tal caso, infatti, questo reato viene molto difficilmente denunciato in modo autonomo, emergendo, spesso, soltanto a seguito della denuncia per reati di maltrattamenti in famiglia (Ventimiglia, 1996). Ciò in quanto il reato di violenza sessuale, in questo caso, può facilmente essere la conseguenza di un clima di prevaricazione e sopraffazione posto in essere dal coniuge violento. La violenza sessuale perpetrata all interno di una relazione affettiva è ben più costosa e meno riconosciuta. Essa, infatti, viene tuttora spesso confusa e camuffata dalle rappresentazioni di doveri coniugali, di prova della virilità, di diritto dell uomo. Costringere una donna ad avere rapporti anche quando lei non lo desidera, o è stanca, o ha appena partorito, sono tutti aspetti della violenza sessuale. Ancora, è perpetratore di forme diverse di violenza sessuale colui che fa telefonate oscene, obbliga a prendere parte alla visione o costruzione di materiale pornografico, o è responsabile di incesto,

18 18 PARTE I E SE LUI/LEI MI DÀ UNO SCHIAFFO? impone gravidanze o pratiche sessuali umilianti o dolorose, o costringe alla prostituzione (Bruno, 1998). La punibilità del reato di violenza sessuale tra coniugi non è un dato scontato, espressione di una civiltà moderna. In molti Paesi permane infatti la convinzione, resistente ad ogni cambiamento, che tale reato non possa realizzarsi all interno di una coppia sposata, o, qualora si realizzi, non sia punibile, data l esistenza di una oggettiva causa di non punibilità. Questa situazione è tutt oggi riscontrabile in alcune giurisdizioni degli Stati Uniti d America (Alaska, Illinois, Kansas, Oklahoma, South Dakota, Texas, Vermont, West Virginia), che conservano l exemption e la ritengono operante fino a quando i coniugi non abbiano ottenuto una sentenza di divorzio (Szegò, 1996). In passato, per il Codice Penale la violenza fisica intrafamiliare era punibile come abuso di correzione o di disciplina (art. 571 c.p.) e maltrattamenti in famiglia (art. 572 c.p.). La questione dell abuso di correzione dipendeva dal fatto che nel codice civile, parte del diritto di famiglia, fino al 1975 il capofamiglia era uno solo (l uomo) e aveva potere di picchiare - per fini correttivi e di disciplina - chiunque si trovasse ad abitare presso il suo domicilio (Vassalli, 1972). Lo stesso codice civile fu in effetti, anch esso, elaborato e promulgato in epoca fascista ed era in contrasto con la costituzione che invece sancisce la parità giuridica e morale dei coniugi. Un primo passo avanti venne compiuto proprio nel 1975 con la riforma del diritto di famiglia (legge n. 151), che affermava il principio della parità quale regola dei rapporti tra coniugi: sanciva infatti che con il matrimonio i coniugi acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri, soprattutto in riferimento alla gestione della residenza e del patrimonio familiare, nonché alle decisioni che riguardano i figli (Pisani, 2006). Tuttavia, la scarsa chiarezza degli articoli del codice penale di fatto continuava a consentire moralmente l uso di violenza domestica consumata sulle donne a difesa dei valori della famiglia. L esempio più estremo riguardava gli abusi sulle compagne infedeli, sulle quali era comprensibile (quando non legittimo) esercitare violenza anche grave: Romito (2000) ricorda come in nome del famigerato delitto d onore, abrogato solo nel 1981, venissero ridotte notevolmente le pene nel caso in cui l uxoricidio fosse avvenuto nella circostanza di una relazione illegittima della partner! Anche in questo caso si fa esplicito riferimento alla querela da parte della persona offesa: cioè è la donna picchiata e obbligata a restare nello stesso posto in cui vive il marito a doverlo denunciare - esponendosi a ogni forma di ritorsione - perché sia perseguito. Solo dopo il marzo 2001, con la legge n. 154 (Misure contro la violenza nelle relazioni familiari) si è fatto esplicito riferimento all allontanamento da casa del parente dal quale si temono gravi violenze fisiche (Abram, Acierno, 2001). Oggi, si parla di maltrattamento ogniqualvolta vi siano atti lesivi dell integrità fisica o psichica o della libertà o del decoro della vittima, nei confronti della quale viene posta in atto una condotta di sopraffazione sistematica o programmatica (art. 572 c. p.). Con il termine violenza fisica, quindi, si intende non solo un aggressione fisica grave, ma ogni contatto fisico che mira a spaventare e controllare. Dunque, picchiare con o senza l uso di oggetti, ma anche spintonare, tirare i capelli, dare schiaffi, pugni, calci, strangolare, ustionare, ferire con un coltello, torturare, urlare, etc. Attualmente, anche la violenza assistita è considerata una forma di violenza fisica diretta (Bruno, 1998; Ponzio, 2004). Nella legislazione italiana il maltrattamento familiare è punibile come reato contro la famiglia (art. 572 c. p.), mentre sono considerati reati contro la persona le percosse (art. 581 c. p.), le lesioni personali (art. 582 c. p.), l ingiuria (art. 594 c. p.) e la violenza privata (Pisani, 2006; Kolb, 2001). Altre tipologie di violenza, meno riconosciute ma non per questo motivo meno diffuse, sono la violenza psicologica, la violenza economica e lo stalking. Una persona compie violenza psicologica verso un altra quando la minaccia, insulta verbalmente, ricatta; può consistere nell infliggere umiliazioni pubbliche o private, controllare le scelte individuali e le relazioni sociali fino al completo isolamento, ridicolizzare e svalutare continuamente, fare violenza contro animali domestici o oggetti personali di valore affettivo per la vittima, mettere il/la partner in cattiva luce (Bruno, 1998; Ponzio, 2004). Anche la deprivazione affettiva può essere una forma di violenza psicologica; le conseguenze che comporta sono infatti simili. È la tipologia più difficile da riconoscere, soprattutto da parte della vittima. Possono far riferimento a questo tipo di violenza i reati d ingiuria (ex art. 594 c.p.), di

19 CAPITOLO 1 LA VIOLENZA DOMESTICA CONTRO LE DONNE 19 violenza privata (ex art. 610 c.p.), di minaccia (ex art. 612 c.p.), di lesioni, quando cagionano una malattia del corpo o della mente (ex artt. 582 e 583 c.p.), di abuso di mezzi di correzione e disciplina (ex art. 571 c.p.), di maltrattamenti in famiglia (ex art. 572 c.p.) e di sequestro di persona (ex art. 605 c.p.) (Pisani, 2006). Vi sono anche altre forme di violenza e controllo; nell ambito delle relazioni di coppia, una di queste è quella di sottrarre o limitare ogni tipo di risorse della donna che potrebbero permetterle di svincolarsi dalla relazione, tra cui la gestione del suo denaro. Per violenza economica si intende l insieme delle strategie che privano la donna della possibilità di decidere o agire autonomamente e liberamente rispetto ai propri desideri e scelte di vita (Bruno, 1998, p. 83); di solito chi la attua priva la donna del suo stipendio, impone le decisioni circa l uso del patrimonio familiare, la obbliga a lasciare il lavoro, a firmare documenti, contrarre debiti, o prendere parte a truffe contro la sua volontà (Bruno, 1998). Spesso tale violenza non viene riconosciuta perché scambiata per una normale gestione (maschile) dell economia familiare (Ponzio, 2004; Bruno, 1998); anche in questo caso, l origine di tale misconoscimento deriva dallo squilibrio nella relazione tra i generi, inclusa la responsabilità nella gestione del patrimonio familiare (Ventimiglia, 1996). Attualmente, nella categoria di violenza economica possono rientrare i reati di violazione degli obblighi di assistenza familiare (nella forma di malversazione dei beni familiari, ex art. 570 c.p. comma 2, n.1), maltrattamenti in famiglia (ex art. 572 c.p.) e quello di violenza privata (ex art. 610 c.p.) (Kolb, 2001). Stalking (Persecuzione). Stalking is an old behavior, but a new crime 3 (Meloy, 1998). Un vecchio comportamento, un nuovo crimine. Sebbene abbia sempre fatto parte del comportamento umano, solo recentemente lo stalking è stato riconosciuto come reato. In Italia, tra il 2004 e il 2005, almeno altri due testi di iniziativa parlamentare avevano provato a disciplinare il fenomeno; ma solo il 15 gennaio 2008 è stato approvato definitivamente il DDL contro le molestie continuative alle donne. In passato, il codice penale puniva la molestia o disturbo. La Commissione di Giustizia ha attualmente adottato il testo unificato in tema di misure contro gli atti persecutori e omofobia, che inserisce nel nostro codice penale dopo l articolo 612 (Minaccia) e quindi nella sezione Delitti contro la libertà morale l articolo 612 bis (Atti persecutori): una forma specifica di minaccia ; attualmente l inserimento dell art. 612 bis punisce lo stalking con l arresto fino a sei mesi e un ammenda di 516 euro. Il nuovo Ddl inasprisce le pene e condanna le forme persecutorie che si ripetono nel tempo e hanno effetti devastanti sulla libertà individuale e sessuale : la reclusione arriverà fino a quattro anni. Il ritardo, rispetto ad altri Paesi, è evidente: psicologi e sociologi hanno cominciato ad occuparsi di stalking a partire dagli anni 80, quando vittime delle molestie furono personaggi di spicco dello star system hollywoodiano e dello sport: tra i casi più famosi, quelli delle attrici Theresa Saldana, pugnalata dal suo stalker a Los Angeles nel 1982, e Rebbecca Shaffer, assassinata dal suo persecutore nell 89, episodi che hanno ispirato la prima legge anti-stalking in California, datata 1992 (Mitchell, 2001). Negli States, entro la fine del 94 tutti gli Stati hanno approvato una legge anti-stalking; in Canada è considerato delitto di molestia criminale infastidire intenzionalmente o imprudentemente un altra persona ; nel Regno Unito è di nove anni fa il Protection from Harassment Act (Schaum, Parrish, 1995). Gli atti persecutori, o stalking, tendono a manifestarsi frequentemente dopo la separazione della coppia. E un fenomeno diffusissimo negli esiti delle relazioni con maltrattamento, in quanto il partner violento non vuole rinunciare alla sua preda anche se la tormenta, anzi proprio perché la tormenta. Può assumere aspetti diversi: telefonate continue, anche mute, a ogni ora del giorno e della notte; tempeste di messaggi al cellulare ora minacciosi ora amorosi, ora contenenti particolari ingiunzioni; pedinamenti; presenza costante sotto casa, davanti al luogo di lavoro o in qualsiasi altro posto dove abitualmente la vittima si reca; irruzioni sul luogo di lavoro; aggressioni fisiche; uso di altre persone come tramite di messaggi offensivi; richiesta continua e ossessiva ad amici e parenti sui movimenti del/della partner; non corresponsione degli alimenti stabiliti dal giudice; etc. (Aramini, 2002; Ponzio, 2004). Si può prolungare per mesi, o anche anni; molti persecutori minacciano le loro vittime e nel 30% circa dei casi hanno realmente esercitato 3 Meloy, J. R. (1998); The Psychology of Stalking: Clinical and Forensis Perspectives ; Academic Press, Toronto; p. 19.

20 20 PARTE I E SE LUI/LEI MI DÀ UNO SCHIAFFO? violenza su di esse; si tratta dunque ancora una volta di una forma di violenza che si accompagna ad altre tipologie e che può avere delle conseguenze rilevanti su chi la subisce (Douglas e Dutton, 2001). Approcci psicologici Gli approcci psicologici allo studio della violenza nella coppia partono da alcune definizioni fondamentali; innanzitutto, la distinzione tra abuso e conflitto. L abuso, o violenza, differisce qualitativamente dal conflitto per la diversa suddivisione del potere che esiste nei due fenomeni. L elemento discriminante è costituito dalla responsabilità: nel caso del conflitto, si suppone che questa sia equamente (o quasi) condivisa tra le due parti; pertanto, si ricercheranno delle motivazioni di tipo interpersonale, si tenterà di pervenire ad una soluzione di compromesso e inoltre si avrà una precisa caratterizzazione etica dell avvenuto. Diversamente, nei casi in cui si parla di abuso, la responsabilità è attribuita totalmente all aggressore, la soluzione ricercata sarà finalizzata alla protezione della vittima e il giudizio morale sarà notevolmente differente (Ponzio, 2004). Tuttavia, nella realtà dei fatti non è agevole distinguere tra i due casi, poiché l attribuzione di colpa incontra una serie di intralci: dalla discrepanza delle versioni delle due parti (è un tipico atteggiamento dell aggressore quello di scaricare le colpe di ogni situazione problematica sull altro, sulle circostanze, sulle provocazioni in altre parole, egli non riconosce mai come propria la responsabilità dell atto di violenza), agli stereotipi culturali, ai giudizi morali, fino ad una pretesa esigenza di oggettività (Ponzio, 2004). La violenza domestica: Al termine violenza domestica vengono attribuiti diversi significati; in termini generali, ci si riferisce ad atti di violenza perpetrati all interno della famiglia. Il significato più utilizzato concerne la violenza fisica compiuta verso una donna da parte del compagno, anche detta maltrattamenti o percosse nei confronti della partner. La violenza fisica, tuttavia, è spesso accompagnata da maltrattamenti emotivi o psicologici e da violenza sessuale (Ventimiglia, 2002). In particolare, la violenza nella coppia costituisce la forma di violenza domestica più diffusa nel mondo (WHO, 2005). Secondo una ricerca crossculturale condotta da Levinson (1989) in 90 Stati sull intero territorio mondiale (raggruppati in: Nord America, Sud America, Oceania, Africa, Asia, Medio Oriente, Europa ed ex Unione Sovietica), la violenza domestica ricorre nell 84.6% delle società del campione in esame, mentre nel 46.6% delle società tale violenza è talmente grave da uccidere o provocare danni permanenti alle donne. Non si tratta di un fenomeno unidimensionale; da un indagine sulle credenze delle popolazioni esaminate, Levinson (1989) individua almeno tre tipologie principali di maltrattamento coniugale, classificate in base alla motivazione che spinge l uomo a picchiare la compagna: 1) Violenza per gelosia. In 17 società gli individui intervistati pensano che il maltrattamento coniugale ricorra come forma di punizione per l adulterio, o perché il marito sospetta di essere stato tradito. Può essere categorizzata come gelosia sessuale, in quanto in questi casi la violenza ricorre come reazione all infedeltà (reale o presunta). 2) Violenza per una buona ragione. In 15 delle società esaminate le persone sostengono che se un uomo picchia la propria moglie, lo farà solo se ha un valido motivo. Quale possa essere definita una buona ragione è oggetto di variazioni culturali quando non di libero arbitrio; solitamente, si tratta dell incapacità della donna ad adempiere ai suoi doveri, oppure nel trattare il marito con il dovuto rispetto. 3) Violenza per volontà. In 39 delle società in esame, gli individui ritengono che sia diritto di un uomo picchiare la compagna, che vi sia una ragione oppure no (Levinson, 1989). I contadini ritengono, e così anche le mogli, che questo sia il diritto del marito come capofamiglia. Se la moglie commette qualcosa di sbagliato e il marito non le da una buona bastonata, lei inizia a disprezzarlo, lo considera un debole e cerca di rubargli il suo ruolo nella famiglia Secondo l opinione del villaggio, il marito è il capo assoluto della casa, ha il compito di controllare che venga mantenuto l ordine, ha il diritto di punire i membri della famiglia quando commettono qualcosa di molto sbagliato (Erlich, 1966, p.270) Possiamo parlare della violenza nella coppia, detta anche violenza da partner, come una forma di violenza di genere (Ventimiglia, 2002), a causa della considerevole percentuale di donne vittime, diversamente

21 CAPITOLO 1 LA VIOLENZA DOMESTICA CONTRO LE DONNE 21 dalla frequenza di episodi in cui il maltrattamento è a danno di uomini. In passato si tendeva a non dare una connotazione di genere a questo fenomeno, in quanto non veniva riconosciuta, sebbene evidente, una sistematicità nei ruoli maschile (di aggressore) e femminile (di vittima). Dalla seconda metà dell Ottocento, come riporta Ventimiglia (2002), nei primi trattati di psicopatologia sessuale la violenza domestica veniva collegata alla diversità dei soggetti violenti, identificandoli come devianti e psicosocialmente disturbati, e alla univocità della definizione di violenza, ricondotta unicamente ad una sola tipologia e causa, prescindendo dalle modalità di manifestazione della violenza nonché dai meccanismi scatenanti. La specificità della violenza di genere emerge invece in alcuni elementi essenziali: la percezione femminile della violenza stessa. Determinati comportamenti maschili sono vissuti come violenti indipendentemente dall intenzionalità dell autore; lo scenario domestico della violenza. La maggioranza degli episodi di abuso avviene infatti in ambienti e contesti familiari; la diversità dei vissuti femminili, in relazione alle diverse forme di violenza subita. È da aggiungere inoltre che la violenza da partner è denominata da Ventimiglia (2002) come una delle violenze da fiducia; con questo termine si intende una forma di violenza esercitata da una persona già conosciuta dalla vittima, e aggravata dal fatto che esiste una relazione (sia essa familiare, di sangue, sentimentale o amicale) precedente l episodio di maltrattamento. Dal punto di vista giuridico, si può parlare di aggravanti quali abuso di autorità, di relazioni domestiche, di coabitazione, di ospitalità. Dette violenze da fiducia hanno degli effetti devastanti sulla vittima, che oltre ad essere tradita nella relazione stessa, sperimenta dei sensi di colpa legati all eventualità di averlo meritato, alla percezione di avere la responsabilità della buona riuscita della relazione, alla sensazione che per essere una brava moglie (o altro genere di ruolo femminile) è necessario sopportare la situazione di buon grado, perché è sempre stato così, oppure perché cosa penserà la gente, o ancora per il bene dei bambini. 1.3 Le teorie psicologiche Le principali teorie che tentano di sistematizzare le dinamiche dell abuso nella coppia hanno avuto origine proprio da esigenze giuridiche, poiché nel 1991 il governatore degli Stati Uniti, William Weld, apportò delle modifiche alla legislazione vigente, in modo che le donne che avevano subito maltrattamento in famiglia potessero chiedere un risarcimento, qualora vi fossero le prove di una Sindrome della donna picchiata. La questione si fece ancora più pressante nel momento in cui alcune donne, accusate dell omicidio del proprio marito, furono rilasciate per aver riportato prove di abuso subito nella relazione coniugale. Da allora, giudici e avvocati iniziarono a dibattere per definire univocamente la Sindrome della donna picchiata. Dalla teoria dell impotenza appresa alla teoria classica della Sindrome della donna picchiata Non si tratta di un vero e proprio disturbo mentale (non è, tra l altro, compreso nel DSM - IV); piuttosto un tentativo di spiegare, applicando i principi della teoria dell impotenza appresa, per quali motivi le donne maltrattate non riescono a lasciare il proprio aggressore. L originale teoria dell impotenza appresa (Seligman, 1975) cercava di spiegare il comportamento passivo tenuto da determinati soggetti in condizioni di disagio o dolore 4. Seligman giunse a formulare la sua 4 Negli anni Martin Seligman, famoso ricercatore in campo psicologico, condusse una serie di esperimenti nei quali alcuni cani venivano collocati in gabbie di diverso tipo. Nel primo tipo di gabbia, l intera superficie del pavimento era elettrificata, e lo sperimentatore provocava uno shock elettrico pochi secondi dopo il suono di un campanello; pertanto il cane subiva la scossa indipendentemente dalla sua posizione nella gabbia. Nel secondo tipo, invece, c era una piccola zona della gabbia che non era elettrificata; in tal modo, i cani avrebbero dovuto apprendere a fuggire, al suono del campanello, nella zona neutra in modo da evitare lo stimolo doloroso. Seligman (1975) teorizzò che l iniziale esperienza dei cani di incontrollabilità dello shock nella prima gabbia avesse instaurato in essi la credenza che non avrebbero potuto controllare gli eventi futuri, e fosse pertanto la causa delle successive incapacità comportamentali e di apprendimento; difatti, i cani situati nella gabbia in cui non era possibile evitare la scossa non riuscivano a scappare quando venivano collocati nella seconda gabbia, dove l evitamento era possibile, e assumevano invece un atteggiamento passivo, rassegnato, impotente.

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