Apocalittici e integrati: studi sulla cultura e le comunicazioni di massa

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1 Media e comunicazioni di massa nell opera di Umberto Eco 1 di Stefano Traini Nella vasta e composita opera di Umberto Eco i media e le comunicazioni di massa non hanno una trattazione sistematica e omogenea. Alcuni riferimenti a questo campo si possono trovare nelle sue opere teoriche principali, ma più spesso in commenti giornalistici, in articoli e saggi, e in interventi a convegni e a dibattiti. Scopo di questo intervento è di ricostruire in modo sintetico le idee principali che Eco ha esposto sui media e le comunicazioni di massa per valutarne gli aspetti teorici, l efficacia e l attualità. Apocalittici e integrati: studi sulla cultura e le comunicazioni di massa L interesse di Umberto Eco per la cultura e le comunicazioni di massa inizia già negli anni Cinquanta, e una serie di scritti su questi temi vengono raccolti nel noto Apocalittici e integrati, che viene pubblicato nel Il volume raccoglie interventi eterogenei, riuniti per ragioni contingenti. 2 L editore Valentino Bompiani intravede un filo rosso che lega i vari saggi e suggerisce che il titolo dell ultima sezione diventi il titolo dell intero volume: Apocalittici e integrati, una dicotomia che diventerà uno slogan di successo. L oggetto di analisi è la cosiddetta cultura di massa, intorno alla quale si sono sviluppati due atteggiamenti che l autore intende criticare. Per chi concepisce la cultura in modo aristocratico, cioè come gelosa coltivazione, assidua e solitaria, di una interiorità che si affina e si oppone alla volgarità della folla (Eco 1964: 3), la cultura di massa è anticultura. In un momento storico caratterizzato dallo sviluppo delle masse, questo fenomeno è visto da costoro in modo apocalittico. Gli apocalittici sostengono che i mass media, rivolgendosi a un pubblico vasto ed eterogeneo, devono livellare i propri prodotti ed evitare soluzioni originali: in questo modo sviluppano una visione conformista dei consumi, dei valori culturali, dei principi sociali e religiosi, delle tendenze politiche; i mass media incoraggiano una visione passiva e acritica del mondo, e scoraggiano lo sforzo personale verso esperienze originali; i mass media sono sottomessi a un circuito commerciale e quindi devono rispondere a criteri economici. La risposta degli integrati consiste nel constatare che i mezzi di comunicazione mettono i beni culturali a disposizione di tutti e questo consente un proficuo allargamento dell area culturale. Gli integrati sostengono che la massa è ormai la protagonista della storia, e che la sua cultura, cultura prodotta per essa e consumata da essa, sia un fatto positivo. È vero che i mass media sviluppano soprattutto spettacoli di intrattenimento e che si produce un certo livellamento del gusto, ma questo contribuisce ad attenuare le differenze sociali. Inoltre, secondo gli integrati non è vero che i mezzi di comunicazione di massa sono stilisticamente e culturalmente conservatori: usando nuovi linguaggi introducono nuovi modi di parlare, nuovi stilemi, nuovi schemi percettivi. Gli apocalittici trovano un sostegno teorico nella Scuola di Francoforte, che annovera Horkheimer, Adorno, Marcuse Habermas, studiosi che sottolineano il ruolo passivo dell uomo all interno di un mercato di massa standardizzato; mentre gli integrati trovano un sostegno teorico 1 Questo articolo è stato pubblicato in inglese su E/C, rivista online dell Associazione Italiana Studi Semiotici ( il 23 luglio Come ha rivelato in seguito l autore, l obiettivo era quello di partecipare a un concorso per una cattedra universitaria sulle comunicazioni di massa.

2 in Marshall McLuhan, che nel suo The Gutenberg Galaxy (1962) cerca di delineare gli elementi di un nuovo uomo gutenberghiano, cerca cioè di contestualizzare storicamente i nuovi mezzi di comunicazione di massa. Scrive Eco: L errore degli apologeti è di ritenere che la moltiplicazione dei prodotti dell industria sia di per sé buona, secondo una ideale omeostasi del libero mercato, e non debba essere sottoposta a una critica e a nuovi orientamenti. L errore degli apocalittici-aristocratici è di pensare che la cultura di massa sia radicalmente cattiva proprio perché è un fatto industriale, e che oggi si possa dare cultura che si sottragga al condizionamento industriale. (ibid.: 46-47) In primo luogo, Eco ricorda che nella storia dell umanità ogni modificazione degli strumenti culturali appare come una profonda messa in crisi del modello precedente e provoca forti resistenze. In quel periodo gli anni Cinquanta/Sessanta sono i mezzi di comunicazione di massa a suscitare scetticismi apocalittici, ma la discussione si ripropone in ogni fase storica in cui appaiono nuovi mezzi tecnologici e d informazione. Oggi ci si chiede se il libro tradizionale sia destinato a soccombere sotto i colpi dell innovativo e-book, e alcuni (gli apocalittici di oggi) predicono la fine dell editoria cartacea sottolineando solo le implicazioni negative, mentre altri (gli integrati di oggi) ritengono che l editoria elettronica permetterà una nuova democratizzazione culturale, consentendo facili pubblicazioni senza la mediazione dei gruppi editoriali. Rispetto alla discussione di allora, Eco adotta un punto di vista analitico e scientifico che è ancora attualissimo. Senza demonizzare la nuova civiltà di massa, Eco suggerisce la necessità di uno studio scientifico che ne sveli le caratteristiche e ne permetta una comprensione più analitica in relazione al contesto socio-politico in cui nasce e si sviluppa. Il contesto sociale vede l ascesa delle cosiddette classi subalterne alla fruizione dell informazione e dei beni culturali, ascesa che ha determinato lo sviluppo della cosiddetta civilità di massa : Nell ambito di tale civiltà, tutti gli appartenenti alla comunità diventano, in misure diverse, consumatori di una produzione intensiva di messaggi a getto continuo, elaborati industrialmente in serie e trasmessi secondo i canali commerciali di un consumo retto dalle leggi della domanda e dell offerta. (ibid.: 22). Questo è il punto di partenza ineludibile. L universo delle comunicazioni di massa è il nostro universo e l industria culturale va presa per quel che è: un sistema di condizionamenti. Avendo sullo sfondo questo contesto socio-culturale, secondo Eco bisogna procedere a un analisi strutturale dei messaggi, analisi strutturale che non deve solo soffermarsi sulla forma del messaggio, ma definire anche in che misura la forma è determinata dalle condizioni oggettive dell emissione. (ibidem) Inoltre, poiché tali messaggi si rivolgono a una totalità di consumatori assai composita, occorre stabilire per via empirica le differenti modalità di ricezione a seconda della circostanza storica o sociologica, e delle differenziazioni del pubblico. (ibidem) Non dobbiamo del resto dimenticare che nell ambito delle teorie delle comunicazioni di massa si stava passando dai primi paradigmi che ipotizzavano i massimi effetti dei media (per esempio la teoria ipodermica ) a nuovi approcci che consideravano le condizioni psicologiche e sociali del pubblico, ipotizzando gli effetti limitati dei media (cfr. Wolf 1985). Agli uomini di cultura si richiede quindi un atteggiamento di indagine costruttiva, e Eco insiste molto sul ruolo attivo che dovrebbero avere gli intellettuali nel decodificare le nuove forme della cultura, senza atteggiamenti di distacco intellettualistico e aristocratico o di coinvolgimento disinvolto e ingenuo. Ma nei saggi di Apocalittici e integrati c è anche un aspetto metodologico che è ancora attualissimo. Eco non crede che la cultura si possa rappresentare secondo livelli rigidi (high, middle, low), e non è un caso che nei suoi saggi metta insieme Platone, Kant, Nietzsche e Marcuse con Superman, Charlie Brown, Rita Pavone ed Elvis Presley: un atteggiamento che preoccupava molto alcuni intellettuali di allora, e che ancora oggi stenta a essere accettato in alcuni ambienti accademici. A questo proposito ricordo solo che la stessa strada anticonformista l aveva presa in 2

3 Francia Roland Barthes analizzando i nuovi miti della società di massa, giornali, programmi televisivi e visual pubblicitari insieme alla letteratura alta e alla filosofia. 3 3 Il modello semiotico-informazionale: le decodifiche aberranti In Apocalittici e integrati Eco invoca uno studio scientifico dei mass media, ma non ha ancora gli strumenti teorici per condurre questo tipo di analisi, e in questo senso si può dire che questo libro apre all autore la strada degli studi semiotici. Dopo aver studiato le avanguardie (Opera aperta, 1962), e poi la cultura di massa (Apocalittici e integrati), l autore ha bisogno di un quadro teorico unificante e lo trova nelle letture degli autori strutturalisti (soprattutto Jakobson), che lo porteranno nel giro di pochi anni a formulare una prima teoria semiologica (La struttura assente, 1968). Alla base della prima semiotica di Eco c è il concetto di codice, regola che associa elementi del piano dell espressione con elementi del piano del contenuto di un messaggio. Nell ambito delle comunicazioni di massa aveva avuto un certo successo la teoria dell informazione (Shannon e Weaver 1949), 4 che concepiva la comunicazione come trasferimento di messaggi da una fonte a un altra: ora la semiotica consente di pensare la comunicazione come trasformazione da un sistema a un altro (dall espressione al contenuto), e il codice garantisce la possibilità di tale trasformazione. In questo modo nasce quello che Eco e Fabbri (1978) definiscono modello semioticoinformazionale, un modello che consente di concentrarsi sul contenuto dei messaggi, e non solo sugli aspetti tecnici del loro trasferimento da una fonte a un altra. 5 Ma occorre considerare anche la ricezione del messaggio. A questo proposito bisogna ricordare che Eco e Fabbri, insieme ad altri studiosi (Giglioli, Lumachi, Seppilli e Tinacci-Mannelli) nel 1963 avevano condotto una ricerca sulle relazioni tra la televisione e il proprio pubblico, ricerca che riguardava peraltro i mass media in generale. In un convegno che si era tenuto a Perugia nell ottobre del 1965 Eco aveva proposto un modello di ricerca interdisciplinare sul rapporto televisione-pubblico, sostenendo la necessità di uno studio comparato di quel che l emittente vuole comunicare, di quel che il messaggio dice e di quel che il pubblico comprende: 6 Si potrebbe dire che, laddove gli studi sociologici sulle comunicazioni di massa si dividevano (e talvolta tuttora si dividono) tra un orientamento sul mittente (apparati e ideologia), uno sul messaggio (content analysis) e uno sul destinatario (rilevamento dei gradimenti, studio degli effetti), e la teoria dell informazione lavora sul solo piano dell espressione del messaggio, la prospettiva semiotica proposta da Eco unifica e al tempo stesso articola tutte queste prospettive. (Marrone 2001: p. 43) In quella occasione viene messo a punto il seguente schema che rappresenta il processo comunicativo: 3 Cfr. Barthes (1957). 4 Cfr. anche Eco (1972). 5 Sul saggio di Eco e Fabbri (1978) cfr. Wolf (1985: 1.9) e Manetti (1992). 6 Cfr. Eco (1965). A proposito del convegno di Perugia del 1965 cfr. Wolf (1992).

4 4 Questo schema mette in evidenza il fatto che tra il messaggio codificato alla fonte e il messaggio ricevuto come significato dal destinatario possono esserci notevoli margini di difformità, e tali difformità possono dipendere dalle competenze linguistiche, culturali e comunicative che caratterizzano in modo differenziato l emittente e il destinatario. 7 Di conseguenza, diventa centrale il problema della decodifica, cioè del processo con cui i componenti dei pubblici costruiscono un senso di ciò che ricevono dalla comunicazione di massa: 8 A seconda delle diverse situazioni socio-culturali, esiste una diversità di codici, ovvero di regole di competenza e di interpretazione. E il messaggio ha una forza significante che può essere riempita con diversi significati, purché esistano diversi codici che stabiliscono diverse regole di correlazione tra dati significanti e dati significati. E qualora esistano codici di base accettati da tutti, si hanno differenze nei sottocodici, per cui una stessa parola capìta da tutti nel suo significato denotativo più diffuso, può connotare per gli uni una cosa e per gli altri un altra. (Eco e Fabbri 1978: ) Tra i processi di codifica e di decodifica delle comunicazioni di massa si apre quindi uno spazio di mediazione costituito dalle competenze dei destinatari, che possono coincidere (in parte o del tutto) o non coincidere (in parte o del tutto) con le competenze dell emittente. Nello specifico, Eco e Fabbri (1978) studiano il fenomeno della decodifica aberrante, che si verifica quando l interpretazione del messaggio è difforme rispetto alle intenzioni dell emittente. Secondo Eco e Fabbri le decodifiche aberranti possono avvenire quando c è totale carenza di codice da parte del destinatario, o quando c è disparità di codici tra emittente e destinatario, o quando il destinatario interpreta il messaggio in relazione ai propri orrizzonti di aspettative (usa il messaggio come conferma di ciò che crede), o quando il destinatario rifiuta del tutto il messaggio perché delegittima l emittente. Se le decodifiche aberranti sono inintenzionali e dipendono da competenze socioculturali diverse, diventa centrale la differenza tra culture definite egemoni e altre culture dette subalterne. A questo proposito Eco e Fabbri chiamano in causa due ipotesi sociolinguistiche: (i) l ipotesi deficitaria e (ii) l ipotesi differenziale. Secondo l ipotesi deficitaria esistono culture subalterne che non hanno un bagaglio di conoscenze adeguato per decodificare certi messaggi (per 7 Già nell introduzione del 1964 a Apocalittici e integrati, parlando della possibilità di manipolare le masse, Eco scriveva: Che poi le cosiddette masse stiano o no al gioco, se in realtà abbiano uno stomaco più forte di quanto credono i loro manipolatori, se sappiano esercitare una facoltà di discriminazione sui prodotti che vengono loro offerti da consumare, se sappiano risolvere in stimoli positivi, volgendoli a impieghi imprevisti, messaggi che erano stati emessi con tutt altra intenzione questo è un altro problema. (Eco 1964: 13) 8 L importanza della ricezione viene ripresa e discussa nel saggio Il pubblico fa male alla televisione?, cfr. Eco (1973b).

5 esempio quelli massmediatici). Queste culture possiedono un codice ristretto, conseguenza di una scarsa scolarizzazione e/o di una posizione svantaggiosa nella struttura sociale. Secondo l ipotesi differenziale, invece, il problema non è l ampiezza della competenza culturale, quanto piuttosto i differenti orientamenti funzionali della cultura colta e della cultura popolare. La cultura colta avrebbe un orientamento prevalentemente metalinguistico e astratto, mentre la cultura popolare si organizzerebbe prevalentemente intorno a significati particolaristici e molto legati al contesto enunciativo. Da questa prospettiva la differenza starebbe nella specificità dei codici e delle culture. Se invece la decodifica è intenzionalmente divergente rispetto a quella predisposta dall emittente, allora siamo in presenza di quella che Eco ha chiamato guerriglia semiologica. Secondo Eco il telespettatore anziché ricevere passivamente quel che viene trasmesso può distorcere tatticamente i messaggi televisivi riarticolando il senso delle trasmissioni che consuma. È importante a questo proposito contestualizzare questo concetto. Siamo nel periodo del post-sessantotto e la nozione di guerriglia semiologica viene elaborata nell ottica del controllo delle comunicazioni di massa: il suo scopo è quello di mettere a confronto i codici dell emittente e del destinatario non per ricomporli, ma per metterne in risalto le differenze ideologiche. Eco popone in quel periodo un azione per spingere l udienza a controllare il messaggio e le sue molteplici possibilità di interpretazione, e ne specifica le modalità: Bisogna occupare, in ogni luogo del mondo, la prima sedia davanti ad ogni apparecchio televisivo (e naturalmente: la sedia del leader di gruppo davanti ad ogni schermo cinematografico, ad ogni transistor, ad ogni pagina di quotidiano). Se volete una formulazione meno paradossale, dirò: la battaglia per la sopravvivenza dell uomo come essere responsabile nell Era della Comunicazione non la si vince là dove la comunicazione parte, ma là dove arriva. (Eco 1967: 428) 5 Il problema dell obiettività In una relazione tenuta il 15 aprile 1978 a un convegno milanese organizzato dalla Casa della Cultura Eco affronta il problema dell oggettività dell informazione. 9 A partire da una polemica sull obiettività giornalistica che circa dieci anni prima aveva coinvolto diversi giornalisti autorevoli e che era stata originata proprio da una inchiesta di Eco pubblicata dall Espresso, ora l autore intende chiarire i termini della questione. L autore ricorda che in linea teorica l obiettività è irraggiungibile perché un giornale fa interpretazione non solo quando mescola commento e notizia, ma anche quando sceglie come impaginare l articolo, come titolarlo, come corredarlo di fotografie, come metterlo in connessione con un altro articolo che parla di un altro fatto; e soprattutto un giornale fa interpretazione quando decide quali notizie dare. (Eco 1983: 129) Tuttavia se in linea di principio l obiettività non è raggiungibile, possiamo concepire dei criteri empirici per ricercare una obiettività bassa, fondata cioè sul ragionevole compromesso: Ma in definitiva concordo, c è un limite basso dell obiettività che consiste nel separare notizia e commento; nel dare almeno quelle notizie che circolano via agenzia; nel chiarire se su una notizia vi sono valutazioni contrastanti; nel non cestinare le notizie che appaiono scomode; nell ospitare sul giornale, almeno per i fatti più vistosi, commenti che non concordino con la linea del giornale; nell aver il coraggio di appaiare due commenti antitetici per dare la temperatura di una controversia, eccetera eccetera. Tutti criteri empirici, che non tolgono al giornale la sua natura di messaggio complessivamente dipendente da una determinata visione del mondo, ma che almeno permettono al lettore di sospettare che visioni del mondo ci siano, e siano più di una. (Eco 1983: 131) 9 Ora in Eco (1983: ).

6 6 Secondo Eco negli anni Settanta i media hanno realizzato un obiettività di questo tipo, che potremmo definire bassa o empirica, in modo più soddisfacente rispetto a quanto accaduto negli anni Cinquanta e Sessanta; e questo perché si è profilata un udienza più esigente nei confronti dei media, perché si è sviluppata un informazione alternativa (giornali di nicchia, radio indipendenti, nuovi canali televisivi privati), per la progressiva presa di coscienza dei giornalisti, e perché si è diffusa la produzione dei fatti-notizia. Che cosa sono i fatti-notizia? Nel 1978 Eco dice che il fenomeno è maturato solo negli ultimi tempi ma sta coinvolgendo profondamente il mondo del giornalismo e della notizia. Si tratta di produrre fatti affinché diventino notizie: Il bonzo vietnamita che si cosparge di benzina, il giovane americano che brucia pubblicamente la cartolina precetto, il radicale che digiuna tutti eredi spirituali del primo genio che intuì le possibilità date da una società delle comunicazioni, e cioè il Mahatma Gandhi sono stati tra i primi a praticare una attività che possiamo chiamare produzione di messaggi per mezzo di messaggi. Uccidersi, digiunare, esporsi alla condanna per rifiuto della leva senza che nessuno lo venga a sapere, è un gesto inutile. Il gesto diventa utile proprio perché se ne parla, e diventa non un gesto materiale (la mia morte, il mio digiuno) ma un gesto simbolico che parla d altro (le ragioni per cui muoio, digiuno, brucio la cartolina). (ibid.: 135) La tecnica consiste dunque nel produrre notizie per mezzo di fatti-messaggio, e se ben utilizzata può portare a un efficace controllo dei media. Del resto i media non possono tacere notizie di questo tipo, se non altro perché le fonti informative si sono moltiplicate (e nel 1978 non c era ancora Internet): Su questi presunti fatti la stampa deve avere il coraggio di dichiarare che sta facendo qualcosa di più che non dare una notizia: prende parte, ne cerca le motivazioni, le cela e le svela, interpreta il valore simbolico di qualcosa prodotto come atto di comunicazione sin dall origine. (ibid.: 139) In altri termini, secondo Eco conviene in questi casi dare la notizia e nel contempo svelare il meccanismo simbolico del fatto-notizia. Ma perché i media devono dare notizie straordinarie anche se si sa che sono costruite per avere un eco mediatica? Ponendosi questa domanda Eco arriva a riflettere sui criteri che regolano la selezione delle notizie nei media. È notizia, com è noto, ciò che è eccezionale. L uomo che morde il cane, non il cane che morde l uomo. Eppure l autore nota come questa concezione della notizia stia all opposto di ogni nozione storica e scientifica di fatto significativo. In storia e nelle scienze esatte è significativo ciò che è ripetitivo e costante, non ciò che è straordinario. I media invece rifiutano il ripetitivo, cercano notizie eccezionali e tendono a presentare come eccezionali anche eventi minori, pur di riempire gli spazi e fare profitto. Il terrorismo nell Italia di quegli anni produceva eventinotizia e sfruttava proprio questa ideologia del mezzo. Forse l unico modo per ripensare il concetto stesso di obiettività, secondo Eco, passa attraverso una rieducazione del pubblico al concetto di notizia. Anziché stimolare il pubblico solo con fatti emergenti, i media dovrebbero abituare il proprio pubblico all importanza dei fatti continui, dei fatti normali, che spesso spiegano anche l insorgere dei fatti straordinari: L ideologia della notizia vuole che si sbatta il morto, o il mostro, in prima pagina. Non ha educato né il pubblico né il giornalista a sbattere il vivo, o il normale, in prima pagina. Infatti questa operazione richiede molta più perizia, capacità di analisi e capacità di coinvolgimento, diciamo la parola, molta più professionalità, o almeno una professionalità diversa da quella tradizionale. (ibid.: 142) Eco è consapevole del fatto che questa riformulazione dell ideologia della notizia è una utopia verso cui tendere. Nell immediato, l autore consiglia di giocare a carte scoperte. I media possono, anzi devono esplicitare le proprie scelte e le proprie operazioni. Se si raccontano dei fatti terroristici, si deve spiegare che si tratta anche di messaggi, o meglio di fatti-notizia. E di fronte a

7 qualsiasi resoconto, a qualsiasi montaggio di notizie, conviene dichiarare apertamente la propria prospettività (la propria parzialità) e il proprio diritto-dovere di interpretare i fatti. 7 La neo tv, ovvero la televisione che parla di se stessa In un intervento del 1983 (Eco 1983: ) Eco presenta i caratteri della neo tv. Secondo Eco la caratteristica principale della Neo Tv è che essa sempre meno parla (come la Paleo Tv faceva o fingeva di fare) del mondo esterno. Essa parla di se stessa e del contatto che sta stabilendo col proprio pubblico. Non importa cosa dica o di cosa parli (anche perché il pubblico col telecomando decide quando lasciarla parlare e quando passare su un altro canale). Essa, per sopravvivere a questo potere di commutazione, cerca di trattenere lo spettatore dicendogli: io sono qui, io sono io, e io sono te. (Eco 1983: 163) Questo carattere di autoriflessività porta la televisione a marcare sempre di più la sua presenza. Se la paleo tv si preoccupava di raccontare la realtà con un effetto di neutralità, nascondendo quindi le proprie tracce, la neo tv non si preoccupa di svelare la propria presenza, anzi la esibisce. E così ecco che si cominciano a vedere gli strumenti tecnici, che prima dovevano rimanere rigorosamente nascosti: la giraffa per il microfono, la telecamera stessa, il telefono del telegiornale, l applauso apertamente richiamato. Ricorrendo alla terminologia di Jakobson, possiamo dire che la neo tv accentua la funzione fàtica rispetto a quella referenziale. Il rapporto con la realtà è importante, ma diventano sempre più importanti e invadenti i segnali con cui la televisione marca la propria presenza. Sempre su questa linea, Eco nota (e ricordiamo che siamo nel 1983) come sempre più la televisione si stia trasformando da veicolo di fatti (ritenuto neutrale) in apparato per la produzione di fatti, da specchio della realtà a produttore di realtà. (ibid.: 170) La televisione entra nei fatti e ne condiziona l evoluzione: a Vermicino un bambino è caduto davvero nel buco, ed è vero che vi è morto. Ma tutto quello che si è svolto tra l inizio dell incidente e la morte è avvenuto come è avvenuto perché c era la televisione. L evento, catturato televisivamente al proprio nascere, è diventato messa in scena. (ibid.: 172) Eco mette a fuoco qui la ben nota capacità dei media di costruire in qualche misura la realtà, se non altro perché la presenza delle telecamere influisce sulla preparazione e sul corso degli eventi. Il matrimonio del principe ereditario del Regno Unito, nota Eco, è stato concepito per la televisione, e se si riguardano oggi le nozze tra Ranieri di Monaco e Grace Kelly di venticinque anni prima si capisce come i grandi eventi dell epoca pre-televisiva fossero radicalmente diversi. Con la neo tv, inoltre, è entrata in crisi la dicotomia tra programmi d informazione, che dovrebbero raccontare la verità, e programmi di finzione, che dovrebbero intrattenere il pubblico. I programmi di intrattenimento (per esempio i cosiddetti programmi-contenitore) tendono a diventare programmi d informazione, e viceversa i programmi d informazione assumono anche la funzione di intrattenimento. Con questa indicazione Eco individua un fenomeno che caratterizzerà sempre più la televisione degli anni successivi, e oggi sappiamo quanto l informazione sociale e politica sia passata soprattutto attraverso i programmi di intrattenimento, e quanto i telegiornali siano stati contaminati da forme di spettacolarizzazione. La neo tv, in definitiva, sembra molto concentrata su se stessa: sulle proprie tecniche, sui propri mezzi, sulla propria capacità di ricostruire gli eventi, sui proprio palinsesti. La tv sembra proprio, per riprendere una vecchia definizione, una finestra aperta su di un mondo chiuso.

8 8 Guardare di più al mondo, e meno nello specchio In un convegno su «Informazione e politica» che si svolge a Roma, presso la Presidenza del Senato, nel 1995, Eco tiene un seminario in cui presenta un cahier de doléances sulla situazione della stampa italiana, in particolare nei suoi rapporti con il mondo politico (cfr. Eco 1997). Essendo ormai la televisione la prima fonte di diffusione delle notizie, i quotidiani si sono sempre più settimanalizzati : Il quotidiano è diventato sempre più simile a un settimanale, con lo spazio enorme che dedica al varietà, alla discussione di fatti di costume, di pettegolezzi sulla vita politica, di attenzione al mondo dello spettacolo. (ibid.: 57) Per contro, i settimanali di fascia alta devono riposizionarsi e spesso invadono il campo del pettegolezzo che caratterizzava i settimanali di fascia medio-bassa, rischiando di perdere la propria identità tradizionale. Questo è capitato negli ultimi anni a settimanali assai diffusi in Italia come L Espresso e Panorama, che fanno ormai fatica a differenziarsi. Con la settimanalizzazione i quotidiani tendono ad aumentare le pagine e a introdurre supplementi che consentono di aumentare gli introiti pubblicitari, ma poi gli spazi vanno riempiti e allora bisogna inventare le notizie o trasformare in notizia quello che notizia non è. Un altra caratteristica critica della stampa italiana, secondo Eco, è la sua dipendenza dalla tv. La stampa è succube della tv: È la tv che fissa, come si suol dire, l agenda della stampa. Non c è stampa al mondo dove le notizie televisive finiscano in prima pagina, a meno che la sera prima Clinton o Mitterand non abbiano parlato dai teleschermi, o che sia stato sostituito l amministratore delegato di una catena nazionale. (ibid.: 62) Non è detto che le cose debbano andare per forza così. Eco prende l esempio del New York Times, che includendo anche supplementi e allegati conta 569 pagine. A parte brevi riferimenti a programmi specifici, i temi televisivi non compaiono: Quindi non è vero che occorre parlare di televisione per riempire le pagine e interessare il pubblico. È una scelta, non una necessità. (ibid.: 63) Peraltro parlando continuamente di televisione e di eventi televisivi, la stampa pubblicizza un proprio concorrente e contribuisce a eleggerlo quale medium privilegiato: la stampa, per attirare il pubblico della televisione, ha imposto la tv come spazio politico privilegiato, pubblicizzando oltre misura il proprio concorrente naturale. I politici ne hanno tratto le dovute conseguenze: hanno scelto la televisione, ne hanno assunto il linguaggio e i modi, sicuri che solo così si sarebbe avuta anche l attenzione della stampa. (ibid.: 65) Del resto, quando non parla della tv, la stampa parla di se stessa, e in questo ha imparato dalla televisione, che per lo più parla della televisione: si susseguono quindi dichiarazioni che vengono riprese da altri giornali e si citano interviste e commenti di altre testate in un circuito autoriflessivo e asfittico: Così dice Eco i mass media, da finestra sul mondo, si trasformano in uno specchio, gli spettatori e i lettori guardano a un mondo politico che rimira se stesso, come la regina di Biancaneve. (ibid.: 70) Eco si chiede cosa si può fare per tentare di risolvere e superare queste contraddizioni. Una via potrebbe essere quella di un quotidiano di poche pagine (10-12), solo con le notizie più importanti del giorno prima. Ma questa via implicherebbe un tremendo calo di vendite, e soprattutto in questo modo si rischierebbe di perdere la funzione critica della stampa, a quel punto delegata esclusivamente alla televisione. L altra via sarebbe quella che Eco definisce dell attenzione allargata : il quotidiano rinuncia a diventare settimanale di varietà, e diventa austera e attendibile miniera di notizie su tutto quello che avviene nel mondo; non parlerà solo del colpo di stato avvenuto ieri in un paese del Terzo Mondo, ma avrà dedicato agli eventi di questo paese una attenzione continua, anche quando i fatti a venire erano in incubazione, riuscendo a spiegare al lettore perché (per quali interessi economici o politici, anche nazionali) si doveva essere attenti a quando avveniva laggiù. Ma questo tipo di stampa quotidiana richiede una lenta educazione del lettore; oggi, in Italia, un quotidiano, prima di essere pervenuto a educare i propri lettori, li avrebbe perduti. Persino il New York Times, che pure ha lettori educati e agisce a New York in regime praticamente monopolistico, trova ormai il coloratissimo e più leggero US Today che gli sottrae lettori. (ibid.: 75-76)

9 9 Ma poi Eco accenna a una terza via, che quindici anni fa si intravedeva all orizzonte ma che oggi prende forma sotto i nostri occhi: è la via telematica e interattiva consentita da Internet e dalle nuove tecnologie. Ognuno potrebbe farsi il proprio quotidiano in casa, dice Eco, accostando e montando notizie da varie fonti a seconda dei propri interessi. E questo è quanto fanno molti giovani oggi, avendo molta pratica con l uso delle nuove tcnologie. Ci sono i siti dei giornali, i siti dei canali televisivi, i social network, i blog, e molti già oggi non sentono più la necessità di acquistare il quotidiano cartaceo. Lo scenario sembra interessante perché mostra un informazione aperta, libera, personalizzata. Ma bisogna considerare alcuni fattori di rischio: anzitutto si rischia di avere una élite di utenti informatissimi (i giovani, gli acculturati, gli esperti di nuovi media), che sanno dove cercare le notizie, e una massa di subproletari dell informazione. Inoltre, non è detto che la rete sia del tutto acefala e che sia sottratta a ogni controllo dall alto. Infine, bisogna considerare che l eccesso di informazione (offerta potenzialmente dalla rete) può portare all impossibilità di una selezione accurata: L eccesso di informazione porta o a criteri casuali di decimazione, o a scelte oculate permesse, di nuovo, a una élite educatissima. (ibid.: 78) I problemi della stampa e dei media sono molti e complessi e gli scenari futuri interessanti, ma per il momento Eco si limita a dare un consiglio operativo alla stampa e al mondo politico: guardare di più al mondo, e meno nello specchio. Alcune considerazioni per concludere Alla luce di questo excursus sulle idee principali che Eco ha esposto intorno ai media e alle comunicazioni di massa vorrei soffermarmi su due aspetti che a mio avviso emergono in modo chiaro e che vale la pena riepilogare per concludere. (i) Come già rilevato da Marrone (2001), emerge l attenzione nei confronti del destinatario e delle dinamiche della ricezione. Già in Apocalittici e integrati Eco nota che l analisi strutturale delle comunicazioni di massa deve comprendere, oltre alla forma del messaggio, le modalità di ricezione, poiché è importante tenere conto delle differenziazioni del pubblico. Questa attenzione viene ribadita da Eco al celebre convegno di Perugia (Eco 1965) e approfondita tecnicamente con lo studio delle cosiddette decodifiche aberranti, interpretazioni devianti (per così dire) che proprio il destinatario può mettere in atto per varie ragioni, disattendendo le intenzioni dell emittente. Senza dubbio, come nota Marrone, questa attenzione conferma il carattere principale della semiotica di Eco, che non a caso è stata definita semiotica interpretativa: tutto il Lector in fabula (1979) sarà dedicato alla cooperazione interpretativa del lettore nei testi narrativi, e in alcuni importanti saggi scritti in seguito l autore rifletterà sulla libertà e sui limiti dell interpretazione (cfr. Eco 1990). Tuttavia, se negli anni Sessanta Eco ha in mente i destinatari empirici e sembra invocare una sorta di sociologia della ricezione, in seguito (in una prospettiva semiotica) l autore sposta l attenzione verso il destinatario inscritto nel testo (il cosiddetto Lettore Modello). 10 La semiotica principalmente quella di ambito strutturale identifica infatti il suo oggetto di studio nel testo e considera gli elementi esterni (il mondo, l emittente, il destinatario) solo in base al modo in cui sono proiettati in esso (come simulacri). 11 A partire da queste intuizioni, altri studiosi hanno analizzato il modo in cui i media rappresentano i propri destinatari costruendone dei simulacri strategici Cfr. Eco (1979). 11 Cfr. Landowski (1989). 12 Cfr., per esempio, Pozzato (1992; 1995).

10 (ii) In linea con altri paradigmi massmediologici, Eco insiste sul fatto che i media non riproducono (non possono riprodurre) obiettivamente la realtà, ma la (ri)costruiscono adottando delle specifiche strategie. Anzi, talvolta i media sono proprio produttori di realtà, perché gli eventi seguiti dai media sono sempre, in qualche misura, alterati dai media stessi. Nel corso degli anni Eco torna spesso sulla capacità dei media di condizionare e di costruire la realtà, e il tema diventa centrale in diversi scritti e interventi pubblicati (prevalentemente sui giornali) tra il 2000 e il 2005, 13 quando la situazione politica italiana porta alla ribalta il problema del populismo mediatico. Il populismo ricorda Eco è una forma di regime che tende a scavalcare le mediazioni parlamentari stabilendo un rapporto plebiscitario e immediato tra il leader carismatico e le folle. Nelle forme politiche populistiche i media svolgono un ruolo centrale perché il leader carismatico ha bisogno anzitutto di costruire un immagine mediatica del popolo e della volontà popolare, per poi cercare di trasformare i cittadini in quel popolo che lui ha inventato con l aiuto dei media: 10 Appellarsi al popolo significa costruire un figmento: siccome il popolo in quanto tale non esiste, il populista è colui che si crea una immagine virtuale della volontà popolare. Mussolini lo faceva radunando cento o duecentomila persone in piazza Venezia che lo acclamavano, e che, come attori, svolgevano la parte del popolo. Altri possono creare l immagine del consenso popolare giocando sui sondaggi, o semplicemente evocando il fantasma di un popolo. Così facendo il populista identifica i propri progetti con la volontà del popolo e poi, se ci riesce (e sovente ci riesce) trasforma in quel popolo che lui ha inventato una buona porzione di cittadini, affascinati da un immagine virtuale in cui finiscono per identificarsi. (Eco 2006: ) Oggi il simulacro del popolo e della volontà popolare si costruisce anche e forse soprattutto attraverso i nuovi media (Internet, social networks), ed è lì che deve posarsi lo sguardo dello studioso alla ricerca delle nuove forme di populismo. Ma se da un lato i media hanno un rapporto più costruttivo che rappresentativo con la realtà, dall altro emerge la loro costitutiva autoreferenzialità, sottolineata da Eco a più riprese. La Neo Televisione parla di se stessa, i quotidiani parlano della televisione per riempire le pagine e interessare il pubblico, la televisione cita i giornali per avere legittimità: si assiste insomma a un circolo vizioso autoreferenziale da cui è difficile uscire. Sulla base di queste osservazioni Eco consiglia ai media e alla politica di guardare di più al mondo e meno nello specchio, di cercare strategie nuove, di osare e di rinnovarsi. In generale, le riflessioni di Eco sui media e le comunicazioni di massa sono sempre orientate a una ricaduta pragmatica: 14 Eco analizza, dà valutazioni etiche, propone soluzioni operative, in linea del resto con quanto sostenuto nelle pagine finali del suo Trattato: Pertanto la semiotica (come teoria dei codici e teoria della produzione segnica) costituisce anche una forma di critica sociale e quindi una delle forme della prassi. (Eco 1975: 371) 13 Scritti raccolti in Eco (2006). Eco (2010) si sofferma invece sulle strategie con cui i media, per coprire fatti di cui non si deve parlare, riempiono testate e programmi di informazione di notizie irrilevanti. È la cosidetta strategia del rumore, che serve a depistare il destinatario focalizzando la sua ttenzione su una gran mole di informazioni secondarie. 14 Cfr. Marrone (2001: 61).

11 11 Riferimenti bibliografici Barthes, Roland 1957 Mythologies, Seuil, Paris (trad. it. Miti d oggi, Einaudi, Torino, 1974). Eco, Umberto 1962 Opera aperta, Bompiani, Milano (II edizione rivista 1967) Apocalittici e integrati, Bompiani, Milano (II edizione rivista 1977) Per una guerriglia semiologica, relazione al Convegno «Vision 67», New York, ora in Eco 1973a Per una indagine semiologica sul messaggio televisivo, AA.VV. Per un modello di ricerca interdisciplinare sul rapporto televisione-pubblico. Colloquio per la impostazione di un modello di ricerca interdisciplinare, Perugia, ottobre, Istituto di Etnologia e Antropologia Culturale dell Università di Perugia La struttura assente. Introduzione alla ricerca semiologica, Bompiani, Milano (ed.) Estetica e teoria dell informazione, Bompiani, Milano. 1973a Il costume di casa, Bompiani, Milano (nuova edizione 2012). 1973b Il pubblico fa male alla televisione?, in Eco 1977, pp Trattato di semiotica generale, Bompiani, Milano Dalla periferia dell impero, Bompiani, Milano Lector in fabula, Bompiani, Milano Sette anni di desiderio, Bompiani, Milano I limiti dell interpretazione, Bompiani, Milano Cinque scritti morali, Bompiani, Milano A passo di gambero. Guerre calde e populismo mediatico, Bompiani, Milano Per una semiotica del silenzio, in Montanari (a cura di) 2010, pp Eco, Umberto e Fabbri, Paolo 1978 Progetto di ricerca sull utilizzazione dell informazione ambientale, Problemi dell informazione, 4, pp Landowski, Eric 1989 La société réfléchie. Essais de socio-sémiotique, Seuil, Paris [trad. it. La società riflessa, Meltemi, Roma, 1999]. Manetti, Giovanni 1992 I modelli comunicativi e il rapporto testo-lettore nella semiotica interpretativa, in R. Grandi, I mass media tra testo e contesto. Informazione, pubblicità, intrattenimento, consumo sotto analisi, Lupetti, Milano. 1992, pp Marrone, Gianfranco 2001 Corpi sociali. Processi comunicativi e semiotica del testo, Einaudi, Torino. McLuhan, Marshall 1962 The Gutenberg Galaxy: The Making of Typographic Man, University of Toronto Press, Toronto [trad. it. La galassia Gutenberg, Armando Editore, Roma, 1976.

12 Montanari, Federico 2010 (a cura di) Politica 2.0. Nuove tecnologie e nuove forme di comunicazione, Carocci, Roma. Pozzato, Maria Pia 1992 Dal gentile pubblico all Auditel. Quarant anni di rappresentazione televisiva dello spettatore, Nuova Eri/Vqpt, Roma Lo spettatore senza qualità. Competenze e modelli di pubblico rappresentati in televisione, Nuova Eri/Vqpt, Roma. Shannon, C. e Weaver, W The Mathematical Theory of Communication, University of Illinois Press, Urbana (trad. it. La teoria matematica delle comunicazioni, Etas Kompass, Milano, 1971). Wolf, Mauro 1985 Teorie delle comunicazioni di massa, Bompiani, Milano Una visita in soffitta, in P. Magli, G. Manetti, P. Violi (a cura di), Semiotica: Storia Teoria Interpretazione. Saggi intorno a Umberto Eco, Bompiani, Milano, pp

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