LA CADUTA DELLA NEVE AL SUOLO

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1 LA CADUTA DELLA NEVE AL SUOLO La caduta del cristallo di neve: le idrometeore In meteorologia sono così chiamati i prodotti di condensazione o sublimazione del vapore acqueo che interessano il suolo o l'aria subito sovrastante. Per lo studio della neve è importante saper riconoscere e rilevare le diverse idrometeore in quanto molte di esse hanno effetti particolari sulla possibilità di saldatura fra gli strati o col terreno, sulla permeabilità della neve superficiale, sugli scambi termici e di umidità. Vediamo, in sintesi, le principali forme di idrometeore in montagna: 1) Nebbia / Foschia Sospensione di piccolissime gocce d'acqua di condensa che si forma, in calma d'aria, a seguito di un raffreddamento, in genere notturno; per convenzione internazionale la visibilità deve essere inferiore a 1 km. In montagna comunemente si chiama nebbia anche la nuvola bassa. Quando le gocce sono più disperse e la visibilità è superiore a 1 km si parla di foschia o bruma, da non confondere con la caligine che è data da sospensione di particelle solide non di ghiaccio (polvere, cenere, ecc.). 2) Rugiada Deposito di gocce d'acqua per condensazione del vapore su superfici più fredde dell'aria sovrastante, come avviene con la perdita di calore per irraggiamento durante le notti serene e con calma di vento o quasi. 3) Pioviggine Precipitazione molto fitta, lenta ed uniforme di piccolissime gocce d'acqua (diametro inferiore a 0,5 mm); sulla neve apporta calore ed acqua con aumento del peso e rapida diminuzione della coesione tra i cristalli, mentre un successivo gelo porta a lastre ghiacciate impermeabili. 4) Galaverna Deposito di ghiaccio duro, biancastro e di aspetto spugnoso, prodotto dal rapido congelamento di microscopiche gocce sopraffuse di nebbia o di foschia, trasportate dal vento, per l'urto contro un ostacolo; ricordare che il deposito avviene sempre sul lato sopravvento.

2 5) Calabrosa La calabrosa è uno strato di ghiaccio semitrasparente, più o meno omogeneo che si forma sul terreno per solidificazione di grosse gocce di nebbia. L'effetto sul manto nevoso è sempre negativo, creando strati impermeabili che scompaiono solo per sublimazione (ad esempio sotto l'azione di un vento secco) o per fusione. 6) Vetrone O anche chiamato gelicidio; strato di ghiaccio anche di notevole spessore che può formarsi sia quando gocce sopraffuse (liquide a temperatura < 0 C) di pioggia colpiscono un terreno di poco sopra 0 C, sia viceversa quando normali gocce di pioggia cadono su superfici la cui temperatura sia < 0 C. L'effetto sul manto nevoso è sempre negativo, creando strati impermeabili che scompaiono solo per sublimazione (ad esempio sotto l'azione di un vento secco) o per fusione.

3 7) Brina Deposito di ghiaccio per sublimazione inversa di vapore su superfici a temperatura sotto 0 C, con costruzione di cristalli laminari a forma di foglia, di piume o di scaglie che possono raggiungere anche grandi dimensioni acquisendo un aspetto striato caratteristico. La brina si forma più facilmente sui versanti in ombra e/o esposti a nord dove si accumula e ristagna l'aria fredda. Se inglobati nel manto nevoso questi cristalli creano una situazione di grave e duraturo pericolo di instabilità, sia perché offrono un minimo attrito allo scorrimento fra di loro, sia perché le sole metamorfosi possibili sono o la fusione o la scomparsa per sublimazione diretta. Si possono incontrare due tipi di cristalli striati, indicati entrambi col nome di brina anche se diversi per origine: Brina di superficie Si forma solo in superficie; cristalli striati ma laminari, molto fragili ma con discreta resistenza alla compressione una volta impilati l'uno sull'altro; minima coesione tra cristalli che non offrono attrito allo scorrimento; gli strati inglobati hanno spessori molto ridotti, al massimo di qualche millimetro. Brina di fondo Si forma all'interno del manto nevoso (a qualsiasi livello, anche se è più frequente a contatto col suolo, da cui il nome) ed è la fase finale della metamorfosi da gradiente; cristalli striati ma prismatici o piramidali cavi, singolarmente molto resistenti alla compressione ma senza coesione fra di loro, lo scorrimento è facile anche se le forme spigolate forniscono un certo attrito; strati anche di parecchi centimetri di spessore.

4 8) Nevischio o neve granulosa Precipitazione solida corrispondente alla pioviggine. Piccoli granuli discoidali (diametro < 1 mm), bianchi e opachi, che non rimbalzano e non si frantumano cadendo su terreno duro. Sulla neve creano uno strato di "pallini" a minima coesione che, se coperto da una nuova nevicata, determina sempre un punto di rottura in quanto la loro possibile metamorfosi ha solo risultati negativi. 9) Neve tonda Simili al nevischio la neve tonda si presenta con granelli di ghiaccio (2-3 mm di diametro) opachi e bianchi, sferici o conici, facilmente comprimibili. 10) Gragnola Simili al nevischio anche la gragnola che presenta granuli (fino a 5 mm di diametro) trasparenti o traslucidi, sferici o irregolari, duri, che cadendo al suolo rimbalzano con suono caratteristico. 11) Grandine La grandine non è da confondere con la gragnola o la neve tonda. Si presenta con grani o pezzi di ghiaccio (chicchi) con diametro da 5 a 50 mm, separati o agglomerati in pezzi più grandi e irregolari, che si formano durante temporali violenti e di lunga durata, raramente con temperatura a terra inferiore a 0 C. 12) Pioggia Gocce d'acqua liquida con diametro > 0,5 mm; nel caso di rovesci (precipitazioni di breve durata ma di forte intensità) il diametro è compreso tra 2 e 7 mm. Sulla neve gli effetti sono molteplici e sempre importanti: percola nella massa, favorendo la fusione in superficie e creando solcature caratteristiche. La quantità di pioggia caduta si misura in millimetri (1 mm = 1 L/mq = 1litro per metro quadrato). Inzuppando il manto diminuisce la coesione interna fino ad originare il distacco di valanghe. Crea i presupposti per la formazione di croste ghiacciate; aumenta in modo rapido e notevole il peso della neve. Per quanto riguarda la fusione della neve spesso si osserva che una pioggia, anche intensa e di una certa durata, ha scarsi effetti visibili sullo spessore preesistente; la cosa si spiega tenendo conto del calore latente di fusione del ghiaccio (80 kcal/kg) e del calore specifico dell'acqua (1 kcal/kg C). Facciamo un esempio esemplificativo: 10 millimetri di pioggia alla temperatura di 2 C cadono sopra uno strato di neve con peso di 400 kg/mc (400 Kg per metro cubo) a 0 C; in 1 metro quadrato lo spessore di 1 mm di neve pesa 0,4 kg, quindi per fonderla sono necessarie 32 kcal (0,4 * 80); 10 mm di pioggia (cioè 10 kg di acqua in un metro quadrato), passando da 2 C a 0 C, fornisce 20 kcal (1 * 2 * 10); quindi il calore fornito dalla pioggia può sciogliere (20 : 32) 0,625 mm di neve, una quantità che difficilmente salta all occhio. 13) Tormenta Neve trasportata da vento forte e più o meno turbinoso; i cristalli soffiati possono essere quelli sollevati dal suolo o quelli che stanno cadendo durante una nevicata. Si distingue la tormenta alta, quando la neve è sollevata ad una altezza tale da non ridurre la visibilità all'altezza degli occhi, e la tormenta bassa, quando la visibilità è praticamente zero. I principali effetti della tormenta sono quelli della rottura meccanica dei cristalli ed il loro accumulo nelle zone sottovento, azioni determinanti per la successiva stabilità della copertura nevosa (vedi azione del vento sulla stabilità del manto nevoso).

5 14) Nevicata Precipitazione di cristalli di ghiaccio, più o meno aggregati in fiocchi, che si depositano sul terreno formando un miscuglio eterogeneo di ghiaccio, aria ed acqua. Le nevicate più intense ed abbondanti, a grossi fiocchi, avvengono con temperature relativamente calde (tra 0 e -5 C), condizione che permette un maggior contenuto di vapore nell'atmosfera e quindi la formazione di un maggior numero di cristalli e di maggiore dimensione. Per quanto ad intensità di nevicata, in calma d'aria il massimo al momento è di 4,2 cm/h, registrato il 30 marzo 1975 (quindi con neve "calda" pesante) in località Rifugio Gilberti (Alpi Carniche; quota m). Il peso della neve fresca varia in funzione della temperatura e della forma dei cristalli; da rilievi sulle Alpi a quota m risultano i seguenti valori: Temperatura ( C) Peso minimo (kg/mc) Peso massimo (kg/mc) Già in fase di deposito fiocchi e cristalli vanno incontro ad un cambiamento di forma per effetto del loro peso, in quanto le strutture più sottili si rompono con conseguente riduzione degli spazi "vuoti" interclusi: in pratica la neve subisce un assestamento, che si evidenzia in un aumento di densità dall'alto in basso e in una graduale diminuzione dello spessore totale, riduzione che dipende dal sovraccarico di neve, dal tempo trascorso dopo il deposito e dalla temperatura dell'aria. Nemmeno uno strato derivato da una singola nevicata è, quindi, omogeneo per forma dei cristalli e per densità ai diversi livelli di quota e ciò comporta notevoli differenze nella trasmissione di calore e di umidità, con effetti diversi sulle possibili successive metamorfosi e sulla stabilità del manto. La successione di più nevicate porta alla costruzione di depositi formati da strati di caratteristiche molto diverse, facilmente riconoscibili in una stratigrafia. La diversificazione in strati è poi accentuata dal tipo di metamorfosi che agisce e che può variare anche in uno strato derivato da una singola precipitazione (alla base si può avere trasformazione da gradiente, con formazione di brina di fondo incoerente e quindi instabile, mentre in alto la metamorfosi da isotermia consolida la neve formando uno strato apparentemente resistente, ma anch'esso instabile perché senza un sufficiente appoggio al terreno).

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