13 CAP. 1 La competenza digitale: quali definizioni e politiche per conseguirla? (Maria Ranieri)

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1 Indice 7 Introduzione (Antonio Calvani) 13 CAP. 1 La competenza digitale: quali definizioni e politiche per conseguirla? (Maria Ranieri) 35 CAP. 2 La competenza digitale: un modello di riferimento per la scuola (Antonio Calvani) 65 CAP. 3 Costruzione e sperimentazione di uno strumento quantitativo per la valutazione della competenza digitale (Antonio Fini) 107 CAP. 4 Valutare la competenza digitale in situazione (Maria Ranieri) 133 Glossario 145 Bibliografia

2 16 La competenza digitale nella scuola Nel primo rapporto si parla non più di literacy*, bensì di Fluency in Information Technology (FITness), il cui conseguimento viene indicato come una delle maggiori sfide intellettuali della contemporaneità. Nel rapporto si legge, infatti, che la computer literacy ha assunto una connotazione orientata prevalentemente alle abilità relative all uso di applicativi oggi quotidianamente utilizzati (word processing, ); la literacy così intesa rappresenterebbe un obiettivo troppo modesto per rispondere ai rapidi cambiamenti tecnologici, perché non pone le basi per poter stare al passo con i tempi: «Poiché la tecnologia cambia molto rapidamente, le abilità possedute diventano presto obsolete e non ci sono modelli di migrazione verso nuove skills. Una soluzione migliore per l individuo è quella di prepararsi a adattarsi ai cambiamenti tecnologici» (NRC, 1999, p. 2, trad. nostra). A partire da questa premessa la fluency tecnologica dovrebbe comprendere le seguenti capacità e conoscenze: a) contemporary skills: «l abilità di utilizzare particolari (e contemporanee) risorse hardware o software per svolgere compiti di elaborazione dell informazione» (NRC, 1999, p. 18, trad. nostra); ovviamente queste abilità cambieranno nel tempo all evolvere di hardware e software; b) concetti fondamentali: «principi e idee basilari su computer, reti e informazione» (NRC, 1999, pp. 2-3, trad. nostra), tra cui: la struttura del computer, i sistemi informativi, le reti, il modelling, pensiero algoritmico e programmazione, limiti delle ICT* e loro impatto sociale; c) capacità intellettuali: si riferisce alla capacità di integrare «specifiche conoscenze nel campo delle ICT con problematiche relative agli interessi personali del soggetto» (NRC, 1999, p. 20, trad. nostra). Si tratta di capacità intellettuali trasversali ai contesti disciplinari e che riguardano le seguenti abilità: argomentare, gestire la complessità, testare soluzioni, valutare informazioni, collaborare, anticipare il cambiamento e gestire l imprevisto/ inaspettato. Anche l ETS (2002) si muove in una direzione analoga, sottolineando la natura riflessiva dell ICT literacy: questa infatti «non può essere primariamente identificata con la padronanza delle abilità tecniche [...] il concetto di ICT literacy dovrebbe essere ampliato per includere sia capacità critico-cognitive molto noti, come ad esempio il TOEFL (test di inglese come lingua straniera). La sigla OECD sta per Organisation for Economic Co-operation and Development (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico): si tratta di un organismo internazionale composto attualmente da trenta Paesi, il cui scopo è quello di promuovere e coordinare la cooperazione in campo economico tra gli Stati che vi aderiscono.

3 La competenza digitale: quali definizioni e politiche per conseguirla? 17 sia l applicazione di abilità e conoscenze tecniche. Queste capacità cognitive includono capacità generali, come saper leggere e far di conto, pensiero critico e problem solving» (ETS, 2002, p. 1, trad. nostra). Più specificamente, l ETS definisce il concetto di ICT literacy come la capacità di usare le tecnologie e gli strumenti comunicativi per accedere, organizzare, integrare, valutare e creare informazioni allo scopo di agire adeguatamente nella società della conoscenza, riuscendo a integrarle con successo nella vita di tutti giorni. Questo concetto viene così descritto attraverso cinque categorie che riguardano il modo di misurarsi con l informazione: accesso: sapere come trovare e raccogliere le informazioni; gestione: saper organizzare le informazioni secondo uno schema di classificazione; integrazione: saper interpretare e rappresentare l informazione; ciò implica la capacità di sintetizzare, confrontare, rilevare punti di contrasto o differenziazione; valutazione: saper valutare la qualità, la rilevanza, l utilità dell informazione; creazione: saper generare nuove informazioni adattando, applicando, inventando o producendo informazione. Il lavoro dell ETS si inserisce nel quadro di un progetto più ampio sulla definizione delle nuove competenze chiave, promosso negli ultimi dieci anni dall OECD, ossia il progetto DeSeCo. 4 In DeSeCo viene identificata un area di competenza denominata «Utilizzare gli strumenti in modo interattivo», che comprende tra le altre cose l abilità di utilizzare le tecnologie in modo interattivo. Questa abilità, si specifica nel documento (OECD-DeSeCo, 2005, p. 11, trad. nostra), richiede una consapevolezza dei nuovi modi in cui le persone possono utilizzare le tecnologie nella loro vita quotidiana. Le ICT hanno la potenzialità di trasformare il modo in cui le persone lavorano insieme (riducendo il peso della collocazione geografica), accedono all informazione (rendendo disponibili grandi quantità di informazione istantaneamente) e interagiscono con gli altri (facilitando le relazioni e le reti di persone in tutto il mondo). Per cogliere questo potenziale, le persone dovrebbero andare oltre le abilità tecniche di base relative al semplice uso di internet, della posta elettronica e così via. Del resto le tecnologie sono oggi sempre più amichevoli e quindi è sempre meno importante la capacità tecnico-informatica in senso stretto (saper 4 L acronimo sta per Definition and Selection of Competencies (OECD-DeSeCo, 2005).

4 32 La competenza digitale nella scuola SCHEDA 1 Gli standard per l Information Literacy nel lavoro dell ACRL, dell ANZIIL e dell UNESCO (Maria Ranieri) La defi nizione di standard per l Information Literacy ha attratto prima di tutto l attenzione di esperti bibliotecari, venendo poi a imporsi come un problema di cui oggi si occupano anche gli organismi internazionali. Vediamo analiticamente alcuni dei lavori più rilevanti nel settore. Nel rapporto Information Literacy Competency Standards for Higher Education, l ACRL (2000) defi nisce l information literate student come un soggetto in grado di: determinare l ampiezza dell informazione di cui necessita; accedere all informazione di cui ha bisogno in modo effi ciente ed effi cace; valutare criticamente l informazione e le sue fonti; utilizzare effi cacemente l informazione per raggiungere un determinato scopo; comprendere gli aspetti legali, economici e sociali connessi all uso dell informazione, quindi accedere e usare quest ultima in maniera eticamente e legalmente corretta. Più specifi camente, il documento contiene 5 standard e 22 indicatori di performance e si propone di fornire dei principi generali che inquadrano i bisogni fondamentali e le skills relative: standard 1: riguarda le due principali aree dell Information Literacy, ossia l abilità di riconoscere e defi nire il bisogno informativo e la capacità di identifi care la varietà di tipologie e formati delle potenziali fonti di informazioni; qui rientra anche la capacità di individuare concetti chiave e termini in grado di descrivere i propri bisogni informativi (da tradursi nelle fasi successive in istanza di ricerca); standard 2: comprende un ampio spettro di attività correlate alla ricerca delle informazioni, includendo i metodi di selezione e le tecniche per ricercare, trovare e organizzare le informazioni (saper individuare risorse pertinenti rispetto ai propri bisogni informativi come pure saper utilizzare strategie adeguate sono elementi essenziali per questa literacy); standard 3: attiene alla capacità di valutare in modo critico le informazioni e le sue fonti e all abilità di organizzare, sintetizzare e integrare le nuove informazioni nella propria base di conoscenze e nel proprio sistema di valori; standard 4: si riferisce alla capacità di utilizzare le informazioni in modo effi cace per realizzare uno specifi co obiettivo e, quindi, alla capacità di applicarle alla realizzazione di un prodotto o alla gestione di un processo, e di comunicarle efficacemente; standard 5: riguarda la capacità di comprendere le implicazioni legali, economiche e sociali che investono l uso dell informazione e di utilizzare le informazioni in modo legalmente ed eticamente corretto. In secondo luogo va segnalato il lavoro dell Australian and New Zealand Institute for Information Literacy (ANZIIL, 2004), che ricalca sostanzialmente quello

5 La competenza digitale: quali definizioni e politiche per conseguirla? 33 dell ACRL, con la differenza che mentre quest ultimo introduce la fi gura dell information literate student, il primo parla di information literate person, che viene defi nita come un soggetto in grado di: riconoscere un bisogno informativo; determinare l ampiezza del proprio bisogno informativo; accedere all informazione in maniera effi ciente; valutare in modo critico le informazioni e le sue fonti; classifi care, conservare, manipolare e modifi care l informazione che ha raccolto o prodotto; integrare l informazione selezionata nel personale bagaglio di conoscenze; usare l informazione in modo effi cace per apprendere, creare nuova conoscenza, risolvere problemi e prendere decisioni; comprendere le questioni economiche, sociali, politiche e culturali legate all uso dell informazione; accedere e usare l informazione in modo eticamente e legalmente adeguato; usare l informazione e la conoscenza per la cittadinanza partecipativa e la responsabilità sociale; percepire l Information Literacy come parte integrante del lifelong learning*. Passando al lavoro dell UNESCO (2008), gli indicatori individuati sono complessivamente cinque e vengono così descritti: 1. riconoscere i propri bisogni informativi: riguarda la consapevolezza che il soggetto possiede dei suoi bisogni informativi in rapporto ai differenti contesti (lavoro, diritti e doveri, salute e benessere, ecc.). Tale consapevolezza differenzia l IL dalla ricezione passiva delle informazioni; 2. localizzare e valutare la qualità dell informazione: si riferisce all abilità di trovare le informazioni e alla capacità di valutarne l affi dabilità. Oggi le informazioni vengono sempre più ricercate utilizzando i motori di ricerca e spesso non esistono fi ltri che garantiscano la qualità dell informazione localizzata. Educazione e formazione sono necessarie per acquisire l abilità non solo di trovare le informazioni, ma anche di valutarle; 3. archiviare e ritrovare le informazioni: l umanità ha sempre ritenuto importante conservare informazioni e saperi per trasmetterli da una generazione all altra. Oggi queste attività vengono realizzate attraverso l uso delle tecnologie digitali. La capacità di archiviare e ritrovare l informazione è quindi un indicatore essenziale; 4. fare un uso effi cace ed eticamente corretto delle informazioni: l uso effi cace delle informazioni localizzate comporta la capacità di problem solving* e pensiero critico. Nell uso, nella creazione e nella diffusione dell informazione entrano in gioco poi anche aspetti etici. Un uso eticamente corretto richiede un impegno da parte della persona o dell organizzazione a non produrre né divulgare informazioni mendaci; 5. creare e comunicare conoscenza: la creazione e l uso di nuova conoscenza costituiscono la fi nalità ultima di un percorso di IL. Ciò sta a indicare che un individuo information literate non solo è in grado di esercitare capacità di analisi, ma anche di rielaborare in forme consapevoli e creative le informazioni disponibili.

6 42 La competenza digitale nella scuola Nel terzo caso la tecnologia non è più mezzo, diventa l obiettivo stesso dell apprendimento. Analogamente a quanto accade per la scelta dei saperi che concorrono a definire i curricula di studio, la decisione fonda qui la sua ragion d essere su motivazioni che prescindono in gran parte da considerazioni empiriche o utilitaristiche. Occupandoci di competenza digitale ci collochiamo in questa terza tipologia: la «tecnologia digitale» va in questo caso intesa come dominio culturale, come oggetto stesso di apprendimento; ciò significa che si debba prioritariamente riflettere sul significato che le diamo e come questa nozione possa eventualmente diventare oggetto di un percorso di scolarizzazione. Questa distinzione, apparentemente banale, dovrebbe essere tenuta presente nella mente dei decisori scolastici e degli educatori che sono spesso inclini a impiegare i nuovi dispositivi tecnologici, specie i più suggestivi, senza una chiara consapevolezza circa quale vantaggio o significato assuma il loro impiego. Rispondendo dunque alla domanda che ci siamo posti all inizio, non è detto che l impiego della tecnologia di per sé si accompagni allo sviluppo di attributi rilevanti connessi a una qualche nozione accettabile di competenza digitale; possiamo trovarci dinanzi a un impiego di livello banale (attività futili, puro intrattenimento) o anche finalizzato verso apprendimenti specifici di altro tipo. La dimensione delle tecnologie cognitive (o area dei mindtools) Quanto abbiamo sopra detto vuol dire che le due tipologie significative per l apprendimento learning with e learning about sono da considerare sempre del tutto totalmente distinguibili? Esistono anche attività di apprendimento basate su tecnologie che in qualche caso possono servire allo stesso tempo a favorire conoscenze inerenti aspetti propri della disciplina ma anche forme di riflessività e pensiero critico, aspetti valutabili propri della competenza digitale. Ci riferiamo a particolari attività coinvolte attraverso specifiche strumentazioni denominate tecnologie cognitive o mindtool, studiate da una tradizione di ricerca attiva dagli anni Ottanta che ha avuto come protagonisti autori quali Salomon, Papert, Pea, Jonassen: queste sono costituite in genere da software general purpose come ad esempio ambienti di scrittura, database, fogli di calcolo, software per il modellamento di sistemi, authoring ipermediale, micromondi, strumenti tutti che offrono agli studenti l opportunità di rappre-

7 La competenza digitale: un modello di riferimento per la scuola 43 sentare le proprie conoscenze e conseguentemente anche di riflettere su queste rappresentazioni ( Jonassen, 2006; 2009). Si ipotizza allora che l uso di queste tecnologie sia capace di orientare gli studenti a un impiego più consapevole e critico del proprio pensiero, inducendolo a esplicitare i propri modelli e può anche, in certi casi, «testarli» e revisionarli. Anche se forse è più opportuno spostare l attenzione dallo strumento in sé all integrazione strumento-contesto didattico (Calvani, 2007; si veda anche la scheda 2), sta di fatto che è in quest area, la quale può coinvolgere riflessività e consapevolezza cognitiva ed epistemologica, che è giusto ipotizzare attività didattiche significative per lo sviluppo di competenza digitale. I nativi digitali: una nuova mitologia? Un opinione diffusa è quella secondo la quale la competenza digitale sarebbe qualcosa che si forma in modo naturale, come acquisizione spontanea dato che le ICT* sono intorno a noi. Perché la scuola o altre istituzioni dovrebbero dedicare parte del proprio tempo (sempre limitato) a educare i giovani su argomenti su cui in modo del tutto spontaneo acquisiscono quello che c è da sapere e ne sanno più degli adulti? In effetti capita a tutti di osservare bambini o preadolescenti con precoci abilità nel manipolare questi nuovi dispositivi: inviare SMS, navigare in internet o magari inserirvi audio o video. Ciò significherebbe allora che un ruolo della scuola in merito allo sviluppo di questa competenza non ha ragion d essere? Osservazioni di questo tipo nascono da un duplice presupposto: che la competenza digitale si possa identificare con la pura familiarità tecnologica, cioè con l acquisizione di quelle skills tecniche e operative che sono acquisibili da frequentazione spontanea, e che intere nuove generazioni acquisiscano tutto ciò in modo naturale e completo, all interno del contesto pre- ed extrascolare. A sostegno di ciò si citano i comportamenti che sarebbero tipici delle nuove generazioni. Negli ultimi anni si è sviluppata una ricca letteratura che vede nella nuova generazione gli interpreti di un cambiamento epocale: stiamo parlando dei nativi digitali, secondo il fortunato termine originario di Prensky (2001a; 2001b), a cui si sono aggiunte altre definizioni (net generation, Tapscott, 1998; millenials, Howe e Strauss, 2000). In breve, i nati in questi ultimi anni sarebbero cresciuti immersi nella tecnologia, circondati da computer, videogame, player musicali, videocamere, cellulari e altri dispositivi tipici dell era digitale; a differenza della precedente, che necessita di strumenti di traduzione dei fenomeni tecnologici (immigranti digitali), questa generazione si impadronisce

8 La competenza digitale: un modello di riferimento per la scuola 59 Quando insegnare la competenza digitale? A che età è preferibile insegnare la competenza digitale nella scuola e chi dovrebbe farsene carico? Sono domande a cui si possono dare solo risposte provvisorie, dato il carattere storicamente e culturalmente determinato della nozione di cui ci occupiamo. Sull impiego delle nuove tecnologie in ambito scolastico abbiamo altrove espresso le nostre preferenze per un ipotesi che distingue tre fasi principali (Calvani, 1999), che qui ci sentiamo di confermare: a) dai 3 ai 9 anni: approccio ludico-esplorativo. Si impiegano occasionalmente le nuove tecnologie, in un ottica principale di learning with, finalizzata a valorizzare dimensioni generali della personalità: creatività, autostima, motivazione, piacere espressivo, ecc.; b) dai 9 ai 12 anni: approccio sistematico, nel quale la tecnologia deve diventare oggetto di apprendimento affrontata in modo intenso (prevale dunque un learning about). Si affronta la conoscenza delle diverse tipologie di software, le loro specifiche potenzialità e anche la conoscenza di almeno un linguaggio di programmazione; c) dai 12 anni in avanti: approccio «disciplinare» (o funzionale). La competenza digitale, nelle sue diverse dimensioni, dovrebbe essere sostanzialmente già acquista a questo livello di età. Le tecnologie sono adesso impiegate per apprendere meglio specifici contenuti, per risolvere particolari problemi o per il perfezionamento specialistico di conoscenze tecniche. Rimaniamo convinti che la fase più opportuna per lo sviluppo della digital literacy (learning about) nelle sue diverse dimensioni rimanga la seconda, che copre l età della preadolescenza (9 e i 12 anni), momento in cui il giovane dispone di quel pensiero operatorio cui ad esempio dà molta importanza Papert, che consente di apprendere in situazione ma anche di riflettere e sistematizzare sulla base delle esperienze compiute; gli interventi specifici sulla competenza digitale, sia sul versante più tecnologico sia su quello cognitivo o etico, dovrebbero assumere la loro intensità maggiore in questo periodo, collocandosi subito dopo la prima alfabetizzazione tradizionale Senza escludere l apporto di docenti specifici (insegnanti tecnici), riteniamo che il compito dell educazione digitale ricada su tutti gli insegnanti, con particolare riguardo per quelli di area umanistica, date le evidenti interrelazioni con le forme di literacy tradizionale. Per un significativo lavoro sulle scuole dell infanzia e primaria volto a individuare nei vari versanti significativi percorsi delle ICT*, si veda Tanoni e Tesio (2009).

9 88 La competenza digitale nella scuola Per quanto riguarda gli esiti, alcuni elementi emergono in modo evidente. 1. La grande diffusione dell uso dei computer a casa. Oltre il 70% degli studenti lo usa giornalmente e la percentuale sale a oltre il 95% se si considerano coloro che lo utilizzano più volte durante la settimana. La consuetudine d uso documentata, se da un lato richiama le suggestioni generazionali relative ai «nativi digitali» (si veda il capitolo 2), influisce tuttavia solo parzialmente sugli esiti della prova: l ambito tecnologico ne è, ovviamente più direttamente influenzato, mentre gli altri ne risentono in misura inferiore, fino all indifferenza statistica rilevata per l ambito etico. 2. L uso scolastico rimane molto più ridotto rispetto a quello domestico. Oltre il 44% degli studenti usa il computer a scuola solo qualche volta al mese o ancora più raramente. Le differenze nell uso scolastico, pur statisticamente significative, non fanno emergere in modo evidente risultati molto diversi. L uso scolastico delle tecnologie sembra non influire in modo incisivo sulla competenza digitale. 3. Il tipo di scuola frequentata è l elemento discriminante più forte che emerge dalle prove. La differenza si nota già a livello di partecipazione alla sperimentazione: gli istituti professionali, ad esempio, hanno evidentemente avuto difficoltà nell adesione e successivamente nella somministrazione dei questionari, al punto da dover escludere i pochi dati acquisiti dall analisi statistica generale. I risultati ottenuti dagli studenti dei licei sono significativamente migliori rispetto a quelli degli istituti tecnici, in particolare nell ambito cognitivo. 4. Le differenze geografiche sono significative, anche se nell applicazione specifica è possibile un raffronto soltanto tra gli studenti degli istituti tecnici, a causa della forte differenza nel numero dei rispondenti dei licei tra diverse aree. In ogni caso, l area Nord-Ovest mostra risultati decisamente migliori rispetto alle altre zone del Paese. 5. Dal punto di vista della struttura del questionario* e delle possibili indicazioni per interventi didattici mirati allo sviluppo delle aree di competenza più deboli, si può rilevare che tra gli item* più difficili (quelli con IF 17 < 0,60), 8 appartengono all ambito tecnologico, 6 al cognitivo e 3 all etico. In proporzione, pertanto, le aree più critiche sembrano essere relative agli ambiti cognitivo ed etico. In particolare, sembra opportuno un intervento didattico più specifico nelle aree relative a: a) ambito tecnologico: gli operatori logici. Entrambi gli item su questo tema sono nell elenco, con IF intorno a 0,50; 17 Indice di Facilità, vedi scheda 5.

10 Costruzione e sperimentazione di uno strumento quantitativo 89 b) ambito cognitivo: operazioni con le tabelle e operatività con i motori di ricerca. I valori di IF degli item* relativi a questi argomenti sono tra i più bassi rilevati; c) ambito etico: consapevolezza sul tema del digital divide*. Non sembra essere ben compreso che, ad esempio, le connessioni internet in banda larga non sono diffuse ovunque come nei Paesi più avanzati.

11 110 La competenza digitale nella scuola Dinamicità I test* tradizionali hanno un carattere essenzialmente statico, tendono cioè a fotografare un momento isolato di solito collocato al termine di un percorso formativo, separando la fase dell apprendere da quella dell insegnare. Al contrario nei nuovi approcci la valutazione viene interpretata come un processo orientato alla valorizzazione del potenziale di sviluppo dello studente, recuperando il concetto vygotskijano di zona di sviluppo prossimale* e il valore dell interazione sociale per l apprendimento. In quest ottica, Palincsar, Brown e Campione (1991) hanno introdotto l espressione dynamic assessment (valutazione dinamica*), che fa leva soprattutto sul ruolo giocato dal contesto di apprendimento nel favorire le prestazioni dello studente e le sue condizioni di sviluppo in relazione al sostegno ricevuto grazie all interazione con gli altri e con l ambiente circostante. Si valorizza così la stretta connessione esistente tra il processo di insegnamento e quello valutativo, assumendo quest ultimo come parte integrante dell azione formativa. I contorni della relazione tra apprendimento e valutazione vengono pertanto a ridefinirsi, enfatizzando la funzione formativa* di quest ultima. Questo aspetto non è nuovo, ma viene fortemente sottolineato nelle nuove visioni della valutazione. Interattività In un esame tradizionale il soggetto osservato non può solitamente porre a sua volta domande o chiedere precisazioni: di fronte a una domanda a scelta multipla*, dovrà scegliere la risposta che ritiene corretta e non potrà segnalare eventuali ambiguità presenti nella prova. L allievo non ha la possibilità di esprimere la propria incertezza o il proprio punto di vista attraverso commenti scritti. Può accadere talvolta che allo studente venga chiesto di accompagnare la risposta con una giustificazione o un commento: in questi casi il fine non è tanto quello di interagire con l allievo, ma di verificare che non abbia risposto a caso. Nei nuovi approcci, la valutazione si trasforma in un processo che prevede l interazione tra il soggetto osservato e colui che osserva. A partire da una situazione data, ciascuno può apportare degli aggiustamenti, delimitando il compito da affrontare o precisando la risposta da dare. La persona che valuta assiste a tutte le manifestazioni di una performance e anche alla sua evoluzione e, a questo titolo, ne è un testimone privilegiato. Multidimensionalità dell apprendimento Tradizionalmente i diversi ambiti dell apprendimento vengono considerati separatamente, distinguendo tra le dimensioni più strettamente cognitive e

12 Valutare la competenza digitale in situazione 111 quelle affettive, senza prendere in considerazione il carattere multidimensionale dei processi di apprendimento. Questa separazione porta a sottovalutare il ruolo delle dimensioni socioemotive e psicologiche rispetto ai risultati conseguiti da un soggetto nel corso di una prestazione. In realtà, l investimento personale condiziona il risultato così che la performance osservata è anche un indicatore della motivazione o del coinvolgimento del soggetto, dell impegno da lui profuso nell impresa cognitiva, dei suoi atteggiamenti e valori. Standard nel senso di modello Nei modelli di misurazione che fanno leva su criteri quantitativi e trattamento statistico dei dati raccolti, viene fissato solitamente come indice di padronanza di un certo obiettivo un tasso predeterminato di riuscita a un insieme di domande congruenti con tale obiettivo, facendo appello a uno standard detto «soglia di riuscita». La soglia di riuscita è quindi un criterio di natura quantitativa per distinguere, in fase di valutazione sommativa*, tra allievi che padroneggiano determinate conoscenze e abilità e allievi che non le padroneggiano. Tuttavia, quando si devono valutare prestazioni complesse, questo criterio non appare sufficiente. Una performance è una realtà che non può essere osservata attraverso dei compiti semplici, ma richiede di ricorrere a produzioni elaborate che implicano qualità diverse tra loro, le quali offrono a loro volta altrettante finestre di osservazione e giudizio. Nei nuovi modelli di valutazione, il concetto di standard viene così ridefinito stando a indicare il livello di performance da conseguire e si traduce essenzialmente in enunciati descrittivi che specificano ciò che ci si aspetta dagli allievi nell ambito di un programma di studi. Gli standard così intesi diventano il riferimento che guida il giudizio, descrivendo le attese per ciascun livello da raggiungere nel processo formativo. Nel quadro del rinnovamento della valutazione, gli standard rinforzano l antica e diffusa pratica di esplicitare gli obiettivi d apprendimento in via preventiva e quanto più possibile in modo chiaro e analitico. Il processo come oggetto di valutazione Tradizionalmente è la performance osservata (prodotto) che conta piuttosto che il percorso seguito dall allievo per rispondere a una domanda o risolvere un problema (processo). In un approccio che tenga conto solo del primo elemento si perdono molte informazioni. Poiché né una buona né una cattiva risposta sono sufficienti per concludere che uno studente padroneggi effettivamente o meno un certo sapere e saper fare, l interesse per il processo

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