Partenza Pulmann da Cividale Partenza escursione da Misurina ore 09,30 RIENTRO a Cividale : il rientro è previsto per le ore

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1 Domenica 10 L u g l i o 2011 Il Monte Piana Conduttori dell escursione: Troi Enzo Coceano Alfredo Partenza Pulmann da Cividale ore (Stazione nuova) Partenza escursione da Misurina ore 09,30 RIENTRO a Cividale : il rientro è previsto per le ore PERCORSO ESCURSIONISTICO Grado di difficoltà del percorso E Escursionistico Partenza: Misurina (mt ) Dislivello complessivo in salita: mt. 650 circa (200 con Bus Navetta) Dislivello complessivo in discesa: mt. 650 circa ( 0 con Bus Navetta) Quota massima raggiunta: mt (Monte Piana) Durata complessiva dell escursione: ore 7.00 circa (4.00 utilizzando Bus Navetta) Cartografia: Tabacco 1: foglio 010 Segna via del percorso CAI n. 122 n. 6a Rifugi Rif Bosi mt 2205 Descrizione : Da misurina al Rif. Bosi su strada ore 2.00 dislivello 450 mt evitabile con Bus Navetta Dal Rifugio visita al monte piana per facili sentieri ore 4.00 dislivelli 200 mt Ritorno a Misurina come la salita ore 1.30 dislivello 450 mt evitabile con Bus Navetta POSSIBILE SALITA e DISCESA al Rifugio Bosi con BUS NAVETTA ( 8 A/R )

2 PERCORSO ESCURSIONISTI esperti atrezzati Come il percorso escursionistico per salita e discesa Variante : Difficolta: EEA Visita ai medesimi luoghi del monte Piana ma lungo trincee esposte Gallerie scalette facili ma con corde fisse obbligatorio SET FERRATA + CASCO Equipaggiamento necessario: Scarponi con suola ben marcata, abbigliamento da montagna si superano i 2000 m di quota ( set ferrata + casco per il percorso per esperti )

3 Relazione Escursione 3 Descrizione sintetica _dell escursione: 07:30 ore circa, COMPRESE LE SOSTE così suddivise: Parziale Totale Descrizione 02h:00m 02h:00m Misurina a mt al rifugio Bosi a quota mt h:15m 03h:15m Dal rifugio Bosi a quota mt all osservatorio italiano a quota mt h:15m 00h:30m 00h:45m 00h:30m 03h:30m 04h:00m 04h:45m 05h:15m Dall osservatorio italiano a quota mt alla cima del Monte Piana a quota mt Dalla cima del Mote Piana a quota mt alla forcella dei Castrati a quota mt Dalla forcella dei Castrati a quota mt alla Croce di Dobbiaco a quota mt Dalla croce di Dobbiaco a quota mt alla forcella dei Castrati a quota mt h:45m 06h:00m Dalla forcella dei Castrati a quota mt al rifugio Bosi a quota mt h:30m 07h:30m Dal rifugio Bosi a quota mt Misurina a quota mt L escursione proposta è la visita di uno dei luoghi simbolo della Grande Guerra, una montagna aspramente contesa dagli Italiani e dagli Austriaci: il Monte Piana. Un monte ancora ricco di tantissimi resti di trincee, ricoveri, fortificazioni, e dove ogni anno un gruppo di volontari riporta in luce sempre nuovi tratti, scava e risistema il tutto nell ottica di un messaggio di Pace e di Amicizia tra popoli, a ricordo di quei dolorosissimi e lontani avvenimenti. Il Monte Piana e un pianoro ad alta quota, un panettone situato tra i Parchi Naturali di Fanes-Senes-Braies e delle Dolomiti di Sesto, a precipizio da ogni suo versante sulle valli sottostanti, noto per il suo famoso e grandioso panorama a 360 sulle montagne circostanti che sono alcune tra le piu famose cime dolomitiche (Tre Cime di Lavaredo, Cadini di Misurina, Cristallo, Croda Rossa di Ampezzo,...), in particolare è splendida e celebre la vista sulle Tre Cime di Lavaredo, sempre presenti e visibili lungo tutta la escursione. La salita e la discesa al rifugio Bosi sul Monte Piana avviene lungo il sentiero num.122 (comoda ex-camionabile di guerra costruita dall Esercito Italiano durante la Grande Guerra) che parte nei pressi del campeggio vicino al Lago di Misurina. Dal rifugio Bosi iniziera la visita del Monte Piana lungo il Sentiero Storico num. 6a che ripercorre i luoghi piu noti degli eventi bellici del monte.

4 Relazione Escursione 4 Descrizione dettagliata dell itinerario Il Rifugio Bosi sul Monte Piana si raggiunge dal Lago di Misurina (1752 mt) seguendo le indicazioni per la strada che porta alle Tre Cime di Lavaredo. Poco dopo il Lago di Misurina, all'inizio della strada per il rifugio Auronzo, a quota 1757 mt (in prossimità del Bar Ristorante Genzianella e del campeggio-ristorante La Baita ), la strada si biforca, a destra si va verso il casello della strada a pagamento che porta alle Tre Cime di Lavaredo mentre a sinistra si trova l'indicazione "Rifugio Magg. Angelo Bosi al M.te Piana" (in prossimità di questo bivio, sul piazzale antistante al bar Genzianella, si trova il capolinea del servizio di pulmini che porta al rifugio Bosi). Da qui inizia l escursione, lungo il sentiero num.122 che era la vecchia strada militare di guerra (è un tratto di variante dell Alta Via num. 3 ) si sale al Monte Piana passando prima per il rifugio Bosi (2:00 ore dalla partenza). La strada (strada comunale parzialmente asfaltata, chiusa al traffico anche per le biciclette, dall'anno 1998) ripercorre il tortuoso e suggestivo itinerario della vecchia rotabile militare della Prima Guerra Mondiale che, nel tratto superiore, fu arditamente scavata nella roccia. La strada taglia in moderata salita le pendici boscose del Col de la Selva e del Col de le Saline, poi un tratto pianeggiante consente belle vedute sul Cristallo. Con due ampi tornanti la strada raggiunge un bel prato pensile, residenza di numerose marmotte, da cui con ardito tracciato, tagliando impervi canaloni, raggiunge l'ampia insellatura di Forcella Alta (1984 mt). Passando sul versante della Val Rimbianco la strada effettua ancora un paio di tornanti poi con un lungo rettilineo in salita, a tratti scavato nella roccia (durante la Prima Guerra Mondiale era tutto nascosto e protetto con una copertura di tavole di legno), raggiunge (dopo circa 5 km) lo spiazzo sul quale si affacciano una cappelletta in memoria dei caduti di Monte Piana nonchè il bel Rifugio Maggiore Angelo Bosi situato sul bordo meridionale del pianoro e poco sotto la ampia e prativa Cima Monte Piana (2324 mt). Il rifugio Bosi si trova nella posizione del Comando di Battaglione italiano. Il rifugio, intitolato ad un ufficiale delle truppe italiane, Angelo Bosi, caduto sul Monte Piana nei primi combattimenti dell'estate il 17 luglio 1915, venne eretto nel 1932; nuovamente abbandonato e devastato durante il secondo conflitto mondiale, fu definitivamente ristrutturato da Giovanni Defrancesch a partire dal Nel 1970 venne costruito affianco del vecchio rifugio il nuovo rifugio. L attuale rifugio Bosi (tel ) può ospitare 20 persone in stanze da posti-letto. Il rifugio offre pernotto nella sua apertura stagionale da meta giugno a meta ottobre, mentre nei periodi invernali di Natale e Capodanno e in tutti i sabati e le domeniche fino alla fine di marzo e aperto solo come ristorante (in questi periodi esiste un servizio di motoslitta che porta al rifugio). Il Rifugio è privato ed al suo interno, in una sala, è stato ricavato un interessante museo di guerra con vari reperti della Grande Guerra. Sono esposti oggetti, quadri, documenti e foto, in modo particolare delle postazioni del Monte Piana, parte integrante del settore Tre Cime-Misurina, che costituì negli anni uno dei centri strategicamente più importanti delle operazioni belliche nelle Dolomiti. Accanto al rifugio si trova una scalinata d'onore che porta ad una Cappella Votiva ai Caduti (Cappella degli Eroi) dedicata a ricordo dei Caduti del Monte Piana, da qui iniziava la zona dei combattimenti. Davanti alla Cappella si trova un cannone dell'epoca. La Cappella degli Eroi è stata costruita dalla Fondazione "Monte Piana" negli anni ; la scala è del Il Rifugio Maggiore Angelo Bosi (2205 mt) sorge all'estremità meridionale del Monte Piana, nei pressi dell'ex Comando di guerra italiano, in bellissima posizione panoramica. Dalle immediate vicinanze del rifugio Bosi si gode di un ampio e splendido panorama: da nord verso est il Monte Rudo (2826 mt), la Torre degli Scarperi (2687 mt), i Tre Scarperi (3145 mt), la Torre di Toblin (2617 mt) con il Sasso di Sesto (2539 mt) e il rifugio Locatelli (2405 mt), il Paterno (2744 mt) e le Tre Cime di Lavaredo (2999 mt) viste di lato, la Croda dei Toni (3094 mt) e la Punta dell Agnello (2724 mt). Di fronte (verso est) svettano i pinnacoli e le guglie dei Cadini di Misurina (2839 mt) alle cui pendici si trovano il Lago d Antorno e il Lago di Misurina, verso sud i Gruppi delle Marmarole e del Sorapiss (3205 mt) e ancora più a destra, le imponenti pareti del Gruppo del Cristallo (3221 mt) con il Monte Cristallino di Misurina (2775 mt) e il Piz Popéna (3152 mt). Verso ovest La Croda Rossa d Ampezzo (3145 mt) con tutto l anfiteatro di montagne della zona del Parco di Fanes-Ampezzo, in basso la località di Carbonin (1438 mt).

5 Relazione Escursione 5 Il Sentiero Storico (realizzato nel 1978 dagli Amici delle Dolomiti ) Partendo dal Rifugio Bosi il sentiero segnavia num. 6a ( Sentiero Storico ) permette la visita storico-naturalistica completa del Monte Piana. Il sentiero transita lungo il sentiero di arroccamento italiano lungo il bordo meridionale dell altopiano, arriva all Osservatorio e sale alla Cima del Monte Piana (2324 mt). Da qui conduce alla Forcella dei Castrati

6 Relazione Escursione 6 (2272 mt), e quindi alla grande Croce di Dobbiaco sul Monte Piano (2305 mt), alle postazioni dei "Kaiserjager" per riportare, infine, attraverso altre fortificazioni italiane, al Rifugio Bosi. Partendo dal rifugio Bosi il Sentiero Storico conduce l escursionista alla visita dei due settori del Monte Piana, quello Sud con le postazioni italiane (Cima Monta Piana, altitudine massima del massiccio) e quello Nord con le postazione austriache (Cima Monte Piano), collegati tra loro dalla Forcella dei Castrati. Su entrambi i settori corrono le trincee scavate nella poca terra e nella roccia bianca, e tutta la superficie è costellata dagli antichi crateri delle buche di cannonate. Lungo tutto il percorso del Sentiero Storico una abbondante segnaletica fornisce notizie sulle postazioni attraversate e dà indicazioni per visitare, con brevi varianti, alcune vicine postazioni di particolare interesse storico. Le molte tabelle indicative e informative sulla sommità e sui fianchi del monte consentono una visita libera alle postazioni, trincee e camminamenti italiani ed austriaci sia sul Pianoro Sud che sul Pianoro Nord. Il settore italiano Dal Rifugio Bosi si sale alla Cappella degli Eroi, poco al di sopra del rifugio, e da qui si prende sulla sinistra una delle numerose tracce di sentiero che in breve portano sull ampio sentiero num.122 per il Monte Piana. Si segue in leggera salita il sentiero num.122 fino ad arrivare ad un poggio dove si trova sul bordo sinistro del sentiero una asta metallica rossa. Qui si lascia il sentiero num.122 e seguendo il breve sentierino sulla sinistra ci si immette sul Sentiero Storico num. 6a. In questo primo tratto il Sentiero Storico è un sentiero esposto ma sicuro che segue tutto il bordo meridionale (margine sud-occidentale) dell altopiano, e che si caratterizzerà per una continua serie di saliscendi (con qualche tratto attrezzato con corde fisse e passamani metallici) attraverso una serie di piccole gole fino ad arrivare all Osservatorio Italiano. Il sentiero attraversa in successione alcune gole attrezzate con brevi tratti di funi metalliche sfruttando una delle tante cenge che circondano il monte e dove gli italiani avevano costruito i loro ricoveri defilati dal tiro nemico. Questo lungo un sistema di cenge poco sotto il bordo occidentale del Pianoro Sud venne utilizzato dagli italiani come sentiero di arroccamento per accedere alle posizioni di prima linea. La vista lungo questo antico sentiero di arroccamento e suggestiva perche verso sud si vede in basso in mezzo al bosco la strada che unisce Carbonin con Misurina e di fronte tutto il Gruppo del Cristallo, alle nostre spalle (verso est) si vede il Lago di Misurina, e il Gruppo dei Cadini e più a destra il Gruppo delle Pale di Misurina con sullo sfondo il Sorapiss mentre davanti a noi sullo sfondo il Parco di Fanes-Ampezzo con la Croda Rossa d'ampezzo. Si attraversa una zona prativa e si prosegue lungo un sentiero di camminamento scavato lungo una piccola prima gola (qui era ubicato il ponte militare di legno italiano da alcuni anni smantellato), esposto ma sicuro (un breve scorrimano metallico si trova all uscita di questa prima piccola gola). Si supera poi una seconda gola, segue un tratto su prati e poi una terza gola. All inizio della quarta gola si trova un altro breve tratto con fune metallica. Sul lato destro della quinta gola si trovano i resti delle caverne del Comando Italiano di Compagnia dell Ala Sinistra (ingressi di caverne ormai crollate e pericolose) che sbucano nella gola successiva nei pressi di un sicuro posto di osservazione. In questa zona si trovano i resti di alcune baracche e di una cucina da campo e, proseguendo, altri resti di rifugi e scalette in legno e nelle rocce gli ancoraggi di precedenti parapetti e funi di sicurezza del camminamento. Proseguendo nella settima gola si passa accanto a resti di baraccamenti e di ricoveri italiani (lungo il sentiero di arroccamento si staccano sulla destra alcuni sentierini in

7 Relazione Escursione 7 salita che portano alle trincee e ai ricoveri sovrastanti del Monte Piana). Continuando lungo l'orlo del pianoro si arriva, infine, dopo l ultima gola al cippo di confine n 5 del 1753 e quindi alla grande Croce di legno bianca (sotto di essa si trovano i resti dell Osservatorio Italiano, il posto d osservazione dell artiglieria) (3:15 ore dalla partenza). (attenzione al grande precipizio, vertigini!) NOTA: un posto sicuro e tranquillo di osservazione dove poter contemplare lo stesso panorama che si ha dalla Croce lo si raggiunge in pochi minuti in quanto ci si immette subito sul percorso della trincea italiana piu avanzata della zona che ha un bellissimo punto di vedetta panoramico sulla sottostante Valle di Carbonin. Una parte della linea di confine tra l'italia e l'austria correva proprio sul Monte Piana. L'antica linea di confine, stabilita nel 1753 tra la Repubblica di Venezia e la Contea del Tirolo (e riconfermata nel 1866), correva dal Ponte della Marogna (poco a sud di Carbonin) alle vicinanze della Piramide Carducci, poi girava a nord lambendo i margini della sommità del monte, e scendeva infine nella Val Rienza per arrivare allo Scoglio San Marco e proseguire verso le Tre Cime di Lavaredo. Qualche cippo in granito porta ancora quella data (uno si trova nei pressi dell'osservatorio Italiano, il cippo numero 5, e un altro si trova vicino alla Croce di Dobbiaco, il cippo numero 6). La grande croce di legno e su un ampio terrazzo a vertiginoso precipizio su Carbonin. Dalla zona dell Osservatorio Italiano e della Grande Croce di legno bianca si può ammirare un vastissimo panorama. Da ovest verso nord: sullo sfondo Cimabanche, la Croda Rossa d Ampezzo, e in basso Carbonin con il Lago di Landro, in alto sopra di loro verso destra il Monte Specie e il Picco di Vallandro. Sotto la grande croce di legno sul margine ovest dell altopiano si trovano i resti inaccessibili (caverne crollate e pericolose) dell' "Osservatorio Italiano" (B.Stelle), interessante postazione un tempo raggiungibile per una esposta cengia e che si componeva di due ambienti in caverna con finestroni dominanti Carbonin e un sistema di fitte reti di gallerie ormai franate. La breccia sul soffitto dell Osservatorio Italiano è dovuta ad un micidiale colpo dell'artiglieria austrica che centrò in pieno la posizione causando diversi morti tra i soldati lì appostati. Ai piedi delle pareti su cui sorge l Osservatorio Italiano si trova il SentierodeiTuristi ( Touristenweg ) che parte da Carbonin (Schluderbach, 1438 mt) e sale alla Forcella dei Castrati (2272 mt) ed era il percorso normale per l'accesso al monte dal versante austriaco. Lungo il percorso si trovano molti interessanti resti di opere di guerra italiane e austriache, e si passa accanto a suggestivi resti di posizioni avanzate italiane e austriache contrapposte. Nelle vicinanze della Croce si trovano tanti resti di edifici italiani (postazioni, osservatori, ricoveri, camminamenti e trincee) in caverna e su cengia esposta dominante la sottostante Valle di Carbonin. Un po più avanti si trovano le più estreme e avanzate posizioni italiane. Il terreno qui è tutto solcato da trincee e sconvolto dai crateri delle granate austriache. Ci troviamo nelle primissime linee italiane. Un breve sentiero attrezzato porta verso nord alle caverne delle mitragliatrici. Sono visitabili anche delle postazioni avanzate italiane poste a soli 60 metri al di sopra di alcune postazioni austriache. Percorrendo l'orlo del pianoro lungo un vecchio parapetto si raggiunge il punto più avanzato in quella direzione. Dalla Croce bianca si scende per un sentiero verso le piu avanzate trincee italiane. Qui si entra subito nelle trincee e se ne percorre un ampio tratto. All inizio del tratto di trincee si trova un punto di vedetta panoramico: la postazione avanzata italiana

8 Relazione Escursione 8 Feldwache 1-bis (ricostruita nel 1979), da qui si gode (al sicuro!) dello stesso e immenso panorama che si ha dalla Croce bianca. Si procede in trincea in leggera salita fino ad arrivare di nuovo vicino alla Croce bianca, qui si trova un bivio nella trincea e si procede a sinistra verso la Piramide Carducci. Lungo le trincee in salita si raggiungono dapprima il monumento al Maggiore Bosi, e poi la Piramide Carducci e l'omonima Capanna posta in prossimità del culmine del monte sul pianoro meridionale (Cima Monte Piana, 2324 mt, 3:30 ore dalla partenza), tutt'intorno vari cippi e monumenti ricordano fatti d'arme. La cima del Monte Piana è a pochi metri dalla capanna e da qui si dominano i sottostanti ricoveri italiani. Qui verra effettuata la sosta per la pausa pranzo. Tutt intorno alla sommità del Monte Piana si trovavano il Comando Tattico di Compagnia, trincee, ricoveri per truppa, magazzini, postazioni (mitragliatrici, bombarde), e posti di vedetta. Il tavolato sommitale è desolante ed arido: un leggero rivestimento di erba nasconde a malapena l'anima rocciosa del monte che, peraltro, è privo di sorgenti d'acqua. Da qui il panorama è a 360 sulle più famose cime delle Dolomiti. Vicino al punto più alto del tavolato sud sorge la piccola Capanna Carducci, utilizzata in passato dai pastori, e la caratteristica piramide di pietra eretta dai cadorini in ricordo di Giosuè Carducci, la «Piramide Carducci», eretta a ricordo di una lontana e storica visita effettuata dal famoso poeta nell'estate del La Capanna Carducci è ormai disabitata e abbandonata (costituisce un magazzino), è di proprietà del rifugio Bosi e negli anni passati aveva un uso di foresteria. La Capanna Carducci, ormai in disfacimento, venne ricostruita negli anni a cura degli Amici delle Dolomiti e adibita a base-deposito durante le operazioni di restauro dell intera zona. Nelle vicinanze della Capanna d estate verso metà agosto si trova il campo base con le tende dei volontari della Fondazione Amici del Monte Piana Elio Scarpa che ogni estate nelle prime 2 settimane di agosto curano e mantengono il Museo all Aperto del Monte Piana. Nella prima domenica di settembre di ogni anno si svolge la cerimonia a Ricordo dei Caduti con grande partecipazione di persone e autorità. Dalla capanna procedendo verso nord e seguendo la segnaletica si attraversa un terreno solcato da trincee. A destra su di un poggio in alto si trova la postazione di una pesante bombarda italiana completamente ricostruita, una trincea ripristinata porta all'ex baracca dei comandanti parzialmente ristrutturata, altri resti di trincee portano ad una collinetta (vicino alla Croce a ricordo dei Caduti) dove si trova la postazione italiana più importante (la postazione Sappe ): la trincea d'approccio che controllava la Forcella dei Castrati, punto di passaggio tra il versante italiano e quello austriaco del monte, una galleria a prova di bomba proseguiva fino alla Guardia Napoleone la galleria poco sotto la Forcella dei Castrati. Dopo aver lasciato sulla destra su di un piccolo poggio il Monumento ai Caduti (Croce), si arriva in breve alla vicina Forcella dei Castrati (2272 mt, 4:00 ore dalla partenza). Da qui sono visibili (affacciandosi nel sottostante Vallon dei Castrati in direzione delle Tre Cime di Lavaredo) tutti i buchi delle caverne scavate dagli italiani sul fianco orientale del massiccio (proprio poco sotto alle postazioni austriache) dopo che riuscirono a passare al di là della Forcella dei Castrati e a prendere possesso dei pendii meridionali della sommità nord del monte poco sotto alla sommità. Qualche metro oltre la Forcella dei Castrati, una tabella indirizza a scendere in basso verso destra (est) verso queste caverne e ricoveri. Scendendo giù all inizio del Vallon dei Castrati si trova una cengia (attrezzata in alcuni punti con fune metallica) che, passando per le posizioni avanzate italiane della cosidetta Guardia Napoleone (una lunga galleria d attacco scavata dagli Italiani e ora completamente abbandonata), per alcuni ricoveri italiani, conduce alle altre posizioni avanzate italiane della Trincea della Ghirlanda e del Fosso

9 Relazione Escursione 9 Alpino sul Pianoro Nord (questa era la mulattiera che rappresentava la via d'accesso dei soldati italiani alla 1-a linea della Guardia Napoleone sul fianco est del Monte Piano). Alla fine della cengia si trova una zona prativa e un bivio dove il sentiero di destra porta in discesa lungo il Vallon dei Castrati alla galleria di mina italiana (costruita per raggiungere le postazioni austriache piu avanzate e farle saltare, ma l esplosione non venne effettuata), mentre continuando dritto verso nord in leggera salita e costeggiando il massiccio (lungo un altra cengia franata e in parte attrezzata) conduce all Ala Sinistra dell Accampamento Austriaco e poco oltre alla Galleria dei Kaiserjager a precipizio sulla sottostante Val Rimbon. Questa galleria (lunga 270 metri e restaurata solo nei primi venti metri nel 1978 dagli Amici delle Dolomiti, ma ora crollata in parte e abbandonata) venne allestita con una rotaia e un piccolo carrellino del tipodaminiera che entrava all'interno della montagna e permetteva il trasporto delle munizioni, o altro materiale utile (che arrivava dal Landro con una teleferica la cui stazione terminale si trovava poco sotto la Croce di Dobbiaco), alle postazioni austriache piu avanzate. La Galleria dei KaiserJager il cui portone d'ingresso è stato ricostruito era illuminata elettricamente ed era l'accesso coperto alle postazione austriache della prima linea. Era munita di binario per il trasporto ed è ancora visibile il carrellino alcuni metri dall'imboccatura. Questa zona degli Accampamenti Austriaci dell Ala Sinistra si puo comunque vedere bene dalle zone vicine alla Croce di Dobbiaco guardando il bordo nord del tavolato in direzione delle Tre Cime di Lavaredo. Il settore Ovest italiano

10 Relazione Escursione 1 0 Il settore Est italiano Il settore austriaco Dalla Forcella dei Castrati si continua in leggera salita verso nord e si raggiunge dapprima la terra di nessuno e poi subito le prime vicine postazioni del settore austriaco (postazioni per mitragliatrici con ricovero, successivamente occupate dagli Italiani, divenuta poi l Ala Sinistra della Guardia Napoleone ). Si arriva alla prima linea blindata austriaca con collegamenti sotterranei, nelle cui vicinanze si trova la Campana dell'amicizia posizionata come atto di riconciliazione ed incontro dopo la cessazione delle ostilità. Di qui ci si dirige verso la grande Croce di Dobbiaco superando dislivelli minimi e passando prima per la grande trincea dei «Kaiserjàger» (si passa vicino al cippo di confine n 6 del 1753). Alla fine della trincea si sale verso destra su alcune roccette (tralasciando i segnavia a sinistra che portano ad un sentiero in discesa a nord del monte) e, attraverso un pianoro carsico molto fessurato, si arriva in breve alla grandissima Croce di Dobbiaco (2305 mt, 4:45 ore dalla partenza) eretta nel (attenzione al grande precipizio, vertigini!) La Croce di Dobbiaco è posizionata all'estremità del settore austriaco, sullo strapiombo roccioso, ed è il punto più panoramico dal quale si gode lo spettacolo del Lago di Landro che brilla a perpendicolo in basso. Landro (Hòhlenstein) è situato a circa 2 km a nord di Carbonin, e con il suo lago (Durrensee) è fin dal tempo del pionerismo dolomitico località di eccezionale attrazione panoramica. La valle, inoltre, è sempre stata un'importante strada di collegamento tra la pianura veneta, il Cadore e la tirolese Pusteria. A Landro si trova ancora la vecchia stazione ferroviaria di Landro. Per questa stazione passava un tempo il vecchio Trenino bianco-azzurro delle Dolomiti che collegava Calalzo, Cortina e Dobbiaco e che venne dismesso nel 1964 e ora c e sul suo vecchio tracciato una pista ciclabile d estate e di inverno il percorso della famosa pista di fondo Cortina-Dobbiaco. Questa ferrovia uni i due tratti separati ferroviari, quello austriaco e quello italiano costruiti gia prima della Prima Guerra Mondiale e intensamente utilizzati durante il conflitto da entrambi gli eserciti. La ferrovia venne chiusa e poi smantellata perche dopo le Olimpiadi Invernali di Cortina del 1956 (in cui raggiunse il periodo di maggio popolarita ) segui un rapido

11 Relazione Escursione 10 declino e le spese divennero insostenibili. Dalla croce si può ammirare il vastissimo panorama che, per 360 gradi, mostra le più belle pareti delle Dolomiti Orientali da un punto di vista insolito: da relativa poca distanza si possono infatti ammirare le splendide pareti nord delle Tre Cime di Lavaredo, il Paterno, i Tre Scarperi, il Gruppo dei Baranci con il Monte Rudo, il Picco di Vallandro, la Croda Rossa d'ampezzo, il versante nord del Gruppo del Cristallo, i Cadini di Misurina, le Marmarole, il Sorapiss, l'antelao e varie altre montagne più o meno lontane. Sotto in basso verso est si vede anche la bellissima Val Rimbon dove scorre il fiume Rienza che nasce poco sotto le Tre Cime di Lavaredo e arrivera a Bressanone per affluire nel fiume Isarco. Dalla immediate vicinanze della Croce di Dobbiaco si puo scendere alle postazioni austriache del versante settentrionale del monte protette alla vista del settore italiano e che si sviluppano attorno alla cima del Monte Piano (2305 mt) (proprio poco sotto alla Croce di Dobbiaco) a precipizio sulla sottostante Val Rimbon (l Ala Destra dell Accampamento Austriaco). Poco sotto alla sommità nord del monte si snoda una lunga cengia in roccia che gli austriaci avevano costruito come sistema di collegamento fra l'ala destra e quella sinistra del loro schieramento e dalla quale si staccavano dei sentieri e delle scalette che portavano alle trincee sull'orlo della sommità e quindi alle postazioni più avanzate. Ci sono due percorsi possibili che scendono agli Accampamenti Austriaci: una scala di cemento esposta sul crinale dello spigolo della montagna (corde di sicurezza) oppure a destra una buia e ripida galleria (scale di accesso al Comando di Battaglione) che portano entrambe al sentiero su cengia che si trova pochi metri sotto l'orlo sommitale che aggira il Pianoro Nord. Sulla parte di cengia sotto la Croce di Dobbiaco si trovano così i resti di scale in cemento e un tratto di galleria dotata di gradini che portavano al Comando di Battaglione, i resti dell'ex Comando Kaiserjager, i resti delle baracche che costituivano una parte degli accampamenti, l'ingresso della caverna dell'alta tensione riconoscibile dagli isolatori al di sopra dell'ingresso. Delle postazioni di comando austriache e dei ricoveri delle truppe (costruite in legno e appese ad una volta di roccia sotto la Croce di Dobbiaco) ora non restano che pochissime originali travi di legno in mezzo a tanti sassi e massi di frane antiche e recenti che si abbattano di continuo su questa zona. Questa zona nord dell altopiano è sempre stata franosa (durante la guerra innumerevoli furono le frane e le grandi valanghe che qui si originarono), ancora oggi gli interessanti resti delle postazioni austriache non sono piu accessibili a causa di recenti eventi franosi. Alla grande Croce di Dobbiaco, che domina il Pianoro Nord, giungevano i sentieri seguiti in guerra dai reparti austriaci che salivano dalla Val di Landro. Guardando dalla Croce di Dobbiaco verso il Lago di Landro si puo vedere il tracciato del Sentiero dei Pionieri ( Pionierweg ) che è il sentiero che dal Lago di Landro conduce alla Croce di Dobbiaco sul Monte Piana salendo per il versante nord del monte. Il sentiero dei Pionieri è cosi chiamato perché la realizzazione della mulattiera avvenne prima ancora della Prima Guerra Mondiale nel tempo dei cosiddetti pionieri. Successivamente il sentiero venne ripristinato ed allargato dagli Austriaci nel periodo precedente la Prima Guerra Mondiale allo scopo di realizzare una valida e protetta via d'accesso alla montagna in contrapposizione alle opere realizzate dagli Italiani sul versante meridionale. Il sentiero fu dapprima danneggiato nei primissimi giorni di conflitto ritenendo le posizioni sul monte non difendibili, ma subito dopo fu prima usato per l'attacco e poi riattato per il trasporto dei rifornimenti anche perché era completamente protetto alla vista degli italiani. Esso era, con il "Sentiero dei Turisti" che parte da Carbonin, l'unico accesso alla sommità dal versante austriaco. Il percorso è inizialmente su comoda mulattiera austrìaca di guerra. Il sentiero risale una specie di valloncello. Prosegue sempre in salita, con numerose serpentine, per entrare in un ripido canale-vallone che rimonta direttamente. Si arriva in alto ad un aereo spallone macchiato d'erba e di mughi: su questo ripiano si trova qualche croce di legno lascia riconoscere un antico e piccolo cimitero di guerra austriaco. Poco prima di arrivare alla galleria e alle scale di cemento che portano alla Croce di Dobbiaco dal sentiero principale si staccano alcuni sentieri.

12 Relazione Escursione 11 Sulla destra si incontra il Sentiero delle Guide Alpini Militari noto anche come Via Ferrata della Feldwache, dal nome di una postazione sulla Testa dei mughi ; è un sentiero che porta verso sud al punto in cui arriva sul ciglione del Monte Piana il Sentiero dei Turisti che sale da Carbonin. Il sentiero di sinistra pure con segn. 6 sale alla sommità del monte da direzione opposta (nord-est) passando davanti ai resti di una grande teleferica (ex stazione intermedia funivia Monte Piana) e ai ruderi di un villaggio austriaco ma attualmente é interrotto da una grossa frana caduta alcuni anni fa. Dal bivio da dove si dipartono i due sentieri di salita alla Croce di Dobbiaco si scorge il percorso attrezzato «Scala Bilgeri» di guerra. La ferrata «Capitano Bilgeri» (sentiero ricostruito nel 1980) rappresentava l'accesso al comando ed ai servizi principali degli Austriaci sul monte al riparo dall'osservazione degli Italiani. Il sentiero è dedicato a ricordo del Capitano Bilgeri, pioniere austriaco dello sci, che progettò e fece attrezzare questo sentiero nel Giorgio Bilgeri ( ) fece tracciare per necessità belliche un accesso (al sicuro dal tiro avversario) fino al comando del battaglione. Dalla croce si riprende il cammino ritornando verso sud (superando il Monumento ai Kaiserjager eretto nel 1978) verso la Forcella dei Castrati, ritrovando il sentiero num. 6a. Lungo questo tratto erboso aereo molto panoramico si puo scorgere l Ala Sinistra dell Accampamento Austriaco e la Galleria dei Kaiserjager poste appena sotto le sommita nord del tavolato e a precipizio sulla sottostante Val Rimbon. Prima di arrivare alla Forcella dei Castrati si visitano lungo il sentiero una serie di trincee e caposaldi ricostruiti, fortini con postazioni di mitragliatrici, grandi opere militari di difesa in cemento armato. Da sottolineare le differenze costruttive delle trincee: quelle italiane sono incise nel terreno mentre quelle austriache sono piu profonde, viene usato il cemento armato e i "sacchi" (reti metalliche riempite di sassi) reggono ancora i lati dopo quasi cento anni. Si arriva al posto più avanzato per mitragliatrici il caposaldo "I", usciti dalla galleria attraverso una trincea ricostruita anche con uno scudo in ferro di protezione mod si accede alla postazione più avanzata della fanteria. Il sentiero prosegue attraversando una serie di trincee e postazioni fino a raggiungere un cartello indicatore "Punto d'incrocio con la galleria d'attacco italiana". In profondita sotto i nostri piedi corrono la Galleria dei Kaiserjager che porta le munizioni a queste postazioni e la galleria di mina italiana che doveva fare saltare queste postazioni avanzate austriache che stiamo visitando! Il sentiero di discesa Tornati alla Forcella dei Castrati (5:15 ore dalla partenza) si prosegue verso sud verso il rifugio Bosi seguendo l'orlo orientale del tavolato che si allarga presto in ampi pendii prativi con splendide vedute di profilo sulle Tre Cime di Lavaredo. Arrivati al Rifugio Bosi (6:00 ore dalla partenza) si ripercorre la stessa strada percorsa in salita all andata arrivando cosi al bar Genzianella dove si trova il pulmann e dove ha termine l escursione (1757 mt, 7:30 ore dalla partenza).

13 Relazione Escursione 12 Appunti di Escursione Note storico-geografiche su luoghi, cime e gruppi delle Dolomiti di Sesto La prima guerra mondiale sul fronte delle Dolomiti di Sesto Il fronte alpino sulle Dolomiti coincideva quasi ovunque con il confine definito nel 1866 dalla terza Guerra di Indipendenza salvo piccoli scostamenti in quanto i due eserciti si attestavano su posizioni piu' facili da difendere. Le Conche di Cortina d'ampezzo e del Lago di Misurina furono occupate già nei primi giorni di guerra (fine Maggio 1915) dai nostri soldati, con l'obiettivo di sfondare la resistenza austro-ungarico nella Valle di Landro e raggiungere il solco della Val Pusteria a Dobbiaco, retrovia e linea di rifornimento formidabile degli Imperi Centrali. Le battaglie per l'intero possesso del tavolato del Monte Piana occupato a sud dagli Italiani e a nord dagli Austriaci (Monte Piano) sono rimaste scolpite nella storiografia di Guerra. Nella zona delle Dolomiti di Sesto il confine di stato italoaustriaco correva sul crinale delle Tre Cime di Lavaredo per poi passare, attraverso la Forcella Lavaredo, su quello del vicino Monte Paterno. La prima linea italiana si assesto' subito sul Monte Piana, su Forcella del Col de Mezo e su Forcella Lavaredo e quella austriaca intorno alla Forcella di Toblin e sul limite settentrionale della Grava Longa. Il terreno intermedio fu campo di iniziali duri combattimenti, gli Italiani riuscirono ad avanzare fino alla Forcella di Toblin ed al Sasso di Sesto. La linea del fronte italiano sulle Dolomiti di Sesto, dopo i primi giorni di guerra, si stabili' su tutta la dorsale che dal Paterno verso est va a concludersi su Cima Una (passando per le Crode dei Piani, la Forcella de Pian de Cengia e quindi per le Crode Fiscaline). La prima linea austriaca partiva dal Monte Piano (l altra sommità del Monte Piana) e passava per il Monte Rudo, il Passo Grande dei Rondoi, la Torre dei Scarperi, l Alpe Mattina, la Torre di Toblin, il Crodon di San Candido, la Forcella del Cadin di Sassovecchio, Forcella Undici, Croda Rossa, Castelliere. In tutti questi posti sono ancora visibili fortificazioni e ricoveri austriaci. Gli Italiani tenevano la sommita' della Cima Undici e gli Austriaci quella della dirimpettaia Croda Rossa: fra le due cime sorelle c e lo stretto varco della Sentinella, rimasto famosissimo per le azioni che portarono gli Italiani a conquistarlo nella primavera del Il 16 aprile 1916 gli italiani riuscirono a conquistare il Passo della Sentinella, fino a quel momento in mano agli Austriaci. Seguirono tre diversi percorsi: scesero dalla Punta Nord di Cima Undici - la celebre <<calata dei Mascabroni>> del Capitano Sala, dal Pianoro del Dito (occupato la notte precedente dagli uomini guidati dall aspirante Lunelli e dal Tenente Leida) e infine dal Vallon Popera. I Mascabroni di Cima Undici, cosi si chiamarono gli Alpini che si calarono arditamente di notte dalla vetta di Cima Undici per il canalone ghiacciato di destra e conquistarono il Passo della Sentinella, dopo i preparativi per attrezzare le forcelle superiori compiuti dall'aspirante Italo Lunelli, compirono un'impresa entrata ormai nella leggenda dell'alpinismo Gli Austriaci, che occupavano la Cima della Croda Rossa (l attuale Torre Vinatzer e la cosiddetta Cima dell Osservatorio) fortificarono le loro postazioni. Gli italiani, a prezzo di gravi perdite, conquistarono posizioni sul versante Sud della cima stabilendosi con grandi azioni alpinistiche sulle cenge sommitali dei Torrioni e della Torre Trento. Sul Gruppo delle Tre Cime e da ricordare la grandiosa installazione di un faro per i tiri notturni sui quasi 3000 metri della Cima Grande di Lavaredo alimentato da un motore Fiat posto sulla terrazza inferiore e di un cannone a tre quarti dell'altissima parete, un cannone trasportato a braccia per rocce e cenge che a stento parevano essere in grado di sostenere i passi di un camoscio (ci volle un mese per portarlo in cima!). Il faro illumino nella notte d estate tra il 14 e il 15 Agosto 1915 le posizioni austriache di Forcella Toblin consentendo l attacco a sorpresa degli Italiani e la conquista del Sasso di Sesto. Gli Italiani erano arroccati in tutte le forcelle, negli alti intagli del Gruppo delle Tre Cime, sulla Croda dell Arghena e sul Col di Mezzo. Al faro della Cima Grande di Lavaredo faceva riscontro il terribile riflettore del Monte Rudo tanto temuto dai soldati italiani sul Monte Piana e a cui dava manforte "Ida", l'altro colossale faro austriaco ben celato in una galleria lunga 18 metri nei cunicoli del "Caposaldo Kwarza" (complicato sistema difensivo della Torre dei Scarperi che si snodava a partire dalla sua spalla est e le cui pareti erano state attrezzate per raggiungere l'osservatorio sulla cima). E poi i cannoni del Monte Popera (3045 mt) fra cui il "cannone che sparava dalle stelle", quel cannone che fece sentire per la prima volta la sua voce il 16 aprile 1916, giorno della conquista italiana del Passo della Sentinella. e tante altre imprese leggendarie di quella triste lontana guerra. Questa zona, come tutto il Cadore, dovette essere abbandonata dalle nostre truppe ai primi di Novembre 1917, sotto l'incalzare degli eventi seguiti alla rotta di Caporetto e l'attestazione del nuovo fronte sulla linea Altipiani- Grappa-Piave. Il Monte Piana, una montagna contesa, storia degli avvenimenti Questo tozzo altopiano informe, calcareo e di grandi dimensioni, che sorge fra il lago di Misurina a Sud e il lago di Landro a Nord, fu aspramente disputato in guerra, venne chiamato, deformando il suo nome, anche "Monte Pianto". Il suo interesse escursionistico sarebbe modesto, se non fosse per il magnifico museo all'aperto che documenta le condizioni di vita dei soldati durante la Prima Guerra Mondiale. Il Monte Piana rivestiva importanza strategica perché da lassù si poteva controllare la Valle di Landro, via di passaggio per rifornimenti e truppe dalla Pusteria alle linee dei combattimenti. La contesa era dunque tra l'esercito Italiano che occupando quelle montagne dominava ed impediva il passaggio e quello Austriaco che cercava di

14 Relazione Escursione 20 conquistare la posizione per avere maggiore libertà di movimento. Il Monte Piana è un massiccio e poco ardito altipiano carsico che si eleva sull'alta Val di Landro a foggia di balconata con erte fiancate a precipizio su tutti i suoi versanti: sulla Bassa Val Popéna a sud-ovest, sulla Val di Landro ad ovest, sulla Valle della Rienza a nord, sulla Val Rimbianco ad est, e, infine, su Paludetto a sud. Il monte è una grande e tozza montagna spianata sulla sommità, un vasto altipiano alle cui estremità si innalzano due piccole sommità (in realtà due ampi pianori pietrosi coperti parzialmente da magra vegetazione e sostenuti da ripide sponde in gran parte rocciose) separate da una poco accentuata e ampia selletta, la Forcella dei Castrati (2272 mt, la Forcella dei Castrati era la "rotta" degli attacchi italiani). Sulla Forcella dei Castrati si innesta, ad est, il Vallon dei Castrati unico vero e proprio avallamento che solca i fianchi della montagna e che si affaccia sulla sottostante Val Rimbianco. In passato i pastori facevano salire le greggi per l'omonima valle. In guerra il pianoro che si stende a foggia di cupolone a nord della forcella era chiamato Monte Piano (Pianoro Nord, 2305 mt) e costituì formidabile ed invitto caposaldo austriaco; l'altro, chiamato Monte Piana (Pianoro Sud, 2324 mt), restò invece in possesso italiano. Sul Monte Piana si contrapposero per 29 mesi di guerra e due terribili inverni gli eserciti italiano ed austro-ungarico. Nonostante ripetuti attacchi nessuno dei contendenti riusci a conquistare l'intera montagna. Anche le audaci azioni italiane con la realizzazione di gallerie di mina e di assalto furono sempre respinte. Ma la gran parte delle perdite di vite umane dipese soprattutto dalle difficilissime postazioni in quota, poste a ridosso delle ripide pareti di roccia, sotto il soglio della montagna, raggiungibili con vertiginosi sentieri spesso colpiti dalle valanghe e dalle frane. I Caduti al fronte furono non meno di complessivamente. Fu una guerra di posizione e di continuo logoramento con conseguenti sanguinose perdite. Non mancarono gli episodi di mutuo soccorso, nel reciproco e cavalleresco rispetto tra i soldati. Il romanzo popolare Piccolo Alpino prese ispirazione da eventi realmente accaduti e narrati in questo luogo all'autore da alcuni soldati. Il Piccolo Alpino è un romanzo scritto nel 1926 da Salvator Gotta (Montalto Dora (TO) Rapallo 1980). Un bambino segue un alpino al fronte nella guerra , viene preso dagli austriaci, scappa, è rinchiuso in un orfanotrofio, scappa ancora e ritrova il babbo. Romanzo dal quale fu tratta sia una trasposizione cinematografica nel 1940 che uno sceneggiato televisivo per la TV negli anni '80 col titolo Mino, il piccolo alpino (1986). La breve cronistoria di seguito elencata, e relativa ad alcuni degli episodi più significativi della Grande Guerra, aiuta a comprendere i luoghi e la disposizione delle fortificazioni che si incontrano durante il percorso del «Sentiero Storico» di Monte Piana. Nel 1914 gli austriaci cominciarono a fortificare la cresta di Monte Rudo e della Croda dei Rondoi, durante il conflitto i cannoni piazzati sul Monte Rudo si rivelarono micidiali per colpire le posizioni italiane di Monte Piana, ad essi si univa anche il terribile riflettore del Monte Rudo tanto temuto dai soldati italiani sul Monte Piana e a cui dava manforte "Ida", l'altro colossale faro austriaco ben celato in una galleria lunga 18 metri nei cunicoli del "Caposaldo Kwarza" della Torre dei Scarperi. Anno 1915 Alla dichiarazione di guerra (23 maggio 1915) le sentinelle austriache abbandonarono i loro posti sull'orlo della sommità settentrionale del Monte Piana e si portarono a valle distruggendo le vie di comunicazione. Gli italiani (appartenenti alla IV Armata che si stabilì a Cortina d'ampezzo e nei paesi circostanti) cominciarono a costruire le trincee lungo l'orlo meridionale del Monte Piana. Gli italiani collocarono il posto di Comando nei pressi del costone dove sorge ora il Rifugio Maggiore Bosi, nelle caverne sul retro vennero ricavati i serbatoi d'acqua. La mattina del 24 maggio i cannoni di Monte Rudo e della Torre dei Scarperi aprirono il fuoco sulle colonne italiane che salivano da Misurina al Monte Piana: persero la vita due soldati, i primi della guerra nelle Dolomiti Orientali. Gli austriaci si pentirono del ripiegamento effettuato lungo la linea dello sbarramento naturale (Monte Rudo - Croda dei Rondoi) e decisero di riportarsi sulla sommità nord del Monte Piana. La notte del 7 giugno 1915 gruppi d'assalto (180 uomini) partirono sia da Landro che da Carbonin. Ripristinando i sentieri nei punti crollati (gli attuali Sentiero dei Pionieri e Sentiero dei Turisti ) conquistarono sia il pianoro nord che quello meridionale ricacciando indietro gli italiani. Il fuoco di reazione dell'artiglieria italiana, però, li costrinse a ripiegare nuovamente sul margine nord del Monte Piana. Vennero portati sulla parte nord del Monte Piana, con enormi difficoltà, due cannoni: uno viene piazzato sul lato sinistro, l'altro sul fianco destro. Dal 15 al 20 luglio 1915 gli italiani tentarono ripetutamente di assaltare l'orlo nord del Monte Piana ma non riuscirono a conquistarlo: il bilancio, nelle sole file degli alpini, fu di 833 caduti. Gran parte delle vittime dei due contingenti giacerono per giorni sul campo di battaglia in quanto i fuochi d'artiglieria ne impedirono il recupero e la sepoltura. I rifornimenti per la guarnigione austriaca si rivelarono precari: sul Monte Piana non c'era acqua e con i muli,

15 Relazione Escursione 21 esposti al fuoco delle batterie italiane si impiegò tutta una notte per il solo rifornimento dei soldati. In certe notti le perdite fra le colonne dei vettovagliamenti furono più elevate di quelle riscontrate sui campi di battaglia. Con l'inizio dell'autunno la guerra di Monte Piana passò dai ripetuti e reciproci attacchi ad una lunga fase di «guerra di posizione». Sul lato ovest del monte le posizioni avversarie si trovarono vicinissime. Gli italiani avevano un posto di guardia oltre l'osservatorio, collegato alle retrovie con un sistema di camminamenti (in questo modo essi poterono affacciarsi dall'alto su Carbonin). Gli austriaci spinsero un avanzato caposaldo (posto «Piano III») che si venne a trovare quasi a perpendicolo della parete, 60 metri al di sotto della feritoia italiana. Le postazioni austriache sull'orlo nord del Monte, vennero fortificate e migliorate, sfruttando cenge e piazzuole ricavate con mine o perforatori. Vennero, inoltre, costruiti baraccamenti e ricoveri in caverna. La teleferica a mano si rivelò insufficiente e per questo venne deciso di realizzare una nuova teleferica pesante. Fu questa l'occasione per collegare la linea elettrica sul fondo della Val di Landro alla centrale di Dobbiaco e, nel tratto di fondovalle, il cavo venne fatto passare sottoterra. Con l'inizio dell'erogazione elettrica venne anche richiesta la costruzione di una sistema di disinfestazione in quanto i rifugi erano completamente infestati dai pidocchi. All'inizio dell'inverno le postazioni austriache erano così delineate: sull ala destra si trovavano il rifugio per una compagnia, i magazzini per munizioni e viveri, il posto di medicazione e la cucina; sull ala sinistra si trovavano i rifugi per una compagnia, i magazzini e la cucina. II 6 dicembre 1915 arrivò l'illuminazione nelle baracche austriache di Monte Piana. Anno 1916 All'inizio del 1916 venne portata a termine dagli austriaci la realizzazione della stazione a monte della teleferica, di cui ancóra oggi è riconoscibile la posizione sul fianco destro. La teleferica funzionò solamente di notte poiché era in parte scoperta alla vista del nemico. Il 5 marzo 1916, sotto un'improvvisa valanga, rimasero sepolti 150 uomini della guarnigione austriaca: durante l'affannosa opera di salvataggio, sebbene la zona fosse esposta alla vista del nemico, non ci fu nemmeno uno sparo. Dieci giorni dopo un'altra valanga seppellì una baracca dell'infermeria dove erano ricoverati 24 uomini. Estate Dopo alterni insediamenti e ripetuti combattimenti gli italiani conquistarono l'altura orientale chiamata «sommità K», aldilà del Fosso Alpino, al sommo del Valloncello dei Castrati. Lungo la cengia detta «Guardia Napoleone», poco al di sotto dell'orlo del pianoro, gli italiani stessi iniziarono a costruire una galleria di mina, accompagnata da un'altra galleria d'assalto. Queste gallerie, che sull'onda dei risultati ottenuti sul Col di Lana e al Castelletto della Tofana, dovevano permettere l'esplosione delle posizioni austriache con la conseguente conquista, non vennero mai utilizzate. Gli italiani, infatti, arrivarono ad una profondità di 259 metri, ma poi sospesero i lavori e rinunciarono per paura di una galleria di contromina austriaca. Gli austriaci in effetti lavorarono con i perforatori sul lato nord per collegare, a mezzo di gallerie, i loro caposaldi. Il 13 dicembre 1916 il bollettino del fronte segnala: altezza neve 7 metri, temperatura - 42 C. Le perdite causate dalle valanghe furono di gran lunga superiori a quelle provocate dai conflitti a fuoco e numerosi furono i casi di congelamento. Anno 1917 Il 22 ottobre 1917, per lo sbarramento del fuoco d'artiglieria, fallì un massiccio attacco austriaco a Monte Piana e con l'occasione vennero contati 96 morti. Il 3 novembre 1917 le truppe italiane abbandonarono il Monte Piana ed il fronte dolomitico a causa dell'offensiva austriaca dell'isonzo (Caporetto). Il Museo Storico all'aperto della Prima Guerra Mondiale sul Monte Piana e il suo Messaggio di Pace Amici delle Dolomiti, Gruppo Volontari Amici del Monte Piana Elio Scarpa, Fondazione Monte Piana Il Monte Piana rappresenta una delle più importanti testimonianze della Grande Guerra combattuta tra queste montagne. Il Museo Storico all'aperto di Monte Piana, unico nel suo genere, vede l'inizio della sua realizzazione nel 1977, grazie all'opera iniziale del colonnello austriaco Walter Schaumann e del suo gruppo-associazione "Amici delle Dolomiti" (fra il 1977 ed il 1982). Già da alcuni anni, con il suo gruppo "Amici delle Dolomiti", egli persegue lo scopo di legare in sincera amicizia quei popoli che furono costretti a combattersi a vicenda e per questo va attuando un'opera di ripristino di alcune importanti zone montane che furono teatro di azioni belliche durante il primo conflitto mondiale, lasciando, come monito per le generazioni future, "Le Vie Della Pace", un itinerario ideale che si sviluppa lungo la linea di confine italo-austriaco. I lavori di ristrutturazione sono stati compiuti dal gruppo "Amici delle Dolomiti" che ha preparato il Sentiero Storico e ricostruito le trincee negli anni 1977/1981. Nel 1981 durante l'incontro usuale della prima domenica di Settembre dedicato alla commemorazione dei caduti avviene la consegna del Museo Storico all'aperto alla Fondazione Monte Piana, da parte degli "Amici delle Dolomiti", che cambiano zona di lavoro. Convinti di un'indispensabile opera di manutenzione e nostalgici del luogo dove operavano già da anni, gli

16 Relazione Escursione 22 "Italiani" di Schaumann chiedono alla Fondazione, che cura le onoranze dedicate agli eroi del Piana, di poter formare una squadra di manutenzione per continuare a lavorare al Museo all'aperto. La risposta è immediata e positiva. Così, dal 1983, il neo costituito "Gruppo Volontari Amici del Monte Piana" inizia la gestione del museo portando avanti una paziente opera di intervento (con successivi e costanti lavori di ripristino e manutenzione) su quegli elementi che ogni anno risultano danneggiati dalle intemperie e dal disgelo. Nel 1986 il Gruppo dedica il suo nome ad Elio Scarpa vicepresidente della Fondazione Monte Piana scomparso improvvisamente. A lui va il merito di aver reso possibile l'avvio di tale iniziativa e di averla sostenuta con entusiasmo e disponibilità ammirevoli. Grazie al sostegno del Comando Truppe Alpine, il Gruppo può usufruire durante lo svolgimento dei lavori di un mezzo fuoristrada, di tende e diversi materiali, oltre al valido aiuto del personale militare posto a propria disposizione. I lavori eseguiti e le fortificazioni risistemate Durante le prime due settimane di agosto è possibile seguire l'annuale attività di manutenzione del Museo all'aperto, una ventina di volontari trascorrono le loro ferie ripulendo trincee e camminamenti dai detriti accumulatisi all'interno; ricostruiscono fedelmente tratti di muro a secco crollati; recuperano ciò che resta dei vecchi ricoveri, ripristinandone l'originale struttura in legno. Visto il continuo e progressivo aumentare dell'interesse del pubblico per la visita di tale zona storica si continua a ripristinare nuovi tratti dell'ex prima linea italo-austriaca, così che ogni anno il Museo può vantare un suo modesto ma significativo ampliamento. Il ripristino di vecchi sentieri militari e austriaci e il recupero di manufatti della Grande Guerra consente oggi di collegare le più importanti testimonianze in un'unica grande escursione di portata storica. Alcune trincee ed appostamenti sono stati restaurati e consentono di avere un' idea delle condizioni umane e del dispiegamento delle forze sul campo. Si possono visitare gran parte dei resti delle postazioni e apprezzare appieno la loro importanza, si può comprendere come si è vissuto in questi posti in quegli anni terribili e come si è combattutto per mantenere questo monte di importanza fondamentale a livello strategico e militare. Se a questo si aggiunge che i due inverni, e , furono caratterizzati da straordinarie precipitazioni nevose e da un clima più freddo della media del secolo, ci si renderà immediatamente conto delle condizioni terribili in cui si trovarono a combattere i soldati degli opposti schieramenti. Non si può capire fino in fondo il dramma della Grande Guerra se non si tiene conto anche delle decine di migliaia di morti per valanga, degli assiderati, dei congelati e delle inenarrabili sofferenze di uomini costretti a sopravvivere, prima ancora che a combattere, in un ambiente ancora oggi proibitivo. Le vestigia della guerra restano tuttora ben evidenti, sia sull'altipiano che sui fianchi della montagna, nelle trincee, nelle caverne, nelle gallerie, nelle postazioni, nei resti di reticolati e nei cippi e monumenti che qua e là sono stati eretti a ricordo delle epiche battaglie e dei loro protagonisti. All'interno delle trincee sono visitabili punti di ossevazione, ricoveri con i resti del legno e del cartone catramato delle coperture, postazioni di artiglieria, e ciò che resta dell'organizzazione (teleferiche, linee elettriche, cucine da campo, ecc.). Nelle buche e nelle trincee si trovano ancora i resti della vita dei soldati, come le latte di cibo (arrugginite ma ancora riconoscibili) e il vetro verde delle bottiglie. A volte resti di suole o elementi in ferro di fibbie e cinture. Il filo spinato abbonda tutt intorno. IFMS I protagonisti di quei lontani scontri, che, nonostante l'utilizzo di masse umane assai inferiori a quelle delle grande battaglie isontine e carsiche, ebbero grande risonanza per l'alto valore alpinistico di alcune imprese e per la temerarietà di ogni iniziativa offensiva, furono da una parte gli Alpini e dall'altra i Tiroler Kaiserjaeger. Questi due corpi ebbero, e mantengono ancora, un grande rispetto reciproco, memoria dei mille gesti cavallereschi intercorsi tra loro in tempo di guerra: da questa solidarietà, che accomuna i soldati della montagna, è addirittura nata un'istituzione, emanazione dell'a.n.a., che raduna tutti i soldati di montagna del mondo, l'ifms. Ogni anno, la prima domenica di Settembre, si tiene al Monte Piana una cerimonia d'incontro tra i veterani dei due eserciti. Una sorta di gemellaggio d'armi, in ricordo dei Caduti e quale invocazione comune alla pace. Il Monte Piana si trova al confine tra due bellissimi Parchi Naturali delle Dolomiti. Il Parco Naturale delle Dolomiti di Sesto: brevi note di geografia, geologia, idrografia e storia Il Parco Naturale delle Dolomiti di Sesto e stato istituito dalla Provincia Autonoma di Bolzano nel 1981 e si estende tra la Val Pusteria a nord, la Val di Landro a ovest, la Val di Sesto a est, e il confine con la Provincia di Belluno a sud. Il confine con la Provincia di Belluno a sud coincide con la linea orografica-spartiacque seguente (da est a ovest): Passo di Montecroce Comelico Passo della Sentinella Cima Undici - Monte Popera - Croda dei Toni - Monte Paterno - Tre Cime di Lavaredo Monte Piana - Lago di Landro. Il Parco si estende su tre comuni: Dobbiaco (1240 m), San Candido (1173 m), Sesto (1310 m). Nel periodo glaciale le Dolomiti di Sesto furono sepolte quasi completamente sotto un gigantesco strato di ghiaccio che, ritirandosi, ha lasciato chiari segni della sua presenza. Di circhi glaciali ce ne sono di più o meno pronunciati, il più evidente dei quali è il Vallone Popera. Altri circhi glaciali e campi ghiacciati si trovano su Cima Undici (Ghiacciaio Alto), sulla Cresta Zsigmondy (Ghiacciaio Pensile) e sul Monte Popera (Ghiacciaio Occidentale e Ghiacciaio Basso). Nel Parco questi segni sono particolarmente evidenti nella Val del Rio Alto Fiscalina dove troviamo morene, striature e dorsi rocciosi arrotondati.

17 Relazione Escursione 23 Da un punto di vista geologico le rocce piu antiche del Parco si trovano nella Valle di Sesto, e sono sovrastate dagli strati di Bellerophon (calcari neri, dolomite e marna grigia) che, percossi, emanano un caratteristico odore di bitume (prodotto della decomposizione dei resti organici di molluschi). Le acque gessose prodotte da questi strati di Bellerophon danno origine alle sorgenti di acqua solforosa dei Bagni di San Giuseppe a Sesto e di San Candido. Diffuse nelle rocce del Parco sono gli strati impermeabili di Raibl, di dolomia grigia e strati di marne argillose vivacemente colorati, che proteggono la sottostante dolomia dello Sciliar dall'erosione. Nelle depressioni la formazione di Raibl, costituita da strati impermeabili, ha consentito la creazione di splendidi laghi (per esempio i Laghi dei Piani vicino al rifugio Locatelli) o talora di verdi prati alpini. Gli strati di Raibl (ben visibili dalla Strada degli Alpini a Cima Undici) sono ricchi di argilla e di fossili marini e si lasciano erodere facilmente. Da tutte le montagne dolomitiche enormi ammassi detritici si staccano incessantemente dalle cime e depositandosi ai loro piedi formano estesi ghiaioni. In alcuni punti la Valle Campo di Dentro, la Val Fiscalina e la Val Rienza sono state invase in passato da enormi frane, con il conseguente interramento di alcuni torrenti, che tuttora scorrono in condizioni ipogee. L'Alta Pusteria è solcata da due grandi fiumi che vi nascono: il Rienza, affluente dell'adige, e la Drava (Drau) che fluisce nel Danubio, e che fanno della valle una specie di sella spartiacque. Seguendo il fiume Rienza (le sorgenti sono poco sotto al rifugio Locatelli) si arriva al bacino di Dobbiaco. Qui il Rienza scende la Val Pusteria verso ovest, mentre a est il fiume Drava (le sorgenti sono ai piedi del Gruppo dei Baranci tra Dobbiaco e San Candido), affluente del Danubio, discende l'ultimo tratto della Val Pusteria verso est ed entra in Austria. In corrispondenza di Dobbiaco Nuovo si trova cosi un'interessante insellatura (la Sella di Dobbiaco, il punto più alto della valle, 1243 m), quasi impercettibile ma idrograficamente molto importante, perche' fa da spartiacque fra i due grandi bacini del Danubio (Mar Nero) e dell'adige (Mar Adriatico), cosi' le acque del Rienza (inghiottite dalle ghiaia subito a valle del lago di Landro e riaffioranti poi a meta' della Val di Landro) confluiscono nell'isarco (a Bressanone) mentre quelle della Drava vanno a confluire nel Danubio. I primi abitanti di questa zona montuosa furono popolazioni indoeuropee e, in età romana, il territorio appartenne alla provincia del Norico. Scavi archeologici effettuati a San Lorenzo, presso Brunico, nella parte centrale della Val Pusterìa, testimoniano la presenza romana nella regione. Sesto di Pusteria: il nome di <<Sexta>> appare per la prima volta a designare una stazione di sosta situata sulla strada consolare romana del Passo di Montecroce Comelico. Il paese deriva pero forse il suo nome da un gruppo di sei case che si trovavano fin dall'alto Medioevo all'imbocco della Valle Campodidentro. Per godere la bellezza delle Dolomiti di Sesto bisognerebbe vederle dalla Val Pusteria, meglio ancora dai monti del crinale carnico sopra Sesto, tutti dolcemente ondulati e coperti di vegetazione; viste da li sono di grande impatto scenografico, con in primo piano i sottogruppi dei Baranci e dei Tre Scarperi, ai lati dei quali si aprono le due valli parallele (la Val di Dentro e la Val Fiscalina) chiuse alle loro testate dalla Croda dei Toni, il Monte Paterno e le Tre Cime di Lavaredo, che fanno loro da sfondo stupendo. Il Parco Naturale di Fanes-Sennes-Braies: brevi note di geografia, geologia, idrografia Il Parco Naturale di Fanes-Sennes-Braies e stato istituito nel 1980 e si trova nella provincia autonoma di Bolzano, al confine con la provincia di Belluno; è delimitato a ovest dalla Val Badia, a nord dalla Val di Braies, a est dalla Valle di Landro e a sud dalla Val Travenanzes. Il parco continua in realta a sud nel Parco Naturale delle Dolomiti d'ampezzo, che s'incunea nel primo completandolo con la Val Travenanzes, le Tofane e anche parte del Cristallo. Infine il parco confina a est, separato dalla Strada Statale, con il Parco Naturale delle Dolomiti di Sesto. Assieme al confinante Parco di Ampezzo forma una estensione unica di bellezze paesaggistiche di prim'ordine. Non solo il parco è legato indissolubilmente alle leggende ladine del ciclo famosissimo dei Fànes con le sue leggende sui luoghi scomparsi e sui paradisi di pietra, ma esso ospita branchi numerosissimi di camosci, e sui brulli altopiani di Fànes e Sènnes assieme agli armenti non mancano le vivacissime marmotte. I magri prati in prossimità di pareti rocciose sono territorio di caccia del Gheppio che su di esse nidifica, mentre la relativa abbondanza di marmotte e di camosci rende l'avvistamento dell'aquila reale un evento piuttosto frequente. Per quanto riguarda le condizioni idrografiche del parco naturale si incontra una profonda diversità tra la zona delle Dolomiti di Braies e quella di Fanes-Sennes. Mentre nel primo territorio esiste un normale deflusso superficiale delle acque, a Fanes e a Sennes le tipiche forme di carsismo determinano un deflusso quasi esclusivamente sotterraneo. Di conseguenza sugli altipiani di Fanes, Sennes e Fosses scarseggia l'acqua, con eccezione di alcuni laghetti. Le sorgenti compaiono spesso alla base di depositi glaciali o di frane e vanno ad alimentare dei ruscelli che ben presto spariscono nel terreno o in cavità carsiche. Le acque superficiali scompaiono rapidamente nelle crepe, doline e inghiottitoi, per ricomparire sotto forma di sorgenti o torrenti che alimentano piccoli laghi ai piedi di ripidi gradoni di roccia compatta o in prossimità di depositi morenici. A volte si creano delle bellissime zone di raccolta delle acque sotterranee che danno vita a cascate come nella bellissima oasi di Fanes. La copertura vegetale risente dell'acidità superficiale del suolo: i tipici pascoli del piano nivale, subnivale e alpino su substrato calcareo povero presentano distese di Carex, Festuca, Sesleria, Potentilla costellati di radi ma talora imponenti esemplari di Larice e Pino cembro.

18 Relazione Escursione 24 Tuttavia i laghi che rappresentano uno degli aspetti più interessanti del Parco sono abbastanza numerosi. I due laghi più importanti, quello di Braies e di Dobbiaco, sono laghi di fondovalle che riempiono avvallamenti di origine glaciale. I laghetti alpini, invece, occupano conche di varia origine e di conseguenza mancano per lo più di immissario o di emissario o di ambedue (Lé de Limo, Lé Parom, Lé Piciodel, Lé de Fojedöra (Lago dei Colli Alti). Solo Lé Vert (Lago Verde) ha un regolare immissario ed emissario. Il Parco Naturale di Fanes-Sennes-Braies è conosciuto anche dal punto di vista paleontologico. Nel 1987 è stata scoperta nella zona delle Conturines, a quota 2800 mt, una grotta (difficilmente accessibile) ricca di reperti fossili (cranio, ossa, denti) appartenenti ad un orso antichissimo: la grotta dell'"ursus spaeleus". Le cime più alte del parco sono la Croda Rossa (mt 3146), Le Cunturines (mt 3064), La Varella (mt 3055) e Cima Dieci (mt 3026). La Croda Rossa d Ampezzo (3146 m) e così chiamata per il particolare colore della sua roccia, rossastro, che in alcuni punto diviene rosso vivo (e la cima piu alta del parco). Misurin a Misurina con i suoi 1756 metri d'altitudine è l'abitato più in quota di tutta la Provincia di Belluno. Misurina rappresenta il valico che congiunge il Cadore con la Val Pusteria. E stata contesa per secoli dai comuni limitrofi dall'impero austriaco e dalla Serenissima Repubblica Veneta, sia perché importante valico di confine, sia per i suo pascoli alpini, ancor oggi sfruttati da quattro malghe. Negli anni a cavallo tra il 1800 ed il 1900 conobbe il turismo, con i primi grandi alpinisti e successivamente con personaggi storici quali la Regina Margherita di Savoia o il poeta Carducci che tesse le sue lodi in diversi canti. Il suo splendido e romantico lago alpino di origine glaciale (alimentato da piccoli torrenti che discendono dai monti circostanti) durante l'estate è meta del Germano reale e vi si possono pescare diverse specie di trote. Il Lago di Misurina e il più grande lago naturale del Cadore: la sua origine pare dovuta ad un doppio sbarramento di frana. Le dimensioni del lago sono: 2,5 km di perimetro, 925 metri di lunghezza 325 metri di larghezza massima e profondità media di 3,5 metri. Una leggenda vuole che il lago ebbe origine da pianto di una ragazza vanitosa che, in cambio di uno specchio promesso da una strega, vide il padre trasformato in montagna (il Sorapiss). Il lago fa da primo piano ad un grandioso scenario di Dolomiti, un panorama irripetibile nell'intero arco alpino: Sorapiss, Cristallo, Pale di Misurina, Monte Piana, Tre Cime di Lavaredo, Cadini. Durante l'inverno si copre di uno strato di ghiaccio di 60 cm che permette di passeggiare tranquillamente o di sciare e d pattinare (come avvenne nelle lontane Olimpiadi Invernali di Cortina). Grazie all'elevata altimetria, alla scarsissima umidità e alla bassa concentrazione di altigeni, Misurina è luogo ideale per la patologia di malattie respiratorie: proprio per questo motivo è sede di un importante centro di cura per bambini famoso nel mondo. Tra il lago e i Monte Cristallo si trova il Gruppo delle Pale di Misurina, famosa palestra di roccia; tra i vari campanili si trova la famosa e caratteristica Guglia De Amicis (2100 mt) a forma di ago che venne raggiunta la prima volta con un lancio di corda dal campanile adiacente. Poco dopo il Lago di Misurina si trova il Lago di Antorno (o delle Croci, quota 1866 mt) un tipico lago di torbiera. I Cadini di Misurina (il Cadino di San Lucano 2839 m) I Cadini di Misurina sono uno dei gruppi piu' suggestivi delle Dolomiti per le numerosissime guglie e pinnacoli che presentano (simili ad una cattedrale gotica), la loro piu bella inquadratura e dal rifugio Auronzo. É questo un gruppo insolito in quanto raccoglie in una limitata porzione rocciosa di territorio un buon numero di cime appuntite, di guglie, di torrioni, di forcelline e di creste seghettate. Al suo interno si incuneano ampi circhi glaciali e valloni aperti solo su di un lato: i cosiddetti <<Cadini>>. Queste conche, per effetto della struttura calcarea, impediscono il raccoglimento delle acque, che invece scivolano sottoterra, l acqua viene assorbita senza creare laghi. In questo modo i valloni si addentrano tra catena e catena, dividendo il sottogruppo in rami, uniti tra loro solamente da un alta forcella. Tra questi monti sono ancora presenti numerosi resti di sentieri di guerra italiani, il sentiero attrezzato Bonacossa ricalca la dorsale che durante la guerra i soldati italiani avevano costruito per rifornire le postazioni avanzate della prima linea nella zona delle Tre Cime. Il rifugio Auronzo (2320 m) (telefono ) Il rifugio è situato al termine della strada panoramica che dal lago di Misurina porta alle Tre Cime di Lavaredo. Stupendo il panorama che si gode dal rifugio. Il Rifugio Auronzo appartiene alla Sezione Cadorina (Auronzo) del C.A.I. Venne distrutto nella Prima Guerra Mondiale e fu successivamente ricostruito nel 1925 con il nome di Rifugio Principe Umberto. In questa occasione, il rifugio fu benedetto da Don Pietro Zangrando, l eroico <<cappellano delle Tre Cime>> che in guerra celebrò la messa sulla vetta della Cima Grande. Nel successivo 1946 il rifugio venne intitolato alla guida auronzana Bruno Caldart, caduto sulla Cima Piccola. Incendiatosi

19 Relazione Escursione 25 nell aprile 1955, il rifugio venne velocemente ricostruito nella forma ampliata ed attuale a cui, il 14 luglio 1957, seguì l inaugurazione con il nome attuale. Nei pressi del rifugio si trovano ruderi di molti ricoveri militari della Grande Guerra. E da ricordare che nella Prima Guerra Mondiale qui arrivava una teleferica che partiva dal Cason de la Crosera (in Val Marzon, la valle visibile alla propria destra quando nel tragitto dal Rifugio Auronzo al Rifugio Lavaredo si volge lo sguardo verso la conca di Auronzo di Cadore). Gruppo del Cristallo (3221 m) Quando all'inizio della prima guerra mondiale, i due eserciti austro-ungarico e italiano iniziarono a predisporre le proprie postazioni occupando le valli, i passi, le strade d'accesso lungo tutto il fronte dolomitico, nessuno ancora poteva immaginare che il vero teatro degli scontri sarebbero state le vette delle montagne, i ghiacciai, le creste e le cenge sulle pareti rocciose. Il Monte Cristallo, come il monte Lagazuoi, fu uno di questi teatri come ad esempio testimoniano le numerose tracce che ancor oggi sono conservate lungo il panoramicissimo e aereo sentiero ferrato Ivano Dibona. Nei primi mesi di guerra il gruppo del Cristallo fu accerchiato dalle truppe dei due eserciti: gli austriaci si disposero con uno sbarramento difensivo a nord, a Carbonin, a presidio della strada che porta a Dobbiaco, gli italiani a est in Val Popena, e a sud e a ovest nella Valle del Boite per premere sullo sbarramento austriaco e aprirsi un varco verso la Val Pusteria. Poi man mano che un po' ovunque la guerra saliva di quota, anche sul Cristallo i soldati iniziarono ad addentrarsi nei valloni, a risalire i fianchi della montagna, a raggiungere le forcelle. Sul Cristallo furono gli Austriaci i primi ad avere l'iniziativa, nel luglio del 1915, guadagnando una serie di postazioni elevate con le quali dominavano il nemico: il Rauchkofel, la Punta del Forame de Fora, la Costabella, il Vecio del Forame e la Forcella Grande, dove issarono anche un cannone puntato sul Passo Tre Croci. Agli italiani non restò che fare altrettanto: nell'agosto di quell'anno, con una serie di azioni notturne risalendo la Val Padeon, raggiunsero e conquistarono alcune delle posizioni in mano al nemico: dal Vecio del Forame alla Forcella Bianca. Fallirono invece i tentativi di prendere la Costabella. Erano passati solo pochi mesi dall'inizio della guerra ma le reciproche posizioni erano sostanzialmente definite: gli Italiani lungo tutta la cresta principale del Cristallo (Col dei Stombi, Vecio del Forame, Cresta Bianca, Cristallino d'ampezzo, Cristallo, Cristallino di Misurina), gli Austriaci sulle creste che si allungano verso nord (la Punta del Forame de Fora, la Costabella, il Rauchkofel). Per entrambi gli eserciti si avvicinava l'inverno e con esso la prima lunga battaglia con un altro nemico, imprevisto questa volta: il freddo, la neve, le slavine. I soldati si ritrovarono a difendere posizioni a 3000 m, senza mezzi e rifornimenti adeguati. In alcune postazioni sulla Cresta Bianca gli alpini rimasero isolati per tre settimane, a causa delle grandi nevicate, in assenza di comunicazioni telefoniche, di rifornimenti di cibo e di combustibile, costretti a rimanere nel sacco a pelo tutto il giorno per resistere al freddo. Il secondo anno di guerra si contraddistinguerà per i combattimenti tanto sanguinosi quanto inutili: gli Italiani non riusciranno a sfondare le linee nemiche nè a conquistare in modo durevole altre postazioni, gli Austriaci non potranno allontanare il nemico dalle sue postazioni. Del periodo tra l'autunno 1916 e l'autunno 1917, prima della rotta di Caporetto, sono la maggior parte dei ricoveri in legno e delle casermette in muratura e sassi che si incontrano lungo il sentiero ferrato Ivano DiBona; il tracciato stesso del sentiero, con i suoi arditi passaggi sulla Cresta Bianca, è un camminamento costruito dagli alpini a collegamento delle postazioni sul Cristallo, che fu poi ripristinato perché fosse percorribile da tutti. Cima Tre Scarperi (3145 m) E' la cima piu alta tra i monti del Parco delle Dolomiti di Sesto ed e una zona piuttosto trascurata, a causa degli accessi lunghi e faticosi e del terreno infido, e' una zona dall'aspetto severo e repulsivo. I "Tre Scarpèri" erano, secondo la leggenda, tre alacri calzolai che, in Val Campodidentro, confezionavano calzari di pelle di camoscio, infatti quelle zone erano molto ricche di quegli animali. Rondòi-Baranci (Croda dei Baranci 2922 m) Nelle Dolomiti di Sesto vi sono due estesi gruppi che pochi visitano: sono i Rondòi-Baranci. Il primo si chiama così in onore dei rondoni che svolazzano fra le sue vette, mentre i "baranci" sono i pini mughi. L'imponente Croda dei Rondoi (2873 m), che domina il vallonetto del Toàl Erto con una poderosa e caratteristica parete verticale striata di cenge orizzontali, è cosi chiamata per i tanti rondoni che arrivano con la bella stagione e popolano questa zona. Le Tre Cime di Lavaredo (la Cima Grande 2999 m) "La fantastica Trinità", come vennero chiamate. E bellissimo vederle anche da lontano, tanto sono popolari e celebri. Ma dal lato Nord esse si mostrano nella loro possenza. Si possono circumnavigare, lungo comodi sentieri, e osservare le cordate in azione sulle pareti Nord. Quello che, in pratica, colpisce di più delle

20 Relazione Escursione 26 Tre Cime, è il diverso modo di presentarsi delle stesse: <<piramidale>> dal Lago di Misurina, di <<trinità>> dal Rifugio Locatelli e di <<grandiosa vela>> dal Monte Piana e dal Passo Fiscalino. I grandi strapiombi delle pareti nord delle Tre Cime di Lavaredo sono impressionanti. Nel 1880 i primi pionieri ritenevano che solo con le ali si sarebbe potuto calcare la vetta della Cima Piccola (2857 m), la più difficile. La Cima Grande di Lavaredo, la centrale e la piu' alta del gruppo, detta la "Grande di Lavaredo" si presenta nella parete nord (palestra per rocciatori di fama mondiale) come una placca verticale, in parte strapiombante alta oltre 500 metri. Anche la via "comune" per la parete sud, con difficolta' nei gradi inferiori, in condizioni favorevoli viene molto frequentata. La Cima Grande di Lavaredo e la Punta Tre Scarperi furono scalate (lungo le attuali vie normali) per la prima volta nel 1869 da Paul Grohmann. Famosi gli exploits su queste cime di leggendari arrampicatori: da Emilio Comici, che superò la Nord della Cima Grande e lo Spigolo Giallo della Piccola, a Cassin, che scalo la Nord della Cima Ovest (2973 m). Nell'estate del 1933 Emilio Comici, con i fratelli Dimai, scala la parete nord della Cima Grande (impiegarono 3 giorni con due bivacchi in parete), e poi l'elegantissimo Spigolo Giallo della Cima Piccola di Lavaredo. Nel 1935 viene scalata da Cassin e Ratti la parete nord della Cima Ovest (pure qui 3 giorni con due bivacchi in parete). Nel 1958 un cordata tedesca scala per la parete nord della Cima Grande proprio nel settore degli strapiombi. Nel 1959 e negli anni seguenti cordate svizzere, cortinesi (l apertura della via con il celebre "Spigolo degli Scoiattoli") e francesi salgono per la prima volta la parete nord della Cima Ovest di Lavaredo nella parte degli strapiombi. Nel 1963 venne aperta la via dei Sassoni (la via direttissima a goccia d acqua ) nel centro della Grande, dopo ben 17 giorni di arrampicata! Sono ben oltre 120 gli itinerari di salita sul Gruppo delle Tre Cime! Sono pericolose per chi arrampica (e per chi sta ai piedi di queste cime) le pietre (scariche di tutte le dimensioni!) che in continuazione cadono per erosione a causa della fragilita del calcare dolomitico (specie nel periodo del disgelo e quando ci sono cordate che arrampicano). Si accrescono cosi i ghiaioni sottostanti tanto che dal rifugio Locatelli le tre vette si ergono come tre enormi cariati molari su una gengiva di ghiaie. Per fare un esempio, dalla celebre via aperta da Comici sulla Cima Grande nel 1933 e crollato alcuni anni fa un tratto di circa 40 metri di roccia in pietre e macigni di tutte le dimensioni! Il Massiccio del Paterno (2744 m) Essendo posto al centro delle Dolomiti di Sesto, il Monte Paterno e' un famoso pulpito panoramico, con una veduta circolare immensa su tutti i gruppi delle Dolomiti di Sesto. Racchiude un pezzo di storia della Grande Guerra (Croce sommitale) perche sulla sua cima c era la postazione italiana di vetta. Gli Italiani fecero del Paterno, della Cresta del Camoscio, della Croda Passaporto, un formidabile baluardo interamente fortificato, servito da gallerie, camminamenti, postazioni di cannoni, ricoveri per guarnigioni. Improvvise finestre aperte nella roccia che dominavano le postazioni austriache della torre di Toblin. Il sistema viario sotterraneo o mascherato al nemico, consentiva di accedere da Forcella Lavaredo alle posizioni avanzate del Sasso di Sesto, evitando lo spazio scoperto della Grava Longa. Sulla cima del Paterno agli inizi della prima guerra mondiale un alpino italiano (Piero de Luca del battaglione Val Piave ) riusci' a sventare un tentativo notturno austriaco di espugnazione del caposaldo italiano di vetta (4 luglio 1915), in quell'occasione furono uccisi alcuni soldati austriaci tra cui la famosa guida alpina di Sesto Sepp Innerkopfler. Innerkopfler era il gestore del rifugio Drei Zinnen ( Tre Cime, l'attuale rifugio Locatelli) nel periodo precedente alla scoppio della guerra. Gli Alpini in quell'occasione raccolsero di notte il corpo della famosa guida e con gli onori militari tumularono il corpo sulla vetta, e solo alla fine della guerra la salma fu riesumata dagli Austriaci e seppellita nel cimitero di Sesto. Sulla vetta si puo arrivare attraverso alcune "vie ferrate", che si svolgono lungo cenge attrezzate (la via ferrata della Croda Passaporto e la via ferrata delle Forcelle) e lungo le gallerie di guerra scavate dagli Italiani nella montagna (le celebri Gallerie del Paterno ). Le lunghe gallerie del Paterno (la piu lunga e di 400 metri ma solo i primi 200 m sono percorribili perche il tratto superiore della galleria e crollato in piu punti) scavate nelle viscere del Monte Paterno furono scavate dalle truppe italiane tra il 1915 e il 1917 (un anno di lavoro!) per rifornire al riparo dal fuoco nemico le postazioni avanzate della prima linea della Forcella di Toblin e del Sasso di Sesto. La via ferrata delle Forcelle attraversa le forcelle del Paterno che in tempo di guerra erano presidiate con postazioni di cannoni e mitragliatrici, ed erano collegate con un sistema di cenge unite da ponticelli sospesi. Il rifugio Locatelli (2405 m) (telefono ) Il rifugio Locatelli e' uno straordinario belvedere, celebre per lo straordinario panorama (e per i favolosi tramonti) verso le pareti nord delle Tre Cime di Lavaredo. E stato il primo rifugio costruito sulle Dolomiti alla fine del XIX

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