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1 ALMA MATER STUDIORUM Università degli studi di Bologna FACOLTA DI AGRARIA Dipartimento di Scienze degli Alimenti Corso di Laurea in Scienze Agrarie Materia di tesi: Zootecnica speciale I VALORIZZAZIONE DELLE RAZZE BOVINE AUTOCTONE NELLA PRODUZIONE DEL PARMIGIANO-REGGIANO Tesi di Laurea di: KATIA BERNABEI Relatore: Chiar.mo Prof. FRANCESCO RICCI BITTI PAROLE CHIAVE: RAZZE AUTOCTONE, REGGIANA, BIANCA VAL PADANA, CASEINA, PARMIGIANO-REGGIANO Sessione II Anno Accademico

2 Indice Premessa 3 1-Introduzione Cenni storici Area di diffusione 8 2-Attuale procedura per la produzione del Parmigiano- Reggiano Lo standard del formaggio Parmigiano-Reggiano I contrassegni e i marchi di garanzia del Parmigiano Reggiano Regolamento per l alimentazione delle bovine Il latte e le sue caratteristiche La trasformazione casearia 61 3-Influenza del tipo di caseina sulla formazione della cagliata 67 4-Principali razze bovine allevate in provincia di Modena e Reggio Emilia Evoluzione numerica Riqualificazione delle razze bovine autoctone Caratteristiche morfologiche e fisiologiche Trend fenotipico Miglioramento genetico Attuale situazione Sistemi di allevamento I riscontri al caseificio Prospettive Bibliografia 138 2

3 Premessa La lunga storia del Parmigiano Reggiano oltre ad essere legata ad un ambiente con caratteristiche pedo-climatiche peculiari che permette di estrinsecarne tutte le caratteristiche fisiche chimiche e organolettiche, s intreccia con quella di due razze bovine autoctone: la Bianca Val Padana e la Reggiana. Si è instaurata attraverso i secoli una stretta connessione tra ambiente, tipi genetici e prodotto. Ciò garantisce la genuinità, la tipicità e più in generale la qualità del prodotto in questione. Per questo e per altri motivi di ordine biologico e culturale è importante, e allo stesso tempo può risultare interessante, mettere in evidenza le caratteristiche e le potenzialità di queste due storiche razze bovine. 3

4 1-Introduzione 4

5 1.1 Cenni storici Secondo la classificazione dello svizzero Duerst la popolazione bovina viene suddivisa in tre raggruppamenti fondamentali: Bos taurus macroceros (longicorni), Bos taurus brachiceros (brevicorni) e Bos taurus akeratos (acorni). Dal Bos taurus brachiceros ha origine il Bos primigenius o Uro del sud da cui deriveranno tutte le razze europee e che si estinse intorno alla metà del secolo XVII. Decisivo, nell evoluzione del patrimonio zootecnico, più in particolare quello bovino, fu un evento storico di grande portata: la caduta dell impero romano d occidente (476). Subito dopo ebbero inizio le invasioni barbariche. Queste popolazioni provenivano dal sud-est europeo; tra queste vi furono i Longobardi i quali ebbero un ruolo fondamentale nella diffusione di nuove razze bovine in Italia. I Longobardi provenivano dalla Pannonia e, dopo aver invaso nel 568 il Friuli, dilagarono in tutta la Padania e conquistarono molti territori dell Italia centro-meridionale. Durante le loro migrazioni utilizzavano numerosi bovini, indispensabili per il trasporto dei familiari e delle masserizie. Questi bovini erano stati razziati nei territori che avevano attraversato prima di scendere in Italia, cioè nella Russia meridionale, nella Podolia e nella Pannonia. Si può quindi ritenere che quei bovini portati in Italia appartenessero all antica razza podolica. Secondo recenti studi, il pigmento rosso del mantello, che è un carattere dominante, sarebbe stato trasmesso dalle antiche vacche rosse della steppa russa cha ancora oggi vivono nell Ucraina e nell est della Romania. Nel volgere di pochi secoli, la razza fromentina sostituì le razze indigene e 5

6 mantenne la supremazia fino alla prima metà del 900. Fu proprio questa razza, a partire dal secolo XII, la protagonista della cosiddetta rivoluzione casearia con la quale si ebbe la produzione dei primi formaggi a base di latte vaccino, i caci parmigiani poi parmesan, ad opera dei monaci benedettini. A questo punto occorre fare un precisazione: la razza definita fromentina comprende diverse sottorazze che si formarono nei territori pianeggianti e collinari compresi fra la provincia di Modena e l Oltrepò pavese. Queste sottorazze avevano in comune il mantello rosso, seppure in diverse tonalità, ed elevata adattabilità alle diverse condizioni ambientali, ma si differenziavano tra loro per la taglia, per la diversa attitudine alla produzione di latte e carne e, in certi casi, per una minore resistenza ai lavori pesanti. Attualmente alcune di queste sottorazze sono ridotte allo stato di reliquia e rischiano l estinzione. In particolare sono: Cabannina, Ottonese e Pontremolese. La Bianca Val Padana e la Reggiana invece hanno una consistenza numerica più elevata; il rischio però di un ulteriore calo del numero di capi sussiste ancora per la Bianca Val Padana. Tornando alla storia della razza fromentina, tra il Po e l Enza (Piacenza e Parma) il mantello era di colore rosso accentuato, la mole media e la produzione del latte particolarmente ricercata; fra l Enza e il Secchia (Reggio Emilia) il mantello rosso tendeva al pallido, perciò detto fromentino, la mole maggiore e una più spiccata attitudine lattifera; fra Secchia e Reno (Modena) la popolazione bovina, assai eterogenea come mantello, tipo e mole, era invece a più spiccata attitudine alla produzione di carne, ma, fin dal 700, cominciò a prevalere la razza di tipo reggiano cioè a triplice attitudine (ma più lattifera) e a mantello fromentino. L illustre Filippo Re, riferendosi ai bovini di Reggio, ma che simili si ritrovavano anche nel modenese, affermava: Il bovino di mantello fromentino (cioè rosso chiaro) è da tutti preferito ad ogni altro. Il bovino latteo (segno che già all inizio dell 800 vi erano soggetti di colore bianco) è da tutti ricusato siccome indicante animale debole. 6

7 Verso la metà dell 800, dal gruppo di bovini di cui si è parlato poc anzi, si differenziò una popolazione a mantello bianco con centro Carpi e perciò detta anche carpigiana che si estese poi nella restante pianura modenese, nelle zone confinanti della pianura di Reggio con centro Correggio e nell Oltrepò mantovano, per questo assunse anche il nome modenese poi Bianca Val Padana. Dalla seconda metà dell 800 con esposizioni zootecniche la Società Fiere e Corse di Modena incoraggiò l allevamento dei bovini del tipo modenese premiando i soggetti migliori, ben sviluppati, con mantello tra il fromentino e il bianco, di buon accrescimento, con attitudine al lavoro e provviste di buone masse muscolari. Solo alla fine del secolo, con la comparsa dei primi caseifici nel modenese, si è cominciato a valorizzarne l attitudine lattifera e quindi casearia. La Cattedra Ambulante di Agricoltura, dopo l Esposizione Zootecnica di Mirandola del 1905, iniziò un metodico lavoro di selezione. Da allora si costituì la Commissione Zootecnica Provinciale della quale fecero parte tecnici ed allevatori incaricati di coordinare e uniformare i criteri di scelta dei riproduttori, si moltiplicarono le esposizioni zootecniche circondariali e comunali e nel 1913 si costituì la Commissione Provinciale per l approvazione dei tori. Le prime informazioni accreditate sulla vacca rossa reggiana provengono invece da uno studio datato 1809 ad opera del Bolognini relativo al bestiame bovino allevato nel Dipartimento del Crostolo. In questi anni vengono importate dalla Svizzera vacche lugane per essere fecondate da tori reggiani per la vendita dei nati al macello (eccetto le vitelle di buona conformazione). Intorno al 1860, secondo Guardasoni (1931) era già iniziata una prima opera di miglioramento della Reggiana volta ad eliminare alcuni difetti morfologici della razza, come la linea dorsale avvallata e la coscia di pollo al fine di ottenere animali dotati di una migliore attitudine alla produzione di carne e di 7

8 più armonica conformazione. Allo scopo vennero introdotti e utilizzati per l incrocio bovini di ceppo Simmenthal dai cantoni di Friburgo e Berna. Tale incrocio fu effettuato soprattutto nella tenuta dei conti Spalletti presso S. Donnino di Casalgrande. I risultati furono ottimi, tanto da generare quasi una sottorazza, molto apprezzata, detta razza Spalletti. Per la monta pubblica oltre ai tori Simmenthal furono introdotti tori Durham, tori di razza Bruna Alpina e persino olandesi. Allo scopo di ottenere un miglioramento più rapido della produzione di latte e carne venne addirittura presa la delibera di intraprendere l incrocio di sostituzione della Reggiana con la Simmenthal, ma l obiettivo della sostituzione della razza autoctona non fu mai raggiunto. La Simmenthal aveva innegabili qualità superiori, rispetto alla Reggiana nei riguardi della produzione di latte e carne, ma aveva ridotto le capacità di resistere alle fatiche dei lavori agricoli a cui era destinata. Dal momento che gli ibridi presentavano una minore consistenza del tessuto corneo ungueale ed un netto peggioramento dell attitudine dinamica rispetto al ceppo autoctono, la tecnica dell incrocio venne abbandonata e s iniziò l opera di miglioramento della razza locale con la costituzione di nuclei di allevamento di bovini di razza selezionata tra i quali scegliere i riproduttori. Infine, il XIII Congresso Internazionale di Agricoltura, svoltosi a Roma nel 1927, avvalorò l opinione che il miglioramento delle razze locali andasse ricercato con la selezione e non con l incrocio con altre razze. (1), (2), (3), (4) 1.2 Area di diffusione Attualmente la distribuzione dei bovini di razza Reggiana e di Bianca Val Padana copre le province di Modena e Reggio Emilia (figura 1); in particolare gli allevamenti di vacche reggiane sono ubicati sia in aree montane 8

9 dell Appennino Reggiano (Baiso, Casina, Carpineti, Castelnovo ne Monti) delimitate, come una sorta di confine naturale, dal fiume Enza (che separa la provincia di Reggio Emilia da Parma) e dal fiume Secchia che tagliando fuori Villa Minozzo (altra zona di allevamento di Reggiane) divide Modena da Reggio Emilia, sia anche nella pianura di Reggio e provincia (Cavriago, Cadelbosco di Sopra, Coviolo, Quattro Castella, Castelnovo di Sotto, Viano, Guastalla). I capi di Bianca Val Padana invece sono per lo più concentrati nelle aree appenniniche di Prignano, Zocca, Palagano, e Montefiorino; ve ne sono anche alcuni nuclei sostanziosi nella pianura reggiana (Albinea) e in quella Modenese (Spilamberto e Sassuolo). Figura 1. Distribuzione geografica della razza Reggiana e della Val Padana (ridisegnata da Atlante Mondiale Omnia De Agostini) 9

10 2-Attuale procedura per la produzione del Parmigiano Reggiano 10

11 2.1 Lo standard del formaggio Parmigiano Reggiano Formaggio semigrasso, a pasta dura, cotta ed a lenta maturazione, prodotto con coagulo ad acidità di fermentazione dal latte di vacca proveniente da animali, in genere a periodo di lattazione stagionale, la cui alimentazione base è costituita da foraggi di prato polifita o di medicaio. Viene impiegato il latte delle mungiture della sera, riposato e parzialmente scremato per affioramento, e del mattino. La cagliatura è effettuata con caglio di vitello. Non è ammesso l impiego di sostanze antifermentative. Dopo qualche giorno si procede alla salatura, che viene praticata per giorni circa.la maturazione è naturale e deve protrarsi almeno fino al termine dell estate dell anno successivo a quello di produzione, per quanto la resistenza alla maturazione sia anche superiore. Il formaggio stagionato è usato da tavola o da grattugia e presenta le seguenti caratteristiche: forma cilindrica, a scalzo leggermente convesso o quasi diritto, con facce piane, leggermente orlate; dimensioni: diametro da 35 a 45 cm., altezza dello scalzo da 18 a 24 cm.; peso minimo di una forma: kg. 24 (massimo kg. 40); confezione esterna: tinta oscura ed oleatura o giallo dorato naturale; colore della pasta: da leggermente paglierino a paglierino; aroma e sapore della pasta caratteristici: fragrante, delicato, saporito, ma non piccante; struttura della pasta: minutamente granulosa, frattura a scaglia; occhiatura: minuta, appena visibile; spessore della crosta: circa 6 mm; 11

12 grasso sulla sostanza secca: minimo 32%; zona di produzione: territori delle province di Bologna alla sinistra del fiume Reno, Mantova alla destra del fiume Po, Modena, Parma, Reggio nell Emilia (fig. 2). (21) Figura 2. Comprensorio del Parmigiano-Reggiano (da 12

13 2.2 I contrassegni e i marchi di garanzia del Parmigiano-Reggiano Figura 3. I marchi e i contrassegni di garanzia del Parmigiano-Reggiano (rielaborato da La Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 235 del 9 ottobre 2001 riporta il comunicato del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali (Mipaf) in merito alla modifica al disciplinare di produzione del formaggio a 13

14 D.O.P. Parmigiano-Reggiano, avanzata dal Consorzio in all Assemblea Generale dei Delegati del 20 luglio scorso. Tale modifica riguarda il Regolamento di alimentazione delle bovine da latte, lo Standard di produzione e il Regolamento di marchiatura, per aggiornare gli stessi documenti che già facevano parte del Disciplinare di produzione del Parmigiano-Reggiano, inoltrato alla Commissione CEE a seguito del Reg. CEE 2081/92 che ha introdotto a livello comunitario il riconoscimento delle D.O.P. e delle I.G.P. La modifica specifica meglio l uso di latte crudo, il divieto dell uso di additivi, le norme per l alimentazione delle bovine da latte, indicando i foraggi e i mangimi ammessi e quelli vietati. Inoltre introduce l identificazione all origine di ogni singola forma mediante l apposizione di un codice e introduce una distinzione nel marchio di selezione, indicando il Parmigiano-Reggiano idoneo alla prima stagionatura (circa mesi) e quello idoneo alla lunga stagionatura (circa 24 mesi). A proposito della marchiatura si riportano le disposizioni generali e le definizioni: UI marchi (art.1) I segni distintivi del formaggio Parmigiano-Reggiano sono rappresentati dai marchi d origine e dai marchi di selezione (fig.3). 1. La marchiatura d origine è eseguita a cura dei singoli caseifici mediante: a) l apposizione di una placca di caseina recante la scritta Parmigiano- Reggiano o CFPR e i codici identificativi della forma; b) l impiego di apposite matrici (fasce marchianti) imprimenti sulla superficie dello scalzo di ogni forma la dicitura a puntini Parmigiano-Reggiano, nonché la matricola del caseificio produttore, l annata e il mese di produzione. 14

15 2. La marchiatura di selezione è effettuata dal Consorzio del Formaggio Parmigiano-Reggiano mediante l apposizione di marchi indelebili, come riportato nei successivi art. 4, 5, 6, 7 e 8. UDefinizione dei lotti produttivi e operazione di espertizzazione (art.4) 1. La produzione del caseificio è divisa in lotti e più precisamente: a) 1 lotto: il formaggio prodotto nei mesi da gennaio ad aprile; b) 2 lotto: il formaggio prodotto nei mesi da maggio ad agosto; c) 3 lotto: il formaggio prodotto nei mesi da settembre a dicembre. 2. Prima della marchiatura di selezione tutte le forme di formaggio Parmigiano-Reggiano sono esaminate da una Commissione composta da almeno due esperti nominati dal Consorzio. Questa operazione è detta espertizzazione. 3. Tutte le operazioni di espertizzazione e di apposizione dei marchi devono avvenire all interno della zona di origine. UEspertizzazione (art.5)u 1. Le operazioni di espertizzazione sono espletate per i tre lotti di produzione in tre periodi secondo il seguente calendario: a. Il formaggio del primo lotto è espertizzato a partire dal 1 dicembre dello stesso anno; b. Il formaggio del secondo lotto è espertizzato a partire dal 1 aprile dell anno successivo; c. Il formaggio del terzo lotto è espertizzato a partire dal 1 settembre dell anno successivo. UClassificazione del formaggio (art.6)u 1. L espertizzazione del formaggio avviene attraverso la valutazione dell aspetto esterno, della struttura e delle caratteristiche olfattive della 15

16 pasta, avvalendosi dell esame con il martello e dell esame con l ago con riferimento agli usi e alle consuetudini e secondo la classificazione riportata nell Allegato. 2. Al fine di approfondire l oggettività dell espertizzazione, le commissioni devono procedere al taglio di almeno una forma per lotto e, comunque, non meno di una ogni mille o frazione di mille, per valutarne le caratteristiche strutturali ed organolettiche. Ai caseifici è fatto obbligo di mettere a disposizione le forme indicate dagli esperti da sottoporre al taglio e di consentire l eventuale prelievo di una porzione delle stesse. UApposizione dei bolli ad inchiostro (art.7)u 1. Contestualmente alle operazioni di espertizzazione, di cui all art. 6, alle forme sono applicati bolli provvisori ad inchiostro indelebile per caratterizzare le seguenti categorie: a) Prima categoria, costituita dalle forme classificate in Allegato come formaggio scelto sperlato e formaggio scelto mercantile (forme qualificate come uno e come zero ); b) seconda categoria, costituita dalle forme classificate come formaggio mezzano ; c) terza categoria costituita dalle forme classificate come formaggio scarto o formaggio scartone. UApposizione dei bolli a fuoco (art.8)u 1. Sulle forme di prima categoria e su quelle di seconda categoria si appone un bollo ovale a fuoco imprimente la dicitura Parmigiano- Reggiano Consorzio Tutela e l anno di produzione; 2. il formaggio di seconda categoria è sottoposto all identificazione mediante un contrassegno indelebile da applicarsi sullo scalzo della forma; 16

17 3. l applicazione del bollo a fuoco può essere effettuata dopo sette giorni dall avvenuta espertizzazione. UAnnullamento dei marchi d origine (art.9)u 1. Sulle forme di terza categoria, unitamente a quelle con gravi difetti strutturali che non ne hanno consentito la stagionatura e a quelle che hanno subito correzioni tali da compromettere l estetica della forma e la qualità della pasta o i contrassegni identificativi del mese, dell anno di produzione e della matricola del caseificio, saranno asportati i marchi di origine a cura degli addetti del Consorzio o le stesse dovranno essere consegnate a una o più strutture di trasformazione convenzionate con il Consorzio. Per tali forme il caseificio dovrà conservare la documentazione prodotta dalle suddette strutture da cui risulti l avvenuto annullamento dei marchi di origine. L annullamento dei marchi è effettuato anche per le forme sulle quali non sono stati correttamente applicati i marchi di origine. UAllegatoU Classificazione merceologica del formaggio 1. Formaggio scelto sperlato Tale qualifica viene attribuita a quelle forme immuni da qualsiasi difetto sia esterno che interno (pezzatura, crosta, martello, ago, struttura della pasta, aroma,sapore) in qualsiasi modo rilevabile, sia alla vista sia al collaudo dell ago e del martello. 2. Formaggio scelto mercantile 0-1 In questa classe sono comprese le forme classificate come: Zero: le forme che, pur rispondendo alle caratteristiche di scelto, presentano sulla crosta fessure superficiali, piccole erosioni, spigoli 17

18 leggermente rovinati e qualche piccola correzione senza che la forma risulti deformata. Uno: le forme aventi leggere anomalie di struttura e in particolare: - uno o due vescicotti (cavità di forma circolare od oblunga creatasi nella pasta) di diametro non superiore ai 3-4 cm e sempre che, sondato il vescicotto con l ago, questo non riveli difetti olfattivi; - -vespaio localizzato (zona di pasta spugnosa) di pochi centimetri senza difetti olfattivi; - alcune bocche di pesce e cioè occhi di forma oblunga, non superiori ai 3-4 cm; - leggere sfoglie, costituite di alcune fessurazioni della pasta, di lunghezza non superiore ai 3-4 cm; - occhi radi e non eccessivamente ripetuti, - le forme cosiddette lente, e cioè quelle che alla percussione con il martello rivelano un suono sordo. 3. Formaggio mezzano (uno lungo) In questa classe sono comprese le forme con: - vescicotti di diametro superiore ai 3-4 cm immuni da difetti olfattivi; - vespai immuni da difetti olfattivi; - occhiatura diffusa nella forma (occhi lucidi, rotondi, di diametro medio- piccolo); - alcune fessurazioni e spacchi disposti orizzontalmente; - fessurazioni e spacchi orizzontali localizzati in prossimità di un piatto e/o interessanti parte dello scalzo; - correzioni in scalzo o in piatto, in assenza di difetti olfattivi, eseguite a regola d arte di entità tale da non compromettere significativamente l aspetto esteriore della forma. 18

19 4. Formaggio scarto In questa classe sono comprese le forme con: - bombatura molto accentuata dei piatti della forma; - pasta spugnosa con grande e diffusa occhiatura; - fessurazioni orizzontali multiple e diffuse con conformazioni a libro ; - grosse fenditure e spacchi diffusi su gran parte della forma; - grossa cavità localizzata al centro o in zona sub-centrale a forma sferica od oblunga con o senza pasta spugnosa; - correzioni in scalzo e/o in piatto profonde ed estese; - forme con evidenti difetti olfattivi. 5. Formaggio scartone A questa classe appartengono tutte le forme nelle quali si nota la presenza di numerosi e gravi difetti e cioè tutte quelle che non possono per la loro qualità essere comprese nelle categorie sopra specificate. (10) 2.3 Regolamento per l alimentazione delle bovine L ultimo aggiornamento del regolamento per l alimentazione delle bovine risale al 1999 (Consorzio del Formaggio Parmigiano-Reggiano) Il razionamento delle vacche il cui latte è destinato alla produzione di Parmigiano-Reggiano si basa sull utilizzazione di foraggi locali, il che consente di mantenere vivo l imprescindibile rapporto che lega il prodotto al territorio. Per questa ragione: almeno il 35% della sostanza secca dei foraggi utilizzati deve essere di produzione aziendale; 19

20 almeno il 75% della sostanza secca dei foraggi deve provenire dal Comprensorio; non più del 25% della sostanza secca dei foraggi (ivi compresi tutti quelli ottenuti per disidratazione ad alta temperatura) può provenire da territori collocati al di fuori dell area del Parmigiano-Reggiano, purché prodotti nelle regioni contigue a quelle del Comprensorio di produzione. Qualora l azienda non disponga di un adeguato rapporto terra/bestiame (SAU pari 0,33 ha per vacca da latte in pianura e 0.66 ha per vacca da latte in montagna), il produttore deve documentare la provenienza dei foraggi acquistati. La razione di base, costituita dai foraggi, viene convenientemente integrata con mangimi complementari in grado di bilanciare gli apporti energetici, proteici, minerali e vitaminici della dieta. I foraggi Sono da ritenersi idonei per l alimentazione delle vacche da latte: i foraggi freschi ottenuti da buoni prati stabili naturali polifiti o artificiali purché falciati asciutti, all inizio della fioritura e somministrati prontamente. In particolare si possono impiegare: erba medica; erba di prato naturale; erba di trifoglio; erbai di loietto, segale, avena, orzo, granturchino, sorgo da ricaccio, panico, dactilis, festuca, fleolo, sulla, lupinella, somministrati singolarmente o associati tra loro o con pisello, veccia e favino a giusta maturazione; i fieni ottenuti a mezzo dell essiccamento in campo o per aeroessiccazione delle essenze foraggere predette; il foraggio ottenuto dalla coltura della pianta intera del mais raccolto a maturazione latteo-cerosa o cerosa e sottoposto a trinciatura (tale foraggio 20

21 deve essere immediatamente somministrato alle bovine onde ridurre al massimo i processi fermentativi); le paglie di cereali e i foraggi di buona qualità disidratati ad alta temperatura. Limitazioni d impiego dei foraggi Al fine di realizzare un corretto razionamento è necessario che l utilizzazione dei foraggi avvenga nel rispetto delle seguenti regole: le quantità massime di foraggi freschi, nel loro insieme, non devono superare i 30 kg per vacca al giorno; la quantità di trinciato di mais, di sorgo e di granturchino non deve superare, complessivamente, i 10 kg/capo/giorno; il fieno di medica non deve essere associato agli erbai di leguminose; i prodotti ottenuti per disidratazione con alte temperature non devono eccedere i 2 kg per bovina al giorno. Il trattamento termico provoca infatti una drastica caduta della flora lattica autoctona e profonde modificazioni chimico-fisiche dei diversi principi alimentari; l impiego dei fieni di medica e di trifoglio ottenuti a mezzo di aeroessiccazione va associato a foraggi secchi di graminacee, per migliorare le qualità dietetiche, stimolare la masticazione e regolare la ruminazione. I mangimi Nel razionamento è necessario tenere conto che i trattamenti tecnologici (macinazione, schiacciamento, fioccatura, micronizzazione, estrusione ) modificano, anche in modo radicale, le caratteristiche chimico-fisiche dei 21

22 prodotti, rendendoli differenti da quelli da cui originano. Per il razionamento delle bovine in lattazione non è ammesso l impiego di diete che abbiano come fonte di amido un unico cereale. Per valutarne la conformità, i mangimi devono essere corredati da cartellini in cui siano indicate le singole materie prime e non le sole categorie di materie prime affini. Inoltre, al fine di predisporre un corretto razionamento,è necessario che sia riportato, per ogni ingrediente, il trattamento termico o idrotermico cui, eventualmente, è stato sottoposto. I mangimi devono essere conservati in modo adeguato sia per preservare le caratteristiche dietetico-nutrizionali, sia per evitare che possano contaminare l ambiente quindi il latte. A tal fine: i sili devono essere periodicamente svuotati completamente, puliti e disinfettati; i mangimi non possono essere conservati all interno della stalla. Tabella 1. Mangimi semplici utilizzabili e dosi massime d impiego materie prime % max nei mangimi Kg/capo/die MAIS IN FARINA 35 4 MAIS SCHIACCIATO 30 3 MAIS FIOCCATO E\O ESTRUSO 20 2 MAIS TOTALE (FARINA+SCHIACCIATO+FIOCCATO+ESTRUSO) 50 6 ORZO (schiacciato e/o farina) 30 3,5 ORZO (fioccato) 20 2 FRUMENTO+TRITICALE+SEGALE: in totale 20 2 SORGO 15 1,5 AVENA 10 1 CRUSCA,CRUSCHELLO, TRITELLO, GERME, FARINACCIO E FARINETTA DI FRUMENTO: in totale 30 3 POLPE SECCHE DI BIETOLA (in fettucce e/o pellet) 15 2 FARINA DI ESTRAZIONE DI SOIA (inegrale e/o decorticata) 25 2,5 SOIA INTEGRALE (fioccata,tostata,estrusa o micronizzata): in totale 10 1 FARINA DI ESTRAZ. GIRASOLE (minimo 30% proteine) 10 1 FARINE DI ESTRAZIONE E/O EXPELLER E/O PANELLI DI LINO E DI GERME DI MAIS: in totale

23 TRINCIATO DI CEREALI CEROSI DISIDRATATI (mas, orzo, frumento, segale e triticale): in totale 20 2 FAVA E/O FAVINO 10 1 PISELLO PROTEICO 10 1 SEMOLA GLUTINATA, GLUTINE DI MAIS E BUCCETTE DI SOIA: in totale 10 1 SEME INTEGRALE DI LINO 3 0,3 ALTRE FORAGGERE DISIDRATATE: in totale 20 2 CARRUBA (come appetizzante) 3 0 MELASSO (come legante) 3 0 Note: le percentuali massime delle materie prime si riferiscono ai mangimi complementari che da soli integrano la razione dei foraggi e non si applicano ai concentrati ad alto contenuto proteico, minerale e vitaminico (i cosiddetti nuclei ), utilizzati in dosi inferiori a 4 kg capo/giorno. Il contenuto di lipidi grezzi, dopo idrolisi acida, non deve superare il 4,5% nei mangimi complementari, ad esclusione dei nuclei. Non è consentita l umidificazione delle polpe secche di bietola. Probiosi (probiotici e prebiotici) I probiotici ed i prebiotici autorizzati esplicano la loro attività, prevalentemente se non interamente, a livello del distretto rumine-reticolo. Per la loro efficacia nel mantenimento delle regolari funzioni digestive, l impiego di lieviti vivi e di batteri lattici, utilizzati in preparati concentrati ed in piccole dosi, è ammesso nei cambiamenti di dieta, in presenza di turbe digestive e nei momenti di stress alimentare, gestionale ed ambientale. Anche l impiego di oligopeptidi, di aminoacidi liberi (ruminoprotetti e non), di oligoelementi chelati, di oligosaccaridi non digeribili e di lieviti secchi, tutti in qualità di prebiotici, è consentito per i positivi effetti esercitati sulle funzioni digestive e sull igiene del tratto digerente. Acqua di bevanda E necessario che le fonti di abbeverata siano facilmente accessibili agli animali e che l acqua sia di buona qualità e ben appetita, non arrechi turbe digestive o metaboliche alla lattifera e non contamini il latte. In assenza di una specifica normativa in merito, l acqua di bevanda deve soddisfare almeno i 23

24 requisiti minimi riportati in tabella 2. Particolare attenzione deve essere posta alla clorazione nell intento di evitare la presenza di quantità eccessive di cloro libero che potrebbe interferire negativamente con l attività microbica ruminale. Tabella 2. Principali caratteristiche delle acque di bevanda Valori guida Valori estremi Durezza totale Acidità ph Solidi totali disciolti (residuo fisso 1 3 g/l) Solfati (mg/l) Fosforo (mg PB2BOB5B) Ammoniaca (mg/l) Nitrati (mg/l NOB3B) Nitriti (mg/l NOB2B) assente 0.5 Flora fecale (coliformi, clostridi assente assente solfito riduttori, streptococchi) Cloro (mg/l) breakpoint 0.2 Alimenti non ammessi Gli alimenti che non risultano espressamente ammessi sono da considerare non autorizzati. In ogni caso l eventuale approvazione di alimenti non contemplati e le variazioni delle dosi d impiego di quelli consentiti sono condizionate dall esito favorevole delle osservazioni e delle sperimentazioni promosse e avallate dal Consorzio del Parmigiano- Reggiano. 24

25 Alimenti il cui impiego è vietato: Foraggi e sottoprodotti freschi e conservati 1. Insilati di ogni genere, ivi compresi i pastoni. 2. Foraggi in fermentazione, anche se appassiti; foraggi trattati con additivi per migliorarne la conservabilità. 3. Erbai di sorgo zuccherino a maturazione estiva e di sorgo ibrido non maturo. 4. Colza, ravizzone, senape, fieno greco, foglie di piante da frutto e non, aglio selvatico, coriandolo. 5. Stocchi di mais e di sorgo, brattee e tutoli di mais paglia di soia. 6. Ortaggi in genere (cavoli, rape, patate, pomodori, ) ivi compresi scarti, cascami e sottoprodotti vari allo stato fresco e conservati. 7. Frutta fresca e conservata (mele, pere, pesche, uva, agrumi, ) nonché tutti i sottoprodotti freschi della relativa lavorazione. 8. Trebbie fresche di birra, distiller, borlande, vinacce, graspe ed altri sottoprodotti umidi provenienti dalla produzione della birra, dall industria enologica e saccarifera e dalle distillerie. 9. Barbabietole da zucchero e da foraggio nonché le foglie ed i colletti. 10. Tutti i sottoprodotti liquidi della macellazione (contenuto ruminale ed intestinale, sangue, ecc.) e della caseificazione (siero, latticello, ). Mangimi semplici 1. Tutti gli alimenti di origine animale (pesce, carne, sangue, penne, sottoprodotti vari della macellazione) nonché i sottoprodotti essiccati della lavorazione del latte (siero, latticello, farine lattee). 2. Grassi ed olii di origine animale e vegetale, compresi i saponi. 25

26 3. Semi di: cotone, veccia (comprese le svecchiature), fieno greco, lupino, colza, ravizzone e vinaccioli. 4. Sottoprodotti della lavorazione del riso: lolla, pula, puletta, farinaccio, gemma e granaverde. 5. Farine di estrazione, panelli ed expeller di: arachide, colza, ravizzone, cotone, semi di pomodoro, girasole con meno del 30% di proteine, babassu, malva, neuk, cocco, tabacco, sesamo, papavero,palmisto, olive, mandorle e noci. 6. Manioca, patate e derivati. 7. Alimenti disidratati ottenuti da ortaggi e sottoprodotti della loro lavorazione (buccette e semi di pomodoro ecc.) nonché frutta secca o essiccata di qualsiasi tipo (è consentito l uso di carruba come appetizzante) e sottoprodotti della relativa lavorazione (marchi, pastazzi, buccette sanse, vinacce, vinaccioli e fecce. 8. Saccarosio, glucosio e tutti i sottoprodotti dell industria saccarifera (il melasso può essere utilizzato solo come legante nei mangimi) cioè le borlande e delle birrerie (trebbie essiccate). 9. Urea e derivati, sali di ammonio, concentrato proteico di bietole (CPB) e borlande di ogni tipo e provenienza. 10.Antibiotici, terreni di fermentazione e qualsiasi principio attivo ed additivo non ammesso dalla vigente normativa nazionale e comunitaria. Non possono inoltre essere somministrati alle vacche da latte: alimenti provenienti da colture geneticamente modificate; foraggi e mangimi riscaldati, rancidi, ammuffiti, infestati da parassiti, deteriorati, imbrattati oppure contaminati da sostanze tossiche, radioattive o comunque nocive (anticrittogamici, insetticidi, micotossine, metalli pesanti, ); 26

27 foraggi provenienti da terreni irrigati con acque di scarico di allevamenti, di industrie, di insediamenti urbani, da acquitrini, da terreni sommersi, da rive di fossi, nonché da terreni adiacenti alle grandi arterie stradali. Insilati La conservazione dei foraggi a mezzo dell insilamento comporta la selezione e lo sviluppo di specie microbiche pericolosi per la buona riuscita del formaggio ed in particolare di batteri anaerobi sporigeni (Cl. tyrobutyricum e Cl. sporogenes) che, attraverso la catena alimentare, possono contaminare l ambiente di stalla e trasferirsi al latte e alla pasta del formaggio. Per queste ragioni l impiego di ogni tipo d insilato è vietato tanto per l alimentazione delle vacche in lattazione quanto per quelle in asciutta. Soltanto alle manze (ed eventualmente agli animali da carne) potranno essere somministrati insilati di mais (silomais e pastoni) alle seguenti condizioni: l allevamento di questi animali deve attuarsi in ambienti diversi da quelli in cui si trovano le vacche da latte e la gestione dell insilato deve avvenire in modo da non imbrattare le aree e gli attrezzi adibiti al governo delle lattifere; al prelevamento e alla distribuzione degli insilati devono essere destinati attrezzature e personale diversi da quelli utilizzati per le vacche da latte; in ogni caso devono essere adottati tutti gli accorgimenti per evitare le possibili contaminazioni; lo spandimento delle deiezioni provenienti dalle stalle in cui si fa uso di insilati non deve avvenire sui prati in produzione, per evitare la contaminazione delle foraggere e l effetto di accumulo legato al ciclo delle spore. 27

28 Le manze e gli animali alimentati con insilati di mais possono essere introdotti nell allevamento delle vacche in lattazione solo dopo due mesi dalla sospensione della somministrazione degli insilati; in questo periodo gli animali devono essere tenuti in locali nettamente separati da in cui vivono i soggetti che continuano ad assumere insilato. E vietata anche la semplice detenzione in azienda degli insilati di erba e di quelli a base di alcuni sottoprodotti (polpe di bietola, erba di pisello da seme, trebbie di birra, buccette di pomodoro, ecc ), conservati in balloni fasciati, platee o con altre tecniche. Questi alimenti, per le loro caratteristiche, presentano altissimi contenuti di spore appartenenti a specie particolarmente virulente e, pertanto, non possono essere utilizzati nemmeno per le manze e per gli animali da carne. E comunque da sottolineare che anche la presenza di insilati di mais in azienda (silomais e pastone) rappresenta un potenziale rischio per la riuscita qualitativa del Parmigiano-Reggiano. La preparazione, la conservazione e la somministrazione di tali alimenti alle manze e agli animali da carne deve pertanto avvenire con la massima attenzione e con le dovute precauzioni. Rapporto foraggi/mangimi Gli elevati fabbisogni calorici delle bovine, particolarmente nelle fasi iniziali della lattazione, inducono ad aumentare la concentrazione energetica della razione con l impiego di quantità crescenti di mangimi. Tuttavia, l eccesso di concentrati è fonte di turbe digestive e metaboliche (acidosi ruminale, assorbimento di sostanze tossiche, ecc ) ed è causa, altresì, di alterazione della composizione e delle caratteristiche casearie del latte. Pertanto, in ogni fase della lattazione, la sostanza secca dei mangimi nel loro complesso non deve superare quella globalmente apportata dai foraggi (rapporto foraggi/mangimi non inferiore a 1). Il soddisfacimento delle crescenti esigenze nutritive delle bovine ad alta produzione deve pertanto essere raggiunto migliorando la qualità dei foraggi (dei fieni in particolare), piuttosto 28

29 che attraverso aumenti, non di rado a rischio, di mangimi generalmente ricchi di amido e di proteine. Il Piatto Unico Circa le modalità di preparazione e di somministrazione degli alimenti mediante la tecnica del Piatto Unico ci si deve attenere alle seguenti prescrizioni: non è consentita la preparazione del carro con foraggi verdi, nemmeno nel caso in cui s impieghi il trinciato fresco di mais. Se si utilizzano foraggi verdi, questi vanno somministrati a parte; il Piatto Unico deve essere preparato all interno dell azienda che lo utilizza; la preparazione del Piatto Unico non può avere luogo all interno della stalla o nei pressi della sala di mungitura o del locale di raccolta del latte; se si procede all umidificazione della massa, la miscelazione deve essere effettuata almeno due volte al giorno e la distribuzione deve seguire immediatamente la preparazione; il carro deve essere dotato di un sistema autonomo di pesatura, provvisto, preferibilmente, di dispositivi per la registrazione dei dati; le greppie su cui viene distribuita la miscelata devono essere facilmente pulibili e lavabili; nel caso in cui si usino insilati di mais per i vitelloni o per le manze, non può essere utilizzato lo stesso carro anche per le vacche in lattazione e nemmeno per quelle in asciutta. Va posta particolare attenzione alla contaminazione dei foraggi con terra, in quanto la probabilità che questa sia ingerita dall animale aumenta con l applicazione della tecnica del Piatto Unico.In ogni caso, qualora si somministrino agli animali alimenti ottenuti miscelando i foraggi secchi 29

30 trinciati in modo grossolano (lunghezza degli steli superiore a 2 cm) con i mangimi, la loro preparazione deve avvenire esclusivamente all interno dell azienda, al fine di verificare la provenienza e la rispondenza delle materie prime ed il rispetto del rapporto foraggi/mangimi. Modalità di distribuzione degli alimenti Nella scelta degli alimenti che possono essere utilizzati per il razionamento delle bovine e nell adozione delle modalità di somministrazione è necessario tenere in considerazione che dal rispetto dei processi biochimici che avvengono all interno del rumine dipendono lo stato di salute dell animale e la quantità e la qualità del latte prodotto. Nell alimentazione delle vacche da latte è necessario seguire le seguenti indicazioni: somministrare i vari alimenti più volte nell arco della giornata, alternando i foraggi ai mangimi; distribuire i foraggi freschi ed i fieni prima della somministrazione dei mangimi. Il fieno può essere lasciato in continuazione a disposizione degli animali; somministrare i foraggi freschi immediatamente dopo lo sfalcio, per evitare che, con l ammucchiamento, s inneschino pericolosi processi fermentativi; frazionare uniformemente la distribuzione dei mangimi nell arco delle 24 ore con l ausilio, se possibile, di automatismi (autoalimentatori);evitare frequenti cambiamenti di dieta, responsabili di profonde alterazioni del biochimismo ruminale e, quando necessario, effettuare le variazioni in modo graduale e preferibilmente nell arco di una settimana. (22) 30

31 2.4 Il latte e le sue caratteristiche Il latte è il prodotto secreto ed elaborato dalla ghiandola mammaria che nella bovina presenta mediamente le seguenti caratteristiche (tab.3): Tabella 3. Composizione del latte vaccino Classe % media nel latte Costituenti (% di ogni classe) Acqua 87,1 (85-90) Lipidi 3.8 (3,5-5,5) Grassi veri (trigliceridi) di e monogliceridi 1,452 Fosfolipidi (lecitine, cefaline e sfingomieline) 0,6-0,8 Steroli 0,3 Proteine 3,31 (3-5) % N totale Caseine (a, b, k) Siero proteine 18 -lattoglobulina 8 -lattoalbumina 4 proteoso-peptoni 3,5 immunoglobuline 1,6 siero albumine 0,9 Azoto non proteico 6 Lattosio 5,06 (4,5-5) Glucosio 7mg/100 l Galattosio 2mg/100 l Nel latte inoltre vi sono : Pigmenti: Carotene e carotenoidi, xantofille e riboflavine 31

32 e Vitamine: Liposolubili Vitamina A e carotenoidi Vitamina D (colecalciferolo e ergocalciferolo) Vitamina E (a-tocoferolo) Vitamina K Idrosolubili Vitamina C (acido L-ascorbico e deidroascorbico) Vitamine del gruppo B Tiamina BB1B Riboflvina BB2B Niacina o acido nicotinico Acido pantotenico Piridossina BB6B Vitamina BB12 Biotina Inositolo Colina Acido para-ammino-benzoico Folocina Enzimi: aldolasi, amilasi, lipasi, esterasi (A, B e C), catalasi per ossidasi (lattoperossidasi), Proteasi, fosfatasi alcalina, fosfatasi acida (riduttasi), xantinossidasi, ribonucleasi, lisozima, anidrasi carbonica, salolasi, rodonasi,lattasi Vari: Gas: COB2B, B NB2 OB2B Urea, creatina, creatinina, acido urico, ammoniaca Costituenti cellulari: 32

33 frammenti delle cellule di secrezione, materiale nucleare, leucociti batteri. Aromi: vari in funzione del tipo di alimentazione I principali componenti del latte sono presenti in tre differenti stati fisici: 1. fase di emulsione 2. fase di sospensione colloidale 3. fase di soluzione vera e propria. Le fasi si differenziano in base all omogeneità e alle dimensioni delle particelle che le costituiscono: le particelle in soluzione hanno diametri inferiori a 10 mm, quelle in sospensione colloidale hanno diametri compresi tra 10 mm e alcune centinaia di mm e le particelle in emulsione hanno diametri di mm. 1) Fase di emulsione: è la fase in cui si trova il grasso. Esso si trova in forma di globuli di 0,5-10 mm di diametro. 2) Fase di sospensione colloidale: è la fase caratteristica della principale proteina del latte: la caseina. Essa è presente in forma di micelle costituite da subunità di dimensioni minori. Il diametro delle micelle caseiniche è di mm mentre quello delle subunità è di 5-10 mm. 3) Fase di soluzione vera e propria: in questa fase si trovano i sali, gli zuccheri, le proteine a basso peso molecolare. Le particelle hanno un diametro inferiore a 10 mm. Più propriamente si può dire che il latte è un emulsione di sostanze grasse in un plasma latteo, che a sua volta è una dispersione colloidale di proteine (caseine) in una soluzione vera e propria (siero) di altre proteine, sali, zuccheri, vitamine ed enzimi in acqua. Le tre fasi sono instabili e tendono a separarsi e ciò si può dimostrare facilmente lasciando riposare il latte per un po di tempo. Infatti dopo alcune ore si separa la fase in emulsione e si ha l affioramento del grasso che ha un peso specifico minore; il liquido 33

34 P micelle P siero sottostante impoverito del grasso è inizialmente allo stato di sol. Con il passare del tempo si verifica un passaggio dallo stato di sol a quello di gel a causa delle interazioni tra le particelle proteiche di caseina. In un primo momento il gel occupa tutto il volume precedentemente occupato dal sol, poi per azioni enzimatiche e chimiche il gel si contrae e si deposita sul fondo del recipiente separandosi dal siero. Se il latte è sterile il passaggio da sol a gel e da gel a coagulo contratto non avviene per la mancanza di enzimi attivi e di microrganismi. Per quanto riguarda il numero delle diverse particelle, vi sono per ogni ml di latte: 10-10P P globuli di grasso; 4-10P caseiniche; 17-10P proteine. L estensione della superficie di queste particelle è notevole e ne determina la loro elevata reattività. Il volume occupato dalle micelle caseiniche rappresenta il 16% del totale, che è un valore alto in rapporto al loro peso (2,8%). Questo significa che le micelle caseiniche sono molto idratate e sono molto vicine tra di loro: la loro distanza grosso modo è pari al loro diametro. Le micelle possono interagire in seguito a modificazioni enzimatiche e dare un gel che occupa tutto il volume del latte. Se la quantità delle micelle fosse minore, l interazione non sarebbe possibile, oppure si avrebbe un coagulo molle ed inconsistente o al limite si avrebbe una flocculazione. Quanto più il coagulo è consistente (ciò dipende in gran parte dalla percentuale di caseina nel latte), tanto più alta sarà la resa in formaggio, la sua qualità e la facilità della sua lavorazione. Al contrario, quanto minore è il volume occupato dalle micelle presenti, tanto maggiore sarà la distanza tra di loro e di conseguenza minore l interazione e la facilità di formazione dei gel. Il latte è di colore bianco a causa della presenza della caseina, le cui micelle, grazie al loro diametro, riflettono la luce. Nel burro è presente il b-carotene e la provitamina A, che impartisce il colore giallo al grasso del latte; in caso di 34

35 idrosolubile. carenza di carotenoidi nel foraggio (alimentazione invernale) il grasso è più bianco, e di conseguenza è più bianco anche il burro ottenuto da latte invernale. Il latte scremato è di colore più chiaro (bianco-azzurrognolo); il siero ha un colore tendente al giallo-verde a causa della presenza di riboflavina, vitamina BB2B La composizione chimica del latte può variare a causa di fattori endogeni o esogeni all animale e sono ricollegabili a fattori genetici (specie, razza, individuo) e a fattori fisiologici (salute, n. lattazione,momento della lattazione) i primi; a fattori ambientali (alimentazione, clima, tecniche di allevamento) i secondi. (5), (9) Fattori endogeni di tipo genetico Oltre che per le prestazioni riproduttive e sanitarie (in senso lato) e nondimeno per la quantità di latte prodotto, il patrimonio etnico e individuale (tab.4) delle bovine da latte interessa i seguenti parametri: % di proteine del latte; % di grasso del latte; quantità di proteina (kg di proteina/lattazione); quantità di grasso (kg di grasso/lattazione). Il grasso è il componente del latte che presenta la maggiore variabilità a seconda di razza e individuo: il tenore lipidico nel latte di razze bovine diverse varia dal 3,5 al 5,7 %; anche la variabilità individuale è elevata (deviazione standard da 0,54 a 0,80). Il contenuto in proteine varia nelle diverse razze da 3,1 % a 3,9 %, ma diminuiscono gli scostamenti dalla media che vanno da 0,34 a 0,53. I componenti che variano di meno per fattori genetici sono il lattosio ed i sali minerali. (5), (7) 35

36 Tabella 4. Composizione media del latte di alcune razze bovine Razza Acqua % Residuo secco % Grasso % Lattosio % Proteine % Caseine % Bruna alpina ,90 5,15 3,45 2,57 Frisona 87,50 12,50 3,58 4,80 3,25 2,49 Jersey 85,85 14,15 5,64 4,70 4,08 2,86 Simmenthal ,89 5,00 3,37 2,63 * Reggiana 87,24 12,76 3,55 4,94 3,37 2,61 Bianca Val 3,34 3,40 2,58 padana * Il contenuto di caseina del latte della razza Simmenthal è quello teorico ricavato sapendo che la caseina è il 78% circa della proteina totale. Il patrimonio genetico di ciascun individuo inoltre si esprime in termini di produzione lattea più o meno elevata mediante gli ormoni. Infatti: le lattifere che portano un feto ad elevata potenzialità lattifera ricevono dalla placenta più ormoni necessari allo sviluppo ghiandolare e quindi producono più latte (Eley e coll. 1981); oltre alla prolattina, l aumento del GH (ormone dell accrescimento) innalza sensibilmente la produzione di latte (Bines e Hart. 1982); l insulina si riduce nel sangue dopo il parto ed una sua somministrazione esogena causa un calo produttivo (Bertoni e coll. 1986); gli ormoni tiroidei se vengono aumentati con interventi esterni causano un calo produttivo (Giuseppe Bertoni, da dati non pubbl.).(6) Fattori endogeni di tipo fisiologico Nel corso della lattazione si verificano dei cambiamenti nella composizione chimica del latte: nei primi giorni dopo il parto viene emesso un latte, il colostro, che presenta una composizione chimica particolare, adatta a soddisfare, le esigenze del vitello. La composizione standard del latte viene raggiunta circa una settimana dal parto. Nelle prime ore dopo il parto il 36

37 contenuto di proteine è elevatissimo (17,57%) ed è dovuto soprattutto alle sieroproteine che forniscono al neonato i fattori immunitari (immunoglobuline). In seguito il contenuto in proteine diminuisce. Nel colostro si hanno anche un maggior contenuto di grassi e di sali minerali e un minor contenuto di lattosio rispetto al latte normale. Anche nei mesi successivi della lattazione si ha un evoluzione diversa del contenuto di lattosio, grassi e sostanze azotate. Il contenuto di lattosio è correlato alla produzione giornaliera di latte: aumenta e raggiunge un massimo verso il 45 giorno, per diminuire poi lentamente ed in seguito più rapidamente verso la fine della lattazione. Al contrario, grasso e proteine diminuiscono molto fino ad un minimo intorno al 45 giorno e poi aumentano andando verso il periodo di asciutta. Stesso comportamento si registra per l acidità, l attitudine alla coagulazione e la fermetescibilità del latte (buoni ad inizio lattazione, tali parametri peggiorano fino circa ai tre mesi dopo il parto e solo successivamente, gradualmente, recuperano). Nel corso della lattazione le variazioni che si possono registrare sono anche di ordine quantitativo. La massima produzione di latte viene raggiunta a giorni dal parto; ad essa segue una fase costante di circa due mesi dopo i quali la produzione diminuisce circa del 10% ogni mese; circa 60 gg prima del nuovo parto la vacca viene messa in asciutta attuando particolari tecniche che inibiscono la secrezione lattea, per favorire la ricostituzione delle riserve corporee in vista del parto e del primo periodo di grossa produzione. L età dell animale esercita il suo effetto tanto sulla quantità prodotta (è maggiore nei parti successivi al 1 ) quanto sui tenori di grasso e proteine (calanti a partire dal 2-3 parto). Anche lo stato di salute influenza la produzione di latte sia per quantità che per qualità. Alcuni componenti del latte vengono elaborati dalla mammella a partire da sostanze contenute nel sangue (prodotti di sintesi: grasso, caseina, 37

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