DISCRIMINAZIONE PERCEPITA, CONFLITTI E PROCESSI DI INCLUSIONE NEI CONTESTI INTER-ETNICI*
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- Renzo Casini
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1 Università di Bari, Dipartimento di Psicologia, DISCRIMINAZIONE PERCEPITA, CONFLITTI E PROCESSI DI INCLUSIONE NEI CONTESTI INTER-ETNICI* Carmencita Serino, Filomena Milena Marzano, Giovanna Susca Università degli Studi di Bari, Dipartimento di Psicologia c.serino@psico.uniba.it [*Progetto di Ricerca nazionale "La discriminazione etnica nel lavoro pubblico e privato: monitoraggio del fenomeno ed effettività delle tutele". Progetto finanziato dal Dipartimento Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri,anno , realizzato da: Associazione Multietnica di Intercultura e Servizi per Immigrate e Immigrati "Sarowiwa", Università di Bari, Università di Lecce, "CESTIM" di Verona] Introduzione Le stime mostrano che in Italia i cittadini stranieri sono diventati quasi 4,000,000 e tale numero sembra essere in visibile crescita rispetto agli anni precedenti. Il fenomeno dell immigrazione infatti è quotidianamente al centro dei dibattiti politici, volti a creare e ricercare misure di gestione efficaci, dai tratti più emergenziali che ordinari. Pensiamo ad esempio ai continui sbarchi di clandestini a Lampedusa e la difficoltà di accogliere adeguatamente il gran numero di immigrati giunti nel nostro territorio. Allo stesso modo è acceso il dibattito sulle impronte digitali da prendere ai bambini rom, nonché sulle strategie per rapportarsi al gran numero di irregolari presenti nel nostro Paese.. L aspetto emergenziale, che non solo non è stato superato, ma appare oggi addirittura enfatizzato, segnala così sia un mutato clima psicologico e politico sia l oggettiva difficoltà di gestire il fenomeno immigratorio. Le soluzioni, ricercate e proposte contribuiscono talvolta a rendere labile il confine tra l esigenza di garantire sicurezza ai cittadini e l ostilità verso l altro che entra a farvi parte. In un momento dunque, in cui il "bisogno di sicurezza" rappresenta uno dei temi caldi della vita sociale, occorre moltiplicare gli sforzi in direzione della comprensione e della gestione delle dinamiche legate all'incontro fra culture. La presenza di minoranze etniche nella nostra società chiama in causa la necessità di adottare strategie atte a una gestione efficace e positiva delle diversità culturali.il rispetto dei diritti umani fondamentali e la possibilità di sviluppare una relazione dinamica ed equilibrata fra diritti e doveri sono alcune delle importantissime dimensioni critiche della fase attuale. La discriminazione e l esperienza soggettiva Sul territorio italiano esiste una fitta rete di strutture e di associazioni, pubbliche e private, che operano per gestire le complesse dinamiche legate ai fenomeni migratori (Serino, Susca, & Sinesi, 2007; Sinesi & Serino, 2008). Queste strutture si occupano di favorire e supportare una integrazione efficace degli immigrati e necessariamente si trovano a dover fronteggiare una tematica purtroppo sempre attuale, ovvero la discriminazione, in tutte le sua sfaccettature. La discriminazione, infatti, non è una realtà unica e omogenea, ma ha diverse sfumature che è necessario cogliere. Se pensiamo ancora all ambito lavorativo, esso rappresenta uno degli ambienti
2 in cui sia aspetti oggettivi che soggettivi della discriminazione, legati alla percezione del singolo individuo, emergono in maniera netta e visibile. In questa linea, anche la percezione della discriminazione rappresenta una realtà psicologica importante per gli immigrati e le minoranze etniche, indipendentemente dal fatto che possa essere considerata un indicatore valido di oggettiva discriminazione e intolleranza. L esperienza soggettiva di discriminazione, infatti, può considerarsi come causa ed espressione dell insoddisfazione dei migranti circa il loro status attuale nella società. Diversi studi si sono occupati negli ultimi anni di investigare tale aspetto, mostrando come uno dei problemi più significativi nel rilevare e provare le discriminazioni, è che le vittime denunciano e segnalano solo in piccola misura le effettive discriminazioni subite. Affinché una persona possa arrivare a sentirsi discriminata, non è sufficiente che questa subisca una disparità di trattamento, in quanto non sempre si è consapevoli dell ingiustizia (Spencer & Aronson, 2002; Sidanius & Pratto, 1999; Jost, 1995; Major, 1994; Crosby, 1984; Allport, 1954): le persone possono non etichettare degli episodi oggettivi di discriminazione come tale, oppure, per contro, possono interpretare degli episodi minimi e non significativi come esempi eclatanti di discriminazione. Secondo Major & Kaiser (2005), inoltre, gli individui che si sentono trattati in modo sfavorevole possono considerare ciò giusto se lo rapportano ad aspetti specifici della loro identità personale (ad esempio una qualifica poco competitiva nel mercato del lavoro), oppure possono attribuire ciò alla loro intera identità personale (perché non hanno i giusti contatti). Inoltre, anche quando riconoscono che il trattamento sfavorevole subito è riconducibile alla propria posizione sociale o a caratteristiche personali, non necessariamente lo considerano ingiusto, anzi finiscono per giustificarlo in qualche modo (attributional ambiguity). Nella stessa linea, il problema messo in luce da più studi anche sulla discriminazione percepita (e non solo sulla discriminazione oggettivamente rilevata) è l'esistenza di due fenomeni correlati, l underreporting, ovvero la non -segnalazione di un episodio di discriminazione da parte della vittima (per paura di ritorsione, ignoranza delle possibilità offerte di segnalazione, sfiducia nelle istituzioni e nella possibilità di soluzione del caso, tendenza a minimizzare il problema per non esasperare il clima o perché è doloroso ammettere di essere vittima di razzismo, ecc.), e l underrecording, il fenomeno in base al quale le persone addette alla registrazione di casi di discriminazione hanno una tendenza a sottovalutare la portata discriminatoria dell evento. La capacità di cogliere l esperienza di discriminazione razziale dipende anche dall'accuratezza dei giudizi delle vittime e dalle dinamiche legate alla propria identità sociale e personale (Tajfel e Turner, 1979): il fatto che un esperienza sia vista come funzione dell appartenenza dell individuo ad una categoria sociale, o invece qualcosa d altro, sarà la conseguenza della storia personale dell individuo in questione, dell interazione tra i gruppi etnici nella società e della risposta ad esperienze oggettive. Alcuni studiosi descrivono il sorgere di aversive racism, il razzismo di chi appoggia valori egualitari, che considerano se stessi come liberi da pregiudizi ma capaci di discriminare in modi sottilmente razionalizzabili (Dovidio e Gaertner, 2002). E possibile e probabile che queste forme razionalizzate di razzismo siano più difficili da identificare e che sia più difficile coglierne gli effetti. Obiettivi Sulla scia di tali riflessioni è stato condotto un ampio Progetto di Ricerca nazionale dal titolo La discriminazione etnica nel lavoro pubblico e privato: monitoraggio del fenomeno ed effettività delle tutele, finanziato dal Dipartimento Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri e a cui hanno partecipato, oltre che l Università di Bari, l Associazione Multietnica di Intercultura e Servizi per Immigrate e Immigrati Sarowiwa, l Università di Lecce, e il CESTIM di Verona. Tale Progetto ha avuto come obiettivo quello di realizzare un inchiesta diretta a verificare l esistenza di fenomeni discriminatori verso gli immigrati all interno di contesti lavorativi in due regioni
3 emblematiche quali il Veneto e la Puglia. Più in dettaglio, il questionario utilizzato per la ricerca quantitativa ha voluto investigare il tema della discriminazione etnica lavorativa secondo un duplice punto di vista: ovvero l analisi della discriminazione oggettiva e l analisi della discriminazione percepita da parte di immigrati sul territorio italiano. In particolare, esso si componeva di 41 item concernenti i dati personali (età, anni di residenza in Italia, stato civile, religione professata, ecc), le condizioni lavorative oggettive (presenza o meno di un contratto di lavoro, tipo di contratto, ore lavorative, ammontare della retribuzione, ecc) e la percezione della discriminazione in ambito lavorativo (se si sono mai sentiti discriminati e per quale motivo, da 1= per nulla, a 7= del tutto). Sono state indagate sia la percezione complessiva di discriminazione in ambito lavorativo, sia le cause più frequenti di discriminazione. Queste ultime sono state proposte nell ambito del questionario tenendo conto di una distinzione già esplorata in letteratura. In particolare, ad esempio, alcuni studi sulla rappresentazione sociale dei diritti umani (Doise, Spini e Clemence, 1999) hanno individuato tre classi di ragioni per cui le persone si percepiscono come vittime di ingiustizia, ovvero il proprio status sociale (le proprie origini sociali, le origini familiari, l età e il paese di appartenenza); l origine etnica (colore della pelle, paese di origine, lingua); e l ideologia (proprie opinioni politiche, religione e genere). Queste dimensioni sono state anche indagate nella presente ricerca. Vista la cospicua quantità di dati raccolti, in questa sede verranno approfondite soprattutto le tematiche legate all esperienza soggettiva di discriminazione, con l obiettivo di mettere in luce le dimensioni psico-sociali della discriminazione lavorativa. Risultati Percezione e giudizi dei protagonisti : La percezione di discriminazione in Italia Hanno partecipato alla ricerca 636 lavoratori, 260 donne e 376 uomini provenienti dall Est Europa (46,5%), dal Nord Africa (21,4%), dall Africa Centro-meridionale (13,3%), dal Sud America (5,2%) e dall Estremo Oriente (13,6%). Gli immigrati interpellati risiedono in alcune province del Nord (N= 396 in Verona) e nel sud Italia (N=240 in Bari, Lecce e Brindisi). Sul totale dei partecipanti (N = 636) 309 hanno una età compresa tra anni; 302, invece, hanno tra i 35 e i 54 anni. Infine, 20 intervistati hanno dichiarato di avere un età uguale o superiore a 55 anni, e solo 5, invece, sono gli intervistati giovanissimi (15-19 anni). Ai partecipanti è stato anche chiesto di indicare il proprio livello di scolarizzazione. A tale proposito, il 46,1% del campione dichiara di aver frequentato le scuole superiori, il 32,7%, invece, si è fermato alla scuola dell obbligo. Un dato interessante consiste nel fatto che solo il 5,5% dei partecipanti è non scolarizzato, mentre il 15,7% ha frequentato l Università. In linea con gli scopi del Progetto, ai partecipanti è stato altresì chiesto di indicare il settore lavorativo di riferimento. Gli immigrati intervistati sono impegnati per lo più nei servizi (33,5%), ed circa in ugual misura nel lavoro domestico (18,2%) e nell industria (17,6%). Il 14,2% dei partecipanti, invece, lavora nell edilizia, mentre il restante 16,5% svolge la propria attività lavorativa nel settore dell agricoltura e agro-alimentare. In relazione alla discriminazione percepita, il 39,6% del campione ha dichiarato di essersi sentito vittima di discriminazione sul lavoro, mentre il restante 60,4% ha risposto in modo negativo. Tra coloro che si sono sentiti discriminati, il 35,7% sono donne (64,3% di uomini), il 48,8% ha un età compresa tra 20 e 34 anni, il 48% tra i 35 e 54 anni, il 2,4% invece ha 55 anni e oltre, infine lo 0,8% ha tra i 15 e i 19 anni. Tra i settori lavorativi più legati alla percezione di discriminazione, l ambito dell Industria (52.7%), insieme all Edilizia (52.2%) sono quelli più rappresentati. Coloro che invece, non si sentono o non si sono sentiti vittima di discriminazione sul lavoro sono gli immigrati impiegati nel settore agricolo (27.4%) gli immigrati che si percepiscono come
4 discriminati (sul totale dei partecipanti, N = 636) provengono dal Nord Africa (62.2%), dal Sud America (36.4%) e dall Est Europa (35.4%). Grafico 1: Percezione di discriminazione sul lavoro, distribuzione in funzione del genere, dell età, del settore lavorativo, del paese di origine e del livello di scolarizzazione. Per quanto riguarda le cause di discriminazione riferite dai partecipanti, in generale essi dichiarano di essersi sentiti discriminati soprattutto per via del loro status socio-economico, della religione e delle opinioni personali. Grafico 2: Cause di Discriminazione Percepita (N = 230, range da 1 = Per niente, a 7 = Del tutto, *p=.000) 3 2,5 2 1,5 1 0,5 0 GENERE RELIGIONE ORIGINI STATUS OPINIONI COLORE DELLA PELLE LINGUA
5 Le donne si sentono più discriminate per via del genere di appartenenza mentre gli uomini per le proprie opinioni (p=.000). Grafico 3: Cause di Discriminazione Percepita in funzione GENERE dei partecipanti (N = 230, range da 1 = Per niente, a 7 = Del tutto, *p=.000) 3 2,5 2 1,5 1 0,5 0 UOMINI DONNE GENERE OPINIONI Le cause della discriminazione percepite variano anche in funzione del paese di origine degli immigrati lavoratori intervistati. Gli immigrati Nord Africani che hanno partecipato allo studio, ad esempio, si sono dichiarati significativamente più discriminati per via della religione (rispetto ai partecipanti di altre aree di provenienza, rimarcando l attuale, crescente diffidenza e la tendenza a identificare l Islam con il fondamentalismo e il fanatismo religioso) e le loro opinioni, mentre, gli immigrati provenienti dall Est Europa riportano come causa principale di discriminazione quelle legate al Paese di provenienza (p=.001). La lingua è il motivo principale per cui si sentono discriminati coloro che provengono dall Estremo Oriente (p=.05). Infine, per gli immigrati provenienti dall Africa Centro- Meridionale la discriminazione appare legata soprattutto al colore della pelle (p=.000). Cause di Discriminazione Percepita in funzione del PAESE DI ORIGINE (N = 230, range da 1 = Per niente, a 7= Del tutto) (*p=.000).
6 Percezione di discriminazione: dati raccolti nell area barese Sul territorio barese, il 41,4% del campione, in linea con le proporzioni del campione totale, dichiara di essersi sentito vittima di discriminazione nel contesto lavorativo, N= 140; 49 donne e 91 uomini provenienti da diversi paesi (46%: Est Europa, 23,7% Nord Africa, 12,9% Africa Centro Meridionale, 12,2% Estremo Oriente, 5% Sud America). Tra questi, sono principalmente i maschi (46.2% sul totale dei maschi coinvolti nel campione di Bari) rispetto alle donne (32.7%), e gli immigrati tra i 35 e i 54 anni (43.3%). Inoltre, sono gli immigrati, di origine africana (60.6% di tutti gli africani interpellati), gli islamici (51.0%) e coloro che operano nel settore dell industria (33.3%) e nel lavoro domestico (32.3%). Conclusioni In maniera non proprio intuitiva, e al di la dei dati appena illustrati, molti dei lavoratori immigrati coinvolti in questa ricerca (in particolare, il 60,4% del campione nazionale e il 58.6% degli immigrati residenti nell area barese) hanno dichiarato di non essersi mai sentiti discriminati, almeno nel contesto di lavoro. Un dato altresì interessante riguarda il fatto che tale trend di risposte è sufficientemente omogeneo attraverso le diverse aree geografiche in cui si è realizzata l inchiesta (Veneto e Puglia). La discriminazione, in effetti è un fenomeno in parte oggettivamente misurabile, ma non meno rilevanti sono le sue dimensioni soggettive. In questo senso, lo studio delle discriminazioni appare intrinsecamente connesso alle rappresentazioni sociali dei diritti umani (Doise, Spini & Clemence, 1999), alle norme e alle pratiche in termini di rispetto e violazione di tali diritti, ai processi di confronto intra- e inter-gruppi, ai fenomeni di deprivazione relativa. La percezionedi essere discriminati è un esperienza complessa e ricca di sfumature, e di ciò occorre tener conto sia nell approfondire la conoscenza del fenomeno sia nel progettare gli interventi correttivi. Ci sono inoltre condizioni specifiche, legate all interazione e ai conflitti inter-gruppi in uno specifico territorio. Per esempio, le differenze osservate in base al Paese di provenienza evidenziano il particolare clima che si vive oggi in Italia e l emergere di specifiche paure ritagliate su specifiche categorie di immigrati. Così, non stupisce se gli stranieri provenienti dall Europa dell Est si sentano discriminati per il Paese d origine, dato il crescente timore e il conseguente rifiuto, che si va diffondendo in Italia per alcune etnie, peraltro sommariamente e grossolanamente classificate (ad es. i Rumeni) Viceversa, l enfasi posta dagli stranieri provenienti dall Estremo Oriente, sulle discriminazioni legate alla lingua sembrano da leggere più come espressione di una difficoltà a comunicare che come discriminazione vera e propria. Se queste percezioni possano essere prese come misura reale o effettiva della quantità di discriminazione subita dai diversi gruppi etnici è questione controversa e che stenta a trovare una risposta. In ogni caso, come abbiamo già sottolineato, la discriminazione non è una realtà determinabile in maniera univoca e lineare, anche se è necessario distinguere fra dimensioni oggettive e soggettive di questa esperienza, tenendo conto di entrambi gli aspetti. Nel contesto italiano, oggi molto simile a quello degli altri Paesi dell Unione, sia per presenza di persone di diversa origine etnica, sia per l esistenza di leggi contro le discriminazioni, purtroppo non sempre efficaci, sia per la complessità dei fenomeni migratori e le sfide che essi pongono alla nostra società, il tema della discriminazione etnica va affrontato in maniera accurata e concreta piuttosto che limitandosi a posizioni puramente ideologiche che rischiano di risultare generiche e spesso del tutto inefficaci. Studi come quello che qui abbiamo presentato, fanno dunque parte di un quadro sociale dove è imperativo offrire alle minoranze visibili, alle persone di origine etnica minoritaria e a tutte le categorie svantaggiate, l idea che la società nella quale vivono non è solo ostile. Più che mai diventa importante che le persone a rischio di discriminazione acquisiscano
7 conoscenza delle opportunità che si aprono loro, conoscenza degli strumenti a loro disposizione, insieme alla sensibilità per il rispetto di regole condivise e vincolanti tanto per gli stranieri che per gli autoctoni. Il luogo di lavoro, che è indubbiamente uno degli spazi critici in cui si attuano discriminazioni e abusi, rappresenta però anche un possibile, importante terreno di incontro, un laboratorio in cui sperimentare la gestione delle diversità culturali e le forme possibili di inclusione e di riconoscimento reciproco, un occasione di contatti favorevoli e di appartenenze sovra-ordinate (Allport, 1954). Bibliografia Allport, G. (1954). The Nature of Prejudice. New York: Doubleday Anchor. Crosby, F. (1984). The denial of personal discrimination. American Behavioral Scientist, 27, Doise, W., Spini, D., & Clemence, A. (1999). Human Rights Studied as Social Representations in a Cross-national Context. European Journal of Social Psychology, 29(1), Dovidio J. F., Kawakami K., Gaertner S. (2002). Implicit and explicit prejudice and interracial interaction. Journal of Personality and Social Psychology, 82, Jost, J. T., & Banaji, M. R. (1994). The Role of Stereotyping in System-Justification and the Production of False Consciousness. British Journal of Social Psychology 33, Major, B., & O Brien, L. T. (2005). The Social Psychology of Stigma. In Annual Review of Psychology, eds. Susan T. Fiske, Daniel L. Schacter, and Carolyn Zahn-Waxley, Palo Alto, CA: Annual Review Inc. Major, B., Quinton, W. J., & S. K. McCoy. (2002). Antecedents and Consequences of Attributions to Discrimination: Theoretical and Empirical Advances. In Advances in Experimental Social Psychology, ed. Mark P. Zanna, vol. 34, San Diego, CA: Academic Press. Major, B. (1994). From social inequality to personal entitlement: The role of social comparisons, legitimacy appraisals and group memberships. In M. P. Zanna (Ed.), Advances in experimental social psychology. 26, ). San Diego, CA: Academic Press. Serino C., Susca G., Sinesi A. Interethnic Relationship, Perceived Discrimination and Social Choesion Development. Atti del II European Community Psychology Association Seminar, Siviglia, Spagna, Settembre 2007 (p.81). Sidanius, J., & Pratto, F. (1999). Social Dominance: An Intergroup Theory of Social Hierarchy and Oppression. New York: Cambridge University Press. Sinesi A., Serino C. (2008). Relazioni inter-culturali e benessere psico-sociale: un area di lavoro psicologico densa di potenzialità. Psicopuglia, n.6, pp Steele, C. M., Spencer, S. J., & Aronson, J. (2002). Contending with Group Image: The Psychology of Stereotype and Social Identity Threat. In Advances in Experimental Social Psychology, ed. Mark P. Zanna, San Diego, CA: Academic Press.
8 Tajfel, H. & Turner, J. C. (1979). An Integrative Theory of Intergroup Conflict. In W. G. Austin & S. Worchel (Eds.), The Social Psychology of Intergroup Relations. Monterey, CA: Brooks-Cole.
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