Position paper ANMCO: Uso dei nuovi anticoagulanti orali nella terapia e nella prevenzione della tromboembolia polmonare

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1 Position paper ANMCO: Uso dei nuovi anticoagulanti orali nella terapia e nella prevenzione della tromboembolia polmonare Iolanda Enea 1 (Coordinatore), Loris Roncon 2 (Coordinatore), Michele Massimo Gulizia 3 (Coordinatore), Michele Azzarito 4 (Coordinatore), Cecilia Becattini 5, Amedeo Bongarzoni 6, Franco Casazza 7, Claudio Cuccia 8, Carlo D Agostino 9, Matteo Rugolotto 10, Marco Vatrano 11, Eugenio Vinci 12, Paride Fenaroli 13, Dario Formigli 14, Paolo Silvestri 14, Federico Nardi 15, Maria Cristina Vedovati 16, Marino Scherillo 14 1 U.O.C. Medicina d Urgenza, A.O.R.N. S. Anna e S. Sebastiano, Caserta 2 U.O.C. Cardiologia, Ospedale S. Maria della Misericordia, Rovigo 3 U.O.C. Cardiologia, Ospedale Garibaldi-Nesima, Azienda di Rilievo Nazionale e Alta Specializzazione Garibaldi, Catania 4 Servizio di Cardiologia, Ospedale San Carlo di Nancy, Roma 5 Medicina Interna e Vascolare, Azienda Ospedaliera di Perugia, Perugia 6 U.O.C. Cardiologia, Ospedale San Carlo Borromeo, Milano 7 Fondazione Moscati, Buccinasco (MI) 8 U.O. Cardiologia, Istituto Ospedaliero Fondazione Poliambulanza, Brescia 9 U.O.C. Cardiologia Ospedaliera, Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico, Bari 10 U.O.C. Cardiologia, Ospedale Ca Foncello, Treviso 11 UTIC-Emodinamica e Cardiologia Interventistica, Ospedale Civile Pugliese, Catanzaro 12 U.O.C. Cardiologia-UTIC, Ospedale Umberto I, Siracusa 13 U.O. Nefrologia e Dialisi, IRCCS Fondazione Salvatore Maugeri, Università degli Studi, Pavia 14 Cardiologia Interventistica-UTIC, A.O. G. Rummo, Benevento 15 S.O.C. Cardiologia, Ospedale Castelli, Verbania 16 Medicina Interna e Vascolare, Ospedale S. Maria della Misericordia, Università degli Studi, Perugia Revisori del Documento Maria Gabriella Carmina, Maria Paola Cicini, Anna Maria Costante, Giuseppe Favretto, Adriano Murrone, Pietro Zonzin Consensus Document Approval Faculty in Appendice The new oral anticoagulants (NOACs) have radically changed the approach to the treatment and prevention of thromboembolic pulmonary embolism. The authors of this position paper face, in succession, issues concerning NOACs, including 1) their mechanism of action, pharmacodynamics and pharmacokinetics; 2) the use in the acute phase with the double drug single dose approach or with single drug double dose ; 3) the use in the extended phase with demonstrated efficacy and with low incidence of bleeding events; 4) the encouraging use of NOACs in particular subgroups of patients such as those with cancer, the ones under- or overweight, with renal insufficiency (creatinine clearance >30 ml/min), the elderly (>75 years); 5) they propose a possible laboratory clinical pathway for follow-up; 6) carry out an examination on the main drug interactions, their potential bleeding risk, and the way to deal with some bleeding complications. The authors conclude that the use of NOACs both in the acute phase and in the extended phase is equally effective to conventional therapy and associated with fewer major bleeding events, which make their use in patients at higher risk of recurrences safer. Key words. New oral anticoagulants; Pulmonary embolism; Thromboembolic pulmonary embolism; Venous thromboembolism. G Ital Cardiol 2016;17(9 Suppl 1):29S-67S Gli autori dichiarano nessun conflitto di interessi. Per la corrispondenza: Dr.ssa Iolanda Enea U.O.C. Medicina d Urgenza, A.O.R.N. S. Anna e S. Sebastiano, Via G. Tescione 1, Caserta i_enea@hotmail.com 29S

2 I Enea et al Introduzione S 2. La tromboembolia polmonare dopo le linee guida ESC 2014: algoritmi diagnostici, stratificazione prognostica e scelta della terapia S 2.1 Algoritmi diagnostici S Pazienti con embolia polmonare a rischio alto... 32S Pazienti con embolia polmonare a rischio non alto. 33S 2.2 Stratificazione prognostica S 2.3 Scelta della terapia S Paziente a rischio alto S Paziente a rischio non alto S 3. Dalla terapia tradizionale ai nuovi anticoagulanti orali: significato dell innovazione S 4. Meccanismo d azione, farmacocinetica e farmacodinamica dei nuovi anticoagulanti orali S 4.1 Introduzione e caratteristiche generali dei nuovi anticoagulanti orali S 4.2 Dabigatran S Assorbimento e distribuzione S Metabolismo S Escrezione S Interazioni S 4.3 Gli inibitori del fattore X attivato S Rivaroxaban S Apixaban S Edoxaban S 5. Terapia della fase acuta: i nuovi anticoagulanti orali sono tutti uguali? Rassegna degli studi clinici S 5.1 Introduzione S 5.2 Studi RE-COVER (dabigatran) S Efficacia S Sicurezza S 5.3 Studi EINSTEIN (rivaroxaban) S Efficacia S Sicurezza S 5.4 Studio AMPLIFY (apixaban) Efficacia S Sicurezza S 5.5 Studio Hokusai-VTE (edoxaban) S Efficacia S Sicurezza S 5.6 Pazienti fragili e pazienti poco rappresentati negli studi... 46S 5.7 Confronto tra i farmaci S 6. Qual è il paziente tipo per la terapia con i nuovi anticoagulanti orali? S 6.1 Tromboembolismo venoso: il peso epidemiologico... 48S 6.2 Il paziente tipo per la terapia con i nuovi anticoagulanti orali nella fase acuta dell embolia polmonare S 6.3 Dalla terapia della fase acuta alla terapia della fase prolungata nei pazienti a rischio intermedio-basso e basso S 6.4 Strategia double drug single dose S 6.5 Strategia single drug double dose S 6.6 Paziente in terapia con i nuovi anticoagulanti orali cui proseguire la terapia anticoagulante oltre i 3 mesi S 6.7 Aspetti clinici pratici dell utilizzo dei nuovi anticoagulanti orali Controversie sull utilizzo dei nuovi anticoagulanti orali: il paziente oncologico, il paziente fragile, il paziente con insufficienza renale, il paziente obeso S 51S 7.1 Paziente fragile S 7.2 Paziente obeso S 7.3 Paziente oncologico S 8. Utilizzo dei nuovi anticoagulanti orali nella fase estesa: a chi e per quanto tempo S 8.1 Fasi e durata del trattamento S 8.2 Limiti della terapia anticoagulante tradizionale S 8.3 I nuovi anticoagulanti orali S 8.4 Trial clinici e fase estesa S 8.5 Quando preferire i nuovi anticoagulanti orali e quando gli antagonisti della vitamina K S 9. Quale follow-up clinico laboratoristico per il paziente in terapia con i nuovi anticoagulanti orali? S 10. I nuovi anticoagulanti orali e la pratica clinica quotidiana: maneggevolezza, interazioni farmacologiche, sicurezza e rischio emorragico, protocollo per il trattamento delle emorragie e gestione del perioperatorio S 10.1 Maneggevolezza S Modalità di approccio S Terapia domiciliare S 10.2 Interazioni farmacologiche S 10.3 Sicurezza e rischio emorragico S 10.4 Gestione delle complicanze emorragiche S 10.5 Gestione del perioperatorio S 11. Conclusioni S 12. Riassunto S Appendice S 14. Bibliografia S ABBREVIAZIONI E ACRONIMI AMPLIFY Apixaban for the Initial Management of Pulmonary Embolism and Deep-Vein Thrombosis as First-Line Therapy ANMCO Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri aptt tempo di tromboplastina parziale attivato AUC area sotto la curva AVK antagonisti della vitamina K BMI indice di massa corporea BNP peptide natriuretico di tipo B C max picco di concentrazione plasmatica CrCl clearance della creatinina CYP450 citocromo P450 EBPM eparina a basso peso molecolare EP embolia polmonare ESC Società Europea di Cardiologia FXa fattore X attivato GFR velocità di filtrazione glomerulare HR hazard ratio IC intervallo di confidenza INR international normalized ratio IPER Italian Pulmonary Embolism Registry LG linee guida NAO nuovi anticoagulanti orali OR odds ratio PEITHO Pulmonary Embolism Thrombolysis Trial PERFECT Pulmonary Embolism Response to Fragmentation, Embolectomy, and Catheter Thrombolysis PESI Pulmonary Embolism Severity Index P-gp P-glicoproteina PT tempo di protrombina RE-MEDY Secondary Prevention of Venous Thromboembolism RE-SONATE Twice-daily Oral Direct Thrombin inhibitor Dabigatran Etexilate in the Long Term Prevention of Recurrent Symptomatic VTE RE-VERSE AD Reversal Effects of Idarucizumab on Active Dabigatran RIETE Registro Informatizado de la Enfermedad Trombo Embólica RRR riduzione del rischio relativo SEATTLE II Prospective, Single-arm, Multi-center Trial of EkoSonic Endovascular System and Activase for Treatment of Acute Pulmonary Embolism spesi simplified Pulmonary Embolism Severity Index TC tomografia computerizzata TEP tromboembolia polmonare TEV tromboembolismo venoso tpa attivatore tissutale del plasminogeno TVP trombosi venosa profonda ULTIMA Ultrasound Accelerated Thrombolysis of Pulmonary Embolism 1. INTRODUZIONE Sono trascorsi circa due anni dall immissione sul mercato italiano dei farmaci antitrombotici di nuova concezione, inibitori della trombina e del fattore X attivato (FXa), che rendono possibile una terapia sicura ed efficace del tromboembolismo venoso (TEV), della tromboembolia polmonare (TEP) e della trombosi venosa profonda (TVP), con dosi fisse per via orale, senza alcuna necessità di monitoraggio laboratoristico 1-9. Oggi possiamo dire che, in poco tempo, è cambiato radicalmente non solo il panorama della terapia antitrombotica che si è arricchita di nuove armi ma, grazie ad esse, anche il nostro modo di approcciare la diagnosi, gestire la fase ospedaliera e/o domiciliare, seguire il follow-up del paziente con embolia polmonare (EP). La grande simulatrice, come viene definita l EP per l aspecificità sintomatologica, rimane la terza causa di morte cardiovascolare, dopo l infarto miocardico e l ictus, e mette, ancora oggi, a dura prova la perizia di quanti si trovano a doverla combattere 10. Le linee guida (LG) prodotte sull argomento dalla Società Europea di Cardiologia (ESC) nel 2014, nel ricordare che il 59% 30S

3 Uso dei NAO nella tromboembolia polmonare delle morti per EP non risulta diagnosticato in vita e che la prevalenza delle diagnosi, nei pazienti in cui l EP è correttamente sospettata e sottoposta a iter diagnostico, oscilla tra il 10% e il 35% 11, sottolineano l importanza della valutazione del paziente nella sua complessità e non dell evento embolico in sé o del singolo dato clinico laboratoristico, promuovendo estremo rispetto per la sensibilità del medico che affronta tali pazienti. Nell ottica di tale rispetto, scopo di questo documento è quello di fornire ai cardiologi l opinione di esperti sugli argomenti emergenti, talora controversi, relativi all utilizzo dei nuovi farmaci antitrombotici in corso di TEP dando loro così una guida pratica per tali pazienti. Nelle singole sezioni del documento saranno descritti in sequenza la collocazione che le LG ESC 2014 danno ai nuovi farmaci antitrombotici in termini di scelta terapeutica sulla base della stratificazione prognostica e la conseguente riflessione sul paziente tipo da candidare al loro trattamento; il significato dell innovazione farmacologica dei nuovi anticoagulanti e della loro introduzione in termini di single o double drug approach rispetto alla terapia tradizionale e la conseguente riflessione sulle potenziali diversità dei singoli farmaci; un aggiornamento sulle attuali conoscenze del loro uso nel paziente fragile, con insufficienza renale e nel paziente oncologico. Buona parte del documento sarà dedicata a illustrare come l introduzione di tali farmaci abbia aperto una nuova finestra sul follow-up dei pazienti con TEP fornendo, tra l altro, la possibilità di una gestione ospedaliera rapida del paziente a basso rischio di mortalità e nuove prospettive per la prevenzione delle recidive. Sarà sottolineato come tali pazienti necessitino, comunque, di un monitoraggio laboratoristico centrato sulla clinica; in ultimo verranno fornite informazioni sulla sicurezza, sulla maneggevolezza, sulle interazioni farmacologiche, sulla valutazione del rischio emorragico e sul protocollo per il trattamento delle emorragie e la gestione del perioperatorio. Al termine, in una sezione riassuntiva, i coordinatori del documento trarranno le conclusioni sull attuale utilizzo dei nuovi antitrombotici nella terapia e nella prevenzione della TEP. 2. LA TROMBOEMBOLIA POLMONARE DOPO LE LINEE GUIDA ESC 2014: ALGORITMI DIAGNOSTICI, STRATIFICAZIONE PROGNOSTICA E SCELTA DELLA TERAPIA Le LG ESC per la diagnosi e il trattamento dell EP hanno subito una progressiva evoluzione, a partire dall edizione del Tale evoluzione ha riguardato i criteri in base ai quali stabilire la gravità iniziale e la prognosi a breve termine (intraospedaliera o a 30 giorni), le flow-chart diagnostiche e la terapia a breve e a lungo termine. Tutto ciò è stato reso possibile sia dalla maggiore affidabilità delle apparecchiature e degli esami di laboratorio che hanno trovato diffuso impiego nell ambito clinico, sia dai numerosi studi pubblicati. È andata sempre più consolidandosi nel tempo la consapevolezza che la gravità dell EP non dipende tanto dalla localizzazione anatomica degli emboli nelle arterie polmonari, ma dalla ripercussione funzionale che tale embolizzazione comporta nel singolo paziente. È divenuta perciò agevole la definizione della gravità iniziale del paziente con EP, da cui dipende la prognosi a breve termine, ottenibile in breve tempo al letto del paziente, semplicemente rilevandone la pressione arteriosa. La definizione anatomica di EP massiva o non massiva è stata sostituita con quella funzionale di EP ad alto o non alto rischio: il corretto inquadramento clinico iniziale è fondamentale perché da esso dipendono sia l iter diagnostico successivo che il tipo e la tempistica della terapia. Un altro aspetto rilevante nell evoluzione delle diverse edizioni delle LG è quello della stratificazione prognostica dei pazienti non ad alto rischio, che costituiscono la categoria più numerosa di pazienti con EP, ma anche la più disomogenea in termini prognostici (la mortalità di questa categoria era indicata tra il 3% e il 15% nelle LG ESC 2008). Per identificare precocemente i pazienti, che pur essendo apparentemente stabili, sono a maggior rischio, le LG avevano aggiunto all ecocardiografia (già citata nel 2000), la misura delle dimensioni del ventricolo destro alla tomografia computerizzata (TC) e alcuni indici bioumorali di danno miocardico (le troponine) o di sovraccarico del cuore destro (peptide natriuretico di tipo B [BNP] e frammento N-terminale del probnp [NT-proBNP]). Le LG compiono un ulteriore passo in favore della semplificazione, proponendo una serie di elementi anamnestico-clinici sulla base dei quali procedere o meno all esecuzione dell esame ecocardiografico e alla determinazione degli indici bioumorali di danno miocardico. Per quanto riguarda l aspetto terapeutico, le LG 2014 confermano le precedenti indicazioni alla trombolisi nei casi ad alto rischio e attribuiscono un migliore livello di evidenza a procedure alternative alla trombolisi, chirurgiche o interventistiche, quando questa sia controindicata o inefficace. Suggeriscono inoltre maggiore prudenza nell utilizzo precoce della trombolisi per via sistemica e alle dosi usuali nei casi a rischio intermedio-alto, recependo le preoccupazioni suscitate dalla pubblicazione dello studio PEITHO (Pulmonary Embolism Thrombolysis Trial) 14 per il netto aumento di emorragie cerebrali nel gruppo trattato con trombolisi. Le ultime LG indicano la possibilità di utilizzo dei nuovi anticoagulanti orali nei pazienti a rischio basso o intermedio basso, sia in fase acuta che subacuta e in tutti i pazienti nel follow-up. 2.1 Algoritmi diagnostici Per stabilire rapidamente l iter diagnostico dei pazienti con sospetta EP è necessario, in sostanza, una semplice visita clinica. Sulla base dei valori di pressione arteriosa sistolica rilevati (Figura 1), viene stabilita la gravità del paziente, il successivo iter Sì Alto rischio** Sospetta EP acuta ACC - Shock o ipotensione* No Non alto rischio Figura 1. Classificazione clinica e stratificazione prognostica iniziale dell embolia polmonare. ACC, arresto cardiocircolatorio; EP, embolia polmonare. *definita come pressione arteriosa sistolica <90 mmhg o un calo della pressione arteriosa sistolica 40 mmhg, non secondario ad aritmie di recente insorgenza, ipovolemia o sepsi. **sulla base del rischio stimato di mortalità intraospedaliera o a 30 giorni correlato all EP. 31S

4 I Enea et al diagnostico e il reparto di ricovero. Vengono proposti, infatti, due differenti percorsi, analoghi a quelli del 2008, il cui scopo è di arrivare alla diagnosi definitiva in tempi proporzionali alla gravità della presentazione iniziale: tempi rapidi ed iter semplificato nell alto rischio, tempi anche moderatamente lunghi ed iter più articolato nel non alto rischio. Una volta stabilita la gravità clinica del paziente, bisogna iniziare l iter diagnostico, diversificato nei due sottogruppi di gravità Pazienti con embolia polmonare a rischio alto In tali pazienti è la gravità della presentazione clinica che impone la modalità più idonea per giungere alla diagnosi. La categoria dell alto rischio (definita un tempo EP massiva dagli europei e tuttora così chiamata dagli americani), pur essendo numericamente esigua (5-10% del totale), presenta al suo interno pazienti con mortalità assai diversa: del 17% nei casi con pressione arteriosa 90 mmhg, del 36% in caso di shock cardiogeno e del 63% quando si verifichi un arresto cardiaco precoce. Inoltre i due terzi dei pazienti ad alto rischio muore per EP entro le prime 48h 15. Con realismo, le LG europee sottolineano che sottoporre un paziente emodinamicamente instabile all angio-tc (gold standard attuale per la diagnosi) lo espone a un grave rischio; in tali circostanze meglio ricorrere ad un esame bedside, quale l ecocardiografia, che ha un elevata sensibilità in tale tipologia di pazienti e consente eventualmente la diagnosi differenziale con altra patologia cardiaca a presentazione analoga. Qualora l ecocardiogramma non sia compatibile con EP ad alto rischio (assenza di segni di cuore polmonare acuto), andrà cercata un altra causa che spieghi il quadro clinico. Nell evenienza invece di un ecocardiogramma compatibile con EP, persistendo una situazione di instabilità emodinamica, si potrà iniziare una terapia riperfusiva anche senza la conferma della TC, senza incorrere in particolari rischi. Rischi rilevanti, al contrario, si fanno correre al paziente quando si attende a somministrare la terapia trombolitica in attesa della TC: uno stato di shock può preludere infatti ad un arresto cardiaco, spesso fatale 16. In caso di controindicazione assoluta alla trombolisi e quando le condizioni cliniche lo consentano, si potrà ricorrere a una procedura alternativa alla trombolisi: embolectomia chirurgica o con catetere. Tali approcci alternativi sono comunque raramente praticati e praticabili 15,17, nonostante un loro upgrade di raccomandazione ed evidenza nelle LG ESC Giustamente le LG Figura 2. Algoritmo diagnostico dei pazienti con sospetta embolia polmonare ad alto rischio, che presentano cioè un quadro di arresto cardiaco, shock o ipotensione. ACC, arresto cardiocircolatorio; Ecocardio, ecocardiogramma; EP, embolia polmonare; TC, tomografia computerizzata; VD, ventricolo destro. *casi che possono essere sottoposti unicamente a test di imaging bedside a causa della gravità delle loro condizioni. **oltre ai segni di disfunzione VD, l ecocardiografia al letto del paziente può consentire di visualizzare tromboemboli in transito nel cuore destro. I test di imaging ancillari al letto del paziente comprendono: l ecocardiografia transesofagea, che può consentire la visualizzazione degli emboli nell arteria polmonare o nelle sue branche principali e l ultrasonografia da compressione venosa bilaterale che può evidenziare una trombosi venosa e quindi essere di aiuto nel processo decisionale. la trombolisi o, in alternativa ad essa, l embolectomia chirurgica o con catetere. 32S

5 Uso dei NAO nella tromboembolia polmonare fanno notare che l ecocardiografia è pure in grado di mettere in evidenza segni diretti di embolizzazione, quando rileva la presenza di tromboemboli flottanti nel cuore destro, in transito dalle vene periferiche: nell EP ad alto rischio, un indagine ecocardiografica precoce ha messo in evidenza tali formazioni nel 16% dei casi, rendendo non necessaria la conferma mediante TC Pazienti con embolia polmonare a rischio non alto (Figura 3) Questa popolazione rappresenta circa il 90% dei casi di EP diagnosticate, con una mortalità precoce per tutte le cause che varia dallo 0.9% al 4.2% 15. La presentazione clinica è spesso insidiosa, in quanto sintomi e segni sono aspecifici e il rischio maggiore è quello di omettere la diagnosi: occorre sospettare l esistenza dell EP per avviare l iter diagnostico in grado di smascherarla. Peraltro, il timore di omettere la diagnosi di una patologia potenzialmente evolutiva e fatale se non riconosciuta e curata, può indurre il medico a percorrere scorciatoie diagnostiche, che portano direttamente all angio-tc. Poiché è stato ripetutamente dimostrato che il sospetto di EP viene confermato in non più del 30% dei casi che accedono al pronto soccorso, l algoritmo diagnostico riproposto dalle LG europee indica correttamente un iter a step successivi basati inizialmente sul calcolo della probabilità clinica e sulla determinazione del D-dimero, per giungere infine alla TC (o alla scintigrafia), qualora indispensabile. Tale condotta consente di escludere la presenza di EP in circa il 30% dei casi, senza dover ricorrere alla TC 19. I punteggi su cui si basa il calcolo della probabilità a priori di EP sono stati semplificati nel corso degli anni e oggi possono essere facilmente utilizzati dai clinici (Tabella 1). Agli originali punteggi a 3 livelli di probabilità (bassa, intermedia e alta), noi preferiamo quelli semplificati che prevedono due soli livelli di probabilità (EP improbabile ed EP probabile), punteggi ugualmente validati in studi controllati Va ricordato che, come indica il termine, questi punteggi forniscono un primo orientamento, una probabilità, che deve essere successivamente suffragata da indagini più affidabili. Nel caso infatti che il punteggio calcolato orienti verso una EP improbabile, si dovrà ricorrere, per una sua eventuale conferma, ad un esame dotato di elevatissimo potere predittivo negativo, rappresentato dal D-dimero. I metodi di laboratorio oggi utilizzabili per la determinazione quantitativa del D-dimero appaiono tutti dotati di ottima sensibilità, siano essi di tipo immuno-enzimatico che immuno-turbidimetrico. Occorre ricordare che il D-dimero va utilizzato per escludere un processo trombotico in atto in caso di valori non aumentati e non per diagnosticarlo se positivo; in quest ultimo caso occorre infatti la conferma dell angio-tc. Per conferire al dosaggio del D-dimero maggior specificità e ridurre l elevato numero di falsi positivi, le LG suggeriscono di ricalcolarne il cut-off reale in funzione dell età del soggetto (età x 10 µg/l per età >50 anni), trascurando quello dichiarato dalla ditta produttrice. Si è visto infatti che la concentrazione del D-dimero, calcolata con sistema ELISA, aumenta all aumentare dell età e molti soggetti anziani presentano valori superiori al cut-off dichiarato pur non avendo una EP. I risultati di una metanalisi eseguita utilizzando questi criteri hanno permesso di migliorare la specificità del test in una popolazione di ultrasettantacinquenni, senza peggiorarne la sensibilità 24. Se l EP risulta probabile in base al punteggio calcolato, il dosaggio del D-dimero può essere omesso in quanto un valore normale del test non esclude, in questi casi, la presenza di EP. Tabella 1. Criteri predittivi di embolia polmonare. Score di Wells Pregressa EP o TVP FC >100 b/min Chirurgia o immobilizzazione nelle 4 settimane precedenti Emottisi Cancro attivo Segni clinici di TVP Diagnosi alternativa improbabile Probabilità clinica Score a 3 livelli Bassa Intermedia Alta Score a 2 livelli EP improbabile EP probabile Geneva score modificato Pregressa EP o TVP FC b/min FC 95 b/min Chirurgia o frattura 30 giorni Emottisi Cancro attivo Dolore monolaterale alla gamba Dolore alla palpazione di una vena profonda ed edema monolaterale alla gamba Età >65 anni Probabilità clinica Score a 3 livelli Bassa Intermedia Alta Score a 2 livelli EP improbabile EP probabile Versione originale Versione semplificata Per quanto riguarda la TC, è utile sottolineare che essa risulta diagnostica di EP quando mostra un difetto di riempimento a livello almeno segmentario. I difetti singoli subsegmentari devono essere interpretati con cautela alla luce degli studi finora pubblicati. Nella flow-chart della Figura 3, nel caso di controindicazioni alla TC, abbiamo inserito l ultrasonografia venosa di compressione e la scintigrafia polmonare: la prima utile per l inizio della terapia anticoagulante in caso di TVP, la seconda utile per la diagnosi in un elevata percentuale di casi, ma oggi sottoutilizzata specie per motivi di natura organizzativa. 2.2 Stratificazione prognostica Sul versante della stratificazione prognostica, le LG 2014 contengono modifiche rilevanti, volte a rendere più rapida l identificazione di quel sottogruppo di pazienti a rischio non alto, che presenta una prognosi peggiore rispetto al sottogruppo NA NA NA EP, embolia polmonare; FC, frequenza cardiaca; NA, non applicabile; TVP, trombosi venosa profonda. 33S

6 I Enea et al Figura 3. Algoritmo diagnostico dei pazienti con sospetta embolia polmonare, non ad alto rischio, che non presentano cioè un quadro di arresto cardiaco, shock o ipotensione. ACC, arresto cardiocircolatorio; CUS, ultrasonografia venosa da compressione; EP, embolia polmonare; TC, tomografia computerizzata. possono essere utilizzati due differenti schemi classificativi: a 3 livelli (probabilità di EP bassa, intermedia o alta) o a 2 livelli (EP improbabile o probabile). Quando vengono utilizzati D-dimeri a moderata sensibilità, il loro dosaggio dovrebbe essere limitato a pazienti con probabilità bassa o EP improbabile; quando invece vengono utilizzati D-dimeri ad alta sensibilità, il loro dosaggio può essere esteso ai casi a rischio intermedio. *l angio-tc si considera diagnostica per EP quando mostra emboli a livello segmentario o più prossimale. **il termine terapia si riferisce alla terapia anticoagulante. (o TC cuore) e troponina consentiranno un ulteriore suddivisione dei pazienti a rischio intermedio: pazienti a rischio intermedio-alto per cui è indicato il ricovero in reparto dotato di monitoraggio per il rischio di instabilizzazione, e pazienti a rischio intermedio-basso, che non sembrano necessitare di particolari attenzioni, una volta iniziata la terapia anticoagulante (Tabella 3). I pazienti con score spesi =0 o PESI <86, a rischio basso, non necessiterebbero di monitoraggio né di ulteriori esami in quanto l esito di tali accertamenti non sembra avere implicazioni terapeutiche in questo sottogruppo. Mentre per i pazienti a rischio intermedio-alto rimane aperta la possibilità di una trombolisi rescue in caso di instabilizzazione, per i pazienti a rischio intermedio-basso o basso è indicata la sola terapia anticoagulante, che può essere instaurata da subito per via orale con rivaroxaban o apixaban e, dopo alcuni giorni di eparina per via parenterale, con dabigatran ed edoxaban. L effettiva affidabilità del sistema di punteggio PESI e spesi deve essere verificata su casistiche più numerose di quelle originali e attende una definitiva validazione esterna. Esaminando le Tabelle 2 e 3 si possono notare, nel sistema PESI e spesi, alcuni aspetti poco coerenti tra la stima della mortalità nei sottogruppi a rischio intermedio (che giunge rispettivamente fino al 24.5% e fino al 13.2%) e la successiva riclassificazione basata sulla presenza o meno di disfunzione ventricolare destra e sulla positività o meno della troponina. Appare non giustificato inquadrare nella categoria a rischio intermedio-basso i pazienti a rischio intermedio in base al PESI o spesi, per il solo fatto di non mostrare contemporaneamente segni di dia rischio basso. Mentre nelle LG 2008 si indicavano infatti gli esami in base ai quali potevano essere identificati i pazienti a rischio intermedio (ecocardiografia, TC cuore, troponina, BNP), senza specificare quali fossero i criteri per intraprendere tali esami, nelle LG 2014 viene proposto lo score PESI (Pulmonary Embolism Severity Index) 25 e la sua versione semplificata spesi (simplified Pulmonary Embolism Severity Index) 26, validati entrambi in studi controllati, in grado di individuare una popolazione a rischio intermedio per la quale è utile approfondire rapidamente la reale gravità, con esami idonei. Lo score spesi (Tabella 2) può essere calcolato agevolmente in quanto si compone di elementi demografici (età >80 anni), anamnestici (precedenti di cancro, scompenso cardiaco o malattie polmonari croniche) e clinici (frequenza cardiaca, pressione arteriosa e saturazione ossiemoglobinica): a ciascuno di essi viene attribuito 1 punto e la somma dei singoli punteggi costituisce lo score finale sulla base del quale si faranno o non si faranno ulteriori accertamenti. Qualora lo score finale sia di almeno 1 punto, i pazienti saranno definiti a rischio intermedio e sottoposti ad ulteriori valutazioni in quanto esposti a un rischio medio di mortalità a 30 giorni di circa l 11%. Il calcolo del PESI è invece più complesso (Tabella 2) in quanto vengono considerati 11 item al posto di 6 e a ciascuno di essi viene attribuito un punteggio variabile (da 10 a 60 punti): i pazienti con uno score complessivo 86 (classe III-IV e V) saranno inquadrati nel rischio intermedio, con una mortalità prevista dal 3.2% al 24% ed avviati ad ulteriori accertamenti. I risultati derivanti dall esecuzione di esame ecocardiografico 34S

7 Uso dei NAO nella tromboembolia polmonare Tabella 2. Valutazione prognostica basata su criteri clinici. Versione originale e semplificata del Pulmonary Embolism Severity Index (PESI). Parametro Versione originale Versione semplificata Età Sesso maschile Cancro Scompenso cardiaco cronico Patologia polmonare cronica FC 110 b/min PAS <100 mmhg Frequenza respiratoria >30/min Temperatura corporea <36 C Alterazione dello stato mentale SaO 2 <90% Età in anni 10 punti 30 punti 10 punti 10 punti 20 punti 30 punti 20 punti 20 punti 60 punti 20 punti Età >80 anni: 1 punto 1 punto 1 punto 1 punto 1 punto 1 punto 1 punto Classi di rischio in base alla somma dei punteggi Classe I: 65 punti 0 punti Rischio di mortalità a 30 giorni rischio 1% molto basso (0-1.6%) (0-2.1%) Classe II: punti Rischio di mortalità basso ( %) Classe III: punti 1 punto Rischio di mortalità intermedio ( %) rischio 10.9% Classe IV: punti ( %) Rischio di mortalità alto ( %) Classe V: >125 punti Rischio di mortalità molto alto ( %) FC, frequenza cardiaca; PAS, pressione arteriosa sistolica; SaO 2, saturazione arteriosa di ossigeno. Tabella 3. Strategie di valutazione prognostica delle linee guida 2014 della Società Europea di Cardiologia 10. Classificazione dei pazienti con EP acuta sulla base del rischio di mortalità precoce Rischio di mortalità precoce Shock o ipotensione Classe PESI III-IV-V o spesi 1 DVD all ECO o TC Biomarker di laboratorio Alto + Intermedio Intermedio-alto + Entrambi positivi Intermedio-basso + Uno o nessuno positivo Basso Valutazione opzionale se valutati entrambi negativi DVD, disfunzione ventricolare destra; ECO, ecocardiogramma; EP, embolia polmonare; PESI, Pulmonary Embolism Severity Index; spesi, Pulmonary Embolism Severity Index semplificato; TC, tomografia computerizzata. sfunzione ventricolare destra ed aumento della troponina. Se è vero che la mortalità può arrivare fino al 24.5% nella classe V, a prescindere dall esito dell esame ecocardiografico e della troponina, appare indicato proporre anche per tali pazienti un ricovero in reparto dotato di monitoraggio. Un secondo punto di non convergenza con le LG 2014 riguarda l uguale valore prognostico attribuito alla presenza di disfunzione ventricolare destra e all aumento della troponina. Noi proponiamo una diversa flow-chart, per l individuazione e la gestione dei pazienti a rischio intermedio (Figura 4): ai 6 item del spesi, ne abbiamo aggiunti 3, di routinaria rilevazione, e l algoritmo successivo è fondato sul maggior ruolo prognostico dell ecocardiografia rispetto alla troponina. È pertanto sufficiente la rilevazione di una disfunzione ventricolare destra all ecocardiogramma o alla TC (laddove la misurazione del diametro del ventricolo destro può essere fatta in modo affidabile) per avviare il paziente ad un reparto dotato di monitoraggio, a prescindere dall esito della troponina, che risulta peraltro normale, alla prima determinazione in pronto soccorso, in circa la metà dei casi con disfunzione ventricolare destra (Casazza F., dati non pubblicati). Il dosaggio della troponina ad alta sensibilità potrebbe incrementare la quota di risultati positivi alla presentazione in pronto soccorso, ma per il momento non disponiamo di tali dati. 2.3 Scelta della terapia La stratificazione prognostica iniziale guida l algoritmo diagnostico e la scelta della terapia Paziente a rischio alto Nel paziente a rischio alto, specie se in shock o con arresto cardiaco, dove la mortalità precoce varia dal 30% al 60%, occorre ricorrere a un farmaco o ad una procedura in grado 35S

8 I Enea et al Figura 4. Parametri da considerare nella stratificazione del rischio nei pazienti a rischio non alto. In alto: Parametri: parametri da considerare e relativo punteggio (punteggio validato) del modello PESI semplificato. Altri parametri da considerare: parametri e relativo punteggio suggeriti nel percorso diagnostico-terapeutico dell Ospedale San Carlo Borromeo di Milano. In basso: algoritmo per la stratificazione prognostica dei pazienti a rischio non alto del percorso diagnostico-terapeutico dell Ospedale San Carlo Borromeo di Milano. BBD, blocco di branca destro; BiBD, blocco incompleto di branca destro; FC, frequenza cardiaca; PA, pressione arteriosa; SaO 2, saturazione arteriosa di ossigeno. di riperfondere nel più breve tempo possibile il polmone, il cui afflusso sanguigno è gravemente ostacolato dall ostruzione embolica che interessa quasi sempre i vasi principali e lobari (Tabella 4). La trombolisi sistemica è la terapia di scelta e alteplase è il farmaco comunemente utilizzato, secondo la dose classica (100 mg in 120 min, con i primi 10 mg in bolo e.v.), oppure alla dose di 0.6 mg/kg in 15 min in casi di emergenza, con un massimo di 50 mg. Altri regimi terapeutici approvati che utilizzano streptochinasi o urochinasi sono raramente utilizzati nella pratica clinica; il più recente tenecteplase, testato nello studio PEITHO vs placebo in pazienti a rischio intermedio 14, non è al momento approvato. In analogia con quanto proposto nei trial sulla trombolisi dell infarto miocardico acuto, per ridurre l incidenza di emorragie (specie cerebrali), può essere prudente adattare la dose di alteplase al peso corporeo del paziente: la convenienza di un adattamento posologico del trombolitico, pur non essendo codificata ufficialmente, ha trovato conferma in recenti studi in cui dosi ridotte del farma- Tabella 4. Raccomandazioni per il trattamento della fase acuta nei pazienti ad alto rischio. Terapia Classe a Livello b Terapia anticoagulante con eparina non frazionata senza ritardo. TL. I B L embolectomia polmonare chirurgica è raccomandata nei pazienti con controindicazioni alla TL sistemica a dosaggio pieno o nei quali la TL non abbia avuto successo. Il trattamento percutaneo con catetere può essere utilizzato in alternativa alla chirurgia nei pazienti con controindicazioni alla TL sistemica a dosaggio pieno o nei quali la TL non abbia avuto successo. TL, terapia trombolitica. a classe di raccomandazione. b livello di evidenza. I I IIa C C C 36S

9 Uso dei NAO nella tromboembolia polmonare watch), riservando la trombolisi rescue a coloro che evolvono verso ipotensione o shock. Il ricovero in reparti dotati di monitoraggio dovrebbe consentire un pronto riconoscimento dell instabilizzazione e un altrettanto pronta terapia riperfusiva: anche in questi casi saranno da considerare procedure alternative alla trombolisi (quando controindicata), quali la chirurgia (raccomandazione di classe IIb, livello di evidenza C) o l embolectomia con catetere (raccomandazione di classe IIb, livello di evidenza B). Per quanto riguarda quest ultima procedura in pazienti a rischio intermedio, risultati incoraggianti provengono dai recenti trial ULTIMA (Ultrasound Accelerated Thrombolysis of Pulmonary Emboco si sono dimostrate efficaci, riducendo considerevolmente le emorragie 27. Va da sé che in casi di arresto cardiaco, il medico potrà utilizzare anche posologie off-label di trombolitico, per salvare la vita del paziente 16. Durante la trombolisi, per ridurre il rischio emorragico, appare prudente sospendere la somministrazione di eparina non frazionata. In caso di controindicazione assoluta alla trombolisi o in caso di una sua inefficacia (e qualora le condizioni cliniche lo consentano), si dovrà verificare la possibilità di un embolectomia chirurgica (raccomandazione di classe I, livello di evidenza C) o di un embolectomia percutanea con catetere (raccomandazione di classe IIa, livello di evidenza C). Attualmente tali procedure alternative sono assai raramente utilizzate sia negli Stati Uniti che in Italia 15,17 ; come per il trattamento dell infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto ST, occorrerebbe organizzare una rete tipo Hub & Spoke in grado di affrontare adeguatamente queste problematiche Paziente a rischio non alto Nel paziente a rischio non alto, la terapia anticoagulante è la terapia di scelta e spesso l unica terapia da praticare (Tabella 5). La terapia anticoagulante tradizionale è costituita dalle eparine a basso peso molecolare (EBPM) e dal fondaparinux. Rilevante sul piano clinico appare l indicazione ad iniziare precocemente la terapia anticoagulante per via parenterale nei pazienti con EP probabile, senza attendere la definitiva conferma diagnostica; ugualmente utile iniziare precocemente la terapia con antagonisti della vitamina K (AVK) per raggiungere un international normalized ratio (INR) adeguato in tempi ragionevoli, ai fini di una dimissione precoce. Non essendo stato ancora disegnato uno studio atto a valutare l efficacia e la sicurezza dei nuovi anticoagulanti orali (NAO) nei pazienti con disfunzione ventricolare destra e/o aumento della troponina, appare attualmente prudente prevedere l utilizzo dei nuovi anticoagulanti nel paziente a rischio basso e intermedio basso (senza disfunzione del ventricolo destro e con troponina normale): rivaroxaban e apixaban possono essere utilizzati fin dall inizio, come primi e unici farmaci anticoagulanti (single drug approach), mentre dabigatran ed edoxaban possono sostituire il warfarin, dopo alcuni giorni di terapia anticoagulante per via parenterale. Sull atteggiamento da tenere nei pazienti a rischio intermedio-alto, le LG 2014 sono più dettagliate rispetto a quelle del 2008, in cui veniva genericamente osservato che il ricorso alla trombolisi doveva essere valutato caso per caso. I risultati del trial randomizzato PEITHO 14, condotto su 1005 pazienti con EP a rischio verosimilmente intermedio-alto, hanno chiarito che la trombolisi per via sistemica (con tenecteplase a dosaggio rapportato al peso corporeo) è efficace nel ridurre in modo significativo l endpoint primario, definito come un composito di morte e collasso emodinamico (2.6 vs 5.6%, p=0.015), a spese tuttavia di un rischio di ictus (in gran parte emorragico) 10 volte maggiore rispetto alla sola eparina (2.4 vs 0.2%). Risulta inoltre che la differenza significativa tra trombolisi e placebo nel raggiungimento dell endpoint primario è dovuta non tanto alla diversa mortalità a 7 giorni (1.2 vs 1.8%, p=0.43), quanto alla diversa quota di collasso emodinamico, ben più alta nel gruppo placebo (5 vs 1.6%, p=0.002). Ecco allora che per i pazienti a rischio intermedio-alto, le LG suggeriscono, in prima istanza, il ricovero in reparti dotati di monitoraggio per poterne osservare l evoluzione emodinamica (wait and Tabella 5. Raccomandazioni per il trattamento della fase acuta nei pazienti a rischio non alto. Nei pazienti con EP probabile, iniziare subito la terapia AC, anche se è ancora in corso il procedimento diagnostico. Terapia AC raccomandata nella fase acuta nella maggior parte dei casi: EBPM o fondaparinux. Iniziare terapia con AVK parallelamente all eparina/fondaparinux, mantenendo INR 2-3. Terapia anticoagulante - nuovi anticoagulanti In alternativa a EBPM + AVK, è raccomandato rivaroxaban (15 mg bid per 3 settimane, seguito da 20 mg/die) o apixaban (10 mg bid per 7 giorni, seguito da 5 mg bid). Dopo trattamento in fase acuta con EBPM, in alternativa adavk, è raccomandato dabigatran (150 mg bid o 110 mg bid nei pazienti di età 80 anni o in terapia con verapamil) o edoxaban. I NAO non sono raccomandati in caso di insufficienza renale di grado severo. Terapia riperfusiva Nei pazienti a rischio non alto è controindicato l uso routinario della TL sistemica primaria. Nei pazienti a rischio intermedio-alto è raccomandato uno stretto monitoraggio per identificare precocemente una instabilità emodinamica per iniziare una terapia riperfusiva rescue. Nei pazienti a rischio intermedio-alto e comparsa di segni di instabilità emodinamica, deve essere considerata la TL. Nei pazienti a rischio intermedio-alto e comparsa di segni di instabilità emodinamica, può essere considerata l embolectomia chirurgica al posto della TL in caso di elevato rischio emorragico. Nei pazienti a rischio intermedio-alto e comparsa di segni clinici di instabilità emodinamica, può essere considerata l embolectomia con catetere invece della TL in caso di elevato rischio emorragico. Classe a Livello b AC, anticoagulante; AVK, antagonisti della vitamina K; EBPM, eparina a basso peso molecolare; INR, international normalized ratio; NAO, nuovi anticoagulanti orali; TL, terapia trombolitica. a classe di raccomandazione. b livello di evidenza. I I I I I III III I IIa IIb IIb C A B B B A B B B C B 37S

10 I Enea et al lism) 28 e SEATTLE II (Prospective, Single-arm, Multi-center Trial of EkoSonic Endovascular System and Activase for Treatment of Acute Pulmonary Embolism) 29 e dal registro PERFECT (Pulmonary Embolism Response to Fragmentation, Embolectomy, and Catheter Thrombolysis) 30. Tali risultati preliminari, pur necessitando di conferme su casistiche più ampie, aprono nuove prospettive terapeutiche per abbattere la mortalità senza peggiorare la sicurezza. Sintesi 1. Le LG 2014 riprendono molti aspetti di quelle del 2008, introducendo novità nei settori della stratificazione prognostica dei pazienti a rischio non alto e della terapia. Per quanto riguarda il primo aspetto, la proposta di una valutazione clinica, preliminare all esecuzione di ulteriori accertamenti, risponde ad un effettiva esigenza cui le LG 2008 non fornivano risposta. Sulla base del calcolo di un semplice punteggio al letto del paziente (PESI o spesi), il medico potrà stratificare rapidamente il rischio di morte precoce e classificare i casi a rischio non alto in due grandi gruppi: quelli a rischio basso, che non richiedono di norma ulteriori esami e sono candidati ad una dimissione precoce e ad un eventuale terapia con NAO, e quelli a rischio intermedio, che necessitano invece di una valutazione più approfondita con esami di laboratorio e di imaging. Sulla base di questi accertamenti, la categoria inizialmente inquadrata nella fascia di rischio intermedio in base al punteggio PESI o spesi viene suddivisa in un gruppo a rischio intermedio-alto, con test di imaging e troponina entrambi patologici, per cui è opportuno un ricovero in ambiente protetto, dotato di sistemi di monitoraggio, e un gruppo a rischio intermedio-basso, con entrambi gli esami normali o uno solo patologico, assimilabili al gruppo a rischio basso. L affidabilità di tale proposta andrà verificata in ulteriori studi di popolazione. 2. Relativamente all aspetto terapeutico, nessuna novità di rilievo per quanto riguarda i casi a rischio alto e maggiore prudenza nell indicazione alla trombolisi nei pazienti a rischio intermedio-alto, per i quali è consigliata la sola anticoagulazione e il ricovero in reparto dotato di monitoraggio. In questo gruppo, la trombolisi o altra procedura di riperfusione rescue andrà riservata ai pazienti con collasso emodinamico. L utilizzo dei NAO, antitrombina o anti-fxa, è da riservare ai pazienti a rischio non alto, basso e intermedio-basso, sia nella forma del single drug approach sia in sostituzione del warfarin dopo alcuni giorni di eparina per via parenterale. 3. DALLA TERAPIA TRADIZIONALE AI NUOVI ANTICOAGULANTI ORALI: SIGNIFICATO DELL INNOVAZIONE L anticoagulazione rappresenta un momento fondamentale nella terapia della malattia tromboembolica polmonare per il trattamento della fase acuta e per la prevenzione delle recidive. Il trattamento anticoagulante della fase acuta, sia che la patologia sia limitata al solo distretto venoso (trombosi venosa) sia che coinvolga il circolo arterioso polmonare (EP), viene affrontato con l utilizzo delle eparine. L eparina sodica viene somministrata per via endovenosa adeguando le dosi in base alla risposta coagulativa, monitorata mediante il tempo di tromboplastina parziale attivato (aptt); l eparina calcica, anche se oggi sempre meno utilizzata, può essere somministrata per via sottocutanea. Le EBPM e il fondaparinux costituiscono alternative efficaci e sicure che si impongono per la loro maneggevolezza e facilità d uso, potendo essere somministrate a dosi fisse, modulate sul peso del paziente e sulla presenza o meno di insufficienza renale; vengono somministrate abitualmente per via sottocutanea, in mono o duplice somministrazione giornaliera e non richiedono monitoraggio dei parametri coagulativi. Il prolungamento del trattamento anticoagulante dopo la fase acuta viene normalmente effettuato con la terapia orale con i farmaci AVK, salvo in casi particolari in cui è preferibile il proseguimento del trattamento eparinico. La cinetica degli AVK impedisce di raggiungere l effetto anticoagulante con immediatezza, perciò questi farmaci non possono essere utilizzati nella rapida induzione necessaria nella fase acuta della malattia. Il passaggio alla terapia orale con AVK richiede un tempo in cui il trattamento parenterale dovrà embricarsi con la terapia orale fin quando sia stato raggiunto e stabilizzato il valore di INR del tempo di protrombina (PT) tra 2 e 3, indicativo di una buona efficacia terapeutica. Quanto finora proposto è lo standard terapeutico nel trattamento anticoagulante della TEP verso il quale si devono confrontare i trattamenti alternativi introdotti negli ultimi anni. I NAO, inibitori diretti della trombina come dabigatran o del fattore X come rivaroxaban, apixaban ed edoxaban, competono in maniera efficace con quella che finora ha rappresentato la terapia ottimale. I NAO hanno già dimostrato nella prevenzione della malattia tromboembolica in corso di fibrillazione atriale di potersi confrontare con successo con la terapia anticoagulante orale condotta con il warfarin, principale rappresentante degli AVK. Tutti gli studi finora condotti ed i registri di real world in questo contesto dimostrano che tutte le formulazioni di NAO hanno efficacia non inferiore in termini di prevenzione del rischio trombotico ed un profilo di sicurezza sovrapponibile o, più frequentemente, maggiore in termini di riduzione del rischio emorragico. I NAO hanno cinetiche tali da garantire il raggiungimento del target di anticoagulazione in tempi rapidi e, grazie ad emivite brevi, consentono un altrettanto veloce ripresa di un normale assetto coagulativo dopo la sospensione. La farmacocinetica è prevedibile e poco variabile, con scarse interazioni con altri farmaci e/o alimenti; tali proprietà consentono una uniformità della posologia senza necessità di adeguamenti, e dunque una grande maneggevolezza e comodità d uso. A fronte di questi vantaggi non sono al momento disponibili test di laboratorio standardizzati per valutarne l efficacia anticoagulante e, a parte l idarucizumab, anticorpo monoclonale antidoto specifico per il dabigatran, non si dispone ad oggi in commercio di antidoti mirati sebbene siano in fase di sperimentazione altre molecole 31. Inoltre la via metabolica di tutti i NAO prevalentemente o esclusivamente renale ne controindica il loro utilizzo nell insufficienza renale grave. Efficacia, sicurezza, pari alla terapia tradizionale, maggiore maneggevolezza sono le caratteristiche principali di questi farmaci che ritroviamo nella terapia della TEP. I quattro anticoagulanti diretti oggi disponibili nella pratica clinica (dabigatran, rivaroxaban, apixaban ed edoxaban) sono stati confrontati con il warfarin nel trattamento della fase acuta e post-acuta della malattia tromboembolica (Tabella 6) 1,2,4-6,9. Tutti gli studi, condotti con metodologie analoghe anche se 38S

11 Uso dei NAO nella tromboembolia polmonare Thrombosis as First-Line Therapy) 6 con apixaban (10 mg bid per 1 settimana, quindi 5 mg bid per il restante periodo di follow-up di 6 mesi) in cui l anticoagulante orale era somministrato fin dall inizio (Figura 5). Tutti questi aspetti innovativi (modalità di approccio terapeutico, maneggevolezza a fronte di pari efficacia e sicurezza rispetto alla terapia tradizionale) sono stati evidenziati nelle LG europee 2014 e fanno parte dell attuale pratica clinica. Tuttavia, il paziente medio valutato nei trial, come spesso accade, non è perfettamente omogeneo con la popolazione normalmente trattata. Come si può osservare nella Tabella 7 i pazienti degli studi sono mediamente più giovani e con un rischio complessivo meno alto rispetto a quelli che compaiono nei registri di real world, come il registro italiano IPER (Italian Pulmonary Embolism Registry) 15. I pazienti anziani e con pluripatologie devono indurre ad una maggiore cautela qualora si scelga di abbandonare l approccio tradizionale per quello con i nuovi farmaci in virtù della scarsità di dati ancora disponibili. Per ciò che riguarda i pazienti con cancro attivo, la scarsa numerosità dei pazienti in studio e la mancanza di osservazionon perfettamente sovrapponibili, hanno evidenziato quanto ipotizzato circa la non inferiorità del trattamento con NAO misurata in termini di ricorrenza di trombosi venosa o EP fatale e un uguale profilo di sicurezza in termini di sanguinamenti maggiori e/o cinicamente rilevanti; in alcuni casi il profilo di sicurezza è stato significativamente migliore con i NAO rispetto al warfarin. L innovazione principale introdotta da questa categoria di farmaci sfrutta la loro rapidità d azione, consentendo il passaggio dall overlapping della terapia tradizionale allo switching diretto della terapia come sperimentato negli studi RE-COVER I 1 e II 2 dove era utilizzato il dabigatran (150 mg bid) e Hokusai-VTE 9 con edoxaban (60 mg in monosomministrazione o 30 mg/die se la clearance della creatinina (CrCl) era compresa tra ml/min o il peso corporeo <60 kg) in cui il NAO era assunto immediatamente dopo un iniziale periodo di terapia parenterale con eparina frazionata oppure al single drug approach come praticato negli studi EINSTEIN-DVT 4 ed EINSTEIN-PE 5 con rivaroxaban (15 mg bid per 3 settimane per proseguire con 20 mg/die) ed AMPLIFY (Apixaban for the Initial Management of Pulmonary Embolism and Deep-Vein Tabella 6. Nuovi anticoagulanti orali: caratteristiche e risultati in termini di efficacia e sicurezza dei trial clinici di fase III per il trattamento nella fase acuta dell embolia polmonare o della trombosi venosa profonda. Farmaco Trial Disegno Trattamento e dosaggio Durata (mesi) N. pazienti Efficacia NAO vs AVK (TEV ricorrente o EP fatale) Sicurezza NAO vs VKA (sanguinamenti maggiori +/- SRNM) Dabigatran RE-COVER 1 Doppio cieco a gruppi paralleli vs placebo RE-COVER II 2 Doppio cieco a gruppi paralleli vs placebo Enoxaparina/ dabigatran (150 mg bid) vs Enoxaparina/ warfarin Enoxaparina/ dabigatran (150 mg bid) vs Enoxaparina/ warfarin Rivaroxaban EINSTEIN-DVT 4 In aperto Rivaroxaban (15 mg bid x 3 sett. seguiti da 20 mg/die) vs Enoxaparina/ warfarin EINSTEIN-PE 5 In aperto Rivaroxaban (15 mg bid x 3 sett. seguiti da 20 mg/die) vs Enoxaparina/ warfarin Apixaban AMPLIFY 6 Doppio cieco a gruppi paralleli vs placebo Edoxaban Hokusai-VTE 9 Doppio cieco a gruppi paralleli vs placebo Apixaban (10 mg bid x 7 gg seguiti da 5 mg bid) vs Enoxaparina/ warfarin EBPM/ edoxaban (60 mg/die o 30 mg/die se CrCl <30-50 ml/h o peso <60 kg x 3 sett. vs ENF o EBPM/warfarin con TEV TVP: 1749 EP: con TEV 3, 6 o 12 3, 6 o con TVP acuta 4832 con EP acuta TVP: 3532 EP: mesi 8240 TVP: 4921 EP: 3319 Recidiva di TEV o EP fatale: 2.5% dabigatran vs 2.1% warfarin (p<0.001) Recidiva di TEV o EP fatale: 2.3% dabigatran vs 2.2% warfarin (p<0.001) Recidiva di TEV o EP fatale: 2.1% rivaroxaban vs 3% warfarin (p<0.001) Recidiva di TEV o EP fatale: 2.1% rivaroxaban vs 1.8% warfarin (p<0.03) Recidiva di TEV o EP fatale: 2.3% apixaban vs 2.7% warfarin (p<0.001) Recidiva di TEV o EP fatale: 3.2% edoxaban vs 3.5% warfarin (p<0.001) Sanguinamenti maggiori: 1.6% dabigatran vs 1.9% warfarin (-SRNM; p=ns) Sanguinamenti maggiori: 15 pz dabigatran vs 22 pz warfarin (-SRNM; p=ns) Sanguinamenti maggiori: 8.1% rivaroxaban vs 8.1% warfarin (+SRNM; p=ns) Sanguinamenti maggiori o SRNM: 10.3% rivaroxaban vs 11.4% warfarin (+SRNM; p=ns) Sanguinamenti maggiori: 0.6% apixaban vs 1.8% warfarin (-SRNM; p<0.001) Sanguinamenti maggiori o SRNM: 8.5% edoxaban vs 10.3% warfarin (+SRNM; p=ns) AVK, antagonisti della vitamina K; CrCl, clearance della creatinina; EBPM, eparina a basso peso molecolare; ENF, eparina non frazionata; EP, embolia polmonare; NAO, nuovi anticoagulanti orali; SRNM, sanguinamenti clinicamente rilevanti non maggiori; TEV, tromboembolismo venoso; TVP, trombosi venosa profonda. 39S

12 I Enea et al Figura 5. Le tre fasi della patologia con i corrispondenti trattamenti standard. A e B descrivono i nuovi schemi di terapia introdotti dai nuovi anticoagulanti orali basati sui regimi utilizzati negli studi RE-COVER con dabigatran etexilato e Hokusai-VTE con edoxaban (A) e EINSTEIN-DVT con rivaroxaban e AMPLIFY con apixaban (B). INR, international normalized ratio; LMWH, eparina a basso peso molecolare; UFH, eparina non frazionata; VKA, antagonisti della vitamina K. Modificata da Goldhaber e Bounameaux 83. Tabella 7. Confronto delle caratteristiche delle popolazioni nei trial sulla tromboembolia polmonare e del Registro Italiano delle Embolie Polmonari (IPER). RE-COVER 1,2 EINSTEIN-DVT 4 Hokusai-VTE 9 AMPLIFY 6 IPER 15 Maschi (%) Età media (anni) BMI (kg/m 2 ) Idiopatica (%) Pluripatologia o FR (%) Neoplasia (%) , BMI, indice di massa corporea; FR, fattori di rischio. di una spiccata trombofilia. Nell intento di verificare la possibilità di estendere il trattamento anticoagulante con i NAO per periodi più prolungati sono stati condotti alcuni trial, i principali sono esposti nella Tabella 8 3,7,32. Come si nota, ad eccezione del dabigatran alla dose di 150 mg bid, che nei due diversi studi è stato confrontato con un target di non inferiorità verso il warfarin (RE-MEDY, Secondary Prevention of Venous Thromboembolism) 3 e di superiorità verso il placebo (RE-SONATE, Twice-daily Oral Direct Thrombin inhibitor Dabigatran Etexilate in the Long Term Prevention of Recurni mirate, non ci consente di esprimere un parere definitivo sulla pari efficacia o eventuale superiorità dei NAO rispetto alla terapia tradizionale; sono necessari al riguardo studi clinici randomizzati. Gli studi citati hanno seguito i pazienti per un periodo limitato di tempo, spesso non coincidente con lo standard di terapia della TEP che deve protrarsi talora indefinitamente. È noto che la terapia anticoagulante non andrà sospesa nelle condizioni di alto rischio di recidiva, soprattutto nei casi di EP non provocata, di un secondo episodio di EP o in presenza 40S

13 Uso dei NAO nella tromboembolia polmonare Tabella 8. Principali trial nel trattamento prolungato della tromboembolia polmonare Farmaco Trial Confronto Disegno Riduzione attesa Durata trattamento (mesi) N. pazienti TEV nel controllo Riduzione rischio per ricorrenza Sanguinamenti maggiori o SRNM nel gruppo attivo Dabigatran 150 bid Dabigatran 150 bid Apixaban 5 mg bid Apixaban 2.5 mg bid Rivaroxaban 20 mg RE-SONATE 3 Placebo Superiorità 70% % 92% 5.3 vs 1.8% (+SRNM; p=0.001) RE-MEDY 3 Warfarin Non inferiorità Incremento assoluto < % Riduzione rischio 0.38% vs AVK 5.6 vs 10.2% (warfarin) (+SRNM; p<0.001) AMPLIFY-EXT 7 Placebo Superiorità 41% % 80% 4.2 vs 2.7% (+SRNM; p=ns) 81% 3.0 vs 2.7% (+SRNM; p=ns) rent Symptomatic VTE) 3, gli altri, condotti con rivaroxaban a 20 mg/die (EINSTEIN-Extension) 32 ed apixaban a 5 e 2.5 mg bid (AMPLIFY-Extension) 7, hanno testato la superiorità del farmaco solo rispetto al placebo per periodi prolungati di trattamento. Il confronto dei pazienti in trattamento con NAO con quelli trattati con placebo ha dimostrato nei primi una maggiore efficacia, rappresentata dalla riduzione delle recidive ma anche una relativa sicurezza, visto il basso rischio emorragico. Nell unico confronto prolungato dabigatran vs warfarin, il NAO risulta altrettanto efficace (non inferiore) e con un minor rischio di sanguinamento. È interessante notare come le popolazioni studiate, provenienti quasi interamente dagli studi di fase acuta fossero da considerare a rischio relativamente basso (età ridotta, bassa comorbilità, elevata incidenza di TVP rispetto ad EP); ciò nonostante, l entità delle recidive presenti sia nel gruppo placebo che nel gruppo in trattamento attivo è stata relativamente alta evidenziando un dato clinico spesso trascurato riguardo alla gravità della malattia anche nei soggetti apparentemente meno esposti. Anche negli studi di fase estesa valgono le considerazioni precedentemente formulate circa la scarsa rappresentatività di pazienti anziani come pure di pazienti obesi o sottopeso. Rimane inevaso il quesito riguardante i soggetti affetti da neoplasia attiva e soprattutto mancano ancora i dati riguardanti i trattamenti molto prolungati o a tempo indefinito. La sicurezza dimostrata dai NAO nel trattamento prolungato potrà indurre un ulteriore innovazione nell approccio terapeutico nei pazienti a rischio intermedio in cui il prolungamento di una terapia potenzialmente rischiosa induce spesso una non opportuna sospensione del trattamento anticoagulante. L elevata incidenza di recidive documentata in questi pazienti potrà verosimilmente essere limitata con un trattamento efficace ed a relativo basso rischio emorragico. Una considerazione conclusiva rispetto alle innovazioni indotte dai nuovi approcci terapeutici riguarda la rivisitazione delle organizzazioni assistenziali dedicate ai pazienti in terapia anticoagulante. Fino a poco tempo fa i pazienti in trattamento anticoagulante erano seguiti prevalentemente o integralmente da medici e centri specialistici dedicati al monitoraggio dell attività del farmaco. Diventa sempre più diffusa invece la realizzazione di ambulatori specialistici orientati verso la pa- EINSTEIN- Placebo Superiorità 50% % 82% 6.0 vs 1.2% Extension 32 (+SRNM; p<0.001) AVK, antagonisti della vitamina K; SRNM, sanguinamenti clinicamente rilevanti non maggiori; TEV, tromboembolismo venoso. tologia prevalente: la fibrillazione atriale, l EP, la TVP, dove il paziente viene preso in carico nel suo insieme di problemi e il trattamento anticoagulante non rappresenta che uno degli elementi di rilievo e non l unico che merita attenzione nella criticità della malattia. Sintesi 1. L innovazione principale derivante dall introduzione dei NAO nella terapia della TEP è correlata alla rapidità d azione che consente la possibilità di passaggio dalla tradizionale overlapping therapy rappresentata da una fase iniziale di terapia parenterale con eparine, seguita da un periodo di embricazione con AVK prima del solo AVK ad una switching therapy con i NAO in cui alla fase iniziale di terapia parenterale segue, senza embricazione, il passaggio diretto alla terapia anticoagulante oppure a una single drug therapy in cui la terapia comincia sin dall inizio con un NAO (Figura 5). 2. I NAO appaiono efficaci, sicuri, maneggevoli, con veloci tempi di attivazione e breve emivita, ridotte interferenze con altri farmaci ed alimenti, rendendo più semplice l approccio farmacologico nel paziente a rischio basso o intermedio-basso eccetto che nel paziente con insufficienza renale severa ed epatopatia grave in cui sono controindicati. 3. Gli attuali limiti sono ancora quelli legati alle scarse informazioni su popolazioni estreme: pazienti in sovrappeso o sottopeso, trattamenti molto prolungati; mancano indicazioni in corso di gravidanza ed allattamento. Va inoltre tenuta presente la scarsa rappresentatività nei trial dei pazienti anziani e con grave comorbilità, anche se dall analisi post-hoc di questi studi questa tipologia di popolazione sembrerebbe avere maggiori vantaggi proprio per la minore incidenza di eventi emorragici rispetto al warfarin. 4. Consigliamo l uso dei NAO nel trattamento della malattia tromboembolica nei pazienti a rischio basso e intermedio-basso, con particolare vantaggio nei pazienti con pregressi episodi emorragici, soprattutto di emorragia intracranica, che necessitino comunque dell anticoagulazione. Può essere considerato un approccio monoterapico fin dall esordio con rivaroxaban o con apixaban nei pazienti a rischio più basso. 41S

14 I Enea et al 5. La maneggevolezza e la sicurezza facilitano la terapia prolungata nella fase estesa e prospettano nuovi scenari organizzativi assistenziali in cui i pazienti a più basso rischio, dopo un periodo di osservazione breve, possano essere seguiti a domicilio attraverso la realizzazione di ambulatori specialistici orientati verso la patologia (EP e TVP) piuttosto che verso il monitoraggio laboratoristico del parametro coagulativo. 4. MECCANISMO D AZIONE, FARMACOCINETICA E FARMACODINAMICA DEI NUOVI ANTICOAGULANTI ORALI 4.1 Introduzione e caratteristiche generali dei nuovi anticoagulanti orali I NAO sono farmaci che, per il loro profilo farmacologico e farmacodinamico, garantiscono un rapido meccanismo d azione, un efficacia stabile nel tempo ed una breve emivita (Tabella 9). Loro caratteristiche peculiari sono, infatti, da un lato una rapida attivazione dell effetto anticoagulante e dall altro un altrettanto rapida cessazione dello stesso, là ove necessario, come ad esempio nel caso di preparazione ad interventi di chirurgia. La somministrazione di dosi fisse dei farmaci è utile ad evitare oscillazioni dell efficacia in termini di effetto anticoagulante ed evita la necessità del prelievo di sangue periodico; infine, la minima interazione con alimenti e/o altri farmaci rende ancora più favorevoli le loro caratteristiche farmacocinetiche e farmacodinamiche (Tabella 10) 33. Essi, in base al loro meccanismo d azione, possono essere divisi in due grandi gruppi: inibitori diretti della trombina come il dabigatran e inibitori diretti del FXa quali rivaroxaban, apixaban ed edoxaban. 4.2 Dabigatran È un inibitore diretto della trombina. Gli inibitori diretti della trombina sono piccole molecole sintetiche che si legano ai siti attivi della trombina inibendo sia la trombina libera sia quella legata al coagulo 34,35. Il blocco diretto della trombina è un meccanismo strategico estremamente favorevole in quanto costituisce lo step finale della cascata coagulativa. La trombina infatti gioca un ruolo centrale come proagulante favorendo la conversione del fibrinogeno in fibrina attivando gli altri substrati (fattore V, VIII, XI, XIII) ed attivando i recettori proteasi attivi delle piastrine che mediano l aggregazione piastrinica 36. Il dabigatran produce una risposta anticoagulante prevedibile, in quanto si lega direttamente ai siti attivi della trombina e solo minimamente alle proteine plasmatiche Assorbimento e distribuzione Dabigatran etexilalato è un pro-farmaco lipofilo; viene assorbito rapidamente e rapidamente convertito nel suo metabolita attivo, dabigatran, attraverso un meccanismo di idrolisi esterasi-catalizzata negli enterociti, nel fegato e nella vena porta. Il picco di concentrazione plasmatica (C max ) viene raggiunto entro 2h dalla somministrazione Metabolismo Dabigatran etexilato è metabolizzato attraverso coniugazione ed idrolisi plasma-mediata che determinano la conversione nella sua forma attiva, il dabigatran 38, Escrezione L escrezione renale è la principale via di eliminazione; l 80% dell eliminazione totale di dabigatran avviene attraverso il rene. La rimanente quantità di farmaco è escreta principalmente con la bile. La riduzione della funzione renale aumenta la disponibilità del farmaco e prolunga la sua emivita di circa 12-17h; i pazienti con insufficienza renale moderata (CrCl ml/min) Tabella 9. Meccanismo d azione e principali caratteristiche farmacologiche dei nuovi anticoagulanti orali. Dabigatran Rivaroxaban Apixaban Edoxaban Target Fattore IIa (trombina) Fattore Xa Fattore Xa Fattore Xa Raggiungimento dose di picco (h) Profarmaco Sì No No No Metabolismo tramite CYP No 32% 15% <4% Trasporto P-gp P-gp P-gp P-gp Biodisponibilità (%) Assorbimento con cibi Nessun effetto +39% Nessun effetto +6-22% Assunzione con i cibi Con o senza cibo Con o senza cibo, preferibilmente durante i pasti Con o senza cibo Con o senza cibo Legame alle proteine (%) Emivita (h) (BD) 7-11 (QD/BD) 8-15 (BD) (QD) Escrezione renale (%) Assorbimento con H 2 B/PPI % No No No Tollerabilità GI Dispepsia (5-10%) Nessun effetto Nessun effetto Nessun effetto BD, due volte al giorno; CYP, citocromo P450; GI, gastrointestinale; H 2 B, H 2 -antagonisti; P-gp, P-glicoproteina; PPI, inibitori di pompa protonica; QD, una volta al giorno. 42S

15 Uso dei NAO nella tromboembolia polmonare Tabella 10. Principali interazioni farmacologiche dei nuovi anticoagulanti orali. Farmaci Apixaban Dabigatran Edoxaban Rivaroxaban Controindicati o sconsigliati Indicazione alla dose ridotta del NAO Interazione ma non indicato adeguamento dose NAO a Nessun effetto o interazione minore Non dati disponibili Rifampicina Inibitori proteasi HIV Itraconazolo Ketoconazolo Posaconazolo Voriconazolo Carbamazepina Fenobarbital Fenitoina Erba S. Giovanni Dronedarone Rifampicina Inibitori proteasi HIV Itraconazolo Ketoconazolo Posaconazolo Voriconazolo Ciclosporina Tacrolimus Carbamazepina Fenobarbital Fenitoina Erba S. Giovanni Dronedarone Inibitori proteasi-hiv Rifampicina Carbamazepina Fenobarbital Fenitoina Erba S. Giovanni Verapamil Claritromicina Eritromicina Itraconazolo Ketoconazolo Posaconazolo Voriconazolo Ciclosporina Tacrolimus Dronedarone Diltiazem PPI Atorvastatina Claritromicina Eritromicina Fluconazolo Ciclosporina Tacrolimus Amiodarone Digossina Chinidina Verapamil Claritromicina Eritromicina Amiodarone Chinidina PPI Atorvastatina Digossina Diltiazem Fluconazolo Verapamil Amiodarone Chinidina Digossina Atorvastatina PPI Fluconazolo Diltiazem Rifampicina Inibitori proteasi HIV Itraconazolo Ketoconazolo Posaconazolo Voriconazolo Carbamazepina Fenobarbital Fenitoina Erba S. Giovanni Dronedarone Claritromicina Eritromicina Fluconazolo Amiodarone Digossina Atorvastatina PPI Diltiazem Verapamil Ciclosporina Tacrolimus Chinidina NAO, nuovi anticoagulanti orali; PPI, inibitori di pompa protonica. a in presenza di 2 o più farmaci in questa categoria, o se 1 farmaco ma in associazione a età 75 anni o peso 60 kg o clearance della creatinina 50 ml/min, considerare terapia convenzionale (non ci sono dati su efficacia e sicurezza dei NAO nella terapia del tromboembolismo venoso eccetto per apixaban 2.5 mg bid nella terapia estesa ed edoxaban 30 mg/die in monosomministrazione). Adattata da Heidbuchel et al. 33. hanno mostrato un aumento dell area sotto la concentrazione plasmatica-tempo (AUC) di 3.1 volte a paragone con i soggetti sani, mentre i pazienti con insufficienza renale severa hanno un incremento di 6.6 volte rispetto ai sani; nei pazienti con insufficienza renale severa la somministrazione di dabigatran è pertanto controindicata (CrCl <30 ml/min) 40. Non vi sono studi riguardanti l assunzione di dabigatran nei soggetti sottoposti a dialisi, tuttavia è dimostrato che la dialisi rimuove il 65% del farmaco 40. La farmacodinamica di dabigatran non viene condizionata da età, sesso o moderata insufficienza epatica (Child-Pugh 2B); non è stata dimostrata la necessità di aggiustamenti della dose di somministrazione per pazienti con insufficienza epatica; tuttavia pazienti con severa insufficienza epatica sono stati esclusi dagli studi Interazioni Dabigatran evita parecchie interazioni farmacologiche potenziali in virtù del suo mancato legame con il citocromo P450 (CYP450). Tuttavia dabigatran interferisce fortemente con il sistema di trasporto intracellulare della P-glicoproteina (P-gp). Si tratta di un sistema di trasporto molecolare di sostanze 43S

16 I Enea et al fra l interno della cellula e l ambiente esterno. Tale sistema è ampiamente rappresentato nel tessuto gastrointestinale, nel cervello, nel rene e nel fegato ed agisce come una pompa di efflusso che previene l accumulo di sostanze estranee all interno delle cellule. I farmaci che inibiscono il sistema di trasporto della P-gp determinano un aumento dell assorbimento dei substrati e conseguentemente un incremento dell AUC e della C max del dabigatran; viceversa, farmaci che ne stimolano una aumento di attività causano una riduzione della quota di dabigatran disponibile 42. Studi appositi hanno dimostrato che il 42% dei pazienti ospedalizzati per fibrillazione atriale assumono farmaci che interferiscono con la P-gp. Digossina ed atorvastatina presentano una interazione irrilevante, mentre la contemporanea somministrazione di rifampicina, potente induttore, causa una riduzione dell AUC di dabigatran pari al 65% ed una riduzione della C max pari al 67%, mentre la contemporanea somministrazione di ketoconazolo, potente inibitore, causa un aumento dell AUC di dabigatran pari al 130% ed un incremento della C max pari al 150%. L associazione fra questi farmaci e dabigatran andrebbe pertanto evitata. La contemporanea somministrazione di verapamil, altro inibitore del sistema P-gp provoca un aumento dell AUC e della C max variabile in funzione della formulazione farmacologica e del tempo di somministrazione. Il verapamil andrebbe somministrato 2h dopo l assunzione di dabigatran. Altri inibitori del sistema P-gp sono l amiodarone, la claritromicina e la chinidina 43, Gli inibitori del fattore X attivato L azione del FXa si espleta attraverso un legame di quest ultimo con il fattore Va. Tale azione avviene sulla superficie delle piastrine attivate dando luogo al complesso protrombinico attivato; quest ultimo a sua volta induce la conversione della protrombina in trombina. Gli inibitori del FXa si legano selettivamente e reversibilmente in maniera diretta al sito attivo del FXa e bloccano l interazione con il suo substrato e in definitiva l effetto finale della produzione della trombina 34. Gli inibitori diretti del FXa agiscono bloccando sia il FXa libero, sia quello incorporato all interno del complesso protrombinico. Il blocco del FXa ha parecchi vantaggi teorici: la produzione della trombina è inibita sia dalla via intrinseca che da quella estrinseca dato che il FXa è collocato nel punto di convergenza delle due vie di attivazione. Bloccando la coagulazione a livello più prossimale nella cascata coagulativa si previene il meccanismo di amplificazione della produzione della trombina che si verifica più a valle; in tal modo potrebbe essere necessaria una quantità minore di farmaco capace di indurre l inibizione, a paragone della quantità richiesta per l inibizione diretta della trombina. Inoltre, evitando direttamente l inibizione della trombina si garantisce che residui di molecole di trombina sfuggano alla neutralizzazione, con conseguente facilitazione nel meccanismo dell emostasi e incremento del profilo di sicurezza del farmaco, evitando così effetti sfavorevoli mostrati dagli inibitori diretti della trombina 34. Le caratteristiche farmacologiche e farmacodinamiche degli inibitori del FXa sono brevemente esaminate qui di seguito Rivaroxaban Rivaroxaban è un inibitore orale diretto ed altamente selettivo del FXa. Esso inibisce sia il FXa libero, sia legato alla fibrina, che il complesso della protrombinasi (fattore Va + fosfolipidi + calcio + FXa), con conseguente inibizione della formazione di trombina 34. Viene metabolizzato a livello epatico, l emivita è di 5-13h 34,45. L inibizione del FXa è dipendente dalle concentrazioni del farmaco. Il suo metabolismo avviene attraverso il CYP450 (3A4); è inoltre anche substrato della P-gp. Pertanto, l uso concomitante di potenti inibitori del sistema CYP3A4 e P-gp come gli antimicotici azoli e gli inibitori della proteasi dell HIV è fortemente sconsigliato. La concomitante somministrazione di ketoconazolo produce un incremento clinicamente rilevante della concentrazione media del rivaroxaban e della C max di 2 volte; allo stesso modo un aumento dell AUC e della C max si verifica quando il ritonavir viene somministrato con il rivaroxaban 44. Viceversa, la contemporanea somministrazione di sostanze con capacità di induttori del CYP3A4 o del sistema P-gp, come la rifampicina, causano una diminuzione di circa il 50% della concentrazione plasmatica di rivaroxaban e pertanto andrebbe evitata 46. Come per tutti gli anticoagulanti, è necessaria una particolare vigilanza nel caso di concomitante uso di altri anticoagulanti o di antipiastrinici, ponendo attenzione al possibile potenziamento degli effetti antitrombotici Apixaban È un altra piccola molecola, inibitore reversibile del FXa; mostra una farmacocinetica lineare e produce prolungamenti concentrazione-dipendenti dei parametri coagulativi PT e aptt 47,48. Similmente al rivaroxaban, l attività anti-fxa mostra una correlazione lineare con la concentrazione plasmatica di apixaban; il massimo di inibizione raggiunto è con il picco di C max ; ha un basso volume di distribuzione dovuto principalmente al fatto che è legato per l 87% alle proteine plasmatiche. La biodisponibilità di apixaban non è influenzata dal cibo e può essere assunto indifferentemente con o senza cibo 48. L emivita plasmatica è di circa 12h con una eliminazione attraverso due meccanismi: il 25% è escreto attraverso la via renale e il rimanente attraverso la via epatobiliare e le feci. L insufficienza renale non ha effetti sulla C max, tuttavia la sua AUC aumenta con il peggiorare della funzione renale. Un AUC del 16% in pazienti con CrCl tra 51 ed 80 ml/min aumenta fino al 44% se la CrCl è di 30 ml/min. Pertanto è raccomandato di non somministrare apixaban a pazienti con insufficienza renale e CrCl 30 ml/min ed in pazienti in dialisi 47. Apixaban non è raccomandato in pazienti con severa insufficienza epatica; prudenza è raccomandata in pazienti con leggera o moderata insufficienza epatica (Child-Pugh A e B); tuttavia in questi casi non è necessario alcun aggiustamento del dosaggio 48,49. Viene metabolizzato mediante i citocromi P3A4 e P450 ed è substrato della P-gp 47. L uso concomitante di farmaci potenti inibitori del CYP3A4 ed inibitori della P-gp, come taluni azoli antimicotici o inibitori della proteasi, non è raccomandato. La contemporanea monosomministrazione giornaliera di ketoconazolo determina un aumento di 1.5 volte della concentrazione di apixaban Edoxaban Similmente al rivaroxaban e all apixaban, edoxaban si lega selettivamente ai siti attivi del FXa con affinità volte superiore per il FXa e nessun effetto inibitore sul fattore VIIa e su attivatore tissutale del plasminogeno (tpa), plasmina o tripsina 51. La produzione della trombina è significativamente 44S

17 Uso dei NAO nella tromboembolia polmonare ridotta a partire dalla quinta ora dalla somministrazione. Il picco di inibizione del FXa si ha 1.5h dopo la somministrazione del farmaco e rientra ai valori di base dopo 12h. Dopo la somministrazione orale di edoxaban si raggiunge rapidamente la C max entro 1-2h; la sua biodisponibilità orale è del 45%; è eliminato in maniera immodificata attraverso multiple vie di eliminazione con una quota di circa il 50% eliminata per via renale. Il suo tempo di dimezzamento è di 9-11h 34,52. Edoxaban può essere rimosso con la dialisi legandosi solo in minima parte alle proteine plasmatiche 53. Può essere somministrato senza alcuna relazione con i pasti; la co-somministrazione con cibo altamente grasso produce solo minimi e clinicamente irrilevanti variazioni della biodisponibilità. Come altri NAO, anche edoxaban è un substrato della P-gp; pertanto è controindicato l uso di forti inibitori di questo sistema 54. Sintesi 1. I NAO, grazie alle loro caratteristiche farmacocinetiche e farmacodinamiche, mostrano elevata attività antitrombotica ed un altrettanto elevato profilo di sicurezza. La conoscenza di queste caratteristiche e delle differenze fra le singole molecole in termini di assorbimento e di eliminazione, nonché le diverse interazioni farmacologiche, risultano di fondamentale importanza ai fini di un loro corretto impiego clinico, per renderne ottimale l efficacia e minimizzare il rischio di sanguinamenti. 5. TERAPIA DELLA FASE ACUTA: I NUOVI ANTICOAGULANTI ORALI SONO TUTTI UGUALI? RASSEGNA DEGLI STUDI CLINICI Ai NAO si riconosce ormai un ruolo nel trattamento dell EP: i pazienti ne reclamano la facilità d uso e la letteratura scientifica dà risposta positiva al quesito sulla loro efficacia e sicurezza. Questa sezione è volta ad analizzare i diversi farmaci a disposizione, gli inibitori del FXa (apixaban, rivaroxaban ed edoxaban) e della trombina (dabigatran), farmaci rapidi nell azione, con farmacocinetica e farmacodinamica ben definite, liberi dalla necessità del controllo dello stato coagulativo. Se ne fa una rassegna degli studi clinici, tentando una comparazione tra i farmaci, una comparazione giocoforza indiretta, mancando studi dove i NAO si siano contrapposti tra loro. 5.1 Introduzione L EP è frequente 55,56 e sfugge spesso a una diagnosi di certezza 57, tanto che, nella saga degli errori medici, la malattia non ha rivali 56 : il sospetto stenta a farsi sentire, le anamnesi sono frettolose, si dà troppo conto a diagnosi competitive e ingannevoli, la lettura degli esami impiegati per la diagnosi stessa è inesatta, e così via. L EP è stata per anni una malattia orfana, frutto di una ricerca che non trovava risorse per affrontare i temi chiave della patologia. Di recente, lo sviluppo dei NAO 1,9 sembra averle donato genitori adottivi, volti però a darle un educazione cortese, non aggressiva come si vorrebbe per una delle patologie a maggior mortalità tra quelle ricoverate nelle aree di terapia intensiva, sia cardiologica che generale 17,58 : una revisione della mortalità nei pazienti critici ricoverati nelle aree statunitensi di terapia intensiva mostra infatti come, a fronte di un chiaro beneficio della trombolisi, ci sia stato un calo nel suo impiego 17. La rinuncia alla trombolisi dovrebbe mettere in moto strategie alternative (trombectomia percutanea o chirurgica), ma ciò non avviene se non in rari casi e in modo del tutto disomogeneo tra le strutture ospedaliere 15. Comunque sia, la terapia anticoagulante è e rimane il cardine terapeutico del TEV, visto che la percentuale di pazienti ad alto rischio (o a rischio intermedio-alto) è parte modesta della casistica delle EP: le EBPM, l eparina non frazionata e il fondaparinux sono raccomandati nella prevenzione 59 e si associano agli AVK a fondamento della terapia del tromboembolismo acuto 60,61. Ecco ora inserirsi in questi ruoli i NAO, gli inibitori del FXa (apixaban, rivaroxaban ed edoxaban) e della trombina (dabigatran): rapidi nel mostrarsi attivi, con farmacocinetica e farmacodinamica ben chiare, confortevoli perché liberi dalla necessità del controllo della coagulazione (l INR, il titulus crucis dell anticoagulato), farmaci che beneficiano dell assunzione col cibo, per la felicità di un paziente che, a causa dell EP, tanto felice non sarà. I NAO sono stati confrontati con la terapia anticoagulante tradizionale in diversi trial di TEV acuto. In questi studi, l outcome principale di efficacia è stato un combinato di recidiva di TEP sintomatica e/o morte ad essa conseguente, mentre l outcome principale di sicurezza è stata l incidenza di emorragie maggiori o non maggiori clinicamente rilevanti, fatta eccezione per lo studio di apixaban, che ha considerato soltanto i sanguinamenti maggiori. Tutti i trial hanno confermato la non inferiorità dei NAO rispetto alla terapia standard in termini di efficacia con un beneficio tangibile in termini di sicurezza. Di seguito, e in ordine cronologico rispetto alla pubblicazione dei trial, ne analizziamo i risultati essenziali, ricordando che negli studi con rivaroxaban e apixaban l eparina, nel braccio del NAO, non è stata somministrata o è stata utilizzata per meno di 48h realizzando il cosiddetto single drug approach, mentre negli studi con dabigatran ed edoxaban l approccio è stato quello di dare il NAO sempre e solo dopo un periodo di alcuni giorni di trattamento parenterale con le eparine, come si era soliti fare quando si disponeva dei soli AVK. 5.2 Studi RE-COVER (dabigatran) Efficacia Negli studi RE-COVER I 1 e II 2 è stata dimostrata la non inferiorità del dabigatran al dosaggio di 150 mg bid rispetto alla terapia standard, eparina e warfarin. In entrambi gli studi la terapia, sia con dabigatran che standard, è stata preceduta da almeno 5 giorni di terapia parenterale. Nel primo studio l incidenza di recidiva sintomatica di TEV e di EP fatali è stata del 2.4% per il dabigatran e del 2.1% per la terapia tradizionale (p<0.001). Nel RE-COVER II si conferma l efficacia del dabigatran rispetto alla terapia standard (2.3 vs 2.2%; p<0.001). L analisi combinata dei due studi 2 ne dà ulteriore conferma, con incidenze di ricorrenza di TEV o di EP fatali di 2.4% e 2.2% rispettivamente per dabigatran e terapia standard (p<0.001) Sicurezza Nel RE-COVER I 1, l incidenza di emorragia maggiore è risultata analoga nei due gruppi (1.6% con dabigatran e 1.9% con terapia standard). La somma dei sanguinamenti maggiori e dei sanguinamenti non maggiori clinicamente rilevanti è minore nel gruppo trattato con dabigatran (5.6 vs 8.8%), con una forte significatività statistica (p=0.002). Tra i pazienti trattati con dabigatran non si sono osservati sanguinamenti intracranici (0/1274), eventi comunque rari anche con la terapia 45S

18 I Enea et al standard (3/1265). Per i sanguinamenti fatali non c è stata alcuna differenza (un solo paziente per gruppo), così come per la necessità di trasfusioni (1.6% dabigatran vs 1.4% terapia standard). Tuttavia, il dabigatran ha prodotto più emorragie gastrointestinali (53 vs 35 casi) e più interruzioni di terapia per eventi avversi (9.0 vs 6.8%, p=0.05). Quest ultima tendenza non è stata però confermata dalla successiva analisi combinata dei due studi RE-COVER 2. Tra gli effetti avversi, la dispepsia è risultata fortemente associata all uso di dabigatran (2.9 vs 0.6%, p<0.001). Il RE-COVER II 2 conferma la sicurezza della terapia con dabigatran: l incidenza di emorragia maggiore è stata dell 1.2% con dabigatran e dell 1.7% con warfarin, differenza che non ha tuttavia raggiunto la significatività statistica. L analisi combinata dei due trial 2, infine, ha mostrato percentuali minori di emorragie totali (16.1 vs 22.2%), emorragie maggiori (1.4 vs 2.0%) ed emorragie maggiori e non maggiori ma clinicamente rilevanti (5.3 vs 8.5%) nel gruppo di pazienti trattati con dabigatran. 5.3 Studi EINSTEIN (rivaroxaban) Efficacia Così come nell EINSTEIN-DVT 4 il rivaroxaban, al dosaggio di 15 mg bid per 3 settimane seguito da 20 mg/die in pazienti con TVP prossimale e senza EP, si dimostrava efficace tanto quanto la terapia standard (enoxaparina più AVK) nella riduzione dell incidenza di TEV (2.1 vs 3.0%, p<0.001), nello studio EINSTEIN-PE 5, effettuato questa volta in pazienti con EP con o senza TVP, il farmaco ha ribadito la propria efficacia rispetto alla terapia standard (2.1 vs 1.8%, p=0.003). Anche l analisi combinata dei dati dei due trial 62 conferma la non inferiorità del rivaroxaban rispetto alla terapia convenzionale (2.3 vs 2.1%, p<0.001) Sicurezza Nell EINSTEIN-DVT 4 l incidenza di sanguinamenti maggiori e non maggiori clinicamente rilevanti risultava identica tra i due bracci, con una percentuale dell 8.1%. Nell EINSTEIN-PE 5 si sono riscontrate incidenze paragonabili di emorragie maggiori o non maggiori clinicamente rilevanti (10.3% per il rivaroxaban vs 11.4% per la terapia standard, p=0.23); tuttavia, nel gruppo di pazienti trattati con rivaroxaban, sono stati osservati meno sanguinamenti maggiori (riduzione del rischio relativo [RRR] 50%, p=0.003). Il farmaco si è poi mostrato capace di ridurre l incidenza di sanguinamento laddove più lo si teme, ovvero in siti critici come l intracranico e il retroperitoneale (casi fatali 2 vs 3, casi non fatali in sito critico 7 vs 26). Sebbene l incidenza di emorragia sia risultata complessivamente simile, l analisi combinata dei due trial 62 mostra un RRR del 41% di sanguinamento maggiore nel gruppo trattato con rivaroxaban (1.0 vs 1.7%, p=0.002), con pochi casi di sanguinamento fatale (3 vs 8 casi) o non fatale in siti critici (10 vs 27 casi). 5.4 Studio AMPLIFY (apixaban) Efficacia I risultati dell AMPLIFY 6 mostrano come l apixaban, alla dose di 10 mg bid per 1 settimana seguito da 5 mg bid, sia comparabile alla terapia tradizionale (in questo caso enoxaparina seguita da warfarin) nella riduzione delle recidive di TEV sintomatico (incidenze di recidiva rispettivamente del 2.3 vs 2.7%, p<0.001) Sicurezza Ottimi sono i risultati sul profilo della sicurezza di apixaban 6 : sia la riduzione di sanguinamenti maggiori (0.6 vs 1.8%, RRR 67%) che la riduzione totale di sanguinamenti maggiori e non maggiori clinicamente rilevanti (4.3 vs 9.7%, RRR 56%) si sono mostrate fortemente significative a favore di apixaban (p<0.001). Anche in questo caso, nel gruppo di pazienti trattati con apixaban si sono verificati meno episodi di sanguinamento in siti critici (1 vs 2 episodi fatali, 4 vs 14 episodi non fatali in sito critico). 5.5 Studio Hokusai-VTE (edoxaban) Efficacia I dati dell Hokusai-VTE 9 sull edoxaban, al dosaggio di 60 mg/ die (30 mg nei pazienti con CrCl ml/min o con peso 60 kg), dimostrano la non inferiorità rispetto alla terapia convenzionale (eparina e warfarin) nel ridurre gli episodi di TEV o di morte ad essa correlata (3.2 vs 3.5%, p<0.001) Sicurezza Su questo versante, l edoxaban mostra una chiara riduzione degli eventi emorragici: la sua superiorità nel ridurre i sanguinamenti maggiori o non maggiori clinicamente rilevanti (8.5 vs 10.3%, RRR 17%) è statisticamente significativa (p=0.004). Anche in questo caso i sanguinamenti fatali o in siti critici si sono verificati meno frequentemente nei pazienti in terapia con edoxaban (2 vs 10 episodi fatali, 13 vs 25 non fatali in sito critico). 5.6 Pazienti fragili e pazienti poco rappresentati negli studi I benefici dei NAO, nei diversi studi, sono stati confermati anche nei pazienti più fragili, ovvero gli anziani, i pazienti con insufficienza renale, con malattia neoplastica, con scompenso cardiaco e così via. L efficacia del dabigatran è confermata nei pazienti con più di 75 anni e in quelli con insufficienza renale, mentre non vi sono dati circa la sicurezza in tali gruppi 1,63. Anche il rivaroxaban si mostra efficace nei pazienti fragili, così definiti per età 75 anni, CrCl 50 ml/min, peso 50 kg, così come nei pazienti neoplastici o con TEV estesa. Nei pazienti fragili, la RRR per i sanguinamenti maggiori è stata considerevole (71%) 62,63. La sicurezza dell apixaban è provata negli ultrasettantacinquenni, nei pazienti con EP più estesa (coinvolgimento di almeno 2 lobi e del 50% della vascolarizzazione di ciascun lobo) e nei pazienti con un peso >100 kg. Allo stesso modo ne è stata provata l efficacia nei vari sottogruppi 5,62. L edoxaban dimostrerebbe una particolare validità in pazienti con disfunzione ventricolare destra: tale disfunzione, stranamente espressa solo in questo trial e non in altri, è peraltro definita come la presenza di livelli di NT-proBNP >500 pg/ml, anche se poi, in discussione, gli autori sostengono che risultati simili sono stati osservati tra i pazienti con disfunzione ventricolare destra descritta dalla TC polmonare, analisi quest ultima effettuata solo in 1002 dei complessivi 3319 pazienti con EP 9. Analoga efficacia si registra nei pazienti con più di 75 anni, in quelli con CrCl ml/min e con peso 50 kg. Sul versante della sicurezza, il farmaco si è dimostrato migliore rispetto alla terapia standard nel ridurre i sanguinamenti maggiori e i non maggiori clinicamente rilevanti proprio nei pazienti di peso 60 kg 9,63. 46S

19 Uso dei NAO nella tromboembolia polmonare Una recente metanalisi 64 ribadisce come i NAO, nello specifico dabigatran, rivaroxaban, apixaban ed edoxaban, in un contesto tanto complesso come quello dell insufficienza renale, mantengano i loro profili di efficacia e sicurezza, e dove la malattia del rene, nella propria gravità, riesca a influenzarne negativamente soltanto la sicurezza ma non l efficacia. Va sottolineato come la suddetta metanalisi abbia raccolto tutti i pazienti studiati con i NAO, in qualsiasi situazione clinica, sia di TEV che di tromboembolismo arterioso: per questa ragione l informazione altro non può dare che un generico, seppur valido, sostegno alla bontà dei NAO, ma non aiuta certo a districarci nei diversi percorsi prescrittivi. Analogamente, non si potrà ancora far chiarezza sull uso dei diversi NAO nei pazienti poco rappresentati negli studi, primi tra tutti i pazienti neoplastici, presenti in percentuali assolute (DVT e/o EP) che vanno dal 2.7% dell AMPLIFY 6 al 9.4% dell Hokusai-VTE 9 : il numero complessivo di tali pazienti, ma con EP, arruolati nei trial raggiunge quasi il migliaio (357 nell Hokusai-VTE, 221 nei due RE-COVER, 143 nell AM- PLIFY e 223 nell EINSTEIN-PE). In ognuno dei trial, la recidiva di TEV tendeva ad essere minore nei pazienti in terapia con i NAO rispetto a quelli trattati con la terapia standard (solo l AMPLIFY non riporta i dati) 65. Esiste un analisi combinata degli studi EINSTEN dei sottogruppi di pazienti con neoplasia 66 che senz altro incoraggerà lo sviluppo della ricerca in tali pazienti, dove rivaroxaban si dimostra altrettanto efficace ma più sicuro rispetto alla terapia tradizionale (recidiva di TEV 5 vs 7%, emorragie maggiori 2 vs 5%). Anche i pazienti con concomitante malattia coronarica, e quindi con antiaggregazione in corso, sono poco rappresentati negli studi clinici: al massimo raggiungono il 16.6% nella popolazione dell EIN- STEIN-PE 5. Non sembra ci siano differenze in termini di efficacia rispetto alla terapia standard, ma non si può negare che l età dei pazienti (in media più giovani di più di 10 anni rispetto a quanto mostri il mondo reale dell EP 11 ) possa aver inciso favorevolmente sul versante della sicurezza. 5.7 Confronto tra i farmaci È difficile dare un indicazione sulla preferenza dell uno rispetto all altro dei NAO nell acuzie della malattia embolica polmonare. Alcune metanalisi 63,67 tentano di compararne l efficacia e la sicurezza, ma giungono a risultati che non si possono considerare in alcun modo conclusivi. Se si analizzano i profili dei pazienti arruolati nei differenti trial, si scopre infatti quanto diversi siano il grado di impegno emodinamico dell EP sofferta, la definizione della sua estensione anatomica, del grado di disfunzione ventricolare destra, la sua stessa genesi (provocata o non provocata), le comorbilità presenti e l approccio terapeutico applicato (single drug approach o approccio standard), per non parlare della tipologia di studio (in aperto vs doppio cieco). Sono queste le ragioni che frenano il giudizio su quale sia il nuovo farmaco da preferire. Gli outcome primari di non inferiorità per l efficacia e quelli di sicurezza sono stati brillantemente raggiunti da tutti: non c è variazione sostanziale in termini di endpoint di efficacia (dal 2.1% di TEV sintomatica, fatale e non fatale, del rivaroxaban nell EINSTEIN-PE al 3.2% dell edoxaban), di recidiva sintomatica non fatale di EP (dallo 0.5% del RE-COVER II all 1.2% dell edoxaban) e di sanguinamenti maggiori (dallo 0.6% dell apixaban all 1.6% del RE-COVER I) 1,9. Se i sanguinamenti maggiori sono stati definiti in modo univoco, ricorrendo alla classificazione dell International Society on Throm- bosis and Haemostasis 68 ed a quella, praticamente identica, utilizzata dallo studio van Gogh, per i trial EINSTEIN 69, per i sanguinamenti minori sono probabilmente le stesse definizioni responsabili dell ampia variazione degli eventi 65 (dal 3.8% dell apixaban al 9.5% del rivaroxaban nell EINSTEIN-PE): soltanto negli studi RE-COVER I e II la definizione dei sanguinamenti minori è abbastanza chiara, includendo le emorragie che hanno richiesto ospedalizzazione e/o la chirurgia e trasfusioni di <2 U di sangue intero o di globuli rossi 1,2. Tutti gli altri trial hanno invece chiamato minore il sanguinamento che non soddisfa i criteri del maggiore, ma che richieda comunque un attenzione clinica 4,9. La praticità d uso potrebbe fare la differenza: rivaroxaban e apixaban offrono il vantaggio di non richiedere una terapia parenterale preliminare, anche se il loro dosaggio deve essere aggiustato dopo una (apixaban) oppure 3 settimane (rivaroxaban), tempi di un iniziale anticoagulazione intensiva utile ad evitare le recidive emboliche osservate in precedenti studi 69,70 (non va dimenticato che molti pazienti hanno comunque ricevuto un anticoagulazione per via parenterale per almeno 2-3 giorni prima della randomizzazione, anche se è poco probabile che ciò abbia inciso sul risultato dei trial). Il single drug approach può quindi essere inteso come un opportunità per la dimissione rapida, magari immediata, del paziente, ma non per identificare il farmaco da preferire nel paziente con EP. E a proposito di dimissioni immediate, come non porsi alcune domande? La valutazione clinica e strumentale del paziente non rischia forse di essere in questo modo un po precipitosa? La fase intensiva preliminare e l aggiustamento successivo del dosaggio non richiedono tempo per organizzare il follow-up del paziente? È forse possibile chiudere il cerchio della definizione del rischio in un singolo passaggio di pronto soccorso? Bastano gli score PESI o spesi a garanzia di questo processo? Chi ha analizzato la bontà predittiva di questi score in analisi post-hoc in trial sui NAO evoca la prudenza, dicendo che i pazienti a basso rischio così identificati andranno comunque trattati in a clinical decision unit or by a closely monitored outpatient strategy 71. Anche le linee guida suggeriscono la possibilità di trattare ambulatoriamente questi pazienti, e sempre mediante una strategia di stretto monitoraggio 10,60 : ma quanto è fattibile l immediata programmazione di questo stretto monitoraggio? E poi, perché rischiare di privarsi del tempo per riflettere sulla certezza della diagnosi della malattia embolica? Quante volte il suo riscontro è casuale, durante lo screening di altre patologie, e quante volte si evidenzia una malattia minima, una malattia che rischia di mettere in moto un anticoagulazione sine die se non si dà il tempo al dubbio di affiorare? Una dimissione troppo rapida non può forse esagerare i nostri errori? Si è spinti ad andar di corsa, tanto che anche per i farmaci la cui somministrazione deve essere preceduta dall anticoagulante per via parenterale si dà risalto all assenza di differenze negli outcome di efficacia e sicurezza quando i pazienti venivano stratificati in base alla durata della terapia parenterale stessa 9 ci si riferisce all edoxaban, mentre non ci sono dati per il dabigatran, cui si concede la riduzione del dosaggio a 110 mg bid nei pazienti di età 80 annioppure in quelli in terapia con verapamil 10. Come trascurare poi il fatto che i pazienti arruolati nei trial sono ben più giovani (in media 56 anni) 1,9 rispetto a quelli che incontriamo nella comune pratica clinica (media 70 anni) 14? La conferma nel mondo reale delle osservazioni 47S

20 I Enea et al dei trial sui NAO nell EP sarà probabilmente più difficile di quanto stia avvenendo per gli stessi farmaci nella fibrillazione atriale. Infine, capovolgendo il discorso, in situazioni in cui non si sia da subito certi di esser di fronte a un paziente con EP a basso rischio (e non è sempre facile esserlo), perché rinunciare a una prudente osservazione, magari per evitare di trovarci nell imbarazzo di dover ricorrere a una terapia trombolitica o ad una strategia invasiva quando il paziente ha in corpo un NAO, farmaco che prevedeva l esclusione della trombolisi o del invasività per poter esser dato? Sintesi 1. I NAO rappresentano fin d ora qualcosa di più che una semplice alternativa allo standard nel trattamento dei pazienti con EP. Gli stessi pazienti di qui a poco li reclameranno 72,73, affascinati dalla loro facilità d uso, un uso che spetta a noi rendere saggio. Il medico infatti li prescriverà, ma solo dopo aver compreso, e senza affanni, il rischio della malattia, ciò che l ha causata e la vulnerabilità del paziente. Solo così, forte della propria consapevolezza, potrà disegnarne la soluzione terapeutica, che si vuole sapiente e niente affatto frettolosa. 6. QUAL È IL PAZIENTE TIPO PER LA TERAPIA CON I NUOVI ANTICOAGULANTI ORALI? I NAO forniscono una valida alternativa nel trattamento del TEV, tradizionalmente rappresentato dalla terapia anticoagulante parenterale a cui va embricato un trattamento anticoagulante a lungo termine mediante AVK. I NAO consentono di superare molte limitazioni pratiche della terapia con AVK, sia nella fase acuta, sia nel lungo termine, sia nella fase estesa della terapia del TEV come indicato nelle LG ESC 2014 per la diagnosi e il trattamento della embolia polmonare Tromboembolismo venoso: il peso epidemiologico Il TEV, che comprende due fenotipi clinici diversi, TVP ed EP, rappresenta una patologia frequente costituendo la terza causa di morte dopo la sindrome coronarica acuta e l ictus. L incidenza della TVP è di 1.5/1000/anno (0.15%) mentre l incidenza di EP è di 1/1000/anno (0.1%) ed inoltre l incidenza di TEV incrementa in modo esponenziale con l età per arrivare a 5/1000/anno (0.5%) nei soggetti di età >80 anni 11,74,75. È stato stimato che ogni anno si verificano circa 1.6 milioni di casi di TEV in Europa 11. La mortalità correlata al TEV risulta elevata: il 6% dei pazienti decede entro 30 giorni dal primo episodio di TVP per arrivare al 12% dei pazienti dopo un episodio di EP Inoltre, la ricorrenza di eventi è frequente: circa il 30% dei pazienti con primo episodio di TEV ha una recidiva entro 10 anni Temibili sono le complicanze a distanza del TEV 78 quali: sindrome post-trombotica degli arti inferiori, che si verifica nel 20-50% dei pazienti dopo un episodio di TVP e può determinare insufficienza severa delle vene profonde con ulcera; ipertensione polmonare cronica tromboembolica, che è associata ad elevata mortalità e morbilità (1% dei casi a 6 mesi, 3% ad 1 anno per arrivare quasi al 4% a 2 anni). Inoltre il TEV è in costante aumento per diversi motivi, fra i quali l allungamento della vita media, l incremento della chirurgia geriatrica e delle patologie traumatiche. La diagnosi del TEV rappresenta tuttora una sfida per il medico e per il sistema sanitario nel suo complesso: l esordio clinico è frequentemente subdolo ed elusivo e, così, rende difficoltosa una diagnosi precoce, critica per prevenire il danno embolico ed anche quello tardivo. Circa il 70-80% delle TVP decorre asintomatica; il 50% dei pazienti con TVP prossimale ha un EP asintomatica; il 10-20% delle TVP localizzate alla gamba si estende alle vene prossimali; e il 25-30% delle TVP prossimali è sintomatica Il paziente tipo per la terapia con i nuovi anticoagulanti orali nella fase acuta dell embolia polmonare La determinazione di quale paziente si possa giovare della terapia con i NAO nella fase acuta della TEP viene specificato dalle LG ESC Esse sottolineano come il trattamento dell EP differisca in base alla stratificazione del rischio di mortalità a breve termine che può essere suddiviso in alto rischio (>15%) e non alto rischio (<15%) 10,80. Dal punto di vista clinico l EP viene definita ad alto rischio in presenza di instabilità emodinamica cioè di shock od ipotensione (pressione arteriosa sistolica <90 mmhg o riduzione della pressione arteriosa sistolica 40 mmhg, per almeno 15 min, in assenza di cause scatenanti quali aritmie, ipovolemia o sepsi). Nei pazienti a non alto rischio per distinguere i pazienti a rischio intermedio da quelli a basso rischio si usa il PESI score nella forma originale o semplificata 81. Se lo score spesi è =0, il rischio è basso e non occorre eseguire il dosaggio della troponina o l ecocardiografia in pronto soccorso. Secondo le LG europee, se lo score è 1, occorre eseguire un esame ecocardiografico e dosare la troponina: qualora la troponina sia elevata e l ecocardiografia sia compatibile con EP, il paziente viene inquadrato nella fascia a rischio intermedio-alto; se invece un solo parametro è alterato o non lo sono entrambi, il paziente è definito a rischio intermedio-basso. Nel paziente con TEP in fase acuta, l approccio farmacologico con i NAO è possibile nei pazienti a rischio intermedio-basso e basso. Nei pazienti con disfunzione del ventricolo destro, per il rischio di dover ricorrere alla trombolisi, non vi è, ad oggi, indicazione all utilizzo dei NAO, sebbene esistano già delle esperienze cliniche in tal senso e, con un buon margine di sicurezza, si possa prospettare il loro utilizzo anche in questa tipologia di pazienti immaginando poi di poter usare una dose sicura di trombolitico 82 ; oppure, ove, dopo alcuni giorni di terapia a base di eparine, a un controllo ecocardiografico, vi sia una regressione della disfunzione ventricolare destra. 6.3 Dalla terapia della fase acuta alla terapia della fase prolungata nei pazienti a rischio intermedio-basso e basso La terapia tradizionale prevede che alla terapia della fase acuta anticoagulante parenterale mediante somministrazione di eparine (eparina sodica per via endovenosa, fondaparinux o EBPM) in genere per i primi 5-10 giorni segua una terapia anticoagulante orale mediante AVK a lungo termine. Poiché la terapia con AVK non induce un immediato effetto anticoagulante, per avere efficacia tale terapia deve essere iniziata in parallelo con il trattamento anticoagulante mediante eparine con uno stretto monitoraggio dell INR che deve essere continuato per almeno 5 giorni e fino a quando il valore di INR non 48S

21 Uso dei NAO nella tromboembolia polmonare si mantiene per almeno 24h sopra il valore di 2 con un range terapeutico compreso tra 2 e 3. Tale terapia viene raccomandata generalmente per 3 mesi 60. Sono da preferire le EBPM o il fondaparinux rispetto all eparina sodica in quanto associate ad un rischio inferiore di sviluppo di sanguinamenti maggiori e di trombocitopenia indotta da eparina (raccomandazione di classe I, livello di evidenza A). Invece l eparina sodica viene raccomandata nei pazienti con grave compromissione della funzione renale (CrCl <30 ml/min) o in caso di obesità di grado severo 83 (Figura 6). La terapia mediante AVK rappresenta da più di 50 anni il gold standard della terapia anticoagulante orale, fatta eccezione per i pazienti affetti da TEV e neoplasia dove si è dimostrata più efficace, nella prevenzione delle recidive di TVP o EP, EMBRICARE SUBITO VKA EBPM o Fondaparinux appena possibile ENF se alto rischio emorragico o CKD severa alterna va a VKA + Eparine: APIXABAN, RIVAROXABAN DABIGATRAN, EDOXABAN Classe LOE 1 A 1 C 1 B Figura 6. Indicazioni con la rispettiva classe di raccomandazione e livello di evidenza per la scelta della strategia iniziale del trattamento dell embolia polmonare a non alto rischio. CKD, insufficienza renale cronica (clearance della creatinina <30 ml/ min); EBPM, eparina a basso peso molecolare; ENF, eparina non frazionata; LOE, livello di evidenza; VKA, antagonisti della vitamina K. Modificata da Konstantinides et al. 10. l EBPM rispetto agli AVK 84. In questi pazienti, ed in particolar modo nei pazienti affetti da EP, il trattamento con EBPM si dovrebbe effettuare per 3-6 mesi (raccomandazione di classe IIa, livello di evidenza B). Nei pazienti a rischio intermedio-basso o basso i NAO rappresentati da apixaban, edoxaban, rivaroxaban (inibitori diretti del FXa) e dabigatran (inibitore diretto della trombina) sono stati valutati in confronto alla terapia convenzionale con AVK in 6 grandi studi di fase III per il trattamento del TEV: EIN- STEIN-DVT 4 ed EINSTEIN-PE 5 per il rivaroxaban, RE-COVER I 1 e II 2 per dabigatran, AMPLIFY 6 per apixaban ed Hokusai-VTE 9 per edoxaban. In questi studi il trattamento con i NAO ha dimostrato di essere efficace tanto quanto il trattamento con AVK (strategia usuale) nel prevenire episodi ricorrenti di TEV o EP fatale (definiti come endpoint primario di studio) mentre ha mostrato un incidenza simile o addirittura ridotta di sanguinamenti maggiori e/o sanguinamenti clinicamente rilevanti non maggiori (definiti come endpoint di sicurezza) rispetto al trattamento con AVK. Nella Tabella 6 sono riportate le caratteristiche principali, l efficacia e la sicurezza dei trial di fase III. In base ai criteri di inclusione e di trattamento dei pazienti arruolati negli studi suddetti, è possibile identificare due strategie di trattamento (Figura 7) Strategia double drug single dose Così come il trattamento anticoagulante orale mediante AVK, dabigatran ed edoxaban, in base al protocollo dei loro studi di validazione, possono essere somministrati solo dopo un trattamento anticoagulante parenterale di almeno 5 giorni. In particolare, dabigatran va somministrato alla dose di 150 mg bid ridotto a 110 mg bid nei pazienti di età 80 anni o in trattamento farmacologico concomitante con verapamil (raccomandazione di classe I, livello di evidenza B). Per quanto riguarda edoxaban il dosaggio raccomandato è di 60 mg/die ridotto a 30 mg/die per valori di CrCl compresi tra 30 e 50 ml/ min o per peso corporeo <60 kg o in trattamento farmacologico concomitante con verapamil (raccomandazione di classe 1 giorno 5 giorno 90 giorno Strategia Sospetto diagnostico di Embolia Polmonare EBPM o Fondaparinux o ENF EBPM o Fondaparinux o ENF VKA (mantenendo il targer dell INR a 2.5) Dabigatran 150 mg x 2 die (110 mg x 2 die per età 80 anni o verapamil) Edoxaban 60 mg die (30 mg die per Cl-Crea ml/min, peso < 60 Kg o verapami) Rivaroxaban 15 mg x 2 die x 3 settimane seguite da 20 mg die Apixaban 10 mg x 2 die x 7 giorni seguiti da 5 mg x 2 die Usuale Double Drug Single Dose Single Drug Double Dose Figura 7. Embolia polmonare acuta: possibili strategie di trattamento secondo le linee guida europee EBPM, eparina a basso peso molecolare; ENF, eparina non frazionata; VKA, antagonisti della vitamina K. Modificata da Konstantinides et al S

22 I Enea et al I, livello di evidenza B). Tale strategia di trattamento si può definire double drug single dose dove per double drug si intende la necessità di un duplice trattamento mediante anticoagulante parenterale e NAO, mentre per single dose si intende il mantenimento dello stesso dosaggio di NAO per i 90 giorni successivi. 6.5 Strategia single drug double dose Il rivaroxaban e l apixaban, in base al protocollo dei loro studi di validazione, possono essere somministrati fin da subito o dopo 1-2 giorni di terapia con un anticoagulante parenterale. Per il rivaroxaban il dosaggio iniziale è di 15 mg bid per le prime 3 settimane e successivamente dal dosaggio di 20 mg/die (raccomandazione di classe I, livello di evidenza B), mentre per l apixaban il dosaggio iniziale è di 10 mg bid per i primi 7 giorni e successivamente alla dose di 5 mg bid (raccomandazione di classe I, livello di evidenza B). Tale strategia di trattamento si può definire single drug double dose dove per single drug si intende la possibilità di trattamento della TVP o dell EP mediante il solo NAO senza l utilizzo dell anticoagulante parenterale, mentre per double dose si intende un dosaggio del NAO più alto nel primo periodo di trattamento (3 settimane per il rivaroxaban e 7 giorni per l apixaban) rispetto al periodo successivo fino a completare i 90 giorni di terapia. 6.6 Paziente in terapia con i nuovi anticoagulanti orali cui proseguire la terapia anticoagulante oltre i 3 mesi Le LG ESC 2014 forniscono anche le raccomandazioni relative a quale sia il paziente tipo che possa giovarsi dell estensione della terapia anticoagulante dopo i primi 3 mesi mediante AVK o NAO (Figura 8). Il prolungamento della terapia, oltre i primi 3 mesi, viene raccomandato dalle LG nei pazienti affetti da EP o TVP nei quali non si possa identificare un temporaneo e reversibile fattore di rischio per TEV (es. un intervento chirurgico, un trauma, l immobilizzazione, la gravidanza, l utilizzo di contraccettivi orali o di terapia ormonale sostitutiva) OAC ( VKA o NAO ) per 3 mesi se EP provocata OAC per ALMENO 3 mesi se EP non provocata OAC a lungo termine se EP non provocata a basso rischio di emorragia OAC a lungo termine se recidiva di EP NAO preferibili se trattamento a lungo termine Classe LOE 1 B 1 A 2 a B 1 B 2 a B Figura 8. Indicazioni con la rispettiva classe di raccomandazione e livello di evidenza per la durata del trattamento con i nuovi anticoagulanti orali nella prevenzione delle recidive di embolia polmonare. EP, embolia polmonare; NAO, nuovi anticoagulanti orali; OAC, terapia anticoagulante orale; VKA, antagonisti della vitamina K. Modificata da Konstantinides et al. 10. con un basso rischio di sanguinamento (raccomandazione di classe IIa, livello di evidenza B). Questi pazienti presentano, infatti, un rischio di recidiva molto più elevato (4.5% all anno) rispetto ai pazienti nei quali è presente un fattore di rischio temporaneo e reversibile (2.5%) 85. Sono inoltre candidati ad un trattamento anticoagulante prolungato i pazienti che hanno già avuto uno o più episodi di EP o TVP (in questo caso la durata della terapia diventa indefinita; raccomandazione di classe I, livello di evidenza B), i pazienti con trombosi residua nelle vene prossimali, i pazienti con disfunzione ventricolare destra che persiste al momento della dimissione, i pazienti affetti da sindrome da anticorpi antifosfolipidi, i pazienti affetti da trombofilia ereditaria omozigote 86. Prolungare la terapia anticoagulante oltre i primi 3 mesi espone sicuramente il paziente ad un aumentato rischio di insorgenza sia di sanguinamenti maggiori che di sanguinamenti non maggiori clinicamente rilevanti. Le LG raccomandano in corso di estensione della terapia anticoagulante di eseguire, ad intervalli regolari, una valutazione del rapporto tra il beneficio della riduzione della recidiva trombotica e il rischio di sanguinamento (raccomandazione di classe I, livello di evidenza C). Per la prevenzione delle recidive di TVP o EP è possibile utilizzare come trattamento anticoagulante prolungato i seguenti NAO: dabigatran, rivaroxaban ed apixaban. Il loro utilizzo è stato valutato in quattro studi di fase III riguardo al trattamento prolungato del TEV ad alto rischio di recidiva dove i pazienti con EP rappresentavano circa un terzo dell intera popolazione (Tabella 8): il RE-SONATE ed il RE-MEDY per il dabigatran 3, l EINSTEIN-Extension per il rivaroxaban 4 e l AM- PLIFY-Extension per l apixaban 7. Il dabigatran può essere utilizzato al dosaggio di 150 mg bid ridotto a 110 mg bid nei pazienti di età 80 anni od in trattamento farmacologico concomitante con verapamil; il rivaroxaban può essere utilizzato al dosaggio di 20 mg/die, mentre l apixaban può essere utilizzato al dosaggio di 2.5 mg bid (raccomandazione di classe IIa, livello di evidenza B). In particolare, nello studio AMPLIFY-Extension, il basso dosaggio di apixaban, è risultato efficace nella prevenzione e con sanguinamenti paragonabili a quelli in corso di terapia con placebo 7. Nonostante sottogruppi di pazienti oncologici siano presenti in quasi tutti gli studi, l esiguità del loro numero e la mancanza di uno studio di confronto con EBPM ad oggi non induce ancora la sostituzione delle EBPM con i NAO in questo gruppo di pazienti. Il trattamento con EBPM dovrebbe essere considerato per un livello di tempo indefinito o fino a quando non venga curata la neoplasia (raccomandazione di classe IIa, livello di evidenza C). 6.7 Aspetti clinici pratici dell utilizzo dei nuovi anticoagulanti orali La Figura 9 propone una flow-chart per la scelta dell anticoagulante nel trattamento del paziente con EP a non alto rischio. I NAO possono essere utilizzati nel trattamento dell EP a non alto rischio in tutti i pazienti salvo alcune limitazioni. È sconsigliato il loro utilizzo in presenza di CrCl <30 ml/min (e per l apixaban <25 ml/min); in presenza di pressione arteriosa sistolica >180 mmhg o diastolica >100 mmhg; in caso di gravidanza o allattamento; nei pazienti affetti da neoplasia che richiedono un trattamento anticoagulante mediante EBPM; nei pazienti affetti da insufficienza epatica associata a coagu- 50S

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