Alcune note per la costruzione di un modello di classificazione dei sistemi di welfare regionali 1

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1 Alcune note per la costruzione di un modello di classificazione dei sistemi di welfare regionali 1 La letteratura sui sistemi di welfare è sicuramente ampia, ma non presenta uniformità sui criteri di classificazione e sui modelli che hanno caratterizzato la fase di costruzione dei sistemi di welfare. Il problema si è ulteriormente complicato con l avvio dell attuale fase di ridefinizione, caratterizzata da una ulteriore diversificazione delle realtà nazionali e subnazionali. La costruzione di un sistema di classificazione dei modelli di welfare risulta quindi un operazione complessa: tale complessità è riconducibile a tre fattori, quali: - la disomogeneità dei sistemi di classificazione presenti in letteratura; - il carattere evolutivo dei sistemi, che li rende difficilmente classificabili in modelli puri ; - le caratteristiche dei sistemi informativi, fortemente differenziati e spesso carenti di informazioni correnti. Per cercare di affrontare la complessità si è cercato di: i) analizzare il dibattito sui modelli di welfare per individuare le dimensioni da utilizzate per classificare i modelli di welfare; ii) proporre alcuni elementi osservabili dai quali partire per l analisi dei sistemi di welfare regionali; iii) individuare le variabili e fare una prima ipotesi di indicatori da utilizzare per la ricerca. 1.1 Il dibattito sui sistemi di welfare: quali dimensioni considerare per l analisi I contributi di riferimento della letteratura europea sul dibattito relativo ai modelli di welfare sono riconducibili ai lavori di Titmus e di Esping-Andersen. Titmus segue un impostazione di tipo evolutivo e costruisce una classificazione dei modelli centrando l attenzione su tre tipi: - il primo tipo viene definito residuale. Con questo termine si intende definire il ruolo dello stato, precisando che il suo intervento avviene solo nei casi in cui la persona sia andata incontro al fallimento del tentativo di costruirsi una vita autonoma, e non sia, quindi, in grado di mantenere un livello di vita minimo. Laddove il minimo è socialmente determinato ed ha a che fare con l evoluzione dei bisogni, la ricchezza della società, e le risorse di cui dispone lo stato. L intervento dello stato è focalizzato esclusivamente a ricostruire le condizioni che consentono alla persona di non scendere sotto la soglia minima per la dignità umana; - il secondo viene definito di tipo meritocratico-redistributivo. In questo caso il sistema di welfare è legato al ruolo svolto nel mercato del lavoro ed ai meriti acquisiti nella vita lavorativa. È pensato soprattutto per il capo famiglia maschio, ed assumendo che uno dei risultati del lavoro è quello di precostruire le condizioni che consentono (al lavoratore capofamiglia, ed ai suoi famigliari) di far fronte alle criticità o alle sue capacità produttive. 1 Il presente contributo è trasversale al progetto sperimentale di monitoraggio, valutazione e diffusione delle conoscenze su governance e piani nazionali, regionali e piani di zona nell ambito delle politiche di inclusione sociale e al progetto Occupazione e professioni nel settore dei servizi sociali promosso sempre dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

2 Di fatto questo modello da spazio al mercato e tende a consolidare le diseguaglianze sociali; - il terzo tipo viene definito istituzionale e riequilibrativo. Il diritto alle prestazioni che aiutano a raggiungere, o a mantenere, una situazione di benessere sociale è legato alla presenza di un bisogno e non a meriti acquisiti con il lavoro. Lo stato ha un ruolo centrale nel garantire i diritti di soddisfacimento del bisogno. Successivamente ai lavori di Titmuss, Esping-Andersen ha studiato i sistemi di welfare dei paese occidentali individuando quattro tipi di welfare State, così definiti: - welfare di tipo liberale. Questo tipo di welfare è caratterizzato da una predominanza di interventi assistenziali basati sulla prova dei mezzi, vale a dire della verifica della presenza delle condizioni di bisogno. L intervento dello stato presenta criteri di esigibilità molto rigorosi e indirizzati esclusivamente a: bisognosi, poveri e lavoratori a reddito. Lo Stato incentiva il ricorso al mercato come luogo di individuazione delle possibili assicurazioni contro i rischi di perdita della capacità di sviluppo di una vita autonoma. Coerentemente con questa impostazione lo stato assume un ruolo minimo orientato alla definizione delle regole del mercato del lavoro e del ricorso agli schemi assicurativi privati. Il risultato di questo modello viene definito dall autore incapace di correggere le diseguaglianze sociali perché presenta, di fatto, due diversi welfare, uno per i ricchi ed uno per i poveri (de-stratificazione). L altro criterio utilizzato da Esping-Andersen per valutare i sistemi di welfare è definito de mercificazione ed è riconducibile alla dipendenza del welfare dal mercato del lavoro, o meglio dal ruolo delle persone nel mercato del lavoro. Le caratteristiche di questo modello rendono le persone (e le loro protezioni sociali), di fatto, fortemente dipendenti dalla loro vita lavorativa. I casi citati come rappresentativi di questo modello sono quelli dei sistemi di welfare degli Stati Uniti, del Canada, dell Australia e del Regno Unito; - welfare di tipo conservatore-corporativo. Questo modello, tipico di alcuni paesi europei (Germania, Austria, Francia e Olanda), è basato prevalentemente sulla diffusione di un sistema assicurativo definito dal pubblico e legato alla posizione occupazionale. I contributi assicurativi sono connessi ai redditi e riguardano i lavoratori adulti maschi capofamiglia (male breadwinners). La logica alla base seguita da tale approccio, è legata al concetto di sussidiarietà. Lo Stato interviene nella misura in cui i bisogni non trovano risposta a livello individuale, famigliare o di associazioni intermedie. Secondo l autore la dipendenza dal mercato (de mercificazione) rimane elevata, ed il rapporto con la posizione occupazionale finisce per consolidare le differenze di genere e di status (de stratificazione); - welfare di tipo social-democratico. Questo tipo è caratterizzato da una presenza quasi monopolistica dello stato che tende a marginalizzare il ruolo del mercato. L offerta di servizi è legata alle aspettative e quindi presenta una spirale crescente al crescere dei bisogni (prodotto di un processo di apprendimento delle opportunità che diventano bisogno-diritto). L impianto generale è di tipo universalistico ed i beneficiari sono tutti i cittadini presenti nei territori servizi dai servizi pubblici. Il limite dello sviluppo del sistema è legato alla capacità impositiva dello stato, in quanto le risorse sono ricavate dalla fiscalità generale. La scelta di marginalizzare l importanza del mercato come fonte di risposta ai bisogni e ai rischi sociali spinge l autore a evidenziare il suo carattere di alta demercificazione. D altra parte, la propensione allo sviluppo dell offerta di prestazioni, non limitata ai bisognosi e ai bisogni elementari dà un impronta orientata a produrre una forte destratificazione. Ci si aspetta, infatti, che tale sistema di welfare sia in grado di

3 ridurre sensibilmente le diseguaglianze sociali. Il sistema socialdemocratico è proprio di paesi come: la Svezia, la Danimarca e la Norvegia; - welfare delle solidarietà familiari e parentali. Questo sistema è tipico dei paesi dell area del mediterraneo, in particolare caratterizza la realtà dell Italia, della Spagna, del Portogallo e della Grecia. In questi paesi si è assistito ad un forte processo di trasformazione della struttura del sistema di welfare che è passato da una iniziale impostazione bismarckiana, ad un sistema ibrido, ma comunque centrato sulla capacità della famiglia di svolgere la funzione di perno del sistema. Secondo Esping-Andersen si tratta di un sistema disarmonico e squilibrato, che presenta al proprio interno diversi fattori di criticità. L autore segnala in particolare la presenza di un sistema sanitario a vocazione universalistica che, a fronte della espansione dei costi e della riduzione delle risorse ha introdotto elementi di mercato che ne minano l orientamento (universalistico) iniziale. Altro elemento di criticità è riconducibile allo sviluppo di forme di protezione diversificate, per cui i dipendenti delle grandi imprese economiche e della burocrazia finiscono per essere ipertutelati, a fronte di una carente rete di protezione dei lavoratori dei settori marginali e di una rete di protezione per la marginalità sociale e la povertà. Il risultato di questo processo di trasformazione dei sistemi di welfare (secondo Esping-Andersen) è un processo di demercificazione sbilanciato (elevato per alcune categorie e per altre); ed una destratificazione bassa, che presenta nuove differenze trasversali alla struttura delle classi sociali. Un terzo autore che ha contribuito al dibattito sulla classificazione dei modelli di welfare state è sicuramente Ferrera, il quale utilizza, come variabile di classificazione, il grado di copertura della popolazione dai rischi. In questa prospettiva l Autore propone due tipi di welfare: - welfare universalistico nel quale si garantisce a tutta la popolazione l esigibilità di alcuni diritti e la soluzione di alcuni bisogni, il meccanismo di acquisizione delle risorse è legato alla fiscalità generale; - welfare occupazionale, il legame con il mercato del lavoro ha finito per sviluppare dei sistemi di protezione sociali ancorati alle caratteristiche del sistema produttivo, ed ha sviluppato una diversificazione degli utenti. Attualmente esistono tante tipologie di utenti quante sono le tipologie dei rischi. A partire dagli anni novanta si assiste, per altro, all avvio di un profondo processo di trasformazione che interessa tutti i tipi di welfare considerati. Questo processo di trasformazione è innescato da diversi fattori che possono essere ricondotti: - alla globalizzazione dell economia (la quale modifica la necessità di rigenerare forza lavoro e squilibra le risorse e al concetto di esercito industriale di riserva); - al livello troppo del debito pubblico; - all eccessiva pressione fiscale; - ai processi immigratori; - alle vecchie povertà e alle nuove patologie sociali; - ai cambiamenti demografici; - al processo di apprendimento dei bisogni e al consumerismo; - alla modifica del sistema occupazionale; - all individualismo e al privatismo; - all inefficienza e alla perdita di legittimazione; - alle richieste di rinegoziazione del patto sociale

4 - ai cambiamenti nella struttura sociale della famiglia (aumento delle famiglie monogenitoriali, incremento dei divorzi,...); - alle modifiche del ruolo degli apparati di rappresentanza politica e sindacale; - ai cambiamenti del ruolo della donna e alla aumentata presenza nel mercato del lavoro; - alla crisi del concetto unico di self interest ed all affermarsi anche di un we-interest; Tutti questi fattori si presentano in maniera diversa nelle realtà territoriali e finiscono per spingere i sistemi di welfare verso un ulteriore diversificazione, anche all interno degli stessi stati nazionali. Una breve lettura dei processi di trasformazione in atto consente, comunque di individuare alcuni elementi che interesano trasversalmente tutte le realtà, ed altri che si manifestano come fattori di specificità territoriale. Fra gli elementi di omogeneità giova ricordare: - la ridefinizione del ruolo dello stato non più visto come attore unico del sistema; - la presenza nel sistema di diversi attori che agiscono in autonomia. Da questa base condivisa, per altro, si stanno manifestando forme concrete molto differenziate. Colozzi rilegge le tipologie utilizzate dagli autori sovra riportati alla luce dei processi in atto, e individua alcuni filoni di cambiamenti, riconducibili a: - una impostazione neo-liberale. Questa impostazione rivisita il sistema di welfare liberale analizzato da Esping-Andersen, puntando sulle dinamiche del mercato come strada di superamento della crisi; inoltre ha orientato le esperienze dei governi conservatori nei paesi anglosassoni, ed in particolare: la riorganizzazione del sistema britannico e le scelte fatte dal governo degli Stati Uniti. Nello specifico la strada è stata quella di dividere i ruoli di finanziatore e gestore dei servizi di welfare, assegnando allo stato solo il primo ruolo e il secondo ruolo tendenzialmente al privato (profit e non) ma anche ad un pubblico purché: dedito esclusivamente alla gestione dei servizi, istituzionalmente separato dal soggetto finanziatore ed in libera e completa concorrenza con il privato. Secondo questa prospettiva è lasciato al mercato la funzione di indirizzo dell evoluzione del sistema (decisioni strategiche), e talvolta anche la funzione di controllo. In questa ottica va letta, per esempio, la scelta di affidare alle ISO la funzione di verifica della qualità come base dei processi di accreditamento dei servizi (pratica sviluppata nei processi formativi, ma anche nelle politiche sanitarie); - una impostazione di tipo cooperativo. L accento è posto, in questo caso, nella ricerca di una maggiore cooperazione fra gli attori (stato, associazioni, enti pubblici e privati, cittadini) coinvolti nei processi d indirizzo e di gestione del sistema di welfare. Questa impostazione ha caratterizzato, per esempio, le esperienze perseguite da Blair nella sua rielaborazione delle scelte fatte dai precedenti governi Tatcher. In questo caso lo stato continua ad avere un ruolo centrale, ma non più esclusivo, e deve rivedere le dinamiche di relazioni che lo connettono agli altri attori del sistema. In questa prospettiva si deve, infatti, abbandonare la struttura relazionale gerarchica e la logica coercitiva come base dei processi di governo del sistema. Questa breve rassegna consente di evidenziare come i processi di cambiamento pongano con forza la necessità di ripensare anche agli sviluppi regolamentativi che hanno accompagnato la nascita e l evoluzione dei sistemi di welfare, vale a dire le dinamiche del mercato (pur se quasi mercato o mercato sociale) e quelle della gerarchia propri delle strutture burocratiche;

5 - una impostazione di tipo societario. Un terzo filone lungo il quale si stanno sperimentando forme di riorganizzazione del sistema di welfare partendo dalle teorie del welfare societario, che necessitano alcune specificazioni particolari. L approccio societario si basa su quattro elementi fondamentali, riconducibili: - alla centralità della persona e della sua dimensione di essere umano. Donati, sviluppa la sua analisi dei sistemi di welfare, e più in generale la sua rilettura dei fenomeni sociali, partendo dalla costatazione che la dimensione umana ha un carattere residuale (quando non assente) nelle elaborazioni della dimensione sociale e nella progettazione della società. Questa considerazione è evidente, per esempio, nell organizzazione del lavoro di cura che, nel periodo di sviluppo dei sistemi di welfare, ha finito per estraniare dalla persona alcuni aspetti della dimensione umana, sostituendo la dimensione relazionale con quella tecnico-professionale, quasi si trattasse di aspetti alternativi e non compresenti nei processi di cura. Si pensi, per esempio, alla gestione dell invecchiamento e della morte (e la loro istituzionalizzazione), e come negli anni novanta nessuno più moriva a casa. Questa impostazione sottendeva la volontà (implicita e non riconosciuta) di rifiutare la dimensione del dolore e il tentativo di sostituire il processo di rielaborazione del lutto con la gestione tecnico-professionale degli aspetti clinici dell ultima fase della vita. In questo caso la dimensione umana è sostituita dalla dimensione tecnica, ancora una volta considerate come alternative e non come dimensioni integrate. La complessità dei processi e la loro multidimensionalità viene quindi semplificata negandola e non assumendone direttamente le implicazioni; - alla responsabilità dell individuo della gestione del proprio benessere, e al pensare che la ricerca del benessere (proprio e del proprio mondo vitale) è un momento fondamentale e non residuale nell organizzazione della vita delle persone. In questa prospettiva è proposta una struttura delle responsabilità di risposta al disagio. Tale struttura parte dalla persona e passa, successivamente, alla famiglia ed alla comunità. Il coinvolgimento dello stato avviene solo quando gli altri attori hanno fallito il loro tentativo di sviluppare il benessere sociale, vale a dire di trovare una risposta ai bisogni di vita autonomia delle singole persone; - alla ridefinizione del rapporto fra economia e società. Lo sviluppo del fordismo ha rotto la preesistente continuità fra economia e società, attribuendo a quest ultima un ruolo subordinato alla prima. Ma la crisi del modello economico di impostazione fordista ha evidenziato come la dimensione relazionale (societaria) non sia estranea alle dinamiche dei comportamenti economici, e che tale dimensione sia in grado di creare dinamiche complesse che si riverberano sia a livello micro che macro. - allo spostamento della definizione del benessere dallo stato alla società, dalla dimensione del diritto a quella del prodotto sociale. L obiettivo di questa introduzione non è quello di approfondire le differenze fra i diversi sistemi di welfare e di evidenziarne le trasformazioni in atto. Questo aspetto è uno degli oggetti della ricerca e ad esso è assegnato il compito di costruire lo scenario entro il quale interpretare i processi di trasformazione delle professioni sociali, ed in questa prospettiva le riflessioni proposte saranno riprese ed approfondite in sede di report finale di ricerca. Quello che interessa ora rilevare, è la possibilità di compiere una lettura trasversale delle scelte fatte dagli studi qui presentati (pur nella loro essenza) per evidenziare la struttura concettuale utilizzata per l analisi, ed in particolare esaminare le variabili utilizzate per la classificazione dei modelli di welfare.

6 In questa parte si cercherà di evidenziare le variabili utilizzate dai singoli studi, per cercare di individuare alcune dimensioni dei sistemi di welfare capaci di indirizzare il lavoro di ricerca sui processi di trasformazione in atto nelle singole realtà regionali. In tale prospettiva è possibile sintetizzare l analisi osservando che: - il lavoro di Tittmus focalizza l analisi su: - ruolo dello stato nella regolazione; - tipo di interevento dello stato; - criteri di definizione degli aventi diritto. - Esping Andersen, struttura la sua analisi sulle seguenti dimensioni: - presenza dei diversi attori che erogano prestazioni di welfare (assicurazioni, stato, famiglia, ecc.) - rischi o bisogni su cui si struttura il sistema; - criteri di definizione dei fruitori delle diverse prestazioni; - ruolo dello stato nei processi di regolazione; - de-mercificazione (dipendenza dal mercato); - de-stratificazione (effetti sulle diseguaglianze e sulla mobilità sociale); - de-familizzazione (dipendenza dalla rete famigliare e, di conseguenza, dal lavoro di cura svolto prevalentemente dalle donne). - Da ultimo Ferrera semplifica l analisi concentrando l attenzione su: - grado di copertura degli interventi; - tipo di prestazioni e criteri di godimento. L analisi sui modelli di welfare societario introduce altri elementi, riconducibili: - alla dimensione umana della progettazione delle politiche sociale; - alla ridiscussione dei processi di integrazione fra economia e società; - alla struttura delle responsabilità (dalla persona allo stato) nella produzione del benessere sociale. Una lettura trasversale ci consente di scegliere alcune dimensioni che in parte sono presenti in più autori e in parte ci permette di rappresentare la complessità dei processi di trasformazione in atto. In sintesi la struttura di analisi proposta si può basare su quattro assi mediante i quali è possibile classificare i sistemi di welfare in trasformazione. Tali assi sono riconducibili a: - ruolo dello stato nei processi di regolazione; - titolarità della gestione dei servizi; - responsabilità della protezione sociale; - l estensione del sistema di protezione. 1.2 Alcuni elementi osservabili dai quali partire per l analisi dei sistemi di welfare regionali Utilizzando le dimensioni dell analisi presentata nel paragrafo precedente, è possibile definire sei modelli di riferimento da utilizzare per l analisi dei processi di trasformazione e delle tendenze presenti nelle singole regioni italiane (vd. Figura 1.1).

7 Modelli di welfare Welfare state universalistico Welfare state residuale Welfare mix regolato dallo stato Welfare mix regolato dal mercato Welfare societario con rete decentrata Welfare societario con rete policentrica Ruolo dello stato nei processi di regolazione Titolarità della gestione dei servizi Responsabilità della protezione sociale Gerarchico-direttivo Stato Stato Gerachico-direttivo Stato Stato Gerarchico-direttivo Definisce le regole per la concorrenza Ruolo minimo, crea le condizioni per consentire l azione della società civile Stato come regista dei processi di regolazione: governance Stato (terzo settore come fornitore) Pubblici e privati Individuo, famiglia, comunità, stato Individuo, famiglia, comunità, stato Stato Individuo Forme sociali Forme sociali/stato Figura 1.1. La ridefinizione dei sistemi di welfare: verso quali modelli L estensione del sistema di protezione Universalistico Tutti i cittadini Residuale Bisogni/istituzionale redistributivo Residuale Bisogni (soglia minima, lo stato) Meriti/occupazionale Residuale Bisogni (soglia minima, lo stato) Meriti/occupazionale Universalistico come risultato (società ne determina il risultato) Universalistico come risultato (stato ne influenza lo sviluppo, responsabilità condivisa) Tali modelli possono essere così descritti: i) welfare state universalistico Si tratta di un modello, che in Europa tipico dei paesi social-democratici del Nord, caratterizzato da un grado di protezione erogata dal pubblico con risorse ricavate dalla fiscalità generale. Lo stato, attraverso le sue articolazioni territoriali, svolge la funzione di regolazione e di erogazione dei servizi. Questo modello è connotabile attraverso i seguenti aspetti: - tutti i servizi sono gestiti dal pubblico; - le risorse sono solamente di tipo pubblico; - i diritti sono garantiti a tutti i cittadini. ii) Welfare state residuale Questo modello si differenzia dal precedente per il livello di protezione sociale che riesce a erogare. In questo caso gli interventi sociali sono garantiti solo ai cittadini che presentano alcune caratteristiche utilizzate per definire l esigibilità del diritto. Solitamente tali caratteristiche attengono alla verifica dell esistenza delle condizioni di bisogno e (qualora non si tratti di un bisogno di risorse economiche) e della mancanza delle risorse economiche che consentono all individuo di rispondere direttamente al disagio. Questo modello è connotabile attraverso i seguenti aspetti: - tutti i servizi sono gestiti dal pubblico; - le risorse sono solamente pubbliche; - estensione dei diritti in relazione ai bisogni (a tutti o in relazione al reddito). iii) Welfare mix regolato dallo stato Il passaggio dai sistemi di welfare state al welfare mix si caratterizza prevalentemente per due aspetti. Il primo elemento riguarda il ricorso a soggetti privati, ed in particolare

8 di privato sociale, per l erogazione degli interventi. I servizi pubblici rimangono titolari dell intervento e mantengono le funzioni di regolazione e di gestione dei processi ed esternalizzano una parte del processo produttivo. Il terzo settore è considerato come un fornitore del pubblico. Tale scelta trova origine in due aspetti, quali: la riduzione delle risorse o quantomeno della capacità economica di rispondere a una dinamica evolutiva dei bisogni; alla necessità di far fronte a una domanda sempre più diversificata e che richiede grande flessibilità, a fronte di una organizzazione del lavoro nei servizi pubblici tendenzialmente standardizzata e rigida. La riduzione delle risorse vede progressivamente abbandonata la logica universalistica (come diritti garantiti dallo stato) per abbracciare un approccio residuale che garantisce i servizi solo ad una fascia di popolazione. I servizi sono erogati solo in presenza di una verifica dei requisiti di esigibilità stabiliti per l ottenimento del servizio. Questo modello è connotabile attraverso i seguenti aspetti: - servizi gestiti da pubblici o privati ma la titolarità è sempre pubblica; - il privato è sempre fornitore del pubblico; - la programmazione è pubblica; - l esigibilità è definita dal pubblico e legata al bisogno e al reddito; - il terzo settore non ha (necessariamente) forti legami con il territorio (opera anche in territori diversi). iv) Welfare mix regolato dal mercato Un secondo percorso imboccato da alcune realtà conduce a ridurre ancora il ruolo dello stato. In questo caso lo stato si caratterizza prevalentemente (o quantomeno in linea teorica) per la funzione di programmazione generale. Questo modello è connotabile attraverso i seguenti aspetti: - chiara distinzione dei ruoli di committente e gestore; - gestori pubblici e privati; - programmazione pubblica solo di definizione regole generali (come stare e come muoversi nel mercato); - stato residuale su bisogni; - presenza significativa di attori diversi con peso nel fatturato del settore; - forme assicurative prevalenti rispetto ai servizi; - il cittadino sempre compartecipe alla spesa e sceglie il fornitore. v) Welfare societario con rete decentrata Questo modello è connotabile attraverso i seguenti aspetti: - forte presenza del volontariato; - la famiglia gestisce la salute e le criticità (es.: morte a casa; care giver, ); - stato minimo (interviene solo nelle criticità, regole solo per soggetti privati profit o grandi istituzioni); - livello di welfare generalizzato (tassi di criticità sociale bassi e capitale sociale ); - capitale sociale elevato; - presenza forme di mutuo aiuto; - il terzo settore ha forti legami con il territorio e gestisce servizi anche indipendentemente dallo stato; vi) Welfare societario con rete policentrica Questo modello è connotabile attraverso i seguenti aspetti: - stato con politiche a sostegno delle reti sociali; - welfare residuale (dove la società nel suo insieme non arriva); - politiche di incentivazione e di indirizzo della rete;

9 - forte presenza del volontariato; - la famiglia gestisce la salute e le criticità (es.: morte a casa; care giver, ); - capitale sociale elevato; - la programmazione pubblica e costruita in modo condiviso e partecipato; - il terzo settore ha forti legami con il territorio e gestisce servizi anche indipendentemente dallo stato. 1.3 L analisi dei dati empirici Le riflessioni presentate nei paragrafi precedenti suggeriscono di esaminare i complessi sistemi di welfare osservando delle dimensioni bene specifiche quali: a) il ruolo dello stato nei processi di regolazione (governance), b) la titolarità della gestione dei servizi (titolarità), c) l estensione del sistema di protezione (diritti diffusi) e d) la responsabilità della protezione sociale (contesto) 2. Dopo aver individuato un insieme di variabili 3, per ogni specifica dimensione, si è giunti a riconoscere delle sotto-dimensioni 4 che non solo riescono a far a comprendere la complessità dei processi di trasformazione, in atto, dei sistemi di welfare, ma permettono di precisare meglio come i tre assi (titolarità, diritti diffusi e contesto) si comportano nel loro insieme. Di seguito sono specificate le sotto-dimensioni più importanti che differenziano i singoli assi e quindi sono indicate le variabili che li caratterizzano, inoltre è illustrata l organizzazione dei singoli sistemi di welfare regionali, per quanto concerne l ambito istituzionale italiano, in riferimento alle dimensioni individuate La titolarità della gestione dei servizi La prima dimensione analizzata riscontrabile, per l appunto, in tutti i modelli di welfare esaminati, è la titolarità, ossia la competenza di chi deve garantire-gestire i servizi. In sostanza si tratta di analizzare il modo in cui è strutturata l erogazione delle prestazioni, vale a dire, verificare quali sono i soggetti attuatori delle prestazioni, ovvero esaminare se i servizi sono erogati da un solo soggetto o da una pluralità di figure. Dall analisi fattoriale 5 sono emersi tre fattori ben distinti, tuttavia considerato che i primi due fattori spiegano il 55,1% della variazione del fenomeno, si è ritenuto opportuno concentrarsi solo sulla loro analisi. I fattori emersi identificano quindi dei modelli organizzativi del sistema di welfare ben precisi che possono essere definiti, sulla base delle informazioni che provengono dal tipo di variabili che saturano in essi, come: mix strutturato e diffuso societario. Il mix strutturato raffigura un organizzazione caratterizzata dalla presenza di servizi che sono erogati da una molteplicità di soggetti, siano essi pubblici, privati e di terzo settore (ecco per l appunto il termine mix); inoltre si tratta di un sistema consolidato nel senso che 2 In questa sede ci si soffermerà solo sulle ultime tre dimensioni qui elencate, poiché la governance sarà approfondita in un secondo momento applicando anche tecniche di analisi di tipo qualitativo. 3 Per l elenco delle variabili selezionate si veda la nota metodologica. 4 Si tratta, in sostanza, dei fattori che sono emersi dall analisi fattoriale. Nella parte seguente sono specificati i fattori e le variabili che li compongono. Si rimanda comunque alla nota metodologica per ulteriori approfondimenti. 5 In nota metodologica è specificata la procedura di analisi dei dati.

10 presenta una pianificazione ben strutturata e impostata da molto tempo, ne è prova la presenza, in questo fattore, di soggetti di terzo settore con dimensioni considerevoli 6. La dimensione societaria diffusa fa riferimento, invece, alla presenza di soggetti principalmente appartenenti alla sfera del terzo settore, ossia alla dimensione del volontariato. In questo asse è presente anche la risorsa pubblica 7, tuttavia il fattore fa principalmente sintesi dei servizi erogati dal terzo settore. La dimensione privata 8 invece, ha un effetto negativo, a conferma dell assenza del mercato. Nella tabella seguente sono riportati, nella prima colonna a sinistra, i fattori emersi e la relativa percentuale di variazione del fenomeno che i fattori sono in grado di spiegare, le variabili che concorrono a creare i due fattori (colonna al centro) e il peso che la variabile ha sul singolo fattore. L effetto che le variabili esercitato su i fattori individuati è differente, e ciò è dimostrato dal valore dei diversi pesi. Fattore Variabili Peso Numero di cooperative con valore di produzione superiore a 500 mila euro sul totale delle cooperative 0,954 Famiglie che nelle ultime quattro settimane hanno ricevuto Mix strutturato almeno un aiuto gratuito nell accudire i bambini, da persone 0,865 non coabitanti Spesa media mensile familiare, in euro 0,762 Percentuale di posti letto per anziani in servizi residenziali Varianza 0,591 pubblici spiegata: 28,8% Percentuale di posti letto per anziani in servizi residenziali no -0,616 profit Numero di cooperative su popolazione residente 0,787 Nidi pubblici sul totale dei nidi 0,700 Diffuso societario Varianza spiegata: 26,2% Famiglie che nelle ultime quattro settimane hanno ricevuto almeno un aiuto gratuito, nei lavori domestici, da persone non coabitanti 0,699 Associazioni di volontariato su popolazione residente 0,632 Personale dipendente e collaboratore di cooperative su popolazione residente 0,612 Posti letto in ospedali civili privati sul totale dei posti letto -0,815 Figura 1.2. Fattori, variabili e pesi della dimensione titolarità Considerata la diversità di importanza che le variabili hanno sui singoli fattori è bene prestare attenzione anche alle differenze che si possono individuare a livello territoriale: per questo motivo è utile esaminare come si caratterizzano, a livello amministrativo regionale, le variabili considerate 9. 6 Si veda, ad esempio, la variabile: numero di cooperative con valore di produzione superiore a euro sul totale delle cooperative. 7 Si veda, ad esempio, la variabile che rimanda alla disponibilità di nidi pubblici. 8 Rappresentata dalla disponibilità di posti letto in ospedali civili privati. 9 In questa sede, per ragioni di spazio, si ritiene opportuno esporre solo la distribuzione delle prime due variabili che determinano maggiormente ogni singolo fattore.

11 Figura 1.3. Numero di cooperative con valore di produzione superiore a euro sul totale delle cooperative per regione La prima variabile che pesa maggiormente sul fattore mix strutturato si riferisce al numero di cooperative con valore di produzione superiore a 500 mila euro, sparse sul territorio regionale italiano. Prendendo in esame la distribuzione della variabile, si evince una forte disparità nella penisola italiana, in quanto, la maggior parte delle cooperative si trova in regioni del Nord e in alcune del Centro. Il Sud, comprese le Isole, non sembra essere un terreno fertile per questo tipo di strutture organizzative. Le tre regioni che primeggiano nella graduatoria sono il Piemonte, il Trentino Alto Adige e il Veneto, mentre ai livelli inferiori della classificazione, si collocano la Basilicata, la Puglia e la Calabria. Figura 1.4. Famiglie che nelle ultime quattro settimane hanno ricevuto almeno un aiuto gratuito nell accudire i bambini, da persone non coabitanti per regione Per quanto concerne le relazioni di supporto, vale a dire le reti di mutuo aiuto tra le famiglie, ossia i servizi che sono forniti dalla sfera privata del volontariato (seconda variabile che pesa sul fattore), si nota una presenza maggiore in Veneto, Piemonte e Lombardia mentre, in regioni come la Sardegna, il Molise e la Puglia, questo tipo di servizi è meno presente. Tuttavia, osservando la Figura 1.4 si nota che sebbene anche in questo caso si possa individuare una distinzione tra macro-aree della penisola (da un lato le regioni del Nord e dall altro quelle del Sud), a differenza della variabile considerata prima, in questo caso è più difficile riscontrare una demarcazione netta. Alcune regioni del Centro Italia (come ad esempio l Umbria e le Marche) presentano valori molto simili ad altre regini

12 del Nord, mentre altre regioni di quest ultima area, (si veda la Valle d Aosta), affiancano le regioni del Mezzogiorno. Le due variabili che contribuiscono in positivo e in modo maggiore sul fattore che rappresenta la dimensione del sistema societario diffuso sono la presenza del numero di cooperative (sulla popolazione residente) e l esistenza di servizi pubblici, quali gli asili nido, sul totale dei nido diffusi sul territorio. Per quanto attiene queste due variabili, si osserva una disomogeneità del fenomeno, tanto da rendere difficile l individuazione di macro-aree con simili caratteristiche. Le regioni in cui il numero di cooperative, su popolazione residente, è elevato sono la Sardegna, la Valle d Aosta e la Basilicata, mentre quelle in cui è poco diffusa la forma associativa di tipo cooperativistico sono la Campania, che non arriva neanche al 5%, il Piemonte e la Toscana. Per quanto attiene, invece, i servizi offerti alle famiglie, quali le strutture per bambini di età pre-scolare, si segnala che, in alcune regioni, la presenza del mercato è irrilevante, è il caso, ad esempio della Valle d Aosta, dove ci sono solo servizi di asilo nido erogati dal settore pubblico ma non dal privato. Questo dato si riscontra, seppur in misura inferiore, anche in Sardegna, Umbria, Marche e Basilicata. La Calabria è la regione che presenta il minor numero di asili nido pubblici, seguita poi dalla Puglia e dal Friuli Venezia Giulia. Figura 1.5. Numero di cooperative su popolazione residente per regione

13 Figura 1.6. Nidi pubblici sul totale dei nidi per regione Alla luce anche della distribuzione della frequenza delle variabili riportate sopra è utile approfondire il nesso che esiste tra le singole regioni e le due dimensioni individuate, in sostanza, è utile individuare dove si collocano, su un piano cartesiano costruito partendo dalle due dimensioni latenti emerse dall analisi fattoriale, le singole regioni italiane. In questo modo non solo si riesce a individuare in quali regioni il modello di welfare mix strutturato (oppure diffuso societario) è presente in maniera elevata o è assente, ma si può identificare quali sono le regioni che possono contare su un certo tipo di welfare a fronte dell assenza dell altro tipo. Queste informazioni possono essere ricavate dal grafico riportato di seguito, dal quale è altresì possibile individuare dei raggruppamenti di regioni che manifestano simili caratteristiche. Prendendo in esame l asse orizzontale, denominato mix strutturato, (per semplificazione si veda anche la tabella numero due), si nota che le regioni che si collocano all estremo positivo, quindi con una marcata caratterizzazione di welfare mix strutturato, sono il Veneto, il Piemonte, la Lombardia e il Trentino Alto Adige. Sul versante opposto (quindi assenza di welfare mix strutturato) si piazzano la Basilicata, la Puglia, la Calabria, la Sardegna e il Molise. Ai vertici del secondo fattore, rappresentativo del welfare diffuso societario, si hanno la Valle d Aosta, la Basilicata e il Trentino Alto Adige, mentre sul versante opposto, si notano la Campania, la Calabria, il Lazio e il Piemonte. Tra gli estremi di entrambe le dimensioni che qui sono state considerate, si collocano tutte le altre regioni d Italia. Interessanti sono i casi del Piemonte e della Basilicata i quali presentano dei valori elevati su una dimensione e bassi sull altra: il Piemonte ha un valore di welfare mix strutturato ma di welfare diffuso societario; la Basilicata, invece, ha un valore sul welfare mix strutturato e valore elevato sul welfare diffuso societario.

14 Figura 1.7. La dislocazione delle regioni sugli assi della titolarità Alto Primo fattore MIX STRUTTURATO Alto Basso Basso Veneto Umbria Lazio Basilicata Piemonte Friuli-V. G. Lombardia Emilia-R. Campania Calabria Trentino-A. A. Alto Valle d Aosta Secondo fattore DIFFUSO SOCIETARIO Alto Basso Basso Sardegna Toscana Campania Abruzzo Puglia Basilicata Molise Friuli-V. G. Calabria Trentino- A. A. Liguria Veneto Lazio Toscana Sicilia Sardegna Umbria Abruzzo Piemonte Valle d Aosta Molise Emilia-R. Puglia Marche Marche Sicilia Liguria Lombardia Figura 1.8. Collocazione delle regioni sulle dimensioni della titolarità Un altro elemento interessante è rappresentato dai raggruppamenti, riprodotti nel grafico con delle figure ovali o a forma di cerchio che racchiudono al loro interno i nomi di

15 alcune regioni. Tali figure hanno il compito di delimitare gli spazi in cui si trovano regioni con caratteristiche simili 10. Nel primo quadrante in a sinistra si individua un gruppo costituito dal Trentino Alto Adige e Valle d Aosta, il quale presta elevati lavori di welfare mix strutturato (anche se per questo asse la Valle d Aosta ha valori leggermente inferiori del Trentino) e welfare diffuso societario; più in, nel medesimo quadrante, si individuano delle regioni, alcune delle quali confinanti tra di loro, ad eccezione del Friuli Venezia Giulia, che presentano dei livelli medi sia di welfare mix strutturato che di welfare diffuso societario. Nel secondo quadrante, che indica elevata presenza di welfare diffuso societario e scarsa presenza di welfare mix societario, si individua un gruppo composto da tre regioni, che anche se non confinanti tra di loro, appartengono tutte all area del Mezzogiorno d Italia. Il quarto quadrante, caratterizzato dalla scarsa presenza di entrambi i modelli di welfare qui esaminati, accorpa assieme delle regioni del Centro-Sud, alcune delle quali anche confinati tra di loro, quindi con la possibilità di individuare un area geografica, rappresentata dai limiti amministrativi regionali, con le medesime caratteristiche. Il quarto quadrante che comprende tre regioni del Nord Italia, evidenza una zona della penisola dove si ha una buona presenza del modello di welfare mix strutturato ma una scarsa capacità del welfare diffuso societario. In riferimento alle sottodimensioni della titolarità, si possono quindi individuare dei raggruppamenti di regioni che sono l espressione di un area amministrativa che mostra le medesime caratteristiche Il sistema di offerta La seconda dimensione analizzata empiricamente è il sistema di offerta ossia i diritti garantiti a ogni cittadini e le dimensioni emerse dall analisi fattoriale spiegano nel complesso l 80% della variazione del fenomeno. Sulla base delle variabili che saturano sui fattori latenti emersi, le due dimensioni sono state etichettate come diritti diffusi e servizi territoriali. Nella tabella seguente sono riportati i nomi delle dimensioni emerse e i rispettivi valori di varianza spiegati, le variabili e il valore dei contributi delle singole variabili alla creazione fattore. Il primo fattore, come si evince dalla rispettiva tabella, è composto da variabili che rimandano alla possibilità di accedere a dei servizi, per questo motivo è stato etichettato diritti diffusi, appunto perché consente ai cittadini di godere di alcune opportunitàservizi. La seconda dimensione emersa dall analisi, è composta da variabili che richiamano i servizi presenti specificatamente sul territorio, per questo è stata definita servizi territoriali. Si tratta in sostanza di prestazioni che sono svolte sul territorio, di fatto, il fattore è formato dell assistenza domiciliare integrata, che è praticata presso l abitazione dei cittadini e dai servizi di ricettività, quali gli asilo nido d infanzia sia pubblici che privati. Anche in questo caso, è bene procedere esaminando la distribuzione delle variabili che pesano maggiormente sul fattore latente emerso, al fine di verificare come si distribuiscono a livello di singole regioni. Considerando la distribuzione delle prime due variabili che pesano maggiormente, iniziamo con l analisi degli anziani ospitati in presidi residenziali, su popolazione con 65 anni e più. La distribuzione della variabile mostra una netta divisione dell Italia in due parti: da un lato le regioni del Nord, con valori elevati, mentre dall altro quelle del Sud con 10 Bisogna fare attenzione perché gli accorpamenti rappresentati nella Figura 1.7 non corrispondono con la classificazione riportata nella Figura 1.8, nella quale è elencata la distribuzione delle regioni a seconda del singolo asse.

16 percentuali inferiori. Le regioni che hanno una maggiore capacità di ospitare gli anziani nei presidi residenziali sono tutte regioni a statuto speciale quali: il Trentino Alto Adige, la Valle d Aosta e il Friuli Venezia Giulia, mentre la minor capacità si riscontra in Campania, Calabria e Basilicata. Fattore Variabili Peso Anziani ospitati in presidi residenziali su popolazione con 65 anni e più 0,917 Anziani ospiti in presidi residenziali pubblici su popolazione con 65 anni e oltre 0,915 Spesa sociale pro-capite dei comuni 0,913 Diritti diffusi Donne di 65 anni e più che si sono sottoposte a mammografia senza la presenza di sintomi o disturbi 0,707 Pensioni di vecchiaia sul totale delle pensioni 0,700 Diffusione dei servizi per l'infanzia: percentuale di comuni che hanno attivato servizi per l'infanzia (asilo nido, micronidi o servizi integrativi e innovativi) sul totale dei Comuni della regione 0,598 Giornate di assistenza residenziale e semiresidenziale per 1000 residenti di età superiore uguale a 65 anni 0,590 Varianza spiegata: 48,6% Servizi territoriali Varianza spiegata: 30,5% Pensioni di invalidità sul totale delle pensioni - 0,607 Presa in carico degli anziani per il servizio di assistenza domiciliare integrata 0,835 Ricettività, utenza potenziale e percentuale di accoglienza con riferimento ai nidi d infanzia, a titolarità pubblica e privata Figura 1.9. Fattori, variabili e pesi della dimensione sistema di offerta 0,724 Figura Anziani ospitati in presidi residenziali su popolazione con 65 anni e più per regione La seconda variabile che pesa sul fattore può essere intesa come una specificazione della precedente poiché fa riferimento agli anziani ospitati in presidi residenziali pubblici (sempre sulla popolazione con 65 anni e oltre). In questo caso, in sostanza, non si riscontrano considerevoli cambiamenti, rispetto la distribuzione precedente, se non per qualche regione specifica, tuttavia il dato che è riconfermato è una differenza dei servizi prestati nel territorio italiano, quasi a rappresentare una dicotomia, le regioni del Nord,

17 assieme ad alcune regioni del Centro con buona o per lo meno discreta diffusione di servizi, mentre, altre regioni del Centro, assieme alle regioni del Sud sembrano garantire bassi livelli di diffusione dei servizi. È necessario comunque soffermarsi sui casi specifici che mostrano una variazione rispetto le due distribuzioni di frequenza, qui considerate. I casi che variano sono: le Marche, l Abruzzo, il Molise e il Lazio. Le prime due regioni, per quanto concerne i servizi erogati nelle strutture residenziali pubbliche si mostrano migliori rispetto al dato generale e questo significa che i servizi pubblici, in riferimento specifico alla variabile analizzata, sembrano funzionare meglio. Dei peggioramenti sono invece evidenti nel Molise e nel Lazio, regioni che, per quanto riguarda la residenzialità nelle strutture pubbliche, offrono dei servizi che, in valore percentuale, non superano il 5%. Figura Anziani ospiti in presidi residenziali pubblici su popolazione con 65 anni e oltre per regione Figura Presa in carico degli anziani per il servizio di assistenza domiciliare integrata per regione

18 Figura Ricettività, utenza potenziale e percentuale di accoglienza con riferimento ai nidi d infanzia, a titolarità pubblica e privata per regione Per quanto attiene la seconda dimensione latente, ossia i servizi territoriali, si tratta di un fattore creato solo da due variabili: la presa in carico degli anziani per il servizio di assistenza domiciliare integrata e la ricettività, utenza potenziale e percentuale di accoglienza con riferimento ai nidi d infanzia, a titolarità pubblica e privata. L attività di assistenza domiciliare integrata, come si coglie dalla Figura 1.11 è maggiormente diffusa in tre regioni del Nord tra cui una a statuto speciale (Friuli V. G.), mentre nel Trentino Alto Adige e la Valle d Aosta, regioni che in altre distribuzioni di frequenza qui analizzate hanno valori elevati, ora si collocano a livelli bassi. Di fatto sia il trentino sia la Valle d Aosta non arrivano all 1% di assistenza domiciliare integrata. In riferimento alla seconda variabile (ricettività, utenza potenziale e percentuale di accoglienza con riferimento ai nidi d infanzia, a titolarità pubblica e privata) che pesa parecchio sul fattore, si possono individuare due aree : da un lato le regioni del Centro Nord (ad eccezione del Trentino Alto Adige) con valori discreti, si noti che la regione in cui il servizio di ricettività, in riferimento ai nidi, è maggiormente diffuso è l Emilia Romagna, mentre dall altro lato, il raggruppamento delle regioni del Sud che presentano valori in percentuale che non arrivano al 5% di copertura del servizio. Anche in Trentino Alto Adige, come accennato, il servizio non è molto diffuso.

19 Figura La dislocazione delle regioni sugli assi del sistema di offerta Come nel caso precedente, anche per la dimensione sistema di offerta, composta dall asse diritti diffusi e servizi territoriali, è bene vedere come si collocano le regioni. Le amministrazioni regionali che hanno una maggiore performance, in riferimento ai diritti diffusi, sono la Valle d Aosta e il Trentino Alto Adige, mentre sul versante opposto, si individuano la Basilicata e la Calabria. Sull asse dei servizi territoriali si posizionano, a livello superiore, l Emilia Romagna, il Veneto, il Friuli Venezia Giulia e la Lombardia, mentre in alla graduatoria si ha la Valle d Aosta, la Sicilia e la Sardegna. Anche per quanto concerne il sistema di offerta si osservano regioni con elevati valori su una dimensione e bassi sull altra: è il caso, in particolare della Valle d Aosta, la quale ha un ottima performance in merito ai diritti diffusi ma non altrettanto per i servizi territoriali.

20 Primo fattore DIRITTI DIFFUSI Alto Alto Basso Basso Secondo fattore SERVIZI TERRITORIALI Medi Alto Basso o Alto Basso Valle d Aosta Piemonte Marche Basilicata Emilia-R. Umbria Piemonte Sardegna Trentino-A. A. Friuli-V. G. Sardegn Toscan Calabria Veneto a a Abruzzo Sicilia Lombardia Sicilia Friuli-V. G. Liguria Basilicata Valle d Aosta Veneto Lazio Lombardia Marche Trentino-A. A. Toscana Puglia Lazio Molise Liguria Abruzzo Campania Emilia-R. Umbria Puglia Campani a Molise Figura Collocazione delle regioni sulle dimensioni del sistema di offerta Calabria Interessanti sono anche gli accorpamenti che emergono. Nel primo quadrante è infatti possibile individuare un area, composta da Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia e Veneto, caratterizzata da un sistema che ha una maggiori servizi territoriali rispetto ai diritti diffusi. Nel terzo quadrante, relativo alla scarsa presenza di entrambe le caratteristiche che formano la dimensione, è invece raffigurata l espressione del Sud d Italia. Il Trentino Alto Adige e la Valle d Aosta, due regioni del Nord Italia a statuto speciale, mostrano una scarsa dotazione di servizi territoriali a fronte di una elevata capacità di garantire i diritti, anche se regione dell Italia orientale mostra valori più elevati rispetto al Trentino Alto Adige Il contesto del sistema La terza dimensione da considerare concerne l aspetto ambientale, vale a dire si tratta di valutare come si caratterizzano le diverse amministrazioni regionali in riferimento ad alcuni indicatori di contesto. Le prime due dimensioni latenti che sono emerse dall analisi fattoriale, arrivano a fornire un quadro della variazione del fenomeno al 67,2%; e ad esse sono state attribuite i nomi di: coesione sociale e rischi sociali. Nella tabella riportata di seguito sono specificate le singole variabili che costituiscono le dimensioni latenti e i relativi pesi, oltre che la varianza riprodotta da ogni singola dimensione (entrambi i fattori hanno una buona capacità esplicativa del fenomeno poichè il primo fattore spiega il 35,6% di varianza, mentre il secondo il 31,6%). La variabile che contribuisce in maniera più incisiva a determinare l asse della coesione sociale è la presenza di associazioni di volontariato nel territorio, riferite al numero di abitanti. Il dato maggiormente evidente è quello del Trentino Alto Adige che mostra una consistente presenza di associazioni di volontariato, seguita poi dalla Valle d Aosta, Sardegna e Toscana, mentre in altre regioni, come ad esempio il Lazio, la Sicilia e la Puglia, la numerosità di associazioni non arriva al 20%.

21 Fattore Variabili Peso Associazioni di volontariato su numero di abitanti 0,923 Persone di 14 anni e più che hanno svolto, negli ultimi 12 mesi precedenti l'intervista, almeno un attività sociale (attività 0,919 gratuita per associazioni di volontariato) Coesione Indicatore sintetico di capitale sociale sociale Persone di 14 anni e più che nelle ultime quattro settimane, 0,845 hanno dato almeno un aiuto gratuito a persone non 0,702 coabitanti, come volontari Varianza spiegata: 35,6% Rischi sociali Varianza spiegata: 31,6% Fiducia istituzionale 0,65 Valutazione, relativa agli ultimi 12 mesi, delle risorse economiche della famiglia come insufficienti -0,606 Indice povertà famiglie (incidenza) 0,781 Giovani che abbandonano prematuramente gli studi 0,775 Indice povertà famiglie (intensità) 0,738 Tasso di disoccupazione giovanile 0,717 Indice di Gini 0,696 Speranza di vita a 15 anni priva di disabilità maschi ,692 Figura Fattori, variabili e pesi della dimensione contesto Figura Associazioni di volontariato su numero di abitanti per regione

22 Figura Persone di 14 anni e più che hanno svolto, negli ultimi 12 mesi precedenti l'intervista, almeno un attività sociale (attività gratuita per associazioni di volontariato) per regione Se si considera ora la seconda variabile che pesa sul fattore in esame, la presenza di persone di 14 anni e più che hanno svolto, negli ultimi 12 mesi precedenti l'intervista, almeno un attività sociale (attività gratuita per associazioni di volontariato), si evince, che è ancora il Trentino Alto Adige a presentare valori percentuali elevati seguito poi dal Veneto e dalla Lombardia. Queste ultime due regioni non collocandosi, rispetto alla variabile precedente, ai primi posti sono caratterizzate da una non consistente numerosità di associazioni ma da un elevata partecipazione alla vita associativa da parte dei cittadini. Le regioni in cui le persone sono poco partecipi al mondo dell associazionismo, invece, sono le stesse in cui è poco diffusa la presenza di associazioni. Procedendo ora a valutare le variabili che determinato a creare la dimensione dei rischi sociali, la situazione si capovolge rispetto alle variabili che abbiamo esaminato fino a questo momento. Dalla Figura 1.19 si coglie che a presentare una situazione di maggior criticità rispetto all incidenza dell indice di povertà, sono le famiglie del che abitano nelle regioni del Sud, in particolare in Sicilia, Basilicata e Sardegna, mentre la situazione migliore si osserva in Veneto, Toscana e Lombardia. Figura Indice di povertà delle famiglie (incidenza) per regione

23 Figura Giovani che abbandonano prematuramente gli studi per regione Per quanto riguarda i giovani che abbandonano prematuramente gli studi, il contesto è molto disomogeneo: in quanto l abbandono è molto presente sia in regioni del Sud, come ad esempio la Campania e la Sicilia, ma anche in regioni del Nord come la Valle d Aosta e la Lombardia. Il tasso di abbandono scolastico è inferiore in Liguria e nel Lazio. Il dato qui presentato deve far riflettere, poiché nelle regioni in cui l abbandono scolastico è maggiore non sono quelle in cui il tasso di occupazione è elevato, quindi è difficile giustificare l uscita dal mondo della scuola per l accesso al mondo del lavoro. L analisi complessiva del modo in cui i sistemi di welfare regionali si strutturano in base alle due dimensioni del contesto fanno emergere tre gruppi di amministrazioni regionali. Il primo raggruppamento, visibile nel quadrante in cui entrambi gli assi sono positivi, mette assieme il Trentino Alto Adige con la Valle d Aosta (anche se la prima regione di questo insieme ha valori molto elevati rispetto la seconda), due regioni che presentano un buon livello di coesione sociale ma allo stesso tempo anche un certo grado di pericoli sociali. Nel secondo quadrate si riconosce il gruppo di regioni con scarsa coesione sociale ed elevati rischi si tratta, in sostanza di regioni quali la Basilicata, la Calabria, la Campania, la Puglia, la Sardegna e la Sicilia.

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