OSSERVAZIONI GENERALI

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1 PREVIDENZA COMPLEMENTARE E NORMATIVA DI RIFERIMENTO PROF.IVAN CANNELLI

2 Indice 1 OSSERVAZIONI GENERALI INQUADRAMENTO SISTEMATICO E PROBLEMATICHE DE JURE CONDENDO PREVIDENZA COMPLEMENTARE, COSTITUZIONE E NORMATIVA GENERALE DI RIFERIMENTO di 24

3 1 Osservazioni generali La previdenza di base, denominata anche previdenza obbligatoria o principale (ovvero previdenza sociale) e caratterizzata da un insieme di prestazioni assistenziali e previdenziali, che vengono erogate da appositi enti. Ancora più specificamente la previdenza è l insieme delle prestazioni erogate ai lavoratori per consentire loro il mantenimento del tenore di vita raggiunto durante l attività lavorativa, mentre l assistenza fa riferimento alle prestazioni per soddisfare i bisogni vitali di tutti i cittadini. Dunque la previdenza riguarda essenzialmente le prestazioni finanziate su base contributiva mentre l assistenza fa riferimento alle prestazioni finanziate attraverso la fiscalità generale. L origine del sistema previdenziale italiano può farsi risalire alla legge n. 80 del 1898 contro gli infortuni sul lavoro (prima di tale legge infatti operavano esclusivamente società di mutuo soccorso per determinate categorie di lavoratori), mentre il suo consolidamento risale al periodo fascista con la nascita dell Inps. Ed invero, come noto, con la rivoluzione industriale si costituì un modello di economia industriale e commerciale che prese il posto di un modello di economia in prevalenza agricola. A questa nuova realtà si affiancarono presto le esigenze dell allora nascente classe operaia, che svolgendo la propria attività in assenza delle necessarie condizioni di garanzia, già da allora cominciava a prendere atto dell importanza del proprio ruolo sociale. La prima espressione di quella che diverrà poi la previdenza sociale ha avuto luogo, quindi, grazie ad una spontanea iniziativa dei lavoratori stessi, costituenti le società di mutuo soccorso: associazioni volontarie di lavoratori che provvedevano, con i propri contributi, a fornire aiuti agli associati in stato di bisogno a causa di malattia, infortunio, invalidità, ma anche pensioni per gli aderenti incapaci, per l avanzamento dell età, di svolgere un lavoro produttivo, nonché erogazioni straordinarie ai famigliari degli associati deceduti. Lo Stato, che fino a quel momento aveva assunto un ruolo passivo, cominciò a cambiare il proprio atteggiamento solo quando l attenzione dell opinione pubblica fu richiamata dal preoccupante problema degli infortuni sul lavoro e, solo alla fine del secolo, con il governo Pelloux, vennero emanate due leggi alquanto rilevanti per il progresso della previdenza italiana: la legge n. 80 del 17 marzo 1898, che rese obbligatoria, per i datori di lavoro, l assicurazione contro gli infortuni sul 3 di 24

4 lavoro e la legge n. 350 del 17 luglio 1898 istitutrice della Cassa Nazionale di Previdenza per l invalidità e la vecchiaia degli operai, ideata a capitalizzazione. Quest ultima aveva natura del tutto facoltativa: i lavoratori, spontaneamente iscritti, ricevevano una rendita, dopo almeno 25 anni di contribuzione, al compimento del sessantesimo anno o del sessantacinquesimo, ovvero nel momento di una eventuale, sopravvenuta, inabilità al lavoro 1. La protezione sociale risultava però ancora scarsa, prevedendo l intervento dello stato con un ruolo del tutto marginale, senza alcun riferimento ad eventuali responsabilità del datore di lavoro. Durante il primo ventennio del XX secolo si assistette al progressivo passaggio ad una forma di assicurazione di tipo obbligatorio, grazie alla previsione di una serie di norme di natura previdenziale, in particolare grazie al Decreto Legge n. 603 del 21 aprile 1919, concernente l assicurazione obbligatoria contro la invalidità e la vecchiaia per le persone di ambo i sessi che prestano l opera loro alle dipendenze di altri 2. Oltre l importante novità riguardante l obbligatorietà della contribuzione, questa riforma appose al sistema fino ad allora vigente una seconda rilevante innovazione, la normativa risultò, da allora, rivolta non più soltanto alla classe operaia, ma anche agli impiegati, mezzadri e affittuari. Successivamente, nel 1924, venne prevista, solo per gli impiegati, l indennità di licenziamento che il Codice Civile del 1924 trasformerà, in seguito, in indennità di anzianità spettante a tutti i lavoratori in funzione non solo degli anni di servizio, ma anche dell ultima retribuzione da loro recepita. Da allora molti furono gli interventi in materia pensionistica. Ad esempio nel 1933, in epoca fascista, vi fu la riorganizzazione della già nominata Cassa Nazionale, che venne trasformata in Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS), ente di diritto pubblico e dotato di personalità giuridica, accompagnata dalla previsione di assegni familiari per i figli a carico, necessari per incentivare lo sviluppo demografico. Nel 1939 l età per il conseguimento della pensione di vecchiaia si ridusse da 65 a 60 anni per gli uomini e a 55 per le donne e vennero al contempo introdotte integrazioni salariali. 1 Secondo la richiamata normativa l iscrizione era permessa a tutti i cittadini italiani di ambo i sessi che svolgevano lavori manuali o prestavano servizio ad opera o a giornata. La Cassa quindi veniva finanziata, in misura prevalente, con i contributi facoltativi degli aderenti all organo (il contributo minimo era di 6 lire, versabili anche a rate e non inferiori a 50 centesimi: il massimo era di 100 lire), e, solo in misura residuale, con una contribuzione di incoraggiamento da parte dello Stato e con il contributo, anch esso libero, degli imprenditori. 4 di 24

5 Nel 1943 venne previsto un aumento dei contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro (che arrivarono a raggiungere i 2/3 della contribuzione totale). Durante gli anni successivi si moltiplicarono i prelievi fiscali per far fronte alle vicende belliche della seconda guerra mondiale; furono anni caratterizzati altresì da una non più trascurabile inflazione che ebbe un impatto notevole sul valore delle prestazioni pensionistiche. Per tali ragioni il sistema si trovò incapace di fronteggiare i bisogni dei pensionati italiani. La soluzione, alla luce dell elevato tasso di natalità e di un conseguente favorevole rapporto tra lavoratori attivi e pensionati, fu dettata dal D.lgs 1 marzo 1945 n. 177, disciplinante il passaggio graduale da un sistema pensionistico a capitalizzazione ad un sistema pensionistico strutturato a ripartizione. Nel regime a capitalizzazione i contributi versati nel periodo di attività da ogni individuo lavoratore vengono investiti nel mercato dei capitali. La pensione di cui disporrà l individuo corrisponderà al montante accumulato, riscosso, in tutto o in parte, sotto forma di rendite. Di contro invece con il sistema a ripartizione in ogni periodo il gettito contributivo, ovvero la somma dei contributi sociali versati, è destinato al finanziamento delle prestazioni erogate nel medesimo periodo. Nel 1952 venne, per la prima volta, riconosciuta la tredicesima mensilità. Con la legge n. 903 del 1965 lo Stato si fece carico dei contributi sociali esclusivamente al fine di finanziare un fondo speciale a carico del quale veniva elargita, a favore di tutti i lavoratori in età pensionabile, una quiescenza minima dello stesso importo (pensione sociale), successivamente concessa solo a tutti coloro con almeno 65 anni di età e con redditi limitati (Legge n. 153 del 1969). Tra la fin degli anni 50 e l inizio degli anni 60 l assicurazione obbligatoria in esame venne sviluppata anche per i lavoratori autonomi (commercianti, artigiani, agricoltori e così via) con la costituzione, presso l Inps, di specifiche Casse o Enti Previdenziali, una per ciascuna categoria di liberi professionisti. Il metodo di calcolo del sistema previdenziale per i lavoratori dipendenti del settore privato passò, con il D.P.R. n. 88 del 1968, da contributivo a retributivo 3, utilizzando, per il computo, la retribuzione media ottenuta nel triennio precedente l entrata in pensione. 2 Nonostante la perdita di valore della moneta durante la prima guerra mondiale, il regime del sistema a capitalizzazione rimase invariante e questo consentì di creare ingenti surplus finanziari anche grazie all andamento demografico favorevole. 3 Con il metodo di liquidazione contributivo l età e la retribuzione dei lavoratori in quiescenza sono legati alla somma dei contributi versati nell arco della vita del lavoratore stesso, mentre con il sistema di tipo retributivo l ammontare 5 di 24

6 Questa previsione fu, ancora una volta, coerente con l idea della pensione come mezzo per garantire al cittadino il diritto al perseguimento di un tenore di vita conforme a quello goduto nel periodo di lavoro. E quindi nell immediato dopoguerra e negli anni successivi che il sistema si consolidò con l introduzione di istituti fondamentali come la pensione di anzianità, il modello retributivo per il calcolo della pensione, il passaggio dal sistema a capitalizzazione a quello a ripartizione per l erogazione delle prestazioni, la perequazione automatica dei trattamenti pensionistici, il principio dell automaticità delle prestazioni, secondo il quale vanno pagate le prestazioni anche se non sono stati versati i contributi nei limiti della prescrizione, il riordino della prosecuzione volontaria dei contributi, ed altri ancora di analoga importanza 4. Tutte questi istituti, assieme a molti altri previsti nella legislazione ordinaria costituivano attuazione dei principi fondamentali della nostra Costituzione, ed in particolare dell idea di protezione sociale espressa nell art. 38 Cost. a mente del quale: I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. Il sistema previdenziale di base così costituitosi era però destinato a scontare già a partire dalla metà degli anni 70 - una crisi di vaste proporzioni riconducibile a diversi fattori di natura economica (disoccupazione e diminuzione dei tassi di crescita), demografica (allungamento della vita media e diminuzione delle nascite), e più in generale all eccessiva generosità di un sistema caratterizzato da un finanziamento a ripartizione e da un metodo di calcolo della pensione essenzialmente retributivo, ovvero, come detto, caratterizzato da un ammontare della prestazione ancorato alle ultime retribuzioni percepite dal lavoratore. Mentre per quanto concerne il sistema di finanziamento a ripartizione giova ricordare che esso è definibile come quello in cui i contributi versati dai lavoratori attuali finanziano contestualmente le pensioni correnti, così da realizzare una solidarietà tra generazioni diverse. E evidente che tale meccanismo si mantiene in equilibrio se i lavoratori in attività sono in grado di finanziare quelli in pensione, dovendo in difetto intervenire lo Stato quale garante ultimo, per il tramite della fiscalità generale. della pensione risulta influenzata in misura prevalente dall entità del salario del lavoratore in pensione, che può essere misurata o alla fine del periodo di lavoro o rispetto all intera vita lavorativa. 4 Per un approfondimento ulteriore si consiglia la sintesi di Vallacqua, La previdenza complementare per i lavoratori pubblici e privati, Milano, di 24

7 La difficoltà del sistema pubblico di garantire un elevato livello di protezione sociale, ulteriormente acuita dal fatto che il sistema pensionistico era profondamente segmentato, ovvero basato su regole altamente differenziate da settore a settore (che portavano al conseguente diffondersi di disuguaglianze tra categorie di lavoratori) comportava inevitabilmente l esigenza di una riforma strutturale e quindi di una rideterminazione del concetto di bisogno socialmente rilevante, per cui se in passato l ordinamento previdenziale era in grado di soddisfare i bisogni connessi al c.d. minimo vitale (in sostanza l assegno sociale erogato a determinate condizioni reddituali per assicurare il soddisfacimento delle esigenze primarie del cittadino), quelli inerenti alla realizzazione di una esistenza libera e dignitosa (integrazione al trattamento minimo) e i bisogni collegati al mantenimento del tenore di vita raggiunto durante l occupazione (riferibili a tutti i lavoratori), con le riforme previdenziali che si sono avvicendate negli anni (a partire dalla riforma Dini del 1995) il sistema ha abbandonato la pretesa di riuscire a garantire ai lavoratori un tenore di vita analogo a quello avuto durante la vita lavorativa, demandando tale compito più o meno consapevolmente - alla previdenza complementare. In altri termini la riduzione in termini quantitativi della possibilità di intervento dello Stato ha avuto come conseguenza la revisione dei criteri e la contrazione dell ambito di copertura della sicurezza sociale. Ha quindi potuto affermarsi, seppur tra mille difficoltà e con limiti notevoli, un sistema previdenziale multipilastro, ove il primo pilastro è rappresentato dal sistema pubblico obbligatorio a ripartizione, che ha il compito fondamentale di garantire un trattamento previdenziale di base, il secondo pilastro (caratterizzato da una gestione a capitalizzazione da parte di soggetti specializzati e basato su una adesione volontaria) è costituito dalla adesione ai fondi chiusi e aperti, nonché dalla previdenza integrativa individuale, mentre il terzo pilastro è dato dalle polizze assicurative tradizionali, e da altre forme di risparmio a medio e lungo termine 5. La previdenza complementare costituisce il secondo pilastro del nostro sistema previdenziale e si affianca alla previdenza pubblica al fine di integrarla o di aggiungersi ad essa, non essendo in grado quest ultima di soddisfare da sola i bisogni dei lavoratori che vi sono iscritti. E però opportuno chiarire con immediatezza che l adesione alle forme di previdenza complementare avviene su base volontaria, per cui esse sono deputate a realizzare interessi 5 Per taluni autori, i FIP ed in generale i contratti assicurativi con finalità previdenziale costituirebbero il terzo pilastro pur essendo forme di previdenza complementare. La suddivisione proposta appare però più coerente con la normativa di riferimento. 7 di 24

8 socialmente rilevanti, ma solo a condizione che il lavoratore vi aderisca volontariamente nel corso della propria vita lavorativa, ed a seguito delle sue scelte previdenziali. Dunque la previdenza complementare non è affatto obbligatoria, per cui le prestazioni che la caratterizzano sono solo eventuali, e conseguentemente appare possibile che nel corso di tutta la vita assicurativa in capo ad un singolo lavoratore possa sussistere la titolarità della sola assicurazione principale, senza instaurare al tempo stesso un rapporto di previdenza complementare. Non è però sempre vero il contrario, e cioè che l iscrizione alla previdenza obbligatoria sia requisito fondamentale per aderire ad una forma di previdenza complementare. Poste queste brevi premesse terminologiche di carattere generale, va pure preliminarmente evidenziato che l importanza delle forme pensionistiche complementari è inversamente proporzionale alla generosità dei sistemi pubblici; più concretamente nei Paesi in cui le prestazioni pensionistiche sono superiori al 70/80% dell ultimo reddito (c.d. tasso di sostituzione), come la Francia, la Spagna e anche l Italia, le forme di previdenza complementare divengono inevitabilmente residuali ed utilizzate dai lavoratori con livelli di reddito medio alti. Invece nei paesi ove la copertura previdenziale pubblica è modesta (come gli Stati Uniti e l Inghilterra) queste forme acquistano grande importanza e sono molto sviluppate. Uno degli indicatori dello sviluppo della previdenza complementare è rappresentato dal rapporto tra il patrimonio gestito dai Fondi Pensione e il Pil (prodotto interno lordo). Per l anno 2010 in Italia tale rapporto è stato pari al 4,6%, ovvero tra i più bassi dei Paesi aderenti all Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), tant è che il nostro Paese, considerato tra i più generosi nella previdenza pubblica, è agli ultimi posti per lo sviluppo dei fondi pensione. Le ragioni di tale inadeguato sviluppo sono molteplici, anche se tra i principali fattori che hanno ostacolato il decollo della previdenza complementare si possono citare: la scarsità delle risorse a disposizione dei potenziali aderenti, la bassa adesione da parte dei giovani, dovuta verosimilmente al desiderio di mantenere nei primi anni di lavoro la fonte di liquidità costituita dal TFR, l elevata frammentazione settoriale per i lavoratori autonomi che rende con riguardo a tale categoria più difficile la comunicazione e la raccolta di adesioni, ed ancora una normativa fiscale non sufficientemente favorevole, la mancanza di stabilità nell assetto normativo soggetto a continue modifiche (una situazione di certezza e stabilità risulta essenziale perché i soggetti possano programmare razionalmente le proprie scelte), ed infine la mancanza di una cultura previdenziale diffusa. 8 di 24

9 Eppure il rafforzamento del settore della previdenza complementare avrebbe come effetto immediato anche quello di potenziare il mercato dei capitali italiano. I paesi in cui i fondi pensioni sono più sviluppati hanno, infatti, sistemi finanziari anch essi particolarmente sviluppati sia nel comparto del capitale di rischio, sia in quello obbligazionario. Assai stretto risulta il legame tra fondi pensione e borsa: la presenza degli investitori istituzionali favorisce la quotazione anche di imprese di minore dimensioni; stimola la concorrenza tra operatori in campi essenziali per il funzionamento del mercato, quali la raccolta di ordini, la negoziazione ed il collocamento di titoli, l attività di ricerca. Guardando all esperienza sovranazionale degli ultimi anni è possibile notare come i fondi pensione abbiano significativamente contribuito all apertura del sistema finanziario alle innovazioni, fornendo risorse ad operatori come i fondi di private equity e strumenti di finanziamento, quali le obbligazioni societarie (corporate bonds) che in alcuni paesi hanno stimolato la ristrutturazione del sistema produttivo, anche attraverso il trasferimento della proprietà delle aziende inefficienti. In Italia, la situazione attuale è caratterizzata da una ingessatura considerevole dei fondi pensione per quanto concerne le facoltà di investimento, nonché da una scarsa articolazione del mercato privato dei capitali che comunque rischia di limitare le opportunità di diversificazione dei fondi pensione, spingendo gli stessi verso degli investimenti su mercati esteri. E pertanto doveroso sottolineare che una progressiva espansione delle facoltà di investimento dei fondi pensione avrà benefici immediati nel nostro mercato finanziario interno solo se sarà accompagnata da una progressiva evoluzione del mercato medesimo. 9 di 24

10 2 Inquadramento sistematico e problematiche de jure condendo Prima però di auspicare tale sviluppo è necessario tener bene a mente quelle che sono le problematiche principali che riguardano la previdenza complementare. Nonostante l evoluzione delle previdenza complementare avutasi negli ultimi anni dopo l introduzione del D.lgs n. 252/2005, che costituisce la normativa fondamentale di riferimento, ad oggi è possibile affermare che le adesioni ad essa riguardino poco più di un quinto degli aventi diritto 6. Su questo dato incidono diversi fattori, uno su tutti la crisi economica che oramai dal 2008 sottrae risorse importanti al risparmio previdenziale. Tant è che proprio i lavoratori con salari più bassi mostrano tendenzialmente una propensione al risparmio minore. Il problema non è però soltanto di disponibilità reddituale ma anche di cultura previdenziale, che è carente nel nostro Paese. L indagine sulle scelte previdenziali delle famiglie pubblicata all inizio del 2011 sugli Occasional Papers della Banca d Italia dimostrava la completa insufficienza dell informazione previdenziale in Italia. Solo il 3% delle famiglie aveva infatti risposto correttamente alle domande volte a sondare la conoscenza dello strumento di previdenza complementare, e addirittura oltre il 40% aveva risposto in modo errato a tutte le risposte. Anche aspetti cruciali come la presenza o men o di vantaggi fiscali risultavano conosciuti a neanche il 30% degli intervistati. Ma la cosa più preoccupante emersa dall indagine in questione è che il grado di conoscenza risultava inferiore proprio tra i lavoratori più giovani e tra quelli a basso reddito e quindi proprio tra i principali destinatari dell offerta di secondo pilastro. C è quindi più che mai bisogno di affermare e far crescere in Italia la cultura della previdenza complementare. In questo senso è fondamentale sia il ruolo delle imprese che quello del Sindacato. 6 Nella relazione Covip per l anno 2012 si legge che i lavoratori iscritti a forme di previdenza complementare sono circa 5,8 milioni, un quarto del totale degli occupati. La percentuale però si riduce ad un quinto se si considerano i soli lavoratori che nel corso del 2012 hanno effettuato versamenti contributivi. 10 di 24

11 In questa direzione è auspicabile che nel nostro Paese si dia avvio ad un nuovo inizio, che veda il Governo e tutti gli attori coinvolti impegnati a sviluppare una campagna informativa volta a diffondere la cultura della previdenza complementare e a rilanciarne le adesioni. Un impegno di tutti gli attori che però non si concentri solo sulla platea di lavoratori che hanno già aderito ad una forma pensionistica ma cerchi invece di sviluppare la concorrenza ricercando l adesione di quel 60% dei lavoratori che sono invece ancora sprovvisti di qualsiasi copertura di previdenza integrativa. Bisogna al tempo stesso affrontare con decisione i problemi legati alle differenze territoriali e sociali minore adesione al Sud e tra i giovani nonché le difficoltà riscontrate nel settore della piccola e media impresa. Le adesioni sono state maggiori nelle imprese di grandi dimensioni, dove le parti datoriali e il sindacato hanno svolto un opera di informazione. Più deboli sono state le adesioni nelle piccole imprese dove questa azione di informazione non si è sviluppata. Anche da questo punto di vista servono strumenti efficaci che possano garantire una adesione diffusa alla previdenza complementare. D altra parte dobbiamo registrare differenze importanti anche per la tipologia economica dell impresa con le aziende di servizi, ad esempio, che presentano tassi di adesione molto al di sotto della media. Queste aziende presentano delle specificità che è necessario affrontare al fine di rimuovere gli ostacoli che di fatto impediscono ai lavoratori un adesione alla previdenza complementare. Anche le Parti istitutive sono chiamate a sviluppare la loro azione, ricercando strumenti contrattuali innovativi che possano essere funzionali allo sviluppo delle adesioni, anche nei settori più difficili. La contrattazione e più in generale il ruolo delle fonti istitutive riveste nel sistema integrativo italiano un importanza eccezionale che spesso ha supplito ad alcune mancanze dello stesso legislatore in materia. Da segnalare, al riguardo, un innovativo accordo raggiunto dalle parti istitutive del Fondo Fopen che prevede la destinazione dello sconto energia al fondo pensione in aggiunta al tfr ed alla contribuzione personale e datoriale. Un modo questo concreto ed innovativo per irrobustire l accantonamento di secondo pilastro e per favorire un futuro previdenziale migliore per i lavoratori. L incentivazione delle adesioni può essere anche intensificata per effetto di un miglioramento dell offerta delle prestazioni accessorie che permetta più ampie coperture alle lavoratrici e ai lavoratori interessati nell ottica di costituire un sistema integrato di welfare contrattuale. 11 di 24

12 La normativa vigente in materia di previdenza integrativa permette già ai fondi pensione il perseguimento di finalità para-sanitarie, sia tramite le anticipazioni per spese sanitarie che per prestazioni accessorie e rendite per la non autosufficienza, e dunque già vi sono dei punti di contatto con le prestazioni offerte dai fondi sanitari; si tratterebbe di sviluppare le sinergie esistenti e di meglio integrarle, salvaguardando la peculiarità dei singoli interventi. Altro elemento fondamentale per garantire lo sviluppo della previdenza complementare e l aumento delle adesioni è costituito dalla leva fiscale. Anzitutto le aliquote esistenti andrebbero riviste al ribasso in modo da liberare liquidità da reinvestire a vantaggio dell iscritto e del migliore perseguimento dell obbiettivo aziendale. Andrebbe anche previsto l adeguamento dell attuale limite di deducibilità dei contributi versati a previdenza complementare, fermo ormai da troppi anni a 5.164,57 nonostante le dinamiche economiche e del costo della vita si siano rapidamente modificate. Per i giovani lavoratori di prima occupazione, poi, andrebbe reso più snello ed efficace il meccanismo di una migliore deducibilità. Ugualmente dovrebbe essere razionalizzata e meglio implementata l offerta delle forme pensionistiche complementari. Oggi i fondi pensione devono essere in grado di fornire prestazioni e servizi sempre più adeguati agli associati. Per svolgere questa funzione è importante poter contare su numeri adeguati che si traducono in un patrimonio più forte ed in disponibilità e capacità finanziarie più ampie. Fusioni in settori vicini ed integrabili e sinergie tra i fondi sono quindi azioni in grado di migliorare concretamente l offerta e la competitività delle forme pensionistiche contrattuali. D altra parte si consideri che allo stato attuale circa una decina di Fondi Pensione negoziali hanno meno di iscritti e metà di questi sono anche sotto la quota dei aderenti. Per quanto riguarda il rapporto tra aderenti e bacino potenziale di riferimento i dati non cambiano di molto se è vero che ad oggi 11 Fondi pensione negoziali presentano un tasso di adesione inferiore al 10% e, per essi, addirittura inferiore al 2% 7. Numerosi studi hanno mostrato come su un orizzonte temporale lungo il minor costo per gli aderenti derivante da una consistente razionalizzazione dell offerta potrebbe stimarsi nell ordine di 1,2 miliardi di euro, con una crescita del montante finale, e quindi della rendita, anche del 5%. 7 Fonte: Assofondipensione, prima assemblea annuale dei Fondi Pensione Negoziali, Roma, di 24

13 A tale opera di razionalizzazione e snellimento dovrebbe affiancarsi un Authority specifica, unica ed indipendente che vigili su tutta la previdenza complementare. Un autorità che garantisca la concorrenza tra le forme pensionistiche e, soprattutto, tuteli i lavoratori iscritti garantendo il rispetto dei principi di trasparenza e prudenza propri di un investimento che, in quanto previdenziale, ha natura sociale oltre che economica. Naturalmente l attuale Autorità di Vigilanza la Covip per realizzare ciò, andrebbe rafforzata, soprattutto per quanto riguarda l attività ispettiva che, ad oggi, non è nelle risorse adeguata al numero degli attori vigilati. Un Autorità forte è garanzia irrinunciabile in un sistema dove la concorrenza tra forme è ormai una realtà. Ad ogni modo pur nel non agevole contesto economico domestico il sistema della previdenza complementare ha continuato a crescere, seppur in misura moderata. Negli ultimi anni il settore ha sperimentato una crescita delle adesioni differenziata tra i diversi strumenti previdenziali: essa si è concentrata nei piani individuali di tipo assicurativo, privi della contribuzione del datore di lavoro e in media più costosi, e ha invece ristagnato nelle forme ad adesione collettiva, che beneficiano del contributo datoriale e sono in media meno onerose. Ciò potrebbe apparire un contro senso, visti i maggiori costi che caratterizzano tali forme pensionistiche individuali, ma in realtà non lo è se si considera che i PIP sono collocati nel mercato grazie all opera promozionale di imprese di assicurazione, capillarmente diffuse (si pensi alla collocazione dei PIP tramite Poste Italiane S.p.a.). Insomma malgrado i maggiori costi di tali prodotti e l assenza per essi di contribuzione datoriale, negli ultimi anni i PIP si stanno diffondendo notevolmente tra i lavoratori. Nel 2012, in particolare, le iscrizioni sono aumentate di unità, portando il totale delle adesioni a quota 5,8 milioni. I nuovi iscritti, considerati al netto di tutti i trasferimenti interni al sistema, sono stati circa L apporto maggiore, come detto, è stato fornito dai PIP nuovi con nuovi aderenti, seguiti dai fondi negoziali con e dai fondi aperti con unità; ai fondi preesistenti sono affluite nuove adesioni 8, come sintetizzato nella tabella che segue. Tav. 2.4 Forme pensionistiche complementari. Iscritti (dati fine Fonte Covip) 8 Fonte: Relazione Covip per l anno di 24

14 Numero fondi Numero Iscritti (1) var. % 2012/2011 Nuovi iscritti nel 2012 (2) Numero Fondi pensione negoziali , Fondi pensione aperti , Fondi pensione preesistenti , PIP nuovi (3) , Totale (4) , PIP vecchi (5) Totale generale (4)(6) , (1) I dati possono includere duplicazioni relative a soggetti iscritti contemporaneamente a più forme. Sono inclusi gli iscritti che non hanno effettuato versamenti nell anno e i cosiddetti differiti. Sono esclusi i pensionati. (2) Dati parzialmente stimati. I dati riguardanti le singole tipologie di forma (fondi pensione negoziali, fondi pensione aperti, ecc.) sono al netto degli iscritti trasferiti da forme della stessa tipologia; il totale è al netto di tutti i trasferimenti interni al sistema della previdenza complementare. (3) PIP conformi al Decreto lgs. 252/2005. (4) Nel totale si include FONDINPS. (5) PIP istituiti precedentemente alla riforma del 2005 e non adeguati al Decreto lgs. 252/2005. (6) Sono escluse le duplicazioni dovute agli iscritti che aderiscono contemporaneamente a PIP nuovi e vecchi. Emerge dai dati esposti non solo la maggiore diffusione dei piani pensionistici individuali, ma anche che i PIP costituiscono la tipologia di forma pensionistica con il maggior numero di aderenti, 2,3 milioni: agli 1,8 milioni dei PIP nuovi aumentati del 22 per cento rispetto al 2011, si sommano i circa dei PIP vecchi, ai quali, tuttavia è preclusa la raccolta di nuove iscrizioni 9. Emerge altresì che il quadro delle adesioni non appare soddisfacente, come risulta meglio dalla tabella che segue. Forme pensionistiche complementari. Andamento delle adesioni (1). (dati di fine anno; migliaia di unità) 9 I cosiddetti vecchi PIP sono forme pensionistiche individuali attuate mediante contratti assicurativi che esistevano prima dell entrata in vigore del D.lgs. n. 252/2005 e che non hanno provveduto ad effettuare gli adeguamenti previsti. Gli aderenti possono trasferire l intera posizione individuale maturata ad altra forma pensionistica complementare. I vecchi PIP non sono iscritti all Albo dei Fondi pensione e non sono vigilati dalla Covip bensì dall Isvap. Essi non possono raccogliere nuove adesioni. 14 di 24

15 Fondi pensione negoziali Fondi pensione aperti Fondi pensione preesistenti PIP (1) Nei PIP sono inclusi anche i PIP vecchi. Negli anni successivi alla fase di avvio della riforma (2007), la raccolta delle adesioni non è cresciuta come ci si auspicava. Ciò, come detto, a cagione della crisi finanziaria che ha coinvolto l attività produttiva e l occupazione nonché in ragione dell ulteriore contrazione dell economia provocata dalle misure di consolidamento fiscale adottate al fine di ridurre la spesa pubblica. Tali fattori, unitamente agli altri già delineati, hanno provocato una generale diffidenza verso i mercati finanziari, nonché crescenti difficoltà nella destinazione di quote di reddito al finanziamento dei piani pensionistici. Peraltro nell ambito della piccola impresa, ove la crisi è stata più evidente l espansione della previdenza complementare è stata ancora più debole. In termini di risorse accumulate però i dati appaiono più confortanti, e sono comunque espressione del fatto che oramai le forme di previdenza complementare rappresentano una realtà fondamentale, da valutare con crescente attenzione, anche per il futuro dell economia del nostro Paese. Si consideri che alla fine del 2012 le risorse destinate alle prestazioni sono state pari a 104,4 miliardi di euro. I fondi pensione preesistenti ne detengono poco meno della metà, 48 miliardi di euro. Ai fondi pensione negoziali fanno capo 30,2 miliardi, 10 sono appannaggio dei fondi pensione aperti. Le risorse dei PIP nuovi ammontano a 9,8 miliardi di euro; 6,3 miliardi quelle dei PIP vecchi. 15 di 24

16 L incremento delle risorse è ammontato a 13,7 miliardi di euro; esso è stato determinato da contributi per 12,1 miliardi, in lieve aumento rispetto al 2011, a fronte di prestazioni per 4,6 miliardi. Il saldo è costituito da utili e plusvalenze nette generati dalla gestione finanziaria per 6,3 miliardi di euro. La quota maggiore di contributi è stata destinata ai fondi pensione negoziali, circa 4,3 miliardi di euro; 3,8 miliardi sono affluiti ai fondi pensione preesistenti; i PIP nuovi hanno raccolto 2,2 miliardi e i fondi pensione aperti 1,2. Nei PIP vecchi, che non possono ricevere il TFR, sono confluiti versamenti per 0,5 miliardi. Tav.2.10 Forme pensionistiche complementari. Risorse e contributi. (dati di fine 2012; flussi annui per contributi; importi in milioni di euro Fonte:COVIP) 16 di 24 Risorse destinate alle prestazioni (1) Contributi Importi var. % 2012/2011 Importi di cui: TFR Fondi pensione negoziali , Fondi pensione aperti , Fondi pensione preesistenti , PIP nuovi (2) , Totale (3) , PIP vecchi (4) , Totale generale (3) , (1) Risorse complessivamente destinate alle prestazioni. Comprendono: l attivo netto destinato alle prestazioni (ANDP) per i fondi negoziali e aperti e per i fondi preesistenti dotati di soggettività giuridica; i patrimoni di destinazione ovvero le riserve matematiche per i fondi preesistenti privi di soggettività giuridica; le riserve matematiche costituite a favore degli iscritti presso le imprese di assicurazione per i fondi preesistenti gestiti tramite polizze assicurative; le riserve matematiche per i PIP di tipo tradizionale e il valore delle quote in essere per i PIP di tipo unit linked. (2) PIP conformi al Decreto lgs. 252/2005. (3) Nel totale si include FONDINPS. (4) PIP istituiti precedentemente alla riforma del 2005 e non adeguati al Decreto lgs. 252/2005. Nei sei anni successivi all avvio della riforma, le risorse destinate alle prestazioni sono raddoppiate. L incremento complessivo (53 miliardi di euro) è stato per 21 miliardi apportato dai fondi pensione negoziali, seguiti dai fondi pensione preesistenti (13,6 miliardi), dai PIP (11,7 miliardi) e dai fondi pensione aperti (6,5 miliardi). I fondi preesistenti continuano a concentrare la quota maggiore delle risorse dell intero sistema; la loro incidenza sul totale è, tuttavia, scesa dal 63 per cento del 2006 al 45,8 del La crescita delle risorse è derivata da contributi per 65,7 miliardi di euro, di cui 28,8 costituiti da quote di TFR. Le uscite per le prestazioni (anticipazioni, riscatti, erogazioni in capitale e in rendita) sono risultate 25,5 miliardi di euro. Il risultato generato dalla gestione finanziaria è valutabile in circa 12 miliardi di euro.

17 Forme pensionistiche complementari. Andamento delle risorse destinate alle prestazioni. (dati di fine anno; importi in miliardi di euro) Tav Fondi pensione negoziali Fondi pensione aperti Fondi pensione preesistenti PIP Come rilevato da Covip in occasione dell ultima relazione annuale sull andamento della previdenza complementare (2012), rispetto alle dimensioni dell economia italiana, quelle della previdenza complementare restano contenute. Malgrado ciò, le prospettive di crescita sono favorevoli, e le istituzioni appaiono sempre più interessate ad un settore il cui potenziamento potrebbe avere influenze positive sull economia del paese e sui mercati finanziari in termini di efficienza, volume e liquidità. 17 di 24

18 3 Previdenza complementare, costituzione e normativa generale di riferimento. Sulla scorta del nostro ordinamento positivo la previdenza complementare può essere definita come una forma di accantonamento di risorse finanziarie, volontaria, agevolata fiscalmente, con lo scopo caratterizzante di integrare la tutela previdenziale pubblica e assicurare mezzi adeguati alle esigenze di vita 10. La legittimazione della previdenza complementare e delle sue funzioni discende anzitutto dalla legge fondamentale dello Stato, la Costituzione, che all art. 38 disegna il nostro sistema di protezione sociale distinguendo la protezione sociale per i cittadini (primo comma dell art. 38 Cost.) da quella specificamente destinata ai lavoratori (secondo comma), e affermando la coesistenza della previdenza pubblica con quella privata. La norma costituzionale in commento, quindi, prevedendo specifici diritti previdenziali dei cittadini e dei lavoratori contribuisce ad attuare il principio di uguaglianza sostanziale tra tutti i cittadini in termini di esistenza libera da situazioni di bisogno anche dopo la cessazione dell attività lavorativa. Ad una prima indagine della norma costituzionale citata sembrerebbe che essa si limiti ad affermare l autonomia e la libertà dell assistenza privata, ovvero il principio per il quale mentre la previdenza pubblica assolve alla funzione di realizzare interessi riferibili a tutta la collettività organizzata nello Stato, essendo destinata all erogazione di prestazioni corrispondenti a mezzi adeguati alle esigenze di vita, la previdenza privata non realizza interessi pubblici anche perché è libera, e come tale eventuale e non necessaria. La previdenza privata quindi tenderebbe esclusivamente a realizzare l interesse privato - comune o collettivo - a più elevati livelli di copertura previdenziale, per cui il suo presupposto sarebbe costituito dall esistenza di una tutela previdenziale pubblica idonea a garantire l erogazione di mezzi adeguati alle esigenze di vita Cfr. Brambilla, Capire i Fondi Pensione, Milano L Autore in realtà focalizza l attenzione sulla funzione integrativa della previdenza complementare durante la vecchiaia, mentre in realtà le prestazioni di previdenza complementare come le anticipazioni ed i riscatti dimostrano una funzione più ampia, volta a far fronte ad esigenze di bisogno che si possono manifestare anche nel corso della vita lavorativa dell iscritto. 11 Cfr. Persiani, La Previdenza Complementare, Cedam, di 24

19 La libertà della previdenza privata prevista nel dettato costituzionale sarebbe da intendersi quindi semplicemente come libertà di dar luogo ad una forma di previdenza privata, e libertà di gestione della forma previdenziale costituita. Tale interpretazione dell art. 38 della Costituzione per quanto suggestiva appare fallace, soprattutto perché non riesce a spiegare il fenomeno della previdenza complementare nella sua interezza, soprattutto laddove esso riceve una rigida disciplina normativa, e viene ancorato dal legislatore ai medesimi presupposti necessari per il conseguimento delle prestazioni della previdenza pubblica. Allora sembra opportuno compiere un approfondimento ermeneutico ulteriore, alla stregua del quale la previdenza privata tutelata dall art. 38 co. 5 della Costituzione va riferita unicamente ad eventuali polizze vita sottoscritte dall interessato, mentre la previdenza complementare rappresenta un fenomeno diverso, in quanto funzionale a garantire adeguati mezzi di sostentamento al verificarsi di determinati presupposti, rilevanti anche per il regime previdenziale obbligatorio, soprattutto nell attuale sistema previdenziale, caratterizzato da una effettiva inadeguatezza delle prestazioni offerte rispetto alle esigenze dei lavoratori. Ed allora appare corretto evidenziare che sussiste un collegamento funzionale tra previdenza obbligatoria e previdenza complementare, avendo acquisito quest ultima, per espressa volontà legislativa stratificatasi negli anni, il compito precipuo di assicurare funzionalità ed equilibrio all intero sistema previdenziale. Ciò comporta inevitabilmente due conseguenze; la prima di ordine interpretativo è che l art. 38 co. 2 della Costituzione va riferito tanto alla previdenza obbligatoria che a quella complementare; la seconda di ordine comparativo è che l autonomia negoziale e la libertà di iniziativa devono comunque cedere di fronte ad interessi di ordine superiore, economici e sociali che assumono rilievo a livello costituzionale. Da tale abbinamento, avallato in più pronunce anche dalla Corte Costituzionale, scaturiscono conseguenze di rilevante impatto pratico. La prima è che i versamenti effettuati alle forme di previdenza complementare dai datori di lavoro non sono qualificabili come emolumenti retributivi con funzione previdenziale, ma costituiscono, strutturalmente, contributi di natura previdenziale, come tali estranei alla nozione di retribuzione imponibile agli effetti dell'assicurazione INPS. Né a tale conclusione contraddice il contributo di solidarietà, imposto dalla legge, sulle somme versate dai datori di lavoro a detti fondi (art. 9bis D.lgs n. 103/2001), trattandosi di una contropartita necessaria di tale estraneità, in esplicazione del "principio di razionalità-equità (art di 24

20 della Costituzione) coordinato col principio di solidarietà, con il quale deve integrarsi l'interpretazione dell'art. 38, secondo comma, della Costituzione. E questo onde far sì che la tutela dell'interesse individuale dei lavoratori ad usufruire di forme di previdenza complementare non vada disgiunta, in misura proporzionata, da un dovere specifico di cura dell'interesse pubblico a integrare le prestazioni previdenziali, altrimenti inadeguate, spettanti ai soggetti economicamente più deboli. Definire la contribuzione di previdenza complementare come contribuzione previdenziale comporta quindi che gli accreditamenti per la previdenza integrativa non concorrono a determinare la base di calcolo del trattamento di fine rapporto e dell indennità di anzianità 12. Del resto l evoluzione legislativa degli ultimi anni ha portato ad una definitiva distinzione tra trattamenti retributivi e accreditamenti per la previdenza complementare, nell ambito di un processo per il quale non sono più i versamenti contributivi che entrano nel Tfr ma è quest ultimo che serve ad alimentare la previdenza complementare. Per effetto di tale affrancamento dal concetto di retribuzione differita, i contributi alle forme di previdenza complementare acquisiscono il valore di contributi previdenziali, nella titolarità del soggetto giuridico cui sono destinati, e con natura di crediti dotati di valore privilegiato ai sensi dell art c.c. L interpretazione proposta ha anche un altro merito fondamentale, ovvero quello di creare armonia nel sistema previdenziale. Difatti la soluzione proposta consente di ritenere legittima una disciplina uniforme delle diverse forme pensionistiche complementari (oggi la normativa di riferimento per le forme pensionistiche complementari è il D.lgs 5 dicembre 2005 n. 252) quale che sia la loro fonte istitutiva (legale o contrattuale, obbligatoria o facoltativa) ed il settore interessato (dipendenti pubblici o privati), sì da conferire omogeneità al complessivo ambito della previdenza complementare, e, per altro verso, di precisare e generalizzare, per quanto potesse occorrere, il divieto di conseguire il relativo trattamento a prescindere dalle regole vigenti per l'assicurazione generale obbligatoria. 12 Anche la giurisprudenza di legittimità, mutando un suo precedente e più risalente orientamento, espresso nella sentenza a sez. unite n. 974/97, ha affermato che i versamenti pensionistici complementari non concorrono a formare reddito da lavoro dipendente. Cfr. Cass. Lav., 18 marzo 2013 n Si veda anche in dottrina il commento alla predetta sentenza di E. Pizzilli, I versamenti per la previdenza complementare restano fuori dalla base di calcolo di tfr e indennità di anzianità, in Osservatorio Giuridico Mefop n. 32, Roma, di 24

21 Il corretto inquadramento a livello costituzionale della funzione tipica della previdenza complementare consente di valorizzare anche le ulteriori norme Costituzionali che si riferiscono più o meno espressamente alle forme di previdenza complementare. Così l art. 47 Cost., che incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme, se riferito alla previdenza complementare acquisisce una nuova valenza, ovvero quella di garantire i fondi pensione non solo quali mezzi di risparmio (come potrebbe essere ad esempio il risparmio finanziario), ma quali peculiari forme di risparmio finalizzato, atte ad assicurare ai lavoratori una esistenza libera e dignitosa. E come tali esse sono assoggettate a quei controlli sull attività economica privata sanciti dall art. 41 Cost, a mente del quale: << la legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali>>. L interpretazione suggerita non contrasta neppure con la previsione dell art. 117 Cost., per il quale la materia della previdenza complementare non è oggetto di legislazione esclusiva da parte dello Stato, ma di legislazione concorrente, potendo anche le regioni svolgere attività normativa al riguardo. Invero in determinate realtà territoriali potrebbe essere necessario un intervento normativo ulteriore rispetto a quello generale affidato allo Stato per garantire maggiori livelli di protezione sociale, pur sempre nel rispetto dei fini fondamentali propri della previdenza complementare. E quindi sin troppo evidente che la normativa generale di riferimento è di competenza esclusiva dello Stato, e che in ogni caso la normativa regionale non potrebbe disincentivare la previdenza complementare, ma solo eventualmente incrementarla per effetto di specifiche previsioni 13. Chiarita la normativa costituzionale di riferimento va pure evidenziato che le forme di previdenza complementare per poter avere attuazione e realizzarsi compiutamente hanno dovuto attingere alla normativa esistente per ciò che riguarda la loro configurazione strutturale, il funzionamento degli organi di gestione, le modalità di finanziamento e la disciplina fiscale. Si è così avuto a riferimento il codice civile per delineare le principali configurazioni strutturali delle forme complementari, ed in particolare la normativa sulle associazioni e fondazioni. Quindi sono stati presi a riferimento gli artt. 36, 37 e 38 del Codice civile, disciplinanti, come noto, l ordinamento e l amministrazione delle associazioni non riconosciute (in generale la forma più 13 Si veda anche l art. 3 del D.lgs n. 252/2005, a mente del quale<<le forme pensionistiche complementari possono essere istituite da:..d) le regioni, le quali disciplinano il funzionamento di tali forme pensionistiche complementari con legge regionale nel rispetto della normativa nazionale in materia >>. 21 di 24

22 utilizzata) il loro patrimonio indivisibile, formato dai contributi versati dagli associati, ed infine le modalità di rivalsa da parte dei creditori a cui si fa salva la possibilità di agire direttamente nei confronti dei rappresentanti dell associazione. E stato preso a riferimento l abrogato art. 12 del codice civile 14, relativamente al riconoscimento della personalità giuridica, tant è che l attuale art. 4 co. 1 lett. b) del D.lgs n. 252 del 2005 prevede che i fondi pensioni sono costituiti come soggetti dotati di personalità giuridica, e che, in deroga alla disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000 n. 361, il riconoscimento della personalità giuridica consegue al provvedimento di autorizzazione all esercizio dell attività adottato dalla Covip; per tali fondi pensione, la Covip cura la tenuta del registro delle persone giuridiche e provvede ai relativi adempimenti. Sono stati presi a riferimento gli articoli 20 e 21 del codice civile (disciplinanti la convocazione delle assemblee e le relative deliberazioni), nonché l art c.c., che regola la possibilità di creare, con esplicite finalità previdenziali o assistenziali, patrimoni dedicati, separati da quello dell impresa, al fine di evitarne la commistione, e le cui caratteristiche principali sono la non distraibilità dal fine cui sono destinati, e l impignorabilità rispetto ai crediti da chiunque vantati nei confronti dell imprenditore o del lavoratore 15. Ugualmente nella delineazione della governance dei fondi pensione, e nella stesura degli statuti sono state utilizzate diverse disposizioni normative del codice civile in tema di organi di amministrazione e controllo delle società. Si è cercato insomma, in taluni casi, di utilizzare istituti esistenti, adattandoli alle esigenze proprie ed alle finalità tipiche della previdenza complementare; in altri cosi sono stati elaborati istituti autonomi specifici per le forme di previdenza complementare. Il sistema così costituitosi ha ricevuto una prima disciplina organica con l emanazione del D.lgs. n. 124 del 21 aprile Tale decreto e le sue successive modifiche (L. 335/1995, d.lgs n. 47/2000, d.lgs n. 252/2005) ha introdotto la prima disciplina organica e uniforme per tutte le forme di previdenza complementare 14 L articolo è stato abrogato dall art. 11 del D.P.R. n. 361/2001. Il testo dell art. 12 così disponeva: <<le associazioni, le fondazioni e le altre istituzioni di carattere privato acquistano la personalità giuridica mediante il riconoscimento concesso con decreto del Presidente della Repubblica >>. 15 Ai sensi dell art. 4 co. 2 i fondi pensione istituiti ai sensi dell art. 3 co. 1, lettere g), h) e i), possono essere costituiti altresì nell ambito della singola società o del singolo ente attraverso la formazione, con apposita deliberazione, di un patrimonio di destinazione, separato ed autonomo, nell ambito della medesima società od ente, con gli effetti di cui all art del codice civile. 22 di 24

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