RomAntica cultura. Invisibilità ed esclusione del popolo rom. a cura di Valentina Montecchiari, Martina Guerrini, Valeria Venturini

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1 RomAntica cultura Invisibilità ed esclusione del popolo rom a cura di Valentina Montecchiari, Martina Guerrini, Valeria Venturini in collaborazione con Centro Mondialità e Sviluppo Reciproco Livorno

2 Premessa PREMESSA Guido Frati, presidente Centro Mondialità Sviluppo Reciproco Briciole Trimestrale del Cesvot - Centro Servizi Volontariato Toscana n. 32, Aprile 2012 Reg. Tribunale di Firenze n del 21/07/2004 Direttore responsabile Cristiana Guccinelli Redazione Cristina Galasso Prodotto realizzato nell'ambito di un sistema di gestione certificato alle norme Iso 9001:2008 da Rina Services Spa con certificato n /04 Briciole è il nome che abbiamo dato alle pubblicazioni dedicate agli Atti dei Corsi di Formazione. I volumi nascono da percorsi formativi svolti per conto del Cesvot dalle associazioni di volontariato della nostra regione i cui atti sono stati da loro stesse redatti e curati. Un modo per lasciare memoria delle migliori esperienze e per contribuire alla divulgazione delle tematiche di maggiore interesse e attualità. Il Centro Mondialità Sviluppo Reciproco (Cmsr) è un associazione di volontariato fondata a Livorno nel 1979, impegnata sia in Italia che all estero in progetti di cooperazione internazionale, per cui dal 1983 opera attraverso il riconoscimento ufficiale di Organizzazione Non Governativa da parte del Ministero Affari Esteri. A livello internazionale, attualmente il Cmsr concentra i propri interventi in Tanzania (Regione di Dodoma), Palestina (Cisgiordania e Striscia di Gaza) e Bolivia (Regione del Chaco), in settori che riguardano la promozione della sanità di base, la lotta all Hiv/ Aids, il sostegno ai sistemi sanitari nazionali in generale, l approvvigionamento idrico, l agricoltura sostenibile, l accesso all istruzione da parte dei giovani e la formazione professionale. Per la realizzazione dei progetti il Cmsr prevede l invio di volontari internazionali che affiancano le comunità e i propri operatori locali. Gli interventi sono sempre ideati in modo da promuovere una stabile autogestione alla conclusione dei progetti e da favorire l auto-sviluppo della popolazione locale, grazie al coinvolgimento delle popolazioni beneficiarie e al partenariato con le Istituzioni locali. In Italia il Cmsr promuove iniziative di educazione alla mondialità sui tematiche legate all ambiente, all interculturalità e alla pace, rivolte soprattutto al mondo della scuola; fornisce un servizio di orientamento, informazione e promozione del volontariato, ospitando al contempo stagisti universitari e volontari in servizio civile nazionale e regionale; con l ausilio di numerosi volontari, realizza un servizio quotidiano di doposcuola per allievi delle Scuole medie inferiori; sostiene pratiche di consumo critico come il commercio equo e solidale (attraverso la propria Bottega del Commercio Equo gestita in collaborazione con la Cooperativa Wipala), la Finanza etica (ospitando banchieri ambulanti di Banca Etica), i gruppi di acquisto solidale (offrendo i propri locali al Gas di Livorno per la vendita dei prodotti agricoli a chilometro zero ) e, non da ultima, dirige la raccolta ed il riciclo di tappi e altra plastica Pe nell ambito della campagna Dall acqua per l acqua facciamola bere anche in Tanzania! ; gestisce il Centro di documentazione e formazione all interculturalità Oscar Romero, è organismo editore della rivista Volontari per lo sviluppo e realizza il periodico Karibu sulle attività dell associazione stessa. Il Cmsr agisce in collaborazione ed in partenariato con numerosi soggetti, e prende parte a diverse iniziative di coordinamento. Federata a Volontari nel mondo Focsiv, è membro dell Associazione delle Ong italiane, partecipa al Tavolo Africa della Regione Toscana e ai Gruppi di Lavoro attivati al suo interno; collabora con il mondo ecclesiale, in particolare con la Diocesi di Livorno, la Caritas e la Cei; è promotore e parte del Protocollo di Intesa con la Provincia e il Comune di Livorno 3

3 Premessa e la Regione di Dodoma (Tanzania) per la cooperazione in vari ambiti, tra i quali il supporto alla governance locale, i servizi idrici e sanitari. In Tanzania il Cmsr è accreditato presso il Programma Mondiale per l Alimentazione (Pam/Wfp) e presso la Tanzanian Public Health Association (Tpha); è membro eletto del Comitato per lo Sviluppo della Regione di Dodoma in rappresentanza delle organizzazioni della società civile operanti sul territorio; partecipa al Ngo Network for Dodoma Region (Ngonedo). Le origini e le ragioni dell impegno nei confronti dei rom Nella notte tra il 10 e l 11 agosto 2007, alla periferia di Livorno, morivano nel rogo nella loro misera baracca quattro bambine e bambini rom: Eva, Danciu, Menji e Tutsa. Diversi aspetti dell incidente non sono mai stati del tutto chiariti, ma i rispettivi genitori, distrutti dal dolore, furono immediatamente incarcerati e, a seguito di indagini sommarie sulle responsabilità del tragico incendio, pochi mesi dopo vennero condannati per abbandono di minore: unici colpevoli in un quadro di generale autoassoluzione. La notizia della strage irruppe in quella calda estate, mentre gran parte dei livornesi era in vacanza, provocando sentimenti di angoscia autentica, solidarietà umana e di rivolta contro l ennesimo dramma della discriminazione sociale; ma l atteggiamento prevalente in città fu quello dell indifferenza, quando non di malcelato fastidio. Mentre le istituzioni locali decretavano il lutto cittadino per le piccole vittime, attorno alle condizioni di vita dei rom e sinti si aprirono discussioni, polemiche e recriminazioni che lacerarono la collettività livornese, le forze politiche e persino l ambiente cattolico, rivelando peraltro la persistenza di pregiudizi, luoghi comuni e finanche atteggiamenti razzisti. Tale ondata di attenzione e coinvolgimento, per quanto contraddittoria e problematica, invece di aprire una più profonda riflessione sullo stato delle relazioni tra le persone e sui meccanismi di emarginazione che pesano sulla nostra società, è ben presto rientrata nell alveo della cosiddetta normalità, e la città si è dimostrata impermeabile ad un possibile quanto necessario ripensamento etico, culturale e politico per convivere con bambini, donne e uomini oggi ritenuti esclusivamente come un problema da allontanare, reprimere, nascondere in qualche discarica umana, soprattutto se non vogliono integrarsi. Questo ricatto della tolleranza, infatti, condiziona il riconoscimento dei diritti più elementari - la cui sistematica violazione da parte dello Stato italiano continua ad essere segnalata a livello internazionale - e lo subordina alla disponibilità delle minoranze rom e sinti ad accettare la logica dell assimilazione, ossia a vivere, pensare, lavorare e persino vestirsi come noi. Tutti ormai sono consapevoli che la nostra non è la più sensata e giusta delle società possibili, ma di fronte ai popoli rom e sinti immancabilmente scatta la presunzione di far parte di una civiltà superiore, anche se vengono quotidianamente rinnegati i fondamenti stessi del vivere civile. L incapacità di riconoscere quanto siano intrecciate e comunicanti le rispettive storie e culture, compresi i rispettivi problemi e difficoltà, oltre a rimanere un nodo che soffoca la possibilità di costruire un presente diverso e migliore per tutti, appare ancor più paradossale in un contesto come quello livornese che rivendica con orgoglio l essere stato un porto franco per genti, culture, religioni ed eresie diverse. Questo passato, se in qualche modo ha aiutato l accoglienza - per quanto relativa, degli immigrati dal Sud del mondo che a partire dagli anni Ottanta sono approdati a Livorno, non si è tradotto in un atteggiamento meno prevenuto, meno ostile, da parte dei livornesi nei confronti degli zingari, coi quali peraltro condividiamo una secolare vicinanza. Se poi si procede con l indagare, anche in modo superficiale, quanto le singole persone conoscono realmente questo mondo verso cui provano tanta avversione, appare evidente come prevalga una visione costruita esclusivamente su falsi miti, pessimo giornalismo, convincimenti senza logica e privi di fondamenta dettati dall esperienza. Il sentito dire diventa quindi falsa opinione, rafforzata magari dal disagio provato di fronte ad una persona che chiede con insistenza l elemosina o dal risentimento per l essere stato vittima di un furto. Eppure, quando i soggetti non sono zingari, siamo tendenzialmente inclini a perdonare chi ruba per miseria, e si è persino disposti a concedere attenuanti alle ben più rilevanti rapine, più o meno legalmente perpetrate ai danni dell umanità dai detentori del potere economico e politico. Questa disparità di trattamento nei confronti dei rom è generalmente riscontrabile persino nelle politiche sociali delle amministrazioni locali, attente magari ad altre fasce deboli o svantaggiate, ma quasi sempre inadempienti e in taluni casi persino persecutorie verso questa minoranza invisibile. Così come, anche nel contesto dell associazionismo solidale e del volontariato civile, risulta addirittura più semplice occuparsi dei gravi problemi di sopravvivenza oltre i confini del mondo industrializzato, piuttosto che ai margini delle sue periferie urbane. Conseguentemente, anche tra le persone sensibili alle tematiche dell inclusione, dei diritti negati e delle emergenze umanitarie, nonché disponibili a svolgere attività di volontariato, si riscontra una maggiore conoscenza e motivazione personale nel prestare la propria opera a favore dei dannati della terra abitanti in aree geografiche lontane, piuttosto che intervenire nelle fatiscenti zone suburbane a noi più vicine, ove le condizioni di vita per rom, sinti, extracomunitari e italianissimi senza dimora risultano analoghe a quelle di certe situazioni del cosiddetto Terzo Mondo. Da qui la consapevolezza di quanto sia necessario lavorare con più direzioni e livelli: stabilire relazioni umane in grado di ridurre l isolamento, attraverso una 4 5

4 Premessa comunicazione paritaria; individuare assieme agli interessati forme concrete di mutuo soccorso per fronteggiare le contingenze più a rischio; sollecitare decisamente le amministrazioni locali e fornire loro consulenza affinché rendano possibile la realizzazione di progetti condivisi e gestibili direttamente dai destinatari; il monitoraggio, la denuncia e il rifiuto attivo delle diverse espressioni di discriminazione compiute da mezzi d informazione, rappresentanti istituzionali e gruppi xenofobi; realizzare occasioni di incontro e socialità comuni, a fianco di iniziative di conoscenza e sensibilizzazione non soltanto nelle scuole, ma anche nei più diversi spazi d aggregazione (centri sociali anziani, circoli ricreativi, case del popolo, ecc.). Si tratta, senza dubbio, di un lavoro impegnativo e che richiede persone, risorse, tempo e saperi; ma non di meno è l unica strada possibile per pensare un domani meno opprimente. Anche i rom e i sinti hanno da insegnarci molto: ad esempio, quanto sono prive di significato le frontiere. Ben prima dell unione politica europea e della mondializzazione, loro possono infatti dirsi non solo i primi cittadini d Europa, ma del mondo intero. L esperienza del Cmsr Il Cmsr ha inteso apportare il proprio contributo per promuovere la conoscenza e l affermazione dei diritti dei rom attraverso l organizzazione di due percorsi formativi specifici rivolti a quanti, principalmente nell ambito di associazioni, operano per l affiancamento ed il sostegno ai rom stessi. Grazie al supporto del Cesvot, alla collaborazione dei numerosi partner (sei enti livornesi - le associazioni don Nesi/ Corea, Svs e Caritas, la Comunità di Sant Egidio, l Istituto Salesiano e la Asl 6, ed un ente extraterritoriale - la Fondazione G. Michelucci di Fiesole) e all interesse dei partecipanti, è stato infatti possibile realizzare due edizioni del corso denominato RomAntica cultura che si configura quale esempio probabilmente unico sulla tematica presa in esame. In particolare, la seconda edizione del Corso ha previsto un piano della didattica di oltre 40 ore (svolte nel periodo febbraio giugno 2012), articolate in 2 incontri seminariali aperti al pubblico e 10 lezioni teoriche su tematiche specifiche diverse (inerenti la giurisdizione italiana ed europea, le emergenze abitative, la questione di genere, l inserimento scolastico dei minori, il ruolo dei mass-media nel forgiare stereotipi e pregiudizi, ecc), condotte da docenti diversi, provenienti dal mondo accademico così come dal mondo dell associazionismo e delle Istituzioni. Il corso si è configurato quale strumento volto a concorrere alle seguenti finalità generali: a. promuovere l accesso ai diritti e le condizioni di vita in generale dei rom in Italia, con particolare riferimento alle comunità presenti in Toscana; b. promuovere la cultura dell accoglienza e della conoscenza contro l intolleranza e il pregiudizio da parte della cittadinanza nel suo complesso, con particolare riferimento alla realtà toscana e livornese; c. migliorare la qualità e l incisività delle iniziative di supporto ai rom condotte dalle organizzazioni del volontariato. sul territorio livornese e toscano in generale. Più specificatamente, attraverso il Corso si è puntato a: 1) potenziare le competenze delle singole associazioni livornesi e toscane attraverso l incremento delle conoscenze dei singoli operatori; 2) migliorare le conoscenze e le capacità dei partecipanti in relazione alle tematiche affrontate dal corso e alle peculiarità del territorio livornese e toscano in particolare; 3) promuovere la sinergia e il lavoro di rete tra gli operatori e tra le Associazioni livornesi e toscane, al fine di valorizzare e potenziare le singole iniziative e facilitare lo scambio di buone prassi. A fronte di quanto riportato dai risultati dell indagine valutativa predisposta dai partecipanti, dalla tutor e dagli stessi partner, riteniamo che il Corso si sia configurato quale strumento efficace per concorrere al raggiungimento degli obiettivi preposti. Questo giudizio muove peraltro anche dall attenta considerazione di più elementi monitorati in itinere: il clima d aula, caratterizzato da un alto livello di partecipazione e da momenti di dibattito anche acceso tra gli stessi corsisti; l interesse mostrato tanto nei confronti delle diverse esperienze esposte da testimoni diretti come delle docenze più accademiche; non da ultimo, il coinvolgimento di un corsista che si è offerto di organizzare un evento formativo non inizialmente previsto nella didattica ufficiale, rivelatosi di estremo interesse. Durante l incontro finale, poi, è stata espressa da parte dei partecipanti la volontà di avviare/continuare attività di volontariato all interno degli enti partner e alcuni di questi hanno proposto idee progettuali (eventi pubblici, corsi di formazione, seminari, campagne di advocacy) inerenti alle tematiche dell anti-razzismo e dell inclusione sociale da realizzarsi sul territorio livornese. A tale proposito, è stata proposta la costituzione di un gruppo di lavoro per realizzare laboratori e altre attività educative all interno delle scuole medie e superiori sul territorio, per favorire una maggiore comprensione delle tematiche in oggetto e sensibilizzare la cittadinanza partendo dai giovani. Per completezza, preme riflettere anche su come gli stessi corsi RomAntica Cultura abbiano fornito l opportunità per sviluppare e valorizzare capacità e abilità da parte di alcuni singoli coinvolti, che hanno inteso proseguire un percorso di studio e approfondimento delle tematiche trattate. Ricordiamo a tale proposito il tutor didattico del primo Corso, partecipante in qualità di docente nell annualità 6 7

5 Introduzione successiva, o una corsista della prima edizione, coinvolta quale tutor nella seconda. La rielaborazione degli argomenti trattati durante le docenze ha richiesto poi il coinvolgimento di quest ultima e di altre due corsiste della seconda edizione. Peraltro, se questa pubblicazione avrà un merito oltre agli interessanti contributi singolarmente forniti dai vari autori, lo dovremo sicuramente all impegno appassionato e a all apporto originale di queste tre giovani donne. Dal canto suo, il Cmsr non può che vantare con orgoglio l intero percorso intrapreso attraverso il progetto RomAntica cultura, dai risultati conseguiti fino a questo lavoro. Introduzione Martina Luisi Questa pubblicazione è frutto di un lavoro collettivo che unisce gli atti di due edizioni del corso di formazione per volontari RomAntica cultura, organizzate dal Centro Mondialità Sviluppo Reciproco (Cmsr) di Livorno con la collaborazione di numerosi enti ed il supporto del Cesvot, ed i saggi di due ricercatrici che si occupano rispettivamente della questione rom e di gender studies. La pubblicazione offre uno sguardo plurale su analisi, metodologia e proposte operative, poiché molteplici e diversi sono i contributi accolti, così come i percorsi personali che inevitabilmente vi sono implicati. Le dissonanze e le assonanze degli interventi qui proposti rappresentano proprio la ricercata conseguenza di tali differenze: è infatti stato privilegiato un approccio articolato che renda conto della complessità dei problemi e delle soluzioni adottate o perseguibili in direzione dell urgente necessità di realizzare compiutamente la convivenza e l inclusione dei rom e dei sinti. Le differenze coinvolgono anche lo stile narrativo: sono infatti presenti saggi di ordine tecnico o accademico, quale risultato di ricerche di docenti universitari e ricercatori, e racconti di esperienze vissute dai protagonisti, narrate spesso in modo tagliente e polemico, quando non appassionato e coinvolgente. Alle lettrici e ai lettori è quindi affidata l opportunità di iniziare ad approfondire e scegliere un proprio e personale percorso, così come di interrogarsi e muovere dubbi assieme a chi ne promuove l utilità formativa e interculturale. Il nostro intento non ha pertanto pretese di ordine prescrittivo; è stato al contrario ritenuto prioritario in conseguenza della persistente e diffusa discriminazione contro uomini e donne rom e sinti decostruire alcuni luoghi comuni razzisti e sessisti inscritti da troppo tempo nel nostro senso comune. Abbiamo ordinato i saggi seguendo un percorso immaginario che introduca chi legge attraverso la storia dei rom e dei sinti, le teorie e le politiche discriminatorie passate e presenti, i lineamenti normativi italiani ed europei adottati, e le esperienze di gruppi e singoli operatori. La prima parte dei documenti raccolti introduce alla storia delle origini e delle migrazioni dei rom e dei sinti, che risulta inevitabilmente connessa alla storia della loro discriminazione. La riflessione di Tiziano Ferri muove dai primi spostamenti lungo l India centrale fino al Pakistan e la Persia ( d.c.), soffermandosi sui primi lineamenti di teoria scientifica positivista quale preludio delle successive persecuzioni fasciste e naziste. Stefania Pontrandolfo offre un inquadramento generale sulle origini e sulle migrazioni dei rom e dei sinti, ed introduce la problematica questione dell identità. 8 9

6 Introduzione L autrice dimostra che la diffusa tendenza ad uniformare i gruppi familiari sotto una medesima e condivisa identità è priva di fondamento, poiché ciascun gruppo ha proprie e peculiari caratteristiche: ad esempio, non tutti i rom sono stranieri, non tutti sono nomadi e pochi praticano mestieri ambulanti. Marco Rossi ricostruisce le tragiche vicende delle popolazioni rom e sinti e del loro sterminio ad opera dei regimi nazifascisti, dalle prime misure di discriminazione ai campi di concentramento. Nonostante diversi studi indichino che le vittime delle politiche antizigane siano state tra 220mila e mezzo milione di unità, questo genocidio è stato per decenni dimenticato e rimosso, tanto che soltanto nell ottobre 2012 è stato inaugurato a Berlino il Memoriale dedicato ai rom e ai sinti vittime dei lager, situato vicino a quelli che, rispettivamente, ricordano l Olocausto degli ebrei e degli omosessuali. La ricostruzione inizia, non casualmente, con l analisi delle misure giuridico-sociali varate contro i cosiddetti soggetti asociali già prima dell avvento del nazismo e poi utilizzate per internare legalmente numerose categorie di cittadini tedeschi ritenuti incompatibili con il nuovo ordine hitleriano, tra i quali anche gli zingari. Questa prima fase rappresentò a tutti gli effetti la premessa della successiva politica di annientamento - in lingua rom conosciuto come Porrajmos, il grande divoramento e costituisce ancora oggi un monito sugli esiti della criminalizzazione delle diversità e su come l obbedienza alle leggi statali possa divenire l anticamera di crimini contro l umanità. Federico Benassi presenta un approfondito studio demografico sulla statistica impossibile dei rom e dei sinti. In accordo con la difficoltà di rilevare una identità permanente e unica nella mappatura di questi gruppi, l autore evidenzia i problemi metodologici connessi ad assumere il concetto statistico di popolazione, difficile da determinare in assoluto e, nel contesto delle comunità rom e sinti, complicato dalla particolare composizione degli elementi che lo comprendono: alla dicotomia tra componente stabile e instabile si associa la divisione tra popolazione straniera e italiana, stabile, semi stabile e non stabile. La seconda parte fornisce un analisi più approfondita delle molteplici discriminazioni contro donne e uomini rom e sinti in Italia ed in Europa. I primi contributi sono costituiti da estratti del libro I pregiudizi contro gli zingari spiegati al mio cane di Lorenzo Monasta, scritto con esperienza, competenza e passione e attraverso cui è possibile iniziare ad affrontare in modo semplice ma efficace i nodi critici del pregiudizio italiano contro i rom e i sinti. Stefano Romboli presenta il Tentativo di decalogo per la convivenza interetnica di Alex Langer, offrendo una personale lettura del testo, riprodotto integralmente in calce all intervento, nel tentativo di promuovere modalità teoriche e pratiche per una convivenza possibile. Martina Guerrini propone un rovesciamento di prospettiva sul sessismo contro le donne romni, contestando l idea che la molteplice discriminazione di genere sia inscritta in una monolitica tradizione patriarcale delle comunità roma, e dimostrando al contrario come questo approccio riveli un doppio stereotipo razzializzato e sessualizzato - quale quello del rom stupratore e della romni sottomessa - utile ad applicare dispositivi istituzionali sessisti e razzisti contro le comunità romanés. La ricercatrice, infine, affronta alcune problematiche di ordine metodologico, denunciando il rimosso dell asse di classe nell analisi dell intersezionalità delle oppressioni di genere come parte della più complessa questione della produzione di verità nel discorso pubblico, ovvero della produzione di categorie e discorsi egemonici nelle politiche istituzionali così come in quelle di radicale opposizione. Valeria Venturini descrive lo status di discriminazione multipla al quale sono sottoposte le donne e le giovani rom in Europa. L autrice si sofferma in particolare sull accesso al sistema scolastico da un punto di vista di genere, oltre alla partecipazione al mondo del lavoro e della politica, fino alla urgente questione della segregazione abitativa. Lorenzo Guadagnucci, giornalista e co-fondatore del gruppo Giornalisti contro il razzismo, nato nel 2008 attorno ad un appello per una autoregolamentazione del linguaggio da parte dei giornalisti stessi, si sofferma sulla campagna Mettiamo al bando la parola clandestino (e non solo quella), che chiede ad ogni cronista di fare un uso attento e responsabile del linguaggio, evitando alcune parole di uso corrente, frutto di stereotipi ormai discriminanti in materia di immigrazione e di notizie riguardanti il popolo rom. L autore approfondisce i meccanismi e gli automatismi semantici dei media mainstream, responsabili delle parole tossiche e sporche che orientano e performano il nostro senso comune sulle politiche della sicurezza e della lotta all immigrazione. Il saggio di Sabrina Tosi Cambini e Massimo Colombo della Fondazione G. Michelucci si propone di presentare la storia degli insediamenti di rom e sinti in Toscana e di indagare come si sono sviluppate le soluzioni dell emergenza abitativa attraverso un analisi critica delle leggi regionali. Vi è una particolare attenzione e denuncia della scelta dei luoghi di permanenza per le comunità rom e sinte da parte delle istituzioni regionali, spesso disposte su ex discariche, ritagli di terreno al bordo di ferrovie, autostrade, grandi arterie di traffico. Sono altresì valorizzati e dettagliatamente illustrati alcuni esempi di buone politiche abitative, quali, ad esempio, la realizzazione delle sei case del villaggio del Guarlone a Firenze, come punto di partenza del processo di superamento del campo nomadi come contenitore zingaro, e tollerato apartheid del moderno scenario urbano. Marcello Palagi descrive un appassionata esperienza personale di conoscenza, scambio e amicizia con una comunità rom della provincia di Massa-Carrara, 10 11

7 Introduzione ponendo interrogativi scomodi alle istituzioni, in un racconto che sa coniugare la partecipazione politica all approfondimento storico e teorico. La terza parte è costituita da contributi volti ad esaminare, quale caso specifico, l accesso ad un particolare diritto, quello alle cure sanitarie, da parte delle comunità rom e sinte. Valeria Venturini descrive un quadro europeo preoccupante sul rapporto tra donne rom e sistema sanitario. Sono in particolare denunciate urgenze legate alla mancanza di prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili, alla salute materna con le conseguenti complicazioni pre e post parto, ai disagi psicologici e all abuso di alcol. Le principali difficoltà, secondo l autrice, sono state riscontrate a seguito della mancanza di informazione dei diritti e dei servizi erogati, come diretta conseguenza delle barriere linguistiche e culturali presenti in Europa. Olivia Curzio offre un quadro ancora più specifico di quelle che sono le malattie più diffuse all interno delle comunità rom. Preoccupanti appaiono inoltre i dati sulla popolazione, in maggioranza giovane, dovuti all alto tasso di mortalità infantile e prematura degli adulti. Questo fenomeno è conseguenza delle precarie condizioni sociali ed economiche in cui vertono alcune comunità, ed è aggravato dalle difficoltà e dalle barriere per accedere ai servizi sanitari primari. Rosa Maranto colloca e approfondisce i servizi offerti dai consultori all interno del servizio sanitario pubblico. In particolare, l autrice definisce il consultorio come un servizio ad alta integrazione socio-sanitaria, agente su tre livelli: quello socio culturale, quello preventivo e quello curativo. La quarta parte propone di connettere l analisi critica di metodi e procedimenti giuridici e l illustrazione delle normative e dei provvedimenti europei ed italiani concernenti la situazione dei rom e dei sinti. Alessandro Simoni spiega ed approfondisce i lineamenti essenziali della Critical race theory, la teoria critica che attacca il mito della neutralità dell ordinamento di fronte all identità razziale, la cosiddetta colorblindness. L autore propone un indagine interessante ed in parte inedita delle norme italiane contenute nel pacchetto sicurezza del 2009, non limitandosi a generiche critiche circa l esistenza di pregiudizi, ma ritenendo che il problema risieda nella comprensione dei meccanismi attraverso i quali questo orienta di fatto l operare delle istituzioni. L intervento di Valeria Venturini prende le mosse dall analisi di Kumlicka sulla difficoltà, da parte degli Stati moderni, di inserire (e definire) i rom in uno dei due modelli culturali: le minoranze nazionali e le popolazioni indigene. All approfondimento delle singole normative europee, da parte di Venturini, fa seguito l elenco puntuale delle norme comunitarie, nazionali, regionali e provinciali, delle circolari, della giurisprudenza e delle decisioni Osce, riguardanti le comunità rom e sinte, curata dall avvocato Andrea Callaioli. L ultima parte, più propriamente descrittiva, propone le esperienze personali e collettive di singoli ed associazioni. La regista Sara Fasullo racconta l episodio a cui è ispirato il documentario Seminateci bene: lo sgombero di una campo rom abusivo in via Rubattino a Milano con il conseguente allontanamento dei bambini dalle scuole e dalla realtà di cui ormai facevano parte. Il filmato è anche la testimonianza di un esempio di solidarietà e integrazione tra famiglie rom, insegnanti, genitori e persone del quartiere che hanno cercato di creare una rete per ricostruire le relazioni umane che lo sgombero aveva distrutto. Elena Bizzi e Luca Santoni sono due operatori che si occupano di progetti a sostegno delle famiglie rom. La loro storia coinvolge una fitta rete di associazioni sul territorio livornese, le quali si sono prodigate per dare vita ad iniziative e attività di supporto, quali l inserimento scolastico e abitativo, reperire strumenti di sostegno alle spese di affitto, creare laboratori e percorsi di sensibilizzazione. Giulia Mancini introduce l esperienza svolta dal Cmsr in collaborazione con l associazione don Nesi/Corea e con il supporto della Provincia di Livorno presso alcune classi dell Istituto scolastico superiore Luigi Orlando. Attraverso la descrizione del percorso educativo, dalle attività propedeutiche fino alla valutazione finale dell intervento, l operatrice prende in esame i pregiudizi da parte degli allievi nei confronti degli zingari ed il tentativo da parte degli educatori di educare ad un pensiero critico, autonomo e attivo. Sabatino Caso racconta, infine, la realtà dei volontari della Comunità di Sant Egidio nell incontro con le famiglie rom e le loro difficoltà. L autore descrive le azioni di solidarietà, aiuto e amicizia che negli anni sono state intraprese, in particolare nel territorio di Pisa e Livorno, assistito dalle testimonianze di Roberto Caso e Maria Aufieri

8 Capitolo I - Rom d'europa CAPITOLO I I rom d Europa Stefania Pontrandolfo Presenterò di seguito il caso etnografico dei cosiddetti gruppi zingari europei, per dimostrare attraverso un caso esemplificativo le modalità con cui un approccio antropologico può letteralmente smontare una serie di pregiudizi etnocentrici riguardo a gruppi sociali in maniera semplicistica considerati marginali. Possiamo cominciare partendo proprio da alcune visioni stereotipate sui cosiddetti zingari riguardanti il loro presunto nomadismo, la loro presunta marginalità, la loro presunta inattitudine al lavoro, il loro presunto rifiuto della scolarizzazione', in qualche caso riguardanti anche stereotipi positivi legati alle eccezionali abilità musicali dei rom dei Balcani o alla mitizzata bellezza delle Gitane spagnole (il cui prototipo è rappresentato dalla figura letteraria della Carmen). 1. Brevi cenni storici dei rom d Europa Per introdurre una breve storia dei gruppi rom in Europa utilizzerò una carta storica che, sinteticamente, traccia l itinerario delle migrazioni di tali gruppi dall India verso l Occidente a partire dal Medioevo (vedi Figura 1). A partire dall anno Mille, per motivi non ancora ben appurati dagli storici, ma presumibilmente legati a gravi crisi economiche e politiche, si sono avviate ondate migratorie verso Ovest che hanno interessato segmenti molto ampi della popolazione indiana, tra cui gli antenati degli attuali rom europei. A partire da questa prima migrazione, alcuni di questi gruppi si sono insediati stabilmente nei Paesi di arrivo, altri hanno proseguito la migrazione verso Ovest in tempi e per motivi storici diversi. Figura 1 15

9 Capitolo I - Rom d'europa L origine indiana delle popolazioni rom europee e il percorso migratorio seguito dai vari gruppi sono stati dimostrati grazie alla ricerca sulla loro lingua, il romanes, la cui base lessicale e sintattica proviene dal sanscrito, l antica lingua indiana, ma si è arricchita nel tempo di prestiti linguistici acquisiti nei Paesi della lunga migrazione verso Ovest (persiano, armeno, lingue slave, greco, ecc.). Ciò che la struttura della lingua testimonia è che, a mano a mano che tali gruppi si spostavano verso Ovest, alcuni sono rimasti nei nuovi Paesi accoglienti, altri hanno seguito i grandi flussi migratori provocati da crisi economiche o politiche di questi Paesi (e questo anche se in essi erano insediati da molto tempo, almeno il tempo necessario a permettere la sedimentazione nella loro lingua del lessico e delle strutture linguistiche del Paese ospitante, quindi un tempo che poteva durare anche secoli). Le migrazioni dall Europa dell Est all Europa occidentale, per esempio, sono avvenute tra la fine del 400 e l inizio del 500, quindi molti secoli dopo le prime migrazioni dall India, e sono state provocate dall avanzata dell Impero turco in Europa orientale. Molti rom sono dunque giunti in Italia, insieme a tante altre popolazioni cristiane provenienti dall area balcanica, in fuga dal dominio ottomano (di queste migrazioni resta tuttora viva testimonianza nella presenza di comunità croate o albanesi in molte regioni italiane). I gruppi rom che sono giunti in Italia alla fine del 400, tuttavia, avevano alle spalle una lunga storia di insediamento nei Paesi di area balcanica, storia testimoniata da grandi differenze, anche a livello linguistico, tra i gruppi provenienti dai Paesi slavi dell Europa dell Est e i gruppi provenienti dai Balcani meridionali. I gruppi rom giunti via terra in Italia settentrionale dall Europa dell Est (vedi Figura 1) parlano una variante di romanes che si distingue per la presenza di molti prestiti di lingue slave. Tali prestiti risultano assenti nel romanes dei rom giunti in Italia meridionale per via marittima (vedi Figura 1), ma tale assenza è compensata dalla forte presenza di prestiti dalla lingua greca. Il romanes, così come la storia di questi gruppi, si presenta dunque fin dalle prime indagini con tratti culturali estremamente differenziati. La lingua parlata dai diversi gruppi europei, pur avendo in comune la stessa base di sanscrito, persiano e armeno, è molto diversa da un gruppo all altro e il fatto stesso che oggi sia conservata o meno rappresenta l eredità della storia differenziata vissuta dai gruppi rom in diverse zone del nostro continente. 2. Il modello logico della definizione zingari Per comprendere come agisce la discriminazione contro i rom, illustrerò il modello logico con cui solitamente sono interpretate le notizie riguardanti i rom d Europa. Schema ad anelli: modello logico della categoria zingari Per leggere correttamente il grafico è necessario pensare che dietro alla generica (e dispregiativa) definizione di zingari si cela una grande diversità di situazioni reali che bisogna imparare a distinguere. Come per la lingua, anche tutti gli altri tratti culturali attribuiti nel nostro immaginario stereotipizzato agli zingari (il nomadismo, un certo tipo di abbigliamento, ecc.) vanno considerati per quello che sono da un gruppo all altro. La categoria zingari non va dunque intesa come una categoria onnicomprensiva, né come una cultura omogenea e stabile al suo interno, bensì come tutte le culture, come una categoria sfumata, un insieme caleidoscopico di tratti culturali che si combinano di volta in volta in maniera diversa. Possiamo dunque rappresentare la categoria zingari come una catena di anelli che si sovrappongono parzialmente. Per esempio, se nel primo anello della catena consideriamo i cosiddetti Tinkers irlandesi e nel secondo i Gitani spagnoli, vedremo come essi hanno in comune ben poche cose: il primo gruppo pratica ancora il nomadismo, il secondo no; il primo gruppo parla ancora varianti del romanes, il secondo no; entrambi, tuttavia, celebrano matrimoni endogamici all interno del gruppo (il matrimonio avviene prevalentemente tra Tinkers e prevalentemente tra Gitani). Se, al contrario, in un anello consideriamo i Manuš francesi e li compariamo ai rom dell Italia meridionale, anche qui troveremo alcuni tratti in comune, ma allo stesso tempo tante caratteristiche che li distinguono (i primi praticano tuttora mestieri itineranti, i secondi sono completamente sedentari e integrati nel mondo lavorativo dei non rom; i primi parlano una variante di romanes, i secondi no; entrambi osservano delle forme socialmente regolate e interne al gruppo di rispetto dei propri defunti). In sintesi, ogni anello della catena ideale che rappresenta l insieme dei gruppi europei che vengono in maniera indifferenziata definiti zingari può avere in comune alcuni tratti con altri anelli (rappresentate graficamente dallo spazio di 16 17

10 Capitolo I - Rom d'europa intersezione di due anelli), tuttavia potrebbe averne tanti altri che li distinguono (lo spazio interno non condiviso di ogni anello). I due anelli agli estremi della catena potrebbero, infine, non avere proprio nulla in comune. L interpretazione dello schema ad anelli dimostra quanto sia difficile di fatto stabilire in modo definitivo quali siano i tratti necessari e sufficienti per definire chiaramente la categoria zingari. Abbiamo visto come non sia possibile individuare delle costanti per quanto riguarda una storia comune e nemmeno una lingua comune: di fatto questi ultimi segni culturali non definiscono in maniera definitiva l identità culturale di tutti i gruppi che possiamo inserire nella categoria. La variabilità interna alla categoria può essere indagata anche attraverso molti altri elementi o aspetti culturali. Basti pensare alle denominazioni: al nostro appellativo onnicomprensivo e dispregiativo di zingari corrispondono tantissime autodenominazioni da parte dei gruppi rom europei. Oltre alle autodenominazioni a noi più familiari perché utilizzate dai gruppi italiani (rom in Italia meridionale e sinti in Italia settentrionale), si riscontrano in Europa gruppi che si autodenominano Manuš e Jeniche (in Francia), Gitani e Kalé (in Spagna), Tinkers (in Irlanda), Travellers e Romanichels (in Gran Bretagna), Rudari, Xoraxané, Dassikané (nei Paesi dei Balcani e dell Europa orientale). La lista potrebbe continuare, ma quello che qui interessa è che esiste un punto di vista interno ai diversi gruppi sulla propria identità: si tratta di comunità che hanno una precisa coscienza delle caratteristiche che hanno in comune con altri gruppi simili, ma anche una altrettanto precisa consapevolezza della loro diversità rispetto ai non rom e rispetto ad altri rom. Nella carta 2 si può leggere la ripartizione approssimativa delle autodenominazioni dei gruppi rom in Europa. Per una ragione etica (il rispetto delle identità dei gruppi) e per una ragione pratica (la necessità di facilitare la comunicazione), seguendo inoltre le indicazioni della recente ricerca scientifica al riguardo (Piasere, 2004), si è scelto di utilizzare l appellativo rom d Europa per parlare dell insieme delle comunità definite nel senso comune e in modo dispregiativo zingari. Bisogna che sia chiara la necessità di contestualizzare sempre le conoscenze riguardo ai diversi gruppi, poiché si tratta di comunità che, nel corso dei secoli della loro permanenza in Europa, hanno acquisito non solo la cittadinanza degli Stati europei in cui si sono insediati, ma anche parte della cultura di questi Stati (basti pensare all inserimento nei tessuti economici locali o alla pratica della confessione religiosa maggioritaria del Paese in cui vivono da generazioni). Per chiarire ancora meglio questa necessità, presenterò ora alcuni dati statistici riguardo alla presenza di queste comunità in Europa, anticipando che i dati su popolazione e insediamento offrono l immagine di un Europa in cui la presenza rom è, ancora una volta, molto differenziata. In primo luogo devo fornire alcuni dati statistici riguardo alle cosiddette tre Europe zingare (Piasere, 2004). È possibile distinguere diverse zone d Europa, infatti, in base alla presenza concentrata o dispersa delle comunità. La prima Europa zingara è costituita dall Europa dell Est e dall Europa balcanica. Questa zona costituisce il nucleo duro della presenza rom in Europa, cioè la zona in cui maggiori sono la concentrazione e il popolamento di queste comunità. Le percentuali della presenza dei rom rispetto alla popolazione totale possono variare dal 3,8% all 11%, restando tuttavia molto alte rispetto a quelle delle altre due Europe. La seconda Europa, costituita da Paesi dell Ovest europeo quali Spagna, Portogallo, Francia e Irlanda, è caratterizzata da percentuali di presenza rom variabili tra lo 0,6% e l 1,6%. La terza Europa zingara, costituita dalla fascia di Paesi dell Europa centrale (tra cui l Italia) è caratterizzata da percentuali di presenza rom la cui variabilità raggiunge al massimo lo 0,2%. Nel caso dell Italia, per esempio, tali percentuali oscillano tra lo 0,1 e lo 0,2%. Questa terza Europa comprende dunque la maggior parte degli Stati europei e tuttavia ospita la minoranza dei rom europei (al massimo il 10,5% di essi). Per visualizzare meglio i dati appena presentati, si osservi la carta 3 in cui le diverse Europe zingare sono evidenziate con diversi colori. La diversa concentrazione attuale delle presenze dipende dalla diversa storia che le comunità hanno vissuto nei secoli della loro permanenza in Europa. In effetti, la situazione attuale dipende dal diverso trattamento che storicamente gli Stati europei hanno riservato alle comunità rom presenti sui loro territori. Brevemente, la storia degli Stati dell Europa dell Est è stata caratterizzata dal dominio turco-ottomano per molti secoli. I governi dell impero ottomano avevano istituzionalizzato la presenza dei rom sul loro territorio grazie a una legislazione che se da una parte li inseriva nella categoria degli schiavi (la schiavitù in questi territori è rimasta in vigore fino alla seconda metà dell Ottocento), dall altra permetteva loro di insediarsi stabilmente nei territori dell Impero praticando professioni ufficialmente riconosciute, in alcuni casi molto remunerative (gli zingari musicisti schiavi dell Imperatore, per esempio, potevano essere molto ricchi). Si è creata così storicamente una situazione per cui è stata possibile la sedentarizzazione dei rom nei villaggi o nei quartieri urbani di tutto il territorio dell Europa dell Est. Nonostante l istituzione della schiavitù, il modello politico ottomano ha favorito un certo livello di integrazione delle comunità rom nei territori dei futuri Stati nazionali dell Europa dell Est. Qualcosa di simile è accaduto nei Paesi dell Europa occidentale (la seconda Europa zingara), poiché i governi di quegli Stati hanno adottato delle politiche che in vari modi hanno favorito la sedentarizzazione e un certo livello di integrazione con la popolazione nazionale. Al contrario, nella cosiddetta terza Europa, le politiche adottate dai governi sono state quasi tutte politiche di esclusione: a testimonianza di ciò si veda il 18 19

11 Capitolo I - Rom d'europa lungo elenco di bandi antizingari (leggi di espulsione) emanati da questi Stati in età moderna, rappresentati nella carta 4. La diversa storia e il diverso trattamento politico riservato storicamente dai governi europei ai rom sin dalla loro prima comparsa in Europa contribuiscono a chiarire innanzitutto le diverse percentuali di presenza attuali: laddove storicamente sono state favorite l integrazione e la sedentarizzazione, le presenze attuali sono più cospicue e concentrate; dove, al contrario, sono state adottate politiche di esclusione, le presenze sono più esigue e disperse. La stessa storia può tuttavia contribuire a chiarire altre questioni, tra cui fondamentale rimane quella del nomadismo. Come già anticipato non tutti i gruppi rom d Europa praticano il nomadismo. Risulta evidente, nella carta 5, come le aree con le presenze più concentrate siano anche le aree in cui si pratica meno il nomadismo. Attualmente, di fatto, circa l 80% della popolazione rom europea è sedentaria. Quest ultima considerazione è di particolare importanza soprattutto in riferimento ai saperi stereotipati (che sono sempre saperi socialmente e contestualmente acquisiti). Il tratto culturale del nomadismo costituisce sicuramente uno degli stereotipi e dei pregiudizi più forti nella nostra società, riscontrabile non solo nei discorsi della gente comune e dei mass-media, ma, cosa ben più grave, anche nei discorsi politici. Di fatto, l incontro con le minoranze rom in Italia è mediato sempre da discorsi politici, mediatici e di senso comune, che li definiscono impropriamente e in maniera indifferenziata nomadi. La scoperta che si tratta di un tratto culturale ancora vivo tra pochi gruppi rom in Europa si affianca a numerose altre scoperte che gli fanno da corollario. Nell ordine: non tutti i rom presenti in Italia sono stranieri, esistono molti rom e sinti di nazionalità italiana con una lunghissima storia di permanenza sul territorio nazionale; non tutti i rom e i sinti presenti in Italia sono nomadi e, nel caso in cui il nomadismo sia praticato, esso è legata a professioni ambulanti legalmente riconosciute (es. circensi e giostrai); i rom stranieri di recente immigrazione in Italia sono accolti dalle nostre istituzioni diversamente rispetto agli altri stranieri, essendo collocati nei cosiddetti campi nomadi. In queste politiche di accoglienza, tuttavia, si cela l enorme paradosso nato dal fatto che nei campi nomadi italiani vengono collocati individui e gruppi familiari provenienti in gran parte dall Europa dell Est e dall Europa balcanica, che, come abbiamo visto, non sono nomadi ormai da diverse generazioni. Risulterà evidente, in conclusione, una volta attivate tutte queste scoperte', che le valutazioni sugli zingari prodotte a partire dalla situazione italiana rischiano di pregiudicare fortemente la comprensione dei reali rapporti tra minoranze rom e società maggioritarie europee. Le carte che seguono sono tratte da Piasere L., I rom d Europa. Una storia moderna, Bari-Roma, Laterza Figura 2 Divisione approssimativa delle aree a prevalente nomadismo (a nord della linea) e a prevalente sedentarietà (a sud). Figura 3 Ripartizione approssimativa delle autodenominazioni 20 21

12 Capitolo I - Rom d'europa Piasere L. (a cura di), 1992 e 1994, Italia romaní, vol. I e II, Roma, Cisu. Piasere L., 1996, Stranieri e nomadi, in Brunello P. (a cura di), L urbanistica del disprezzo. Campi rom e società italiana, Roma, Manifestolibri, pp Piasere L., 2004, I rom d Europa. Una storia moderna, Roma-Bari, Laterza. Piasere L., 2007, Buoni da ridere, Roma, Cisu. Pontrandolfo S. e Piasere L. (a cura di), 2002, Italia Romaní, vol. III, Roma, Cisu. Saletti Salza C., Piasere L. (a cura di), Italia romaní, vol. IV, Roma, Cisu, pp Simoni A., Piasere L., Tauber E., 2000, La mendicità, gli zingari e la cultura giuridica italiana. Uno schizzo di tappe e problemi, Polis, XIV. Trevisan P. (a cura di), 2005, Storie e vite di sinti dell Emilia, Roma, Cisu. Williams P., 1997, Noi, non ne parliamo. I vivi e i morti tra i Mānuš, Roma, Cisu. Figura 4 Diffusione delle disposizioni statali antizingare a cavallo tra Medioevo e età moderna. Riferimenti bibliografici Aresu M., Piasere L., 2008, Italia romaní, vol.v, Roma, Cisu 1. Asséo H., 1989, Pour une histoire des peuple-résistance, in Williams P. (a cura di), Tsiganes: identité, evolution, Parigi, Syros, pp Asséo H., 1994, Les tsiganes. Une destinée européenne, Parigi, Gallimard. Bravi L., 2002, Altre tracce sul sentiero per Auschwitz. Il genocidio dei rom sotto il terzo Reich, Roma, Cisu. Lucassen L., Willems W., Cottaar A., 1998, Gypsies and other itinerant groups. A socio-historical approach, Londra, Macmillan Press, New York, St. Martin s Press. Novi Chavarria E., 2007, Sulle tracce degli zingari, Napoli, Guida. Piasere L., 1989, Parte antropologica, in Il fenomeno della migrazione in riferimento alle difficoltà di adattamento sociale delle componenti nomadi, Roma, Istituto Internazionale di Studi Giuridici Ente di Diritto Pubblico, pp Pisere L., 1991, Popoli delle discariche, Roma, Cisu. Piasere L. (a cura di), 1995, Comunità girovaghe, comunità zingare, Napoli, Liguori. 1 Per il libri della casa editrice Cisu di Roma: info@cisu.it

13 Capitolo II - Lineamenti di storia e teoria della discriminazione contro rom e sinti CAPITOLO II Lineamenti di storia e teoria della discriminazione contro rom e sinti Tiziano Ferri 1. Dall India all Europa L origine indo-ariana delle popolazioni rom e il percorso migratorio dei vari gruppi sono stati dimostrati grazie a studi filologici compiuti sulla lingua romanès (o romanì), la cui base lessicale e sintattica proviene dal sanscrito (l antica lingua indiana), arricchitasi in seguito con prestiti linguistici acquisiti nei Paesi interessati dalla loro lunga migrazione verso Ovest (dal persiano all armeno, dalle lingue slave al greco). Il primo spostamento, presumibilmente legato a gravi crisi economiche e politiche, avviene dall India Centrale all attuale Pakistan, per poi dirigersi alla ricerca di condizioni di vita migliori verso la Persia, all incirca dal 250 al 650 d.c.; dall unione di indiani e persiani nasce il gruppo etnico Dom ( uomo, in indiano), da cui deriva il termine rom. Una parte del gruppo migrante indiano prosegue il suo cammino attraverso la Persia, quindi, passando dal Medioriente, giunge in Europa. Dopo che gli Arabi, con due vittoriose battaglie del 637 e 641, conquistano la Persia per poi invadere l India, altri Indiani sono costretti a spostarsi nella regione del Tigri (attuale Iraq), dove però gli Zott (il nome loro dato dagli Arabi) si oppongono ai dominatori, fino a quando devono soccombere (834), subendo la deportazione in Siria settentrionale (al confine tra gli Imperi arabo e greco) e in altri domini arabi. Quando i Greci vincono gli Arabi ad Ainzarba (855), sono ancora deportati, sia in Grecia sia in altri territori arabi, per poi spostarsi, nel corso degli anni, verso l Armenia, in Europa e nei Balcani. In questo stesso periodo compaiono anche i sinti, provenienti dal Nordovest dell India, che parlano una variante del romanì e che sembrano lavorare come segretari degli Arabi. L espansione greca, con la conquista di Antiochia, comporta per gli Zott l appartenenza ad un dominio esteso dall Asia all Europa orientale, primo passo per l approdo in Europa attraverso il Mediterraneo, seguendo i pellegrini di rientro dalla Terra Santa. Il loro passaggio attraverso le isole mediterranee è confermato anche dalla notizia di un popolo nomade che viveva a Creta nel L avanzata greca, verso l Armenia da un lato e lungo la costa asiatica meridionale dall altro, determina per queste genti l attrazione verso la capitale Costantinopoli, dovuta anche alla facilità di attraversamento del Bosforo. Nei decenni seguenti, le spinte all emigrazione verso l Europa derivano da questi principali fattori (push 25

14 Capitolo II - Lineamenti di storia e teoria della discriminazione contro rom e sinti factors): morte nera a Costantinopoli nel 1347, vittoria in Asia dei Turchi sui Greci del 1390, espansione dei Mongoli nel : zingari banditi A partire dal XV secolo convergono diversi fattori di attrazione verso l Europa occidentale e l Italia (pull factors). Intanto sotto l Impero ottomano vige un sistema centralistico e feudale, mentre in Italia, divisa in molteplici entità amministrative, non si corre il rischio di essere ridotti in schiavitù (chi è bandito da un ducato, può spostarsi in uno diverso). Inoltre crisi, epidemie, guerre e disordini politici favoriscono nuovi inserimenti di popolazione, senza considerare il fatto che lo status di pellegrini incoraggia lo stile di vita nomade, condizione che permette a queste comunità di viaggiare in tutta l Europa occidentale. Infine, il tessuto socioeconomico dell epoca, specialmente in Italia, permette loro di svolgere i mestieri itineranti (lavorazione dei metalli, commercio ambulante, commercio dei cavalli). Il primo flusso di rom e sinti nel centro e sud Italia (Abruzzo, Calabria, Sicilia) si colloca entro la prima metà del XV secolo; il secondo flusso, di circa persone provenienti dall Europa orientale (rom Larvati, Istriani e Sloveni), avviene dopo la Seconda guerra mondiale; il terzo flusso, dovuto al boom nei Paesi industrializzati degli anni 60 e 70, porta circa persone dall Est europeo: rom Korakanè (musulmani), rom Dasikanè (serbo ortodossi) e rom rumeni. Gruppi di rom arrivano dai Balcani in ogni angolo d Europa, e sono da subito mal tollerati e discriminati attraverso bandi (da cui il termine banditi ), editti, decreti del potere civile, nonché condanne del potere religioso che tendono a controllarli ed escluderli. Tutto questo in un periodo che si prepara alla formazione degli Stati nazionali: ad esempio Ferdinando d Aragona (il Cattolico) espelle nel 1492 rom, ebrei e musulmani (confiscandone i beni), durante il processo che porta alla nascita della Spagna unitaria. A partire dalla metà del 1500 comincia una legislazione repressiva e una vera e propria caccia allo zingaro. Nel tentativo di delineare la natura del rom, ai termini medievali di esotico, misterioso e pellegrino, si sostituiscono quelli di ladro, pigro e truffatore, così come si aggiungono altri vocaboli dispregiativi e luoghi comuni quali: brutti, senza patria, senza legge, strana lingua, stregoni, spie dei Turchi, discendenti di Caino che hanno forgiato i chiodi della croce di Gesù. Dal 1500 al 1700 nascono decreti penali persecutori contro i rom in tutti gli Stati europei, contraddistinti, ad esempio, da frasi come queste: chi colpisce gli zingari non commette reato (Dieta dell Impero, 1500), ogni cittadino è libero di ammazzare tutti gli zingari impune e di levar loro ogni sorta di robbe, di bestiame e denari che trovasse (grida di Milano, 1663); è inoltre proibito dar loro ricetto e si esorta a dar loro la caccia senza risparmio delle vite loro (Stato dei Savoia, dal 1601 al 1770). Durante la formazione dello Stato moderno, rom ed ebrei sono definiti come corpi estranei che agiscono solo nel proprio interesse e non in quello della comunità nazionale e per questo sono cacciati, relegati in ghetti o perseguitati. Inoltre le loro pratiche legate alla magia infastidiscono la Chiesa cattolica, in quanto considerate lontane dalla fede nella provvidenza e dalla vita cristiana : il pregiudizio scientifico Il secolo dei Lumi sembra non essere esistito per rom e sinti, tanto è vero che nella maggior parte dei casi, come nell Impero asburgico (Maria Teresa, , e Giuseppe II, ), nel Regno di Spagna di Carlo III ( ), e nei loro rispettivi domini italiani, essi sono ritenuti un problema di ordine pubblico (concetto che nel secolo successivo diventerà valore in sé). Anche il positivismo ottocentesco, fondato sull analisi e sulla ricerca scientifica, paradossalmente consolida i pregiudizi sugli zingari. Francesco Predari, funzionario imperiale alla biblioteca di Brera, nel 1841, ne analizza la storia, le consuetudini e la lingua in un volume suddiviso in otto capitoli, definendoli rettili umani, antropofagi che uccidevano e divoravano i propri padri, naturalmente infingardi e avversi ad ogni sorta di fatica, bruti che non possiedono né un sentimento religioso, né alcun principio morale. Cesare Lombroso e il Positivismo in Italia Cesare Lombroso ne L uomo delinquente (1871) rappresenta gli zingari come una razza di delinquenti, spergiuri anche tra loro, ingrati, vili e nello stesso tempo crudeli, vendicativi all estremo grado, amanti dell orgia e del rumore, feroci, assassinano senza rimorso, a scopo di lucro. Lombroso, padre della criminologia, intende incoraggiare e giustificare atteggiamenti violenti contro rom e sinti, proponendo anche i rimedi (detenzione a vita, deportazione, lavori forzati, pena di morte). A partire da queste teorie, l antropologia positivista italiana di fine Ottocento inizia ad assumere tinte razziste; i selvaggi e i criminali non sono educabili per il pensiero borghese dell epoca, anche se esistono eccezioni. Napoleone Colajanni, esponente del socialismo giuridico, rappresenta il primo tentativo italiano di pensiero antirazzista (1889): egli confuta a Lombroso che la razza abbia relazione con la propensione al delitto, e che la delinquenza sia innata nelle popolazioni zingare

15 Capitolo II - Lineamenti di storia e teoria della discriminazione contro rom e sinti Al contrario, il criminologo austriaco Hans Gross (1891) ribadisce la pericolosità sociale dello zingaro dominato da una cupidigia insaziabile che esige una soddisfazione immediata, è vendicativo e crudele, incredibilmente vigliacco, presso il quale non si può trovare che amore per l ozio, voracità da animale, amor sensuale e vanità. Adriano Colocci, padre della ziganologia italiana, è l unico a rilevare considerazioni e notizie dirette sulle comunità gitane, grazie al suo incarico di inviato nei Balcani per il Ministero degli Esteri (Colocci, 1889). Il fattore rilevante dell opera di Colocci, oltre a risvegliare interesse per la ziganologia, è riconsegnare il pensiero positivista alla rigorosa indagine scientifica, attraverso il reperimento di dati certi, sostenendo l importanza della ricerca sul campo per rimediare alla carenza di studi sugli zingari degli ultimi secoli. Purtroppo i tempi storici sono orientati in altra direzione, e nel 1914 il giudice di tribunale Alfredo Capobianco dà alle stampe Il problema delle genti vagabonde in lotta con le leggi, proponendo, secondo la lezione di Gross, accorgimenti contro il dilagare zingaresco del crimine : schedature, certificati antropometrici, espulsione, reclusione, limiti all accesso in territorio italiano, passaporto con fotografia (con annotazione di eventuali delitti commessi, provenienza, itinerario e meta), rilievi antropometrici e dattiloscopici. Una vera e propria disciplina ad hoc. Successivamente Pietro Ellero, firmatario del manifesto razzista, nel suo Vita dei popoli (1925) parla di gente sfornita di mentale cultura e razza inferiore, nei tempi in cui gli ultimi anticorpi liberali dell antropologia italiana cedono il passo all epoca fascista e alla superiorità della razza italica. 4. Novecento: soluzione (quasi) finale In Italia Nel periodo che va dalla nascita del Regno d Italia alla fine della Prima guerra mondiale avvengono molti spostamenti di popolazioni zingare dall Europa all Italia. Quando l Alsazia Lorena passa alla Germania (a seguito della guerra franco-prussiana del 1870) i sinti tedeschi che vi abitano si trasferiscono in Francia e in Italia; al crollo degli Asburgo i sinti austriaci si spostano dal Tirolo all Italia, così come è già capitato ad altri zingari croati, sloveni e istriani, e con i rom Vlah provenienti dalla Romania (in seguito alla fine della schiavitù in quel Paese, nel 1855), che dal Nordest poi si diffondono in tutta la Penisola divenendo col tempo cittadini italiani. Il Fascismo Nell analizzare il trattamento riservato agli zingari nell Italia fascista, gli studiosi si dividono: alcuni delimitano il problema tra le ragioni di pubblica sicurezza, mentre altri lo riconducono a una vera politica razziale in atto dal Qualunque sia la motivazione, è chiaro che l atteggiamento fascista contribuisce a nuove persecuzioni. La circolare del 1926 sostiene che è necessario allontanare dal territorio nazionale carovane e gruppi di zingari perché pericolosi per l igiene pubblica e la sicurezza, dato il loro vagabondaggio, accattonaggio e reati vari; il transito è permesso solo a chi ha i documenti di viaggio. Nel 1939 Renato Semizzi, docente di medicina all Università di Trieste, definisce le qualità psichiche, morali e razziali degli zingari come mutazioni regressive, concludendo che una loro eventuale unione con gli Italiani comporterebbe apporti razziali negativi. Così paventa anche Guido Landra, direttore dell Ufficio Studi e Propaganda sulla Razza presso il Ministero della Cultura Popolare, che nel 1940 sollecita a trattare la questione zingara come un problema razziale, da risolvere in qualunque modo affinché la stirpe italica sia salvaguardata. Dunque anche il fascismo, sebbene non in maniera scientifica come il nazismo, affronta il tema razziale: nel 1937 il madamato viene considerato delitto contro la purezza della razza italiana; nel 1938 sono varate le leggi razziali contro gli ebrei (in questo caso gli zingari non sono menzionati come gruppo razziale) ed è pubblicato il Manifesto della razza; debbono collocarsi in questi stessi anni l istituzione del Consiglio superiore per la demografia e la razza, del Tribunale della razza e della Commissione per la discriminazione. Dal 1940 inizia una vera e propria politica di internamento, pari a quella già in atto contro gli ebrei, e nel settembre dello stesso anno una circolare ministeriale impone a tutte le Prefetture il rastrellamento e il concentramento degli zingari. In Germania Nella Germania nazista la persecuzione di rom e sinti, come per gli ebrei, è spiccatamente razzista e segue la logica della soluzione finale. Vi è, tuttavia, una differenza: per molti anni dalla fine della Seconda guerra mondiale, gli zingari non sono stati riconosciuti come vittime né sono stati menzionati al processo di Norimberga; basti pensare che la prima commemorazione delle vittime zingare del nazismo risale al Le origini della discriminazione sono antiche. Già nel 1890 viene organizzato in Germania il congresso dal nome poco rassicurante La schiuma zingara, mentre nove anni dopo, a Monaco, è istituito un apposito ufficio di polizia per il controllo e la vigilanza degli zingari. Nel 1905 è pubblicato lo Zigeuneurbuch, il cui contenuto costituisce il primo passo verso le leggi razziali di Norimberga, e nel quale si mette in guardia dal pericolo costituito dagli zingari per il popolo tedesco; questo libro è pure corredato da un censimento con fotografie

16 Capitolo II - Lineamenti di storia e teoria della discriminazione contro rom e sinti Nel 1920 viene introdotta la nozione vite indegne di essere vissute, con la proposta di sterilizzazione ed eliminazione dell intera comunità rom (considerata geneticamente criminale), nonostante i principi liberali della neonata Repubblica di Weimar. Dopo la preparazione del terreno culturale, si va verso il precipizio dell attuazione criminale: tra i primi provvedimenti, quello del divieto di ingresso ai giardini pubblici, seguito nel 1926 dall imposizione a tutti gli zingari (bambini compresi) della carta d identità con foto e impronte digitali; nel 1928 nascono i primi campi speciali per la detenzione degli zingari; nel 1930 vengono avviate le procedure per sterilizzare tutti i rom di Germania; dal 1934 al 1936 sono consolidati i metodi di schedatura, sterilizzazione (ora legalizzata), deportazione verso i campi di concentramento (Dachau, Dieselstrasse, Sachsenhausen), e varate le leggi che proibiscono ai Tedeschi di sposarsi con ebrei, zingari e negri. Nel settembre 1935 sono promulgate le leggi razziali di Norimberga per la tutela del sangue e dell onore dei Tedeschi, che rischiano di far cadere in contraddizione il governo tedesco, date le origini ariane degli zingari. Per superare l ostacolo arriva in soccorso il Centro ricerche scientifiche sull ereditarietà che li classifica sottouomini, in quanto miscuglio con popoli e razze diverse dell Asia sudoccidentale ed Europa sudorientale. Viene proposta la sterilizzazione, anche per evitare l ulteriore propagarsi di generazioni asociali e criminali. Nel 1936 Ritter, direttore della Sezione di Igiene razziale e Politica demografica del Centro Ricerche sull Ereditarietà dell Ufficio di Sanità del Reich, studiando le stirpi vaganti vuole dimostrare la pericolosità sociale della razza zingara, di origine ariana ma segnata dal gene dell istinto al nomadismo. Per questo motivo analizza rom e conclude che è necessario sterilizzarli perché frutto di un miscuglio culturale pericoloso, e da separare per sempre dalla razza germanica. Nel 1937 Himmler, capo della Polizia del Reich e delle Ss, apre altri campi di internamento per migliaia di zingari, vagabondi, mendicanti, alcolizzati e prostitute. Nel giugno 1938 si svolge la settimana di pulizia degli zingari, omologa della Notte dei cristalli per gli ebrei. Al 1939 risale l editto di insediamento: tutti gli zingari vengono obbligati a risiedere nei campi abitativi dei quartieri-ghetto, alle periferie delle città. Nel 1940, nel campo di Buchenwald, 250 bambini rom sono usati come cavie per testare il cristallo di cianuro, impiegato poi nelle camere a gas. Dal 1942 alla sterilizzazione è preferita l eliminazione; la notte del 25 luglio del 1944, a Birkenau, sono uccisi col gas circa zingari: la loro sorte nella Germania nazista e nei territori occupati (Polonia, Cecoslovacchia, Unione Sovietica) è la stessa che tocca agli ebrei. Queste sono le cifre per difetto del Porrajmos ( quello che divora ): morti nei campi austriaci, in Croazia e Bosnia-Herzegovina, in Boemia e Moravia, in Crimea nella sola notte di Natale del In totale non meno di zingari uccisi, pari a circa il 70-80% della popolazione. Diritti attuali Nel dopoguerra, la Convenzione di Bonn stabilisce un indennizzo per le vittime della persecuzione razziale tedesca. Per scongiurare il risarcimento, la magistratura e le autorità tedesche escludono o rallentano, nonostante il numero delle vittime, il riconoscimento di rom e sinti come comunità coinvolte (sostengono che gli atti persecutori siano iniziati solo nel 1942), oppure si appellano all impossibilità di interloquire con i loro rappresentanti quali beneficiari. Il governo tedesco riconosce la persecuzione razziale nei confronti dei rom solo nel 1980, mentre il primo documento Onu che li menziona è una risoluzione del 1977, nella quale sono definiti come la minoranza maggiormente discriminata nei Paesi europei; nel 1992 un altra risoluzione Onu raccomanda di prestare attenzione alle minoranze rom e sinti, condannandone la discriminazione. Certo, risulta difficile attribuire diritti a chi non reclama un territorio, oppure inquadrare i rom come una minoranza etnica, linguistica o religiosa, in mancanza della cittadinanza dei Paesi nei quali si trovano a vivere. D altro canto è vero che esistono numerosi strumenti giuridici internazionali (Convenzioni, Dichiarazioni, Raccomandazioni, Risoluzioni) che si possono utilizzare per rom e sinti, basta solo volerlo politicamente: spetta agli Stati recepire tali sollecitazioni. Attualmente i problemi più rilevanti sono l alloggio, l istruzione, la giustizia, i servizi sociali e sanitari, e il lavoro. Il Ministero dell Interno italiano, invece, affronta da anni la questione come un problema di ordine pubblico. A volte le minoranze rom sono riconosciute da leggi regionali che i Comuni sono recalcitranti a recepire. Anche le diverse categorie nelle quali possono essere inquadrati non aiutano (italiani, immigrati, rifugiati, richiedenti asilo); si comprendono quindi i motivi per i quali sia il vuoto legislativo che l abbondanza di stereotipi e diffidenza fanno del rapporto tra zingari e leggi italiane una storia di diritti negati, segregazione e isolamento politico, economico e culturale. Inoltre l Italia non ha ancora riconosciuto il romanès, e di conseguenza la comunità rom di cittadinanza italiana come minoranza linguistica da tutelare (come imporrebbe la Costituzione Italiana); infine persiste il falso assunto del nomadismo, in nome del quale viene rifiutato lo status sia di rifugiato che di profugo. Numeri I rom e sinti in Europa sono circa 9 milioni, 2/3 dei quali vivono in Europa centroorientale e balcanica, mentre circa 2 milioni si trovano nell Europa dei quindici. In Italia, circa la metà dei rom e sinti è composta da cittadini italiani, solo il 30% è nomade, la metà ha meno di 15 anni, e insieme costituiscono lo 0,2% della popolazione italiana (equivalente, all incirca, alla popolazione della Valle d Aosta). I gruppi più noti in Italia sono: sinti (di più antico insediamento), rom 30 31

17 Capitolo III - Porrajmos. Lo sterminio (Centro e Sud), Harvati (provenienti dalla Jugoslavia dopo le due guerre mondiali), Kalderasha, Lovara, Churara (da Moldavia e Valacchia, fine 800), Khorakhanè (provenienti dalla Jugoslavia, da metà anni 60). Riferimenti bibliografici Michele Mannoia, Zingari che strano popolo! Storia e problemi di una minoranza esclusa, XL Edizioni Sas, CAPITOLO III Porrajmos. Lo sterminio Marco Rossi 1. Asociali: l anticamera del genocidio Il tiranno parla il linguaggio della legge, non ha altro linguaggio. Egli ha bisogno dell «ombra» delle leggi. (G. Deleuze) Il meccanismo di discriminazione che, sotto il nazismo e gli altri regimi fascisti europei (in particolare Romania, Croazia e Italia), portò all internamento generalizzato e allo sterminio di circa mezzo milione di rom e sinti ha avuto una premessa - ancora meno conosciuta del Porrajmos nella politica di persecuzione attuata contro i cosiddetti soggetti Asoziale che poi, nei lager, furono contraddistinti dal Triangolo nero cucito sulla casacca dei prigionieri. Gli asociali, infatti, furono - assieme agli oppositori politici - le prime vittime del sistema concentrazionario nazista, anche se questo poté contare su una serie di precedenti misure di polizia e decreti legislativi in vigore ben prima dell avvento di Hitler al potere. Infatti, è durante la Repubblica socialdemocratica di Weimar che vennero approvati e attuati gravi provvedimenti di individuazione, controllo e coercizione su alcuni settori emarginati o marginali della società, tanto che - secondo lo storico tedesco Wachsmann la criminologia di Weimar e la prassi penale contribuirono a forgiare la politica nazista. Fin dal 1920 Alfred Hoche, psichiatra, e Karl Binding, uomo di legge, avevano pubblicato un piccolo libro, intitolato Il permesso di annientare vite indegne di essere vissute, destinato a fornire il fondamento medico e giuridico per la soppressione dei soggetti deboli. Nel 1926 venne promulgata una prima legge per fronteggiare zingari, vagabondi e oziosi, quindi nel 1929 ne seguì un altra per la lotta contro la nocività degli zingari che, anche nelle parole, anticipò la Legge varata dai nazisti nell agosto 1933, per la protezione della popolazione dalle nocività di zingari, vagabondi e oziosi. Nello stesso 1929 la Commissione statale contro il crimine aveva anche deciso l estensione a tutta la Repubblica del Servizio di polizia con compiti specifici di informazione sugli zingari (Zigeunerpolizeistelle), già attivo nel distretto di Monaco di Baviera fin dal 1899 sotto la direzione dello zelante funzionario statale Alfred Dillman. Questo ufficio nel 1905 aveva completato la schedatura di 3350 zingari o 32 33

18 Capitolo III - Porrajmos. Lo sterminio girovaghi assimilabili agli zingari, prelevandone a partire dal 1911 anche le impronte digitali. Parallelamente al rilevamento e all adeguamento del quadro normativo per poter realizzare, nella formale legalità, i progetti liberticidi e razzisti propri del nazismo, fu avviata sin dal febbraio 1933 (subito dopo l incendio del Reichstag) la creazione dei primi campi di concentramento di Stato. Il 28 febbraio 1933 fu infatti emanato un decreto a firma del Presidente del Reich, Von Hindemburg, per la protezione del popolo e dello Stato che, richiamandosi all art. 48 della Costituzione, stabiliva misure protettive contro gli atti di violenza comunista che mettono in pericolo la sicurezza dello Stato. Oltre che prevedere l applicazione della pena di morte per alcuni reati (incendio doloso, esplosione, sabotaggio, insurrezione, alto tradimento, sequestro di persona con finalità politiche ) e alla sospensione dei principali diritti liberali (opinione, stampa, associazione, riunione ), era introdotta l applicazione sistematica della custodia preventiva (Schutzhaft), misura di sicurezza derivante dalla legislazione penale prussiana. Questa misura venne collegata alla legge per la riduzione della disoccupazione approvata nel 1924, dal precedente governo socialdemocratico, per erogare forme di assistenza a disoccupati, invalidi, anziani, ex-prostitute, donne sole con figli. In realtà questo provvedimento prevedeva al di fuori delle norme di diritto civile regolanti i rapporti di lavoro - la concessione di un reddito di sussistenza (appena 10 centesimi giornalieri), di un vitto minimo e un alloggio in baraccamenti, eufemisticamente chiamati Case del lavoro, in cambio di duro lavoro volontario per lo Stato. Così, paradossalmente, lo stesso slogan di tale intervento assistenziale, il tristemente famoso Arbeit macht frei (dal titolo di un romanzo ottocentesco di Lorenz Diefnbach) posto all ingresso di molti campi di lavoro, venne fatto proprio dall apparato nazista che rilevò quasi integralmente la pre-esistente struttura burocratica. Al personale addetto fu chiesto di continuare ad esercitare la funzione di sorveglianza, controllo e schedatura mentre, parallelamente, fu creato un organismo con compiti di esame biologico-razziale degli emarginati assistiti. Non di meno venne ereditato il sistema di schedatura personale con annessi archivi, già avviata dagli uffici del lavoro e dalle centrali di polizia durante la Repubblica di Weimar, che di fatto rappresentò il primo ingranaggio per il funzionamento totalitario dello stato di polizia hitleriano. Negli anni successivi tale meccanismo venne perfezionato con la fotosegnalazione e il prelievo delle impronte digitali per adulti e bambini al fine di individuare le mele marce da selezionare ed eliminare. Altrettanto significativo appare il fatto che numerosi alti funzionari di polizia che avevano fatto carriera durante la Repubblica di Weimar furono prontamente confermati per servire il Terzo Reich e il Führer come, ad esempio, Artut Nebe, già dirigente della polizia investigativa di Berlino e in seguito generale delle SS, oppure Heinrich Muller, ex funzionario della polizia politica bavarese, assertore della schedatura di ogni cittadino, nominato capo della Gestapo dal 1935 al La misura coercitiva della custodia preventiva venne inizialmente applicata a due principali categorie di cittadini tedeschi: quella dei sovversivi e quella degli asociali (e, tra questi, gli zingari ), indicati dalla propaganda come estranei alla comunità. La definizione della prima è possibile desumerla dalle esplicite dichiarazioni di due capi nazisti: Sovversivo è chiunque si oppone al popolo, al partito e allo stato, ai loro principi ideologici e alle loro azioni politiche (R. Heydrich); Tutti coloro che sono considerati sovversivi saranno impiccati: chiunque tenga comizi contro il regime e cerchi di diffondere notizie vere o false sui campi di concentramento (H. Himmler). Per quanto riguarda la seconda categoria, quella degli Asociali, i confini appaiono ben più labili e sulla base delle disposizioni diramate dai diversi organi polizieschi, comprendeva indistintamente vari soggetti ritenuti inclini a delinquere, non-integrati o ribelli sociali quali, ad esempio, gli individui colpevoli del reato di violazione del domicilio (ossia gli occupanti abusivi di case), i pagatori morosi di alimenti (ossia chi faceva la spesa senza pagare), i perturbatori del traffico stradale (ossia chi attuava blocchi stradali) e i colpevoli di resistenza alle forze dell ordine (ossia chi reagiva alle violenze naziste). Le misure coercitive vennero quindi affiancate dall insistente campagna di regime tesa a far avvertire come una minaccia e un offesa per la comunità ogni individuo che si sottraeva alla fatica, che non conosceva la dignità del lavoro, che ostacolava la produzione non sottostando alle sue regole. Tra il 1936 e il 39, da una concezione più o meno tradizionale dei nemici pubblici da reprimere, il ricorso sistematico alla custodia preventiva venne esteso a tutti i sospettabili, dal punto di vista dell ideologia nazionalsocialista, di condurre comportamenti devianti rispetto a categorie di ordine e moralità, sino a sconfinare (per quanto riguarda rom e sinti) nella vera e propria selezione biologica-razziale. Infatti, dopo controverse valutazioni, si giunse a ritenere l asocialità zingara non un comportamento deviante ma un dato genetico; infatti, come ha scritto Leonardo Piasere, se gli zingari erano pur sempre di origine ariana, come si riconosceva, essi erano talmente degenerati dopo gli incroci con gli asociali europei da essere diventati essi stessi degli asociali da estirpare. Il 17 giugno 1936, Himmler ottenne anche il comando della polizia criminale, la famigerata Kripo, e nel 1937, con l istituzione dell Ufficio centrale di polizia criminale del Reich a Berlino, sarebbe stata condotta la lotta alla piaga zingara e ai cosiddetti asociali - per lo più destinati all annientamento - tanto che questi nei primi campi di concentramento divennero la maggioranza degli internati, superando per numero gli oppositori politici antinazisti

19 Capitolo III - Porrajmos. Lo sterminio Nel solo marzo 1937 furono incarcerati circa delinquenti abituali e di professione e criminali antisociali corruttori della moralità pubblica. Secondo quanto precisato dalla circolare del 14 dicembre 1937, firmata dal ministro degli Interni Wilhelm Frick, in materia di prevenzione della criminalità e dalle norme applicative del decreto riservato del 4 aprile 1938: Vanno considerati asociali gli individui che si comportano nei confronti della collettività in modo non costituente di per sé un reato, ma che tuttavia rivela la loro incapacità di adattamento [ ] individui che dimostrano di non voler adattarsi alla naturale disciplina dello Stato nazionalsocialista, per esempio mendicanti, vagabondi (zingari), prostitute, alcolizzati affetti da malattie contagiose, in particolare da malattie veneree, che si sottraggono alle misure delle autorità sanitarie [ ] che hanno privatamente rifiutato in due occasioni offerte di lavoro senza seri motivi o, avendo accettato un lavoro, lo hanno abbandonato dopo breve periodo senza validi motivi. Secondo tale logica produttivista, nel gennaio del 1938, Himmler dette ordine di intensificare la campagna contro gli oziosi, culminata nel giugno seguente con la Aso- Aktion, settimana di pulizia zingara. Tra il 12 e il 18 di quel mese, seguendo le direttive di Heydrich per l arresto di vagabondi; mendicanti, anche se hanno fissa dimora; zingari o persone che girano alla zingaresca; ruffiani; persone che hanno precedenti per resistenza, lesioni, violazione di domicilio, ecc. e che non vogliono inserirsi nell ordine della Comunità del popolo, furono rastrellati migliaia di asociali, anche ebrei, destinati ai lavori forzati nell ambito del piano quadriennale di Göring e, in gran parte, deportati nel lager di Buchenwald, dove in autunno furono trasferiti anche 1420 zingari già segregati a Dachau. Nel gennaio del 1939, il colonnello Greifelt dello stato maggiore SS, nel presentare l impiego forzato dei renitenti al lavoro (Arbeitsscheu) al servizio dell economia di guerra, ebbe a dichiarare che più di di questi Asociali stanno ora subendo un trattamento di educazione al lavoro, in campi di concentramento adatti allo scopo. Sulla base delle indicazioni diramate dalle diverse autorità di polizia, la categoria degli Asociali venne allargata anche a persone colpevoli di comportamenti coniugali o sessuali irregolari (compresi i propagatori di pubblicazioni oscene ), con particolare accanimento nei confronti delle lesbiche alle quali non veniva riconosciuto neppure il diritto di essere associate agli omosessuali (Homo), contraddistinti dal Triangolo rosa. Tra gli asociali furono comprese anche le chiromanti zingare, per le quali nel novembre 1939 la Kripo ordinò l arresto per timore che, in tempo di guerra, le loro profezie turbassero la serenità del popolo tedesco. Inoltre, va ricordato come un certo numero di anarchici, comunisti e sindacalisti furono, per le loro attività fuorilegge, inseriti tra gli asociali e contrassegnati col relativo Triangolo nero (invece che con quello rosso degli oppositori politici). Il primo campo di concentramento istituzionale dove furono sottoposti a custodia preventiva sovversivi e asociali fu quello di Dachau, ricavato da una fabbrica di munizioni ed esplosivi ormai dismessa presso l omonima cittadina, a 15 km da Monaco. Pochi giorni dopo l inaugurazione - il 22 marzo alla presenza di Göring, il campo passò sotto il controllo delle Ss, ovviamente alle dipendenze di Himmler che, dal 1 aprile, sarebbe divenuto anche comandante della polizia politica della Baviera. Il primo gruppo di prigionieri risultò composto da una sessantina di militanti di sinistra. Nel 1933, tra marzo e dicembre, il numero degli internati risulta essere stato di 4.821, nel 1934 sarebbero quindi salito a 6.811, di cui circa 350 renitenti al lavoro, anche se in questi primi due anni di attività del campo non esisteva ancora un sistema di registrazione attendibile. Il Triangolo nero, oltre che agli asociali generalmente di nazionalità tedesca (nel 1941 erano quelli prigionieri nei lager), venne attribuito anche ai detenuti russi non rientranti nella categoria dei prigionieri di guerra. Invece, per i rom e i sinti, tra il 1937 e il 38, allorché la loro discriminazione venne precisata in base a criteri prevalentemente razziali, con la conseguente esigenza di realizzare anche nei lager la separazione definitiva della stirpe gitana dalla stirpe germanica (H. Himmler), venne introdotta la specifica categoria degli Zigeuner, segnalata dal Triangolo marrone, a cui vennero assimilati anche negri e meticci, mentre i nomadi non-zingari furono presumibilmente distinti dal Triangolo grigio. Nell Italia fascista, il termine asociali fu recepito ed utilizzato dopo il 1938 soprattutto per indicare i rom e i sinti, come attesta un articolo firmato da Guido Landra, direttore dell Ufficio studi e propaganda sulla razza, pubblicato in La Difesa della razza del 5 novembre 1940: Essi si presentano dolicocefali, con viso allungato, colorito bruno, naso leggermente convesso, occhio a mandorla quando sono soltanto di razza orientale, altrimenti presentano anche leggermente i caratteri delle razze europee con cui si sono mescolati [...] È quindi necessario diffidare di tutti gli individui che vivono vagabondando alla maniera degli zingari e che ne presentano i sopraricordati tratti somatici. Si tratta di individui asociali, differentissimi dal punto di vista psichico dalle popolazioni europee e soprattutto da quella italiana di cui sono note le qualità di laboriosità e attaccamento alla terra

20 Capitolo III - Porrajmos. Lo sterminio Parole, pregiudizi, logiche che, se allora furono la premessa all internamento e all uccisione, oggi ci riportano alle discriminazioni attuali e alla necessaria resistenza umana di ogni giorno. 2. Porrajmos, lo sterminio dimenticato Prima vennero a prendere gli zingari (B. Brecht) Porrajmos ( divoramento in romanì) è la parola con la quale lo studioso rom Ian Hancock ha definito lo sterminio nazista degli zingari, mentre il medesimo concetto è indicato dai sinti con il termine Samudaripen: un genocidio pianificato che ha causato la morte di circa mezzo milione - in una forbice oscillante tra 300 e 800 mila, data la scarsa documentazione - di rom e sinti, solo in parte eliminati nei lager e ben più frequentemente uccisi in modo sommario nei territori occupati dai nazifascisti. Uno sterminio quasi sconosciuto e praticamente ignorato durante il processo di Norimberga, anche se per percentuale di vittime (circa la metà delle popolazioni rom e sinti in Europa, anche se Simon Wiesenthal ipotizzò persino il 75%) non inferiore a quello della Shoah degli ebrei, anch essi sterminati per motivi razziali. Tale realtà venne riconosciuta ufficialmente dalla legislazione tedesca soltanto nel 1963, con l ammissione delle richieste d indennizzo previste per le vittime del nazismo, dopo che una precedente sentenza della Corte Federale di Cassazione aveva ritenuto che gli zingari fossero stati perseguitati per ragioni razziste solo a partire dal Eppure, tutta la storia del popolo del vento è stata segnata dall esclusione sociale in stretta connessione con il pregiudizio sulla sua connaturata diversità. Fin dai primi anni del regime nazista, la cosiddetta questione zingara venne affrontata dalle diverse autorità statali ereditando la legislazione esistente volta al controllo e all identificazione degli individui zingari presenti sul territorio, nonché al loro disciplinamento e alla loro assimilazione. Nella Germania imperiale, così come durante la Repubblica di Weimar, il problema era stato demandato quasi esclusivamente alle autorità locali di polizia che avevano il compito di vigilare sul rispetto delle regole che imponevano agli zingari di cessare la vita nomade, di lavorare stabilmente, di non sostare in determinati luoghi, di possedere specifiche carte di identificazione e permessi di soggiorno, concessi a un numero limitato di persone. La legge, considerata come modello da altri Länder, fu quella per fronteggiare zingari, vagabondi e oziosi promulgata dal parlamento bavarese nel luglio 1926, che prevedeva pesanti divieti sia negli spostamenti che nella sosta di qualsiasi gruppo nomade definito come orda con riferimento sia agli zingari che ad altri viaggianti assimilabili a questi. Inoltre, per gli individui sopra i sedici anni senza occupazione stabile, era previsto l eventuale internamento in campi di lavoro sino a due anni, con possibilità di proroga. Sempre durante la Repubblica democratica di Weimar, l Ufficio centrale per la lotta alla piaga zingara aveva incrementato la schedatura dei rom e dei sinti, tanto che nel 1925 in tale banca dati erano raccolti oltre nominativi provenienti da tutta la Germania con relativa identificazione digitale, già obbligatoria dal 1911 per tutti gli zingari residenti in Baviera. Questo sistema di controllo fu quindi acquisito e reso ancora più efficiente dall apparato nazista che, nel 1938, mutò la denominazione di tale ufficio in Centro del Reich per la lotta alla piaga degli zingari, quale branca della polizia criminale (Kripo): all inizio del 1938 aveva schedato zingari razziali, 4502 casi dubbi e 9640 nomadi non zingari. A tale prassi politicoamministrativa, il nazismo aggiunse infatti la propria concezione ideologica sulla rigidità dell ordine sociale e sui comportamenti individuali, nonché le teorie razziste che avrebbero sancito - non senza difficoltà - che rom e sinti, non essendo più di pura razza ariana, erano da ritenersi esseri geneticamente inquinati e quindi inferiori. La loro presunta origine indo-europea rappresentava per i nazisti una contraddizione con le proprie teorie razziste attorno al ceppo ariano. Per risolvere questo aspetto del problema zingaro, sin dal 1934 in Germania vennero istituiti centri di ricerca genetica e, nella primavera del 1936, nell ambito dell Ufficio della Sanità del Reich, venne fondato il Centro di ricerche per l igiene della razza e la biologia della popolazione, sotto la direzione del dott. Robert Ritter, psichiatra e neurologo di provata fede nazista. A conclusione dei suoi studi, egli concluse che il 90% degli zingari, pur se originariamente ariani, a causa del secolare nomadismo avevano inquinato il loro sangue attraverso le unioni con popolazioni non-ariane, per cui auspicava che il grosso degli ibridi Zingani, asociali e fannulloni venisse raccolto in grandi campi mobili di lavoro e sottoposto a sterilizzazione obbligatoria. Analoga argomentazione fu sostenuta dal prof. Hans F. K. Gunther nel suo studio della razza del popolo tedesco, per cui gli zingari erano pericolosi asociali, ladri, truffatori, nomadi per cause genetiche derivanti dal loro sangue irrimediabilmente tarato. In base a tali indicazioni Hans Globke, caposervizio del Ministero dell Interno del Terzo Reich, redattore e commentatore delle leggi razziali, dichiarò che gli zingari come gli ebrei erano di sangue non europeo, ritenendo necessarie introdurre misure anche nei confronti dei meticci, ossia dei nati da coppie arianozingare o ariano-giudaiche. Infatti, da quel momento in poi vennero emanate leggi e provvedimenti anti-zingari analoghi a quelli introdotti contro gli ebrei, abolendo progressivamente ogni diritto nell ambito matrimoniale, lavorativo, scolastico e abitativo

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