IL QUADRO DEMOGRAFICO

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1 IL QUADRO DEMOGRAFICO La dinamica demografica negli anni 90 Nel corso degli anni Novanta l andamento dei principali indicatori della dinamica demografica della popolazione italiana non ha mostrato segni di inversione di tendenza. In confronto agli altri Paesi europei, l Italia continua ad evidenziare una più bassa fecondità e una più accentuata incidenza di anziani sul totale della popolazione. Nel 1998 la popolazione residente italiana è risultata pari a unità. Rispetto all anno precedente, essa ha fatto registrare un dimezzamento del tasso di incremento (0,9 per mille rispetto all 1,8 per mille), imputabile in primo luogo alla componente naturale e in misura minore alla componente migratoria. Analizzando la dinamica demografica per ripartizione geografica (tabella 1), vediamo come il tasso di crescita totale dell Italia sia il risultato di diversi andamenti al Centro-Nord e al Sud. Il Mezzogiorno continua ancora ad evidenziare un tasso di crescita naturale positivo, sia pur quasi dimezzato rispetto a quello fatto registrare all inizio degli anni 90 mostrando, viceversa, un tasso di incremento migratorio negativo (ma decisamente più ridotto rispetto al 1991). Nelle regioni del Centro-Nord è il tasso di crescita migratorio a mostrare un segno positi- TABELLA 1 Dinamica demografica per area geografica (valori per mille abitanti), 1991 e 1998 Area geografica Quoziente di natalità Quoziente di mortalità Tasso di crescita naturale Tasso di crescita migratorio Tasso di crescita totale 1991 Nord-Ovest 8,1 10,6-2,5 1,5-1,0 Nord-Est 8,2 10,7-2,4 3,4 1,0 Centro 8,8 10,2-1,5 2,4 0,9 Sud e Isole 12,5 8,4 4,2-3,8 0,4 Italia 9,9 9,8 0,2 0,0 0, Nord-Ovest 8,5 10,8-2,3 4,1 1,8 Nord-Est 8,7 10,7-2,1 5,4 3,4 Centro 8,3 10,6-2,3 4,0 1,7 Sud e Isole 10,6 8,6 2,0-3,4-1,4 Italia 9,3 9,9-0,7 1,6 0,9 FONTE: Elaborazioni CNR-IRP su dati ISTAT,

2 FIGURA 1 Sintesi della dinamica demografica Saldo naturale e migratorio negativi Saldo naturale positivo e migratorio negativo Saldo naturale negativo e migratorio positivo Saldo naturale e migratorio positivi FONTE: Elaborazione CNR-IRP su dati ISTAT,

3 vo ed una dinamica crescente rispetto all inizio del decennio, a fronte di un incremento naturale negativo. E del tutto evidente che il solo incremento naturale positivo delle regioni del Sud non riesce a compensare il diverso andamento delle nascite e delle morti nel resto d Italia. E ormai dal 1993 che il saldo naturale della popolazione italiana si presenta negativo. Va sottolineato che la situazione attuale è del tutto opposta a quella che si registrava quarant anni fa, allorquando il saldo naturale compensava quello migratorio e costituiva la componente determinante della crescita della popolazione. Nell Italia degli anni Novanta è ormai la sola componente migratoria a garantire l apporto di ulteriori unità di popolazione. La figura 1 mostra, su base comunale, il quadro di sintesi della dinamica demografica nel periodo Nel 1997 il numero dei nati vivi in Italia è stato pari a , con un incremento di circa unità rispetto ai nati vivi dell anno precedente ma con una diminuzione di circa 35mila unità rispetto al valore del Nell arco di circa trent anni, dal 1964, si è prodotto quasi un dimezzamento delle nascite e di conseguenza delle dimensioni delle generazioni. Altrettanto intenso è stato il calo della fecondità. L Italia è il paese con uno dei più bassi tassi di fecondità (numero di figli per donna) al mondo. Tra i Paesi industrializzati dell Occidente soltanto la Spagna e il Giappone hanno tassi altrettanto bassi. Il numero medio di figli per donna che a metà degli anni Sessanta era pari a 2,7 a partire dagli anni Ottanta ha cominciato a mantenersi costantemente al di sotto del livello di sostituzione della popolazione pari a 2,1. Nel 1995 esso è stato pari a 1,22. Per quanto riguarda la mortalità, l altro fattore della dinamica demografica naturale di una popolazione, i dati del 1996 confermano sia il progressivo e generale miglioramento delle condizioni di sopravvivenza degli italiani, che il declino della mortalità infantile nel primo anno di vita. La speranza di vita alla nascita (vale a dire il numero di anni di vita che un individuo può in media attendersi di vivere) è cresciuta per entrambi i sessi, passando per gli uomini dai quasi 70 anni all inizio degli anni 60 agli attuali 74,3 anni, e per le donne da 72,1 a 80,7 anni. La mortalità infantile è crollata in un arco di tempo di quasi trentacinque anni, scendendo da 40,1 morti nel primo anno di vita per ogni nascite nel 1961, a 6,5 morti ogni nati nel La struttura per età negli anni 1991 e 1998 L invecchiamento della popolazione è uno dei fenomeni più rilevanti delle recenti tendenze demografiche del nostro Paese e forse quello più appariscente. In effetti i cambiamenti della struttura per età presentano alcune caratteristiche interessanti se osserviamo le diverse dinamiche in atto nel Paese (figure 2 e 3). Il declino del peso dei giovani è stato più forte nel Sud del paese rispetto al resto d Italia, dove però tale fenomeno si era già verificato negli anni precedenti; tuttavia, sebbene l aumento delle classi anziane è stato molto più marcato nel Nord e nel Centro, nel Sud il peso degli ultra sessantacinquenni è triplicato negli ultimi dieci anni. Nel censimento del 1991 il 16,3% della popolazione era costituito da giovani al di sotto dei 14 anni e il 15,1% da anziani sopra i 65, nel 1998 il peso della classe di età giovanile si ridimensiona (14,6%) mentre la proporzione di FIGURA 2 migliaia Evoluzione della popolazione giovane (0-14 anni) per grandi aree geografiche, Nord Centro Sud FONTE: Elaborazioni CNR-IRP su dati ISTAT,

4 anziani aumenta (17,4%). La classe di età intermedia, anni, è quella che invece subisce le variazioni minori (68,6% nel 91 e 68,0% nel 98). L Italia meridionale e insulare presenta la maggior concentrazione di giovani: sia nel 1991 che nel 1998, circa 1/5 della popolazione ha meno di 14 anni. Di contro, nelle altre due aree, la struttura per età della popolazione assume caratteristiche totalmente differenti. Infatti, la popolazione anziana vive prevalentemente nelle regioni dell Italia centro-settentrionale e, con l andar del tempo, il suo peso tende ad aumentare. Se infatti già nel 1991 gli ultrasessantacinquenni costituivano, rispettivamente, il 16,6% e il 16,4% della popolazione del Centro e del Nord, nel 1998 essi arrivano addirittura al 19% e al 18,8%. A livello regionale, sempre nel 1998, si concentrano maggiormente in Liguria, Emilia-Romagna, Umbria, Toscana, Friuli-Venezia Giulia e Marche dove si arriva a valori tutti superiori al 20%. Come conseguenza della diminuzione del peso dei giovani e dell aumento di quello degli anziani, a livello nazionale l indice di vecchiaia aumenta sensibilmente. Mentre nel 1991 il rapporto tra la popolazione oltre i 65 anni e quella al di sotto dei 14 è pari al 92,5%, con un valore massimo di 121,4% nelle regioni settentrionali, appena sette anni dopo lo stesso indice raggiunge in Italia il valore di 119,4%. Il processo di invecchiamento è particolarmente evidente nelle regioni del Nord e del Centro Italia dove per ogni 100 giovani si contano, rispettivamente, ben 153,7 e 146,1 anziani. L indice è elevato soprattutto in Liguria, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Toscana, Umbria, Piemonte e Marche. Tutto ciò si riflette ovviamente anche sull indice demografico di dipendenza che, calcolato come rapporto tra anziani (oltre 65 anni) e popolazione presunta attiva (15-64 anni), nel 1998, è a livello nazionale pari a 25,6%, mentre nel 1991 arrivava appena al 22,0%. E la Liguria, con il suo 36,5%, ad occupare il primo posto nella graduatoria delle regioni con il carico maggiore di anziani sulla popolazione in età attiva, seguita da Umbria, Emilia -Romagna e Toscana. Le trasformazioni della famiglia Le famiglie italiane sono oggi oltre 21 milioni. Il loro numero è aumentato costantemente negli ultimi 50 anni mentre la dimensione media familiare si è andata riducendo sempre di più fino ad arrivare agli attuali 2,7 componenti in media (tabella 2) La famiglia per gli italiani resta la coppia coniugata con figli, che continua a mantenere il primato tra tutte le forme familiari, pur sotto l incalzare di varianti come le coppie senza figli e i genitori soli. Importante anche per le strette connessioni con le trasformazioni demografiche della società e per le ripercussioni economiche e sociali che ne derivano, è la costante crescita delle persone sole, formula familiare tipica delle società a forte invecchiamento. Se la famiglia coniugale con figli rimane la tipologia prevalente questa forma familiare ha comunque subito profonde modifiche al suo interno. Innanzitutto, va notato che la progressiva posticipazione dell inizio del processo di formazione della famiglia ha effetti sul numero di figli per coppia nel senso di una sensibile riduzione delle famiglie con tre o più figli, passate ad esempio dal 16,2% delle coppie con figli nel 1988 al 12,1% nel 1998 ed una concentrazione delle famiglie sul modello del figlio unico (attualmente il 45,2% delle coppie con figli ha un solo FIGURA 3 migliaia Evoluzione della popolazione anziana (oltre 65 anni) per grandi aree geografiche, Nord Centro Sud FONTE: Elaborazioni CNR-IRP su dati ISTAT,

5 figlio contro il 41,2% del 1988). Come è evidenziato nella tabella 3, nel nostro Paese l organizzazione familiare è distribuita in maniera differenziata non solo per effetto della diversa struttura per età, che determina la maggiore incidenza di alcune forme familiari rispetto ad altre, ma anche da diversi modelli familiari che fanno riferimento alle culture regionali di origine e che influiscono sulle modalità di formazione della famiglia. Con quest ultima chiave di lettura vanno analizzate le differenze tra le due macro aree settentrionali che a fronte di un analogo processo di invecchiamento presentano marcate differenze nella quota di persone sole (forma familiare frequente delle persone di età avanzata). Nel settore Nord occidentale esse rappresentano un quarto di tutte le famiglie, mentre in quello mediorientale l incidenza scende a meno del 20%. A differenza del settore Nord-occidentale è forte la presenza delle famiglie tradizionali (coppie con figli, che rappresentano quasi la metà di tutte le famiglie). L Italia Centrale presenta un profilo molto simile a quello delle regioni Nord-occidentali, con una elevata incidenza di persone sole e un dato inferiore rispetto alla media nazionale di coppie con figli, la cui rappresentanza comunque è la forma familiare più frequente con una quota che raggiunge il 42% di tutte le famiglie. Nel Sud le coppie con figli rappresentano la maggioranza assoluta (56%), le coppie senza figli subiscono un netto ridimensionamento rispetto al resto dell Italia e le persone sole non raggiungono neanche il 17%. Queste caratteristiche vanno messe in rapporto non solo ad un processo di invecchiamento meno incisivo, ma anche a specifici modelli culturali che vedono gli anziani molto più inseriti all interno delle famiglie dei figli. Anche per quanto riguarda l Italia insulare le famiglie con figli costituiscono la forma familiare più diffusa, il profilo distributivo ricalca infatti quello dell Italia meridionale, pur con minore distanza da quello nazionale. Le previsioni al 2020 Il futuro profilo demografico della popolazione italiana si può desumere dalla sua attuale struttura per età. Abbiamo visto che la popolazione italiana è caratterizzata da un marcato processo di invecchiamento, a causa dell intensissimo calo della fecondità e del notevole allungamento della speranza di vita. Nel futuro immediato questo processo è destinato a continuare con maggiore intensità sia perché le generazioni che nascono saranno sempre meno numerose, sia perché invecchieranno le generazioni nate nel corso degli anni 60, le generazioni del cosiddetto baby-boom. La struttura della popolazione si modificherà dunque in modo notevole. Le previsioni dell ISTAT circa gli sviluppi futuri delle dinamiche evolutive della popolazione italiana, in base ad un ipotesi di scenario considerata la più probabile, delineano un quadro caratterizzato da: un aumento della speranza di vita (78,3 anni per gli uomini e 84,7 per le donne al 2020) una lieve crescita del tasso di fecondità (1,45 figli per donna) una stabilità delle migrazioni interregionali un saldo migratorio con l estero positivo di 56 mila unità all anno. Come si vede viene prevista una bilancia migratoria positiva su valori che, in linea di massima, non dovrebbero discostarsi troppo da quelli registrati nei primi anni Novanta. Quest apporto migratorio non appare però in grado di TABELLA 2 Le famiglie in Italia: numero e dimensione media Anno Numero di famiglie (migliaia) Numero medio di componenti Persone sole (%) 1951(a) ,0 9,5 1961(a) ,6 10,7 1971(a) ,3 12,7 1981(a) ,0 17,8 1991(a) ,8 20,6 1998(b) ,7 dnd (a) Censimenti (b) Anagrafe. dnd= dato non disponibile FONTE: Elaborazioni CNR-IRP su dati ISTAT. 17

6 contrastare la tendenza alla diminuzione della popolazione e al suo invecchiamento. Se infatti, esso sarà in grado di controbilanciare il saldo naturale negativo fino al 2005 (portando le dimensioni complessive dell aggregato demografico a 57,6 milioni) dopo quella data le previsioni indicano l inizio di una flessione della popolazione, che dovrebbe scendere sino ai 55,9 milioni del Sicuramente il probabile verificarsi di una diminuzione della popolazione segnerà una svolta importante nella storia demografica del Paese. Si consideri che escludendo la parentesi della prima guerra mondiale, è dalla crisi demografica della prima metà del Seicento che il numero di abitanti dell Italia cresce ininterrottamente. Per quanto riguarda i cambiamenti nella struttura per età e le relative differenze territoriali, come si è accennato il processo di invecchiamento continuerà: i giovani scenderanno da circa il 20% del 2000 al 18% del 2020, i grandi vecchi (le persone con più di 80 anni) aumenteranno di tre punti percentuali e gli anziani tra i 65 ed i 79 anni supereranno il 16%, mentre per quanto riguarda la popolazione in età da lavoro la componente più anziana peserà più di quella giovane. Per avere un idea del peso degli anziani rispetto ai giovani al di sotto dei 15 anni si consideri che nel 2020 a livello nazionale ci saranno 18 anziani ogni 10 giovani, con punte di 24 ultrasessantacinquenni ogni 10 giovani al Nord. Come è prevedibile, questi processi saranno più evidenti al Nord e al Centro, ma anche il Sud ne sarà interessato, poiché ciò che continuerà a differenziarlo sarà soltanto il ritardo relativo con cui queste tendenze si manifesteranno rispetto al resto del Paese. Esaminando l evoluzione della popolazione in età lavorativa e degli anziani, aggregati che assumono particolare rilievo sul sistema produttivo e previdenziale, vediamo come la prima diminuirà di circa 2,8 milioni di unità, concentrate per quasi il 70% nell Italia Settentrionale, per il 19% in quella Centrale e per l 11,4% nel Mezzogiorno, mentre per quanto riguarda gli anziani le persone con più di 80 anni aumenteranno di 1,6 milioni e quelle tra 65 e 79 anni di 1,7 milioni. A fronte del quadro sopra esposto, vale la pena segnalare che i flussi migratori previsti, stimati in unità annue, non consentono di poter bilanciare struttura e dimensione della popolazione che richiederebbe un saldo migratorio di / unità annue. Flussi di tale entità, per quanto giustificati dalla diminuzione e dall invecchiamento della popolazione in età lavorativa e dal conseguente forte incremento della domanda di servizi di assistenza e cura della popolazione anziana, comporterebbero rilevanti problemi di carattere politico e sociale non facilmente governabili alla luce degli strumenti di cui il Paese è attualmente in grado di disporre. TABELLA 3 Distribuzione delle famiglie italiane secondo le aree geografiche di residenza (%), 1997 Tipologia familiare Italia Nord Occidentale Orientale Italia Centrale Italia Sud Italia Insulare Totale Totale famiglie (migliaia) Persone sole 24,5 19,6 23,8 16,7 20,6 21, Altre fam. senza nucleo 2,1 1,7 2,1 1,6 1,6 1,9 394 Coppie con figli 42,2 45,5 41,5 56,0 51,6 46, Coppie senza figli 22,6 22,7 22,6 17,2 17,6 20, Monogenitore padre 1,5 1,2 1,5 1,3 1,4 1,4 287 Monogenitore madre 6,6 7,7 6,9 5,9 6,8 6, Fam. con 2 o più nuclei 0,6 1,6 1,6 1,4 0,5 1,1 237 Totale Totale famiglie (migliaia) FONTE: Elaborazione CNR-IRP su dati ISTAT, Indagine Multiscopo sulle famiglie,

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