Il Venezuela giusto. Come si vive nel paese dove lo slogan todos por el bien de todos è diventato realtà

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1 settimanale diretto da luigi amicone anno 19 numero 6 13 febbraio ,00 Poste italiane spa - spedizione in a. p. D.L. 353/03 (conv. L. 46/04) art. 1 comma 1, ne/vr Il Venezuela giusto Come si vive nel paese dove lo slogan todos por el bien de todos è diventato realtà

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3 EDITORIALI Al cardinale non piace la tassa sulle opere di bene Esclusiva di Tempi con Camillo Ruini «Imu al no profit? Una vera assurdità» Abbiamo interpellato il cardinale Camillo Ruini, grande protagonista, da capo della Cei, della stagione giovanpaolina e, a tutt oggi, acutissima espressione di intelligenza cattolica. Ha accettato di rilasciare a Tempi dichiarazioni su due temi che gli stanno particolarmente a cuore. Il primo riguarda i cosiddetti valori o princìpi non negoziabili, rispetto ai quali i sondaggi (vedi la Stampa di venerdì 1 febbraio) abbondano in svalutazioni, poiché, dicono, agli italiani interesserebbero solo i problemi economici. Ruini ci ha così risposto: «Se si parla solo di valori e princìpi la gente può avere l impressione che si tratti di cose astratte e che oggi le urgenze siano altre. Se invece si parla, ad esempio, di famiglia l interesse è molto alto, perché tutti sanno per esperienza quanto la famiglia sia importante, a tanti livelli, compreso quello economico. In concreto, nessuno contesta la libertà delle persone, compresi naturalmente gli omosessuali, di unirsi tra loro come meglio credono. La questione è se si tratti di una vera famiglia: le persone di buon senso, siano o meno credenti, si rendono conto che compito fondamentale della famiglia è generare ed educare i figli e che i figli, per crescere bene, hanno bisogno di un padre e di una madre. Da qualche anno, in Italia come in tutto l Occidente, è in atto una grande campagna mediatica per contraddire questa certezza elementare, ma io confido che gli italiani, un popolo ricco di buon senso, non si lasceranno ingannare facilmente». Alla seconda domanda, sull Imu al no profit, che Tempi ha ribattezzato tassa sulle opere di bene, il cardinale risponde: «L Imu ha molti aspetti problematici. Quanto all Imu sulle opere di bene, ad esempio sulle scuole non statali, cattoliche e laiche, mi sembra una vera assurdità, perché queste opere, scuole comprese, nella maggior parte dei casi lavorano in perdita e sono un aiuto per le famiglie, i giovani, i poveri e anche per lo Stato che spenderebbe molto di più se dovesse farsi carico direttamente di queste necessità. Quindi una tassazione può avere senso per chi guadagna, ad esempio con una scuola non statale, non per coloro, e sono la grande maggioranza, che invece le gestiscono in perdita». UN INCONTRO DI POCHE CHIACCHIERE Venerdì scorso abbiamo messo Maroni a confronto con «la carne di un popolo» «mi HA molto COlPITO CHE formigoni abbia deposto ogni RANCORE e COllabORI lealmente» «se PARli DI valori la gente PUò PENsARE A COSE astratte. ma se PARLA L esperienza di famiglia LA GENTE CAPISCE» Deciso come gesto. Elementare nella comunicazione. Per chi vi ha partecipato, la serata in due appuntamenti organizzata da Tempi con Roberto Maroni è stata molto istruttiva su cosa è la politica e su cosa dev essere una campagna elettorale. Cena con un centinaio tra imprenditori e attori di opere educative espressione «non di chiacchiere, ma della carne di un popolo», come ha detto a nome di tutti Emiliano Ronzoni. E, a seguire, un incontro in cui il candidato ha risposto in pubblico a domande preparate da imprenditori, insegnanti, medici e gente comune (il video, in pillole, è online su tempi.it). Insomma, un successo. Non solo per la qualità e il numero dei partecipanti, ma perché il meeting di Albiate è stato occasione di lavoro utile alla formazione di un giudizio non superficiale e non ideologico. All appuntamento eravamo arrivati con molte domande. E anche qualche perplessità. Dopo tutto, non era stata la Lega a far cadere il buon governo Formigoni? Alla fine della serata è emerso con chiarezza che non si vive né di passato né di promesse. Ma, appunto, della responsabilità da e per il popolo. Infine, un Maroni a viso aperto ha confessato: «Mi ha molto colpito che Formigoni abbia deposto ogni rancore e collabori lealmente». Convincente. Ci saranno altre serate. FOGLIETTO Intoppi ministeriali. Chi vuole governare ci spieghi come impedirà alla burocrazia di divorarsi ogni riforma La distanza fra gli impegni che si assumono in campagna elettorale e quel che si realizza dopo il voto è sempre grande. Può però accadere di peggio: ed è quando alcuni impegni nemmeno si prendono, quasi si ignori il peso di taluni nodi sull azione di governo. Uno dei temi rimasti fuori dal dibattito fra schieramenti è l assetto del sistema burocratico; qualcuno parla di semplificazione e di riforma della pubblica amministrazione, ma non esce mai dal generico. Per avere un idea di ciò cui mi riferisco: le riforme varate nei pochi mesi del governo Monti richiedono per la loro piena operatività il varo di circa 400 decreti attuativi; finora i ministeri sono riusciti a produrne poco più del 10 per cento, pur se le leggi ne impongono la pubblicazione entro pochi mesi. Sono ancora sulla carta provvedimenti sui quali il Parlamento ha discusso, e che dall esecutivo sono stati esibiti in contesti internazionali per dimostrare il gran lavoro svolto. Ci sono addirittura norme votate su iniziativa del governo Berlusconi che ancora non sono applicate. Responsabilità degli apparati burocratici? In prevalenza sì. Alla fine chi guida un ministero politico o tecnico che sia si stanca e dà per scontato che la struttura farà quel che deve; purtroppo così non è. Col risultato che l azione di un governo qualsiasi governo provoca al più un effetto mediatico, ma non di sostanza. Vale anche per l ordinaria amministrazione: quante pratiche dalle quali dipende la vita di un azienda o il futuro di intere famiglie impiegano molto più del necessario prima di completarsi? Nel momento in cui chiedono il voto, tutti gli schieramenti si candidano a governare. E se i rispettivi leader spiegassero come, in caso di vittoria, farebbero funzionare la burocrazia, essenziale per ben governare? Funzionare intendiamoci non nel loro interesse, ma nell interesse degli italiani. Alfredo Mantovano 13 febbraio

4 settimanale diretto da luigi amicone anno 19 numero 6 13 febbraio ,00 SOMMARIO 06 PRIMALINEA EMERGENZA OCCUPAZIONE RIGAMONTI NUMERO 6 Poste italiane spa - spedizione in a. p. d.l. 353/03 (conv. l. 46/04) art. 1 comma 1, ne/vr Il Venezuela giusto Come si vive nel paese dove lo slogan todos por el bien de todos è diventato realtà Ecco come i venezuelani resistono e ricostruiscono su miserie e rovine della rivoluzione civile di Chávez LA SETTIMANA 22 CHI È CHI PROFUMO, IL NAPOLEONE DELLA FINANZA CASADEI 27 SPECIALE CAPITALE UMANO RIPARTIRE DALLA PERSONA Foglietto Alfredo Mantovano...3 Solo per i vostri occhi Lodovico Festa...13 Boris si autosospende Farina e Amicone...21 Le nuove lettere di Berlicche...25 Presa d aria Paolo Togni...54 Mamma Oca Annalena Valenti...55 Post Apocalypto Aldo Trento...60 Sport über alles Fred Perri...62 Cartolina dal Paradiso Pippo Corigliano...63 Diario Marina Corradi...66 RUBRICHE 14 INTERNI IL POTERE DI REPUBBLICA PANSA 44 ESTERI REPORTAGE DA CARACAS FRIGERIO L Italia che lavora...50 Stili di vita...54 Per Piacere...57 Mobilità Lettere al direttore...62 Taz&Bao...64 Foto: Ansa, Contrasto, Getty Images, AP/LaPresse, Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell 11/6/1994 settimanale di cronaca, giudizio, libera circolazione di idee Anno 19 N. 6 dal 7 al 13 febbraio 2013 DIRETTORE RESPONSABILE: LUIGI AMICONE REDAZIONE: Emanuele Boffi, Laura Borselli, Mariapia Bruno, Rodolfo Casadei (inviato speciale), Benedetta Frigerio, Massimo Giardina, Caterina Giojelli, Daniele Guarneri, Elisabetta Longo, Pietro Piccinini, Chiara Rizzo, Chiara Sirianni SEGRETERIA DI REDAZIONE: Elisabetta Iuliano DIRETTORE EDITORIALE: Samuele Sanvito PROGETTO GRAFICO: Enrico Bagnoli, Francesco Camagna UFFICIO GRAFICO: Matteo Cattaneo (Art Director), Davide Viganò IN COPERTINA: Foto AP/LaPresse FOTOLITO E STAMPA: Roto2000 S.p.A., Via L. da Vinci, 18/20, Casarile (MI) DISTRIBUZIONE a cura della Press Di Srl GESTIONE ABBONAMENTI: Tempi, Corso Sempione Milano, dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 13 tel. 02/ , fax 02/ abbonamenti@tempi.it EDITORE: Tempi Società Cooperativa, Corso Sempione 4, Milano La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250 SEDE REDAZIONE: Corso Sempione 4, Milano, tel. 02/ , fax 02/ , redazione@tempi.it, CONCESSIONARIA PER LA PUBBLICITà: Editoriale Tempi Duri Srl tel. 02/ , fax 02/ GARANZIA DI RISERVATEZZA PER GLI ABBONATI: L Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione scrivendo a: Tempi Società Cooperativa, Corso Sempione, Milano. Le informazioni custodite nell archivio elettronico di Tempi Società Cooperativa verranno utilizzate al solo scopo di inviare agli abbonati la testata e gli allegati, anche pubblicitari, di interesse pubblico (D.LEG. 196/2003 tutela dati personali).

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6 Sei mesi fa entrava in vigore la riforma Fornero, al grido di meno precarietà e più tutele. Cosa ne è rimasto? Viaggio in un emergenza nazionale che è già una patata bollente per il prossimo governo DI matteo rigamonti Fatta la legge bisogna fare 6il lavoro 13 febbraio 2013

7 un impiego per tutti Impetum suum posse sustineri existimabant. Accedebat quod suos ab se liberos abstractos obsidum nomine dolebant, atque Romanos non solum itinerum 13 febbraio

8 Un cantiere ancora aperto in cui è fondamentale apportare il proprio contributo, un pacchetto di norme da riscrivere completamente. La riforma del lavoro targata Monti-Fornero suscita reazioni diverse e contrapposte e di fatto non è per niente semplice trarre un bilancio obiettivo della legge 92/2012 entrata in vigore sei mesi fa con la promessa di permettere «rapporti di lavoro più stabili, attraverso la conferma del contratto di lavoro a tempo indeterminato come contratto prevalente e meccanismi di valorizzazione e premialità per la stabilizzazione dei contratti di apprendistato e a termine». Il governo che verrà, di qualunque colore esso sia, si ritroverà in mano uno strumento appena approntato e forse già da modificare e un livello di disoccupazione allarmante causato dallo sfavorevole contesto europeo e aggravato, in Italia, dai problemi che affliggono il sistema-paese: dall eccessivo costo fiscale e previdenziale del lavoro ai costi occulti della burocrazia passando per i deficit infrastrutturali che ci separano dal resto dell Europa. A dicembre 2012 l Istat segnalava un tasso di disoccupazione dell 11,2 per cento, in aumento di 1,8 punti percentuali su dicembre 2011 e in crescita costante dal Tra i giovani tra i 15 e i 24 anni, che sono poco più di 6 milioni, pari al 10 per cento della popolazione (venti anni fa erano quasi 9 milioni), invece, il tasso di disoccupazione, che misura l incidenza dei disoccupati sul totale degli occupati e di chi è in cerca di lavoro, è pari al 36,6 per cento, in aumento di 4,9 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell anno prima. Ancora: le persone in cerca di lavoro sono il 10 per cento della popolazione compresa tra i 15 e i 24 anni. Resta elevato, infine, il tasso di inattività tra gli individui in età da lavoro (15-64 anni), che si attesta al 36,4 per cento. Non certo numeri incoraggianti per un paese che vede impiegata la sua forza lavoro per 850 mila unità nell agricoltura, silvi- coltura e pesca, 4,6 milioni nell industria, 1,7 nell edilizia e 15,7 milioni nei servizi. E il famoso apprendistato? Fiorello sembra convinto: nel suo spot realizzato per il ministero del Lavoro dice che il nuovo contratto è «qualcosa che può aprire il futuro ai giovani». Più un auspicio che una constatazione, dato che al momento i numeri di cui si dispone sono legati al vecchio contratto di apprendistato (il nuovo Testo unico è entrato in vigore nell ottobre 2011). Sono i numeri contenuti nel XII Rapporto di monitoraggio sull apprendistato, curato, per conto del ministero del Lavoro, dall Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori (Isfol) in collaborazione con l Inps. Dal Rapporto risulta che, nel 2010, i contratti di apprendistato in essere nelle imprese italiane erano 542 mila (50 mila in meno del 2009 e oltre 100 mila in meno del 2008), di cui 303 mila al Nord, 141 mila al Centro e 98 mila al Sud. Un numero che, qualora dovesse essere confermato oggi, significherebbe che il 8 13 febbraio 2013

9 SPECIALE CAPITALE UMANO l associazione degli enti di formazione di ispirazione cristiana ha sempre avuto, accanto ai circa 300 dipendenti a tempo indeterminato assunti, anche più di 200 collaboratori per coprire tutte le esigenze di flessibilità tipiche della formazione. «Ora non possono più restare, perché con le nuove regole c è il rischio di incappare in contenziosi che sfocerebbero nell obbligo di trasformare il rapporto di lavoro a tempo determinato in uno a tempo indeterminato». Del resto, continua Cazzola, «l aveva già detto Marco Biagi: Nessun incentivo economico è in grado di compensare un disincentivo legislativo». E aveva ragione, perché, «se è vero che le norme da sole non creano mai nuovi posti di lavoro, però, sicuramente sono in grado di ostacolarne la formazione». Un altra novità introdotta dalla riforma che ha avuto «esiti contraddittori» è la cosiddetta stretta sulle false partite Iva. Secondo Cazzola, infatti, «molti lavoratori, che avevano una partita Iva tutt altro che fasulla, si sono trovati di punto in bianco senza più lavoro da parte dei loro tradizionali committenti; questo è successo perché è difficile stabilire in anticipo, a inizio anno, se si fattureranno più o meno di 18 mila euro annui», limite sotto il quale la partita Iva è dichiarata fasulla e c è il rischio che scatti l obbligo di assunzione. Anche il vincolo sulla durata massima di otto mesi e quello sull impossibilità di fatturare verso un unico committente oltre l 80 per cento del volume d affari non sono così semplici da rispettare. «Come faccio a sapere in anticipo se fatturerò più o meno dell 80 per cento presso un unico committente? Sarà sempre il mercato a deciderlo, io posso saperlo solo a posteriori». Si tratta di interventi e limitazioni che hanno avuto un effetto molto semplice: «Oggi si aprono meno partite Iva in favore di nuove società, le consulenze vengono affidate a queste società e i lavoratori autonomi di prima perceun impiego per tutti PRIMALINEA Foto: Fotogramma; nelle pagine precedenti Getty Images lo speciale Capitale umano Gli approfondimenti All interno di questo numero di Tempi 16 pagine di speciale Capitale Umano, con un focus sulla Lombardia. su tempi.it L intervista È online l intervista integrale a Pietro Ichino riportata in questo servizio. STRUMENTI PER RIPARTIRE DALLA SCUOLA ALL IMPRESA, OggI INVESTIRE SULLE PERSONE CONVIENE. IL LAbORATORIO LOMbARDO E LE PROSPETTIVE NAzIONALI 15 per cento degli occupati tra i 15 e i 29 anni di età, lo è grazie a un contratto di apprendistato. Ma di tutti questi apprendisti, sempre nel 2010, solo 177 mila sono poi stati trasformati in contratti a tempo indeterminato. Un altra fotografia importante e poco confortante è quella sullo stato dell apprendistato scattata proprio dal ministero. Secondo il Barometro del lavoro sui dati del terzo trimestre 2012 (i mesi immediatamente successivi alla riforma) sulle Comunicazioni obbligatorie che i datori di lavoro sono tenuti a effettuare, su un totale di 2,4 milioni di posizioni lavorative attivate (a fronte di 2,5 milioni cessate) solo il 2,5 per cento del totale sono contratti di apprendistato; mentre il 17,5 per cento sono contratti a tempo indeterminato, il 67,1 per cento contratti a termine, il 6,4 per cento contratti di collaborazione e il restante 6,5 per cento altre tipologie contrattuali. Dati più recenti e di positivo auspicio balzati agli onori della cronaca nazionale, sep- SACCONI: «IRRIgidENDO ulteriormente I CONtRAtti PIù flessibili La LEgge fornero ha CONtRIbuito a gravare LA già SCARSA PROPENSIONE ad ASSuMERE» pur provvisori e geograficamente connotati, sono, invece, quelli registrati dall Osservatorio del mercato del lavoro della Provincia di Milano subito prima e immediatamente dopo l entrata in vigore della riforma Fornero. La tendenza che si osserva, almeno in provincia di Milano, sembrerebbe quella di un calo nelle aperture di contratti a termine più importante di quanto si potrebbe attribuire esclusivamente ai soli effetti della crisi e di un contestuale aumento del numero di contratti di apprendistato: se, infatti, a giugno 2012, prima dell entrata in vigore della riforma, la flessione nei contratti a termine è stata del 10,5 per cento rispetto allo stesso mese del 2011, a settembre 2012 il calo è stato più significativo (-17,9 per cento rispetto a settembre 2011); mentre i contratti di apprendistato sono passati da -4,5 a +9,7 per cento. Nei flussi trimestrali nei mesi di settembre, ottobre e novembre, inoltre, il ricorso all apprendistato ha fatto segnare un incremento del 12,42 per cento, a fronte di un calo del 10,58 per cento dei contratti a termine. Sforbiciata sui contratti a termine L altro capitolo imprescindbile riguarda l obiettivo di contrasto alla precarietà che il ministro Fornero si era prefissato. Tra gli operatori, «sono ancora molte le perplessità in merito alla riforma e probabilmente sono già in atto sforzi elusivi», spiega a Tempi Giuliano Cazzola, già dirigente generale del dicastero di via Veneto nell ultimo governo Berlusconi e oggi in lista per il Senato con Monti. Al tempo stesso «si registra il tentativo di selezionare tra le forme contrattuali a loro disposizione quelle che paiono più a portata di mano». Qualche esempio? «Anzitutto, le imprese, che si stanno da tempo orientando verso la somministrazione, preferita rispetto al tradizionale contratto a termine». Cazzola fa poi l esempio di una realtà della sua terra, l Emilia Romagna. Qui 13 febbraio

10 piscono ora uno stipendio come amministratori di società». La «legge Fornero è troppo complessa», sentenzia in definitiva Cazzola, che per il futuro vede un unica via percorribile: «Occorre recuperare un rapporto molto stretto con le parti sociali, sindacati e imprenditori, per valutare insieme a loro quali sono i problemi più urgenti da affrontare e quali i possibili interventi migliorativi da apportare». Anche se il tema «assolutamente prioritario» è quello dell «abbattimento delle tasse sul lavoro e sull impresa». Si potrebbe poi «rimettere mano anche alla disciplina dell articolo 18» e «semplificare ulteriormente il contratto di lavoro a tempo determinato», oltrechè rivedere la «contrattazione collettiva nella direzione di accordi in deroga stipulati in base all articolo 8 dello Statuto dei lavoratori». Sacconi e lo spirito della legge Biagi «Sono in atto due evidenti emergenze lavoro», rilancia Maurizio Sacconi, già ministro del Lavoro dell ultimo governo Berlusconi e candidato a Palazzo Madama nelle liste del Pdl: «La prima ovviamente è l andamento in sé non positivo del mercato del lavoro; la seconda, invece, ha a che fare con fattori specifici del mercato italiano». Ed è su questo fronte che «la legge Fornero ha contribuito a gravare con effetti devastanti la già scarsa propensione ad assumere, irrigidendo ulteriormente le forme contrattuali più flessibili e l ha fatto in un tempo di aspettative incerte». Oltretutto, «in un momento in cui il mercato del lavoro sconta ancora il disastro educativo delle nostre scuole: larga parte dei titoli di studio italiani, infatti, sono disprezzati dal mercato del lavoro e ciò penalizza alquanto i nostri giovani che sono disorientati». L origine di tutto questo è stato «l eccesso di un offerta costruita quasi Stefano Colli Lanzi (a lato) è amministratore delegato di Gi Group, società attiva nella somministrazione, ricerca e selezione di personale permanent, formazione, executive search, outplacement, outsourcing, amministrazione di personale, indagini retributive, field marketing e sistemi di sviluppo del personale ICHINO: «MANCA UNA metà IMPORTANte della RIfORMA: UN RAPPORto di lavoro dipendente a tempo INdeteRMINAto meno gravoso per l IMPReSA» interamente sui comodi di alcuni docenti, piuttosto che sulle reali esigenze degli studenti». Ed è a simili «antiche e recenti disfunzioni del mercato del lavoro che si aggiungono le conseguenze del ciclo economico sfavorevole». Nessun dato, tuttavia, ha finora certificato un fallimento della riforma. «È vero, ci sono, però, evidenze empiriche tali per cui non occorre attendere statistiche che, nel tempo, confermeranno questa impressione». Stando a quanto risulta a Sacconi, e non solo a lui, infatti, «non c è attività di sorta che non abbia rinunciato a riconfermare lavoratori assunti a termine o a progetto». D altronde «gli esiti nefasti della riforma si erano già fatti intravedere dopo il suo solo annuncio». Per non parlare poi dell «ulteriore incremento del costo del lavoro determinato dalla nuova assicurazione sull impiego e della tassa sui licenziamenti che, purtroppo, più che inibire i licenziamenti, ha finito per inibire le assunzioni». La cura prescritta da Sacconi si basa sull assunto per cui «la semplificazione non deve essere un ingerenza tecnica ma la scelta coraggiosa di saper rinunciare a un impianto che, con la scusa di sistemarlo, ha eccessivamente irregimentato il mercato del lavoro», ed è quella di «cancellare la riforma Fornero, almeno nella parte che regola i contratti flessibili, per ritornare nel solco tracciato dalla legge Biagi, riscrivendo da capo un nuovo Statuto dei lavori che sostituisca quello dei lavoratori». L obiettivo dichiarato è quello di «delegificare tutto ciò che non ha a che fare con le tutele fondamentali del lavoro e consentire una maggiore libertà di contrattazione individuale sulla base di un piano comune di regole essenziali». Ci sono poi la proposta shock di detassare per 4 o 5 anni tutti i contratti di apprendistato e permanenti per i giovani e quella di rimodulare le risorse da destinare agli ammortizzatori sociali sulle base di un rinnovato patto con le regioni. Chi offre una valutazione non negativa della riforma Fornero è Pietro Ichino, in lista con Monti dopo essere fuoriuscito dal Pd. Per il giuslavorista milanese, il primo merito della legge è quello di aver «rifor febbraio 2013

11 un impiego per tutti PRIMALINEA colli lanzi (gi group) «Un sistema più attento a generare posti inutili in cambio di voti che a formare» «Il mondo del lavoro ha subìto numerosi cambiamenti, soprattutto negli ultimi mesi, per questo abbiamo recapitato ai candidati di Pd, Pdl e Lista Monti le domande che arrivano dal settore in cui operiamo da anni». Stefano Colli Lanzi amministratore delegato di Gi Group (la prima multinazionale italiana del lavoro, nonché una delle principali realtà, a livello mondiale, nei servizi dedicati allo sviluppo del mercato del lavoro) prepara così il terreno alla tavola rotonda che si terrà a Milano il prossimo 11 febbraio, alla presenza di Pietro Ichino, Carlo dell Aringa e Mariastella Gelmini. A sei mesi di distanza dall entrata in vigore della riforma Fornero che bilancio si può fare dell effetto avuto sull occupazione? L occupazione si genera con la crescita economica: in un periodo di crescita negativa è davvero difficile ottenere risultati positivi in termini occupazionali. Per capire in profondità cosa sta accadendo e quali aggiustamenti potrebbero essere necessari per agganciare al meglio la ripresa quando avverrà la nostra fondazione Gi Group Academy ha per questo dato vita ad un Osservatorio Permanente sulla Riforma del Mercato del Lavoro, che presto fornirà i primi dati. Quali sono i motivi profondi di questa brutta crisi dell occupazione ( in Italia manca il lavoro si sente spesso dire) nei confronti dei quali la modifica delle regole in materia può fare ben poco? La crisi è legata al debito eccessivo, alla bassa produttività e ad un sistema, il nostro, più attento a generare posti di lavoro inutili in cambio di voti che a formare persone, sia quanto alle competenze fondamentali per il mercato che alla necessaria educazione ad una maggiore assunzione di responsabilità personale nel proprio compito lavorativo. L emorragia della disoccupazione in Italia non sembra destinata ad arrestarsi e la ripresa è ancora lontana. Di quali interventi necessita il mercato del lavoro per poter riprendere fiato e per far sì che chi vuole assumere ma non riesce possa farlo? Occorre agire rapidamente sul cuneo fiscale abbiamo un costo del lavoro tra i più alti in Europa, a fronte di un livello salariale tra i più bassi per rendere le imprese più competitive e i lavoratori in grado di spendere di più. Dobbiamo inoltre passare dalla difesa del posto di lavoro a tutti costi, anche se improduttivo, alla difesa del lavoro, con la costruzione di maggiore impiegabilità per le persone. Quali misure possono realmente contribuire ad abbattere il costo (fiscale e previdenziale) che grava sul lavoro in Italia? Oltre a quanto detto occorre abbassare la contribuzione sociale allargando la base su cui la si applica, ad esempio, facendo emergere il lavoro nero. Ma anche ridurre i costi della spesa pubblica. Cosa si può fare per migliorare l apprendistato? Per i giovani bisogna innanzitutto far partire l apprendistato di primo livello, importando in Italia le best practices già consolidate in Germania. Circa l apprendistato professionalizzante occorre portare a zero la contribuzione, rimodulare la retribuzione su livelli più simili al resto dell Europa (dove è pari al 30% circa del salario di destinazione) e permettere che il contratto di apprendistato possa essere interrotto ad un costo predefinito. Inoltre è molto importante svolgere una seria attività di orientamento affinché la scelta dei percorsi scolastici avvenga anche sulla base della domanda di profili professionali da parte delle imprese. [mr] mato gli ammortizzatori sociali che da 18 anni nessun governo italiano era riuscito a fare. Questo significa una assicurazione contro la disoccupazione universale, per tutto il lavoro dipendente, di livello europeo; e la graduale riconduzione della Cassa integrazione alla sua funzione originaria: non sarà più possibile mettere le persone in Cassa integrazione per cinque, sei o sette anni». Positiva, per Ichino, la riscrittura dell articolo 18, che ha permesso di «eliminarne l effetto perverso di determinare nelle aziende sopra i 15 dipendenti un regime di sostanziale job property». Il lavoro che resta da fare Ma secondo Ichino «la legge Fornero è riuscita a compiere solo la prima metà del lavoro necessario, cioè ripristinare il rigore originario con cui la legge Biagi aveva delimitato il possibile ricorso al lavoro a progetto. Questo ha fatto sì che oggi centinaia di migliaia di collaborazioni autonome continuative in posizioni di sostanziale dipendenza debbano essere regolarizzate o siano condannate a cessare». Mentre «l altra metà della riforma doveva consistere nel predisporre un rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato che potesse assorbire queste centinaia di migliaia di collaborazioni, senza shock di costo e/o di rigidità per l impresa. Questa è la parte di riforma ancora da fare, e con urgenza». La sua proposta è quella di «rimodulare costi e disciplina del rapporto, in modo da consentire la migrazione di questi lavoratori nell area del lavoro subordinato senza costi eccessivi e attenuando le rigidità». Per farlo si potrebbe predisporre un «rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato reso meno costoso da una riduzione del cuneo fiscale e contributivo; e reso più flessibile mediante l applicazione di una nuova tecnica di protezione del lavoratore in caso di licenziamento per motivi economici od organizzativi». n 13 febbraio

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13 di Lodovico Festa SOLO PER I VOSTRI OCCHI La campagna elettorale in corso rivela la disgregazione della Repubblica: un processo avviato con la non soluzione dei nodi posti dalla fine della Guerra fredda, concretizzatosi poi nella politicizzazione della giustizia nel 92 e non risolto nel ventennio seguente sia per le inadeguatezze del centrodestra sia per le viltà del centrosinistra nonché quelle di uno sfiatato establishment capace solo di promuovere personalità evanescenti come Mario Segni o poi Mario Monti. Una crisi così grave dello Stato come quella che stiamo vivendo non può non provocare diffuse paure e connessi sentimenti irrazionali, innanzitutto tra i giovani colpiti dallo sbandamento della discussione pubblica. La principale forma che questi sentimenti, derivanti dalla disgregazione, vengono assumendo è la diffusione dell idea che i tecnici possano assolvere a una funzione palingenetica della società: si è iniziato con i pm e a questi si sono affiancati adesso anche certi superesperti spesso mediocri in dottrina e ancor più in pratica. La speranza tecnica è ampiamente smentita dai fatti. La politicizzazione della magistratura ben lungi dal risanare la società ha indotto più generali fenomeni d impazzimento della giustizia: dall Ilva all Aquila, dalle indagini sulla trattativa del governo Ciampi fino alla feroce rissa intorno al cadavere di un martire come Giovanni Falcone. Per quel che riguarda la superiorità degli economisti nella gestione delle cose collettive basta considerare il mondo delle nostre banche, dove con la crescente deresponsabilizzazione delle proprietà (anche quelle maledette pubbliche) si è affermato il festival del tecnico, per capire quali guasti su questa via attendano tutta la nazione. Però, al di là delle evidenze razionali, la sacrosanta idea che le questioni della politica vadano risolte innanzitutto dalla politica e che si tratti non di svuotare ma di riformare lo Stato per consentire questo processo, pur di fatto ispirando ancora parte decisiva dell elettorato sia di destra sia di sinistra, si scontra con tendenze opposte particolarmente dinamiche che segnano ogni giorno qualche punto: come si può constatare riflettendo sull impresentabile vicenda degli impresentabili quando persone spesso di qualità sia nel Pd sia nel Pdl sia nell Udc, già colpite da scatenate persecuzioni mediatico-giudiziarie, sono state sottoposte anche a una sommaria mannaia politica. Questo vento irrazionale fonda la base di proposte vagamente deliranti come quelle degli Ingroia o dei Grillo ma anche, in larga parte, di quelle avanzate da persone che si vorrebbero riflessive come lo stesso Monti o Umberto Ambrosoli. Queste tendenze vengono alimentate anche da ambienti internazionali politici e finanziari che antepongono le esigenze della semplificazione della governance di una realtà così importante TRA DIFFUSE PAURE E SENTIMENTI IRRAZIONALI Non affidiamoci di nuovo ai fanatici delle manette o delle lezioncine tecniche Lodovico Festa davanti al vento irrazionale di certe proposte, invita a non arrendersi allo sconforto geostrategicamente ed economicamente come l Italia, al consolidamento di una nostra sovranità fondata su quella popolare. Vediamo così certi statisti passare dal massimo dell attenzione in casa propria su come vota il metalmeccanico dell Ohio o il coltivatore della Bassa Sassonia, a lezioncine rivolte a Roma che dovrebbe affidarsi a qualche nerboruto pm o a qualche arrogante professore. Non è mai saggio arrendersi allo sconforto, e in questo senso è opportuno riflettere anche come non vi siano le condizioni come vi erano nella prima metà del Novecento sconvolta da guerre e disoccupazioni per le avventure più efferate. Va sempre ricordato come gli elettori siano dotati di un intelligenza considerevole e siano talvolta in grado di aprire improvvisamente prospettive in situazioni che parevano irreparabili. Tutto vero. Anche se le condizioni per una politica razionale sono sempre più ristrette e anche le scelte che in qualche modo tengono aperto qualche spiraglio, sono segnate da confusione, volgarità, scarsa efficienza nella loro gestione. Ogni tanto viene da pensare a quei beati paesi dove almeno i golpe sono stati fatti da generali come quelli turchi d antan con interventi circoscritti negli obiettivi e nei tempi, cosicché la società non dovette soffrire per intere generazioni per torture inflitte da circuiti mediatico-giudiziari privi di quel minimo di responsabilizzazione necessaria in una società aperta e civile. Ma poi non si può non ricordare come di paradosso in paradosso la Germania degli anni Venti, quella che vide scrivere nella colta città di Weimar la costituzione che l impiccò, segnata da una crisi dello Stato analoga a quella che stiamo vivendo, finì nel precipizio irrimediabile. Ecco perché rinunciando a qualche bon mot, alle idee brillanti di chi ogni giorno cambia opinione, alle azioni parallele di geni senza popolo, è bene concentrarsi sulle poche solide anche quando opache certezze che ci restano: scegliendo per prima cosa tra chi vuole fondare la democrazia sul popolo, e chi cerca altre vie, siano quelle delle manette o di sprezzanti lezioncine date da (più o meno) sapienti interessati solo a primazie oligarchiche. ECCO PERCHé RINUNCIANDO a qualche bon MOT, ALLE IDEE brillanti DI CHI CAMbIA OPINIONE, ALLE AZIONI PARALLELE DI geni SENZA POPOLO, è bene CONCENTRARSI SULLE POCHE SOLIDE ANCHE SE OPACHE CERTEZZE CHE CI RESTANO 13 febbraio

14 INTERNI ANTICIPAZIONE DI GIAMPAOLO PANSA La Repubblica fondata su di sé Pansa racconta la storia irriverente del giornale di Scalfari-Mauro-De Benedetti. Una fortezza così innamorata del proprio «potere invisibile» da credere di essere la valle di Giosafat dove tutti i peccatori d Italia saranno giudicati Il 13 febbraio esce nelle librerie per i tipi di Rizzoli La Repubblica di Barbapapà, il nuovo libro di Giampaolo Pansa dedicato alla nascita e all affermazione di quel «potere invisibile e non sempre positivo» che è il giornale fondato da Eugenio Scalfari, il Barbapapà del titolo. Pubblichiamo qui un brano tratto dall introduzione del volume, nella quale l autore introduce la Triade dei protagonisti di questa storia: il Costruttore (Scalfari), il Compratore (l ingegner Carlo De Benedetti, boss del gruppo editoriale a cui fa capo il quotidiano), il Continuatore (Ezio Mauro, attuale direttore della testata). Non poteva scegliere meglio il Compratore insediando Ezio Mauro al posto di Barbapapà. Era il maggio 1996 e il nuovo direttore di Repubblica aveva 47 anni. Oggi Mauro, da noi vecchi cronisti chiamato Topolino, un altro eroe dei fumetti, di anni ne compirà 65, diciassette dei quali spesi nel guidare il possente quotidiano dell Ingegnere. È stata la scelta giusta per un complesso di motivi. Il primo e il più ovvio è l indiscutibile capacità professionale di Mauro nell onorare l incarico ricevuto. Il secondo è stata la sua intesa totale con il Costruttore o il Fondatore, come recita il distico sotto la testata del quotidiano. Nessuno saprà mai, a meno che Mauro un giorno si decida a mettere nero su bianco le proprie memorie, se tra lui ed Eugenio ci siano state tensioni iniziali, attriti successivi, contrasti poi risolti. Ma poiché siamo nell universo dei media a contare è l apparenza. Da quel che appare, tra i due regna un armonia perfetta. Durante la kermesse bolognese del giugno 2012, Scalfari si è commosso nel descrivere al pubblico, più commosso di lui, il suo rapporto con Mauro: «Non pos- Foto: Agf febbraio 2013

15 Il fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari con il suo successore alla direzione Ezio Mauro l anno scorso a Bologna sul palco della prima edizione della Repubblica delle idee, la kermesse culturale promossa e animata dal quotidiano so dire che lo considero un figlio, ma quasi. Di solito gli ex direttori vengono mandati lontano, in qualche importante redazione estera. Io con Ezio mi sento tre volte al giorno». Caldo abbraccio tra i due, applausi a non finire «e qualche lacrima», annotava Simonetta Fiori, la cronista repubblicana dell incontro. La caserma con una voce sola Dal maggio 1996 a oggi il Continuatore si è rivelato del tutto all altezza del compito. Poteva correre il rischio di ripetere la Repubblica di Barbapapà senza la genialità imprevedibile del ventennio scalfariano, però ha evitato questa trappola. Un altro pericolo era di fare un giornale in divisa, una caserma dove tutti stanno in riga e cantano lo stesso inno di guerra. Ma proprio qui è cascato l asino, nel senso che la caserma ha davvero preso forma. Ed è diventata sempre più guerre- 13 febbraio

16 INTERNI ANTICIPAZIONE sca e blindata. Nessuno esce dalla fila. Nessuno si azzarda a intonare una canzone diversa. Persino la riunione mattutina per progettare il giornale è un rito governato da regole ferree. Mauro è un generale che passa in rivista i suoi colonnelli. Ripreso con dovizia di dettagli dalla tv di Repubblica. Del resto immagino che fosse questo il progetto dell Ingegnere. Salvo poi lamentarsi, come ha fatto con me, del corpaccione prevedibile e dunque noioso che Mauro gli ha allestito. Tuttavia lo stile militare è in parte nascosto dall ampiezza senza pari del notiziario multiforme e colorato che Repubblica offre ai lettori. È un grande supermarket che presenta di tutto: viaggi, moda, spettacoli, cucina, salute, cultura, sport. Quando si va all essenziale, ossia alla missione di Repubblica, la caserma sforna un prodotto molto diverso dalla buona informazione che De Benedetti sostiene di preferire. In Mettersi in gioco ha scritto: «La buona informazione non può e non vuole vincolare i lettori alla sua opinione, ma può e deve aiutare i cittadini a farsi un opinione Un giornale, ma direi più in generale un grande gruppo editoriale, non è un partito, è piuttosto una comunità viva in cui uno influenza l altro, nell ambito di un identità». Sono parole smentite dalla realtà che abbiamo sotto gli occhi ogni mattina. Maestro dogmatico, alunni talebani La Repubblica di Mauro ricorda un maestro di scuola dogmatico intento a crescere generazioni di alunni integralisti. Lo si è visto nella terra bruciata della campagna contro il centrodestra di Berlusconi. In un mio libro precedente, Carta straccia, pubblicato da Rizzoli, ne avevo offerto la prova tratta dalle lettere IL LIBRO LA REPUBBLICA DI BARBAPAPÀ Autore G. Pansa Editore Rizzoli Pagine 324 Prezzo 19 euro NEGLI ANNI è diventata sempre più guerresca e blindata. Nessuno esce dalla fila. IMMAGINo CHE fosse questo IL progetto dell INGEGNEre. salvo poi LAMENtarsi, come HA FAtto con ME, del corpaccione prevedibile e noioso che Mauro GLI HA ALLEstito Il Continuatore aveva un obiettivo: distruggere il premier più di quanto non lo facesse lui da solo con un infinita sequenza di errori. Ma una volta cacciato il Caimano, Repubblica non ha più saputo contro chi usare la forza del proprio potere invisibile. Come accade nei pessimi romanzi di fantascienza, si è trovata di fronte a un deserto abitato soltanto dal governo tecnico di Monti. E deve essersi sentita perduta, se non inutile. È stato allora che il Continuatore ha commesso qualche passo falso dettato dal nervosismo. Il più singolare è stato di ingaggiare duelli privi di senso che, per di più, rivelavano per intero il suo carattere tagliente. Confermando il vecchio detto che la verità si nasconde nei particolari. Lo si è visto nell estate del 2012 in occasione di una disputa fra due super editorialisti di Repubblica. Le eccellenze erano il cardinale Eugenio e il monsiapparse su Repubblica tra l 11 e il 20 settembre 2009, un campione rivelatore. Neppure il più ingenuo dei berlusconiani poteva aspettarsi che Mauro trattasse il Cavaliere con un minimo di imparzialità. Ma nei soli dieci giorni presi in esame è emerso un odio così totale e un disprezzo tanto fondamentalista, e quasi talebano, da costituire un caso unico nella stampa italiana. Berlusconi veniva dipinto come un genio del male disposto a compiere qualunque nefandezza. Il nuovo Padrino. Il colluso con la mafia. Il puttaniere. Il nemico della libertà di stampa. L infame che travia le coscienze dei giovani. Il malvagio. Il virus che ha infettato l Italia. Il portatore di una nube oscura di contagio febbraio 2013

17 Il presidente del Gruppo L Espresso Carlo De Benedetti con Monica Mondardini, amministratore delegato e direttore della holding editoriale Foto: Agf gnor Gustavo, al secolo Scalfari e Zagrebelsky. Il caso li aveva visti duellare uno contro l altro su un problema gigantesco: la trattativa fra lo Stato e la mafia. Un mistero all origine di un indagine della Procura di Palermo, arrivata a lambire niente meno che il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Bombe su Padellaro e Travaglio Ma Topolino è sempre stato un super giornalista e sa come cucinare i piatti per i suoi lettori. Il bombardamento sul Fatto si è rivelato davvero a tappeto, un incursione da Fortezze volanti. A giudizio di Mauro quel giornale è una sentìna di tutti i vizi: «Zero spirito repubblicano, senso istituzionale sottozero, totale insensibilità ai temi del lavoro, della disuguaglianza e della emancipazione, delega alle Procure non per la giustizia, ma per la redenzione della politica, considerata tutta da buttare, come una cosa sporca». Mancava soltanto il plotone di esecuzione per le camicie nere del Fatto. Se ci fosse stacano la verità sul rapporto fra uomini dello Stato e il vertice di Cosa nostra. Poi il 23 agosto 2012, scrivendo un editoriale sterminato, il direttore di Repubblica ha sciolto l enigma. Lui stava con entrambi i suoi editorialisti. Stava persino dalla parte della Procura di Palermo, sia pure con qualche riserva sull estremismo investigativo di Antonio Ingroia. Poi mettendo in mostra una straordinaria sapienza nel compiere la mossa del cavallo, Mauro ha scartato di lato. E ha aperto il fuoco contro un altro quotidiano, il Fatto, guidato dalla coppia Antonio Padellaro & Marco Travaglio. Perché scatenarsi contro un giornale che ha un peso limitato? Come ho constatato di persona nei tanti anni di lavoro a Repubblica, una vecchia regola di Scalfari recitava: «Non si deve mai ingaggiare una polemica con una testata minore, bisogna attaccare soltanto chi è più forte di te». Mauro ha trasgredito questa norma astuta. E se lo ha fatto, significa che aveva un motivo più che buono per non osservarla. Il motivo mi sembra chiaro: la concorrenza del Fatto nei confronti di Repubblica. La prima testata è assai più piccola del giornalone sotto il comando di Topolino. Però insiste sulla stessa area politicaumorale che è anche la medesima area di lettura. Entrambi i quotidiani si rivolgono a un pubblico identico. È quello della sinistra più scaldata e faziosa, di derivazione girotondina, con innesti radical chic. Una truppa che, dopo aver combattuto per anni contro il cavalier Berlusco- La concorrenza del Fatto Nel duello fra le due eccellenze non si era compreso da che parte stesse Mauro. Lui taceva e il suo silenzio aveva provocato una domanda di chiarimenti sempre più pressante. Il Foglio di Giuliano Ferrara si era deciso a ripresentarla ogni giorno. Chiedendo a Topolino se per caso non fosse schierato a fianco di monsignor Gustavo. E se anche lui ritenesse il Quirinale e il fondatore di Repubblica il perno di una sordida campagna di intimidazione nei confronti dei pubblici ministeri che cerni, adesso sembra ammosciata dall assenza temporanea di un nemico da abbattere. Per la verità, il Fatto questo avversario lo aveva trovato: il presidente Napolitano, un bersaglio che più grande non si può. Repubblica, invece, traccheggiava. Non poteva assalire il capo dello Stato perché una quota dei suoi lettori si sarebbe ribellata. Però poteva farlo attaccare a metà, da monsignor Gustavo, e farlo difendere sempre a metà dal cardinal Eugenio. Ma così agendo, Topolino non eliminava del tutto il rischio di vedersi rubare qualche copia dall imbarcazione pirata di Padellaro & Travaglio. E allora che tattica si è inventata la corazzata di Mauro? Dichiarare che il Fatto non è un giornale di sinistra. Bensì l organo di una nuova destra, assai più pericolosa e repellente di quella spompata del Caimano. La scomunica di Mauro è apparsa al termine dell editoriale che ho ricordato, dal titolo burocratico: Un giornale, le procure e il Quirinale. Tre parole che, lì per lì, scoraggiavano dall affrontare la lettura. Un po come accade con le prediche di Zagrebelsky. L illustre giurista sarà pure un presidente emerito della Corte costituzionale, però la sua prosa è capace di addormentare una rabbiosa squadra di rugby. 13 febbraio

18 INTERNI ANTICIPAZIONE to, la faccenda si sarebbe chiusa lì. Ma in Italia non esistono più le corti marziali. Dunque l anatema andava reso pesante. E il giornale di Padellaro & Travaglio doveva essere messo alla gogna anche per il suo stile plebeo. Le accuse elencate da Topolino si rivelarono senza attenuanti: «Un linguaggio da Bagaglino, che deride i nomi degli avversari, scherzando con i loro difetti fisici, stilemi tipici di sempre della destra peggiore. Non quella di Montanelli, per favore, ma del Borghese degli anni più torvi». I lettori giovani di Repubblica si saranno chiesti: Ma questo Borghese che cos era?. Una domanda più che legittima per chi non è un ultrasessantenne come Mauro. Era un settimanale di destra estrema. Diretto da un reduce della Repubblica sociale, Mario Tedeschi. E aveva come star una donna più aggressiva di tre maschi: Gianna Preda, una fascista iper faziosa, ma indimenticabile. Pilotare una sinistra disfatta Nell anatema di Topolino c era anche un imputazione colta. Il Fatto è colpevole di calandrinismo, un vizio derivato da un personaggio del Decameron di Boccaccio. Era lo sciocco della coppia Buffalmacco e Calandrino. Scommetto che è stato Zagrebelsky a suggerirla. Soltanto un intellettuale del suo calibro poteva ideare un capo d accusa destinato a piacere molto ai piccoli Torquemada allevati da Repubblica, per lo meno a quelli laureati in Lettere. Lo stile da Bagaglino e il calandrinismo immagino fossero riferiti a messer Travaglio. Ma Topolino si guardava bene dall indicare nomi, cognomi e testate. È lo stile della Repubblica mauresca. Lo febbraio 2013 conosco bene. Il silenzio è la loro arma migliore contro avversari che debbono restare nel pozzo buio dell anonimato. Allo stesso modo conosco alla perfezione l intransigenza di Mauro nel decidere chi è buono e chi è cattivo, chi è un giornalista per bene e chi è diventato una canaglia. L ho sperimentata ai tempi dei miei libri revisionisti successivi al Sangue dei vinti. Me ne sono infischiato e continuo conosco l intransigenza di Mauro nel decidere chi è buono e chi è cattivo. L ho sperimentata ai tempi dei miei libri revisionisti successivi al Sangue dei vinti.it Negri: «La Chiesa si converta Al popolo serve una vera guida» Il prossimo 3 marzo monsignor Luigi Negri lascerà Pennabilli, sede della diocesi di San Marino-Montefeltro, per insediarsi a Ferrara. Il 4 febbraio si è recato in visita ad limina al Santo Padre insieme agli altri vescovi dell Emilia Romagna. Durante la quale ha raccontato Negri a tempi.it Benedetto XVI ha ribadito l invito espresso all ultimo Sinodo, ovvero «che si rinnovi l esperienza della fede in Gesù vivente ora. Perciò il Papa sprona tutti, noi vescovi in primis, alla conversione dell intelligenza e del cuore per poi essere capaci di servire il popolo». Un popolo che «in questo momento di disperazione intellettuale, morale e politica» ha bisogno della «conversione di tutta la Chiesa, affinché la sua guida entusiasmi» le persone. La confusione diffusa oggi tra la gente, anche nella comunità cristiana, «viene dall incapacità di riconoscere e guardare alla verità, che è la persona di Cristo», ha spiegato al sito di Tempi il vescovo di Ferrara. «Perciò il popolo ha bisogno di qualcuno che gli voglia bene non in senso sentimentale, ma di un giudizio, di un riconoscimento. Servono pastori che dicano e testimonino che tutto appartiene a Cristo e che la conversione a Lui può cambiare e rinnovare l uomo e la società. Non solo i movimenti, ma tutta la realtà della Chiesa è sfidata a vivere l integralità della sua identità nel mondo». E a proposito di impegno integrale con la propria fede, monsignor Negri ha un appunto da fare in merito alla questione dei cossiddetti princìpi non negoziabili, oggi avvertiti come secondari o strumentali anche da alcuni cattolici: «Il primo modo per cui non vengano percepiti astratti è che la comunità cristiana li viva integralmente. Infatti, la prima politica la comunità la fa vivendo fino in fondo la fede. Giussani diceva che il primo gesto politico della comunità cristiana non è l analisi, ma la sua fede e quindi il suo porsi di conseguenza: con carità e passione missionaria». a non curarmene. L unica difesa contro gli insulti repubblicani è dimostrare che non ti fanno né caldo né freddo. E che largo Fochetti, sede del supercomando di Topolino, non è la valle di Giosafat. Dove il numero tre della Triade raduna i peccatori per il giudizio universale. La lunga battaglia della Triade ha un finale melanconico, almeno per ora. Voleva un giornale strapotente e capace di guidare dall esterno la sinistra italiana. Ma questa sinistra si è disfatta come è accaduto agli altri blocchi politici. Oggi spera di ritornare al governo del paese, però si trova alle prese con una serie di guai interni che la rendono ben poco pronta a seguire i percorsi suggeriti da Repubblica. Per un ironia della sorte, l unico potere in grado di avere la meglio sul Partito democratico e sulle sinistre connesse, di condizionarne la politica e di limitarne il fatturato elettorale, è un soggetto del tutto estraneo al Gruppone che tiene legati Scalfari, De Benedetti e Mauro. Si chiama Movimento 5 Stelle e a guidarlo c è un capopopolo anarchico, ben lontano dalle stanze repubblicane e per niente disposto ad accettare consiglieri: il comico Beppe Grillo. Mi posso sbagliare, però Repubblica non riuscirà a fare nulla contro il distruttivo populismo grillesco. Se le cose andranno come sembra inevitabile, la Triade si troverà di fronte a un disastro che non potrà arginare. Infine la crisi globale renderà la scena molto tormentata. Non resta che sperare in un miracolo. Ma è dubbio che la Triade sia in grado di farne. Anche i poteri invisibili talvolta vanno in tilt. n

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