IL ROMPIGHIACCIO. N. 19 del 19 febbraio 2015 a cura di Enrico Ascari. Roberto Russo
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1 IL ROMPIGHIACCIO N. 19 del 19 febbraio 2015 a cura di Enrico Ascari Roberto Russo
2 S E G N A L I P O S I T I V I Petrolio e dollaro sembrano a fine corsa, in Europa il ciclo economico migliora. Si è esagerato con la deflazione, i tassi negativi, la paranoia del debito. Solo Grecia e Russia potrebbero frenare i mercati azionari europei. I mercati delle materie prime e dei cambi sono sempre più il regno incontrastato della volatilità imprevedibile, il terreno preferito dall incertezza. Tutte le tensioni derivanti da reali o immaginarie trappole politico-economiche si scaricano direttamente sulle attività finanziarie meno controllabili dalle banche centrali. È una importante conferma delle aspettative d inizio anno. Il petrolio è un buon esempio (cfr. Figura 1). Oggetto nell ultima decina di giorni di zig zag epocali, con ripetute variazioni giornaliere tra il 5 e il 10 per cento. Per ora, dopo una caduta del 60% in otto mesi, l oro nero sembra aver trovato una prima base, confermata da un bruciante rally di oltre il 25% dai minimi assoluti del 13 gennaio scorso, pari a 45,2 USD a barile (tipologia brent). Il fattore che ha intimidito le folte schiere dei ribassisti è stato l elevato numero di chiusure di pozzi negli Stati Uniti. Viene osservato, comunque, che le scorte sono salite ai massimi storici e la produzione domestica continua ad aumentare, per il maggior pompaggio dai pozzi più produttivi. Da analisi di mercato arriva la conferma che l ampiezza dei movimenti deriva prevalentemente dagli aggiustamenti di portafoglio, speculativi o meno, non da squilibri tra domanda e offerta. Sembra che il volume giornaliero scambiato sui contratti futures del petrolio sia passato da 3,4 volte la domanda globale (dati del 2005) a volte negli ultimi mesi. Rimane il fatto che la relativa stabilizzazione del petrolio nell ultimo mese ne ha migliorato il quadro tecnico di breve termine, ha rasserenato gli umori di Wall Street e ha indebolito il dollaro, almeno contro le divise maggiori (la stabilità di questa correlazione rimane un mistero, la causalità anche). Figura 1 2
3 Dollaro e valute emergenti In effetti, il biglietto verde, oggetto di quasi unanime consenso rialzista a inizio anno, ha subito un primo colpo d assestamento almeno contro la moneta unica europea e lo yen, parzialmente oscurato dalla persistente debolezza di diverse valute emergenti che hanno toccato nuovi minimi. Rimangono più che fragili - qui però un rimbalzo tecnico è imminente - anche le divise dei paesi produttori di commodities, Australia e Canada, zavorrate dal rallentamento economico indotto dalla deflazione petrolifera e dalle reazioni delle rispettive banche centrali. Banche Centrali iperattive Trova ulteriore conferma quindi, in contrapposizione all atteggiamento della Federal Reserve USA, la generale deriva verso l estremismo (o la disperazione) monetaria. Nelle ultime settimane, dopo la mossa della BNS rossocrociata, che ha portato il tasso d intervento al -0,75%, hanno ridotto i tassi o fatto mosse equivalenti le banche centrali di Canada, Australia, Danimarca (tre colpi in successione), Singapore, Egitto, Turchia, India (che però si è presa di recente una pausa). Perfino quella russa ha smentito i precedenti rialzi dei tassi con una decisione contraria, malgrado la continua scivolata del rublo. D altra parte, secondo gli analisti di Bank of America, più dei tre quarti dei paesi avanzati hanno tassi d inflazione inferiori all 1%. Mai successo negli ultimi 35 anni se non durante la GCF (grande crisi finanziaria). Deflazione, debito e valore delle obbligazioni Tra i grandi incubi degli esperti rimane al primo posto la deflazione, alimentata di recente dagli ultimi dati di Eurolandia. Fenomeno allo stesso tempo causa ed effetto - grazie al vizioso circuito delle aspettative che si auto-avverano - del maestoso interminabile crollo dei rendimenti obbligazionari e della violazione del mitico dogma del zero bound rate, cioè dell idea, tutt altro che peregrina, che i tassi d interesse non possano mai scendere sotto lo zero. Certo è che nelle ultime settimane tutti i principali bond governativi, a partire da quelli con scadenza trentennale, hanno visto nuovi minimi di rendimento (e massimi di prezzo). Per l obbligazione decennale tedesca abbiamo toccato lo 0,306%, rendimento per la prima volta inferiore a quello pagato dai JGB giapponesi (0,35%). Il BTP trentennale italiano rende anche meno del 2,5%. Sono livelli che sarebbero remunerativi solo se l inflazione rimanesse a zero o poco più alta per i prossimi dieci, venti, trenta anni. Figura 2 3
4 Secondo la Royal Bank of Scotland le obbligazioni governative con rendimenti negativi superano la notevole dimensione dei 2,5 trilioni di euro. Sono prevalentemente emesse da paesi europei (Germania, Svizzera, Danimarca) dove le rispettive banche centrali hanno schiacciato sotto zero alcuni tassi da loro controllati. Nestlè ha appena emesso una obbligazione con scadenza 2016 a un prezzo che implica un rendimento sotto zero per l investitore. Gli acquirenti scommettono, evidentemente, di rivendere il bond a valori ancora maggiori (quindi a rendimenti ancora più negativi). Attese alimentate dall avvio, atteso per il prossimo mese di marzo, del Quantitative Easing della Banca Centrale Europea, che in effetti dovrebbe, a parità di altre condizioni, drenare offerta dal mercato e assorbire gran parte delle nuove emissioni (cfr. Figura 2). Attenzione però al vecchio adagio che suggerisce di acquistare sulle attese e vendere sulla notizia, o sui fatti : negli Stati Uniti i tassi sono sempre calati nell attesa del QE e risaliti, sia pure temporaneamente, con la sua effettiva esecuzione. Peraltro sembra paradossale che il debito costi (e renda agli investitori) sempre di meno pur continuando ad aumentare come dimensione assoluta e relativa. Oltre alla BRI (Banca dei Regolamenti Internazionali) sempre attenta al tema, la continua crescita dell indebitamento globale è stata oggetto anche di un recente studio di McKinsey (cfr. Figura 3). Se, a parità di altre condizioni, l aumento dell offerta di strumenti di debito si associa a un continuo calo del suo prezzo (i tassi di rendimento richiesti dal mercato) ciò significa che si è innalzata ancora di più la domanda da parte di investitori privati, pubblici e finanziari. Se in parallelo si raffredda lo sviluppo economico, ciò significa che sempre più debito è necessario per unità di crescita o, più verosimilmente, che l ipertrofico aumento delle partite finanziarie (i debiti sono crediti di altri) riflette prevalentemente la ben nota parassitaria finanziarizzazione dell economia, la spettacolare crescita (asimmetrica ovviamente) della ricchezza globale, il peso sempre più ingombrante delle obbligazioni pensionistiche a lungo termine. Tutti fenomeni solo parzialmente misurabili che condizionano la dinamica dei flussi di risparmio globale come e più delle banche centrali. Questi studi che aggregano informazioni globali non rispondono comunque alle domande più rilevanti: per cosa è utilizzato il debito? Quali attività finanzia? Qual è il ritorno di questi investimenti? Figura 3 4
5 L economia europea è finalmente in ripresa. Tornando ai movimenti dell ultima ottava notiamo i primi timidi segnali di un possibile stop alla corsa al ribasso dei rendimenti obbligazionari. I mercati guardano paranoicamente solo ai numeri sulla deflazione, distorti dal crollo delle materie prime. Nel frattempo, da mesi, monta sottotraccia la consapevolezza che il ciclo economico in Europa abbia iniziato l inversione in positivo e stia accelerando (si vedano gli ultimi dati PMI, gli ordinativi tedeschi e i segnali positivi perfino in Italia), sotto la spinta congiunta di quattro fattori che si autoalimentano (costi energetici, euro, tassi, clima di fiducia). Figura 4 La svolta anche in Italia. Questo insieme di condizioni sembra particolarmente positivo per l Italia, paese caratterizzato da alto debito (nel grafico una stima dell effetto positivo in termini fiscali del calo dei tassi) e da altissima dipendenza energetica dall estero. Inoltre le ultime vicissitudini politiche, a partire dalla tanto temuta elezione del Presidente della Repubblica, hanno confermato il momento magico del Presidente del Consiglio e inferto qualche colpo al cronico pessimismo che annichilisce da tempo gli animal spirits, spesso alimentato ad arte dai pervasivi interessi che difendono lo status quo. L America continua a stupire. Il dato dello scorso 6 febbraio sui NFP (nuovi occupati) americani ha rafforzato di nuovo il dollaro e interrotto la discesa dei tassi d interesse americani. Le attese di un anticipato rialzo dei tassi della FED hanno ripreso vigore. Il saggio a dieci anni è risalito di qualche punto base, quello a cinque anni (cfr. Figura 5) è tornato vicino all 1,5%, sui livelli dell inizio di gennaio. 5
6 Figura 5 I numeri hanno infatti confermato la forza dell economia americana almeno in termini di creazione di posti di lavoro (oltre tre milioni nell ultimo anno). Da notare, come elemento di assoluta discontinuità, l aumento nei salari orari dello 0,5% mensile e di circa il due per cento su base annua. Un fattore che se dovesse essere confermato nei prossimi mesi, potrebbe stravolgere le attuali certezze degli operatori, tutte centrate sulla tesi della grande stagnazione deflazionistica. Tesi di moda soprattutto sui mercati obbligazionari perché i listini azionari, a partire da quello americano, da anni sembrano vaccinati contro il pessimismo. Radicalismi allo sbaraglio. Scenari negativi, appunto, reali o immaginari, che anche di recente non hanno scalfito più di tanto la dinamica delle borse europee. Malgrado il pericoloso confronto in atto con la Russia di Putin e il braccio di ferro tra la Grecia, l Unione Europea e il Fondo monetario internazionale. Difficile non provare un po di ammirazione per Yanis Varoufakis il nuovo ministro delle finanze greco, novello Mackie Messer alla rovescia (lo sfacciato capitalista bandito, privo di scrupoli protagonista in negativo nell Opera da Tre Soldi di Berthold Brecht), che tratta con disinvolta arroganza l odiata Troika e gli impettiti colleghi europei. Rimane il fatto che entro pochissimi giorni la coppia d attacco ellenica dovrà decidere se pilotare il paese nei tempestosi e ignoti mari oltre le colonne d Ercole dell Euro (evento apparentemente non cercato e non desiderato dalla maggioranza degli elettori) o capitolare miseramente accettando un compromesso con i creditori. Che è sicuramente a portata di mano (sulla base di una rinegoziazione della struttura del debito con le controparti istituzionali, ma senza toccarne il valore nominale) ma per ora viene rigettato, dalla novella coppia di brillanti attaccabrighe, assieme alle politiche di rigore fiscale. Syriza, Podemos, ven-ce-remos, si gridava nelle strade di Madrid due settimane fa nel corso di una impressionante manifestazione che ha portato nel centro della capitale spagnola decine di migliaia di persone. Syriza è l inizio di una nuova era politica per l Europa o solo il velleitario colpo di mano di un accozzaglia di partitini marxisti e radicali messi insieme da qualche spregiudicato azzeccagarbugli? Si vedrà e dipenderà da molti fattori. Per ora i mercati guardano all immediato. 6
7 Molto dipende da quello che potrà succedere in Grecia nelle prossime settimane. Per ora siamo alla fuga dai depositi e allo scontro quasi fisico con la Troika. Povera Grecia: è nei panni di un paziente in sala operatoria, sotto i ferri di Tsipras e Varoufakis, ma con l anestetico nelle mani della BCE, la quale dovrà rapidamente scegliere se chiudere o meno i rubinetti del finanziamento d emergenza (ELA) che mantengono in vita il sistema bancario ellenico. Il rischio c è, non sembra altissimo come probabilità, ma un suo eventuale manifestarsi avrebbe un impatto sulle attività finanziarie globali di dimensioni tutte da immaginare. Lo scenario più verosimile rimane quello del compromesso o del rinvio. Se così fosse, l autostrada del rialzo per le azioni europee verrebbe confermata. D altra parte gli operatori dei mercati azionari hanno fatto dell ottimismo una religione. 7
8 IL ROMPIGHIACCIO Il Rompighiaccio è una rubrica di macroeconomia redatta da Assiteca S.I.M. S.p.A., a cura di Enrico Ascari, che analizza le principali tematiche di attualità economico-finanziaria al fine di valutare le relazioni tra le variabili del sistema economico e gli effetti delle stesse sulle decisioni di investimento. Tale approfondimento rientra nell obiettivo di Assiteca S.I.M. S.p.A. di fornire ai propri Clienti e ai risparmiatori in generale gli strumenti necessari a elaborare un giudizio sulle dinamiche economiche indipendente, ponderato e libero da qualsiasi condizionamento esterno al fine di evitare di assumere decisioni di investimento affrettate e dettate dall emotività. Assiteca S.I.M. S.p.A. nasce nel mese di settembre 2012 grazie al sodalizio tra Alessandro Falciai, Roberto Russo e Assiteca S.p.A., la più grande società di brokeraggio assicurativo italiano indipendente da gruppi assicurativi e industriali che ha deciso di investire per la prima volta nella sua storia nel settore finanziario per proporre un servizio d investimento professionale, trasparente e indipendente. L indipendenza e la totale assenza di conflitti di interesse sono gli elementi che contraddistinguono l intera attività di Assiteca S.I.M. S.p.A. e rappresentano un fondamentale punto di partenza per mettere al servizio della Clientela l esperienza professionale maturata in anni di attività così da poter soddisfare ogni esigenza. 8
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