IL MERCATO DEI SUINI

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1 Ente Regionale per i Servizi all'agricoltura e alle Foreste Struttura: Promozione dell Agroalimentare Lombardo Tel.02/ Fax. 02/ IL MERCATO DEI SUINI PRODUZIONE E CONSUMO Anno 2000

2 OSSERVATORIO AGROALIMENTARE LOMBARDO QUADERNO n 10 di Ernesto Faravelli Cosmino Giovanni Basile IL MERCATO DEI SUINI PRODUZIONE E CONSUMO ERSAF - Promozione dell Agroalimentare Lombardo luglio

3 INDICE 1. IL PATRIMONIO ZOOTECNICO IN LOMBARDIA ( ) Bovini Ovini e caprini IL SETTORE SUINICOLO IN LOMBARDIA ( ) La produzione Le aziende suinicole LA SITUAZIONE SANITARIA NAZIONALE (2000) ANDAMENTO DEI PREZZI NELLE PRINCIPALI PIAZZE E PER LE PRINCIPALI CLASSI DI SUINI (2000) Suini d allevamento Suni da macello Carne suina La sfida della tracciabilità La distribuzione ANDAMENTO DEI PREZZI DEI CEREALI NELLE PRINCIPALI PIAZZE NAZIONALI (2000) Granoturco nazionale Orzo nazionale Soja nazionale Crusca e cruschello LA STRUTTURA DEL SETTORE AGRICOLO NELL UE ( ) IL COMPARTO SUINICOLO DELL UE NEL La produzione DISTRIBUZIONE E CARATTERISTICHE DELLA PRODUZIONE SUINICOLA NELL UE LA PRODUZIONE SUINICOLA DELL UE NEL IL MERCATO SUINICOLO DELL UE NEL La produzione è stata ridotta dalla crisi Esportazioni

4 10.3 Importazioni LA SPESA SANITARIA DELL UE BILANCIO DI APPROVVIGIONAMENTO DEL SETTORE SUINICOLO NELL UE ( Produzione di carne suina Consumo totale e procapite di carne suina Tasso di autoapprovvigionamento Esportazione di carne suina Importazione di carne suina Esportazione di suini vivi Importazione di suini vivi L EURO SIAMO PRONTI ALLA SFIDA Riferimenti Bibliografici GRAFICI TABELLE

5 1. IL PATRIMONIO ZOOTECNICO IN LOMBARDIA ( ) Patronio zootecnico in contrazione. Trend positivo solo per il settore suinicolo. Drastica riduzione del numero delle aziende. Alcuni settori della zootecnia lombarda, nel periodo , sono andati incontro ad una castante contrazione. Dai dati provvisori diffusi dall ISTAT (censimento 2000), la flessione più importante ha riguardato il settore bovino (-17,23%), segue l allevamento equino che fa registrare -16,51%. Pressoché stabile il settore ovi-caprino dove il calo è decisamente più modesto (-0,87%). In controtendenza il settore suinicolo che ha mostrato un costante trend positivo che si è tradotto in un aumento del 33,46% nel periodo considerato. IL PATRIMONIO ZOOTECNICO IN LOMBARDIA (2000) Anno BOVINI SUINI OVI-CAPRINI EQUINI TOTALE Capi Capi Capi Capi Capi n n n n n Variaz. -17,23 +33,46-0,87-16,51 +12,39 Fonte: ISTAT Altro dato significativo dell evoluzione di questo decennio, è rappresentato dalla drastica riduzione del numero delle aziende che ha coinvolto tutti i settori della zootecnia lombarda, con una flessione complessiva del 54,56%. All origine del fenomeno vi è senzaltro una tendenza alla concentrazione degli allevamenti, ma anche il progressivo e massiccio abbandono delle piccole aziende e delle produzioni per autoconsumo. AZIENDE ZOOTECNICHE IN LOMBARDIA (2000) Anno BOVINI SUINI OVI-CAPRINI EQUINI TOTALE Aziende Aziende Aziende Aziende Aziende n n n n n Variaz. -44,91-55,42-39,28-36,29-45,82 Fonte: ISTAT Dai dati emerge che circa il 70% ( capi) degli animali è allevato in sole tre provincie (Brescia, Mantova e Cremona). In particolare in provincia di Brescia si è registrato un forte sviluppo di tutti i principali settori della zootecnia lombarda (bovini, suini e ovi-caprini). 7

6 1.1 BOVINI Nel decennio esaminato, il patrimonio lombardo si è ridotto di oltre capi. Il settore è stato fortemente condizionato dalle note vicende riguardanti le quote latte. Solo la provincia di Brescia, è riuscita a contenere la flessione (-5,2%) mentre tutte le altre hanno registrato cali superiori al 10%. IL PATRIMONIO BOVINO E BUFALINO IN LOMBARDIA (2000) Province Variazione Variazione Incidenza BOVINI BOVINI capi Aziende Capi Capi Aziende Capi Aziende 2000/ / n n n n % % % BRESCIA ,2-41,4 29,9 MANTOVA ,4-47,2 21,8 CREMONA ,0-43,3 17,6 BERGAMO ,0-44,2 9,5 LODI ,0-34,6 7,1 MILANO ,1-44,4 6,6 PAVIA ,0-52,9 3,0 SONDRIO ,5-46,6 1,6 COMO ,7-48,1 1,2 VARESE ,7-49,0 1,2 LECCO ,4-52,1 0,7 TOTALE ,2-44,9 100,0 Fonte: ISTAT Il numero delle aziende è passato da a con un calo del 44,9% e l andamento negativo è stato generalizzato per tutte le provincie. (vedi tabella) 8

7 1.2 OVINI E CAPRINI La produzione è essenzialmente concentrata in quattro provincie (Bergamo, Brescia, Sondrio e Como) che assieme allevano il 70% di tutta la produzione regionale. Il numero dei capi, dal 1990 al 2000, è rimasto praticamente invariato (-0,9%). In dettaglio andamento positivo per le provincie (tradizionalmente più vocate) di Bergamo (+15,2%) e Brescia (+14,4%). L andamento negativo, per quanto riguarda le aree dove tradizionalmente viene praticato questo allevamento, è stato registrato nelle provincie di Sondrio (-14%), Como (-21,6%) e Lecco (-24,5%). IL PATRIMONIO OVI-CAPRINO IN LOMBARDIA (2000) Province Variazione Variazione Incidenza OVICAPRINI OVICAPRINI capi Aziende Capi Capi Aziende Capi Aziende 2000/ / n n n n % % % BERGAMO ,2-23,6 24,2 BRESCIA ,4-32,6 23,9 SONDRIO ,0-39,2 16,9 COMO ,6-51,9 9,9 MILANO ,0-55,2 5,1 CREMONA ,5-61,0 4,8 LECCO ,5-49,5 4,8 VARESE ,8-44,3 4,7 PAVIA ,4-56,7 2,6 MANTOVA ,7-42,6 2,0 LODI ,9-44,2 1,0 TOTALE ,9-39,3 100,0 Fonte: ISTAT 9

8 2. IL SETTORE SUINICOLO IN LOMBARDIA ( ) Incremento del 33,5% dei capi allevati. Forte spinta all intensivizzazione del settore. Crollo del numero delle aziende. La popolazione suinicola regionale, dal 1990 al 2000, è cresciuta di circa un milione di capi con un incremento del 33,5%. Il trend positivo ha riguardato praticamente tutto il periodo per poi attestarsi negli ultimi due anni sui valori attuali. Particolare rilievo assume il dato relativo alla drastica riduzione (-55,4%) che si è verificata nel numero delle aziende che allevano suini. Il fenomeno è imputabile sia all uscita dal mercato delle aziende che non hanno saputo raggiungere un economia di scala consona alle attuali esigenze di produzione e si trasporto, sia al progressivo abbandono della pratica di allevamento per autoconsumo famigliare. 2.1 LA PRODUZIONE Nel 2000, la consistenza suinicola in Lombardia si è attestata a capi allevati (+33,5% rispetto al 1990). L andamento positivo si è registrato maggiormente nelle aree a forte vocazione suinicola (Brescia, Mantova, Cremona, Lodi e Bergamo). In queste provincie si evidenzia la maggior concentrazione di suini allevati e la maggior specializzazione degli allevamenti. CONSISTENZA SUINICOLA IN LOMBARDIA (2000) Province Variazione Variazione Incidenza SUINI SUINI capi Aziende Capi Capi Aziende Capi Aziende 2000/ / n n n n % % % BRESCIA ,5-58,0 28,8 MANTOVA ,0-40,9 26,3 CREMONA ,2-49,0 17,4 LODI ,8-22,1 11,0 PAVIA ,1-57,0 6,6 BERGAMO ,2-57,2 6,7 MILANO ,9-43,2 2,9 SONDRIO ,8-65,7 0,1 LECCO ,1-46,6 0,1 VARESE ,9-48,2 0,0 COMO ,2-39,8 0,1 TOTALE ,5-55,4 100,0 Fonte: ISTAT 10

9 Nel dettaglio, l aumento più significativo si è verificato nella provincia di Brescia passata da a capi, con un incremento del patrimonio suinicolo del 57,5% rispetto al censimento del Anche la provincia di Mantova con più di un milione di capi ha evidenziato una forte crescita (+27%). Importante pure l aumento che si è realizzato nelle provincie di Cremona (+42,2%), di Lodi (+25,8%) e di Bergamo (+34,2%). Nello stesso periodo, la situazione è rimasta pressoché costante in provincia di Milano (+6,9%) e di Pavia, (-2,1%). Un andamento negativo, hanno mostrato invece le provincie che, per struttura territoriale, non sono specializzate nell allevamento suinicolo intensivo. Le provincie di Sondrio (-58,8%), Lecco (-46,1%), Varese (-40,9%) e Como (-10,2%) hanno ormai una popolazione suinicola irrisoria, rispetto al livello produttivo regionale. Nella lettura del dato dobbiamo tener presente che il censimento fotografa la situazione di un giorno quello in cui il censimento viene appunto effettuato. È quindi forzatamente viziato da una sottostima del numero di capi effettivamente prodotti invece nel corso di un intera annata, soprattutto per quanto riguarda gli allevamenti a ciclo breve come, maiali, conigli, polli ecc.. Per avere un idea dell effettiva consistenza del settore suinicolo lombardo dovremo aggiungere al dato censuario capi. CONSISTENZA SUINICOLA IN LOMBARDIA (2000) Capi MANTOVA BRESCIA CREMONA LODI PAVIA BERGAMO MILANO SONDRIO LECCO VARESE COMO 11

10 2.2 LE AZIENDE SUINICOLE Il numero delle aziende suinicole è sensibilmente diminuito in questo ultimo decennio facendo registrare una perdita di unità (-55,4%). Il fenomeno ha interessato tutte le provincie lombarde con intensità, ma con significative differenze. Significativa la situazione della provincia di Brescia, dove, al forte aumento del numero dei capi allevati (+57,5%) è corrisposto una drastica riduzione del numero delle aziende (- 58%). Analogo, anche se meno marcato, il trend nelle provincie di Cremona (-49%), Mantova (- 40,9%)e Lodi (-22,1%). In discesa, il numero delle aziende, anche nelle altre provincie dove l allevamento del suino è meno importante. 12

11 3. LA SITUAZIONE SANITARIA NAZIONALE (2000) Nessun problema sanitario importante per gli allevamenti di suini. Pochi focolai accertati e tempestivamente controllati. PESTE SUINA CLASSICA In provincia di Cagliari, nel mese di gennaio è stato accertato un focolaio di peste suina classica, sono stati abbattuti e distrutti 50 capi suini. PESTE SUINA AFRICANA Nel mese di gennaio sono stati accertati due focolai di peste suina africana in provincia di Nuoro, 22 capi suini sonostati abbattuti e distrutti. VESCICOLARE Nel mese di marzo, sono stati accertati due focolai in due stalle di sosta nel mantovano e precisamente a Moglia e S. Benedetto Po. Sono stati abbattuti e distrutti complessivamente 23 suini. AUJESKY Nessun allevamento colpito nel

12 4. ANDAMENTO DEI PREZZI NELLE PRINCIPALI PIAZZE E PER LE PRINCIPALI CLASSI DI SUINI 2000 Forte aumento dei prezzi, (+20%) nel secondo semestre. La crisi del settore bovino (BSE) fa lievitare i prezzi dei suini. Nel 2000, il trend dei prezzi dei suini, sui principali mercati nazionali, (dopo l andamento negativo che degli ultimi due anni) è stato soddisfacente. Le quotazioni hanno seguito, durante l anno, un percorso a doppia velocità. Relativamente basse nel primo semestre, in crescita esponenziale nel secondo. Il 2000 ha segnato la fine della crisi del settore? Lire7Kg Mercato di Milano - Trend prezzi suini grassi da 144 Kg 156/176 Kg Il calo della produzione, in tutti i principali bacini della Comunità Europea e la ripresa del mercato negli Stati Uniti, hanno fatto lievitare i prezzi in tutta l Europa. I prezzi molto alti registrati nelle principali aree di produzione europea, nostre tradizionali concorrenti, hanno spinto i macellatori ad approvvigionarsi sul mercato nazionale che assicurava prezzi più vantaggiosi e un prodotto più consono alla produzione del prosciutto tipico italiano. L effetto della crisi della mucca pazza BSE (Encelopatia Spongiforme Bovina), ha travolto gli equilibri mercantili europei e mondiali. 14

13 Si è determinato un brusco sbilanciamento dei consumi a favore delle carni alternative a quelle bovine, suine, equine e ovi-caprine con incrementi del 30-40%. La carne di maiale è stata molto richiesta sul mercato (+ 18%) ed i prezzi hanno cominciato a salire (+ 25%). L ottimismo attuale non deve comunque far perdere di vista, quello che nel futuro potrà essere il nuovo scenario del settore. L allargamento dell UE avrà inizio nel 2004: bisogna prepararsi fin dora ai nuovi equilibri mercantili che si verranno a creare, per non essere poi penalizzati. 4.1 SUINI D ALLEVAMENTO Il 2000, è iniziato positivamente per il mercato dei suini d allevamento. Su tutte le principali piazze nazionali il mercato dei suini da ristallo si è presentato molto attivo, per tutto il mese di gennaio e i prezzi sono aumentati particolarmente per le categorie di peso più leggero. Le quotazioni sono salite sensibilmente anche durante il mese di febbraio. Le voci dei 15 e dei 25 chili hanno raggiunto il livello più alto dell anno 2000, rispettivamente con e Lire/chilo (quotazione del 25/02/01 - mercato di Milano) guadagnando 350 Lire/chilo in un solo mese e con un incremento superiore al 30% rispetto alle quotazioni dello stesso periodo del Lire/Kg MILANO SUINI D'ALLEVAMENTO /01/00 21/01/00 04/02/00 18/02/00 03/03/00 17/03/00 31/03/00 14/04/00 28/04/00 12/05/00 26/05/00 09/06/00 23/06/00 07/07/00 21/07/00 04/08/00 18/08/00 01/09/00 15/09/00 29/09/00 13/10/00 27/10/00 10/11/00 24/11/00 08/12/00 22/12/00 < a 15 Kg da 25 Kg da 30 Kg da 40 Kg da 50 Kg da 65 Kg da 80 Kg Nel mese di marzo si è esaurita la corsa al rialzo degli animali da vita, condizionato ad inizio mese, dalla pesantezza di mercato dei suini grassi da macelleria. Il primo trimestre si è chiuso in positivo solo per lattonzoli e magroni fino ai 65 chili. 15

14 Il secondo trimestre 2000, è stato caratterizzato dall andamento negativo dei capi più leggeri. Il listino, dei capi da vita di 15 chili è passato da Lire/chilo (quotazione del 7 aprile sul mercato di Milano) a Lire/chilo (quotazione del 30 giugno), perdendo 650 Lire/chilo. La perdita è stata più contenuta per le altre categorie, Lire/chilo per i suini di 25 chili e Lire/chilo per la voce dei 30 chili. Le altre voci del listino, nello stesso periodo, hanno registrato un lieve movimento positivo. Nel terzo trimestre, la situazione è rimasta ancora pesante. I prezzi dei capi più leggeri hanno continuato a scendere, anche se in modo meno marcato rispetto, trimestre precedente. Un piccolo segnale positivo si è registrato solo nel mese di luglio con incrementi, comunque, poco entusiasmanti. Dopo un breve periodo di stabilità (agosto) il mercato ha ricominciato a manifestare nuovi segni di pesantezza (settembre) in particolar modo per le categorie più leggere. La categoria dei 15 chili ha perso oltre 500 Lire/chilo in un solo mese. L ultimo trimestre del 2000 è iniziato al ribasso soprattutto per le taglie più leggere, penalizzate dalla scarsa richiesta da parte degli ingrassatori. I prezzi, nel mese di ottobre, dei capi più leggeri (15 e 25 chili) hanno raggiunto il livello più basso dell anno, rispettivamente con Lire/chilo e Lire/chilo (Borsa di Milano). Nel mese di novembre, esaurita la fase discendente, la lancetta dei mercati nazionali, è ritornata a puntare verso l alto (dal basso si può soltanto risalire) mettendo fine a una dinamica negativa protrattasi per diverse settimane. La domanda molto sostenuta, ha fatto lievitare i prezzi di tutti i capi da ristallo facendo registrare, negli ultimi due mesi dell anno, incrementi di oltre 900 Lire/chilo, per i capi più leggeri. Meno marcata ma pur sempre positiva, la tendenza delle altre voci d allevamento. 16

15 4.2 SUINI DA MACELLO Il tradizionale calo dei consumi del dopo feste di fine ed inizio anno, si è presentato puntualmente e i prezzi di tutti i suini pesanti sono diminuiti. L esubero dell offerta e la contrazione della domanda hanno continuato a deprimere i listini dei suini grassi, macelleria compresa. Sulla piazza di Milano, la categoria dei 156 chili passa da Lire/chilo (quotazione del 7 gennaio) a Lire/chilo (quotazione del 4 febbraio), perdendo 230 Lire/chilo (oltre il 10%). Lirre/Kg MILANO SUINI DA MACELLO /01/00 21/01/00 04/02/00 18/02/00 03/03/00 17/03/00 31/03/00 14/04/00 28/04/00 12/05/00 26/05/00 09/06/00 23/06/00 07/07/00 21/07/00 04/08/00 18/08/00 01/09/00 15/09/00 29/09/00 13/10/00 27/10/00 10/11/00 24/11/00 08/12/00 22/12/00 90/115 Kg da 115 Kg da 130 Kg da 144 Kg da 156/176 Kg > 176 Kg Il raffronto tendenziale dei prezzi ha evidenziato comunque un divario positivo rispetto a gennaio 1999 del +21%. Nel mese di febbraio, il ciclo negativo si interrompe. Sia i grassi da macelleria che i suini di taglia più pesante, trascinati dall andamento positivo dei prosciutti e delle altre produzione tipiche nazionali, hanno guadagnato oltre 100 Lire/chilo. Il primo trimestre si chiude all insegna della stabilità. I grassi da 156 chilogrammi, sul mercato di Milano, hanno mantenuto una quotazione sotto le Lire/chilo franco partenza. Prezzi inferiori rispetto al mese di gennaio, ma nettamente al di sopra (+ 24%) dei valori di marzo Nel secondo trimestre i listini nazionali, hanno confermato una situazione di debolezza. Le quotazioni sono rimaste su livelli giudicati assolutamente insoddisfacenti dal mondo produttivo, il prezzo della categoria più pregiata (156/176 chili) è rimasto, per tutto il periodo, al di sotto delle Lire/chilo. 17

16 Estremamente critica la situazione nelle prime due sedute del mese di giugno, quando i prezzi della voce di maggior pregio (156/176 chili) sono scesi al di sotto delle Lire. Tuttavia, il confronto delle quotazioni su base annua, evidenzia una situazione nettamente migliore rispetto allo stesso periodo del Nella seconda parte del mese di giugno, la tendenza negativa si è invertita della prima decade del mese e i prezzi seppur lievemente, hanno cominciato a salire. Nel terzo trimestre, il brusco calo delle produzioni nazionali e Comunitaria, soffia positivamente sui mercati ed i prezzi cominciano a volare. Alla borsa merci di Milano i grassi da 156/176 chili passano da Lire/chilo a Lire/chilo nel solo mese di settembre, con un incremento del 27%. Aumenti sostenuti anche per le altre voci dei grassi, capi magri da macelleria compresi, questi ultimi hanno registrato un incremento di circa 500 Lire/chilo nel periodo considerato. L ultimo trimestre è stato dominato dalla scoperta di casi di BSE praticamente in tutti i paesi dell UE. I consumi di carne bovina sono crollati nel giro di pochi giorni e il brusco spostamento dei consumi ha di conseguenza avvantaggiato il comparto suinicolo. La forte richiesta di carne suina, ha spinto i prezzi al rialzo. La categoria dei suini da macello più pregiata (156/176 chili) ha raggiunto, nel mese di dicembre (prima seduta della Borsa merci di Milano) le Lire/chilo, quotazione che poi è stata mantenuta per tutto il mese. Per dare un idea dell entità del fenomeno, quotazioni analoghe sono rintracciabili solo tornando indietro di quattro anni e anche in quel caso, determinate da analoga situazione. 4.3 CARNE SUINA Prezzi stazionari per tutti i tagli all inizio dell anno con poche pressioni all acquisto. I tagli da consumo e le spalle destinate alla lavorazione industriale hanno confermato, per tutto il mese di gennaio, una fase di debolezza. Andamento difficile anche in febbraio, per i pezzi staccati da industria mentre le carni da consumo (lombi, quotati Lire/chilo) sono aumentate di 300 Lire/chilo. Positivo anche l andamento dei prosciutti freschi, in genere di quelli destinati alle produzioni tipiche. Andamento stazionario dei tagli industriali nel mese di marzo, mentre il calo degli ordini sulla piazza di Modena ha frenato il listino dei prosciutti, inclusi quelli destinati alle produzioni tipiche, determinando una perdita di 300 Lire/Kg in un solo mese. Nel secondo trimestre, dopo la pausa di riflessione, della quaresima e di Pasqua, (periodi tradizionalmente poco favorevoli al consumo di maiale), i listini dei prosciutti freschi hanno ripreso a marciare, stabili gli altri tagli industriali e i lombi. 18

17 Il terzo trimestre è iniziato con sensibili rialzi delle carni industriali, Lire/chilo per i tagli destinati alla trasformazione, (Borsa di Modena, seduta del 3 luglio) e dei tagli da consumo (+ 500 Lire/chilo per i lombi) favoriti dal buon andamento meteorologico e dai vacanzieri, soprattutto tedeschi, che si sono riversati nelle nostre località turistiche. Nel mese di settembre i pochi scambi all ingrosso realizzati nel circuito delle carni ed un sufficiente livello delle scorte nelle celle frigorifere hanno creato tanta incertezza tra gli operatori. Nell ultimo trimestre l effetto mucca pazza ha stravolto i mercati delle carni, provocando forti ribassi per la carne bovina e grande richiesta di carne suina. I prezzi dei tagli destinati alla lavorazione industriale e in particolare dei tagli al consumo hanno registrato in questo periodo un trend sempre in salita. In particolare il listino dei lombi, nell ultima seduta dell anno del 27 dicembre ha raggiunto la soglia delle Lire/chilo con un incremento del 43% rispetto alle prime quotazioni dell anno. 4.4 LA SFIDA DELLA TRACCIABILITÀ Nel 2000, l emergenza mucca pazza ha rilanciato il tema della tracciabilità degli alimenti e di un sistema di certificazione/etichettatura che garantisca il consumatore sulla salubrità dell intera catena produttiva. L emergenza BSE, insegna che i sistemi di controllo sulla qualità non possono essere settoriali o limitati alle fasi di emergenza, ma coinvolgono in modo permanente tutta la filiera. Gli allevatori possono garantire corretti sistemi produttivi nelle loro stalle, ma poiché la carne è frutto del lavoro di diversi soggetti, garanzie concrete ai consumatori possono venire solo dalla trasparenza di processi produttivi controllati e certificati, ossia lungo tutta la filiera produttiva, fino ad arrivare al consumatore. Servono dunque interventi di sistema a tutela della qualità. Questa materia è peraltro regolamentata giuridicamente dall UE (certificazione di qualità, norme internazionali ISO 9000, norme (Haccp = sistema di analisi dei rischi e di controllo dei punti critici) ecc). In questi ultimi anni, molto è stato fatto dall UE in materia di controlli sanitari e sulla tracciabilità degli alimenti e molti paesi comunitari stanno riorganizzando la loro produzione agricola e zootecnica. ESEMPIO DI TRACCIABILITÀ Per quanto riguarda la carne suina, in Francia è stato progettato un sistema di tracciabilità per rassicurare il consumatore. Il metodo permette di individuare l origine della carcassa in qualsiasi stadio della distribuzione. 19

18 I parametri presi in considerazione sono: - Alimentazione, Razza Luogo d allevamento, - Condizioni di trasporto, - Informazioni qualità sull animale - Macellazione, - Numero di lotto, - Data d acquisto. Alla Nascita: il suinetto viene tatuato all orecchio entro il primo mese di vita. Il tatuaggio riporta il numero d allevamento e il giorno di nascita, Durante il Trasporto: Il numero d allevamento viene scritto sull animale prima di essere trasportato al macello. Il maiale che ha avuto problemi sanitari durante l allevamento viene identificato allo stesso modo. Alla Macellazione: una etichetta con un codice a barre è fissata su ogni mezzena dell animale. Il codice a barre riporta tutte le informazioni relative all allevamento e alle caratteristiche qualitative della carcassa. Le Informazione per il cliente: lettura al cliente dell etichetta con codice a barre fissata sulla mezzena dell animale. In Macelleria: il certificato di garanzia che riporta il numero di lotto e, i dati dell allevatore che ha prodotto quella carcassa.viene esposto sul banco della carne, in modo visibile al consumatore. 4.5 CONSUMI E DISTRIBUZIONE In Italia, nel 1999, i consumi di carne hanno raggiunto 80,9 Kg/procapite, in leggera diminuzione rispetto al Il 38% circa è rappresentato da carne suina (35,1 Kg/procapite/anno), percentuale che comprende sia il consumo di carne fresca che i prodotti stagionati (salumi, ecc.) Nel 2000, il consumo di carne è mutato radicalmente in conseguenza alla crisi della mucca pazza che non solo ha spostato bruscamente l interesse del consumatore verso le carni alternative a quelle bovine, (suine, equine, ovi-caprine) ma ha anche sicuramente portato ad un ridimensionamento complessivo degli acquisti di carne. Per tale motivo in tutta l Europa, è nata la necessità di produrre carni secondo precisi disciplinari di produzione capaci di assicurare la rintracciabilità del prodotto. 20

19 Orientamenti e tendenze espressi a livello di consumo finale si ripropongono ai differenti anelli della filiera, ma hanno come diretto e principale interlocutore la fase della distribuzione - ingrosso - dettaglio, che ha acquisito negli ultimi anni un ruolo sempre più rilevante rispetto alle fasi a monte dell industria e dell agricoltura. Nella filiera della carne suina italiana, si conferma la tendenza alla vendita a libero servizio, supermercati, ipermercati e discount, a scapito del dettaglio tradizionale (macellerie). I canali moderni, infatti, veicolano la quota maggioritaria dei consumi tradizionali. Lo sviluppo della distribuzione moderna, inoltre ha ridotto i margini operativi tanto delle industrie che delle imprese agricole, sottraendo spazio soprattutto alle numerose imprese di macellazione - trasformazione di piccole e piccolissime dimensioni. Queste imprese incontrano grandi difficoltà a soddisfare le attuali richieste della distribuzione moderna in termini di prezzo, qualità percepita, quantità, standard di servizio e innovazione di prodotto. I soggetti privilegiati nei rapporti con la distribuzione sono invece le grandi industrie e sempre più i fornitori esteri, trainati anche dal fatto che molte catene di ipermercati e discount sono in mani straniere. Tuttavia, il dettaglio tradizionale, con circa macellerie, nonostante la progressiva contrazione della rete, rappresenta ancora oggi il canale principale per la vendita al consumo. I punti di forza di questo canale sono il rapporto di fiducia con il consumatore e la personalizzazione del servizio offerto. Carne Consumo di carne in Italia (Kg/procapite/anno) Suina 32,0 32,3 33,4 33,7 33,2 33,1 35,0 34,4 36,3 35,1 Bovina 25,9 26,2 25,2 26,1 25,9 25,9 23,6 24,2 24,0 24,7 Avicola 19,7 20,0 19,7 19,2 18,8 18,4 18,6 18,6 18,1 17,7 Ovicaprina 1,8 1,9 1,9 1,8 1,8 1,7 1,7 1,7 1,6 1,6 Equina 1,3 1,3 1,4 1,3 1,3 1,3 1,3 1,3 1,2 1,1 Altre carni 3,8 4,0 4,2 4,2 4,2 4,3 4,3 4,4 4,3 4,3 Totale 84,5 85,7 85,8 86,3 85,2 84,7 84,5 84,6 85,5 84,5 Elaborazione ERSAL su fonte Eurostat 21

20 5. ANDAMENTO DEI PREZZI DEI CEREALI NELLE PRINCIPALI PIAZZE NAZIONALI (2000) I prezzi della soja (spinti dalla messa al bando delle farine animali) aumentano del 33,8% rispetto al Sensibile aumento della Crusca (+17%) e lieve aumento dell orzo (+5,%), mentre i prezzi del mais scendono del 7,4%. 5.1 GRANOTURCO NAZIONALE Il 2000, parte all insegna della calma per il comparto del granoturco. Le prime quotazioni del mais ibrido nazionale si sono attestate attorno alle Lire/q (mercato di Milano), in un contesto generale di una ridotta attività di scambio su tutti i mercati. L astensione della domanda industriale, per tutto il mese di gennaio, ha frenato il listino con prezzi al ribasso sia sul mercato di Milano (- 600 Lire/Kg) che negli altri mercati nazionali. L ibrido comune, alla Borsa merci di Milano, si è fermato al di sotto delle Lire/q per pronta consegna. In questo periodo, la situazione è stata ulteriormente appesantita dall offerta eccessiva nazionale ed estera. L Andamento negativo è proseguito per tutto il mese di febbraio, il quadro congiunturale di questo periodo, ha creato negli operatori un atteggiamento prudente e i prezzi hanno viaggiato sull onda delle Lire/q. Lire/Kg MILANO GRANOTURCO NAZIONALE /01/00 19/01/00 02/02/00 16/02/00 01/03/00 15/03/00 29/03/00 12/04/00 26/04/00 10/05/00 24/05/00 07/06/00 21/06/00 05/07/00 19/07/00 02/08/00 16/08/00 30/08/00 13/09/00 27/09/00 11/10/00 25/10/00 08/11/00 22/11/00 06/12/00 20/12/00 Il primo trimestre si è chiuso in leggera ripresa. Alla Borsa di Milano, nella seduta del 30 marzo, il mais nazionale ha guadagnato 400 Lire/Kg rispetto alla settimana precedente. A trascinare il listino nazionale è stato il prodotto francese, (che a causa di alcune difficoltà di 22

21 imbarco nei porti ha raggiunto, in questo periodo, le Lire/q contrariamente al prodotto nazionale quotato intorno alle Lire/q). Nel secondo trimestre il prezzo del granoturco (molto competitivo rispetto al prodotto francese) ha guadagnato terreno raggiungendo le Lire/q nella seduta del 17 maggio alla borsa merci di Milano. La buona domanda industriale ha rianimato i mercati in tutto il periodo e i prezzi si sono mantenuti su livelli soddisfacenti. Il terzo trimestre è iniziato molto bene per il mais. Le forti tensioni che hanno continuato ad interessare la Francia e i ridotti volumi dell offerta nei centri nazionali hanno spinto verso l alto i listini del prodotto nazionale. Alla borsa merci di Milano, (seduta del 26 luglio) i prezzi hanno raggiunto le Lire/q con un incremento del 4% rispetto alla settimana precedente. Nel mese di agosto e settembre, le ottime rese dei nuovi raccolti hanno condizionato fortemente il mercato. Le quotazioni al ribasso si sono confermate per tutto il periodo, i prezzi sono passati da Lire/q di inizio agosto a Lire/q di fine settembre, perdendo in due mesi Lire/q. Nell ultimo trimestre l andamento è stato poco soddisfacente per gli operatori del settore. La pressione esercitata dai venditori, a fronte di una domanda poco attiva ha spinto verso il basso il listino. Il prezzo è rimasto sempre al di sotto delle Lire/q con quotazioni scontate e prive di quel sentimento contrattuale che generalmente è la caratteristica del mercato attivo. Su base annua, il prezzo del mais ha registrato un ribasso del 7,4% rispetto al 1999, passando da (prezzo medio annuo 1999) a Lire/quintale (prezzo medio annuo 2000). 23

22 5.2 ORZO NAZIONALE Per tutto il mese di gennaio l offerta estera ha fortemente condizionato l andamento mercantile dell orzo. Il prodotto inglese e francese, molto competitivo rispetto al prodotto nostrano, ha creato sui mercati nazionali forti tensioni. Il mese di febbraio è stato meno ingolfato a seguito di una ridotta offerta estera e i prezzi sono tornati a salire, alla borsa merci di Milano l orzo nazionale è stato quotato Lire/q (seduta del 23 febbraio). Lire/Kg Lire/kg MILANO ORZO NAZIONALE p.s non quotato /01/00 19/01/00 02/02/00 16/02/00 01/03/00 15/03/00 29/03/00 12/04/00 26/04/00 10/05/00 24/05/00 07/06/00 21/06/00 05/07/00 19/07/00 02/08/00 16/08/00 30/08/00 13/09/00 27/09/00 11/10/00 25/10/00 08/11/00 22/11/00 06/12/00 20/12/00 Prezzi ancora in ripresa nell ultimo mese del primo trimestre. A fronte di una offerta limitata e di una domanda sostenuta, il listino dell orzo è rimasto elevato fino alla metà del mese maggio. Nel grafico, l assenza di un tratto della curva è dovuta al fatto che in tale intervallo di tempo l orzo non è stato quotato. Dopo la sosta dovuta alle operazioni del nuovo raccolto, le quotazioni dell orzo hanno mostrato poco interesse della domanda. L effetto della nuova produzione si è fatto sentire fino alla fine del terzo trimestre. In questo periodo, su tutti i mercati nazionali, il listino è rimasto sotto la soglia delle Lire/q. Andamento molto positivo nell ultimo periodo dell anno. La buona qualità del prodotto nazionale e la scarsa pressione dell offerta estera hanno trascinato verso l alto i prezzi su tutte le principali piazze nazionali. Le quotazioni di fine anno hanno raggiunto, dopo diversi mesi, la soglia delle Lire/q. 24

23 Complessivamente il 2000 è stato un anno buono per l orzo. Su base annua l orzo è passato da Lire/quintale del 1999 a Lire/quintale nel 2000, con un incremento del 5,5%. 5.3 SOJA NAZIONALE Quadro congiunturale poco attivo nel comparto della soja integrale nazionale (umidità 14%, corpi estranei 2%) per le prime sedute dell anno, quotata sotto le Lire/q. Più vivace il mercato nel mese di febbraio e marzo con prezzi al rialzo. (vedi grafico) Nel secondo trimestre l andamento favorevole, per la forte richiesta delle industrie mangimistiche ha portato i listini a oscillare intorno alle Lire/q. Lire/Kg MILANO SOJA NAZIONALE /01/00 19/01/00 02/02/00 16/02/00 01/03/00 15/03/00 29/03/00 12/04/00 26/04/00 10/05/00 24/05/00 07/06/00 21/06/00 05/07/00 19/07/00 02/08/00 16/08/00 30/08/00 13/09/00 27/09/00 11/10/00 25/10/00 08/11/00 22/11/00 06/12/00 20/12/00 Il terzo trimestre è iniziato con prezzi in ribasso su tutte le principali piazze nazionali. Nelle sedute del mese di luglio le quotazioni sono sempre state al di sotto delle Lire/q registrando un calo del 10% rispetto al mese di marzo. In controtendenza i mesi di agosto e settembre durante questo periodo i prezzi hanno ricominciato a salire raggiungendo le Lire/q (due sedute di settembre). Andamento estremamente positivo nell ultimo trimestre. La messa al bando delle farine animali in seguito alla BSE e la forte richiesta delle industrie mangimistiche ha dato vivacità al mercato. 25

24 I prezzi sono aumentati sensibilmente, su tutte le piazze principali nazionali, raggiungendo le Lire/q (Borsa di Milano, seduta del 13 dicembre). La media annua dei prezzi della soja si è attestata a Lire/q con un incremento del 33,8% rispetto all anno precedente. 5.4 CRUSCA E CRUSCHELLO Nel 2000, l andamento dei prezzi del comparto della crusca è stato molto positivo, le quotazioni si sono mantenute relativamente alte su tutti i principali mercati nazionali. L anno è iniziato con prezzi leggermente in salita, e alla fine di gennaio le crusche avevano guadagnato Lire/q, passando da Lire/q a Lire/q. Lire/Kg MILANO CRUSCA E CRUSCHELLO /01/00 19/01/00 02/02/00 16/02/00 01/03/00 15/03/00 29/03/00 12/04/00 26/04/00 10/05/00 24/05/00 07/06/00 21/06/00 05/07/00 19/07/00 02/08/00 16/08/00 30/08/00 13/09/00 27/09/00 11/10/00 25/10/00 08/11/00 22/11/00 06/12/00 20/12/00 L andamento è stato meno favorevole nei mesi di febbraio e marzo, durante il periodo i listini hanno subito oscillazioni tra le Lire/q e le Lire/q. Nel secondo trimestre, la situazione è rimasta favorevole (con quotazioni superiori alle Lire/q) fino all inizio di maggio, poi il listino è andato in caduta libera fino toccare le Lire/q perdendo praticamente quanto aveva guadagnato durante il mese di aprile. Nel terzo trimestre il listino della crusca ha continuato a mantenersi su livelli molto bassi. Gli operatori hanno dimostrato scarso interesse all acquisto e i prezzi nel complesso sono rimasti al di sotto delle Lire/q. Il divieto dell uso delle farine animali ha dato poi ossigeno anche al comparto dei cruscami e nel quarto trimestre i listini della crusca sono aumentati sensibilmente. La ripresa della domanda e la scarsità dell offerta hanno spinto la crusca di frumento tenero oltre il livello delle Lire/q. 26

25 I prezzi (Borsa di Milano) sono passati da Lire/q (quotazione dell 11 ottobre) a Lire/q (quotazione del 27 dicembre) guadagnando Lire/q negli ultimi tre mesi dell anno e registrando un incremento del 69%. Complessivamente anche la crusca ha mostrato un andamento positivo. La media annua dei prezzi è passata da Lire/quintale del 1999 a Lire/quintale del 2000 (+ 17%). 27

26 6. LA STRUTTURA DEL SETTORE AGRICOLO NELL UE (1987/1997) Drastica riduzione della manodopera in agricoltura. Le nuove tecnologie e la concentrazione degli allevamenti hanno incrementato fortemente la produttività. La situazione dell agricoltura comunitaria si è profondamente modificata negli ultimi trenta anni. La diminuzione del numero degli occupati nel settore agricolo e l aumento del loro grado di istruzione, la specializzazione crescente del settore, la ristrutturazione del patrimonio zootecnico e la concentrazione dell allevamento, hanno favorito la crescita della produttività e la riduzione della manodopera agricola. Nella Comunità Europea, un lavoratore agricolo su quattro è Italiano: Nel 1997, il 25,6% dei lavoratori agricoli dell UE-15 appartengono all Italia, seguono Spagna (15,6%), Francia (13,6%) e Germania (9,4%), insieme rappresentano oltre il 60% dei lavoratori di tutta la Comunità. Molto importante è anche la situazione in Grecia (8,5%) e Portogallo (7,4%). In soli 10 anni, ( ) il numero dei lavoratori del settore agricolo dell UE-12 è diminuito del 29%. Il calo più significativo si è registrato in Portogallo (-47%) dove si è assistito ad un vero e proprio esodo dalle campagne, in Germania (-36%) in Francia (-34%) e in Spagna (-32%), ribasso più limitato in Italia (-16%), in Olanda (-11%) e in Danimarca (-12%). Nell UE, l 80% della manodopera è familiare: L agricoltutra europea è caratterizzata dalla forte presenza di manodopera famigliare. Nel 1997, la manodopera famigliare rappresentava l 80% della manodopera totale dell UE- 15. In alcuni paesi della Comunità, la manodopera famigliare, è stata addirittura superiore al 90%: in Austria (91%), in Irlanda (93%) e in Finlandia (95%). Meno marcata nel Regno Unito (62%) e in Danimarca (60%). La manodopera non famigliare, impiegata occasionalmente, nel 1997 (per conto terzi), rappresentava solo il 10 % della manodopera totale dell UE-15. Poco superiore in Spagna (17%), in Italia (12%) e in Grecia (11%). Il settore agricolo europeo è caratterizzato anche dall età avanzata degli occupati. Nel 1997, oltre il 38% degli occupati permanenti in agricoltura supera i 55 anni; Grecia ed Italia in testa con oltre il 46%, la Spagna si ferma al 39,1%, Francia, Olanda e Finlandia sono allineati al 25%, l Austria non supera il 20%. 28

27 Manodopera agricola nell UE-15 (1987/1997) Occupati Variazione in Agricoltura /97 Manodopera famigliare Totale 1997 Manodopera non Famigliare Totale 1997 (%) Regolare Occasional Manodopera > a 55 anni di età 1997 % % e Italia ,7 2,8 11,5 46,8 Spagna ,8 11,9 17,2 39,1 Francia ,0 14,7 8,3 25,4 Germania ,0 25,7 2,3 29,7 Grecia ,6 1,1 11,3 46,5 Portogallo ,7 8,7 8,6 51,9 Regno Unito ,3 33,2 4,5 31,4 Olanda ,7 21,1 5,2 24,5 Irlanda ,0 4,4 2,5 36,4 Austria : 90,9 7,7 1,4 21,3 Finlandia 126 : 95,0 1,6 3,4 23,5 Danimarca ,4 35,2 4,4 27,7 Belgio ,4 10,9 1,7 28,3 Svezia : 76,8 19,5 3,7 34,1 Lussemburgo ,0 12,0 2,0 30,7 UE ,2 11,5 9,3 38,3 Concentrazione degli allevamenti nell UE, ma forte diversità nazionale: Tra il 1987 ed il 1997 il numero delle vacche da latte è sensibilmente diminuito nell UE (- 23,7%), in conseguenza delle quote stabilite nel (vedi tabella) L andamento negativo è generalizzato a tutti i paesi membri, costretti a diminuire la loro produzione per via del surplus produttivo della Comunità. Tra i principali bacini di produzioni, i ribassi più significativi si sono registrati in Belgio (- 31,2%), in Spagna (-29,7%) in Francia (-27,8%), in Germania (-23,7%) e in Olanda (- 21,8%). In Italia il numero delle vacche da latte si è ridotto del 21,1%. Nello stesso periodo la classe d ampiezza media nazionale è aumentata (+24,9 capi per allevamento). In dettaglio, è il Regno Unito in testa con una media di capi allevati per allevamento di 68,2, seguono la Danimarca con 50,8 capi e l Olanda con 44,1 capi. L Italia, nel 1997, presenta una media di 21 capi per allevamento. 29

28 Il settore suinicolo, nel periodo considerato ha avuto un trend variabile a secondo del paese. Tra i principali paesi di produzione, una forte riduzione si è registrata in Germania (-24,4%) ed in Olanda (-15,8%), mentre l incremento è stato esplosivo in Francia (+23,4%) ed in Spagna (+11,6%). Positivo l andamento in Danimarca (+20,7%) e in Belgio (+10,8%), pressoché stabile il parcosuinicolo in Italia (+0,8%). Anche la classe media d ampiezza è molto variabile; si passa da 176 capi/allevamento dell Olanda ai 7 capi per allevamento del Portogallo. Considerando la situazione italiana, la classe media d ampiezza di allevamento si attesta a 24,2 capi per allevamento. (vada tabella) Vacche Lattifere Ovini Suini Classe Evoluzione Classe Evoluzione d ampiezza del d ampiezza del media patrimonio media patrimonio Evoluzione del patrimonio 1987/97 Classe d ampiezza media % 1997 capi 1987/97 % 1997 capi 1987/97 % 1997 capi Italia -21,1 21,0 +33,9 84,6 +0,8 24,2 Spagna -29,7 13,2-1,1 191,3 +11,6 32,2 Francia -27,8 29,8-5,6 98,2 +23,4 77,2 Germania -23,7 28,3 +34,1 56,5-24,4 40,4 Grecia -39,2 7,6 +1,0 56,1-11,7 11,8 Portogallo -11,4 8,0 +13,1 39,3 +5,8 7,1 Regno Unito -18,5 68,2 +9,4 488,7 +0,8 89,7 Olanda -21,8 44,1 +48,8 74,2-15,8 175,6 Irlanda -17,2 33,1 +61,2 182,3 +86,1 95,3 Austria : 8,4 : 20,4 : 16,6 Finlandia : 12,7 : 39,9 : 39,4 Danimarca -17,3 50,8 +41,3 36,8 +20,7 107,3 Belgio -31,2 32,3-16,8 30,9 +10,8 93,2 Svezia : 29,6 : 46,9 : 45,2 Lussemburgo -28,2 36,2 +29,9 34,8-17,2 37,8 UE ,2 38,3 30

29 7. IL COMPARTO SUINICOLO DELL UE NEL 2000 Patrimonio suinicolo in contrazione (-1,1%). In controtendenza la Danimarca con +6,1%. Nel 2000, il patrimonio suinicolo dell UE ha subito una leggera flessione. Il calo della produzione comunitaria ha dato equilibrio ai mercati europei e i prezzi hanno evidenziato un andamento positivo che non si vedeva dal Le prospettive di produzione sono in diminuzione anche per il 2001 e ciò fa pensare ad un mercato ancor più equilibrato. 7.1 LA PRODUZIONE Sul piano numerico, nel 2000, il parco suinicolo dell EU-15, si è attestato a capi, con un leggero calo (-1,1%) rispetto al 1999 (vedi tabella). Il parco riproduttori, si è posizionato a quota scrofe, (- 0,7% rispetto all anno precedente), ciò fa pensare ad una ulteriore riduzione della consistenza suinicola europea anche nel Consistenza del patrimonio suinicolo nell Ue (2000) SUINI SCROFE SCROFE COPERTE 2000 n VAR 1999 % 2000 VAR 1999 % 2000 VAR 1999 % Germania , , ,1 Spagna , , ,2 Francia , , ,1 Olanda , , ,7 Danimarca , , ,6 Italia , , ,7 Belgio , , ,6 Regno Unito , , ,9 Austria , , ,4 Portogallo , , ,0 Svezia , = ,1 Irlanda , , ,8 Finlandia , , ,7 Grecia = = = Lussemburgo , , ,3 UE , , ,1 In controtendenza rispetto ai valori europei la situazione della Danimarca che, nonostante i problemi di carattere sanitario, aumenta sia il patrimonio suinicolo (+ 6,1%), che il parco 31

30 riproduttori delle scrofe (+7%). La produzione danese si avvicina così rapidamente a quella olandese e, essendo quest ultima in calo, tende a superarla. Dei ben noti problemi sanitari, la situazione è stata particolarmente difficile nel Regno Unito; il parco suinicolo inglese si è ridotto del 15,5%, forte diminuzione anche nel comparto delle scrofe (-12,9%), ciò porterà inevitabilmente ad una sensibile contrazione del settore anche nel I maggiori produttori europei, Germania (-0,9), Spagna (+0,1%), Francia (-0,5%), Italia (-0,9%) e Belgio (-0,8%) sono rimasti pressoché invariati. In Spagna ed in Italia il numero delle scrofe è aumentato rispettivamente del 2% e dello 0,6% ciò dovrebbe portare ad un timido rilancio della produzione. Continua la contrazione del patrimonio suinicolo Olandese che perde il 2,4% rispetto al Le esigenze di salvaguardia ambientale hanno costretto il governo dei paesi bassi ad imporre normative molto restrittive in materia di smaltimento e spandimento delle deiezioni zootecniche, ciò ha fatalmente portato ad una contrazione anche del patrimonio suinicolo. 32

31 8. DISTRIBUZIONE E CARATTERISTICHE DELLA PRODUZIONE SUINICOLA NELL UE Il 70% della produzione suinicola dell UE è concentrato in cinque Stati Membri. In questi paesi la densità di allevamento è superiore al livello generalmente considerato sostenibili dal punto di vista ambientale. La produzione comunitaria è fortemente concentrata in alcune zone. Il 70% della popolazione suinicola proviene da cinque Stati membri, il 21% dalla sola Germania. All interno di questi Stati membri, la concentrazione in determinate regioni fa sì che un notevole numero di suini viva in stretta vicinanza. In Spagna, ad esempio, un terzo della popolazione suinicola totale è localizzata in Catalogna, in Belgio il 95% si trova nella Regione fiamminga, nei Paesi Bassi il 90% vive nelle regioni orientali e meridionali e in Germania il 65% è concentrato nei tre Lander della Baviera, Bassa Sassonia e Renania settentrionale - Vestfalia. In tutte queste zone, ad eccezione della Catalogna, la densità negli allevamenti supera il livello generalmente considerato sostenibile da un punto di vista ambientale (1,4 UB/ha). Più in generale, la suinicoltura è diventata altamente specializzata: i suinetti vengono svezzati precocemente e commercializzati al minor costo e peso possibili. Ingrassati mediante una dieta standard fino a un determinato peso e in base a cicli di produzione rigidamente stabili, vengono poi venduti sul mercato libero e destinati al consumo nell UE o all esportazione. Questo tipo di produzione è redditizio unicamente su una scala sempre più vasta giacché i margini sono strettissimi per effetto della concorrenza interna e estera. Ciò ha determinato un forte incremento del numero medio di suini allevati per azienda e della percentuale di aziende di grandi dimensioni. Durante il periodo l il numero medio di suini per azienda è cresciuto del 68% in Belgio, del 59% in Spagna e del 36% nei Paesi Bassi. In Germania tale crescita è stata meno marcata (19%) a causa delle ristrutturazioni avvenute dopo la riunificazione. La specializzazione attuata in taluni Stati membri, come nei Paesi Bassi, comporta il trasferimento dei suinetti dall azienda che li ha prodotti a quella che provvederà ad ingrassarli, nei sistemi a ciclo chiuso, come quelli prevalenti in Danimarca, vengono limitati al massimo il numero degli spostamenti e di conseguenza il rischio epidemiologico. Le autorità dei Paesi Bassi sono ben consapevoli delle ripercussioni di una suinicoltura altamente intensiva e hanno di recente varato una normativa intesa a ridurre il numero di suini. A partire dal 1998 è stato introdotto un sistema che fissa un numero massimo di suini che ogni azienda ha il diritto di allevare; il sistema impone una generale riduzione del 10% del numero di suini per azienda. Dal 1 gennaio 2000, i massimali assegnati per il 1998 dovranno essere ridotti del 15%. 33

32 In aggiunta l impatto finanziario di ogni futura epidemia (ad esempio, la peste suina classica del 97) sulle casse dello Stato verrà limitato grazie ad un prelievo a carico dei suinico1tori introdotto nel 1998 per coprire i costi della lotta contro le epizoozie negli allevamenti di suini. Le organizzazioni dei produttori di carni suine hanno fatto ricorso, con successo contro queste normative. Agli inizi del 2000 il Governo olandese ha sottoposto all approvazione del parlamento nazionale un nuovo progetto di normativa. Secondo le autorità olandesi, questa nuova proposta ha tenuto conto dell esito dei procedimenti giudiziari. 34

33 9. LA PRODUZIONE SUINICOLA DELL UE NEL 2000 In flessione la produzione di carne suina (-3%). Ma l offerta è ancora superiore alla domanda. Nel 2000, la produzione suinicola dell Unione Europea è diminuita del 3% rispetto al Malgrado questo ribasso, le tonnellate di carne suina prodotte sono state molto elevate rispetto al fabbisogno della Comunità. A partire da ottobre, la crisi del settore bovino, conseguente all individuazionedi casi di BSE ha spinto parte dei consumatori verso la carne di maiale, ha sbilanciato l equilibrio domanda/offerta Produzione suinicola nell unione europea nel 2000 REGIONI PRODUZIONE SUINICOLA UE VARIAZ. n n 2000/99 GERMANIA ,8 SPAGNA ,2 FRANCIA ,5 PAESI BASSI ,5 DANIMARCA ,0 REGNO UNITO ,9 ITALIA ,3 BELGIO ,3 AUSTRIA ,3 PORTOGALLO ,7 IRLANDA ,7 SVEZIA ,4 GRECIA ,8 FINLANDIA ,6 LUSSEMBURGO ,0 TOTALE UE ,9 Elaborazioni ERSAL da fonte Eurostat % L andamento della produzione è stato diverso nei vari paesi europei. Il primo produttore rimane ancora la Germania con maiali, ma con un calo del 3% circa. La produzione tedesca, in flessione da diversi anni, rischia negli anni a venire di essere superata da quella spagnola. Con suini prodotti, la Spagna è il secondo produttore europeo. Durante il 2000, ha mantenuto lo stesso livello produttivo dell anno precedente (-0,2%); ciò si è verificato in quanto la crisi del 1999 che ha fermato la crescita continua che veniva registrata ormai, da diversi anni. 35

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