CAPITOLO 6 IL FLUSSO DI LAVORO NELLE IMPRESE CINEMATOGRAFICHE

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1 CAPITOLO 6 IL FLUSSO DI LAVORO NELLE IMPRESE CINEMATOGRAFICHE 1. La forte componente di rischio delle imprese cinematografiche Una peculiarità che rende diversa l industria cinematografica, e più in generale l industria media, dagli altri settori economici sta nella maggiore componente di rischio che le imprese operanti in quest ambito devono affrontare. Il surplus di rischio si deve al fatto che i costi necessari per realizzare e proporre al mercato un prodotto media sono spesi per la maggior parte prima che il prodotto entri effettivamente a contatto con il pubblico. Ciò significa che se l opera (cinematografica, televisiva, letteraria, giornalistica 1 etc.) non ha successo, l imprenditore media non avrà modo, se non in minima parte, di arginare le perdite. La caratteristica di concentrare tutti i costi, con qualche approssimazione, sulla prima copia del prodotto media ha fatto sì che si coniasse l espressione maledizione della prima copia 2, parafrasando il titolo di un famoso film. Con essa si intende esprimere la considerazione che, se la prima copia non ha il successo sperato presso il pubblico, chi ha investito nel film molto probabilmente avrà perso in tutto o in parte i suoi soldi. Ed è proprio per premunirsi contro questi rischi ineliminabili che tutta l industria cinematografica, e in modo particolare quella statunitense (sul modello della quale hanno poi cercato di definirsi tutte le cinematografie occidentali e non solo), ha adottato una struttura imprenditoriale adatta e flessibile, strutturando il lavoro in diverse fasi progressive al fine di ottimizzare i risultati. 1 Per quanto riguarda le opere letterarie, si potrebbe obiettare che la numerosità delle copie cartacee distribuite ha un peso non trascurabile sulla struttura dei costi. Va però fatto notare che il numero delle copie stampate va comunque deciso prima dell uscita del prodotto e quindi anche in questo caso i margini di contenimento delle perdite non sono molto ampi. Nel caso dell editoria giornalistica, la pratica di stampare un numero di copie maggiore di quelle effettivamente vendute ha dato origine al fenomeno delle rese, che pesa molto sui bilanci. Negli ultimi tempi, però, le imprese editrici di giornali hanno adottato politiche di forte contenimento delle rese anche a rischio che i lettori facciano più fatica a trovare la copia del giornale. 2 G. Celata, La maledizione della prima copia, Reset, ottobre

2 2. Il flusso del lavoro cinematografico Con flusso di lavoro nelle imprese cinematografiche si intende il succedersi delle diverse fasi lavorative che portano alla realizzazione del prodotto filmico. A voler schematizzare, si potrebbe tentare di mostrare la successione di questi step produttivi attraverso la figura seguente. La filiera del lavoro nelle imprese cinematografiche Acquisizione della sceneggiatura, scelta del cast, acquisizione dei finanziamenti Pianificazione della produzione Riprese Montaggio e postproduzione Distribuzione Esercizio cinematografico Altri mercati: televisione, home video, new media Fonte: Elaborazione da Picard, R. G.,

3 Questa figura è molto utile perché ad un primo sguardo fornisce subito un idea della complicata e lunga procedura che porta alla produzione e alla distribuzione di un film. La filiera del prodotto cinematografico (che è un altra espressione per chiamare il flusso del lavoro nelle imprese cinematografiche) conta tre grandi fasi: la Produzione, la Distribuzione e l Esercizio, in cui comprendiamo anche gli altri Mercati di Sbocco. È importante sottolineare che la filiera produttiva descritta di seguito è pressoché la stessa per qualsiasi prodotto audiovisivo, sia che si tratti di un film, di una serie tv, di uno spot pubblicitario, di un video musicale o quant altro. In particolare, la produzione è comune a cinema e televisione mentre la distribuzione presenta percorsi differenti per il prodotto filmico e quello il prodotto televisivo. Per quest ultimo, com è noto, non c è il passaggio nelle sale. 2.1 La Produzione Questa prima fase è mirata alla realizzazione della prima copia, detta master, di un film. A tal fine vengono coinvolte nella lavorazione professioni di carattere e ordine differenti. Questa collaborazione viene decisa dal produttore secondo clausole contrattuali specifiche per ogni input artistico o tecnico. La produzione a sua volta può essere divisa in quattro sotto-fasi: Sviluppo, Pre-Produzione, Riprese, Post-Produzione Lo Sviluppo Lo sviluppo è la fase iniziale della produzione, quella in cui il progetto inizia a prendere una prima, sommaria forma. In questa fase è necessario che il produttore acquisisca i diritti di sfruttamento economico della proprietà dell opera letteraria che vorrà sceneggiare per poi tradurre in film. Il soggetto di un film può essere tratto da due diversi tipi di proprietà: il soggetto originale (cioè prodotto spontaneamente o su commissione), oppure un adattamento tratto da un opera letteraria già esistente. In ogni accordo il produttore acquisisce il titolo dell opera, la trama e la tematica, i personaggi e gli adattamenti, le differenti versioni e le traduzioni. Vi sono comunque dei diritti connessi alla proprietà, e questi diritti potranno essere acquistati in blocco o solo in parte dal produttore. Tra questi diritti si annoverano, ad esempio, il diritto a programmare la pellicola tratta dalla proprietà nelle sale cinematografiche, oppure il diritto a trasmetterlo su tutti i tipi di televisione, o ancora quello di distribuirlo in modalità home video perché, come si può dedurre, diversi mercati di sbocco sono regolati da diversi diritti. A questi appena elencati, si aggiungono poi il diritto a trarre e distribuire una colonna sonora dal film, e il diritto al merchandising, cioè a produrre e distribuire o concedere in licensing a terzi articoli di consumo vario, dai giocattoli a capi di vestiario a articoli per la casa etc., che riportino il nome del film o ne riproducano i personaggi. Questo diritto al giorno d oggi è divenuto indispensabile da acquisire, soprattutto per i grandi blockbuster statunitensi, vista l importanza che il merchandising riveste in termini di ricavi. 3

4 Stendere la sceneggiatura in fase di sviluppo non è assolutamente un processo così lineare come potrebbe pensarsi: in realtà infatti esistono diverse sotto-fasi anche per la stesura. Il perché di questa suddivisione è dovuto a problemi contrattuali che interessano il rapporto di lavoro tra produttore e sceneggiatore: essendo difficile stabilire se una sceneggiatura completa è o meno un buon prodotto, si è cercato di risolvere la questione ponendo un risultato previsto al termine di ogni fase, così da permettere al produttore di decidere, a seconda che sia o meno soddisfatto, di affidare le fasi successive della stesura allo stesso soggetto oppure ad altri. Nel complesso, le fasi di stesura della sceneggiatura sono quattro, la prima delle quali è costituita dal trattamento, in cui si sviluppa a grandi linee il soggetto da trattare e si presentano le caratteristiche dei personaggi. Segue la composizione delle bozze, in cui invece si scrivono esattamente tutte le battute e le scene, descrivendo ogni sequenza con molta precisione. La riscrittura è la fase in cui si apportano delle modifiche al testo a seconda delle scelte del produttore. Infine c è la pulitura, in cui si apportano gli ultimissimi aggiustamenti e si produce la versione finale della sceneggiatura. Ciò non toglie che questa possa essere modificata ancora in corso d opera: ad esempio, se una determinata scena non rende di fronte alla telecamera si può chiedere allo sceneggiatore di riscriverla La Preproduzione Nella fase di pre-produzione il produttore ha l incarico di trovare i due tipi di risorse fondamentali per realizzare il progetto: le risorse finanziare e le risorse creative. Chiaramente trovare dei finanziatori che credano in un progetto e siano disposti ad investire milioni di euro o di dollari non è semplicissimo. La presente analisi peraltro a questo punto si complica, dal momento che diventa necessario distinguere tra i finanziatori USA e i finanziatori europei. Europa e Stati Uniti infatti adottano strategie produttive differenti, e differenti del resto appaiono i loro prodotti. La grande distinzione che le produzioni statunitensi presentano è quella tra: Majors, società di produzione e distribuzione di grandi dimensioni che possono scegliere ancora se realizzare in proprio una produzione interna o affidarne una a terzi, in outsourcing, esternalizzata; Indies, le produzioni indipendenti, che a loro volta possono essere di due tipi: o finanziate dalla majors a seguito di contratti di distribuzione stipulati prima che le riprese inizino, contratti i quali garantiscono al produttore indipendente la certezza che il suo film raggiungerà le sale grazie alla politiche di distribuzione della major; o indipendenti pure. Per finanziare il progetto, la casa di produzione o dispone già di capitale proprio da investire o può ricercarlo esternamente, acquisendo quindi capitali di rischio o capitali di prestito. Chiaramente una major avrà minori difficoltà a raccogliere finanziamenti esterni viste le maggiori garanzie che è capace di dare, mentre le indies devono certamente faticare di più: una soluzione intermedia, in termini di possibilità di 4

5 riuscita, è quella di una produzione indipendente finanziata però indirettamente dalla major, considerando appunto che il contratto di sicura distribuzione è certamente una garanzia per gli investitori. In Europa la situazione è differente. Innanzitutto non c è questa profonda discrepanza tra le società di produzioni. Inoltre, solitamente i soggetti finanziatori delle produzioni cinematografiche sono lo Stato - ad esempio in Italia esiste il FUS, il Fondo Unico per lo Spettacolo, attualmente molto ridimensionato in valore 3 - oppure i grandi gruppi televisivi. Anche in questo caso spesso dietro i gruppi televisivi può esserci lo Stato, visto che molti di questi gruppi europei sono pubblici: sempre in Italia, un grande produttore di cinema è Rai Cinema. Quest aspetto rende ben diverso l approccio che i produttori hanno verso i mercati di sbocco. Infatti se negli USA il mercato primario è la sala cinematografica, in Europa l interesse principale del produttore è quello verso il mercato televisivo, per cui in Italia, ad esempio, un film che si prevede vietato ai minori di 18 anni e che quindi non può arrivare sugli schermi televisivi ha perso gran parte delle sue possibili risorse economiche. A questo c è da aggiungere che i finanziamenti statali non sono rilasciati sulla base di parametri industriali o più semplicemente economici, ma artistici, il che fa sì che spessissimo vengano prodotti film dall alto valore estetico ma di scarso successo al botteghino. Questo allontana ancora di più la politica produttiva (e distributiva) europea da quella statunitense, basata invece su una concezione del prodotto cinematografico market-oriented, cioè orientata al soddisfacimento del pubblico e non al singolo prodotto filmico. Ed è del resto in nome di questo interesse per chi poi andrà a vedere il film che si sono sviluppati i generi cinematografici, anche in funzione dei target di riferimento. Tenendo ben presenti queste profonde differenze, è possibile individuare cinque tipi di accordo per la produzione di un film 4. I fattori da considerare nella definizione di queste diverse tipologie sono la modalità di finanziamento ed i soggetti coinvolti nell opera. 1. Accordo di produzione e distribuzione in-house: è la soluzione più semplice, visto che lo studio acquisisce tutti i diritti di sfruttamento commerciale del soggetto e produce e distribuisce il film utilizzando risorse proprie. 2. Accordo di Produzione-Finanziamento-Distribuzione (PDF): il distributore finanzia il progetto della società di produzione indipendente, che ha già provveduto all acquisizione dei diritti di proprietà e alla fase di sviluppo. Il contratto, stipulato prima che inizino le riprese, naturalmente prevede che la major si impegni a distribuire la pellicola. Questo è l accordo tipico delle produzioni statunitensi. 3. Accordo Negative Pickup: il distributore finanzia direttamente soltanto i costi di distribuzione. Poi, se il film rispetterà certe condizioni prestabilite il distributore rimborserà anche i costi di produzione. Il produttore deve ricercare finanziamenti da terze parti se vuole far partire la produzione. 3 Di recente l intervento dello stato in materia di finanziamenti alle produzioni cinematografiche si è spostato dal finanziamento diretto (rappresentato dal FUS) al finanziamento indiretto, tramite detassazioni per chi sceglie di investire in una produzione (tax credit, tax shelter). Ovviamente il FUS non è sparito ma il capitale di cui dispone si è decisamente ridimensionato. 4 In questo caso, il discorso sarà riferito prevalentemente al mercato statunitense. 5

6 4. Accordo di acquisizione puro: in questo caso l accordo viene firmato solo a lavoro di produzione completato. Il distributore si impegna a fornire i fondi per la distribuzione. 5. Accordo di rent-a-distributor: il distributore fornisce soltanto i servizi necessari alla commercializzazione del film, ma i costi della distribuzione devono essere sostenuti da terzi. Le tipologie di produzione cinematografica e le modalità di finanziamento MAJOR INDIE In house P-D-F negative pickup acquisizione rent a distributor Fonte di capitale per la produzione produttore/ distributore produttore/ distributore prestito terza parte terza parte Fonte di capitale per la distribuzione distributore distributore distributore distributore terza parte Momento di conclusione dell'accordo prima della produzione prima della produzione prima del completamento dopo il completamento dopo il completamento Fonte: Cones 1996, riportata in Perretti F., Negro G., 2003 Sulla base delle cinque tipologie di accordi di finanziamento che rendono possibile la produzione di un film, si può schematizzare una possibile ripartizione dei differenti tipi di prodotto filmico che possono essere realizzati: 1. Passion Pieces: sono le produzioni indipendenti a basso budget (al massimo 3 milioni di dollari), pensati prevalentemente per i circuiti festivalieri o come sperimentazione da parte di giovani artisti che vogliono presentarsi sul mercato. Vengono chiamati in questo modo perché sono realizzati e finanziati con passione da parte dei giovani filmmaker, senza alcun elemento dello star system. Solitamente, salvo rarissime eccezioni come The Blair Witch Project, non raggiungono grandi successi di pubblico. 2. Commercials: sono le produzioni a medio-basso budget, compreso fra i 3 e i 12 milioni di dollari, destinate al mercato. Solitamente sono coprodotti da più soggetti e presentano, al contrario dei passion piece, degli elementi dello star system, che facilitano l accordo distributivo nel mercato Usa e internazionale. 3. Produzioni ad alto budget: sono frutto dell incontro tra grandi major e grandi società di produzione indipendenti. I loro budget possono raggiungere anche i 100 milioni di dollari. 6

7 4. Produzioni ad altissimo budget: sono quei film finanziati, prodotti e distribuiti totalmente dalle major, viste le cifre da capogiro dei costi medi per produrre un film. Per raccogliere il maggior successo possibile, queste produzioni sfruttano ampiamente gli elementi del sistema divistico e dei generi. Oggi stanno diminuendo perché solitamente anche le major cercano la collaborazione di altri soggetti produttivi Le Riprese E questa la fase in cui tutti i diversi input creativi e tecnici devono collaborare al meglio delle loro possibilità per garantire un risultato ottimale. E una fase molto difficile da gestire, dal momento che organizzare il lavoro di decine e decine di persone con professionalità così diverse impegnate su un unico set è un compito davvero arduo. Il regista in questo momento detiene il potere, è la figura che dirige in qualche modo tutti i lavori. Vista la complessità di quest attività, in molti casi il regista non può essere presente sul luogo delle riprese, per cui può far affidamento su una seconda unità di regia, incaricata ad esempio di girare le scene d azione con le controfigure. Spetta comunque al regista il compito di supervisionare quanto prodotto dalla seconda unità. Quella delle riprese è la fase più costosa di tutta la produzione, soggetta peraltro a possibili fuoriuscite dal budget o dal piano di lavoro. Si pensi infatti a cosa succederebbe se durante una giornata dedicata a girare in esterni un violento temporale impedisse la lavorazione: si perderebbero denaro (perché le persone vanno comunque pagate) e tempo, quindi sempre denaro, perché quello che non si è girato quel giorno va girato nei giorni successivi. Ne consegue che è estremamente importante tentare di organizzare il tutto nel modo più preciso possibile e con largo anticipo, così da non incorrere in disavventure dell ultimo minuto. I costi in questa fase sono distinti in due categorie che riflettono la più volte citata differenza fra input creativi e input tecnici. Si hanno: 1. I costi above the line, ossia sopra la linea, che riguardano i costi della proprietà letteraria e del suo adattamento, del regista, degli attori, del produttore e del produttore associato; 2. I costi below the line, sotto la linea, cioè quelli che interessano i tecnici e i ruoli manageriali intermedi come il manager di produzione o l assistente alla regia. Si può dire che solitamente maggiore è il budget, maggiore è la percentuale di costi sopra la linea, il che non significa comunque che questi debbano superare in valore i costi sotto la linea. Al contrario, il peso percentuale che hanno i costi below the line è generalmente maggiore per quelle produzioni dai budget non molto elevati. E anche vero, comunque, che questa distinzione ripetuta anche a livello contabile tra input creativi e input tecnici ha senso ma fino ad un certo punto. Si prenda la figura del produttore: costui si trova a metà strada tra chi, amministrando il capitale, deve preoccuparsi del budget, come una figura tecnica, e chi invece partecipa attivamente alla stesura della sceneggiatura e alla scelta dei vari input da coinvolgere nella lavorazione. 7

8 2.1.4 La Postproduzione L ultima fase della produzione deve concludersi con la realizzazione della copia master che il produttore consegna al distributore per la riproduzione. In questa fase si procede al montaggio delle scene girate, all inserimento della colonna sonora e al missaggio 5, alla realizzazione e all aggiunta degli effetti speciali. Tutte queste attività vengono svolte in sala di montaggio e il capo del team che si occupa della postproduzione è il direttore del montaggio, che deve quindi lavorare a stretto contatto e in sintonia col regista. Anche in sede di montaggio, che si penserebbe essere un luogo di tecnici esperti di computer, esiste comunque una distinzione tra aspetti tecnici e aspetti creativi. Infatti da una parte il montatore deve preoccuparsi di sincronizzare il suono e l immagine, ma dall altra deve collaborare con successo col regista nell atto di ricostruire nel modo migliore la narrazione. Al termine della fase di montaggio viene preparata l editor s cut o first cut, cioè una prima versione su cui il regista può far valere i suoi diritti per poterla modificare. Si avrà in questo caso il director s cut che verrà sottoposto al giudizio del produttore. E sarà poi il produttore a decidere se la versione del regista è buona o se sia più opportuno apportare ulteriori cambiamenti, ritornando in sala di montaggio (anche contro il volere del regista) per realizzare il final cut, cioè la copia finale e definitiva che verrà consegnata al distributore 6. Sono pochi i registi che tutt oggi possono godere del final cut e solo perché registi di successo. In questa fase inoltre si realizzano anche dei primi test con il pubblico, per vedere che effetto la pellicola suscita sugli spettatori e agire prima di preparare la versione finale da dare alla distribuzione. 5 Con missaggio si intende l incisione di parti dialogate, registrate in precedenza, sulla colonna sonora. 6 Casi del genere si ripetono nella storia del cinema molto spesso: uno dei più eclatanti è quello che riguarda Blade Runner di Ridley Scott, uscito al cinema con un finale che il regista non ha mai riconosciuto come suo (il final cut); ed infatti qualche anno fa, a 20 anni di distanza dall uscita in sala, Scott è riuscito a far riuscire la sua versione definitiva, cioè il director s cut. 8

9 2.1.5 Le figure coinvolte nel processo di produzione A questo punto si può tentare di tirare un po le somme sulle figure impiegate in questa prima fase della filiera del prodotto cinematografica. Il numero e la qualifica delle persone coinvolte varia di produzione in produzione, del resto ogni film è un prodotto e un mondo a sé. Inoltre le persone impiegate in una fase non necessariamente sono impiegate anche in altre. Le tabelle seguenti mostrano rispettivamente le diverse operazioni compiute in fase di produzione e i diversi input che esse richiedono. Come si vede, non tutte le risorse umane servono in tutti i momenti; solitamente, anzi, sono soltanto il regista, il produttore e il produttore associato ad essere coinvolti, più o meno completamente, in tutte e 4 le fasi. COMPONENTI DI COSTO Sviluppo Trama Acquisizione dei diritti Sceneggiatura Produzione-Riprese Pre-Produzione Sviluppo della sceneggiatura Set design Casting Scelta della troupe Costume design Ricerca delle location Budget Post-produzione Sopra la linea Attori Produttori Registi Sceneggiatori Sotto la linea Sala Prove Set Guardaroba Forza Lavoro Montaggio Scoring (colonna sonora creata per il film dal compositore) Titoli e crediti Doppiaggio Effetti speciali Sound track (colonna sonora, tutta la musica presente nel film) Fonte: Vogel H. L., 2001 [1986] 9

10 FLUSSO DI PROFESSIONALITÀ NELLA REALIZZAZIONE DI UN FILM Fonte: Silver A., 1975, riportata in Perretti F., Negro G., La Distribuzione La distribuzione costituisce la fase intermedia della filiera cinematografica. In essa si provvede alla duplicazione del master al fine di ottenere il giusto numero di copie da inviare alle sale cinematografiche. 10

11 In realtà la duplicazione rappresenta solo una parte degli impegni che interessano il distributore. Infatti il compito del distributore è quello di tessere rapporti con chi gestisce i mercati di sbocco del prodotto cinematografico, quindi non soltanto gli esercizi cinematografici (cioè le sale) ma anche i mercati secondari. Chiaramente il tipo di impegno che vincola il distributore dipende anche dal contratto che può aver siglato col produttore. Se ad esempio la produzione del film è interna allo studio, il distributore può già trovare gli esercenti disposti a proiettare la pellicola prima ancora che questa sia ultimata. I criteri sulla base dei quali giudicare l operato di una società di distribuzione sono essenzialmente 2: il catalogo dei film da distribuire; le caratteristiche della commercializzazione dei titoli nei mercati di sbocco. Con catalogo dei film da distribuire si intende il numero e la tipologia di pellicole da distribuire sul mercato. Le politiche che stanno dietro alla commercializzazione dei titoli nei mercati di sbocco prevedono che per ogni singolo prodotto filmico il distributore sia chiamato a stabilire una strategia di distribuzione e una strategia di comunicazione. Chiaramente questo tipo di scelte dipende dal portfolio di film a disposizione, ma anche dalle uscite di altre pellicole da parte di altre società di distribuzione I fattori che influenzano la strategia di distribuzione Le decisioni relativamente al release pattern 7 e alla release date 8 devono essere prese considerando una serie molto lunga e complessa di fattori. Innanzitutto si deve conoscere e valutare la natura del film, dal momento che un blockbuster statunitense (per produrre il quale si sono spese centinaia di milioni di dollari) deve essere distribuito più capillarmente di un film drammatico con attori poco conosciuti. In secondo luogo bisogna considerare la capienza delle sale in cui far uscire la pellicola. Sempre rifacendoci all esempio di prima, un multiplex sarà sicuramente più adatto di una piccola sala del centro cittadino. Altro aspetto da tenere sotto osservazione sono gli altri film in uscita nello stesso periodo. Infatti distribuire un film di animazione qualsiasi sotto il periodo natalizio, quando a farla da padrone è la Disney, è un rischio di non poco conto: potrebbe rientrare in un progetto di lungo periodo di sottrazione della leadership dell animazione alla Disney, ma si rischia moltissimo che il proprio prodotto passi in sordina senza guadagnare un granché. In ultimo, bisogna vedere la stagione di uscita. Si pensi, ad esempio, al fatto che in Italia non esiste un estate cinematografica, e pochissimi si sono azzardati a far uscire i propri film di punta in questo periodo 9. 7 Per release pattern si intende il numero di schermi su cui il film sarà proiettato. 8 Per release date si intende la data di uscita della pellicola nelle sale. Chiaramente per ogni film esiste un periodo più o meno congeniale in cui essere distribuito (ad esempio, un film ambientato a Natale è difficile che esca sotto Pasqua). I motivi per cui si opta per un periodo o per un altro non sono ovviamente dipendenti solo dalle caratteristiche interne del film. 9 Si è tentato in questi ultimi anni di far uscire film importanti ed economicamente molto costosi durante l estate, ad esempio La guerra dei mondi di Steven Spielberg uscì a fine giugno 2005, ma sono casi piuttosto rari. I grandi 11

12 A quanto detto bisogna aggiungere che il successo di un film solitamente si decide il primo weekend. Il ciclo di vita di un prodotto cinematografico nelle sale, in media di 6 settimane, è piuttosto breve e comunque gli incassi registrano quasi sempre un andamento decrescente nel tempo. l incasso al box office decide anche il valore del film quando viene venduto sui mercati secondari : televisione, Home Video, Internet. Esistono anche prodotti, i cosiddetti sleepers, per i quali invece il discorso appena fatto non vale, anzi questi film, beneficiando molto spesso dell effetto passaparola, arrivano a conseguire i maggiori incassi soltanto a distanza di tempo, rimanendo in sala molte più settimane di quanto accada di solito. Basta ricordare il caso de Notte prima degli esami, distribuito dalla 01, film senza attori molto noti al tempo ma che grazie ad un particolare mix di fattori ha conquistato il pubblico divenendo col passare del tempo uno dei più grandi successi italiani dell anno di riferimento Gli schemi di distribuzione Gli schemi di distribuzione, cioè i release patterns, che solitamente vengono adottati per distribuire un film, possono essere di diversi tipi, per l esattezza cinque. Sia ben chiaro comunque che questi modelli sono stati elaborati negli Stati Uniti, per cui non è sempre possibile fare un raffronto preciso e puntuale con la realtà italiana. 1. La Distribuzione Generale: lo schema della distribuzione generale, detto anche wide release, prevede di saturare il mercato nazionale con un numero elevatissimo di copie. In Italia una distribuzione del genere prevede di occupare dai 150 schermi cinematografici in avanti, negli USA si parla di 2000 schermi come numero minimo. Si coprono comunque tutte le aree raggiunte dalle televisioni nazionali. 2. La Distribuzione Generale Modificata: detta anche modified wide release, si parte da un numero di schermi molto minore per espandere la programmazione pian piano col passare delle settimane. Il numero medio degli schermi interessati è di 20 circa in Italia nelle principali città e di negli USA. Non si raggiungono subito tutte le zone coperte dai network nazionali. 3. La Distribuzione Selezionata: questo modello (chiamato in inglese limited run) prevede una distribuzione su pochi schermi, localizzati di solito nelle grandi città. Il prodotto, specialmente se di nicchia, viene testato sui pubblici metropolitani. Se riscuote successo il distributore può decidere di aumentare le copie, altrimenti lo ritira subito dal mercato. 4. La Distribuzione ad Ombrello: (umbrella booking) si sceglie un mercato locale e lo si satura. Se il prodotto riscuote successo si può passare ad un altro mercato locale. Questa era la politica Disney nel passato, quando concentrava gli investimenti pubblicitari solo nella zona dove poi avrebbe fatto uscire la pellicola, e poi si trasferiva in un altra. blockbuster infatti possono fare da padroni in questo periodo, contando sul fatto che non c è nessun altro prodotto capace di competere con loro e quindi la concorrenza è nettamente inferiore se non quasi inesistente. 10 La top 100 dei maggiori incassi cinematografici pubblicata su Ciak sul numero 8 di agosto del 2006 lo mette al decimo posto, con un incasso di euro. 12

13 5. Il Test di Distribuzione: (test booking) si sperimentano differenti campagne pubblicitarie in mercati locali differenti, al fine di individuare il pubblico target più adatto per il film. Se il film non riscuote successo, può essere subito ritirato dal mercato Le modalità di distribuzione Finora ci si è concentrati quasi esclusivamente su come la distribuzione lavori per posizionare il prodotto presso il pubblico. Si tratteranno ora le diverse modalità attraverso cui avviene fattivamente la distribuzione di un film 11 che possono essere di tre tipi: 1. distribuzioni major: i grandi distributori hanno il controllo diretto sulle reti di vendita, chiamate film exchange, non solo sul territorio nazionale ma anche su quello internazionale. Sia che il film sia prodotto internamente sia che sia acquistato da indipendenti, secondo gli accordi già mostrati precedentemente, le major riescono a distribuirlo negli USA e in moltissimi altri Paesi con relativa facilità. Questi film distribuiti dalle major incassano circa l 80% degli incassi cinematografici totali annui, e questa situazione di vantaggio non è tale solo negli Stati Uniti ma anche in Europa, dove le major arrivano a conquistare il 70% circa degli incassi complessivi. Negli USA esistono anche le cosiddette mini-major, cioè distributori che controllano reti di vendita nazionale ma che devono rivolgersi alle major per commercializzare il film all estero. Negli ultimi anni, comunque, tutte le mini-major hanno stretto rapporti esclusivi con le grandi major o da queste sono stati acquisite. 2. distribuzioni indipendenti: operano prevalentemente in aree regionali circoscritte, o addirittura metropolitane, quindi New York, Los Angeles, etc. Commercializzano i loro prodotti usando una rete di sub-distributori per tutte le operazioni negli altri mercati di sbocco su suolo nazionale. Numerose sono le differenze fra distribuzione major e distribuzione indipendente. Se le major affrontano elevatissimi costi non recuperabili che innalzano all ennesima potenza le barriere all entrata nel mercato, le indipendenti vivono in un mercato molto più concorrenziale, visto che la ridotta entità dei costi sostenuti non allontana possibili concorrenti. Se le major possono inoltre permettersi di commercializzare il film anche all estero, questo non vale per le indipendenti. 3. distribuzioni miste: queste soluzioni consistono in accordi di noleggio delle sale (four wall deals) o della rete di vendita (rent-a-distributor deals). Nel primo caso il produttore affitta direttamente le sale cinematografiche dove proiettare la pellicola pagando un canone alle persone impiegate nell esercizio, che conta le figure del gestore, del proiezionista, la biglietteria, etc. Nel secondo caso il produttore indipendente deve affittare tutto il sistema di distribuzione, pagando il distributore per i servizi che da lui acquista, quali la prenotazione delle sale, servizi di spedizione, servizi di raccolta degli incassi, etc. 11 Come già altrove si prende a modello il mercato cinematografico statunitense. 13

14 2.3 L esercizio e gli altri mercati di sbocco Il sistema distributivo sta vivendo oggi una profonda trasformazione, dovuta al fatto che il film non può più essere considerato esclusivamente un prodotto per la sala cinematografica. Al contrario, un film oggi è un prodotto capace di vivere di vite differenti (anche se mai completamente opposte) in momenti diversi. Per cui la terza fase della filiera produttiva non può più essere considerata solo l esercizio, ma anche tutti quegli altri mercati di sbocco detti secondari o ancillari o sopravvenuti, che in realtà garantiscono incassi maggiori rispetto alla sala La sala cinematografica In principio, la sala ha rappresentato l unico mercato sbocco per i film: si può dire che per uno spettatore el cinema degli esordi il film coincidesse con la sala. Oggi le cose non stanno più così, anche se essa continua ad avere una sua importanza economica e sociale e continui a rappresentare il mercato di sbocco primario per le opere cinematografiche. Molte grandi società di distribuzione oggi controllano anche la fase dell esercizio cinematografico. Non è sempre stato così. Si prenda il caso statunitense. Nel 1948 la sentenza Paramount aveva imposto alle major, integrate verticalmente dalla produzione all esercizio, di cedere il controllo delle sale cinematografiche temendo un eccessiva concentrazione monopolistica nel settore. All improvviso quindi le major, che controllavano da sempre ogni momento della filiera cinematografica, si trovavano a perdere la loro posizione di privilegio sul mercato e dovevano accettare di iniziare a contrattare l uscita delle loro pellicole con soggetti terzi che gestivano gli esercizi cinematografici. Questa situazione è durata per una quarantina d anni. Negli anni 80 è iniziato pian piano un processo di revisione che ha portato nel 1986 al via libera, concesso alla Warner Bros., all acquisto di oltre 100 sale cinematografiche. Naturalmente, le altre major non rimasero con le mani in mano e si diedero da fare per acquistare esercizi cinematografici, dal momento che detenere delle sale di proprietà significa da una parte avere un mercato di sbocco sicuro, dall altra la possibilità di organizzare al meglio le strategie distributive del proprio catalogo di film in uscita. Ad ogni modo, la maggior parte degli esercenti è a tutt oggi indipendente dalle grandi case di distribuzione (sia negli Stati Uniti sia in Europa) e, pur essendo organizzate in società vere e proprie, sono esterne alla struttura verticale delle major. Solitamente, il distributore presenta le pellicole che intende far arrivare sul mercato con 4 mesi di anticipo, allegando ad ognuna la descrizione della trama, il cast, la data prevista per l uscita. Una volta che l esercente ha scelto cosa noleggiare, si discutono i termini dell accordo, stabilendo ad esempio come spartire i ricavi e il numero minimo di settimane di programmazione. Il contratto più comune prevede una ripartizione degli incassi 90-10, secondo cui gli esercenti pagano ogni settimana al distributore una cifra pari al 90% degli incassi in eccesso rispetto al cosiddetto house nut, cioè una cifra fissa stabilita nel contratto stesso. 14

15 Un tempo il noleggio era interessato da due pratiche che col tempo sono state vietate perché anticoncorrenziali: da una parte il blind bidding, dall altra il block booking. Nel primo caso il distributore costringeva l esercente a noleggiare una copia del film senza poterla vedere in anticipo. Nel secondo caso invece il distributore non noleggiava le copie di un film singolo, ma li noleggiava a pacchetto, vincolando così l esercente che voleva avere una copia di un film a prenderne a noleggio anche un altro di minore attrattiva. Finora si è fatto riferimento soltanto agli incassi derivanti dalla vendita di biglietti, come se questi fossero l unica entrata per gli esercizi cinematografici. Ma le fonti di ricavo per un esercente non si limitano a questo. Infatti solitamente l esercizio offre tutta una serie di servizi aggiuntivi che influiscono positivamente in termini di ricavi, ad esempio la vendita di snack o bibite. Oppure, l esercente può trarre guadagni dall affittare la sala per eventi privati, come congressi, etc. Si è già ricordato che il sistema della distribuzione è cambiato e che l esercizio non è più l unico mercato di sbocco né il più redditizio, ma anche le sale non sono più quelle degli esordi. Già da tempo hanno fatto la loro comparsa sul mercato i multisala, i multiplex e i megaplex, dotati di un numero di schermi sempre crescente (e quindi in grado di proporre ai propri clienti una gamma più ampia di film da vedere). I vantaggi che questi esercizi commerciali garantiscono sono diversi. Innanzitutto l esercente di un multiplex può sfruttare al meglio le differenti capienze delle sue sale, in modo da spostare la programmazione di pellicole già uscite da qualche settimana in sale più piccole, lasciando libere quelle con capacità maggiori per nuove uscite di grande richiamo. Questo peraltro incide positivamente sul ciclo di vita del film, che si allunga, perché quando inizia a calare il successo del film l esercente sposta la pellicola di salam mentre prima era costretto a cambiare film. Inoltre i multiplex riducono il rischio per l esercente che, proiettando molti film, può spalmare il peso di un insuccesso su tutta l offerta: se una pellicola non ha il successo sperato questo incide meno sui bilanci di un multiplex che su quelli di una monosala. Parallelamente, aumenta la possibilità che tra tutti i film proiettati ce ne siano almeno uno o due di successo. Inoltre, i costi medi di gestione dell esercizio, diluendosi su un numero di schermi elevato, si riducono. Avere 8 singole sale separate significa avere 8 diversi staff impegnati nella cura e gestione delle stesse, mentre averne 8 in un unico edificio permette di ridurre il personale. Infine, bisogna considerare i servizi secondari di cui si parlava prima. Offrire ai propri clienti un parcheggio, a volte addirittura coperto, dare loro la possibilità di avere un pasto qualora lo desiderino, o prendere soltanto qualcosa da bere in attesa che il film inizi o durante lo spettacolo migliora sensibilmente l esperienza del consumo cinematografico. Si consideri che solitamente negli USA i multiplex sorgono all interno di centri commerciali, il che aumenta le possibilità garantite agli spettatori di sfruttare il tempo libero prima della proiezione facendo tranquillamente shopping. Costruire un multiplex è comunque un investimento molto elevato, che pochi grandi circuiti possono permettersi. Basti dire che un circuito di 30 sale arriva a costare 30 milioni di dollari. Non stupisce, dunque, che si siano verificati anche numerosi fallimenti in questo nuovo mercato. Ciò ha costituito una spinta verso una maggiore concentrazione dei multiplex nelle mani di poche società di esercenti. 15

16 Più di recente, la sfida che gli esercenti devono affrontare è la digitalizzazione dei propri macchinari, che porterebbe indubbi vantaggi sia alle società di produzione che alle società di distribuzione perché le prime potrebbero girare direttamente in digitale e le seconde non avrebbero la necessità di duplicare e spedire materialmente le pellicole ma potrebbero semplicemente inviare i film utilizzando la rete e le connessioni satellitari. Il problema è che il costo della digitalizzazione ricade tutto sui gestori delle sale, i quali, invece, ne avrebbero dei ricavi minimi I cosiddetti mercati secondari L espressione mercati secondari è stata coniata appositamente per le pellicole cinematografiche che, dopo essere uscite nelle sale, venivano commercializzate anche su altri canali. Attualmente questa definizione non è più corretta, per almeno due buone ragioni. In primo luogo, perché gli altri mercati di sbocco non sono affatto secondari, né in termini di visibilità del prodotto filmico né in termini economici. In secondo luogo, perché tutti gli altri canali hanno fatto sì che venissero generati prodotti specifici per questi mercati: si pensi, a questo proposito, ai lungometraggi concepiti appositamente per la televisione, ossia i tv movie e le fiction. Di seguito si analizzeranno i principali mercati di sbocco dei prodotti audiovisivi, iniziando proprio dalla televisione, nelle sue forme free e pay. La televisione generalista La televisione generalista è una piattaforma distributiva molto importante sia per il cinema che per la televisione. Per il primo essa rappresenta un mercato di sbocco secondario, l ultimo in ordine di tempo. Ciò conferisce ai film una peculiarità rispetto agli altri programmi televisivi: essi sono già noti al grande pubblico. Questa caratteristica è portatrice di un vantaggio e di uno svantaggio per le pellicole cinematografiche e per gli attori che hanno il compito di distribuirle. Un vantaggio, perché esse sono l unico prodotto che i broadcaster acquistano conoscendo già il loro valore, definito dal volume degli incassi registrati dal distributore al box office in primis e nella altre fasi di distribuzione. Uno svantaggio, perché, non essendo prodotti nuovi, le pellicole cinematografiche non sempre vengono mandate in onda in prime time, quando i grandi network televisivi tentano di raggiungere delle audience 16

17 vaste e di ottenere conseguentemente ampi fatturati dalla vendita degli spazi pubblicitari 12. Ciò contribuisce a far sì che il valore retail del segmento free tv rispetto agli altri mercati sia inferiore. Ricavi del film cinematografico (M ) Nel 2010, ad esempio, su un totale di spesa diretta da parte dei consumatori di milioni per la fruizione di contenuti cinematografici, la free television ha inciso per 255 milioni, ossia circa il 14,5% del ricavo totale 12 La fascia oraria di messa in onda dipende dal film in questione: se esso non ha avuto un grande successo di pubblico tenderà ad essere escluso dalle fasce di maggior ascolto. 17

18 diretto ottenuto grazie alla spesa degli spettatori. Si tratta di una percentuale significativa ma che, se si eccettua il dato del 2009, mostra un calo rispetto agli anni passati. Con l avvento del digitale terrestre e la conseguente esplosione dei canali, i film sono ritornati in prima serata sui canali tematici ad esse dedicati, talvolta registrando anche risultati significativi. Ma la televisione è soprattutto l habitat naturale delle fiction, il prodotto audiovisivo creato appositamente per essere trasmesso sul piccolo schermo. Le serie televisive ovviamente non hanno il problema sopra descritto a proposito dei film: esse sono un prodotto nuovo e quindi vengono largamente sfruttate in prima serata. La pay tv e la pay per view La televisione pay è l altro grande canale di sbocco dei prodotti cinematografici. Ne esistono di due tipi: la pay tv e la pay per view. La prima permette la visione di un numero considerevole di canali, scelti all interno di un offerta molto ricca, a fronte del pagamento di un abbonamento. La peculiarità della pay tv non è soltanto l elevato numero di canali, ma più che altro la loro tipologia: essi infatti sono prevalentemente tematici, dediti cioè a trasmettere soltanto un certo tipo di contenuti. In Italia attualmente esistono due pay tv: si tratta di Sky e di Mediaset premium 13. La pay per view, invece, è strutturata in modo tale che lo spettatori paghi per la visione di un singolo evento. Tramite questo pagamento abilita il proprio decoder alla ricezione del segnale. In entrambi i casi, i film sono prodotti forti e appetibili per il pubblico. Nel caso della pay tv, esistono interi canali creati appositamente per ospitarli: si pensi, ad esempio, a Mediaset, che mette a disposizione degli utenti diversi canali dedicati sia la cinema che alle serie tv, spesso distinti per genere (Cinema Emotion, Cinema Energy, Cinema Comedy). Le tv a pagamento sono una piattaforma di grande interesse per i contenuti audiovisivi. Secondo uno studio della Fondazione Rosselli, nel 2010 le pay tv rappresentavano il 33% del mercato; si tratta di una crescita significativa se si pensa che nel 2003, l anno in cui Sky è approdata sul mercato italiano, essa occupava un segmento di mercato di circa il 10%. Per quanto riguarda, poi, il consumo di film, i dati mostrano un aumento significativo della spesa dei consumatori su questa piattaforma. 13 Anche Telecom Italia aveva lanciato una propria pay tv, Dahlia tv, che però è stata chiusa nel

19 Fonte: Screendigest, 2012 Il segmento pay è così importante che sta sopravanzando la pubblicità in termini di ricavi: esso ormai rappresenta il 42% delle risorse complessive di mercato, a fronte di una quota del 37% attribuibile alla pubblicità. L Home video Come mostra la figura seguente, il mercato che invece sta subendo una decisa contrazione è quello dell home video, sia nella sua componente di noleggio, detta rental, che in quella sell, di vendita. Fonte: Univideo,

20 Il calo maggiore, però, è stato fatto registrare dal mercato del noleggio fisico, che è passato a rappresentare il 15% del mercato HE (Home Entertainment) quando nel 2005 poteva vantarne il 31%. Simbolo dei problemi che questo settore sta attraversando ormai già da qualche tempo è stata la messa in liquidazione volontaria di Blockbuster Italia, che nel 2012 ha chiuso i battenti dopo 18 anni di attività. Si tratta di una tendenza che non riguarda solo il nostro Paese. Negli Stati Uniti, lo Stato in cui è nato e cresciuto il colosso del videonoleggio, Blockbuster è stato messo in crisi da Netflix, il servizio che permette agli utenti di guardare in streaming film e programmi tv pagando un abbonamento mensile 14. La situazione è meno critica per il comparto vendita, anche se il trend rimane comunque negativo. Fonte: Univideo, Reed Hastings, fondatore di Netflix, ha raccontato che, indirettamente, è stata proprio Blockbuster a suggerirgli l idea di creare il suo servizio di streaming video, quando ha dovuto pagare una penale perché era in ritardo con la consegna del DVD preso in affitto. 20

21 Fonte: Univideo, 2011 I new media Ma il mercato di sbocco più promettente per il futuro è rappresentato dai nuovi media, per via delle innovazioni che essi portano con sé. Si è detto nei capitoli precedenti delle nuove piattaforme di fruizione dei contenuti video, come l IpTv, la Mobile tv, la Web tv. La parte più interessante di ciò che queste piattaforme permettono di fare è la possibilità di accedere ai contenuti che si preferiscono quando e dove si vuole. Si tratta di un innovazione non da poco se si pensa che in passato, per vedere un film, una fiction o un qualsiasi programma tv, occorreva trovarsi davanti alla televisione o in una sala cinematografica (nella maggior parte delle volte ad un orario prestabilito). I nuovi media rompono questo paradigma e vanno a conquistarsi il tempo del consumatore laddove c è, magari quando si viaggia o quando si aspetta il proprio turno dal medico. La filosofia che permea questo nuovo modo di fruire i contenuti multimediali è quella del Video on demand, grazie al quale lo spettatore può scegliere il film, la fiction o il programma televisivo da vedere da un catalogo di contenuti proposti e, tramite pagamento, fruirne sulla propria tv o su un altro device (PC, Tablet, Smartphone). Il mercato del VoD è molto interessante in termini economici. Secondo i dati di Digital TV Research Ltd., esso nel 2010 ha presentato ricavi per 3,6 miliardi di dollari e, secondo le previsioni della stessa società di ricerca, nel 2016 esso sarà destinato a crescere fino ad arrivare a 5,7 miliardi di dollari. 21

22 Ma la parte più interessante della ricerca condotta da Digital TV Research Ltd riguarda proprio il nostro Paese, il secondo per spesa sul mercato del VoD con una somma pari a 498 milioni di dollari, che nel 2016 dovrebbe arrivare a 509 milioni di dollari La catena del valore La catena del valore di un contenuto audiovisivo è la declinazione del fatturato ottenuto grazie al commercio dei prodotti filmici tra i diversi mercati di sbocco. In passato tracciare la catena del valore di un prodotto cinematografico era piuttosto semplice: per i film essa era data dall andamento del box office e poi, in seguito, dalla vendita dei diritti alla televisione e all Home Video. 15 Fonte: 22

23 Con l avvento dei nuovi media digitali, invece, la situazione si è di molto complicata: come si è detto, sono emersi nuovi mercati di sbocco, sono apparsi sulla scena nuovi attori e nuove modalità di fruizione del prodotto audiovisivo. Nuovi settori industriali si sono affacciati sul mercato della produzione e distribuzione di contenuti audio-video: si tratta principalmente degli operatori di telecomunicazione e delle web company. Ciò ha cambiato profondamente il mercato, offrendo la possibilità alle emittenti più piccole di espandersi in una maniera prima difficilmente immaginabile, offrendo i propri contenuti a un pubblico globale. I nuovi attori dell'industria audiovisiva La catena del valore, dunque, è andata diversificandosi, arrivando a comprendere le piattaforme distributive più diverse. La catena del valore dell'audiovisivo 23

24 Ciò ha allungato la vita dei prodotti audiovisivi, secondo quanto affermato dalla Teoria della Long Tail di Chris Andersen. Oggi la vita di un film, ad esempio, non finisce nelle sale cinematografiche o sugli schermi televisivi ma continua su internet, che permette alle pellicole di stare sul mercato anche quando nei circuiti di distribuzione tradizionali non è più economico commercializzarle. Sul web, invece, sono nati veri e propri imperi economici la cui peculiarità sta proprio nel fatto che essi vendono a nicchie di consumatori, sul mercato globale, prodotti che non rappresentano (o non rappresentano più) dei bestseller. La somma di tutte queste nicchie genera un mercato importante, a tratti maggiore di quello rappresentato dei titoli con un successo di massa. Ma la catena del valore non deriva solo dall ampiezza della distribuzione. Si crea valore in ogni fase del processo industriale, quindi, nel caso del prodotto cinematografico (e più in generale dell audiovisivo), dall ideazione del prodotto alla raccolta dei finanziamenti per la produzione, dalle riprese alla postproduzione al confronto del contenuto con l utente finale, fino a iniziative esterne al processo industriale stesso, come ad esempio il merchandising o, più in generale, lo sfruttamento del concept dell opera. In un contesto simile, così modificato dai cambiamenti tecnologici e di consumo tuttora in atto, sono diventati decisivi due blocchi della catena del valore. Il primo è quello è relativo all aggregazione e distribuzione di contenuti. I distributori cinematografici e i broadcaster televisivi devono sempre più cambiare i propri modelli di distribuzione tenendo conto delle nuove opportunità offerte dal web. Opportunità che, se non colte, andranno a beneficio di altri operatori del mercato. Si legge in quest ottica la trasformazione dei principali produttori televisivi che, abituati a proporre una programmazione di flusso a palinsesto, stanno cercando di offrire al proprio pubblico parte dei loro programmi online, sia in streaming che tramite VOD, dando spazio alla multicanalità. Il secondo è relativo alla presenza sul mercato di schermi televisivi dotati di connettività broadband, i quali danno la possibilità ad aggregatori esordienti o già esistenti sul mercato di entrare in competizione con la programmazione degli incumbent broadcast. La catena del valore dei contenuti digitali su internet Più specificamente, diventano chiave in questo mercato 5 componenti: Approvvigionamento o creazione di contenuti, che può avvenire sia attraverso la produzione diretta sia attraverso l acquisto di contenuti da produttori terzi. Questa è la fase presidiata dai detentori dei diritti di proprietà intellettuale; 24

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