UN DANNO DIFFICILE: DANNO BIOLOGICO

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1 LEZIONE: LA LIQUIDAZIONE DEL DANNO EXTRACONTRATTUALE PROF. SIMONE LABONIA

2 Indice 1 UN DANNO DIFFICILE: DANNO BIOLOGICO LIQUIDAZIONE DEL DANNO BIOLOGICO CRITERI DI VALUTAZIONE DEL DANNO TABELLA DEL DANNO BIOLOGICO DI LIEVE ENTITÀ L ONERE DELLA PROVA IL DANNO PSICHICO IL CD. DANNO DA MORTE I PARAMETRI PER LA VALUTAZIONE DEL DANNO BIOLOGICO TERMINALE LA PROPAGAZIONE INTERSOGGETTIVA DELL ILLECITO IL SISTEMA PRECEDENTE LA NUOVA TABELLA USO DELLA TABELLA LIQUIDAZIONE DEL DANNO NON PATRIMONIALE DA MORTE di 25

3 1 Un danno difficile: danno biologico Quando si parla di danno biologico si vuol fare riferimento alla lesione della integrità psico fisica della persona. All interno della nozione di danno biologico rientrano tutte le conseguenze pregiudizievoli che dalla lesione della salute derivanti alla complessiva qualità della vita del soggetto offeso, rimanendone esclusi solamente il danno patrimoniale in senso stretto ed il danno morale suriettivo In materia di liquidazione del danno alla persona, che ha come fonte l illecito extracontrattuale il codice civile prescrive pochissime norme che sono però oggetto di grande evoluzione giurisprudenziale Si tratta degli articoli 2056, 2057, 2058 e 2059 c.c., a mente dei quali il danno risarcibile si distingue in danno patrimoniale e danno non patrimoniale. Il primo consiste nel pregiudizio economico che il fatto illecito provoca al danneggiato, il secondo consiste, invece nella sofferenza, nel dolore fisico e psichico risarcibile ex art c.c., se il fatto che ha causato il danno è qualificabile come reato. Questa impostazione tradizionalistica del Codice Civile, che si fondava su un metodo di calcolo, partiva dal presupposto che le conseguenze delle lesioni provocavano una diminuzione del reddito del danneggiato o sulla diminuzione della capacità lavorativa. Tale sistema di risarcimento entrava in crisi quando capitava che il danneggiato facesse parte delle categorie più deboli ad esempio, un pensionato, uno studente, un invalido, categorie dove non c era reddito di riferimento sul quale basare il calcolo. La giurisprudenza più meritevole ha affermato che il sistema bipolare del danno patrimoniale e del danno non patrimoniale andava abbandonato, per essere sostituito da un sistema articolato in tre fattispecie (già descritte in precedenza). Già nel 1974 due sentenze dei Tribunali di Pisa e Genova hanno riconosciuto la risarcibilità ex se del danno areddituale alla salute (lesione dell'integrità psicofisica suscettibile di apprezzamento medico-legale) in quanto danno-evento uguale per tutti. La rilettura delle coordinate strutturali e disciplinatorie del danno non patrimoniale (ampiamente descritta anche in precedenza), con particolare attenzione alle singole voci che compongono tale fetta del danno ed alla loro collocazione dogmatica e sistematica, ha portato ad una lettura espansa ed aggiornata del danno non patrimoniale. 3 di 25

4 Nel 2003 una raffica abbastanza impressionante di sentenze della Cassazione (di cui abbiamo ampiamente detto in precedenza), hanno reso possibile il ritorno dei danni personali connessi alla lesione dei diritti fondamentali dell individuo nella sua sfera personale, ossia quella dei danni non patrimoniali. Successive e recentissime sentenze sono ancora intervenute sul tema, tuttavia, numerose sono ancora le singole incognite ed i dubbi che la nuova stagione ha portato con sé, così come non risulta agevole determinare la misura del risarcimento per questo tipo di lesione. 4 di 25

5 2 Liquidazione del danno biologico Nella concezione tradizionale, dunque, la determinazione concreta del danno da liquidare alla vittima di un fatto lesivo era affidata al prudente apprezzamento del giudice che, in mancanza di parametri almeno orientativi, poteva trasmodare in arbitrio. L unico modello tabellare a cui si faceva ricorso era quello fondato sulle tariffe della Cassa Nazionale delle Assicurazioni Sociali R.D. n. 1403/1922, mediante le quali si procedeva al calcolo della capitalizzazione vitalizia. Di qui l esigenza di individuare dei punti di riferimento che potessero garantire il valore di una tendenziale uniformità senza sacrificare l altrettanto significativo valore della personalizzazione del danno secondo le circostanze specifiche del caso concreto Sul piano normativo è stata avvertita da tempo la necessità di creare delle tabelle di liquidazione dei danni alla persona secondo le previsioni delle leggi n. 57 del Tuttavia, la legge fornisce dei criteri certi di liquidazione del danno biologico solo nel caso di micropermanenti, ossia di lesioni che non superino i 9 punti di invalidità. Al di sopra di questo tetto, tutt ora permane un vuoto normativo, nonostante l entrata in vigore, alla data del , del Codice delle Assicurazioni (D.lgs. 209/2005) che, all art. 138, prevede l emanazione di una tabella unica nazionale per il danno di non lieve entità. Una recente Sentenza della Cassazione (n. 5795/2008) ha precisato che "nella valutazione del danno biologico, come lesione della salute, il medico legale deve considerare, con valutazione scientifica, la gravità del danno, tenendo conto di tutte le componenti fisiche, psichiche, interrelazionali, estetiche, dinamiche e di perdita della capacità lavorativa generica, avvalendosi eventualmente di elaborati scientifici, e considerando tutte le circostanze dedotte o esaminate in relazione alla stabile invalidità ed al mutamento delle condizioni biologiche di vita della parte lesa; il giudice, a sua volta, applicando alla caratura del ed danno biologico le tabelle attuariali vigenti nel tribunale o nella Corte, ovvero le tabelle maggiormente testate a livello nazionale (e tali sono le tabelle milanesi, per comune opinione degli esperti in materia) dovrà liquidare il danno reale ai valori attuali, tenendo conto del momento della liquidazione, ed applicando rivalutazione e interessi ed, compensativi o da ritardo, secondo i noti criteri indicati da questa Corte a SS.UU. civili il 17 febbraio 1995 nella sentenza n. 1712". 5 di 25

6 3 Criteri di valutazione del danno Il danno biologico è risarcibile indipendentemente dalla sua incidenza sulla capacità di produzione di reddito del danneggiato. L ambito di operatività della legge in esame è delimitato dalla causa del pregiudizio (circolazione di veicoli a motore e natanti), e dalla natura delle conseguenze dannose subite dalla vittima, ovvero dalla causazione di lesioni di lieve entità cioè determinanti una invalidità permanente pari od inferiore al 9%. La regolamentazione ha destato forti sospetti di illegittimità costituzionale per violazione degli artt. 3, 32, 24 Cost., atteso che introduce una disciplina risarcitoria differenziata in relazione all origine del danno, nonché in relazione ai poteri liquidatori del giudice; invero, in caso di danno biologico derivante da sinistro stradale, il giudice è vincolato a rigidi criteri legali nella liquidazione per danni da invalidità non superiore al 9%, mentre continua ad esercitare il potere discrezionale conferitogli dagli artt e 1226 c.c. laddove la percentuale sia superiore. Veniamo ad analizzare più in dettaglio la disciplina della legge n. 57/2001. Il provvedimento adotta il sistema del punto tabellare variabile, sviluppato negli ultimi anni da molti Tribunali. Invero, l art. 5 co.2 determina in euro 619,75 il valore del punto base per invalidità permanente. Tale importo aumenta in modo proporzionale in relazione ad ogni successivo punto di invalidità, secondo i coefficienti previsti dalla tabella a) allegata alla legge. Dunque, l ammontare del danno biologico risarcibile si ottiene moltiplicando il valore del punto base per i punti di invalidità accertati nel caso concreto dal medico legale, e per il coefficiente moltiplicatore corrispondente alla percentuale di invalidità conseguente alla lesione (coefficiente indicato nella tabella a)). L importo così ottenuto deve essere diminuito, poi, in relazione all aumentare dell età del danneggiato, mediante un coefficiente di demoltiplicazione pari alo 0,5% per ogni anno di età superiore all undicesimo. Si veda il seguente esempio: soggetto di 24 anni che ha subito lesioni comportanti invalidità del 7% - valore del punto base (euro 74,78) moltiplicato la percentuale di invalidità (7%), moltiplicato per il corrispondente coefficiente moltiplicatore (1,9), ridotto del coefficiente di demoltiplicazione del 7% relativo all età di 24 anni (risarcimento pari ad euro 7.665,35; se il soggetto ha, invece, meno di undici anni, non applicandosi il coefficiente di demoltiplicazione, ha diritto ad un risarcimento pari ad euro 8.242,65. Con riguardo alla invalidità temporanea assoluta, l art.5 co.2 prevede la liquidazione di una somma giornaliera (euro 36,15, 6 di 25

7 mentre con riferimento alla invalidità temporanea parziale, tale somma viene ridotta proporzionalmente in rapporto al coefficiente di invalidità. Il criterio metodologico utilizzato dal legislatore nella legge in commento si ispira ai prospetti del Tribunale di Milano le cui tabelle di liquidazione del danno non patrimoniale hanno introdotto, per prime, il cd. metodo tabellare e sono state le più diffuse a livello nazionale. Di recente, il legislatore ha ritenuto di ispirarsi ancora ai principi dei valori elaborati a Milano nel Codice delle Assicurazioni ( Dlgs. 209/2005). Invero, l art. 139 del Codice (rubricato Danno biologico per lesini di lieve entità), che adotta la tabella di liquidazione delle cd. micropermanenti (menomazione da 1 a 9%), ripropone il criterio milanese secondo cui l importo del danno biologico cresce in misura più che proporzionale ad ogni punto percentuale di invalidità e decresce con il crescere dell età del danneggiato. Per le lesioni di non lieve entità (quindi menomazioni superiori al 9%), l art. 138 rinvia ad un successivo decreto del presidente della repubblica per l adozione della tabella unica nazionale di liquidazione; le linee direttrici nell adozione di detta tabella appaiono, ancora una volta ispirate (o addirittura copiate) dalle tabelle milanesi, in particolare, dell anno di 25

8 4 Tabella del danno biologico di lieve entità (Tabella aggiornata al D.M. 24/6/2008, pubblicato sulla G.U. n.151 del 30 giugno 2008) La tabella dei danni biologici sotto riportata, ex art. 5 L. n. 57 / 2001, calcola le lesioni personali di lieve entità, chiamate anche micro lesione personale. La invalidità permanente causata da micro lesioni personali riguarda il risarcimento da danno biologico fino e non superiore ai 9 punti di invalidità permanente. I danni biologici nella tabella riportati sono aggiornati al decreto ministeriale dello sviluppo economico del 24 giugno 2008, pubblicato in G.U. n. 151 del che ha consolidato le tabelle usate dal tribunale di milano in sede di liquidazione del danno biologico. - Ogni giorno di inabilità assoluta ( ita ) è stato determinato in euro 42,06 dal suddetto d.m. Punti di invalidità Età 1 720, , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , ,63 8 di 25

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11 5 L onere della prova L'onere della prova che incombe su colui che agisca in giudizio per il risarcimento del danno alla persona, assume contenuti diversi in relazione alla natura del danno del quale si pretende il risarcimento, a seconda che si tratti di danno biologico o di danno patrimoniale in senso stretto. Dato che non sempre il danno alla salute si viene a trovare in concomitanza con un danno patrimoniale, ma dato che siamo pur sempre in presenza di un danno, è sorta la necessità di trovare dei criteri equilibrati, generici e sempre applicabili per poter quantificare in termini economici il risarcimento per il danno subito. Poiché il danno biologico si identifica con l'evento dannoso e si qualifica dunque come danno-evento, una volta dimostrata la lesione, si è anche dimostrata l'esistenza del danno biologico, in quanto il fatto costitutivo del diritto al risarcimento del danno si identifica con la lesione stessa, pur permanendo la necessità di provare l'entità della menomazione dell'integrità psicofisica subita. In questo caso il tema probatorio è circoscritto all'esistenza di una lesione personale e di una menomazione a questa conseguente. Per quanto riguarda la prova questa dovrà basarsi su di una perizia medico-legale che accerti il grado di invalidità subito dal soggetto leso. 11 di 25

12 6 Il danno psichico Questa figura di danno, ancora in corso di definizione ad opera della dottrina e della giurisprudenza, si differenzia dal danno prettamente fisico, possibile oggetto di risarcimento per danno biologico, dal momento che esso non ha una manifestazione esteriore tangibile, ma solamente una manifestazione di tipo comportamentale. La lesione fisica lascia sempre una traccia tangibile, la lesione psichica invece ha delle manifestazioni di carattere nervoso e psichico che non sempre hanno delle ripercussioni sul corpo del soggetto. Occorrerà quindi una analisi di differente tipologia sul soggetto affetto da patologia di carattere psichico al fine di accertare se e in quale misura tali manifestazioni di comportamento costituiscano menomazione nel senso tecnico-giuridico del termine, ossia nella sua accezione medico legale, per poi risalire dalla menomazione alla lesione psichica ed al fatto illecito. Certamente dovrà essere preso in considerazione il fattore effetto, ovvero la ripercussione che tale danno sta avendo sulla vita del soggetto che si pretende aver subito la lesione. La menomazione psichica consiste nella riduzione, temporanea o permanente, di una o più funzioni psichiche della persona, la quale, incidendo sul valore uomo globalmente inteso, impedisce alla vittima di attendere in tutto o in parte alle sue ordinarie occupazioni di vita. Ciò che risulta difficile per l'interprete è di individuare il nesso causale, che deve essere sempre presente nel rapporto causa-effetto, tra danno psichico e fatto lesivo. La giurisprudenza si è occupata sporadicamente di questioni inerenti il danno psichico, ne citiamo alcune tra le più interessanti: inquinamento acustico (Cass Civile n.2396 del 1983; Cass civile n.3367del 1988; Trib. Biella 22 aprile 1989) esaurimento nervoso per fatto illecito altrui (Pretura Aquila 10 maggio 1991) stress morte di animale domestico morte di un congiunto (Trib. Milano 1 febbraio 1993 e Trib. Milano 2 settembre 1993) 12 di 25

13 7 Il cd. danno da morte La sent. N.372/94 della Consulta (di cui abbiamo parlato nella precedente lezione) ha affrontato anche l annosa questione relativa alla risarcibilità del cd. danno biologico da morte. Conviene premettere, al fine di evitare confusioni concettuali e per meglio acquisire la giusta terminologia giuridica, che la problematica afferente ai danni da morte interessa due sfere giuridiche ben distinte: quella della vittima primaria, alla cui violazione si ricollegano i danni risarcibili iure successionis, e quella delle vittime secondarie, che per la morte della vittima principale possono trovarsi a patire danni risarcibili iure proprio. Ebbene, entrambi i profili sono stati presi in considerazione dalla sentenza in esame, che si trovava ad affrontare la questione di illegittimità costituzionale degli artt e 2059 c.c. nella parte in cui non consentirebbero il risarcimento del danno per violazione del diritto alla vita. La Consulta ha risolto negativamente la questione, ritenendo non risarcibile iure ereditario il danno da morte e condividendo un precedente remoto, ma ancora oggi valido, della Cassazione a Sezioni Unite del 1925, secondo cui un diritto al risarcimento può sorgere in capo alla persona deceduta limitatamente ai danni verificatisi dal momento della lesione a quello della morte, quindi non sorge in caso di morte immediata, la quale impedisce che la lesione si rifletta in una perdita a carico della persona offesa, ormai non più in vita. Invero, la responsabilità civile presenterebbe un doppio limite: uno afferente all oggetto del risarcimento, che non può consistere se non in una perdita cagionata dalla lesione di una situazione giuridica soggettiva, l altro afferente alla liquidazione del danno, che non può riferirsi se non a perdite: il decesso della vittima impedirebbe il sorgere di una perdita a carico di quest ultima. Dunque, la vittima primaria che, a seguito del fatto lesivo, deceda immediatamente, non matura la risarcibilità di un danno biologico che possa trasmettere, iure hereditatis, ai congiunti. Laddove tra i due momenti sia intercorso un apprezzabile lasso di tempo, si configura, in capo alla vittima primaria dell illecito, il cd. danno biologico terminale la cui pretesa è attivabile iure hereditario dai congiunti. Diversa è la situazione del congiunto della vittima primaria (nell accezione tecnica definito vittima secondaria) che, a cagione dell evento letale, subisca un danno biologico iure proprio; in tal caso non opera alcuna restrizione, salvo il riscontro medicolegale dell esistenza di una patologia, secondo i canoni generali del danno biologico. Cerchiamo di comprendere la differenza che intercorre tra il danno cd. da morte (o come alcuni opinano, danno biologico da morte) ed il danno biologico terminale. 13 di 25

14 Quest ultima figura, di matrice giurisprudenziale, si sostanzia nella massima espansione del danno biologico allorché esso non conduca, fisiologicamente, alla guarigione, ma esiti, in parabola discendente, verso la morte (per una magistrale ricostruzione della figura, si legga la sent. Cassazione civile, sez. III, n. 3766). La Suprema Corte (Cassazione, sez. III, 23 febbraio 2004, n. 3549), sempre nell ottica della demarcazione, ha osservato che la lesione dell integrità fisica con esito letale, intervenuto immediatamente o a breve distanza di tempo dall evento lesivo, non è configurabile quale danno biologico, dal momento che la morte non costituisce la massima lesione possibile del diritto alla salute, ma incide sul diverso bene giuridico della vita, la cui perdita, per il definitivo venir meno del soggetto, non può tradursi nel contestuale acquisto al patrimonio della vittima di un corrispondente diritto al risarcimento, trasferibile agli eredi. Secondo la Cassazione a tale impostazione non può obiettarsi l inammissibilità di un vuoto di tutela civile del diritto alla vita (peraltro protetto con lo strumento della sanzione penale), attesa la funzione non sanzionatoria ma di reintegrazione e riparazione assolta dal risarcimento del danno, e la conseguente impossibilità che, con riguardo alla lesione di un bene intrinsecamente connesso alla persona del suo titolare e da questi fruibile solo in natura, esso operi quando tale persona abbia cessato di esistere. Se si considera poi che il soggetto che perde la vita non è in grado di acquistare un diritto risarcitorio, perché fin quando è in vita non vi è perdita e quando è morto, da una parte, non è titolare di alcun diritto e dall altra non è in grado di acquistarne, il riconoscimento del diritto al risarcimento ereditariamente trasmissibile finirebbe per assegnare alla tutela dell art c.c. un anomala funzione solo sanzionatrice (o di pena privata). Tirando le fila del discorso, possiamo concludere che il danno da morte è la lesione del bene vita, mentre il danno biologico terminale è la lesione del bene dell integrità fisica. Le conclusioni esposte rappresentano un ormai consolidato orientamento del Giudice di legittimità, come confermato dal recente arresto del Marzo 2007 (Cassazione, sez.iii, 22 marzo 2007, n.6946, ), a cui avviso «il danno biologico consequenziale alla lesione mortale, come lesione della integrità fisica, riguarda un lasso di tempo troppo breve quantificabile, ancorché si debba ammettere che il relativo credito sia stato potenzialmente conseguito dalla parte lesa mentre era in vita. Deve esserne esclusa la risarcibilità, come danno reale, trasmissibile iure hereditatis». 14 di 25

15 Le osservazioni espresse dalla S.C. hanno incontrato l ostilità di buona parte della dottrina. Ecco i principali i rilievi critici. In primo luogo, in riferimento alla distinzione tra diritto alla salute e diritto alla vita, l'asserita diversità ontologica è stata ritenuta affatto condivisibile, in base all osservazione che, essendo essi null'altro che aspetti del più generale diritto all'incolumità personale, ogni lesione del diritto alla vita postula una previa violazione dell'integrità psicofisica della vittima. Il diritto alla salute si pone in posizione gradatamente inferiore rispetto al diritto alla vita, il quale, a fortiori, parteciperà della tutela costituzionale di cui il primo gode e che ha valenza tanto nei rapporti di diritto pubblico, tanto in quelli regolati dal diritto privato. Si osserva, inoltre, che l opposta tesi porta all aberrante conseguenza di ammettere il risarcimento del danno biologico per chi subisce una lesione alla propria integrità psico-fisica e di negarlo, invece, per chi abbia subito una lesione tale da portarlo a morte immediata, affermandosi così il principio per cui è meglio, perché economicamente più conveniente, uccidere piuttosto che ferire. Infine, la ricostruzione giurisprudenziale che subordina il passaggio jure successionis del danno biologico al quale sia conseguito il decesso, in favore degli eredi, al decorso del tempo si fonda essenzialmente su due capisaldi, anch essi non esenti da spunti critici: da un canto, la possibilità di qualificare il danno come biologico per il solo fatto che la morte sopravvenga a distanza di un rilevante lasso temporale dal momento della scaturigine dell evento - lesione, secondo il meccanismo riassunto nel brocardo latino causa causae est causa causati ; dall altro, sempre per effetto del decorso del tempo, la consolidazione nella sfera giuridico - patrimoniale della vittima che ha patito la lesione del diritto ad ottenere il risarcimento del danno derivato dalla lesione medesima, di cui la stessa vittima ha avuto concreta percezione, diritto già acquisito in tale sfera che - per effetto del decesso - si trasmette mortis causa agli eredi. Ebbene non può sottacersi che secondo le più accreditate teorie medico - legali solo in rarissimi casi la morte, intesa quale distruzione delle cellule cerebrali, è conseguenza immediata o istantanea dell evento lesivo, tale da pregiudicarne la percezione, sebbene anche in pochi attimi. All esito di tale confronto dottrinale e giurisprudenziale, occorre dare menzione di un interessante arresto giurisprudenziale (Cassazione, sez.iii, 1 Dicembre 2003 n.18305) che, contrariamente alla prevalente posizione pretoria, ha accordato il ristoro patrimoniale alla vittima di un sinistro che ha trascorso gli ultimi momenti di vita in stato comatoso e quindi 15 di 25

16 senza poter apprezzare quella sofferenza che, stante alla precedente prospettazione, giustificherebbe l insorgere di una pretesa risarcitoria. Sulla stessa lunghezza d onda Cassazione civile, sez. III, 12 luglio 2006, n , occupandosi con un ampio obiter del tema, ha messo in risalto la centralità del danno biologico del defunto, in relazione alla morte non immediata, ormai riconosciuto da consolidata giurisprudenza, come trasmissibile iure hereditatis, e dello stesso danno da morte come perdita della integrità e delle speranze di vita biologica, in relazione alla lesione del diritto inviolabile della vita, tutelato dall'art. 2 Cost. ed ora anche dall'art Costituzione europea, nel senso di diritto ad esistere, come chiaramente desumibile dalla lettera e dallo spirito della norma europea. La dottrina italiana ed europea che riconoscono la tutela civile del diritto fondamentale della vita, premono per il riconoscimento della lesione come momento costitutivo di un diritto di credito che entra istantaneamente come corrispettivo del danno ingiusto al momento della lesione mortale, senza che rilevi la distinzione tra evento di morte mediata o immediata. La certezza della morte, secondo le leggi nazionali ed europee è a prova scientifica, ed attiene alla distruzione delle cellule cerebrali e viene verificata attraverso tecniche raffinate che verificano la cessazione della attività elettrica di tali cellule. La morte cerebrale non è mai immediata, con due eccezioni: la decapitazione o lo spappolamento del cervello. In questo quadro anche il danno da morte, come danno ingiusto da illecito, è trasferibile mortis causa, facendo parte del credito del defunto verso il danneggiante ed i suoi solidali. La problematica, conclude la Cassazione, va affrontata, tenendo nella debita considerazione la Costituzione europea ed il principio di prevalenza della fonte costituzionale europea (art. 1-6) che integra e completa la fonte italiana sul diritto alla vita (art. 2 Cost. e art. 3 Cost. comma 2, tra di loro correlati, essendo la vita la condizione esistenziale della espansione della persona umana). 16 di 25

17 8 I parametri per la valutazione del danno biologico terminale. L opera condotta dalla giurisprudenza onde tradurre in termini monetari il pregiudizio psico- fisico discendente da lesioni alla salute con esito letale ha portato, di recente, a passi avanti di qualche rilievo nella direzione di una più attenta valorizzazione del danno sofferto nell apprezzabile lasso di tempo tra la lesione e la morte. La Cassazione, infatti, fino ad un recente passato, usava parametrare l entità del danno commisurandola non alla durata effettiva della sopravvivenza, ma alla speranza di vita futura. Questa soluzione è stata però sconfessata dalla successiva giurisprudenza di legittimità che opina come il danno biologico terminale sia risarcibile in rapporto all effettiva menomazione all integrità psicofisica subita dal soggetto, e che, quindi, alla valutazione probabilistica commisurata alle aspettative di vita di quest ultimo deve sostituirsi una quantificazione che tenga conto soltanto delle lesioni effettivamente subite. Una diversa impostazione metterebbe in crisi le fondamentali categorie del danno biologico temporaneo e permanente. Infatti, precisa il Collegio (Cassazione, sez.iii, 23 Febbraio 2005, n. 3766) «secondo i principi medico legali, a qualsiasi lesione dell integrità psicofisica consegue sempre un periodo di invalidità temporanea, alla quale può conseguire un invalidità permanente[ ] allorché, dopo che la malattia ha compiuto il suo decorso, l individuo non sia riuscito a riacquistare la sua completa validità». Il consolidarsi dei postumi in cui si concreta l invalidità permanente può quindi mancare in due casi: «o quando, cessata la malattia, questa risulti guarita senza reliquati; ovvero quando la malattia si risolva con esito letale». La chiave per il giusto apprezzamento del danno biologico terminale è dunque un altra. La valutazione di tale voce di danno va operata tenendo conto della peculiarità di tale lesione alla salute che «è di tale entità ed intensità da condurre a morte un soggetto in un limitato, sia pure apprezzabile, lasso i tempo» (Cass. 14 luglio 2003, n ). In altri termini, mentre nel danno biologico da lesioni non mortali, la malattia del danneggiato tende progressivamente a regredire o, al peggio, si stabilizza, diverso è il decorso delle lesioni terminali, in cui la compromissione dell integrità psico-fisica è soggetta ad un aggravamento che conduce inesorabilmente alla morte. Per la Corte è necessario procedere ad una liquidazione del danno che tenga debitamente in considerazione l intensità del pregiudizio terminale: non 17 di 25

18 possono, pertanto, trovare applicazione i valori tabellari normalmente adottati per la liquidazione del danno biologico da invalidità temporanea o permanente, validi soltanto per quei soggetti che sopravvivono all evento dannoso. La liquidazione del danno terminale, pur potendo continuare a basarsi sul valore del punto d invalidità, deve essere personalizzata tenendo conto non solo dell incidenza del fattore tempo di durata, ma, soprattutto, della peculiarità del caso concreto, e, quindi, della gravità della lesione. 18 di 25

19 9 La propagazione intersoggettiva dell illecito. Occupiamoci, ora, del risarcimento del danno sofferto dai prossimi congiunti per la dipartita del proprio caro. Anche in questo caso occorre prendere le mosse dalla pronuncia del Giudice delle Leggi del 1994 (n.376). In particolare la Corte costituzionale ha negato la risarcibilità ex articolo 2043 c.c del danno biologico subito dai familiari della vittima di un illecito. A detta della Consulta, nell'ipotesi in oggetto non ricorrerebbero tutti gli elementi costitutivi della fattispecie descritta dall'articolo 2043 c.c., ed, in particolare, non sarebbe ipotizzabile un autonoma fattispecie di danno ingiusto nei confronti dei congiunti della vittima. La ragione principale, invocata a sostegno di tale assunto, è l'assenza della prevedibilità dell'evento lesivo, che non consentirebbe un autonoma valutazione della colpa; l'imputabilità soggettiva del danno, che pure è elemento costitutivo della responsabilità civile, si esaurirebbe, dunque, in una mera finzione, trasformando, in tal modo, il regime doloso o colposo richiesto da quella norma, in un regime di responsabilità per pura causalità. La sentenza della Corte costituzionale non ha raccolto i favori della dottrina che, in commento a tale decisione, non ha mancato di esprimere una serie di considerazioni critiche, che hanno riguardato in modo particolare il requisito della prevedibilità. Si è infatti osservato che il requisito della prevedibilità deve riguardare il primo evento lesivo, ossia quello inferto alla vittima dell'illecito, e non anche i danni riflessi prodotti ai familiari che sono conseguenze ulteriori e come tali imprevedibili. La giurisprudenza civile, nell'affrontare la questione della risarcibilità del danno biologico patito dai congiunti della vittima di un illecito, ha disatteso l'impostazione proposta dalla Consulta. La Suprema Corte, nelle pronunce successive alla sentenza della Corte Costituzionale del 1994, ha infatti riconosciuto la risarcibilità del danno biologico in applicazione, seppur analogica, dell'articolo 2043 c.c.. La sua indagine trascura il requisito della prevedibilità dell'evento lesivo e della colpa del soggetto agente focalizzandosi sull'accertamento del nesso eziologico che lega l'illecito al danno prodotto ai congiunti del primo danneggiato quali secondary victims. Secondo la Cassazione i danni risarcibili sono quelli causalmente riconducibili all'illecito, tra questi non si annoverano soltanto le conseguenze immediate e dirette del fatto 19 di 25

20 ingiusto ma anche tutti quei pregiudizi che normalmente e ordinariamente l'illecito produce in base ad un giudizio di probabile verificazione che si fonda sul criterio obiettivo della normale diligenza. La Suprema Corte aderisce, dunque, alla teoria della "causalità adeguata", detta anche della "regolarità causale". Senza contare che, proprio con riferimento al requisito della prevedibilità, non è affatto imprevedibile la riflessione per cui il pregiudizio prodotto alla vittima principale del fatto dannoso possa propagarsi (ovvero rimbalzare ) a quei soggetti a lui legati da vincoli familiari, affettivi, lavorativi, economici. La disputa è stata superata dall intervento della Cassazione del 2003 (Cassazione, sez.iii, 31 maggio 2003, n.8828 ) che ha opinato come l'evento naturale "morte" non causa soltanto l'estinzione della vita della vittima primaria, che subisce il massimo sacrificio del relativo diritto personalissimo, ma causa altresì, nel contempo, l'estinzione del rapporto parentale con i congiunti della vittima, che a loro volta subiscono la lesione dell'interesse alla intangibilità della sfera degli affetti reciproci e della scambievole solidarietà che connota la vita familiare.( ).La Corte precisa, altresì, come in questi casi si soglia parlare di "danno riflesso o di rimbalzo", ma, aggiunge, la definizione non coglie nel segno: dovendosi aver riguardo alla lesione della posizione giuridica protetta, nel caso di evento plurioffensivo la lesione è infatti contestuale ed immediata per tutti i soggetti che sono titolari dei vari interessi incisi. La Cassazione, quindi, esclude che la lesione (patrimoniale, biologica ed esistenziale) sofferta dai familiari possa essere mediata da quella della vittima principale dell illecito, asserendo il legame diretto tra il fatto illecito ed i pregiudizi patrimoniali, biologici ed esistenziali subiti dai congiunti del danneggiato. 20 di 25

21 10 Il sistema precedente E noto che, mentre la liquidazione del danno non patrimoniale da lesione della salute ha raggiunto - grazie agli interventi del legislatore ed all opera della giurisprudenza - un assetto ormai sufficientemente stabile e collaudato, permangono tuttora numerose incertezze con riferimento alla liquidazione del danno non patrimoniale da morte di un prossimo congiunto. Tali incertezze, che per molti anni avevano riguardato soltanto la misura del quantum debeatur, negli ultimi anni si sono estese finanche alla nozione stessa di danno non patrimoniale, ed alla esatta ricognizione dei suoi contenuti. Per evitare disparità di trattamento e garantire la prevedibilità delle decisioni giudiziarie, il Tribunale di Roma si era dotato fin dal 1996 di una Tabella o, per meglio dire, di una griglia di valori di riferimento, in base ai quali liquidare il danno non patrimoniale patito dai prossimi congiunti della vittima. Quel sistema rappresentò senza dubbio un passo avanti rispetto alla situazione precedente, perché ha consentito la individuazione di alcuni limiti e massimi al risarcimento: certo non oggettivi e vincolanti, ma di fatto osservati nella decisione dei casi concreti. Esso ha tuttavia col tempo palesato anche alcune mende, tra le quali tre in particolare: - una incompleta elencazione dei possibili casi (non era espressamente prevista ad es. l ipotesi della perdita dei nipoti, dell avo, dei cugini, del convivente more uxorio); - una previsione piuttosto ristretta di fattori di correzione del valore base del risarcimento (limiti alla esistenza o meno di altri congiunti ed alla convivenza della vittima col congiunto); - l omessa considerazione dell età sia della vittima che dell avente diritto al risarcimento, con la sola eccezione del figlio che domandasse il risarcimento per la perdita del genitore (nel qual caso era prevista una personalizzazione a seconda che) l avente diritto fosse minorenne o maggiorenne. Tutti e tre questi limiti, alla fine producevano il medesimo risultato negativo: se la Tabella veniva applicata in modo rigoroso, non era possibile tenere conto in modo adeguato delle circostanze del caso concreto, specie quelle non previste (ad es. l età della vittima); se per contro, si decideva di discostarsi dalla tabella per tenere conto delle peculiarità del caso concreto, quest ultima diventava uno strumento inutile ed insufficiente per garantire la parità di trattamento e prevedibilità delle decisioni giudiziarie. 21 di 25

22 22 di 25

23 11 La nuova tabella Per ovviare agli inconvenienti sopra descritti, si è deciso a partire dal 2007 di adottare un sistema basato su una impostazione diversa, in grado di garantire meglio una adeguata personalizzazione del risarcimento. Tale sistema muove dalla ovvia considerazione che i fattori di cui tenere conto nella aestimatio del danno da morte sono molteplici, ma alcuni di essi sono indefinibili, e cioè: a) il rapporto di parentela tra vittima e superstite, dovendosi presumere che il danno sarà tanto maggiore quanto più stretto è tale rapporto; b) l età della vittima e quella del superstite, dovendosi presumere che il danno sarà tanto maggiore quanto minore è tale età, in quanto destinato a protrarsi per un tempo maggiore; c) la convivenza tra vittima e superstite, dovendosi presumere che il danno sarà tanto maggiore quanto più stretta era la frequentazione tra vittima e superstite. Per tenere adeguato conto di tali variabili, si è deciso di adottare non più un sistema rigido basato sulla previsione di un importo risarcitorio di base da variare in più o in meno, ma di un sistema a punti, basato cioè sulla attribuzione al danno di un punteggio numerico a seconda della sua presumibile entità, e nella moltiplicazione di tale punteggio per una somma di denaro che costituisce il valore ideale di ogni punto di danno non patrimoniale. Si sono così divisi i fattori variabili teoricamente influenti sul risarcimento in 5 classi (rapporto parentale, età della vittima, età del superstite, convivenza, composizione del nucleo familiare), ed in ciascuna classe si sono previsti molteplici variabili, ad ognuna delle quali è stato assegnato un punteggio. Il risarcimento totale è quindi pari al punteggio risultante dalla sommatoria dei punti previsti per ciascuna delle circostanze ricorrenti nel caso concreto, moltiplicato per il valore monetario del punto. Quest ultimo, sulla base della media di un campione di 100 sentenze decise dalla XIII sezione del Tribunale negli anni è stato fissato in via equitativa nella somma di 8.000, attualizzati al Così, ad esempio, la liquidazione del danno patrimoniale per la perdita di un figlio ventenne, domandato da un genitore quarantenne che conviveva col defunto, sarà pari a (valore unitario del punto) per 29 (20 punti per il rapporto di parentela, 4 per l età della vittima, 3 per l età del superstite, 2 per la convivenza), e cioè di 25

24 12 Uso della tabella. È superfluo aggiungere che la Tabella costituisce un mero parametro di riferimento, e quindi i valori in essa sono puramente indicativi. Nulla vieta al giudice, dandone adeguata motivazione, di liquidare somme maggiori od anche minori, ove lo richiedano le particolari circostanze del caso concreto. 24 di 25

25 13 Liquidazione del danno non patrimoniale da morte Tabella dei punti (la liquidazione avviene moltiplicando il n. di punti per 8.000) Classi Variabili Punti Rapporto tra vittima e sopravvissuto Età della vittima Età del congiunto avente diritto al risarcimento Convivenza tra vittima e congiunto Perdita del figlio Perdita del genitore Perdita del coniuge o del convivente more uxorio Perdita del fratello germano Perdita del fratello unilaterale Perdita dell avo Perdita del nipote ex filio Perdita del nipote ex fratre Perdita del cugino Oltre Oltre 80 Vittima e congiunto convivevano Vittima e congiunto non convivevano Composizione del nucleo Assenza di altri congiunti conviventi 2 25 di 25

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