NOTA A CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE UNITE SENTENZA 22 luglio 2015, n A cura di TAMARA BONFANTI

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1 NOTA A CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE UNITE SENTENZA 22 luglio 2015, n A cura di TAMARA BONFANTI Le Sezioni Unite confermano, ancora una volta, l inammissibilità del risarcimento, iure hereditatis, del danno da morte immediata Con l ordinanza della terza Sezione è stata rimessa al vaglio delle Sezioni Unite la questione riguardante l ammissibilità o meno del risarcimento, iure hereditatis, del danno da morte, ossia da perdita della vita immediatamente conseguente alle lesioni derivanti da un fatto illecito. Gli odierni ricorrenti lamentano, tra l altro, il mancato riconoscimento, in secondo grado, del risarcimento, iure hereditatis, del danno biologico da morte immediata del proprio congiunto, a seguito di lesioni subite a causa di un incidente stradale, ritenendo non condivisibile la distinzione operata dalla giurisprudenza consolidata e risalente tra il bene salute e il bene vita, in quanto entrambi tutelabili e, quindi, risarcibili ex art c.c. 1. In particolare, i ricorrenti contestano la presunta contraddizione dell orientamento seguito dalla Corte d Appello di Torino, che riconosce il risarcimento in favore degli eredi per la lesione del bene della salute, danno meno grave, ma non anche per la perdita del bene della vita, danno certamente più grave. Questa Corte, in più occasioni, ha negato il risarcimento del danno da morte, consistente nella lesione dell integrità fisica con effetto letale, che non può definirsi come il massimo grado del danno biologico ma, al contrario, è il danno recato ad un altro bene giuridico, la vita. Ne consegue che l aggressione non è risarcibile, perché il bene vita aggredito dalla condotta dell agente si spegne insieme al danneggiato, ossia viene meno il soggetto giuridico cui attribuire il risarcimento, quindi la lesione del bene vita, contestuale alla morte, non entra nel patrimonio giuridico del de cuius e, di conseguenza, non si può trasmettere agli eredi, diversamente il risarcimento del danno pronunciato nei confronti del danneggiato finirebbe con l acquisire soltanto carattere sanzionatorio. La menzione del danno esistenziale si rinviene anche nella sentenza n. 4783/2001, che ha definito esistenziale la sofferenza psichica provata dalla vittima di lesioni fisiche (e quindi in presenza di 1 Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno 1

2 reato), alle quali era seguita dopo breve tempo la morte, ed era rimasta lucida durante l'agonia, e riconosciuto il risarcimento del danno agli eredi della vittima. La decisione non conforta la teoria del danno esistenziale. Nel quadro di una costante giurisprudenza di legittimità che nega, nel caso di morte immediata o intervenuta a breve distanza dall'evento lesivo, il risarcimento del danno biologico per le perdita della vita (sent. n. 1704/1997, n. 491/1999, n /1999, n. 887/2002, n. 517/2006), e lo ammette per la perdita della salute solo se il soggetto sia rimasto in vita per un tempo apprezzabile (sent. n. 6404/1998, n. 9620/2003, n. 4754/2004, n /2004), ed a questo lo commisura, la sentenza persegue lo scopo di riconoscere il risarcimento, a diverso titolo, delle sofferenze coscientemente patite in quel breve intervallo. Viene qui in considerazione il tema della risarcibilità della sofferenza psichica, di massima intensità anche se di durata contenuta, nel caso di morte che segua le lesioni dopo breve tempo. Sofferenza che, non essendo suscettibile di degenerare in danno biologico, in ragione del limitato intervallo di tempo tra lesioni e morte, non può che essere risarcita come danno morale, nella sua nuova più ampia accezione. Né, d'altra parte, può in questa sede essere rimeditato il richiamato indirizzo giurisprudenziale, non essendosi manifestato in questa Corte un argomentato dissenso Il giudice potrà invece correttamente riconoscere e liquidare il solo danno morale, a ristoro della sofferenza psichica provata dalla vittima di lesioni fisiche, alle quali sia seguita dopo breve tempo la morte, che sia rimasta lucida durante l'agonia in consapevole attesa della fine. Viene così evitato il vuoto di tutela determinato dalla giurisprudenza di legittimità che nega, nel caso di morte immediata o intervenuta a breve distanza dall'evento lesivo, il risarcimento del danno biologico per la perdita della vita (sent. n. 1704/1997 e successive conformi), e lo ammette per la perdita della salute solo se il soggetto sia rimasto in vita per un tempo apprezzabile, al quale lo commisura (sent. n. 6404/1998 e successive conformi). Una sofferenza psichica siffatta, di massima intensità anche se di durata contenuta, non essendo suscettibile, in ragione del limitato intervallo di tempo tra lesioni e morte, di degenerare in patologia e dare luogo a danno biologico, va risarcita come danno morale, nella sua nuova più ampia accezione. Il danno non patrimoniale, anche quando sia determinato dalla lesione di diritti inviolabili della persona, costituisce danno conseguenza (Cass. n e n. 8828/2003; n /2003), che deve essere allegato e provato Il danno è risarcibile in favore degli eredi allorquando il soggetto abbia avuto la lucida consapevolezza di morire, anche per un periodo di tempo brevissimo, essendo in tal caso collegato alla sofferenza subita dalla vittima che percepisce il proprio destino. Tale orientamento risulta 2 Cass., S.U., 26972/2008 2

3 confermato anche dalla giurisprudenza successiva che ammette espressamente il risarcimento nelle ipotesi di lasso di tempo brevissimo 3. La lesione dell'integrità fisica con esito letale, intervenuta immediatamente o a breve distanza dall'evento lesivo, non è configurabile come danno risarcibile in capo agli eredi, poiché la morte non costituisce la massima lesione possibile del diritto alla salute, ma incide sul diverso bene giuridico della vita, a meno che non intercorra un apprezzabile lasso di tempo tra le lesioni subite dalla vittima del danno e la morte causata dalle stesse, nel qual caso è configurabile un danno non patrimoniale, risarcibile in capo al danneggiato, che si trasferisce agli eredi, i quali potranno agire in giudizio nei confronti del danneggiante iure hereditatis 4. Si ricordi che a quest ultimi potrà riconoscersi, invece, il risarcimento iure proprio per la perdita del rapporto parentale col proprio congiunto. Da ultimo, la giurisprudenza di legittimità ha ribadito che la morte istantanea determina il venir meno della capacità giuridica della vittima, con la conseguenza che non esiste un soggetto giuridico cui ascrivere il diritto al risarcimento del danno 5. Solo se il soggetto è rimasto lucido, ossia consapevole e volitivo, per un tempo apprezzabile si realizza una sofferenza psichica di massima intensità, anche se di durata contenuta; questa sofferenza in ragione del limitato intervallo di tempo tra lesioni e morte non è in grado di generare e di dar luogo ad un danno biologico, ma dà luogo ad un danno morale risarcibile nella sua più nuova accezione. Il danno tanatologico, inteso come consapevolezza dell imminente fine vita, non può essere riconosciuto quando la vittima non soffre alcun dolore di carattere psichico 6. Questa Corte, infatti, ha già statuito che "In caso di morte della vittima a poche ore di distanza dal verificarsi di un sinistro stradale (nella specie, sei o sette ore), il risarcimento del c.d. danno catastrofale - ossia del danno conseguente alla sofferenza patita dalla persona che lucidamente assiste allo spegnersi della propria vita - può essere riconosciuto agli eredi, a titolo di danno morale, solo a condizione che sia entrato a far parte del patrimonio della vittima al momento della morte. Pertanto, in assenza di prova della sussistenza di uno stato di coscienza della persona nel breve intervallo tra il sinistro e la morte, la lesione del diritto alla vita non è suscettibile di risarcimento, neppure sotto il profilo del danno biologico, a favore del soggetto che è morto, essendo inconcepibile l'acquisizione in capo a lui di un diritto che deriva dal fatto stesso della morte; e, d'altra parte, in considerazione della natura non sanzionatoria, ma solo riparatoria o consolatoria del risarcimento del danno 3 Ex plurimis, Cass., Sez. III, 20/09/2011 n ; Cass., Sez. III, 13/03/2012 n Cass., Sez. III, 02/07/2010 n In tal senso, Cass., Sez. III, 5/12/ 2014, n Si veda, Cass., Sez. III, 22/02/2012, n

4 civile, ai congiunti spetta in questo caso il solo risarcimento conseguente alla lesione della possibilità di godere del rapporto parentale con la persona defunta (Cass. n. 6754/2011). Va invece riconosciuto il danno biologico consistente nella lesione in sé e per sé dell'integrità psico-fisica, per il tempo intercorso tra l'insorgenza delle lesioni ed il successivo decesso. Ed invero, costituiscono massime ormai consolidate nella giurisprudenza di questa Corte, quelle secondo cui, in caso di lesione dell'integrità fisica con esito letale, un danno biologico risarcibile in capo al danneggiato, trasmissibile agli eredi, è configurabile qualora la morte sia intervenuta dopo un apprezzabile lasso di tempo, sì da potersi concretamente configurare un'effettiva compromissione dell'integrità psicofisica del soggetto leso, mentre non è configurabile quando la morte sia sopraggiunta immediatamente o comunque a breve distanza dall'evento, giacché essa non costituisce la massima lesione possibile del diritto alla salute, ma lesione di un bene giuridico diverso, e cioè del bene della vita (confr. Cass. n. 870/2008, Cass. n.18163/2007, Cass. n /2011) 7. Il danno tanatologico, danno da morte immediata, può essere risarcito solo nelle ipotesi di lucida agonia, c.d. danno catastrofale, ossia quando il soggetto si mantiene consapevole e percepisce che sta per morire, per un certo lasso di tempo anche se contenuto, purché apprezzabile. In altre parole, quando la morte non è immediata rispetto al danno, è ammissibile il risarcimento della sofferenza subita per la comprensione che il soggetto ha di morire, sofferenza morale che non si trasforma in danno biologico, perché egli muore e, quindi, dà diritto ad un risarcimento del danno morale ex se. A tal proposito, queste Sezioni Unite ricordano che non vi è alcun contrasto giurisprudenziale in ordine alla pacifica ammissibilità del danno derivante dalla morte verificatasi dopo un apprezzabile lasso di tempo rispetto alle lesioni, differenziando tale danno solo in termini di qualificazione: alcune pronunce parlano di danno catastrofale, come sofferenza provata dalla vittima per la consapevolezza della morte seguita dopo un apprezzabile lasso di tempo dalle lesioni; altre pronunce parlano di danno biologico terminale, liquidabile come invalidità assoluta temporanea, sia attraverso il criterio equitativo che attraverso le tabelle. Il danno biologico c.d. 'terminale' (ovvero il danno da perdita della vita intesa come massima espressione del bene salute) non è in alcun modo risarcibile, in consonanza con la giurisprudenza ampiamente maggioritaria di questa corte regolatrice, che ha trovato definitiva e autorevole conferma nelle pronunce, rese a sezioni unite, dell 11 novembre 2008 nn , 26973, 26974, (e poi confermate dalla successiva giurisprudenza di questo giudice di legittimità, nell ambito della quale, di recente, la problematica del danno da perdita della vita è nuovamente affrontata e risolta funditus, in consonanza con il dictum delle ss. uu., da Cass. n. del 2011), 7 Tra le tante, Cass., Sez. III, 20/04/2012 n

5 predicative tout court e senza eccezioni del principio della irrisarcibilità del danno de quo. Danno, va precisato, ontologicamente diverso da quello - correttamente e condivisibilmente liquidato dal giudice territoriale, conseguente al patimento d animo provato dalla vittima dell incidente nella lucida consapevolezza dell estrema gravità delle sue condizioni, vicenda emotiva che questa corte ha definitivamente ricondotto nell orbita del danno morale (risarcibile e nella specie puntualmente risarcito) inteso nella sua nuova e più ampia accezione 8. Ed ancora, in caso di morte della vittima a seguito di sinistro stradale, la brevità del periodo di sopravvivenza alle lesioni, se esclude l'apprezzabilità a fini risarcitori del deterioramento della qualità della vita in ragione del pregiudizio alla salute, ostando alla configurabilità di un danno biologico risarcibile, non esclude viceversa che la medesima abbia potuto percepire le conseguenze catastrofiche delle lesioni subite e patire sofferenza, il diritto al cui risarcimento, sotto il profilo del danno morale, risulta, pertanto, già entrato a far parte del suo patrimonio al momento della morte e può conseguentemente essere fatto valere 'iure hereditatis'. Ne consegue che il giudice di merito deve apprezzare la peculiarità del fatto specifico e provvedere alla conseguente liquidazione, necessariamente ancorata a criteri equitativi 9. Al riguardo, interessante è la celebre sentenza sulla strage di Ustica 10, che qualifica il danno catastrofale quale sofferenza patita dalla persona che lucidamente assiste allo spegnersi della propria vita; tale pregiudizio può essere riconosciuto agli eredi a titolo di danno morale a condizione che sia entrato a far parte del patrimonio della vittima al momento della morte. Pertanto, in assenza della prova della sussistenza di un stato di coscienza della persona, nel breve intervallo tra sinistro e morte, la lesione del diritto alla vita non è suscettibile di autonomo risarcimento, neppure sotto il profilo del danno biologico 11. La suddetta ricostruzione giurisprudenziale non è, tuttavia, condivisa da una parte della dottrina, secondo la quale appare contraddittorio concedere il risarcimento del danno nel caso di lesione della salute e negarlo nel caso di illecita privazione della vita, in quanto la morte è più grave del massimo danno possibile alla persona. Pertanto, tale dottrina auspica l intervento nel nostro ordinamento della categoria dei danni punitivi. Invero, in Italia, il dibattito su questo argomento è iniziato intorno al 2009/2010, quando nasce l idea di utilizzare la responsabilità civile in un ottica punitiva, al fine di sopperire ad una carenza di fondo del nostro sistema civilistico, il quale talvolta non è capace di impedire l illecito, poiché commettere l illecito è più conveniente che non commetterlo. Dunque, il danno punitivo servirebbe 8 In questi termini, Cass., Sez. III, 20/09/2011, n ; Cass., Sez. III, 31/10/ 2014, n Cass., Sez. III, 13/03/2012, n Cass., Sez. III, 28/01/2013, n Ex multis, Cass., Sez. III, 31/10/2014, n ; Cass., Sez. III, 20/05/2015, n

6 ad impedire che l autore dell illecito tragga un lucro dalla violazione della norma, dalla commissione dell illecito, prevedendo una sanzione pari all utile ottenuto, ossia al lucro conseguito. L idea dell introduzione, nel nostro ordinamento, dell istituto dei danni punitivi è stata, tuttavia, definitivamente abbandonata allorché la giurisprudenza di legittimità 12 si è rifiutata di riconoscere, per contrarietà all ordine pubblico interno, una sentenza statunitense, con la quale venivano previsti danni punitivi, ciò perché la responsabilità civile non può avere funzione punitiva, ma solo riparatoria. Questo Collegio nota che l argomento, su cui si basa la categoria dei danni punitivi, in base al quale è più conveniente uccidere che ferire, non trovi riscontro nella realtà, sia per le diverse sanzioni penali applicabili in concreto e sia per la considerazione che non può ritenersi che, dall applicazione della disciplina vigente, le conseguenze economiche dell illecita privazione della vita siano di fatto meno onerose per l autore dell illecito di quelle che derivano dalle lesioni personali. Sulla stessa linea di pensiero della precedente dottrina, una parte della giurisprudenza, che è rimasta del tutto minoritaria, ha sostenuto la risarcibilità della morte istantanea sub specie del danno biologico 13. In tal senso, da ultimo si è pronunciata la giurisprudenza che ha sostenuto che la definizione del danno morale è pertanto venuta ormai a connotarsi di significati ulteriori rispetto al mero patema d'animo, alla sofferenza interiore o perturbamento psichico, secondo la relativa accezione come detto accolta dalle Sezioni Unite del E il danno morale, inteso quale lesione della dignità o integrità morale, massima espressione della dignità umana, assume specifico e autonomo rilievo nell'ambito della composita categoria del danno non patrimoniale, anche laddove la sofferenza interiore non degeneri in danno biologico o in danno esistenziale (v. Cass., 26/6/2013, n ; Cass., 16/2/2012, n V. altresì Cass., 20/11/2012, n , e, da ultimo, Cass., 3/10/2013, n ). L'autonomo rilievo del danno morale, ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale, rispetto al danno biologico e al danno esistenziale, trova significativa espressione pure sotto il profilo del danno morale terminale (v. infra). Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, la natura non patrimoniale del danno morale non osta alla cedibilità dell'acquisito diritto di credito al relativo risarcimento e alla sua trasmissibilità iure hereditatis (v. Cass., 3/10/2013, n ). Il danno biologico costituisce aspetto, ulteriore e diverso dal danno morale, che della categoria generale prevista dall'art c.c. concorre ad integrare il contenuto. Con riferimento al danno biologico, la natura non patrimoniale si è escluso essere ostativa alla cedibilità dell'acquisito diritto di credito al relativo risarcimento e alla sua trasmissibilità iure 12 Cass., Sez. III, 1781/ Si veda, Cass., Sez. III, 12/07/2006, n

7 hereditatis (v. Cass., 3/10/2013, n ) Al contrario di quanto da alcuni dei primi commentatori sostenuto, e anche in giurisprudenza di legittimità a volte affermato (v. Cass., 13/5/2009, n , e, da ultimo, Cass., 12/2/2013, n. 3290), deve escludersi che le Sezioni Unite del 2008 abbiano negato la configurabilità e la rilevanza a fini risarcitori (anche) del cd. danno esistenziale.. Il danno esistenziale si è dunque ravvisato costituire un peculiare aspetto del danno non patrimoniale, distinto sia dal danno morale che dal danno biologico, con i quali concorre a compendiare il contenuto della generale ed unitaria categoria del danno non patrimoniale Per aversi danno esistenziale è quindi indefettibilmente necessario che la lesione riverberi sul soggetto danneggiato/creditore in termini tali da alterarne la personalità, inducendolo a cambiare (stile di) vita, a scelte di vita diversa (in tali termini v. Cass., 5/10/2009, n ), in senso ovviamente peggiorativo (per il riferimento al mero peggioramento della qualità della vita conseguente allo stress ed al turbamento per il rischio del verificarsi di gravi malattie v. invero Cass., Sez. Un., 15/1/2009, n. 794), rispetto a quelle che avrebbe adottato se non si fosse verificato l'evento dannoso. Anche per il danno esistenziale da perdita del rapporto parentale va osservato che la natura non patrimoniale non osta alla cedibilità dell'acquisito diritto di credito al relativo risarcimento e alla sua trasmissibilità iure hereditatis (cfr. Cass., 3/10/2013, n ). Come già più sopra ribadito, la diversità ontologica dei suindicati aspetti (o voci) di cui si compendia la categoria generale del danno non patrimoniale impone che, in ossequio al principio (dalle Sezioni Unite del 2008 assunto ad assioma) della integralità del risarcimento dei danni nello specifico caso concreto subiti dal danneggiato (o dal creditore) in conseguenza del fatto illecito extracontrattuale (ovvero dell'inadempimento delle obbligazioni), essi, in quanto sussistenti e provati, vengano tutti risarciti, e nessuno sia lasciato privo di ristoro (v., da ultimo, Cass., 23/4/2013, n. 9770; Cass., 17/4/2013, n. 9231; Cass., 7/6/2011, n ; Cass., 9/5/2011, n ). Lo stesso fenomeno si verifica d'altro canto relativamente al danno patrimoniale.. Aspetti o voci che ovviamente non ricorrono tutti sempre e comunque in ogni ipotesi di illecito o di inadempimento, e il cui ristoro dipende dalla verifica della loro sussistenza, con conseguente differente entità del quantum da liquidarsi al danneggiato/creditore nel singolo caso concreto. Senza che la relativa considerazione ai fini della determinazione del complessivo aumentare dovuto dal danneggiante/debitore si consideri per ciò stesso una duplicazione risarcitoria. Perplessità evoca, a tale stregua, la riduttiva interpretazione secondo cui 'la più recente giurisprudenza di questa Corte ha precisato che i danni non patrimoniali di cui all'art c.c. comprendono tutti i pregiudizi non connotati dalla patrimonialità, e che la categoria non può essere suddivisa in diverse sottovoci suscettibili di autonomo risarcimento (danno esistenziale, danno alla vita di relazione, estetico, morale, biologico, ecc), come si è spesso verificato in passato nella prassi giurisprudenziale' (in tali termini 7

8 v. Cass., 28/8/2009, n ). Va al riguardo per converso sottolineato che, al di là di affermazioni di principio secondo cui il carattere unitario della liquidazione del danno non patrimoniale ex art c.c. precluderebbe la possibilità di un separato ed autonomo risarcimento di specifiche fattispecie di sofferenza patite dalla persona (v.cass., 12/2/2013, n. 3290; Cass., 14/5/2013, n ), viene poi generalmente (in anche in tali decisioni) a darsi comunque rilievo alla circostanza che nel liquidare l'ammontare dovuto a titolo di danno non patrimoniale il giudice abbia invero tenuto conto di tutte le peculiari modalità di atteggiarsi dello stesso nel singolo caso concreto, facendo luogo, in sede di personalizzazione della liquidazione, al correlativo incremento del dato tabellare di partenza (cfr., da ultimo, Cass., 23/9/2013, n ).. Duplicazioni risarcitorie si configurano solo allorquando lo stesso aspetto (o voce) viene computato due o più volte, sulla base di diverse, meramente formali, denominazioni, laddove non sussistono in presenza della liquidazione dei molteplici e diversi aspetti negativi causalmente derivanti dal fatto illecito o dall'inadempimento e incidenti sulla persona del danneggiato/creditore. In tema di liquidazione del danno non patrimoniale, al fine di stabilire se il risarcimento sia stato duplicato ovvero sia stato erroneamente sottostimato, rileva non già il 'nome' assegnato dal giudicante al pregiudizio lamentato dall'attore ('biologico', 'morale', 'esistenziale'), ma unicamente il concreto pregiudizio preso in esame dal giudice 14. Secondo la predetta pronuncia, va escluso che le Sezioni Unite del 2008 abbiano negato la configurabilità e la rilevanza, ai fini risarcitori, del danno esistenziale. Al di là della qualificazione in termini di categorie, risulta confermato che, quali sintesi verbali, gli aspetti o le voci di danno non patrimoniale non rientranti nel danno biologico, perché non conseguenti a lesione psico-fisica, ben possono essere definiti esistenziali, giacché attengono alla sfera relazionale della persona. Il che vuol dire che esistono dei danni accertabili e che meritano tutela, pur in assenza di lesione del bene salute. In effetti, la sentenza delle Sezioni Unite del 2008 sembra volere restringere la considerazione del pregiudizio di tipo esistenziale, ma non sembra revocabile in dubbio che lo sconvolgimento connotante il danno esistenziale ben può conseguire alle ipotesi di danno alla persona. La perdita della vita non può lasciarsi, invero, priva di tutela (anche) civilistica', poiché 'il diritto alla vita è altro e diverso dal diritto alla salute', così che la sua risarcibilità 'costituisce realtà ontologica ed imprescindibile eccezione al principio della risarcibilità dei soli danni conseguenza. Pertanto, la perdita della vita, quale danno-evento, può assumere valore in sé, in quanto prescinde completamente dalle conseguenze risarcitorie che ne possono derivare. 14 Cass., Sez. III, 23/01/2014, n

9 Tale pronuncia ritiene che l obiezione mossa dalla giurisprudenza maggioritaria in ordine all irrisarcibilità del danno tanatologico, perché privo di conseguenze sul soggetto, sia da superare giacché quello che va risarcito è il danno-evento, la perdita della vita in sé. D altra parte, è superabile pure - sempre secondo tale assunto - l eccezione relativa al venir meno della capacità giuridica del soggetto, in quanto questa va accertata con riferimento, non al momento della morte (in cui effettivamente viene meno la capacità giuridica), ma al momento della lesione, che è immediatamente antecedente alla morte; e in questo momento il soggetto ha ancora la capacità giuridica. Dunque, deve ritenersi risarcibile il danno tanatologico, superando il criterio della individuazione di un apprezzabile periodo di lucidità e di coscienza della vittima del sinistro tra l'evento e la morte. Questo Supremo Consesso prende le distanze dal predetto orientamento giacché, ove si accettasse che il credito risarcitorio del danno da morte immediata si acquisisca istantaneamente al momento dell evento, ponendosi come eccezione al principio della risarcibilità dei soli danni conseguenza ex art c.c. 15, si minerebbe il sistema stesso della responsabilità civile e verrebbe meno la distinzione - ormai consolidata in dottrina e in giurisprudenza - tra il bene salute e il bene vita. A seguito del mutamento giurisprudenziale, la giurisprudenza di legittimità ha rimesso alle Sezioni Unite la questione sulla risarcibilità del danno tanatologico o danno da morte: osserva il collegio che, con la sentenza n del 23 gennaio 2014, questa stessa sezione ha affermato il principio secondo il quale deve ritenersi risarcibile iure haereditario il danno da perdita della vita immediatamente conseguente alle lesioni riportate a seguito di un incidente stradale. Tale sentenza si pone in consapevole contrasto con la propria, precedente giurisprudenza, che più volte ha avuto modo di pronunciarsi in senso opposto in subiecta materia. In particolare, la pronuncia n. 6754/2011 di questa stessa sezione, nella scia di una risalente giurisprudenza di legittimità (Cass. ss.uu. n del 1925, cui, nel tempo, si sarebbero conformate, tra le tante, Cass. n.2654 del 2012 e n del 2010), aveva affermato il principio di diritto della irrisarcibilità per via ereditaria del danno da morte immediata; Il principio, come è noto, era stato espressamente posto a fondamento della decisione n. 372 del 1994 della Corte Costituzionale, che aveva escluso profili di illegittimità costituzionale dell'art codice civile, in relazione al c.d. 'danno biologico da morte', in dipendenza del 'limite strutturale della responsabilità civile, nella quale sia l'oggetto del risarcimento che la liquidazione del danno devono riferirsi non alla lesione per se stessa, ma alle conseguenti perdite a carico della persona offesa'. La giurisprudenza di questa sezione si è poi spinta, in tempi più recenti, ad affermare la trasmissibilità agli eredi del diritto al risarcimento del 15 Il risarcimento del danno per l inadempimento o per il ritardo deve comprendere così la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta 9

10 danno non patrimoniale consistito nella sofferenza morale provata tra l'infortunio e la morte solo se, in tale periodo di tempo, la persona sia rimasta lucida e cosciente; La questione venne esaminata funditus nella decisione n del 2008, con la quale le Sezioni unite, chiamate a dare risposta a un coacervo di quesiti - posti dall'ordinanza di rimessione n del inerenti alla complessa materia della liquidazione del danno non patrimoniale, ebbero modo di affermare che la costante giurisprudenza di legittimità, da una parte, nega, nel caso di morte immediata o intervenuta a breve distanza dall'evento lesivo, il risarcimento del danno biologico per le perdita della vita (sent. n. 1704/1997, n. 491/1999, n /1999, n. 887/2002, n. 517/2006), e d'altra parte lo ammette per la perdita della salute solo se il soggetto sia rimasto in vita per un tempo apprezzabile (sent. n. 6404/1998, n. 9620/2003, n. 4754/2004, n /2004), ed a questo lo commisura, osservando poi come venga in considerazione il tema della risarcibilità della sofferenza psichica, di massima intensità anche se di durata contenuta, nel caso di morte che segua le lesioni dopo breve tempo: sofferenza che, non essendo suscettibile di degenerare in danno biologico, in ragione del limitato intervallo di tempo tra lesioni e morte, non può che essere risarcita come danno morale, nella sua nuova più ampia accezione, e concludendo che, d'altra parte, non può in questa sede essere rimeditato il richiamato indirizzo giurisprudenziale, non essendosi manifestato in questa Corte un argomentato dissenso; Con ampia e articolata motivazione, la pronuncia n. 1361/2014, dopo un lungo excursus sul panorama dottrinario e sui dieta di parte della giurisprudenza di merito, è pervenuta, dunque, ad una diversa conclusione, sulla premessa secondo la quale 'la perdita della vita non può lasciarsi, invero, priva di tutela (anche) civilistica', poiché 'il diritto alla vita è altro e diverso dal diritto alla salute', così che la sua risarcibilità 'costituisce realtà ontologica ed imprescindibile eccezione al principio della risarcibilità dei soli danni conseguenza'; Il contrasto di giurisprudenza così generatosi, e la concorrente particolare importanza della questione induce, pertanto, il collegio a rimettere gli atti del procedimento al Primo Presidente perché valuti l'esigenza di investire le Sezioni unite di questa Corte, al fine di definire e precisare per imprescindibili ragioni di certezza del diritto il quadro della risarcibilità del danno non patrimoniale già delineato nel 2008, alla stregua degli ulteriori contributi di riflessione, tra loro discordanti, offerti dalla sezione semplice sul tema del diritto della risarcibilità iure haereditario del danno da morte immediata 16. Detta ordinanza ha ricordato, altresì, come il Giudice delle Leggi 17 avesse escluso profili di illegittimità costituzionale dell art c.c. con riferimento al mancato riconoscimento del danno da morte: l'irrisarcibilità del danno biologico da morte deriva da un limite strutturale della 16 Cass., Sez. III, ordinanza 04/03/2014 n C.Cost. 372/

11 responsabilità civile. Infatti, nel nostro ordinamento giuridico la responsabilità civile è concepita come risarcimento non della lesione in sé, ma delle perdite che dalla lesione derivano a carico di un soggetto. Ciò vuol dire che non si può risarcire né l'evento morte, né l evento lesione, ma le conseguenze da esso derivanti. A tal proposito, questa Corte ha precisato che detto orientamento si basa sul superamento della funzione sanzionatoria della responsabilità civile, ricordando che quest ultima, prima degli anni 70, aveva natura soggettiva e psicologica, e si aveva riguardo al soggetto danneggiante allo scopo di prevenire la commissione di illeciti e di punire l autore del fatto che aveva violato le regole cautelari e prodotto danno; in tal senso la responsabilità civile aveva due funzioni: generalpreventiva e punitiva. Senonché, intorno agli anni 70, si assiste al formarsi dell idea, attualmente dominante, che la responsabilità civile ha natura e funzione riparatoria e non già sanzionatoria. Tale evoluzione rappresenta il frutto di una rinnovata attenzione dei temi sociali: è il periodo in cui al centro del dibattito si pone l art. 2 Cost. 18 che impone doveri di solidarietà sociale, collegati al canone della buona fede. L esaltazione della funzione riparatoria della responsabilità civile comporta l accentramento dell attenzione sul danneggiato e su come proteggerlo; perde, quindi, di importanza il soggetto danneggiante. All orientamento giurisprudenziale costante e risalente le S.U. intendono dare continuità non essendo state dedotte ragioni convincenti che ne giustifichino il superamento : deve potersi derogare al principio dell integrale risarcibilità di tutti i danni, essendo privo di copertura costituzionale; ne consegue la possibilità di escludere il credito risarcitorio allorché venga a mancare il soggetto che subisce il danno. Né tantomeno vi è obbligo per il legislatore di introdurre necessariamente, accanto alla tutela penale, forme di risarcimento che prevedano la riparazione per equivalente di ogni perdita derivante da reato, anche quando manchi un soggetto di diritto al quale attribuire la perdita. Infine le Sezioni Unite, affermando che correttamente la Corte d Appello di Torino non ha riconosciuto agli odierni ricorrenti il danno esistenziale, ribadiscono la non configurabilità, all interno della categoria del danno non patrimoniale, di autonome sottocategorie di danno, ai fini risarcitori, con la conseguenza che la liquidazione di un ulteriore posta di danno comporterebbe una inaccettabile duplicazione risarcitoria per il medesimo pregiudizio. 18 La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale 11

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