STUDIO DI UNA FUNZIONE INTEGRALE. Z x. ln t ln t 2 2 dt. f(x) =
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- Adelmo Messina
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1 STUDIO DI UNA FUNZIONE INTEGRALE Studiamo la funzione f di una variabile reale, a valori in R, definitada. Il dominio di f. f() = Z Denotiamo con g la funzione integranda. Allora g(t) = numeri reali tali che l integrale R reali. Osserviamo che ln t dt. ln t. Per definizione, Dom(f) èl insiemedei g(t) dt esista, eventualmente come integrale improprio, ed assuma valori Dom(g) ={t (0, +) : t 6= 0e t 6=} = t (0, +) : t /{,, 3} = t (0, +) : t/{, p, p 3} =(0, ) [ (, p ) [ ( p, p 3) [ ( p 3, +) echel estremofisso (0, ). Poiché g è continua nel proprio dominio, in quanto rapporto di due funzioni continue (il logaritmo naturale e la funzione composta di un polinomio con il valore assoluto e con il logaritmo naturale), ne segue che (0, ) Dom(f). Si noti anche che, se <0, l integrale R g(t) dt non esiste, neanche come integrale improprio, perché l intervallo di integrazione [, ] contiene un intervallo, con interno non vuoto (ossia non ridotto ad un punto), in cui la funzione g non è definita (e cioè l intervallo [, 0]); perciò Dom(f) [0, +). Si ha dunque che (0, ) Dom(f) [0, +). Ricordiamo anche che, essendo f una funzione integrale, Dom(f) è un intervallo. Stabiliamo innanzitutto se 0 Dom(f); ciò equivale a stabilire se l integrale improprio R 0 g(t) dt converge (o, equivalentemente, se converge l integrale improprio R 0 g(t) dt). Poiché = e ln t =ln(> 0), ne segue che g(t) = ; inoltre, g(t) è infinita, t!0 + t!0 + t!0 + per t! 0 +, dello stesso ordine rispetto a, e quindi di ordine inferiore a per ogni (0, +). In particolare, quindi, g(t) è infinita, per t! 0 +, di ordine inferiore ad (< ); ma allora l integrale improprio R g(t) dt converge, e quindi 0 Dom(f). Perciò 0 [0, ) Dom(f) [0, +). Ora stabiliamo se Dom(f), e cioè se converge l integrale improprio R g(t) dt. Calcoliamo (se esiste) t! Per ogni t [, ), (.) g(t) = g(t). Osserviamo che t! ln t = ln( t ) = ln[ + ( Per un noto ite notevole, otteniamo che Perciò t! t! t! t =0= t! ln t (forma indeterminata 0 0 ). apple t )] = t t t ln( t ) t apple t = t ln( t ). t + =. Inoltre, poiché t! ( t ) =, dallo stesso ite notevole t ln( t ) = ( t ) t! ln( t = ) h t! ln( t ) ( t ) i =. g(t) =, e quindi l integrale improprio R g(t) dt converge; allora Dom(f). Quindi [0, ] Dom(f) [0, +).
2 Ora stabiliamo se Dom(f) contiene punti a destra di. Essendo g continua in (, p ), è verificata una delle due seguenti condizioni: i) l integrale improprio R g(t) dt converge per ogni (, p ); ii) l integrale improprio R g(t) dt non converge per nessun valore di in (, p ). Se è verificata la i), allora Dom(f) (, p ); se invece è verificata la ii), allora Dom(f) non contiene nessun punto di (, p ), e quindi, essendo un intervallo, non contiene punti in (, +). Per capire quale sia verificata tra la i) e la ii), calcoliamo (se esiste) g(t). Scomponendo g(t) (con t! + t (, p )) come in (.), ed utilizzando lo stesso ite notevole, otteniamo che anche t! + g(t) = ; allora l integrale improprio R g(t) dt converge 8 (, p ), e cioè vale la i). Perciò Dom(f) (, p ), e quindi [0, p ) Dom(f) [0, +). Ora stabiliamo se p Dom(f), e cioè se converge l integrale improprio R p g(t) dt. Calcoliamo (se esiste) = ln e t! p t! p g(t). Poiché t! p t! p ln t =, ne segue che g(t) = 0; perciò l integrale improprio R p g(t) dt converge, e quindi p Dom(f). Dunque [0, p ] Dom(f) [0, +). Ora stabiliamo se Dom(f) contiene punti a destra di p. Essendo g continua in ( p, p 3), è verificata una delle due seguenti condizioni: I) l integrale improprio R p g(t) dt converge per ogni ( p, p 3); II) l integrale improprio R p g(t) dt non converge per nessun valore di in ( p, p 3). Se è verificata la I), allora Dom(f) ( p, p 3); se invece è verificata la II), allora Dom(f) non contiene nessun punto di ( p, p 3), e quindi, essendo un intervallo, non contiene punti in ( p, +). È immediato osservare che anche t! p g(t) = 0; ma allora l integrale improprio R p g(t) dt converge + 8 ( p, p 3), e cioè vale la I). Si ha dunque che Dom(f) ( p, p 3), e di conseguenza [0, p 3) Dom(f) [0, +). Ora stabiliamo se p 3 Dom(f), e cioè se converge l integrale improprio R p 3 g(t) dt. Calcoliamo (se esiste) g(t). Poiché = ln 3 (> 0) e ne segue che ln t =ln(t )! g(t) = ; allora determiniamo (se esiste) l ordine di infinito di g per t! p 3. Dal ite notevole (già utilizzato in precedenza) ln y y! y 0, = otteniamo che = ln(t ) (t ) = ln(t ) t 3 = (t ln(t ) p p. 3)(t + 3) Poichè (t + p 3) = p 3( R \{0}), ne segue che ln t è infinitesima di ordine per t! p 3,edi conseguenza g è infinita di ordine per t! p 3. Ma allora l integrale improprio R p 3 g(t) dt non converge. Più precisamente, si ha che (.)! p 3 Z g(t) dt =.
3 Perciò p 3 / Dom(f); essendo Dom(f) un intervallo, ne segue che Dom(f) non contiene punti a destra di p 3. Ma allora. Continuità. Dom(f) =[0, p 3). Essendo una funzione integrale, f è continua nel suo dominio, e quindi in [0, p 3). 3. Limiti negli estremi del dominio che non appartengono a Dom(f). Da (.) otteniamo che 4. Derivabilità.! p 3 f() =. Dato che g è continua nel proprio dominio, ne segue che f è derivabile in Dom(f) \ Dom(g) =(0, ) [ (, p ) [ ( p, p 3); inoltre, f 0 () =g() = ln ln 8 (0, ) [ (, p ) [ ( p, p 3). In realtà la funzione g è di classe C nel proprio dominio, in quanto rapporto di due funzioni di classe C, equindif 0 è di classe C in (0, ) [ (, p ) [ ( p, p 3); ma allora anche f è di classe C in (0, ) [ (, p ) [ ( p, p 3). Ora studiamo la derivabilità di f nei rimanenti punti di Dom(f), e cioè in 0, e p. In ciascuno di questi tre punti, la funzione f è continua (cf. punto ). Poiché g = f 0, per quanto provato al punto si ha inoltre che f 0 () =, f 0 () =!0 +! e! p f 0 () =0. Da un noto corollario del teorema di Lagrange segue allora che f non è derivabile in 0, mentre è derivabile sia in che in p ; inoltre, f 0 () = e f 0 ( p ) = 0. Quindi, ricapitolando: f è derivabile in (0, p 3) (anzi, f è di classe C in (0, p 3), visto che f 0 è continua anche in e in p ) e non è derivabile in 0; inoltre, >< (4.) f 0 () = 5. Monotonia ed estremi relativi e assoluti. 8 >: ln ln( ) se (0, ) [ (, p ) se = 0 se = p ln ln( ) se ( p, p 3). Osserviamo che: (0, ) =) < =) > =) ln( ) > 0=) ln ln( ) (, p ) =) > =) < =) ln( ) < 0=) ln ln( ) ( p, p 3) =) < 3=) < =) ln( ) < 0=) ln ln( ) < 0 (dato che ln <0); < 0 (dato che ln >0); < 0 (dato che ln >0). Da (4.) segue allora che f 0 () < 0 8 (0, p ) [ ( p, p 3). Perciò f è strettamente decrescente in [0, p 3). Di conseguenza, f ammette massimo assoluto e l unico punto di massimo assoluto è 0; non esistono altri punti di estremo relativo. In particolare, f non ammette minimo assoluto. 6. Zeri e segno di f. È immediato osservare che f( ) = 0. Essendo f strettamente decrescente, è anche l unico zero di f; inoltre, f() > 0 8 [0, ) f() < 0 8 (, p 3). 7. Derivabilità fino all ordine. Come già osservato al punto 4, f è di classe C, e cioè ammette derivate di ogni ordine, in (0, ) [ (, p ) [ ( p, p 3). Da (4.) si ricava che
4 8 >< (7.) f 00 () = >: ln( ) ln + [ln( )] = ln( ) ln [ln( )] = ln( ) + ln ( )[ln( )] se (0, ) [ (, p ) ln( ) ln ( )[ln( )] se ( p, p 3). Ovviamente, in 0 la funzione f non ammette derivata seconda, visto che non ammette neanche la derivata prima; studiamo allora l esistenza della derivata seconda in ed in p. In ciascuno dei due punti f 0 è continua (cf. punto 4), e quindi può essere utile studiare il ite di f 00 (per applicare il corollario del teorema di Lagrange che abbiamo già utilizzato al punto 4). Calcoliamo (se esiste)! f 00 (). Per ogni (0, ) [ (, p ), si ha che f 00 () = ( )ln( )+ ln ( )[ln( )] (forma indeterminata 0 0 per! ). Poiché! ( ) =, ne segue che (7.)! f 00 () 9 () 9! ( )ln( )+ ln [ln( )] ; inoltre, in tal caso, i due iti coincidono. Vediamo se la regola di De L Hôpital è applicabile alla forma indeterminata ( )ln( )+ ln [ln( )] (del tipo 0 0,per! ). Siano rispettivamente N, D :(0, p )! R il numeratore ed il denominatore di quest ultima frazione. Allora N() =( )ln( )+ ln, D() =[ln( )] 8 (0, p ). Osserviamo che N e D sono entrambe infinitesime per! e derivabili in (0, p ); inoltre, per ogni (0, p ) si ha che N 0 () = ln( )+( ) +4ln + e D 0 () =ln( ) Pertanto N 0 () ln( D 0 () =( )+4ln ) 4 ln( ) Essendo! ln! ln( ) = ( )ln( )+ ln = ln( ) +4 ln + = ln( )+4 ln = 4 ln( ) (6= 0se 6= ). =( ) ln ln( ) 8 (0, ) [ (, p ). N (cf. punto ), ne segue che 0 ()! D 0 () = e quindi, per la regola di De L Hôpital, f 00 () =. Perciò, per il corollario! =. Da (7.) otteniamo che allora anche [ln( )] di cui sopra del teorema di Lagrange, f ammette derivata seconda in e f 00 () =. Ora calcoliamo (se esiste) f 00 (). Osserviamo che!! p! p 0 + equindi! p Dal ite notevole t!0 + t =0(per >0) segue inoltre che ( )[ln( )] = ln( )= ; di conseguenza,! p h ( ) ln( )i! 0 +! p ln( ) = 0.
5 e quindi, dato che che! p! p ln = p ln(> 0),! p ln ( )[ln( )] =+. Da(7.) otteniamo dunque f 00 () =+. Dal corollario del teorema di Lagrange segue allora che f 0 non ammette derivata destra in p ; perciò f 0 non è derivabile in p, e cioè f non ammette derivata seconda in p. Quindi, ricapitolando: f ammette derivata seconda in (0, p ) [ ( p, p 3) (anzi, f è di classe C in (0, p ) [ ( p, p 3), visto che f 00 è continua anche in ) e non ammette derivata seconda né in 0 (punto in cui non è neanche derivabile) né in p ; inoltre, 8 ( )ln( )+ ln >< ( )[ln( )] se (0, ) [ (, p ) (7.3) f 00 () = se = ( >: ) ln( ) ln ( )[ln( )] se ( p, p 3). 8. Convessità, concavità e flessi. Studiamo il segno di f 00 in (0, p ). Da (7.3) segue che f 00 N() () = per ogni (0, ) [ (, p ), dove N :(0, p )! R è l a ( )[ln( )] funzione definita al punto 7. Poiché ( )[ln( )] > 0 8 (0, ) [ (, p ), se (0, ) [ (, p ) il segno di f 00 () coincide con quello di N(). Come osservato al punto 7, N è derivabile in (0, p ) e N 0 () = ln( )+4ln 8 (0, p ). Allora N 0 (0) = 0; inoltre: ln <0 (0, ) =) ln( ) > 0 =) N 0 () < 0; (, p ln >0 ) =) ln( ) < 0 =) N 0 () > 0. Perciò N è strettamente decrescente in (0, ] e strettamente crescente in [, p ), e quindi ha un unico punto di minimo assoluto in ; poiché N() = 0, ne segue che N() > 0 8 (0, ) [ (, p ), e quindi f 00 () > 0 8 (0, ) [ (, p ). Essendo f 00 () =, si ha allora che f 00 () > 0 8 (0, p ); pertanto f è convessa in (0, p ). Ora studiamo il segno di f 00 in ( p, p 3). Poiché, 8 ( p, p 3), si ha che > 0equindi( )[ln( )] > 0, da (7.3) segue che, se ( p, p 3), il segno di f 00 () coincide con quello di ( ) ln( ) ln. Osserviamo che ( p, p 3) =) 8 >< (0, ) ln( ) < 0 >: ln >0 =) ( ) ln( ) ln <0. Pertanto f 00 () < 0 8 ( p, p 3), e quindi f è concava in ( p, p 3). Infine, dato che f è derivabile in (0, p 3), convessa in (0, p ) e concava in ( p, p 3), si ha che p èun punto di flesso discendente per f. 9. Asintoti. Dal punto 3 segue che la retta di equazione = p 3 è un asintoto verticale (sinistro) per f. Dato che Dom(f) è itato, ovviamente non possono esservi né asintoti orizzontali né asintoti obliqui.
6 Il grafico di f,6, 0,8 0,4 / 3 -,6 -, -0,8-0,4 0 0,4 0,8,,6,4,8-0,4-0,8 -,
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