Dialogo fra Walter Isaacson e Massimo Gaggi Distruggere per creare

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1 Dialogo fra Walter Isaacson e Massimo Gaggi Distruggere per creare Dopo due anni di riflessioni ed esperimenti, gli editori stanno ricorrendo con una certa soddisfazione al pagamento dell informazione di qualità anche online. Dopo i primi successi del Wall Street Journal che lasciavano freddo chi parlava di un caso particolare, legato alle caratteristiche specifiche dell informazione economica, anche il New York Times ha cominciato a battere questa strada con risultati che, a quasi sei mesi dall inizio dell esperimento, sono assai positivi. Intanto gli ipad e gli altri tablet, integrati da un gran numero di nuove applicazioni, hanno cominciato a offrire agli editori della carta stampata nuovi modi di raggiungere il loro pubblico. Nulla è facile né scontato nel mondo delle news, le trasformazioni in atto sono, comunque, scommesse assai rischiose. Ma i giornali, che all inizio del 2009 sembravano nel vicolo cieco di una crisi senza vie d uscita, stanno Walter Isaacson è presidente di The Aspen Institute. Simon&Schuster sta per pubblicare il suo Steve Jobs: a biography. Massimo Gaggi, inviato del Corriere della Sera con base a New York, ha pubblicato nel 2010, con Marco Bardazzi, L ultima notizia. Dalla crisi degli imperi di carta al paradosso dell era di vetro. vedendo di nuovo un po di luce. Certo ne vedono più loro della televisione sulla quale la rivoluzione digitale con la gente che ricorre in modo sempre più massiccio al video on demand, ai filmati di YouTube, all uso personalizzato dello schermo avrà effetti molto più radicali di quelli sperimentati dalla stampa: entro cinque anni i grandi network generalisti usa non esisteranno più. A 59 anni Walter Isaacson è già una sorta di monumento vivente dell editoria americana. Dopo aver diretto la rivista Time ed essere stato presidente e amministratore delegato della cnn, Isaacson si è ricavato uno spazio di scrittore e biografo. Il suo libro di prossima uscita su Steve Jobs l unica biografia autorizzata dal fondatore della Apple, straordinario innovatore del mondo informatico, recentemente scomparso dopo una lunga malattia promette di essere l e-

2 vento editoriale dell anno. Per il resto, da presidente di The Aspen Institute, Isaacson si è dedicato soprattutto ai temi delle relazioni politiche internazionali. Due anni fa è stato scelto da Barack Obama, poco dopo il suo insediamento alla Casa Bianca, per guidare il consiglio che sovraintende a Voice of America, Radio Free Europe e alle altre testate giornalistiche che fanno capo al governo federale. Il suo compito: guidare la trasformazione di queste reti informative pubbliche nel nuovo contesto digitale. Il 5 febbraio del 2009, col mondo intero sotto lo shock della gelata mondiale del credito seguita al crollo della Lehman Brothers, le economie occidentali in piena recessione e i giornali in caduta libera che annunciavano a raffica chiusure o drastiche ristrutturazioni, Time fece sensazione pubblicando in copertina l immagine di un pesce incartato in una copia di giornale sovrastata dal titolo Come salvare il tuo giornale. Dentro, un lungo articolo-saggio di Isaacson ripercorreva le tappe della crisi dell editoria, le interazioni tra gli effetti delle trasformazioni delle tecnologie dell informazione e il mutamento delle prospettive dell economia. Giungendo alla conclusione che la scommessa nella quale si erano impegnati gli editori informazione gratuita online sostenuta da flussi crescenti di pubblicità non era più sostenibile nel nuovo scenario economico. Lo studio dei cosiddetti paywall, l introduzione di formule flessibili di pagamento degli approfondimenti che vanno oltre l informazione di base, da realizzare con varie formule dai micropagamenti effettuati col telefonino all abbonamento alle testate online è cominciato, negli Stati Uniti ma anche in Europa, proprio con la pubblicazione di quell articolo. 29 MASSIMO GAGGI Due anni e mezzo dopo il panorama editoriale è molto cambiato. È arrivato il paywall del New York Times, mentre ovunque, ormai, gli editori stanno sperimentando formule nuove per restituire redditività al loro business. Ma è anche esploso il fenomeno delle reti sociali divenute a loro volta canali d informazione che, insieme a nuove imprese della comunicazione digitale come l Huffington Post, hanno cambiato i rapporti di forza tra giornalismo professionale e citizen journalism. WALTER ISAACSON Sì, non c è dubbio che i mainstream media gli organi d informazione tradizionali devono fronteggiare problematiche nuove, trasformazioni epocali. Ma la natura distruttiva delle tecnologie digitali, sia pure con tutti i problemi che implica, alla fine è una buona cosa perché ci costringe a inventare nuove forme d informazione. Un processo nel quale alcuni, inevitabilmente, cadranno. Ma alla fine

3 ci troveremo ricchi di un patrimonio di nuovi strumenti informativi e, speriamo, anche di nuovi modelli di business capaci di rendere queste attività giornalistiche economicamente sostenibili. I margini di redditività sembrano però destinati inesorabilmente a ridursi, anche per effetto dell informazione trasformata in commodity. Infatti, non ha più senso cercare di guadagnare con l informazione di base, ormai accessibile a tutti. Lo sforzo deve essere quello di porre un premium sull informazione originale: analisi, inchieste, giornalismo investigativo. Tutte cose che hanno alti costi di produzione, ma anche un elevato valore per chi li legge ed è tuttora disposto a pagare per questo servizio. Era questo il senso del mio appello del 2009, e oggi osservo con soddisfazione esperimenti felici come quello del New York Times. È chiaro, ormai, che anche nelle testate di maggior prestigio non tutti i contenuti vanno messi dietro il paywall. Ma è indispensabile far sì che per coprire i costi del buon giornalismo professionale non ci si affidi solo alla pubblicità. 30 La totale gratuità dell informazione online è difesa a spada tratta dai fan della rete, ma all inizio dell era digitale furono gli stessi editori a battere quella strada, commettendo così quello che qualcuno ha definito il loro peccato originale. Lei stesso, tempo fa, in un intervista ad Advertising Age, ha riconosciuto una sua corresponsabilità in quell errore. Mi sono dichiarato colpevole per il modo in cui avviai lo sviluppo del sito di Time Inc., circa quindici anni fa. La pubblicità su internet cresceva in modo esponenziale, sembrava che l unico problema fosse quello di catturare il maggior numero di occhi possibile, senza bisogno di chiedere alcun contributo economico. Poi abbiamo scoperto che le cose non erano così semplici, che la pubblicità non può sostenere tutto. Dobbiamo creare un modello più complesso, articolato su varie forme di introito. È un problema di equilibrio tra gratuito e paywall. Il Times, per esempio, ha individuato una formula per far pagare in modo selettivo i lettori più assidui, cercando, al tempo stesso, di sacrificare il minor volume possibile di traffico nel sito free. Nel mondo dei giornali la valanga di chiusure del 2009 sembra essersi arrestata, le ristrutturazioni hanno funzionato. Ma la lenta erosione della carta continua: il principale editore della Bay Area, la regione attorno a San Francisco, ha appena consolidato le sue attività, concentrando dieci diversi giornali in due sole testate ed eliminando altri 120 addetti. Vede finalmente all orizzonte un nuovo business model?

4 Siamo sulla strada giusta, ma ci sono ancora problemi da risolvere. Io ad esempio penso che, nonostante tutti gli sforzi fatti in questo campo, non sia stato ancora creato un meccanismo facilmente accessibile per effettuare piccoli pagamenti. Non mi riferisco agli abbonamenti, ma a quei pochi centesimi di dollaro che potrei spendere volendo acquistare, per un impulso momentaneo, una singola copia di un quotidiano o di una rivista. Credo che Amazon, l American Express, Google e altri presto ci offriranno simili borsellini digitali. 31 Nel suo importante libro su Steve Jobs lei considera il fondatore di Apple come l alfiere di quella cultura digitale libertaria che è finita in rotta di collisione con le istituzioni giornalistiche mainstream o come uno che col suo ipad può salvare la stampa? L ipad di Jobs è uno strumento che offre nuove e straordinarie opportunità per creare forme di giornalismo interattivo, nuove applicazioni e diverse versioni delle attività di reporting che i consumatori saranno disposti a pagare. Questi strumenti digitali innovativi, soprattutto quelli mobili come gli smartphone e i tablet, offrono ai giornalisti opportunità ancora tutte da esplorare per esprimersi in modo creativo e per produrre reddito per le loro aziende editoriali.

5 A volte, però, gli innovatori, come l Huffington Post, sono accusati di essere dei parassiti che devono, almeno in parte, le loro fortune all aggregazione di contenuti giornalistici prodotti dai media tradizionali che vengono ripresi e offerti al loro pubblico, magari con un packaging rinnovato. Bill Keller, che ha da poco lasciato la direzione del New York Times, ha condotto nella primavera scorsa una polemica feroce su questo punto. Alla quale Arianna Huffington ha risposto con una durezza perfino maggiore. Sono crisi di crescita che, se osservate in un ottica di lungo periodo, non dovrebbero preoccuparci. L Huffington Post è sicuramente nato come aggregatore di notizie altrui. Ma fin dall inizio ha fatto un buon lavoro nel mettere insieme anche i contributi di molti blogger che altrimenti non sarebbero riusciti a ottenere grande visibilità. Ora, poi, l HuffPo è entrato in una fase nuova: ha costruito la sua redazione, sta sviluppando una sua attività originale di reporting. Credo che l aggregazione, che ha avuto successo negli ultimi cinque anni, perderà rapidamente la sua attrattiva perché la gente si è ormai impadronita del sistema e vuole materiale originale. Mi pare che i siti se ne siano resi conto e si stiano comportando di conseguenza. 32 L Huffington Post adesso ha 145 giornalisti pagati. Esatto. Stanno assumendo professionisti veri perché hanno capito che hanno bisogno di sviluppare una loro narrativa, di lanciare storie originali. Il New York Times, che si sente probabilmente irraggiungibile dal punto di vista della qualità giornalistica del suo reporting, dice, con una punta di spocchia aristocratica, di offrire al lettore bistecche, mentre i siti saranno al massimo in grado di proporre hamburger. Non entro nella battaglia delle metafore. Secondo me in futuro avremo più collaborazione che rivalità. Il sito Daily Beast si è già integrato con un organo di stampa del peso di Newsweek. Credo che online e carta in futuro lavoreranno bene insieme. Insomma, internet, per lei, non è il killer della stampa. Come le dicevo, credo che ad avere problemi sarà soprattutto la tv. I palinsesti tradizionali già non esistono più, travolti dal web che consente a ciascuno di costruire il suo percorso televisivo personale nell oceano delle offerte che vengono da centinaia di canali digitali, oltre che dei milioni di video disponibili in rete. Credo che entro cinque anni i network generalisti tradizionali non esisteranno più, almeno negli Stati Uniti.

6 Di recente la Voice of America ha fatto notizia quando ha deciso di non trasmettere più notiziari radio a onde corte in Cina. Qualche politico conservatore ha parlato di ritirata. In realtà la scelta sembra più legata all evoluzione dello scenario tecnologico. In che modo i nuovi strumenti digitali stanno cambiando il modo di operare delle strutture d informazione del governo americano? Se chi a suo tempo fondò Voice of America avesse potuto creare una pallottola magica per far arrivare il nostro messaggio nelle aree più accidentate del mondo, non avrebbe potuto immaginare niente di meglio di internet. La rete è perfetta, molto più efficace delle frequenze radio, per quella che è la missione di Voice of America. E noi la stiamo usando a piene mani: facilita il flusso delle informazioni e credo che avrà un peso nel piegare l arco della storia verso la democrazia e la libertà. 33