Il consiglio presbiterale
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- Alessio Bondi
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1 Il consiglio presbiterale È quel gruppo di sacerdoti che, in ciascuna diocesi, rappresentando il presbiterio, ( ) come il senato del vescovo, lo coadiuva nel governo (can ). Tale definizione descrittiva risale a PO 7a, ma solo dalla legislazione postconciliare, non senza qualche incertezza e mediante un processo di progressiva chiarificazione, questo organismo è stato delineato in maniera sufficientemente precisa e univoca. Al testo del Vaticano II è invece ascrivibile l individuazione della ragione teologica che giustifica l esistenza del consiglio: dal momento che presbiteri e vescovi partecipano nella comunione gerarchica allo stesso e unico sacerdozio e ministero di Cristo, «i vescovi hanno [nei presbiteri] dei necessari collaboratori e consiglieri nel ministero e nella funzione di istruire, santificare e governare il popolo di Dio» (PO 7a). Questa prospettiva ecclesiologica, che non confonde i ruoli ma li coordina all interno e per il bene del popolo di Dio, al servizio del quale tutti sono costituiti, esige di essere attuata anche attraverso mediazioni istituzionali: fra di esse la più importante è il consiglio presbiterale, che è obbligatorio in tutte le diocesi e ha carattere permanente. I documenti magisteriali successivi al Vaticano II hanno anche precisato che cosa debba intendersi per rappresentanza del presbiterio e per senato del vescovo. Da una parte, il consiglio presbiterale non costituisce un organismo per la trattazione dei problemi di categoria dei presbiteri, tanto meno nella prospettiva della rivendicazione sindacale. D altra parte, lo speciale legame sacramentale esistente fra il vescovo e il suo presbiterio giustifica il fatto che al consiglio presbiterale sia attribuito in modo esclusivo il titolo di senato del vescovo, trattandosi della sede istituzionale a cui questi fa riferimento in modo prioritario per elaborare le scelte di governo. Si tratta di un notevole mutamento prospettico rispetto al codice di diritto canonico del 1917, che connetteva tale titolo e funzione al capitolo cattedrale. Possono far parte del consiglio presbiterale soltanto sacerdoti (cioè presbiteri e vescovi). Si può ipotizzare che non sacerdoti possano intervenire in casi particolari in veste di esperti. Secondo il can. 497, è possibile distinguere tre ordini di membri in base alla modalità di designazione: circa la metà deve essere liberamente eletta dai sacerdoti stessi; alcuni sono membri di diritto in forza dell ufficio affidato loro (spetta agli statuti indicare quali uffici comportino di diritto l appartenenza al consiglio); altri sono nominati direttamente dal vescovo. Hanno diritto di elettorato attivo e passivo i sacerdoti diocesani, cioè incardinati a servizio della diocesi, e i sacerdoti della diocesi, quelli cioè che, pur appartenendo giuridicamente a un altra Chiesa particolare, a un Istituto di vita consacrata, a una Società di vita apostolica o a una Prelatura personale, esercitano un qualche ufficio in favore della diocesi (can. 498). La consultazione del consiglio presbiterale da parte del vescovo diocesano è espressamente prevista nei seguenti casi: - prima di decidere la celebrazione del sinodo diocesano (can ); - per l erezione, la soppressione o la modifica in modo rilevante delle parrocchie (can ); - quando si tratti di stabilire le norme circa la destinazione delle offerte ricevute dai fedeli in occasione dello svolgimento di qualche incarico parrocchiale e di provvedere alla remunerazione dei sacerdoti che svolgono tale incarico (can. 531); - in merito all opportunità di costituire in ciascuna parrocchia della diocesi il consiglio pastorale (can ); - per la costruzione di nuove chiese (can ); - per la riduzione ad uso profano non indecoroso di una chiesa (can ); - prima di imporre alle persone giuridiche pubbliche soggette al suo governo un contributo per le necessità della diocesi; o alle altre persone fisiche e giuridiche, in caso di grave necessità, una tassa straordinaria e moderata (can. 1263).
2 Il vescovo ha inoltre l obbligo di sentire il consiglio presbiterale prima di decidere se dare luogo a regolari riunioni domenicali senza la celebrazione dell Eucaristia 1. La normativa di derivazione pattizia (legge 20 maggio 1985, n. 222, art. 33) stabilisce che il vescovo diocesano deve sentire il consiglio prima di determinare la remunerazione che i sacerdoti ricevono dagli enti ecclesiastici presso i quali esercitano il ministero. Il can afferma che il vescovo diocesano ha bisogno del suo consenso solo nei casi espressamente previsti dal diritto. Nessun canone del codice di diritto canonico o legge universale prevede un tale obbligo. Si potrebbe ipotizzare che la necessità del consenso sia stabilita, per le materia di competenza, dalla normativa delle conferenze episcopali (la CEI non lo ha fatto), mentre non pare conveniente che un vescovo diocesano autolimiti la propria potestà, determinando nel diritto particolare casi in cui le sue decisioni siano assoggettate all approvazione del consiglio presbiterale. In quanto espressione della corresponsabilità del presbiterio nel governo della diocesi, non contrapponendosi o condizionando, ma piuttosto sostenendo in spirito di comunione il diritto del vescovo ad avere l ultima parola e a decidere, non è possibile ridurre l ambito delle funzioni del consiglio presbiterale alle questioni per le quali il codice prevede l obbligo della sua consultazione, ma è necessario dare rilievo allo spettro degli affari di maggiore importanza (can ) nella vita della diocesi, per i quali il vescovo è ugualmente tenuto a consultare il suo senato. I casi per i quali è espressamente prevista la consultazione sono la concretizzazione su punti di particolare rilevanza del dovere fondamentale del vescovo di ascoltare il proprio presbiterio, a cui corrisponde il diritto del consiglio, che rappresenta il presbiterio stesso, di manifestare il proprio pensiero su ciò che riguarda il bene della Chiesa particolare. Due testi magistrali esemplificano che cosa debba intendersi per affari di maggiore importanza. Il primo è tratto dal direttorio per il ministero pastorale dei vescovi Ecclesiae imago, pubblicato dalla Congregazione per i vescovi il 22 febbraio 1973: «Il consiglio presbiterale tratta le questioni di maggiore importanza riguardanti sia la santificazione personale, la scienza sacra e le altre necessità dei presbiteri, sia la santificazione e l istruzione religiosa dei fedeli, sia il governo della diocesi in genere, come pure i temi del ministero sacerdotale che i presbiteri svolgono a favore della comunità ecclesiastica. Spetta ad esso, tra l altro, ricercare gli obiettivi chiari e distintamente definiti dell esercizio dei vari ministeri della diocesi, proporre le questioni più urgenti, indicare i metodi operativi, aiutare tutto ciò che lo Spirito suole suscitare per mezzo dei singoli e dei gruppi, favorire la vita spirituale, onde più facilmente si possa raggiungere la necessaria unità. Deve infine trattare della perequazione dei beni per il sostentamento del clero, nonché dell erezione, soppressione o innovazione delle parrocchie» (n. 203b). Il secondo testo appartiene al diritto canonico complementare elaborato dalla Conferenza Episcopale di Malta, in applicazione del can. 496: «Al consiglio presbiterale spetta il dovere di consigliare il vescovo su materie di maggiore importanza per la vita della diocesi che vengono proposte dallo stesso vescovo per la considerazione del consiglio presbiterale, specialmente su materie che riguardano l insegnamento della fede cristiana; la santificazione dei fedeli; il governo pastorale e l amministrazione della diocesi. [...] Oltre ai casi previsti dal diritto universale, è conveniente che si ascolti il consiglio presbiterale anche: a) prima dell approvazione di un piano pastorale diocesano; b) prima di indire una missione o altra attività pastorale straordinaria su livello diocesano; c) sulla cura pastorale degli emigranti; d) su tutto quello che riguarda la vita e il ministero del clero, specialmente per quel che riguarda la santità del clero, la sua formazione, la rimunerazione e la previdenza sociale» 2. 1 Cf CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO, Direttorio per le celebrazioni domenicali in assenza del presbitero Christi Ecclesia, 2 giugno 1988, n J. MARTIN DE AGAR L. NAVARRO, Legislazione delle Conferenze episcopali complementare al C.I.C., Roma , pp
3 Il codice di diritto canonico prevede, infine, alcuni casi in cui i membri di altri organismi ecclesiali sono eletti dal consiglio presbiterale o scelti al suo interno: - il consiglio presbiterale deve inviare due suoi membri, designati collegialmente, al concilio provinciale, con voto consultivo (can ); - tutti i suoi membri devono essere chiamati e hanno il dovere di partecipare con voto consultivo al sinodo diocesano (can , 4 ); - al suo interno, il vescovo diocesano sceglie liberamente da sei a dodici sacerdoti che costituiranno il collegio dei consultori (can ); - il consiglio deve costituire su proposta del vescovo diocesano un gruppo di parroci, tra i quali questi sceglierà i due con cui discutere la rimozione o il trasferimento di un parroco (cann ; 1750); - compete al consiglio presbiterale la designazione di almeno un terzo dei membri del consiglio di amministrazione e di uno dei revisori dei conti dell Istituto diocesano per il sostentamento del clero (decreto del Presidente della CEI del 20 luglio 1985).
4 Statuto del Consiglio presbiterale diocesano 3 (fac-simile) 1. Natura, competenze Art. 1 II Consiglio presbiterale (CPr) è costituito da presbiteri rappresentanti l'intero presbiterio, come il senato del Vescovo; ad esso spetta coadiuvare il Vescovo nel governo della Diocesi, a norma del diritto, affinché venga promosso nel modo più efficace il bene pastorale della porzione del popolo di Dio a lui affidato (cf can ). Art. 2 II CPr è presieduto dal Vescovo, assistito dal Vicario Generale e dai Vicari Episcopali. II Vescovo affida a un Vicario Episcopale il compito di promuovere l'attività del CPr e di coordinarla con quella degli altri organismi diocesani di partecipazione. II CPr è convocato dal Vescovo a cui spetta determinare le questioni da trattare, sentendo anche le proposte dei Consiglieri (cf can ). Art. 3 II CPr ha voto consultivo; il Vescovo ne richiede il parere negli affari di maggiore importanza, ma ha bisogno del suo consenso solo nei casi espressamente previsti dal diritto (cf can ). A norma del diritto universale, il Vescovo è tenuto a sentire il Consiglio, nei seguenti casi: celebrazione del Sinodo diocesano (cf can ); l'erezione, la soppressione e la modifica rilevante delle parrocchie (cf can ); la destinazione delle offerte parrocchiali e la remunerazione dei sacerdoti con funzioni parrocchiali (cf can. 531); la remunerazione dovuta dagli enti ecclesiastici ai sacerdoti che esercitano presso di essi il ministero (cf art. 33 delle "Norme circa gli enti e i beni ecclesiastici in Italia"); l'istituzione dei Consigli pastorali parrocchiali (cf can ); la costruzione di una nuova chiesa (cf can ); la riduzione a uso profano di una chiesa (cf can. 1222, 2); l'imposizione di un tributo alle persone giuridiche pubbliche soggette al Vescovo (cf can. 1263). A norma del diritto diocesano (per esempio le disposizioni sinodali), il Vescovo ascolta il CPr quando :. Non sono pertinenti al CPr le questioni relative allo stato delle persone fisiche, né quelle relative a nomine, rimozioni, trasferimenti. Art. 4 Fra i membri del CPr, il Vescovo nomina liberamente alcuni sacerdoti per costituire il Collegio dei Consultori, con i compiti determinati dal diritto (cf can. 502). Su proposta del Vescovo, il CPr costituisce stabilmente un gruppo di Parroci con i quali il Vescovo deve trattare della rimozione di un Parroco dal suo ufficio (cf can ). 2. Composizione, designazione, durata in carica Composizione Art. 5 II CPr si articola in: 3 Deve essere approvato mediante decreto vescovile, a norma del can. 496.
5 1.Presidente; 2.Assemblea; 3.Segretario. 1. II presidente dell'assemblea è il Vescovo, che la convoca e la presiede. 2. L'Assemblea si compone di membri eletti, membri di diritto, membri indicati dal Vescovo. Sono membri eletti: a) un membro, eletto per ogni vicariato foraneo, dai presbiteri residenti nella zona stessa aventi diritto (cf art. 6); b) un rappresentante del Capitolo della Cattedrale; c) (altri presbiteri eletti per es. per fasce di età, etc.); d) religiosi indicati da (per es. Segretariato Diocesano Religiosi). Sono membri di diritto: a) il Vicario Generale; b) i Vicari Episcopali; c) il Rettore del Seminario. Sono membri indicati dal Vescovo: a) presbiteri. 3. Il segretario è nominato dal Vescovo. Modalità di designazione Art. 6 Hanno diritto attivo e passivo di elezione in ordine alla costituzione del CPr: a) tutti i presbiteri incardinati nella Diocesi; b) i presbiteri secolari incardinati in altre Diocesi e i presbiteri membri di un Istituto religioso o di una Società di vitaapostolica, che risiedono in Diocesi e sono stati nominati dall'ordinario diocesano a un incarico inerente alla pastorale diocesana (cf can ). Norme elettorali specifiche vengono stabilite in occasione delle elezioni. Art.7 II secondo eletto diventa automaticamente Consigliere nel caso di sostituzione del primo eletto nel corso del mandato del CPr. Per l'eventuale sostituzione del secondo eletto, si deve procedere a nuove elezioni, secondo le modalità opportunamente indicate. Durata in carica Art. 8 II CPr nel suo insieme si rinnova ogni cinque anni (cf can ). Art. 9 I singoli Consiglieri decadono dall'incarico: per dimissioni, presentate al Vescovo e da lui accettate; per trasferimento ad altro vicariato foraneo, nel caso di Consiglieri rappresentanti vicariali; per trasferimento ad altro incarico, nel caso di membri in ragione del proprio ufficio; per trasferimento ad altra Diocesi, nel caso di presbiteri designati dal (per es. Segretariato diocesano Religiosi); per assenze ingiustificate, ai sensi dell'art. 16; per altre cause previste dal diritto (cf can. 184). La sostituzione dei Consiglieri decaduti avviene a norma dell art. 7, salvo si tratti di membri di
6 diritto, oppure designati dal (per es. Segretariato diocesano Religiosi) o nominati dai Vescovo. I Consiglieri così subentrati durano in carica fino allo scadere del mandato del Consiglio. 3. Il segretario Art. 10 II CPr ha un Segretario nominato dal Vescovo. II Segretario resta in carica fino allo scadere del mandato del Consiglio. Art. 11 Spetta al Segretario: a) tenere l'elenco aggiornato dei Consiglieri, provvedendo agli adempimenti necessari per le sostituzioni nel corso del mandato del CPr (cf art. 9); b) curare la redazione dell'ordine del giorno (cf artt , 31); c) ricevere le proposte per la formulazione dell'ordine del giorno, le richieste per la convocazione delle sessioni straordinarie, le interpellanze rivolte al Vescovo; d) trasmettere ai Consiglieri, nei termini stabiliti, l avviso di convocazione, l'ordine del giorno delle sessioni e i relativi strumenti di lavoro; e) notare le assenze e ricevere le note di giustificazione; f) redigere il verbale delle sessioni, raccogliere notizie e documentazioni riguardanti l'attività del Consiglio e tenerne l'archivio. 4. Le sessioni, lo svolgimento delle sessioni e l ordine del giorno Le sessioni Art. 12 II CPr si riunisce in sessione ordinaria almeno volte all'anno. Art. 13 II CPr può essere convocato in sessione straordinaria, su iniziativa del Vescovo o su richiesta della maggioranza assoluta dei Consiglieri. I Consiglieri che richiedono la convocazione dovranno presentare istanza scritta al segretario, precisando i temi da trattare all'ordine del giorno. La convocazione dovrà essere fatta entro un mese dalla data in cui è stata presentata la richiesta. Art. 14 I membri del CPr hanno il dovere di partecipare personalmente tutte le volte che sono convocati, non possono quindi farsi rappresentare. La loro presenza è richiesta per tutta la durata della sessione. L'assenza deve essere giustificata al segretario o prima della sessione o entro dieci giorni dall'avvenuto svolgimento. L'assenza ingiustificata dalle sessioni del Consiglio per tre volte, anche non consecutive, comporta la decadenza (cf art. 9), salvo diverso giudizio del Vescovo. Lo svolgimento delle sessioni Art. 15 II Vescovo presiede le sessioni personalmente o per mezzo di un suo delegato. Art. 16 Prima di ogni sessione viene messo a disposizione dei Consiglieri il verbale della sessione precedente, per eventuali osservazioni o integrazioni da presentare al segretario. In assenza di
7 opposizioni, il verbale si ritiene approvato. Art. 17 II Vescovo, anche tramite il segretario, illustra il proprio parere circa eventuali mozioni presentate dai Consiglio nella sessione precedente e dà comunicazione circa lo stato di attuazione dei voti precedentemente espressi. Art. 18 Dovendo trattare argomenti che esigono una competenza specifica, il Vescovo può invitare alle sedute del Consiglio taluni esperti, sacerdoti o laici, che illustrino gli aspetti del problema. Essi non hanno però diritto di voto. Art. 19 I Consiglieri che intendono intervenire nella discussione dovranno chiedere la parola. Gli interventi non devono superare un tempo ragionevole. L'eventuale testo scritto degli interventi deve essere consegnato al segretario entro dieci giorni dall'avvenuto svolgimento della sessione. Art. 20 II Vescovo può chiedere al Consiglio di studiare e discutere un argomento suddividendosi in gruppi. Art. 21 AI termine della sessione il segretario formula eventuali mozioni conclusive da sottoporre a votazione. Sulle singole mozioni l'assemblea adotta le proprie deliberazioni ordinariamente nella sessione successiva, oppure nella stessa sessione, se così decide l'assemblea col consenso del Vescovo. Art. 22 II voto verrà espresso in via ordinaria per alzata di mano o, su richiesta del Vescovo, per appello nominale ovvero, su richiesta di un quinto dei membri del Consiglio e con approvazione del Vescovo, a scrutinio segreto. Per le operazioni di voto a scrutinio segreto, verranno designati dal Consiglio, su proposta del segretario, di volta in volta, gli scrutatori. Art. 23 L'Assemblea delibera validamente quando è presente la maggioranza assoluta dei Consiglieri. Prima di procedere alla votazione può essere richiesta la verifica del numero legale dei presenti. Le deliberazioni dell'assemblea risulteranno approvate se votate a maggioranza assoluta dei presenti. L ordine del giorno Art. 24 L'ordine del giorno delle sessioni è stabilito dal Vescovo e viene redatto dal segretario. Art. 25 Ogni Consigliere, per tramite del segretario, può presentare al Vescovo proposte per l'iscrizione di determinati argomenti all'ordine del giorno. II Vescovo inserirà nell'ordine del giorno gli argomenti, pertinenti al Consiglio (cf art. 2), la cui trattazione è domandata dalla maggioranza assoluta dei membri del Consiglio, con richiesta scritta presentata al segretario.
8 Art. 26 II segretario cura la spedizione dell'avviso di convocazione e dell'ordine del giorno almeno trenta giorni prima delle sessioni. 5. Rapporti con il presbiterio e altri organismi diocesani Rapporti con il presbiterio Art. 27 Ogni Consigliere rappresenta tutto il presbiterio, senza vincolo di mandato. Proprio per questo il Consigliere deve impegnarsi a preparare 1e sessioni del Consiglio nelle riunioni del clero e a dare relazione dell'attività del Consiglio ai confratelli. I presbiteri religiosi facenti parte del Consiglio provvederanno secondo le modalità più opportune a forme analoghe di rapporto con i loro confratelli. Rapporto con il collegio dei consultori Art. 28 II Collegio dei Consultori (Co.Co.), formato da membri del CPr scelti dal Vescovo, collabora più strettamente con il Vescovo nelle modalità previste dal diritto (cf can. 502), sentendosi partecipe della cura pastorale propria di tutto il presbiterio e in particolare del CPr. È opportuno quindi che vengano mantenuti stretti rapporti tra i due organismi. In particolare: a) una volta all'anno il Co.Co. dà relazione al CPr circa la propria attività, ai sensi dell'art. 4; b) soprattutto in occasione della relazione annuale il CPr può offrire al Co.Co. pareri e suggerimenti circa la sua attività; c) il Co.Co. può richiedere al Vescovo di sentire il CPr su determinati argomenti di per sé di competenza del Collegio, ma rilevanti per il presbiterio diocesano. Art. 29 In sede vacante il CPr cessa e i suoi compiti sono svolti dal Co.Co.; entro un anno però dalla presa di possesso, il nuovo Vescovo deve costituire il CPr (cf can ). Rapporti con il Consiglio pastorale diocesano Art. 30 Consapevoli di essere entrambi organismi di partecipazione ecclesiale e di collaborazione al governo pastorale del Vescovo, il CPr e il Consiglio Pastorale Diocesano cercano di favorire in ogni modo una profonda relazione tra loro. Spetta, in particolare, ai presbiteri membri di entrambi i Consigli promuovere lo scambio reciproco tra i due Consigli. Rapporti con gli altri organismi diocesani Art. 31 Pienamente inserito nella pastorale diocesana, il CPr ricerca gli opportuni collegamenti anche con gli altri organismi, con gli Uffici di Curia e con le diverse realtà ecclesiali diocesane. 6. Pubblicità degli atti del Consiglio presbiterale
9 Art. 32 I verbali delle sessioni del CPr, redatti dal segretario e approvati dal Consiglio stesso e dal Vescovo (cf can ), sono conservati nell'archivio e pubblicati (per es. nella rivista diocesana) 7. Norme finali Art. 33 Le spese per il funzionamento del CPr sono a carico della Diocesi. Art. 34 Se il CPr non adempie il compito affidatogli per il bene della Diocesi, oppure ne abusa gravemente, può essere sciolto dal Vescovo, dopo aver consultato il Metropolita. Entro un anno, però, il CPr deve essere ricostituito (cf can ). Art. 35 Le norme del presente Statuto possono essere modificate dal Vescovo di propria iniziativa o su richiesta di almeno due terzi dei Consiglieri.
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