Proteolisi acida catepsine Proteolisi calcio-dipendente calpaina calpstatina Formazione endocellulare dei legami incrociati transglutaminasi

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1 Proteolisi acida I lisosomi contengono proteasi con optimum di attività a ph acido. Sono le catepsine A, D ed E. Le catepsine sono cistein-proteasi (possiedono una cisteina nel sito attivo). Proteolisi calcio-dipendente Esistono importanti proteasi che si attivano con aumento del livello del calcio endocellulare. Sono la calpaina (una cistein-proteasi) che, più che alla degradazione completa di una proteina, sembra deputata al taglio specifico di precisi tratti peptidici. Opera cioè dei tagli selettivi. Esiste la calpstatina, che è una proteina inibitrice della calpaina. Formazione endocellulare dei legami incrociati Tra le modifiche post-sintetiche occorre ricordare quella indotta dalla transglutaminasi. Tale enzima catalizza la seguente reazione: Esistono tre tipi di transglutaminasi: extracellulare, come il Fattore XIII della coagulazione, che guida la formazione di legami incrociati sulla fibrina; extracellulare, come quella dei cheratinociti, che porta all insolubilizzazione e irrobustimento dei materiali di produzione ectodermica (peli, corna, etc.) endocellulare di funzione sostanzialmente ignota. La endocellulare ha due importanti proprietà: è calcio dipendente è inibita da livelli fisiologici di GTP E certo che un forte aumento del calcio endocellulare porta all attivazione di tale enzima. Ciò comporta la formazione di tanti legami incrociati (qualunque Gln è donatore e qualsiasi AA con ammino gruppo primario, per esempio lisina, funge da accettore = formazione di cross-linking = inattivazione di qualsiasi proteina). Quindi questo enzima è una specie di mina vagante : la sua attivazione coincide con la morte cellulare. Infatti si dice che questo enzima si inserisce nel processo di morte programmata cellulare (apoptosi) (fase tardiva). 44

2 EF hand Calmodulina 45

3 Apoptosi Apoptosi = cellula che muore. Può essere dovuto a diverse cause. Se espongo una cellula a ph bassissimo questa cessa di vivere e si disgrega. Morte cellulare programmata = individua processi di rimozione di cellule che non servono più e si assiste all attivazione di più geni. Quindi Apoptosi e Morte cellulare programmata non sono sinonimi. Comunque è di uso comune il termine apoptosi. Nematode Caenorhabditis elegans: una serie di geni (ced-3, ced-4, ced-9) rivestono un ruolo nel regolare la morte di 131 cellule su 1030 totali. La via dell apoptosi non è unica. Comunque sono implicate più proteine. c-myc è una proteina (vedi pag.114) codificata da un oncogene. È un fattore di trascrizione fosforilabile che si lega al DNA con leucine zipper. (myc è l oncogene; Myc è la proteina da esso codificata). È coinvolta nel processo apoptotico ma il suo ruolo non è ben chiaro. P-53 è una proteina di PM = 53000, denominata soppressore di tumori. Molto importante perché alterata in circa il 50% dei tumori. N Trans-attivazione CORE (legame al DNA) Dominio per oligomerizzazione C La p-53 arresta lo sviluppo di cellule con DNA danneggiato. Ha alta affinità per specifiche sequenze sul DNA. In risposta al DNA danneggiato, determina sovraespressione della p21 con blocco della proliferazione cellulare e persistenza in fase G1 del ciclo cellulare. p53 = soppressore di tumori Ciclo apoptotico: dopo aver ricevuto il segnale apoptotico la cellula aderente (a) si libera (b) e condensa il suo DNA (c), che risulterebbe da una frammentazione del DNA. In (d) il nucleo si suddivide in masse discrete. In (e) si producono vescicole apoptotiche che sono riconosciute e fagocitate dai macrofagi o da cellule vicine. (Ruolo centrale delle Caspasi nell apoptosi: vedi pag.48) L evento apoptotico blocca la proliferazione cellulare (intervengono diverse entità, tra cui c-myc e p53). Si osserva un aumento di calcio endocellulare che, a sua volta, attiva un endonucleasi (calcio dipendente) ed una transglutaminasi (pure essa calcio dipendente). L endonucleasi scinde il DNA nei siti internucleosomali. In pratica catalizza il passaggio da (c) a (d). 46

4 Caspasi (vedi TIBS, agosto 1997, pagg ) Con il termine caspasi si indicano alcuni enzimi proteolitici endocellulari che svolgono un ruolo importante nel processo apoptotico (apoptosi-generalità vedi pag.46). Torneremo a parlare di questi enzimi più avanti. Ora vediamo le loro più importanti proprietà biochimiche. L enzima che è stato descritto per primo (caspasi-1) è l Interleukin- Converting Enzime (ICE). ICE e caspasi-1 sono sinonimi. Questo enzima è una cistein proteasi che partecipa al processo di maturazione dell interleuchina- 1β: esiste un precursore di tale interleuchina (la pro-interleuchina 1β), che è una citochina inattiva di peso molecolare 32 kda. La ICE/caspasi-1 catalizza la scissione idrolitica nella pro-interleuchina 1β, idrolizzando un legame peptidico tra l Aspartico 116 e l Alanina 117, generando la forma matura, biologicamente attiva, di questa citochina. Tale taglio proteolitico è altamente specifico, e il residuo dell acido aspartico è preceduto dagli amminoacidi H (His), E (Glu) e W (Trp). Ovvero: Tale sito è individuato soprattutto per l acido Aspartico (D), e per gli amminoacidi che lo precedono nella direzione N-terminale. Tra essi è particolarmente importante la posizione 4 (W). L interleuchina-1 può essere di tipo α e di tipo β. La β è predominante nell uomo, mentre la α è predominante nel topo. L interleuchina-1 (IL-1) produce un ampia serie di risposte, tutte assai importanti. In questa sede non è possibile esaminarle esaurientemente. Accenniamo soltanto alla stimolazione sulle cellule T, per la produzione di altre interleuchine (IL-2) e dell interferone-γ. L IL-1 agisce anche sui macrofagi, stimolandone la produzione di specie reattive dell ossigeno. Inibisce inoltre la crescita di cellule endoteliali. Promuove processi trombotici e attenua i meccanismi anticoagulanti. Questo enzima proteolitico (ICE/Caspasi-1) è una cistein-proteasi, ovvero presenta un residuo essenziale di Cisteina (C) nel sito attivo. Invece le catepsine (proteasi lisosomiali) e la calpaina (proteasi calcio dipendente) possiedono il residuo essenziale di serina nel sito attivo. Nelle caspasi tale C è inserita nella sequenza QACxG, dove x rappresenta qualsiasi amminoacido (Q = Glutammina, Gln). Essendo stata descritta la ICE, fu possibile trovare un enzima ubiquitario ad essa omologo. Si tratta della Caspasi-3, che è presente nelle cellule nello stato inattivo, per subire un taglio proteolitico esso stesso. Presenta quindi un meccanismo di attivazione proteolitico, analogamente a quanto accade per altri enzimi proteolitici (secreti sotto forma di zimogeni). Inizialmente tale caspasi-3 fu identificata come espressione del gene ced-3 nel Caenorhabditis elegans. Tale nematode presenta nel suo sviluppo la programmata distruzione di 131cellule su 1030 totali. La distruzione di tali cellule è promossa dai geni ced-3, ced-4 (ced = CaEnorhabditis Death). Invece ced-9 sopprime l azione di ced-3 e di ced-4 nelle cellule che sopravvivono. Nei vertebrati è stato individuato l omologo di ced-3, che codifica la caspasi-3, mentre ced-9 è correlato al gene bcl-2 che è stato identificato inizialmente nei mammiferi come proto-oncogene. Nessun omologo di ced-4 è stato sino ad oggi identificato nei vertebrati. 47

5 Proprietà enzimatiche delle caspasi La figura riportata da TIBS 22(260), p300(1997) illustra le proprietà delle caspasi. Sostanzialmente esistono due sottofamiglie. La subfamiglia di caspasi correlate alla ICE, e la subfamiglia di caspasi correlate a CED-3. Quindi sono state descritte almeno 10 caspasi. E interessante studiarne l attivazione. Sono tutte prodotte come forma inattiva di peso molecolare Da. Tutte contengono QACxG nel sito attivo, dove esiste un massimo di omologia (similarity). La maturazione avviene per un doppio taglio proteolitico in corrispondenza di siti del tipo ---Asp - x. Poiché le caspasi (vedi ICE pagina precedente) agiscono su Asp, è proponibile un possibile meccanismo di auto-attivazione delle caspasi stesse. Nella figura tali siti di taglio sono indicati da. Quindi dal polipeptide precursore di Da si ottengono due subunità: una subunità di peso molecolare maggiore (Large subunit Da), ed una subunità con peso molecolare ½ della maggiore (Small subunit Da). La parte N-terminale (Prodomain) scompare. Questi spezzoni sono caratteristici di ICE. Per le altre caspasi esistono alcune differenze. Esistono evidenze che membri della sottofamiglia ICE (caspasi-5, -4 e 1) svolgano un ruolo predominante nell infiammazione, mentre membri della sottofamiglia CED-3 sono principalmente coinvolti nel processo apoptotico, anche se non in forma esclusiva. 48

6 Struttura quaternaria delle caspasi Alcune caspasi sono state cristallizzate e sono state analizzate ai raggi-x. Sono formate da 2 subunità di PM , e da due subunità di PM Le subunità più piccole sono centrali ed interagiscono. Le caspasi vengono pertanto rappresentate con lo schema riportato a lato. Il sito attivo (sequenza QACXG) si trova nella subunità di PM maggiore. La cristallografia ha fornito indicazioni precise circa la sequenza proteica individuata dalle caspasi. Substrati delle capsasi della subfamiglia Ced-3 Per l individuazione dei substrati fisiologici delle caspasi è estremamente utile conoscere le sequenze proteiche riconosciute da tali enzimi, in corrispondenza delle quali le caspasi apportano il taglio proteolitico. E accertato che è determinante una sequenza di 4 amminoacidi, numerati per convenzione -4, -3, -2, -1. Ovvero è individuata una sequenza proteica che precede (in direzione dell N-terminale) il legame idrolizzato. Il taglio avviene dopo l AA -1 che è invariabilmente un residuo di acido aspartico (D). Tra le caspasi della subfamiglia Ced-3, è stato accertato che la stessa CED 3, ma anche CED 7 e CED 2 richiedono i seguenti amminoacidi: Invece le Caspasi -6, -8, -9 preferiscono la sequenza (I/L/V)EXD. Queste importanti conoscenze sono state ottenute con l approccio combinatoriale. In pratica l enzima interagisce con una miscela di tetrapeptidi con tutte le combinazioni possibili di 4 AA. Si va poi a verificare la sequenza del peptide effettivamente legato alla caspasi. Con queste indicazioni fu chiesto alle banche dati quali proteine vittime presentavano le sequenze individuate. Ne sono state individuate una ventina. Tra esse citiamo alcune vittime della Caspasi-3: PARP: Poli ADP Ribosio Polimerasi. E un importante enzima (vedi pag.193) coinvolto nella riparazione di danni al DNA. DNA-PK: è una proteina cinasi DNA-dipendente. E coinvolta nella riparazione di danni al DNA. Rb: è l importante proteina da Retinoblastoma, che consente la trascrizione dei geni necessari per l ingresso in fase S (il suo ruolo nella progressione del ciclo cellulare verrà discusso più avanti). Si comprende che la scomparsa di tali proteine determina la disarticolazione di delicate funzioni cellulari, in linea con un progetto suicida della cellula stessa. Ipotesi circa l attivazione in vivo delle caspasi. La figura della pagina seguente riporta il quadro delle conoscenze attuali. I meccanismi ipotizzabili sono sostanzialmente due. Via Bcl-2/Bax dipendente. Esiste una via, che analizziamo per prima, che è la meno conosciuta (a destra nella Figura): una serie di stimoli extracellulari (genotoxic damage, cytotoxic stress, ecc.) porta all attivazione della caspasi-3 (oppure 7), che da dormant proenzyme diventa active heterodimer. Alcune proteine target (per esempio le sopra citate PARP-DNAPK-Rb) vengono degradate in corrispondenza di una sequenza Asp - X. Questa via di attivazione dell apoptosi è controllata da Bcl-2(che la inibisce) mentre Bax la consente. Via dipendente dal recettore per TNF. Esiste una citochina nota come Tumor Necrosis Factor (TNF), di peso molecolare 17 kda (157 AA) che si lega al recettore presente sulla membrana plasmatica delle cellule bersaglio. Tale recettore transmembrana per TNF (esiste anche il recettore Fas, detto Apo-1) è il TNF-R, che forma un dimero, analogamente a quanto avviene per molti altri recettori di citochine. TNF: struttura β-jellyroll (anello gelatinoso). Vedi pag

7 Tale recettore ha la caratteristica di non presentare attività tirosin cinasica, che invece caratterizza la maggioranza dei recettori di fattori di crescita (per esempio EGFR e PDGFR). Le risposte biologiche al TNF sono molteplici. In breve si può dire che cellule trasformate, esposte al TNF, avviano un progetto apoptotico, e quindi si auto-eliminano. Nella parte citoplasmatica il TNFR presenta un dominio DD (Death Domain), che arruola una proteina adattatrice che presenta anch essa un altro DD. Si ha interazione DD-DD. Tale proteina adattatrice, arruolata dal recettore, possiede anche un dominio DED (Death Effector Domain) ed è contraddistinta dalla sigla FADD (Fas Associating protein with a Death Domain). In letteratura tale proteina adattatore è anche indicata con la sigla MORT1 (Mediator Of Receptor induced Toxicity n 1). Per evitare confusione si usa utilizzare ambedue gli acronimi, ovvero FADD/MORT1. L adattatore FADD/MORT1 arruola, con il dominio DED, una caspasi (per esempio la 8). Infatti tale caspasi-8 contiene al C-terminale un omologo dominio DED. La caspasi si attiva, forse con meccanismo autoproteolitico (peraltro teoricamente possibile, visto che il taglio che deve subire per l attivazione è in corrispondenza di Asp-X), e proteolizza la caspasi-3, attivandola. Quindi si avrebbe una processo a cascata, cui parteciperebbero due diverse caspasi (prima la 8 e poi la 3). Nella figura, a destra, viene indicata anche la via Citotossica dei Linfociti T (CTL), e delle cellule natural killer. In tal caso la Granzyme B, che presenta attività caspasi-simile (anche se è una serin-proteasi, mentre le caspasi sono cistein-proteasi), entra nella cellula bersaglio attraverso il poro di perforina, attivando in essa la caspasi endogena. 50

8 Coagulazione del sangue nei Vertebrati È un processo molto complesso che vede una varietà di modifiche post-traduzionali; in gran parte comprende delle modificazioni dovute a enzimi proteolitici. È un tipico esempio di convergenza di vie. Abbiamo la via intrinseca e la via estrinseca che convergono verso una via finale comune. 1. Via intrinseca: è innescata dal contatto del sangue con una superficie anormale, prodotta da una lesione. Sono almeno due le proteine, il chininogeno e la callicreina, che avviano la via intrinseca. 2. Via estrinseca: in apparenza più semplice dell intrinseca, è avviata dal rilascio di un fattore tissutale. Entriamo nel merito di questo processo approfondendo l ultimo stadio (formazione del coagulo di fibrina) per poi retrocedere. Conversione fibrinogeno fibrina (I I a ) Il fibrinogeno, precursore della fibrina, è una proteina di PM dalton, formato da 2 subunità A α, 2 subunità B β e 2 subunità γ. A α significa catena con zona A (18 residui) all Nterminale. Per proteolisi da parte della trombina questa estremità si stacca e resta la catena α. Così B β perde, per azione della trombina, il frammento amminoterminale B (20 residui) restando la catena β. γ non subisce modifiche. La trombina ha una notevole specificità di taglio: stacca A e B idrolizzando sempre legami Arg-Gly nelle code di A α e B β. Nel fibrinogeno sono raffigurati nei domini globulari terminali zone che contrassegnano l interazione con il dominio globulare centrale dove si smascherano zone che accettano l interazione a seguito della rimozione dei fibrinopeptidi A e B. semplicisticamente c è un interazione complementare tipo chiave-serratura. Nei terminali troviamo le chiavi. Nella centrale troviamo le serrature, sempre di tipo α o β. Da questa serie di interazioni si forma il polimero di monomeri di fibrina, dovuto al ripetersi di tante interazioni tra i domini globulari e quelli centrali. Nell illustrazione in alto sono riprodotte queste interazioni. Attenzione: una chiave interagisce con la serratura centrale di un altra molecola di fibrina. Quindi le interazioni sono inter-molecolari e non intra-molecolari come, per semplicità, è riportato. 51

9 Il fibrinogeno ha una lunghezza di circa 460 Å. I vari monomeri di fibrina, associandosi nel modo su indicato, consentono la formazione di bande ripetitive distanziate di 230 Å. Il polimero non si forma solo perché vengono a crearsi le serrature nella zona globulare centrale. Il distacco dei fibrinopeptidi determina una forte variazione di carica elettrica. I fibrinopeptidi presentano molti residui di Asp e Glu. Inoltre, in B, è stata trovata la tirosina solfato. In definitiva, con il distacco di A e B, la carica netta del dominio globulare centrale passa da 8 a +5. Ogni dominio globulare terminale ha comunque una carica netta di 4. Quindi si creano cariche di segno opposto che contribuiscono alla formazione del lattice. Azione della transglutaminasi Il coagulo viene anche stabilizzato da legami covalenti. Esiste il fattore XIII a della coagulazione che è una transglutaminasi (vedi pag.44). questo è un enzima extracellulare. È pure esso attivato da calcio. La reazione consiste nella formazione di legami isopeptidico tra un residuo Gln ed un residuo (di un altra catena) Lys con eliminazione di NH 3. Il fattore XIII a, detto anche fattore stabilizzante la fibrina, è in circolo in forma inattiva. La trombina (enzima proteolitico) trasforma: trombina XIII XIII a Inattivo attivo Quindi, la trombina, ha una duplice azione (e ne ha altre ancora): 1) trasforma fibrinogeno fibrina 2) trasforma XIII XIII a Questo enzima è senz altro importante. Soggetti che, per ragioni genetiche, difettano di questo enzima (il XIII), hanno una pronunciata tendenza a sanguinare. Conversione Protrombina-Trombina (II II a ) La trombina è un enzima proteolitico. È una serin-proteasi, simile alla tripsina. La sequenza intorno al sito attivo è Gly-Asp-Ser-Gly-Gly-Pro; ed è la stessa di altre serin-proteasi pancreatiche. Viene prodotto, come altri zimogeni, in forma inattiva (pro-trombina), ed è convertita a trombina dal fattore X a (o fattore di Stuart), che è anch esso un enzima proteolitico. La protrombina è formata da 582 AA. Il fattore X a scinde in corrispondenza di Arg 274 Thr 275. Un successivo taglio in corrispondenza di Arg 323 Ile 324 porta alla formazione della trombina attiva, che risulta essere costituita dalle catene A e B, tenute insieme da un ponte disolfuro. Tale A- B (= II a ) viene rilasciato. Il sito attivo è in B. Si osservi che i siti di taglio da parte del fattore X a contengono, in ambedue i casi, l AA Arg. (Anche la tripsina richiede Arg o Lys). Il frammento N-terminale (274 AA) ha un importante funzione: ancora la protrombina alla superficie delle piastrine e si ha il rilascio del C-terminale ( ). 52

10 L N-terminale presenta ben 10 residui di un amminoacido insolito: γ-carbossi-glutammico (Gla), che si forma mediante una modifica post-sintetica nel glutammato: in posizione γ viene inserito un altro carbossile. Si ha una catena laterale con elevata affinità per il calcio ++. Tra i primi 33 AA dell N-terminale non esiste Glu, bensì esistono ben 10 Gla: Sulla superficie esterna delle piastrine si realizza una concentrazione localizzata di : I) protrombina (II) legata alla membrana tramite N-terminale II) fattore X a, che converte II in II a + Von Willebrandt (vedi pag.56) III) fattore V a, che accelera la conversione di II in II a di ben volte. (Il fattore V è denominato accelerina). Il processo è strettamente calcio-dipendente ed autocatalitico. Anche i fattori VII, IX e X contengono residui di Gla. Meccanismo autocatalitico: X V a V X a protrombina trombina II II a Autospegnimento: questo della coagulazione del sangue è un classico meccanismo a cascata. Come tale richiede un qualche meccanismo di autoregolamento. Tale correttivo è inserito a livello del fattore II (trombina). La trombina (II a ) non è attiva indefinitamente, prima di tutto perché si autodigerisce e poi perché è inibita dalla antitrombina III, una proteina plasmatici che forma un complesso irreversibile con la trombina inattivandola. Tale antitrombina III si lega anche ad altri fattori (XIII a, XI a, IX a, X a ). 53

11 L eparina (un polisaccaride carico negativamente), che è presente sulla superficie delle cellule epiteliali, agisce da anticoagulante (è usato correntemente per i prelievi di sangue) e aumenta la velocità di formazione dei complessi irreversibili tra antitrombina III, la transglutaminasi e le serin-proteasi della coagulazione (XIII a + XI a, IX a, X a e II a ). L antitripsina (una serpina) non ha normalmente attività antitrombinica. Ma in una rara malattia trasmessa su basi ereditarie si ha una mutazione dell antitripsina (Met 358 Arg) che porta alla comparsa di una forte attività antitrombinica propria di questa antitripsina mutata. Il risultato è che questi soggetti sono estremamente esposti al rischio di emorragie, che possono essere anche letali. Proteina C. Tra i meccanismi di auto-inattivazione ricordiamo quello innescato dalla stessa trombina: la trombina converte un proenzima a Proteina C, che è una proteasi, specifica per i fattori V a e VIII a, che vengono così inattivati. Il fattore V a stimola il X a di circa volte. Il fattore VIII a stimola la proteasi IX a. tale fattore VIII a è assente, o con attività molto ridotta, nella emofilia classica. È il fattore antiemofilico legato al cromosoma X. Processo di γ-carbossilazione Abbiamo visto che la protrombina presenta 10 residui Gla (anche altre proteine implicate nella coagulazione). Come viene inserito questo carbossile? Esiste una carbossilasi che richiede l indispensabile fattore vitamina K (da Koagulation). Si può constatare che la vitamina K presenta la nota catena isoprenica (già vista in ubichinone e dolicolo-p, vedi pag.29). Vitamina K La vitamina K peraltro è molto simile all ubichinone. Anche la vitamina K può ossidarsi e ridursi ciclicamente, (con formazione anche di specie intermedie semichinoniche e radicaliche). Animali da laboratorio alimentati con diete mancanti di vitamina K presentano sangue che non coagula. È stato dimostrato che ciò è dovuto ai fattori VII, IX, X e II (protrombina) mancanti del Gla, incapaci quindi di attivarsi in forma calcio-dipendente. Il dicumarolo è simile alla vitamina K ma non è attivo nella γ-carbossilazione, inibendo tale processo. È infatti un anticoagulante (è anche un disaccoppiante, come il 2,4-dinitrofenolo). Si forma nel fieno ammuffito e pertanto è dannoso per i bovini, che sono più esposti ai rischi di emorragie. Dicumarolo Il residuo Gla non è contenuto solo nella protrombina e nei fattori VII-IX e X. Anche l osteocalcina contiene residui Gla. Tale proteina, legante calcio, è importante nello sviluppo delle ossa. 54

12 Degradazione dei coaguli di fibrina Il coagulo di fibrina non necessariamente deve perdurare. Esiste un enzima, la plasmina, che è una serin-proteasi che idrolizza i legami peptidici della fibrina. La plasmina si forma per attivazione del plasminogeno, con un taglio proteolitico: TPA plasminogeno plasmina (86000) urochinasi dissoluzione del coagulo Tale conversione è operata dall attivatore tissutale del plasminogeno (TPA), proteina con più domini. Questo TPA è utile in terapia: entro alcune ore dalla somministrazione endovena dissolve un coagulo formatosi in un arteria coronaria. Il TPA è oggi prodotto con la tecnologia del DNA ricombinante. Anche l urochinasi converte il plasminogeno in plasmina. È un enzima proteolitico sintetizzato dal gene e presente nelle urine. dominio a forma di dito dominio del fattore di crescita dominio kringle dominio kringle consentono al TPA di legarsi alla fibrina dominio della serin-proteasi Inserto: NiceProt View of SWISS-PROT: P49150 (TPA) 55

13 Via intrinseca della coagulazione del sangue La denominazione intrinseca è dovuta al fatto che tutti gli elementi di tale processo sono presenti nel sangue. Si tratta di diversi fattori. Il processo di coagulazione per la via intrinseca prende le mosse dalla conversione del fattore XII, che è proteolizzato a XIIa (fattore di Hageman). Come premesso a pag.51, sono implicati il chininogeno e la callicreina. Una superficie con cariche negative attiva la via intrinseca e si ritiene che, in vivo, collageno e membrane piastriniche abbiano lo stesso effetto. Comunque lo sviluppo degli eventi di questo cosiddetto sistema di contatto non è, ancora oggi, ben delucidato. Diversi fattori sono implicati nell iniziale conversione precallicreina callicreina. La callicreina, anche se presente in quantità minimali, converte il XII in XIIa (a = attivo), che a sua volta converte altra precallicreina in callicreina: trattasi perciò di un processo autocalitico. Quindi il XIIa converte l XI in XIa. Tale XIa converte l importante fattore di Christmas (IX in IXa). Il fattore IX una glicoproteina contenente Gla (γ-carbossiglutammato), e la conversione IX in IXa richiede calcio. Il fattore IXa converte il fattore X in Xa (tale fattore X è comune sia alla via intrinseca che estrinseca) e richiede il ben noto fattore VIIIa, che è il fattore antiemofilico classico, che deriva dall VIII per azione della trombina. Il fattore VIII è contenuto nel plasma a livelli bassissimi: 0,05 mg/ml. Esistono diversi punti di contatto tra la via intrinseca e la via estrinseca della coagulazione del sangue. Il fattore di Von Willebrandt si lega al fattore VIII (antiemofilico) e lo stabilizza. Inoltre tale proteina lega le piastrine (dove esiste uno specifico recettore) al collageno, contribuendo alla formazione del coagulo. Via estrinseca della coagulazione del sangue Viene attivata molto rapidamente. Occorrono, infatti, circa 12 secondi, mentre la via intrinseca richiede diversi minuti. La via estrinseca è più diretta della via intrinseca. Riceve tale denominazione (estrinseca) perché prende il via da un componente che non si trova nel sangue, bensì nei tessuti. Tale componente è il cosiddetto fattore tissutale (o fattore III della coagulazione), che è una glicoproteina integrale di membrana che si trova in diversi tessuti, che è particolarmente abbondante nel cervello, polmone, pareti dei vasi sanguigni e placenta. Tale fattore tissutale o tromboplastina (TPL) non agisce da solo, bensì richiede anche Ca ++ e fosfolipidi, e tale fattore III (esposto dal trauma, vedi pag.57) accelera la conversione di X in Xa (detto fattore di Stuart). Quest ultimo, da solo, è inefficace. Infatti il fattore VIIa (convertina, che deriva dal VII, proconvertina) è il vero enzima proteolitico che converte X in Xa. Il fattore III potenzia di volte l azione di VIIa. Comunque la conversione della proconvertina (VII) in convertina (VIIa) avviene ad opera degli enzimi proteolitici trombina e callicreina. Esistono altri punti di contatto tra la via intrinseca (più lenta) e la via estrinseca. 56

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16 Biochimica della matrice extracellulare Tra cellula e cellula sono presenti composti di elevata complessità. Il tessuto connettivo in particolare è molto ricco di matrice extracellulare. Non è una struttura inerte che circonda le cellule. Ne influenza infatti lo sviluppo, la migrazione, la forma e le funzioni metaboliche. I componenti principali della matrice sono: Proteine generalmente prodotte in loco dai fibroblasti (per esempio collageno). Sono proteine fibrose. Anche 1 adesive (fibronectina e laminina = 2 Proteine di Adesione; vedi pag.64 in poi). Polisaccaridi denominati in genere glucosamminoglicani (GAG) di notevole complessità. Si hanno poi associazioni tra proteine e GAG (Proteoglicani). Possiamo riassumere che: l associazione di glucosamminoglicani e proteoglicani forma una SOSTANZA FONDAMENTALE, gelatinosa, fortemente idratata, nella quale s inseriscono le proteine fibrose. (La sostanza fondamentale è detta anche sostanza di base). Fase acquosa del gel di polisaccaridi: consente la diffusione delle sostanze nutritizie. Fibre di collageno: rafforzano la matrice Fibre di elastina: conferiscono elasticità Fibronectina: favorisce il congiungimento dei fibroblasti e delle cellule affini con la matrice Laminina: favorisce il congiungimento delle cellule epiteliali con la lamina basale. Glicosamminoglicani e Proteoglicani I polisaccaridi che sono presenti nella matrice hanno notevole complessità. Vediamo di introdurre un indispensabile classificazione di tali zuccheri: Monosaccaridi. Zuccheri semplici con 5 (pentosi) o 6 atomi di carbonio (glucosio e fruttosio). Oligosaccaridi. Risultano dall unione di 2 o più unità monosaccaridiche (per esempio saccarosio, che deriva dall unione di glucosio e fruttosio). Polisaccaridi. Sono polimeri ad elevato peso molecolare. Si dividono in omopolisaccaridi, formati dalla riunione, con eliminazione di H 2 O, di sempre la stessa unità (per esempio amido = polimero del glucosio). Abbiamo poi gli eteropolisaccaridi, formati da 2 o 3 diverse unità monosaccaridiche che si ripetono. Tra gli eteropolisaccaridi troviamo i mucopolisaccaridi. Tra questi, quelli acidi sono molto rappresentati e sono contraddistinti con il termine glucosamminoglicani (GAG). La loro struttura è complessa. Esistono tuttavia alcuni elementi semplificanti: Le varie unità monomeriche sono unite da legami glucidici tipo testa-coda. Sono cioè polimeri bidimensionali. Non esistono ramificazioni (se ci riferiamo solo alla struttura glucidica). Le unità monomeriche sono: D-glucosio, D-galattosio, acido glucuronico o derivati amminati e solforilati. Acido ialuronico È il GAG più semplice. Due monosaccaridi si ripetono n volte. L acido D-glucuronico è unito con legame β,1 3 con un residuo di N- acetilglucosammina. È tipico il legame glucosidico di tipo β tra l ossidrile 1 del glucuronico e l ossidrile 3 della NAG (l altro legame è più comune: β,1 4). L acido ialuronico è contenuto in vari tessuti connettivi: corpo vitreo, pelle, cartilagine, liquido sinoviale.non presenta residui solforici (presenti invece in tutti gli altri GAG). È caratterizzato da PM enormi, anche milioni di daltons. In soluzione assume una struttura ad elica, con 3 residui disaccaridici per giro. 59

17 È stato dimostrato che la sua sintesi è incrementata quando è necessaria la migrazione di cellule. L acido ialuronico, grazie alle sue caratteristiche, attira molta acqua. Assolta la sua funzione viene degradato dall enzima ialuronidasi. Importante: l acido ialuronico è l unico GAG puro, nel senso che non è legato a proteine. Tutti gli altri GAG partecipano alla formazione dei proteoglicani, si hanno cioè strutture GAG + proteine. Collagene 300x1.5 nm Acido ialuronico 8x10 6 Dalton Atri GAG 60

18 Proteoglicani Come per le altre proteine glicosilate, anche la proteina del nocciolo dei proteoglicani viene estrusa nel cuore del Reticolo Endoplasmatico Rugoso e lì viene glicosilate (anche nel Golgi). Vengono individuate Serine appartenenti alla sequenza: Asp (o Glu)-Asp (o Glu)-X-Ser-Gly-X-Gly (diversa quindi dalle altre glicosilazioni; era: Asn-X-Ser o Thr e la glicosilazione avveniva all N dell Asn). A tale Ser viene ancorato un trisaccaride di collegamento e poi la catena più o meno estesa del GAG. Le solforilazioni e le acetilazioni avvengono dopo la costruzione della catena eteropolisaccaridica. Qui accanto è riportato lo schema di un proteoglicano tipico della cartilagine (PM circa ). Le catene GAG sono lineari e si ha 1 GAG ogni circa 20 AA del nocciolo. Possiamo confrontare questi proteoglicani con le proteine glicosilate. 61

19 Esistono in forme molto varie. Aggregati di proteoglicani I proteoglicani possono associarsi a formare aggregati con catene di acido ialuronico. Mentre i proteoglicani sono stabili e possiedono componenti tenuti assieme da legami covalenti, questi aggregati possiedono interazioni non covalenti. L anima centrale è costituita da una grande catena di acido ialuronico. A questa aderiscono tante proteine di collegamento (a struttura globulare) che a loro volta legano la proteina (coda) del nocciolo dei proteoglicani. Questi aggregati possono raggiungere dimensioni enormi, con PM di alcune centinaia di milioni. La loro lunghezza può raggiungere anche alcuni µm (paragonabile quindi ad un batterio come E.coli). (vedi pag.293 Voet & Voet) 62

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21 Fibronectina (proteina di adesione) Nella matrice extracellulare troviamo alcune proteine di adesione. Tra queste ha una notevole importanza la fibronectina. Ha una struttura dimerica, risultando dall unione, mediante 2 ponti disolfuro in prossimità dei C-terminali, di due catene polipeptidiche di grandi dimensioni. Infatti ogni catena è formata da amminoacidi. Nella catena esiste una successione di 30 domini, alcuni dei quali sono riconducibili a moduli già presi in esame (vedi pag. 2). Sono tutti domini di tipo in line, disposti in successione. Nel complesso la catena è dotata di una grande flessibilità, e riesce a fare da legante tra vari elementi della matrice extracellulare, legando anche cellule. Infatti esistono, in successione a partire dall N-terminale: 6 domini fibronettina di tipo I (legame a fibrina ed eparina); 2 domini fibronettina di tipo II (legame a gelatina e collageno; in realtà è condiviso con i domini di tipo I adiacenti); 3 domini fibronettina di tipo I; 18 domini fibronettina di tipo III (il decimo dominio di tipo III lega cellule); 3 domini fibronetticna di tipo I (legame alla fibrina). In totale: 12 domini fibronettina di tipo I (45 AA) 2 domini di tipo II (60 AA) 18 domini di tipo III (90 AA) Qui sopra è riportato uno schema approssimato di questa macromolecola, con evidenziati gli importanti siti di interazione. Qui sotto è riportato uno schema più dettagliato della fibronettina (da Ann. Rev. Biochem. 57, 375, 1988). La fibronettina può presentarsi sotto varie forme. E codificata da un unico grande gene ( coppie di basi con 50 esoni) e, mediante splicing alternativo, si ottengono 20 differenti RNA maturi. 64

22 Essendo una proteina modulare, è interessante vedere in quali altre proteine sono presenti certi moduli. Il Dominio fibronettina tipo I è presente anche in: Attivatore tissutale del plasminogeno (TPA), che converte il plasminogeno a plasmina, che digerisce i coaguli formati dalla fibrina (vedi pag. 51). fattore XII della coagulazione (fattore di Hageman). Il Dominio tipo II è ritrovato anche in: fattore XII della coagulazione (fattore di Hageman) urochinasi gruppo di proteine del plasma seminale Il Dominio tipo III è quello più caratterizzante la fibronettina, perchè in uno dei 13 domini presenti, più precisamente nel decimo, esiste una sequenza caratteristica che si lega alle cellule. Le cellule possono legarsi all RGD della fibronettina perché contengono le integrine, che sono proteine di adesione transmembrana. Tale sequenza è: Arginina- Glicina-Aspartico (R-G-D). Vediamo ora nei dettagli di cosa si tratta. il ripiegamento di tale dominio di tipo III è riconducibile al noto ripiegamento tipo immunoglobulina (vedi pag.67). Esistono 3 catene di tipo β antiparallele, su di un piano (sono le catene ABE) e 4 catene di tipo β antiparallele, su di un altro piano (sono le catene GFCC ). Comunque gli aspetti collegati alla struttura terziaria sono trattati dopo. la struttura primaria di tali domini è riassunta qui sotto: Sulla sinistra viene specificato che la sequenza è relativa a fibronettina (Fn) ed è di tipo III (3). Tutte le sequenze sono di domini Fn3. Viene quindi specificato che la prima sequenza è relativa al decimo dominio di tipo III, quindi la seonda riga riporta il nono dominio, poi l undicesimo, e quindi il quarto. Ne vengono riportate solo alcune. Si può facilmente verificare che esiste una forte omologia nei tratti A, B, C, C, E, F, G. Si può verificare, tra il tratto F e quello G, che soltanto Fn3-10 (cioè la sequenza della Fibronettina di tipo III, decimo dominio) contiene RGD. Dimostrazione della funzionalità di RGD (Vedi pagina seguente) Erano disponibili vari peptidi di sintesi riproducenti una parte del decimo dominio di tipo III della Fibronettina. Ad una superficie solida venivano legati i rispettivi peptidi a varie concentrazioni. Nella colonna di destra vengono indicate le concentrazioni per le quali si aveva il 50 % di ritenzione di cellule di rene di ratto. Minore è la concentrazione del peptide, e più efficace è l affinità del peptide per le cellule. La fibronettina nativa è, ovviamente, la più efficace. E sufficiente che sia stata legata ad una concentrazione di 0,10 nmoli/ml. Il peptide più grande (30 AA) è il primo (YAVTGRGDSPA ecc) e, già da solo, ha una buona capacità di legame. Infatti lega il 50 % delle stesse cellule ad una concentrazione che è soltanto 2,5 volte più elevata di quella della fibronettina nativa. Questo risultato è già rilevante, ed indicativo che in tale peptide (che contiene RGD) risiede la parte della fibronettina responsabile del legame alle cellule. Si tenga presente che in tale peptide sono presenti soltanto 30 AA dei che compongono la fibronettina! 65

23 Utilizzando altri peptidi si conferma che RGD è la sequenza che effettivamente lega le cellula. Infatti il secondo peptide, che contiene ancora RGD, lega ancora, seppure con minor affinità. Il terzo peptide non lega per niente: infatti non contiene RGD. Gli effetti degli altri peptidi testati sono facilmente interpretabili. Ann. Rev. Biochem. 57 (1988) 66

24 Struttura del dominio di tipo III della fibronettina Qui sotto è riportata la struttura del dominio tipo immunoglobulina (d - vedi anche pag.2), e del dominio di tipo III della fibronettina, che risulta una modificazione del primo. Vediamo perché. Analizziamo prima il dominio, o modulo, tipo immunoglobulina. (vedi anche schema sottostante la figura). I filamenti β sono disposti su due foglietti, ovvero su due piani differenti. Partendo dall Nterminale troviamo il filamento A (sul piano inferiore nella figura), che prosegue in B, per poi passare a C nel piano anteriore. La catena polipeptidica prosegue poi in D (ritornando quindi al piano inferiore ) e quindi nell adiacente filamento E. Quindi il foglietto inferiore (nella figura) è completato. Si può constatare che ABED sono, tra loro, tutti antiparalleli. Dopo E la catena polipeptidica prosegue con F (piano anteriore ), e quindi con G. Anche il foglietto anteriore presenta GFC antiparalleli. Per il dominio di tipo III della Fibronettina, si può osservare la figura (e), e lo schema. La collocazione di A e B è omologa a quella presente nel dominio tipo immunoglobulina base. Si passa quindi a C nel piano anteriore, ma dopo C esiste un filamento extra C adiacente. Il polipeptide prosegue poi nel foglietto β posteriore con il consueto filamento E (omettendo quindi il filamento D, qui assente). Dopo l E, la catena polipeptidica prosegue con i filamenti F e G, presenti però nel foglietto anteriore. L ansa con la sequenza RGD (Arginina - Glicina - Aspartico) è presente solo nel decimo dominio di tipo III della fibronettina. E collocata tra i filamenti F e G. Schema del dominio tipo Immunoglobulina (sopra), e del dominio tipo Fibronettina di tipo III (sotto) 67

25 Lamina basale Sono molto distribuite (alla base delle cellule epiteliali, circondano le cellule di Schwann, etc.) Le lamine basali sono costituite da: collageno, proteoglicani (principalmente eparansolfati) e la glicoproteina laminina, che è una grande molecola a forma di croce, con domini funzionali: uno si lega al collageno, un altro all eparansolfato, uno o più a proteine recettrici esposte dalle cellule interagenti con la lamina basale. 68

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27 Integrine Appartengono alla famiglia delle molecole di adesione. Le integrine formano una classe numerosa di proteine transmembrana. Collegano la matrice extracellulare con il citoscheletro all interno di cellule. Svolgono un ruolo attivo, nel senso che certe interazioni sono attivate da particolari segnali. Il loro legame è bidirezionale: dall esterno può nascere un segnale che scatena interazioni all interno della cellula e viceversa (vedi adesioni di cellule a segnali particolari). La fibronectina (vedi pag.64) si lega attraverso le sue sequenze RGD a recettori cellulari. Questi sono fondamentalmente costituiti dalla vasta famiglia delle integrine. Tali proteine realizzano un collegamento transmembranale tra la matrice e il citoscheletro all interno della cellula. Infatti ai C-terminali le integrine, recettori per la fibronectina, si legano alla talina, che, a sua volta, è legata alla vinculina, che è legata all estremità di un filamento di actina (microfilamenti). Uno schema di questa intricata rete è ben documentata da: Sono state descritte diverse forme di integrine: circa 10 diverse subunità α e circa 10 diverse subunità β. Una α è sempre collegata con una β. Nel lavoro sopra citato sono descritte 20 integrine che nascono dalla combinazione delle diverse subunità α e β. In Fig.1 è illustrata la struttura di 3 diverse α, due delle quali presentano il sito di scissione da parte di proteasi (P). Esiste il dominio Trans Membrana (TM). In α IIb esistono i 4 classici domini tipo EF-hand leganti calcio. Nella figura è inoltre riportato lo schema di una particolare β, con residui ricchi di cisteina. 70

28 Dall unione di una α ed una β nasce una complessa transmembrana che può riconoscere: Sequenza RGD sul X mo dominio di tipo III della fibronectina (vedi pag.67) Collageno Molecole di Adesione cellulare (CAM) e Laminine Quindi integrine diverse riconoscono particolari e specifiche molecole extracellulari di vario tipo (non solo fibronectina). Meccanismo di adesione: particolari segnali intracellulare determinano l adesività transiente delle cellule ad altri substrati. È stata studiata in dettaglio, per esempio, l adesione delle piastrine alla parete di un vaso sanguigno. Le piastrine possono ricevere un segnale extracellulare che porta anche all attivazione dell integrina che si lega al fibrinogeno = aggregazione piastrinica. Tutte le interazioni inter-cellulari che portano all attivazione per antigeni dei linfociti T sono mediate da integrine. Se dei linfociti sono attivati con il noto Forbolo Miristato Acetato (PMA: vedi pag. ) si ha rapida attivazione del linfocita con la specifica integrina αβ che si lega alle I-CAM (IntraCellular Adhesion Molecole; vedi CAM pag.73) nell ambito dei minuti. In tale processo è quasi sicuramente coinvolta la proteina cinasi C (PKC). È stato dimostrato che la PKC non agisce direttamente sul lato citoplasmatico dell integrina, quindi altre entità sono coinvolte in questa trasmissione di messaggi dall interno all esterno di una cellula. Interazione integrine-citoscheletro (vedi pag.1051 Alberts III ed.) E possibile evidenziare la fibronectina con anticorpi specifici coniugati a sostanze fluorescenti (per esempio rodamina, che conferisce una fluorescenza rossa). Fibroblasti in coltura presentano in (A) delle striature con un certo orientamento. Si può anche evidenziare l actina intracellulare con anticorpi anti-actina accoppiati a fluorescenza (verde). In (B) appaiono i filamenti di actina con lo stesso orientamento dei fasci di fibronectina extracellulari. È stato ipotizzato che le integrine operino un collegamento tra fasci di actina cellulari e la fibronectina della matrice secondo il seguente modello: 71

29 In questo modo si creano le fasce (o placche) di adesione. La p60 src è dotata di un estremità idrofobica all N-terminale (miristoile; vedi pag.24). Nella sua forma v (virale) è iperattiva ed esprime attività tirosin-cinasica sui recettori della fibronectina (o integrine). Le indagini di laboratorio hanno evidenziato che tali fosforilazioni indeboliscono il legame del recettore per la talina (all interno della cellula) e per la fibronectina. (La p60 src è inattiva quando è legata all hsp-90, una chaperonina; vedi pag.12). Inoltre si osserva che le cellule infettate da src producono grandi quantità di attivatore tissutale del plasminogeno (vedi pag.55), che agisce sì sul plasminogeno che diventa plasmina e quindi può dissolvere i coaguli di fibrinogeno, ma che può direttamente, come TPA di per sé, intervenire a dissolvere (o indebolire) le placche di adesione. 72

30 Proteine implicate nelle interazioni cellula-cellula (vedi pag.1111 Alberts III ed.) Esiste l importante famiglia delle Molecole di Adesione Cellulare (CAM). Possono essere calcio dipendenti e non. In particolare le Caderine sono calcio dipendenti e responsabili dell adesione tra cellula e cellula nei vertebrati in forma calcio-dipendente. Caderina-E: è presente in molti tessuti epiteliali Caderina-N: è presente nei nervi Caderina-P: è presente nella placenta Sono in genere proteine transmembrana. Sono formate da AA. 5 domini extracellulari sono simili e legano (almeno 3 di essi) il calcio. Nell ultimo dominio, la sequenza H (His)-A (Ala)-V (Val) è importante per il legame ad altre cellule (infatti peptici contenenti la sequenza HAV inibiscono il contatto tra cellule). La parte citoplasmatico lega le catenine (correlate alla vinculina). Esistono poi altre proteine di connessione (non indicate) che legano ai microfilamenti di actina. La mancanza di calcio extracellulare determina la mancata adesione tra cellule tenute insieme da caderine e tali caderine (senza il Ca ++ ) subiscono un cambio conformazionale che le rende suscettibili di attacco e degradazione da parte di proteasi. Le caderine formano legami, in genere, di tipo OMOFILICO, cioè estremità N di una caderina con un altra caderina. 73

31 CAM - calcio indipendenti (vedi pag.1114 Alberts III ed.) Con la sigla CAM s intendono le Molecole di Adesione Cellulare calcio indipendenti (quindi non-caderine). Sono principalmente di 4 tipi. Tutte hanno 5 domini extracellulari tipo immunoglobulina con legami interni disolfuro e presentano 1 o 2 domini di tipo III della fibronectina. Le più studiate sono le neuronali (N-CAM) e se ne conoscono almeno 20 tipi diversi. Sono variamente glicosilate e possono contenere acido sialico anche in rilevante quantità, nel qual caso l acido sialico previene l adesione piuttosto che favorirla. Tra le Molecole di Adesione citiamo la Sialoadesina (vedi Current Biology 4 (11) 965, 1994), una molecola di adesione tipica dei macrofagi. Riconosce specifici glucidi con un acido sialico modificato presente su glicoproteine e glicolipidi. Si ipotizza che la sialoadesina medi le interazioni con cellule mieloidi nel midollo osseo. La sialoadesina contiene ben 17 domini tipo Ig, di cui 16 sono simili alle Ig con sequenza costante, ed 1 è simile alle Ig a sequenza variabile. 74

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