1. ROCCE SEDIMENTARIE CALCAREE E SILICO-CLASTICHE DELLE UNITÀ LIGURI 2. ROCCE SEDIMENTARIE SILICO-CLASTICHE DELLA FALDA TO- SCANA

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1 Appendice I DATI PRELIMINARI SUI MATERIALI LAPIDEI PROVENIENTI DALLO STUDIO DELL ARCHITETTURA ALTOMEDIEVALE LUCCHESE Introduzione In questa breve nota vengono illustrati alcuni dei materiali lapidei da costruzione più frequentemente utilizzati nell architettura altomedievale lucchese cercando di individuare sia il litotipo che le possibili aree di provenienza. Partendo da una schematica illustrazione degli affioramenti presenti nei dintorni della città di Lucca si descrivono quei materiali le cui caratteristiche concordano con il loro utilizzo come materiali da costruzione (affioramenti accessibili, facile lavorabilità, buona resistenza agli agenti atmosferici ecc.). Sono quindi riportati i risultati dell analisi macroscopica e in sezione sottile di nove campioni rappresentativi dei litotipi dominanti nelle varie fasi costruttive individuate nelle chiese altomedievali di S. Michele, S. Giovanni in Reparata e S. Frediano, indicandone, alla luce delle conoscenze geologiche, le formazioni originarie e le possibili zone di estrazione. Inoltre vengono discusse ed introdotte due problematiche relative alla presenza di materiali di possibile provenienza non strettamente localmente e per cui è possibile quindi ipotizzare una provenienza da distanze maggiori. Geologia dei dintorni di Lucca Le rocce che costituiscono le aree montuose e collinari circostanti la pianura di Lucca (Fig. 73) fanno parte di differenti formazioni geologiche che hanno subito una diversa storia evolutiva: le rocce coinvolte durante la formazione della catena appenninica e i sedimenti deposti posteriormente (GIANNINI, NARDI, 1965, MAZZANTI, RAU, 1994). Questo secondo gruppo di rocce presenta caratteristiche litotecniche tali da non essere generalmente utilizzate tal quali come pietre da costruzione pur essendo largamente impiegate per la produzione di laterizi, leganti di malte ecc. Si tratta per lo più di materiali incoerenti o semicoerenti che non verranno quindi presi in considerazione nel presente lavoro. Un problema a parte è rappresentato però da due litologie particolari: i travertini e la panchina. Il primo gruppo è invece costituito da materiali lapidei in molti casi con buone proprietà per essere utilizzate come pietre sia ornamentali che da costruzione. Per semplicità descrittiva queste formazioni rocciose sono state suddivise in 5 gruppi litologici principali (Fig. 1): 1. ROCCE SEDIMENTARIE CALCAREE E SILICO-CLASTICHE DELLE UNITÀ LIGURI 2. ROCCE SEDIMENTARIE SILICO-CLASTICHE DELLA FALDA TO- SCANA 3. ROCCE SEDIMENTARIE CALCAREE E CALCAREO-SILICEE DEL- LA FALDA TOSCANA 4. ROCCE METAMORFICHE CALCAREE E CALCAREO-SILICEE 5. ROCCE METAMORFICHE SILICO-CLASTICHE Questi grossi raggruppamenti hanno, tuttavia, al loro interno formazioni rocciose con caratteristiche differenti. Per verificare la potenzialità di queste formazioni rocciose nell utilizzo come materiale da costruzione sono stati valutati quei caratteri che si riflettono sia sulla possibilità di escavazione dei materiali stessi in funzione delle capacità dell epoca, sia sulla loro resistenza meccanica una volta messi in opera. Per quanto riguarda l Alto Medioevo, essendo le maestranze non altamente specializzate, è da considerare un parametro favorevole la presenza di una stratificazione in bancate tali da permettere l estrazione di conci direttamente per spacco. A titolo di esempio basti pensare che l uso del marmo apuano come materiale ornamentale verrà ripreso, dopo l intenso sfruttamento in età romana, solo nel XI secolo, essendo tale materiale di non semplice estrazione. In ordine di età crescente vengono di seguito descritte le caratteristiche salienti dei cinque gruppi litologici: 1) LE ROCCE SEDIMENTARIE CALCAREE E SILICO-CLASTICHE DELLE UNITÀ LIGURI sono prevalentemente formate da argilliti calcaree e calcari marnosi di colore da grigio ad avana e da arenarie. L impiego di questi litotipi non sembra rilevante nell edilizia lucchese. 2) LE ROCCE SEDIMENTARIE SILICO-CLASTICHE DELLA FALDA TOSCANA sono costituite principalmente da arenarie quarzoso feldspatiche grigie appartenenti alla formazione del Macigno e da rocce argillitiche policrome. L arenaria Macigno affiora in vaste zone dell Appennino Settentrionale anche in bancate di potenza e continuità tali da poterne cavare colonne, architravi ed altri elementi architettonici monolitici. Questa caratteristica associata all elevata durevolezza ed al suo aspetto gradevole ne hanno fatto un materiale ampiamente utilizzato sia in passato, basti citare la Pietra Serena dell architettura rinascimentale fiorentina (BANCHELLI et alii 1997) che attualmente, come dimostra il bacino estrattivo della Pietra di Firenzuola nell Alto Mugello, arenaria simile al Macigno ma appartenente alla formazione della Marnoso-arenacea romagnola (CANOVA et alii 2001). A Lucca il Macigno è stato riconosciuto come materiale costitutivo già di alcuni edifici duecenteschi (NOLLEDI, 1986): veniva cavato sia nella vicinanze di Filettole (di colore giallastro e di cattiva qualità) sia nei pressi di Matraia (da cui il nome Pietra di Matraia, di colore grigio e di ottima qualità). Lo stesso materiale veniva cavato anche dai Pisani alle 2002 Edizioni all Insegna del Giglio - vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale 1

2 cave della Gonfolina (Pietra gonfolina) presso Carmignano (CIPRIANI, MALESANI 1993; RODOLICO 1953). 3) LE ROCCE SEDIMENTARIE CALCAREE E CALCAREO-SILICEE DELLA FALDA TOSCANA sono rocce prevalentemente carbonatiche variamente colorate (dal rosso, al bianco, al nero), stratificate, alcune delle quali ben si prestano per le caratteristiche di coerenza e resistenza alla escavazione e all uso sia come materiale da costruzione che ornamentale. In particolare alcuni calcari grigio scuri come il Calcare Selcifero della Val di Lima (CANOVA et alii 1999) ed il Calcare a Rhaetavicula contorta sono stati ampiamente utilizzati nell edilizia monumentale medioevale sia pisana che lucchese e costituiscono, in molti casi, le fasce scure della dicromia tipica dello stile Romanico Pisano (RODOLICO 1953; FRANZINI 1993; FABIANI et alii 1997). 4) LE ROCCE METAMORFICHE CALCAREE E CALCAREO-SILI- CEE erano in origine costituite da sedimenti simili e coevi a quelli che costituiscono le rocce sedimentarie calcaree e calcareo-silicee della Falda Toscana. Questo gruppo di rocce ha però subito un metamorfismo di basso grado che ha portato ad una ricristallizzazione ed orientazione dei minerali originari e quindi alla trasformazione da calcari a metacalcari e marmi. Il più noto tra questi litotipi è il marmo di S. Giuliano estratto dalla formazione dei Calcari ceroidi che rappresenta il litotipo maggiormente utilizzato dell edilizia monumentale pisana: la roccia sedimentaria originaria è la stessa del più famoso marmo apuano ma essendo stato sottoposto ad un grado metamorfico molto più basso la sua grana è di dimensioni minori. Questo materiale era cavato fin dall epoca romana sia nel versante pisano che in quello lucchese dei monti pisani (BRANZINI 1992; VASARI 1550; REPETTI 1833); ne venne poi ripresa la produzione in epoca medioevale e sembra che le prime cave ad essere riaperte furono quelle lucchesi di S. Maria del Giudice. Il materiale cavato dai lucchesi era denominato proprio marmo di S. Maria del Giudice poiché le cave più importanti erano nei pressi di questo paese mentre altre erano nei pressi di S. Lorenzo a Vaccoli, Pozzuolo e Gattatoia (RODOLICO 1953). Le caratteristiche estetiche di questo materiale sono estremamente variabili sia nel colore (da bianchi a grigi a gialli) che nella ornamentazione (omogenei, venati, macchiati, brecciati); la grana fine e la forte disomogeneità di questo materiale, anche a piccola scala, oltre a diminuirne il pregio ne rende difficile la lavorazione cosicché attualmente l attività estrattiva è limitata solo all approvvigionamento di granulati e pietra da calce (FRANZINI 1992). Altri materiali appartenenti a questo gruppo ed utilizzati in epoca medioevale sono i calcari selciferi (FRANZINI, LEZZERINI 1998): sono metacalcari di colore variabile dal grigio più o meno chiaro al nocciola caratterizzati dalla presenza di noduli di selce bianca. La loro stratificazione in banchi di spessore generalmente modesto rende facile l estrazione di conci semilavorati direttamente per spacco delle bancate e la loro posizione stratigrafica rispetto ai marmi di S. Giuliano li ha fatti ipotizzare come sottoprodotto dell attività estrattiva del marmo (FRANZINI 1993). 5) LE ROCCE METAMORFICHE DI ORIGINE SILICO-CLASTICA sono costituite da rocce formatesi originariamente in ambiente continentale ricche di clasti eterogenei silicei e successivamente sottoposte a metamorfismo durante le fasi orogenetiche. Nella successione metamorfica silico-clastica (per una descrizione dettagliata si veda RAU, TONGIORGI 1974) sono presenti depositi originariamente di granulometria molto variabile dalle ruditi (conglomerati) alle peliti. Nell edilizia lucchese sono state usate come pietre da taglio sia conglomerati a grossi elementi quarzosi (anageniti) che arenarie quarzose di colore generalmente grigio o rossastro denominate Pietra di Guamo (NOLLEDI 1986): venivano infatti cavate dalla omonima località sulle pendici del M.te Sette Venti. Anche nell edilizia Pisana furono utilizzati materiali provenienti da queste formazioni rocciose e cavati nei versanti a loro favorevoli: mostrano caratteristiche cromatiche e tecniche lievemente differenti e sono note con il nome di Verrucano (da M.te Verruca) (RODOLICO 1953; REPETTI 1833; FRANZINI 1993). Il problema dei travertini romani e della calcarenite porosa della Cripta di S. Michele Come abbiamo accennato nell introduzione nell edilizia lucchese altomedievale sono presenti anche materiali la cui provenienza è problematica o comunque non è mai stata affrontata precedentemente in modo sistematico. Ci riferiamo al reimpiego del materiale proveniente dalle mura di età romana e alla presenza di una calcarenite provenienti dagli scavi delle cripte di S. Michele e dei Santi Giovanni e Reparata. I due problemi sono di estremo interesse ma al momento appare difficile dare una chiave di lettura univoca. Il problema dei travertini romani Un problema particolarmente interessante ed importante riguarda la provenienza dell imponente quantità di materiale utilizzato nella costruzione delle mura romane, largamente reimpiegato almeno nell edilizia successiva altomedievale. Per quanto esistano ormai studi dettagliati sull assetto delle mura lucchesi di età romana il problema della provenienza di questi materiali è stato solo marginalmente discusso. Ciampoltrini (1999) e Mencacci, Zecchini (1982), a cui si devono gli studi più recenti, propendono per un origine locale del materiale impiegato ma senza dati di fatto oggettivi e convincenti. Bisogna dire che il materiale con cui sono costruite la prima cerchia di mura non è monogenico in quanto sono stati segnalati da vari autori la presenza di litologie differenti. Noi abbiamo preso in considerazione i blocchi reimpiegati nelle costruzioni della chiesa dei Santi Giovanni e Re Edizioni all Insegna del Giglio - vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale 2

3 parata, i materiali presenti nella piazzetta della Rosa (che non sono in posto come descritto da SOMMELLA, GIULIANI 1974), quelli all interno dell omonima chiesetta e alcuni blocchi sparsi all esterno di Porta S. Donato. Come già segnalato da Mencacci e Zecchini (1982) non c è dubbio che queste rocce siano Travertini, intendendo con questo termine una roccia calcarea concrezionale di origine chimica che si forma in ambiente continentale per precipitazione di carbonato di calcio allo sbocco di sorgenti o in prossimità di cascate e caratterizzata dalla presenza di numerosi pori e cavità dovuti alla decomposizione dei detriti vegetali inglobati durante la sua formazione. Il riconoscimento di questo materiale è facilmente appurabile dall osservazione diretta che mostra la presenza di incrostazioni di resti organici (canne, foglie, calchi interni di gasteropodi dulcicoli) tipiche di queste rocce di precipitazione chimica. All interno di ogni blocco la porosità varia bruscamente passando da parti quasi massive a zone fortemente vacuolari. Questo materiale era largamente impiegato ed apprezzato in epoca romana per le sue caratteristiche di facile lavorabilità e resistenza agli agenti atmosferici: veniva estratto in grande quantità da cave presso Tibur (Tivoli) e veniva quindi chiamato lapis tiburtinus, da cui deriva l attuale nome travertino (PIERI 1950; CORSI 1828). Se l attribuzione del litotipo è abbastanza agevole molto problematica è la discussione sulla provenienza, sebbene Vasari (1550) menzioni oltre alle cave romane e senesi l esistenza di cave nei pressi di Lucca e di Pisa. Nello stretto intorno dell area lucchese non esistono affioramenti particolarmente significativi di travertini se si eccettua un lembo relativamente esteso nella zona di Molina di Quosa (GIANNINI, NARDI 1965). Per rintracciare altri significativi e consistenti depositi di travertino bisogna spostarsi nella zona di Montecatini Terme o verso Casciana Terme. Bisogna dire che la qualità e la tipologia dei travertini di queste due zone non sembrano ideali per un opera di così imponenti dimensioni come sono le mura romane di Lucca. Infatti, lo spessore e la regolarità degli elementi lapidei utilizzati, con dimensioni di (si veda ad esempio CIAMPOLTRINI 1999) suggeriscono la presenza di aree di escavazione caratterizzate da potenti spessori, osservazione che non si accordano molto con il materiale presente nelle due località citate in precedenza. Anche in alcune zone della Garfagnana e della Lunigiana (ad esempio Equi Terme) esistono zone con affioramenti di travertino, in alcuni casi anche utilizzato come pietra ornamentale o per costruire particolari elementi architettonici (NOTINI com. pers.). Tuttavia, l ispezione di alcuni giacimenti sembra escludere che i materiali potessero avere questa provenienza. Inoltre, trattandosi di aree, almeno agli inizi del II sec. a.c., ancora da romanizzare completamente la situazione di estrazione poteva essere anche problematica. D altra parte la Toscana meridionale con gli affioramenti di Rapolano (PIEPOLI 1978) ed il Lazio con gli affioramenti di Tivoli-Guidonia (PRIMAVORI 1997) sono le più famose zone di estrazione di travertino anche nei tempi recenti ed è non è da scartare a priori la possibilità della provenienza del travertino utilizzato a Lucca da una di queste aree. D altra parte gli affioramenti di Mulino di Quosa hanno il vantaggio di essere vicini ed accessibili ed un aspetto macroscopico simile a quello delle mura di Lucca. La soluzione del problema appare abbastanza complessa perché richiederebbe un indagine sulle caratteristiche non solo macroscopiche, ma anche chimiche (e magari cronologiche) dei travertini delle mura di Lucca da confrontare con gli stessi dati su campioni provenienti dalle diverse aree. Indagini che esulano dallo scopo della presente nota. Possiamo comunque immaginare due differenti scenari (non necessariamente mutuamente esclusivi). Nel caso di una provenienza strettamente locale, sulla base delle conoscenze attualmente disponibili, bisogna ammettere che l attività estrattiva a Molina di Quosa non sia durata oltre il periodo romano perché nell architettura lucchese il travertino non trova più spazio nei secoli successivi, se non come reimpiego di materiale delle mura romane. Inoltre, l individuazione di risorse in loco, deve aver richiesto una dettagliata indagine geologica da parte di maestranze adeguatamente preparate alla ricerca del materiale e successivamente alla sua estrazione. Nel caso di una provenienza più lontana possiamo fare alcune considerazioni di carattere pratico. È noto che il trasporto del travertino dalle cave fino ai luoghi di destinazione (Roma in primo luogo) avveniva caricando i blocchi su barconi che discendevano il fiume Aniene: la qualità Travertino del Barco cavata nell area Barco, comune di Tivoli, deriva il suo nome proprio da imbarco in latino barcum (PRIMAVORI 1997). Per quanto riguarda il travertino lucchese, ipotizzando come area di provenienza Tivoli, sarebbe quindi plausibile pensare ad un trasporto via nave dapprima lungo l Aniene e poi costeggiando le coste Tirreniche per risalire infine l Arno ed il Serchio. L utilizzo delle navi potrebbe essere un ipotesi accettabile se il materiale veniva estratto nell area di Tivoli mentre sarebbe più complesso ipotizzare una provenienza via terra dal Senese. Una ulteriore considerazione riguarda l attività estrattiva dei marmi apuani: sembra infatti che il Marmor Lunense fosse cavato a partire dalla fine del II secolo a.c. (FRANZINI 1992; DOL- CI 1995) e che il trasporto dei blocchi avveniva via mare. Ipotizzare un sistema di navigazione che trasportava il travertino dall area romana verso nord, risaliva parte del corso dell Arno e successivamente attraverso il Serchio raggiungeva Lucca potrebbe essere un ipotesi elegante ed affascinante. Inoltre, si potrebbe immaginare anche un tragitto di andata portando il travertino e di ritorno con tappa a Luni per caricare il marmo. Tuttavia, lo ribadiamo, siamo nel campo meramente speculativo e uno studio adeguato meriterebbe di essere intrapreso. Il problema della arenite della Cripta di S. Michele e di S. Giovanni Alcuni elementi lapidei delle US 17, 18, 19 di San Michele e della US 1143 della chiesa dei Santi Gio Edizioni all Insegna del Giglio - vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale 3

4 vanni e Reparata di Lucca sono costituiti da una arenite con poca matrice a cemento calcareo molto porosa con gli elementi litici ben arrotondati, di colore giallastro che non ha nessun corrispondente nei litotipi rocciosi affioranti nell area lucchese. Il litotipo campionato ha una forte analogia con la Panchina livornese. La Panchina è una roccia arenacea quarzosa o calcarea a cemento calcareo più o meno fossilifera di età quaternaria: affiora estesamente nell area costiera livornese essendo il risultato della deposizione in ambiente marino costiero ed eolico durante l ultimo interglaciale (MAZZANTI 1983). Per le sue caratteristiche di ottima lavorabilità fu usata sicuramente come pietra da costruzione a partire dall epoca romana come testimoniano le Terme di Nerone a Pisa, solo per citare alcuni esempi. Questa roccia è stata successivamente impiegata in epoca medioevale nella città di Pisa anche se il suo utilizzo diventa sporadico dopo la metà del XII secolo mentre è stata utilizzata in tutte le epoche nella città di Livorno (RODOLICO 1953; FRANZINI 1993; PIEPOLI 1978). Si deve far presente che nelle colline pisane esistono altri tipi di calcareniti molto simili alla panchina livornese: un esempio sono i Calcari ad Amphistegina del Pliocene medio generalmente distinguibili per un contenuto fossilifero abbastanza caratteristico. Al momento quindi, anche se una stringente correlazione non è possibile, gli indizi sono fortemente a favore per una attribuzione alla Panchina livornese del materiale utilizzato nelle opere murarie lucchesi da noi visionate. Studio di campioni provenienti di alcune Chiese Lucchesi Uno studio più sistematico, anche attraverso l uso di sezioni sottili è stato effettuato su campioni di materiali provenienti da diverse strutture murarie altomedievali permettendo una migliore definizione delle rocce di appartenenza e delle possibili aree estrattive. Le caratteristiche microscopiche e macroscopiche dei campioni analizzati vengono riportati per maggiore semplicità sotto forma di schede (vedi appendice). I campioni prelevati sono stati scelti tenendo conto dei vari litotipi dominanti presenti nelle singole unità murarie investigate. L analisi microscopica ha rivelato una ricristallizzazione più o meno evidente dei minerali originari dei campioni analizzati che porta ad escludere l appartenenza di questi rocce alle successioni carbonatica e silico-clastica delle unità non metamorfiche. Se si eccettua una fillade (campione 7) i restanti campioni sono tutti, infatti, definibili come metacalcari o marmi. Questi ultimi, visto il loro grado di metamorfismo e l aspetto, sono sicuramente differenziabili dai marmi apuani. È quindi abbastanza certo che provengano dalla successione calcareo metamorfica estesamente affiorante tra S. Giuliano, S. Maria del Giudice e S. Lorenzo a Vaccoli, in accordo con quanto suggerito anche da altri autori per questo genere di materiali. Bisogna osservare che alcuni dei campioni da noi prelevati mostrano tipiche superfici di alterazione subaeree che si formano tra gli interstrati delle rocce carbonatiche. Questo suggerisce una estrazione utilizzando come piani di frattura predefiniti i limiti di strato in condizioni abbastanza superficiali. Per quanto riguarda la fillade possiamo suggerire al momento solo un attribuzione di questo materiale alle formazioni della successione metamorfica silicoclastica. La frequenza di intercalazioni di livelli a granulometria più fine nella successione sedimentaria non permette di localizzare con esattezza su basi litologiche e petrografiche l area di provenienza. Si può solo parlare di una generica area di estrazione ubicata sul complesso dei Monti Pisani, probabilmente versante lucchese. Per quanto preliminari questi dati indicano la presenza di attività estrattiva, sebbene poco specializzata, nelle immediate vicinanze della città di Lucca durante l altomedioevo, accompagnata da un riutilizzo di materiali romani, in particolare provenienti dalla prima cerchia di mura. In particolare le formazioni più interessate dall estrazione sono quelle dei Calcari Coroidi e del Calcare Selcifero (vedi appendice). È interessante notare che, sebbene l attività estrattiva a fini costruttivi dei marmi della zona di S. Maria del Giudice e zone limitrofe non trovi, apparentemente significative interruzioni nel tempo, questo non sembra valere per l estrazione dei travertini. Nel caso che sia verificata la provenienza dei travertini da Molina di Quosa, infatti, la tradizione estrattiva, o perlomeno l utilizzo, si perde completamente nelle opere murarie lucchesi dopo il periodo romano. Tutto questo in una sorta di asimmetria geografica delle aree estrattive durante l altomedioevo. Dalle indagini condotte, non sembrano presenti elementi che rimandino ad una intensa attività estrattiva verso le aree poste a settentrione rispetto alla città di Lucca, aree dove prevalgono i litotipi delle Unità Liguri e quelle silico-clastiche della falda Toscana, in particolare del Macigno. È possibile che questa persistenza rifletta una tradizione estrattiva sviluppatasi durante il periodo romano e che sia rimasta invariata, anche se tecnologicamente impoverita, durante l altomedioevo. CAMPIONE 1 US 1 DESCRIZIONE MACROSCOPICA: Campione prelevato per spacco da un concio; aspetto cristallino, compatto di colore grigio con piccole macchie scure e sottili vene bianche. DESCRIZIONE MICROSCOPICA: Marmo costituito da calcite ricristallizzata equigranulare (diametro medio di circa 30 m) di aspetto torbido. La ricristallizzazione della calcite indotta dal metamorfismo non ha completamente obliterato la struttura sedimentaria originaria, sono infatti riconoscibili ooidi e pellets. Sono presenti rari cristalli di quarzo neogenico. CAMPIONE Edizioni all Insegna del Giglio - vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale 4

5 US 3 DESCRIZIONE MACROSCOPICA: Campione prelevato per spacco da un concio; aspetto cristallino di colore uniforme grigio chiaro con tipiche fratture di tipo concoide. DESCRIZIONE MICROSCOPICA: Marmo costituito da cristalli di calcite equigranulare (diametro medio di circa 80 m) di aspetto limpido. Sono presenti cristalli romboedrici di dolomite isolati. La struttura originaria è completamente obliterata. CAMPIONE 3 US 4 DESCRIZIONE MACROSCOPICA: Campione prelevato per spacco da un concio; aspetto cristallino di colore grigio con macchie bianche o grigie scure e vene scure. DESCRIZIONE MICROSCOPICA: Marmo costituito da cristalli di calcite microcristallina (diametro medio di circa 60 m). La ricristallizzazione ha preservato parzialmente la struttura originaria, sono infatti riconoscibili ooidi ricristallizzati e livelli stilolitici ricchi in ossidi, idrossidi e sostanza organica. La struttura è brecciata, sono presenti grosse vene di calcite spatica e zone intensamente dolomitizzate ricche in ossidi di ferro ed albite. CAMPIONE 4 US 20 DESCRIZIONE MACROSCOPICA: Campione costituito da un pezzo di forma irregolare, appiattita, ottenuta per estrazione lungo livelli di discontinuità naturali: sono evidenti le tracce di stratificazione ed un livello selcifero di aspetto budinato. Il colore al taglio è grigio-beige con sottili laminazioni scure ed una lista di selce chiara. Il colore sulla superficie esposta all alterazione è avana. DESCRIZIONE MICROSCOPICA: Metacalcare costituito da calcite microsparitica in granuli xenotopici (diametro medio di circa 10 m), ossidi ed idrossidi sia in cristalli isolati che concentrati in livelli stilolitici e cristalli di quarzo ed albite neogenici. È preservata la struttura laminare dovuta alla stratificazione sedimentaria a cui è sovrimposta la foliazione dovuta al metamorfismo. La lista di selce si presenta costituita da quarzo microcristallino e micrite. Campione 5 US 20 DESCRIZIONE MACROSCOPICA: Campione costituito da un pezzo massivo di forma irregolare ottenuto per spacco lungo livelli di discontinuità naturali. Aspetto simile al campione SF 20 A, senza evidenze di liste di selce. DESCRIZIONE MICROSCOPICA: Metacalcare costituito da calcite microsparitica in granuli xenotopici (diametro medio di circa 10 m); sono presenti dei cristalli di calcite spatica allungati e disposti lungo lamine scure e rari cristalli di quarzo neogenico. Campione 6 LUOGO DI RACCOLTA DEL CAMPIONE: Chiesa dei Santi Giovanni e Reparata, US 1336 DESCRIZIONE MACROSCOPICA: Campione massivo informe con tipiche fratture concoidi di colore grigio avana con lista di selce bianca. DESCRIZIONE MICROSCOPICA: Metacalcare con struttura a bande: si ha passaggio da strati di selce alternati a strati calcarei più o meno arricchiti in quarzo ed albite neogenica e a livelli calcarenitici. Nella selce la struttura originaria è totalmente obliterata da processi di dissoluzione sotto pressione che hanno portato alla cristallizzazione di silice microcristallina. CAMPIONE 7 LUOGO DI RACCOLTA DEL CAMPIONE: Chiesa dei Santi Giovanni e Reparata, US 1101 DESCRIZIONE MACROSCOPICA: Campione appiattito di aspetto sericitico di colore grigio verde. DESCRIZIONE MICROSCOPICA: Scisto caratterizzato dalla alternanza di strati arenacei ricchi in cristalli di quarzo (diametro medio di circa 100 m) e clorite e muscovite lamellari e di strati calcilutitici ricchi in fillosilicati e con frequenti livelli scuri di tipo stilolitico. Gli strati quarzosi presentano frequenti grossi cristalli precinematici esagonali (sezioni basali) di pirite (diametro medio di circa 500 m) con code ombre di pressione in cui è ricristallizzato il quarzo. IPOTESI DI PROVENIENZA: formazione del VERRUCANO (MEMBRO SCISTI VIOLA? O SCISTI VERDI?) CAMPIONE 8 LUOGO DI RACCOLTA DEL CAMPIONE: Chiesa di San Michele in Foro, US 28 DESCRIZIONE MACROSCOPICA: Piccolo campione di calcare di colore grigio-avana DESCRIZIONE MICROSCOPICA: Metacalcare costituito da calcite microsparitica e ricco in cristalli di quarzo e albite allungati ed orientati parallelamente a livelli scuri ricchi in ossidi ed idrossidi. Sono presenti pori riempiti da quarzo neogenico. CAMPIONE 9 US 8 DESCRIZIONE MACROSCOPICA: Piccolo campione di marmo bianco con macchie grigio chiare. DESCRIZIONE MICROSCOPICA: Marmo costituito da cristalli di calcite equigranulari (diametro medio di circa 60 m): la struttura sedimentaria originaria è com Edizioni all Insegna del Giglio - vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale 5

6 pletamente obliterata dalla ricristallizzazione ad eccezione di alcune zone limitate che macroscopicamente corrispondono a piccole macchie grigiastre. Sono presenti rari ossidi. CANOVA ROBERTA*, ZANCHETTA GIOVANNI* BIBLIOGRAFIA A. BANCHELLI, F. FRATINI, M. GERMANI, P. MALESANI, C. MANGANELLI DEL FÀ 1997, The sandstone of florentine historic buildings: individuation of the marker and determination of the supply quarries of the rocks used in some florentine monuments. «Science and Technology for Cultural Heritage», 6 (I), 1997, pp R. CANOVA, E. CANTISANI, C. MANGANELLI DEL FÀ, R. MAZZUOLI 2000, Dalla cavaalla piazza: analisi del materiale di sostituzione della pavimentazione di Piazza S. Bernardino, Camaiore (Lucca), in Atti del Congresso Internazionale Le Pietre Ornamentali della Montagna Europea (Luserna San Giovanni-Torre Pelice (TO), giugno), c.s. R. CANOVA, F. FRATINI, C. MANGANELLI DEL FÀ, R. MAZZUOLI 1999, Le pietre dell edilizia medioevale pisana: il Calcare Selcifero della Val di Lima, in Atti della 6 a giornata Le scienze della Terra e l Archeometria (Este Febbraio 1999), Tipografia Grafica Atestina, Este, pp G. CIAMPOLTRINI 1995, Lucca, la prima cerchia, Lucca. C. CIPRIANI, P. MALESANI 1995, Le pietre fiorentine: caratteristiche e aspetto, in Atti della Giornata di Studi in onore di Francesco Rodolico, a cura di Daniela Lamberini (Firenze, 25 Ottobre 1993), Le Monnier eds., Firenze, pp F. CORSI 1828, Delle pietre antiche, Salviucci, Roma, (ristampa anastatica a cura di Giorgio Zusi editore, Verona 1991). E. DOLCI 1995, Il parco archeologico delle cave antiche delle Alpi Apuane, Edizioni Pugliese, Firenze. P. F ABIANI, A. MENNUCCI, C. NENCI 1997, Indagini sui paramenti murari esterni del Duomo di Pisa: rapporto preliminare, in Atti del I Congresso Nazionale di Archeologia Medievale, a cura di Sauro Gelichi, Edizioni All Insegna del Giglio, Firenze. M. FRANZINI 1992, I marmi da La Spezia a Pisa., in Niveo de Marmore, 29-42, edizioni Colombo, Genova. M. FRANZINI 1993, Le pietre toscane nell edilizia medioevale della città di Pisa, «Memorie della Società Geologica Italiana», 49, pp M. FRANZINI, M. LEZZERINI 1998, Le pietre dell edilizia medievale Pisana e Lucchese (Toscana occidentale). 2 I calcari selciferi del Monte Pisano, «Atti Soc.tosc.Sci.Nat., Mem., Serie A», 105, 1-8. E. GIANNINI, R. NARDI 1965, Geologia della zona nordoccidentale del Monte Pisano e dei Monti d Oltre Serchio (Prov. di Pisa e Lucca), Bollettino della Società Geologica Italiana, vol. 69, pp R. MAZZANTI, A. RAU 1994, La Geologia, in La pianura di Pisa e i rilievi contermini, Memorie della Società Geografica Italiana, volume L, edizioni Del Cerro, Pisa, pp R. MAZZANTI 1983, Il punto sul Quaternario della fascia costiera e dell Arcipelago di Toscana, «Bollettino della Società Geologica Italiana», 102, pp P. M ENCACCI, M. ZECCHINI 1982, Lucca romana, Maria Pacini Fazzi ed., Lucca. G. NOLLEDI 1986, La pietra di Guamo e la pietra di Matraia. Maria Pacini Fazzi ed., Lucca. P. P IEPOLI 1978, Materiali naturali da costruzione: le rocce, ed. Veschi, Roma. M. PIERI 1950, I marmi d Italia, graniti e pietre ornamentali, Industrie Grafiche Italiane Stucchi, Milano. P. P RIMAVORI 1997, Il distretto estrattivo delle Alpi Apuane e di Tivoli Guidonia, in I materiali lapidei con particolare riferimento alle pietre ornamentali. 1 a scuola di petrografia, G.N.P. (Trani 9-13 giugno 1997), Pisa A. RAU, M. TONGIORGI 1974, Geologia dei Monti Pisani a sud-est della valle del Guappero, «Memorie della Società Geologica Italiana», 13, pp E. REPETTI 1833, Dizionario geografico, fisico, storico della Toscana (voce: cave di marmo, pp. 629 e 631). Multigrafica editrice, Roma F. RODOLICO 1953, Le pietre delle città d Italia, Le Monnier, Firenze P. S OMMELLA, C.F. GIULIANI 1974, La pianta di Lucca romana, «Quaderni dell Istituto di Topografia antica dell Università di Roma», VII, Roma. G. VASARI 1550, Le vite dei più celebri pittori, scultori e architetti: volume primo, Fratelli Melita ed., La Spezia Carte geologiche di riferimento V. BORTOLOTTI, M. SAGRI, E. ABBATE, P. PASSERINI 1969, Geological Map of the Northern Apennines and adjoining areas (scala 1: ). CNR Centro di Studi per la Geologia dell Appennino sez. di Firenze. Litografia Artistica Cartografica, Firenze. L. CARRATORI, M.L. CECCARELLI LEMUT, L. FRATTARELLI FISCHER, G. GARZELLA, G. GRECO, R. GRIFONI CRE- MONESI, R. MAZZANTI, P. MORELLI, C. NENCINI, M. PASQUINUCCI, R. PESCAGLINI MONTI, A.M. PULT QUA- GLIA, A. RAU, M. RONZANI, C. TOZZI 1994, Carta degli elementi naturalistici e storici della poianura di Pisa e dei rilievi contermini (scala 1:25.000) Edizioni all Insegna del Giglio - vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale 6

7 CNR Centro di Studi per la Geologia Strutturale e Dinamica dell Appennino Pisa, Cartografia S.E.L.C.A., Firenze. E. GIANNINI, R. NARDI 1964, Carta Geologica della zona Nord-Occidentale del Monte Pisano e dei Monti d Oltre Serchio (scala 1:25.000). CNR Centro di Studi per la Geologia dell Appennino sez. di Pisa, Litografia Artistica Cartografica, Firenze. A. RAU, M. TONGIORGi 1974, Carta Geologica dei Monti Pisani a Sud-Est della Valle del Guappero (scala 1:25.000). CNR Centro di Studi per la Geologia dell Appennino sez. di Pisa, Litografia Artistica Cartografica, Firenze. FOGLIO 104, PISA Carta Geologica d Italia. Servizio Geologico d Italia. FOGLIO 105, LUCCA Carta Geologica d Italia. Servizio Geologico d Italia. * Dipartimento di Scienze della Terra, Via S. Maria, 53, Pisa Edizioni all Insegna del Giglio - vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale 7

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