La struttura verticale dei mercati. Master in Analisi dei Mercati e Sviluppo Locale. Modulo di Economia Industriale e Settoriale
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- Domenica Cavaliere
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1 Master in Analisi dei Mercati e Sviluppo Locale Modulo di Economia Industriale e Settoriale Dott.ssa Marcella Scrimitore Parte quarta 1 La struttura verticale dei mercati Ogni settore ha una struttura verticale dalle materie prime al prodotto finale (da monte a valle ) La struttura verticale influenza la concorrenza La struttura verticale varia a seconda di decisioni istituzionali e decisioni strategiche 2
2 La struttura verticale dei mercati Come una data struttura verticale influenza la decisione finale sul prezzo Quali inefficienze questo possa generare sui prezzi e sui profitti Quali tipi di contratti possono porre rimedio a tali inefficienze? 3 Le fasi della catena del valore Fase della produzione del bene: costo marginale pari a c Fase della vendita del bene: costi nulli Prezzo finale p Il profitto totale del settore è quindi = (p - c)q 4
3 Separazione e integrazione 5 L impresa verticalmente integrata Il profitto dell impresa coincide con quello del settore π I = = (p - c)q Quale prezzo massimizza il profitto del settore? Il prezzo che fisserebbe un monopolista p I = p M 6
4 L impresa verticalmente integrata Si pensi a un mercato popolato da 4 individui per i quali le disponibilità a pagare siano: D₁=9 D₂=8 D₃=7 D₄=6 Su tale mercato le imprese sostengono un costo per unità prodotta pari a 2. 7 L impresa verticalmente integrata Fissando un prezzo pari a p = 6, 4 consumatori acquistano il bene. I profitti saranno: π I = (6-2)4 = 16 Fissando un prezzo pari a p = 7, 3 consumatori acquistano. I profitti saranno: π I = (7-2)3 = 15 8
5 L impresa verticalmente integrata Fissando un prezzo pari a p = 8, 2 consumatori acquistano il bene. I profitti saranno: π I = (8-2)2 = 12 Fissando un prezzo pari a p = 9, solo un consumatore acquista. I profitti saranno: π I = 9-2 = 7 Il profitto è massimo e pari a π I = 16 quando p I = 6 9 La separazione verticale Produzione e vendita gestite da imprese diverse A monte, la produzione: π P = (w - c)q (w sia il prezzo all ingrosso) A valle, la vendita: π D = (p - w)q (w è in questo caso il costo marginale; stesso valore di q in presenza di una tecnologia 1 a 1) Se w > c il costo marginale di chi fissa il prezzo finale sarà più elevato 10
6 Prezzi con separazione verticale Torniamo all esempio precedente. Assumiamo w > 2. Il valore dei profitti dell impresa a valle calcolati per un generico valore di w è: π D = (6 - w)4 = 24-4w se p = 6 π D = (7 - w)3 = 21-3w se p = 7 π D = (8 - w)2 = 16-2w se p = 8 π D = 9 - w se p = 9 Se w = 6, il massimo profitto per il dettagliante si associa a un prezzo ottimo pari a p S = Prezzi con separazione verticale I profitti delle due imprese sono: π P = (6-2)2 = 8 π D = (8-6)2 = 4 Per ogni altro valore di w i profitti del produttore risultano inferiori. Dunque w = 6 è il prezzo che massimizza i profitti del produttore e p S = 8 è il prezzo che massimizza i profitti del dettagliante. 12
7 La doppia marginalizzazione La separazione verticale genera prezzi più elevati rispetto a una struttura verticalmente integrata: p S = 8 > p I = 6 La struttura verticalmente separata riduce i profitti complessivi del settore: π P + π D = 12 < 16 = π I 13 La doppia marginalizzazione Con separazione il prezzo di vendita è maggiore in quanto entrambe le imprese hanno potere di mercato, e quindi entrambe impongono un mark-up Il fenomeno è noto come doppia marginalizzazione che si genera quando è presenza di un esternalità verticale (l impresa a valle non tiene conto nella sua decisione sul prezzo finale dell effetto che questa ha sui profitti dell impresa a monte) In una struttura integrata tale esternalità è internalizzata 14
8 Gli effetti della separazione sul benessere sociale I profitti si riducono e il surplus dei consumatori si riduce Il benessere complessivo W si riduce Struttura integrata: p I = 6; q = 4; Π = 16; S = (9-6)+(8-6)+(7-6) = 6; W=16 + 6= 22 Struttura separata: p S = 8; q = 2; π P + π D = 12; S = (9-8)= 1 W=12 + 1= Evitare la doppia marginalizzazione Perdita dei profitti potenziali da parte delle imprese (Soluzione ovvia: integrazione/fusione verticale) Quali le cause del problema? - libertà del venditore di fissare il prezzo - struttura semplice del contratto di vendita - potere di mercato in entrambi gli stadi 16
9 Fusioni verticali Le ragioni dell integrazione. riduzione dei costi di transazione fornitura costante elusione di imposte eliminazione di potere di mercato di un impresa rivale internalizzazione di esternalità e di free-riding in presenza di beneficio collettivo acquisizione del potere di mercato 17 Restrizioni verticali Possibili contratti attraverso i quali porre rimedio alla doppia marginalizzazione: Prezzi imposti (resale price maintenance - RPM) Quantità imposte Contratti di franchising (prezzi non lineari) Tali contratti rappresentano delle restrizioni verticali Un altro esempio di restrizione verticale è rappresentato dalle clausole di esclusiva (soluzione a un problema di freeriding) 18
10 Restrizioni verticali Attraverso il RPM: il produttore potrebbe imporre un prezzo di rivendita ottimale L imposizione di una quantità minima: il produttore potrebbe richiedere un incremento della produzione portandolo ad un livello ottimale Definizione di prezzi non lineari: il produttore stabilisce una tassa (di franchising) pari ad F ed un prezzo variabile pari al costo unitario di produzione che è, così, uguale a quello ottimale. La distribuzione dei profitti dipende dal potere contrattuale delle due imprese. 19 Restrizioni verticali Le clausole di esclusiva territoriale prevedono che sia un solo rivenditore di una particolare marca in una delimitata area territoriale La distribuzione in esclusiva vincola il rivenditore a commercializzare solo la marca di un certo produttore Le clausole di distribuzione selettiva prevedono che la marca di un produttore sia commercializzata da specifici rivenditori 20
11 Fusioni verticali e restrizioni Le restrizioni verticali rappresentano spesso un alternativa alle fusioni verticali (anche se non conducono sempre a risultati equivalenti) quando queste sono difficili da realizzare od inefficaci Restrizioni e fusioni sono considerate pratiche potenzialmente lesive della concorrenza, ma dalla nostra analisi emergono ragioni per credere che le restrizioni della concorrenza non sempre si associano a riduzioni del benessere sociale! 21 Fusioni verticali e restrizioni Le restrizioni verticali e, eventualmente, le fusioni verticali possono avere effetti sulle catene verticali concorrenti ed essere, pertanto, utilizzate per fini strategici In particolare, esse possono favorire la collusione, limitando l accesso al mercato La fusione verticale peggiora il benessere sociale quando porta a una chiusura del mercato (foreclosure) 22
12 Fusioni verticali e restrizioni Le restrizioni e le fusioni verticali tra imprese sono molto diffuse ed il loro effetto in termini di benessere sociale è ambiguo. In alcuni casi possono favorire l efficienza ed in altri casi possono avere effetti anti-concorrenziali. Questa ambiguità solleva problemi importanti per l attività antitrust. L attenzione dell autorità dovrebbe principalmente rivolgersi alle restrizioni e fusioni verticali che interessano imprese con un elevato potere di mercato e che, pertanto, fanno ritenere le conseguenze anticoncorrenziali rilevanti. 23 Fusioni orizzontali Le imprese possono incrementare il potere di mercato attuando una fusione: - orizzontale, quando coinvolge imprese che operano nella stessa fase del ciclo produttivo - conglomerale, quando coinvolge imprese che operano in filiere diverse 24
13 Fusioni orizzontali In generale, un operazione di concentrazione è vietata quando determina la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante nei mercati interessati tale da eliminare o ridurre in modo sostanziale e durevole la concorrenza 25 Fusioni e incentivi privati Assumiamo che ci siano tre imprese q i = 48 p = 28; π i (3) = 1152 Se due imprese si fondono la fusione non è profittevole. Infatti: q i = 64 e p = 36; π i (2)= 2048 dunque ciascuna impresa ottiene: π i (2)/2 = 2048/2 < π i (3)=
14 Fusioni e incentivi privati Lasciamo invariati i dati dell esercizio precedente e aggiungiamo un costo fisso F: q i = 48; p = 28 I profitti saranno: π i (3) = 1152 F La fusione diventa profittevole per livelli del costo fisso sufficientemente elevati: π i (2) = 2048 F π i (2)/2= (2048 F)/2 > π i (3)= 1152 F che si verifica quando F > Fusioni e incentivi privati I costi fissi si ripartiscono in seguito alla fusione generando delle economie di scala Tali economie di scala rappresentano i vantaggi di costo che rendono profittevole l operazione rispetto agli obiettivi delle imprese e a cui si associa una maggiore efficienza a livello collettivo 28
15 Fusioni e incentivi privati E evidente che le economie di scala devono essere sufficientemente rilevanti perchè ciò si realizzi (valore di F sufficientemente elevato) A un operazione di concentrazione si associano dunque effetti anti-competitivi (maggior potere di mercato) e pro-competitivi (vantaggi di costo) N.B. E possibile riscontrare vantaggi di costo anche quando siano presenti economie di varietà o un elevato grado di eterogeneità delle imprese 29 Fusioni e incentivi sociali Il benessere prima della fusione: W (3) = S(3) + 3π i (3) Il benessere post-fusione: W (2) = S(2) + 2π i (2) La fusione è ritenuta socialmente desiderabile se W (2) > W (3), che nel caso specifico equivale a: F > F che si verifica quando F >
16 Fusioni e incentivi sociali L intervallo dei costi fissi entro il quale la fusione è socialmente desiderabile è un sottoinsieme dell intervallo dell intervallo entro il quale la fusione è profittevole per le imprese Questo equivale a dire che esistono situazioni in cui gli incentivi privati generano esiti non desiderabili dal punto visto sociale Sono queste le situazioni dannose per la società che devono essere correttamente individuate e vietate 31
Indice. Parte 1 Concetti fondamentali 1. 1 Organizzazione industriale: cosa, come e perché 3. 2 Fondamenti di microeconomia 19
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