LOGICA MATEMATICA PER INFORMATICA (A.A. 12/13)
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- Gino Oliva
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1 LOGICA MATEMATICA PER INFORMATICA (A.A. 12/13) DISPENSA N. 3 Sommario. Introduciamo il Calcolo dei Predicati del I ordine e ne dimostriamo le proprietà fondamentali. Discutiamo il trattamento dell identità in logica del I ordine. 1. Calcolo dei Predicati Definiamo una nozione di dimostrazione logica formale (per il I ordine). Una dimostrazione sarà una sequenza finita di formule, dove ogni formula è o un assioma (logico), o una assunzione (non logica), o è ottenuta da una o più formule precedenti per applicazione di una regola di inferenza. Il calcolo che definiamo ha la caratteristica che gli assiomi sono algoritmicamente riconoscibili e che è l applicazione corretta di una regola di inferenza è algoritmicamente testabile. Gli assiomi sono fatti in modo da catturare tutte e sole le formule logicamente valide. Dimostreremo, con il Teorema di Completezza, che è proprio così: una formula è dimostrabile se e solo se è valida. In questo modo avremmo sostituito una nozione semantica e infinitaria (quella di validità in tutti i modelli) con una nozione sintattica e finitaria (quella di dimostrabilità). Una conseguenza di rilievo è che l insieme delle formule valide è algoritmicamente enumerabile. Il particolare tipo formalismo che ora introduciamo è detto alla Hilbert ed è basato su assiomi e regole di deduzione. Non ci affezioniamo al formalismo (ne vedremo altri e useremo di volta in volta il più utile ce ne sono molti e tutti effettivamente equivalenti). Ci concentriamo sulle proprietà essenziali che ci serviranno nel seguito. Non perdiamo tempo a svolgere derivazioni formali come esercizio (le svolgeremo quando serviranno per un teorema). Ci limitiamo ad alcune proprietà fondamentali. Gli assiomi del Calcolo dei Predicati sono i seguenti (dove F e G sono formule arbitrarie). Il primo gruppo sono Assiomi Proposizionali, il secondo gruppo sono Assiomi Predicativi. Un terzo gruppo, gli Assiomi dell Identità, viene aggiunto quando si sceglie di trattare la relazione di uguaglianza = come un simbolo logico speciale, e si richiede nella definizione di soddisfacibilità che questo simbolo venga interpretato come l uguaglianza tra elementi del modello. Un approccio alternativo è indicato nella prossima sezione. (Schemi di) Assiomi Proposizionali. (1) F (G F ) (2) (F (G H)) ((F G) (F H)) (3) ( F G) (( F G) F ) (4) (F G) F (5) (F G) G (6) (H F ) ((H G) (H (F G))) (7) F (F G) (8) G (F G) (9) (F H) ((G H) ((F G) H)) (Schemi di) Assiomi Predicativi. Note preparate da Lorenzo Carlucci, carlucci@di.uniroma1.it. 1
2 2 DISPENSA N. 3 (10) xf F [x/t], con t termine libero per x in F. (11) x(f G) (F ( x)g), con F senza occorrenze libere di x. Si intende che ogni formula ottenuta dagli schemi precedenti sostituendo coerentemente alle variabili F, G, H delle formule del linguaggio predicativo è un assioma del Calcolo dei Predicati. Gli assiomi di sopra non hanno clausole per. Questa è soltanto una scelta di economia, perché si può definire come. Altrimenti, si può introdurre come assioma la seguente doppia implicazione xf x F. Giustifichiamo le restrizioni agli Assiomi 10 e 11. Se t non è libero per x in F (x) nell Assioma 10, si può andare incontro a problemi. Sia F (v 1 ) la formula ( v 2 ) R(v 1, v 2 ). Sia t la variabile v 2. t non è libero per v 1 in F (v 1 ). Se applicassimo l Assioma 10, avremmo ( v 1 )( v 2 ) R(v 1, v 2 ) v 2 R(v 2, v 2 ). Se interpretiamo l implicazione precedente in una struttura con almeno due elementi dove R è interpretata come il l identità, verifichiamo l antecedente ma non il conseguente. Siano F e G entrambe identiche alla formula R(v 1 ). Ovviamente v 1 è libera in F. Consideriamo l applicazione dell Assioma (11) ( v 1 )(R(v 1 ) R(v 1 )) (R(v 1 ) ( v 1 )R(v 1 )). Interpretiamo la formula nella struttura che ha per dominio N e che interpreta R come l insieme dei numeri pari. L enunciato ( v 1 )R(v 1 ) non è soddisfatto da nessun assegnamento. Tutti gli assegnamenti che mandano v 1 in un numero pari soddisfano sia l antecedente ( v 1 )(R(v 1 ) R(v 1 )) (che è logicamente valido) che la premessa del conseguente, R(v 1 ). Se scegliamo di avere = come simbolo speciale nel linguaggio, aggiungiamo al calcolo i seguenti assiomi. In questo caso parliamo di Calcolo dei Predicati con uguaglianza. Assiomi dell uguaglianza (10) Per ogni simbolo di funzione f, il seguente enunciato è un assioma. x 1... x n y 1... y n (x 1 = y 1 x n = y n (f(x 1,..., x n ) = f(y 1,..., y n )), (11) Per ogni simbolo di relazione R, il seguente enunciato è un assioma. x 1... x n y 1... y n (x 1 = y 1 x n = y n (R(x 1,..., x n ) R(y 1,..., y n )). Definiamo due Regole di Deduzione. Modus Ponens: Da F e (F G) si deduce G. Generalizzazione: Da F si deduce xf. Definizione 1.1 (Dimostrazione). Una dimostrazione nel calcolo dei predicati è una sequenza di formule (F 1,..., F n ), dove per ogni i vale F i è un assioma, oppure Esiste j < i tale che F i = xf j. (Generalizzazione) Esistono j, k < i tali che F k è F j F i. (Modus Ponens) Una formula F è dimostrabile se esiste una dimostrazione (F 1,..., F n ) nel calcolo dei predicati tale che F n = F. Indichiamo questo fatto con F. Una formula dimostrabile è anche detta un teorema logico.
3 LOGICA MATEMATICA PER INFORMATICA (A.A. 12/13) 3 Il sistema formale (insieme di assiomi e regole di inferenza algoritmicamente decidibili) appena definito è detto il Calcolo dei Predicati del I ordine (con uguaglianza). Per la precisione, ad ogni linguaggio L fissato possiamo associare un calcolo dei predicati del I ordine restringendoci a considerare formule in L. Il Calcolo dei Predicati intende catturare la nozione di validità logica. I teoremi dimostrabili usando solo gli assiomi del Calcolo dei Predicati sono teoremi di logica pura. Il concetto di dimostrazione si estende facilmente a dimostrazioni matematiche basate su premesse non logiche. Se rilassiamo la definizione di dimostrazione accettando che F i possa essere una formula in un certo insieme Γ, otteniamo la nozione di derivazione di una formula F da un insieme di formule Γ. Denotiamo questa relazione con Γ F. Diciamo che F è dimostrabile da Γ o anche che F è un teorema di Γ. Anche se Γ è un insieme infinito, una dimostrazione da Γ è sempre un oggetto finito che coinvolge un numero finito di formule in Γ. Definizione 1.2 (Dimostrazione da Premesse). Sia Γ un insieme di formule. Una dimostrazione da premesse in Γ è una sequenza di formule (F 1,..., F n ), dove per ogni i vale F i è un assioma, oppure F i è un elemento di Γ, oppure Esiste j < i tale che F i = xf j. (Generalizzazione) Esistono j, k < i tali che F k è F j F i. (Modus Ponens) Una formula F è dimostrabile da Γ se esiste una dimostrazione (F 1,..., F n ) con premesse in Γ e tale che F n = F. Indichiamo questo fatto con Γ F. Diciamo anche che F è un teorema di Γ. 2. Proprietà fondamentali del Calcolo dei Predicati Sia P una formula proposizionale scritta nelle variabili proposizionali p 1,..., p n. Siano F 1,..., F n formule del I ordine. Sia F la formula del I ordine ottenuta sostituendo in P la variabile p i con la formula F i. Se P è una tautologia allora F è detta una istanza al I ordine di una tautologia proposizionale. Osservazione 2.1. Ogni istanza di una tautologia proposizionale è un teorema del Calcolo dei Predicati. Questa osservazione si basa sul fatto che gli Assiomi Proposizionali permettono di dimostrare tutte e sole le istanze di tautologie proposizionali. In altre parole, gli Assiomi Proposizionali sono completi per le tautologie proposizionali. Una formula proposizionale (costruita da variabili proposizionali usando i connettivi booleani) è una tautologia (i.e., è vera per tutti gli assegnamenti di valori booleani alle sue variabili proposizionali) se e solo se è derivabile dagli Assiomi Proposizionali. Osservazione 2.2. Ogni teorema del Calcolo dei Predicati è logicamente valido. Questa osservazione si basa sul fatto che gli assiomi sono logicamente validi e che le regole di inferenza preservano la validità. Osservazione 2.3. Il Calcolo dei Predicati è coerente, ossia per nessuna formula F vale F e F. Segue ovviamente dalle precedenti. Da notare che questa dimostrazione della coerenza del Calcolo dei Predicati è tutt altro che costruttiva, ma si basa sulla nozione (infinitaria) di validità in tutti i modelli. Esistono diverse dimostrazioni puramente sintattiche e induttive di coerenza per il Calcolo dei Predicati. Osservazione 2.4. L insieme dei teoremi del Calcolo dei Predicati è algoritmicamente enumerabile. Possiamo enumerare tutti e soli i teoremi con la seguente procedura meccanica. Fissiamo una enumerazione degli Assiomi del Calcolo dei predicati, (A 1, A 2,... ). Otteniamo una enumerazione dei teoremi come segue. Mettiamo A 1 in lista. Aggiungiamo tutte le formule ottenute applicando il Modus Ponens o una sola applicazione di Generalizzazione con v 1 come variabile quantificata. Aggiungiamo A 2 alla lista. Aggiungiamo tutte le formule ottenute applicando a formule della nuova lista il Modus Ponens o una applicazione della Generalizzazione con v 1 o v 2 come variabile quantificata. E così via...
4 4 DISPENSA N Teorema di Deduzione Teorema 3.1 (Teorema di Deduzione Proposizionale). Sia Γ un insieme di formule proposizionali. Siano E, G formule proposizionali. Se Γ, E G e la dimostrazione non usa la Regola di Generalizzazione, allora Γ (E G). Dimostrazione. Sia (D 1,..., D n ) una dimostrazione di G da Γ, E. Allora D n = G. Per induzione dimostriamo che Γ E D i. Sia D i un assioma o un elemento di Γ. Allora usiamo l assioma D i (E D i ). Sia D i l enunciato E. Allora usiamo il fatto che E E è dimostrabile. Siano j, k < i tali che D k = D j D i. Per ipotesi induttiva abbiamo Γ E (D j D i ) e Γ E D j. Usiamo l assioma E (D j D i ) ((E D j ) (E D i )) e il Modus Ponens per ottenere il risultato desiderato. Nel caso predicativo il Teorema di Deduzione non vale nella sua forma generale. Consideriamo la formula predicativa R(v 1 ). Sia A una struttura tale che Il dominio A di A ha almeno due elementi, siano a, b. R viene interpretato in A come una proprietà R A che è soddisfatta soltanto dall elemento a. Allora, per ogni assegnamento α tale che α(v 1 ) = a, abbiamo che A = R(v 1 )[α]. D altra parte, per ogni assegnamento α, A (( v 1 )R(v 1 ))[α], perché questo vorrebbe dire che per ogni c A, vale A = R(v 1 )[α ( v 1 ) c ], ossia che ogni c A soddisfa il predicato R A. Ma questo non è vero per scelta di A. Dunque, A è una struttura che non soddisfa l implicazione R(v 1 ) ( v 1 )R(v 1 ). Dunque, in generale, la formula F ( v i )F non è una verità logica e dunque non è un teorema del Calcolo dei Predicati. D altra parte vale sempre F ( v i )F, per la regola di Generalizzazione. Questo dimostra che il Teorema di Deduzione non vale nella sua forma generale. Vale però in una forma più debole. Teorema 3.2 (Teorema di Deduzione Predicativo). Sia E un enunciato, G una formula e Γ un insieme di formule. Se Γ, E G allora Γ E G. Dimostrazione. Sia (D 1,..., D n ) una dimostrazione di G da Γ, E. Allora D n = G. Per induzione dimostriamo che Γ E D i. L unico caso che non abbiamo già trattato è quello di una Generalizzazione. Sia j < i tale che D i è xd j. Per ipotesi induttiva abbiamo Γ E D j. Dato che E è un enunciato, x non è una variabile libera di E. Usiamo l assioma ( x)(e D j ) (E xd j ) e il fatto che, per Generalizzazione da Γ E D j abbiamo Γ x(e D j ). Il Teorema di Deduzione vale anche in una forma più forte di quella appena dimostrata. Sia F una formula appartenente a un insieme Γ di formule sia δ = (D 1,..., D n ) una derivazione con premesse in Γ. Diciamo che una formula D i dipende da una formula F in δ se e solo se (1) D i è uguale a F e D i è in δ perché appartiene a Γ, oppure (2) D i è in δ perché è conseguenza (per Modus Ponens o Generalizzazione) di una o due formule che precedono D i in δ, e almeno una di queste dipende da F. Si può dimostrare la seguente versione forte del Teorema di Deduzione.
5 LOGICA MATEMATICA PER INFORMATICA (A.A. 12/13) 5 Teorema 3.3 (Teorema di Deduzione Predicativo - Forte). Sia δ una derivazione che testimonia il fatto che Γ, F G. Siano {x 1,..., x n } tutte e sole le variabili libere di F. Supponiamo che, se in δ c è una applicazione della regola di Generalizzazione a una formula che dipende da F, allora la variabile quantificata nella conclusione della regola non è una delle variabili libere {x 1,..., x n } di F. Allora possiamo concludere che Γ F G. 4. Alcune regole derivate notevoli Regola dell istanza Sia t libero per x in F (x). Allora ( x)f (x) F (t). La regola segue direttamente per Modus Ponens da un assioma. Un caso particolare è quando t è proprio x, e si ha ( x)f (x) F. Regola dell esistenziale Sia t libero per x in F. Sia F [x/t] ottenuta da F sostituendo tutte le occorrenza libere di x con t (t può anche non apparire in F [x/t]). Allora F [x/t] ( x)f. Si dimostra F [x/t] ( x)f. Si usa l assioma ( x) F F [x/t], la tautologia (A B) (B A) e il Modus Ponens, per ottenere F [x/t] ( x) F. Un caso particolare è F (t) ( x)f (x), con t libero per x in F (x). Se t è proprio x, abbiamo F (x) ( x)f (x). 5. L uguaglianza Esistono due approcci all uguaglianza in logica del I ordine. Nella nostra definizione ufficiale di soddisfacibilità abbiamo scelto di trattare il simbolo = come un simbolo speciale (logico) e abbiamo richiesto che venisse sempre interpretato come la relazione di identità nel modello. In alternativa possiamo trattare la relazione di identità come una qualunque relazione binaria. In questo caso il linguaggio conterrà un simbolo di relazione binaria I che vorremmo interpretare come l identità. Per questo simbolo non valgono regole speciali, e dunque A = I(t, s)[α] se e solo se (t A, s A ) I A. Possiamo allora cercare di assiomatizzare la nozione di identità, ossia cercare un insieme S di formule del primo ordine che forzino l interpretazione del simbolo I ad essere l identità in ogni modello che soddisfa le formule in S. Qui ci scontriamo con una limitazione intrinseca della logica del primo ordine: non è possibile formulare assiomi che forzino l interpretazione di un simbolo binario di relazione ad essere esattamente la relazione di identità. Si possono però formulare assiomi che forzino l interpretazione di un simbolo ad essere una relazione di equivalenze. Da ogni modello di questi assiomi si ottiene quozientando rispetto a questa relazione di equivalenza un modello in cui la relazione viene interpretata come l identità. Vediamo i dettagli. Per un simbolo binario di relazione I chiamiamo Assiomi dell Uguaglianza per I gli enunciati seguenti. (1) xi(x, x). (2) x y(i(x, y) (F (x, x) F (x, y))), per ogni formula F (x, x), dove F (x, y) è una formula ottenuta da F (x, x) per sostituzione di alcune (non necessariamente tutte) le occorrenze di x con y, e y è libera per x in F (x, x). Lemma 5.1 (Esercizio). Se T è una teoria che implica gli Assiomi dell Uguaglianza per un simbolo binario di relazione I, allora per ogni termine t, s, r, valgono i seguenti punti. (1) T = I(t, t). (2) T = I(t, s) I(s, t). (3) T = I(t, s) (I(s, r) I(t, r)). Corollario 5.2 (Esercizio). Sia A un modello di una teoria T che implica gli assiomi dell uguaglianza per una relazione binaria I. La relazione I A è una relazione di equivalenza su A.
6 6 DISPENSA N. 3 Proposizione 5.3. Sia T una teoria che implica gli assiomi dell uguaglianza per una relazione binaria I. Se T ha un modello allora T ha un modello in cui I è interpretata come l identità. Chiamiamo un tale modello modello normale. Dimostrazione. Sia A un modello di T. Allora I A è una relazione di equivalenza sul dominio A. Per leggibilità denotiamo questa relazione con E. Quozientiamo A rispetto a E. Poniamo B = {[a] E a A}, dove con [a] E indichiamo la classe di equivalenza dell elemento a. Definiamo l interpretazione in B delle costanti, relazioni e funzioni del linguaggio. (Costanti) Poniamo c B i uguale a [c A i ] E. (Relazioni) (b 1,..., b k ) R B se e solo se (a 1,..., a k ) R A, dove a i è un rappresentante della classe di equivalenza b i. Per dimostrare che la definizione è ben posta (e che non dipende dalla scelta dei rappresentanti) occorre osservare che, per ogni simbolo di relazione R, k T = I(x i, y i ) (R(x 1,..., x k ) R(y 1,..., y k ) i=1 segue dal fatto che T implica gli Assiomi dell Identità per I. (Funzioni) f B (b 1,..., b k ) è definito come [f A (a 1,..., a k )] E, dove a i è un rappresentante della classe di equivalenza b i. Per dimostrare che la definizione è ben posta (e che non dipende dalla scelta dei rappresentanti) occorre osservare che, per ogni simbolo di funzione f, k T = I(x i, y i ) I(f(x 1,..., x k ), f(y 1,..., y k )) segue dal fatto che T implica gli assiomi dell identità per I. i=1 Dimostriamo che I B è l identità su B. Vale (b 1, b 2 ) I B se e solo se b 1 è [a 1 ] I, b 2 è [a 2 ] I e (a 1, a 2 ) E. Ma allora la classe di equivalenza b 1 coincide con la classe di equivalenza b 2. Dimostriamo che B è un modello di T. Sia α = (a i ) i N un assegnamento in A. L assegnamento induce un corrispondente assegnamento su B ponendo α := ([a i ] E ) i N. Se α associa a i a v i, α associa [a i ] E. Cominciamo con il dimostrare che per ogni termine t, vale Se t è v i, allora [α(t)] E = α(t). [α(t)] E = [a i ] E = α(v i ), per definizione di α. Se t è una costante c i, qualunque sia α vale α(c i ) = c A i un assegnamento ai termini non variabili). Se t è f(t 1,..., t k ) allora [α(t)] E = [f A (α(t 1 ),..., α(t k ))] E. Per ipotesi induttiva vale [α(t i )] E = α(t i ). Per definizione di assegnamento, per definizione di f B e per quanto appena visto vale α(f(t 1,..., t k )) = f B ( α(t 1 ),..., α(t k )) = [f A (α(t 1 ),..., α(t k ))] E. Dimostriamo ora che per ogni α su A e per ogni formula F, A = F [α] se e solo se B = F [ α]. La dimostrazione è per induzione sulla struttura della formula F. Vediamo solo alcuni casi. Se F è R(t 1,..., t k ), allora A = F [α] se e solo se Ma questo vale se e solo se (α(t 1 ),..., α(t k )) R A. ([α(t 1 )] E,..., [α(t k )] E ) R B. (per definizione di estensione di
7 LOGICA MATEMATICA PER INFORMATICA (A.A. 12/13) 7 Ossia se e solo se B = F [ α]. Se F è vg, allora A = F [α] se e solo se che per ipotesi induttiva vale se e solo se che equivale a che equivale a B = vg [ α]. Da quanto dimostrato segue In particolare, B è un modello di T. Per ogni a A Per ogni a A Per ogni [a] E B [ ( )] v A = G α a [ ( ) ] v B = G α a [ ( )] v B = G α [a] E A = F se e solo se B = F. Osservazione 5.4. In alcuni casi è conveniente scegliere l approccio all uguaglianza appena descritto. Questo significa che nella definizione di soddisfacibilità non abbiamo più una clausola speciale per il simbolo =. Analogamente, non abbiamo gli Assiomi dell Uguaglianza nel Calcolo dei Predicati. Di volta in volta, quando studiamo una teoria che deve parlare dell uguaglianza, aggiungiamo alla teoria gli Assiomi dell Uguaglianza per un simbolo di relazione binario. Sappiamo allora che qualunque modello della teoria può essere trasformato in un modello normale.
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