Convegno ASPETTI FISCALI DEL FALLIMENTO

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1 Convegno ASPETTI FISCALI DEL FALLIMENTO Relazione Pordenone, 28 novembre 2011 Auditorium della Regione Friuli Venezia Giulia dott. Mauro Moras

2 INDICE 1. ASPETTI GENERALI DEGLI OBBLIGHI TRIBUTARI DEL CURA TORE E OBBLIGHI CONTABILI pag Premessa Gli adempimenti contabili del curatore fallimentare 5 2. ASPETTI FISCALI DELL ESERCIZIO PROVVISORIO 9 3. CESSIONE, COMPENSAZIONE E ASSEGNAZIONE DEI CREDITI FISCALI La cessione dei crediti tributari La compensazione fallimentare nell ambito tributario La compensazione fiscale L assegnazione dei crediti d imposta RESPONSABILITA TRIBUTARIA E PENALTRIBUTARIA DEL CU- RATORE 22 *** 2

3 1. ASPETTI GENERALI DEGLI OBBLIGHI TRIBUTARI DEL CURATORE E OBBLI- GHI CONTABILI 1.1 Premessa Per illustrare gli obblighi tributari del curatore fallimentare, è necessario preliminarmente mettere a fuoco i principi di carattere generale che presidiano il rapporto tra fallito e obbligazioni tributarie. Innanzitutto, si rileva l assenza nell ordinamento di una disciplina normativa fiscale organica con riguardo alle procedure concorsuali. Si rinvengono invero numerose norme speciali, ma non coordinate tra loro 1. Tale carenza di organicità ha pertanto generato un acceso confronto dottrinale e giurisprudenziale sul tema. Da un lato vi sono la dottrina e la giurisprudenza prevalente, le quali ritengono che in mancanza di una norma espressa non sia possibile imporre un obbligo specifico al curatore, non potendosi invocare in tale ambito l analogia trattandosi di norme speciali 2. Dall altro la posizione dell Amministrazione finanziaria che vede nell organo gestorio della procedura un sostituto del fallito, una sorta di nuovo rappresentante ex lege in ambito tributario e, in quanto tale, gravato da tutti gli obblighi tributari previsti dalla legge 3 qualora questa non li disciplini diversamente. Il principio fondamentale elaborato dalla dottrina e giurisprudenza è il principio di tassatività 4, in forza del quale il curatore deve assolvere tutti e soli gli obblighi specificamente previsti dalla legge, mentre gravano sul fallito gli adempimenti non specificamente trasferiti alla procedura. Si fa discendere tale principio dalla natura stessa del ruolo di pubblico ufficiale. Secondo questa teoria il fallimento non genera un soggetto d imposta autonomo, ovverossia una sorta di massa patrimoniale soggettivizzata diversa dal fallito. Il curatore rimane, dunque, un soggetto terzo rispetto al fallito, non divenendone il rappresentante legale. Quale ausiliario di giustizia, egli assume il compito precipuo di amministrare e liquidare il compendio fallimentare in conseguenza dello spossessamento dei beni del fallito, al fine di provvedere al pagamento dei creditori concorsuali secondo le regole della par condicio creditorum. Ne consegue che il curatore non sostituisce il fallito nell obbligazione tributaria, rimanendo quest ultimo il vero soggetto passivo d imposta, 1 Art. 74-bis DPR 633/72 (Titolo VI Disposizioni varie), Art. 183 DPR 917/1986, art. 5 e 8 DPR 322/98. Art. 19, co. 6 DPR 446/97. 2 Brighenti, Il curatore fallimentare e I redditi sfuggiti a tassazione, in BT, 1727, 1994, Cass n Comm. Tribut. Centr , n Cass. 299/ Circ n Cass , n. 5777, Cass , n. 3639, Cass , n. 8224, Cass , n, 9605, Cass , n Cass n. 3321, Cass , n

4 ma gli si sovrappone solamente allo scopo di assolvere gli obblighi sanciti dalla legge o per quelli che ineludibilmente solo egli può svolgere 5. Non si rinviene dunque all interno della legge fallimentare nessun rapporto di sostituzione o di rappresentanza nei confronti del fallito e non nasce, in ultima analisi, un nuovo soggetto d imposta. Tali conclusioni sono avvalorate dalla giurisprudenza della Suprema Corte riguardante la problematica della presentazione della dichiarazione dei redditi dell anno anteriore all apertura della procedura. A tal proposito, la Cassazione, infatti, è costante nel ritenere il fallito soggetto passivo d imposta, con riferimento sia al periodo anteriore sia a quello successivo, rimanendo in capo ad esso l obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi relativamente ai periodi d imposta anteriori alla sentenza di fallimento 6. L impostazione sopra enucleata trova altresì conferma nella giurisprudenza relativa alla questione della titolarità del rapporto d imposta e della legittimazione processuale (del fallito o del curatore) in ordine agli atti notificati dall Amministrazione finanziaria. In questo senso, i principi delineati dalla giurisprudenza sono i seguenti. a) L accertamento tributario, ove inerente a crediti i cui presupposti siano sorti prima della dichiarazione di fallimento, deve essere notificato non solo al curatore, in ragione della loro idoneità a partecipare al concorso fallimentare, ma anche al contribuente, il quale non è privato, a seguito della dichiarazione di fallimento, della sua qualità di soggetto passivo del rapporto tributario, rimanendo questi esposto alle conseguenze della definitività dell atto impositivo. Di riflesso permane in capo al curatore l obbligo di comunicare al fallito gli atti impositivi relativi alla gestione fallimentare al fine dell esercizio del diritto alla difesa; ciò quanto meno sotto il profilo della responsabilità nei rapporti tra organo della procedura e fallito. b) Nell inerzia degli organi fallimentari, per mancanza di autorizzazione o inattività del curatore, il fallito è legittimato a esercitare la tutela giurisdizionale 7 ; ciò in funzione di una lettura sistematica dei disposti di cui all art. 43 l. fall. e D.Lgs 546/92 e dell art. 24 della Costituzione. Vi è da dire che, in tal caso, secondo giurisprudenza di legittimità, il curatore ha un vero e proprio obbligo di trasmettere al fallito tutti gli atti che ineriscano a quelle situazioni giuridiche che possano incidere sulla sua sfera patrimoniale quando ritorni in bonis 8 ; in tal caso i termini per impugnare l accertamento da parte del fallito decorrono da quando questi ne sia venuto a conoscenza 9. 5 A. Capocchi, Il Fallimento, n. 4/2003, p Messina, Corriere Tributario, 29/2010, p (Cass. Pen , n. 1549, Cass. Pen. Sez. III, , n Cass Cass n. 2911, , n. 4235, Cass. 3667/1997, Cass /2000, Cass.6937/2002. Circ. Ispett. Comp. Imp. Dirette Milano n. 16/8189/A. Cass , n Cass n. 3667, 9 Cass , n. 3321, Cass n. 3094, Cass n

5 c) In caso d impugnazione della procedura, il fallito ha solo la possibilità di svolgere un intervento adesivo c.d. dipendente. D altra parte che il fallito, con la dichiarazione di fallimento, non perda la soggettività passiva tributaria è confermato dalla stessa Amministrazione finanziaria con la circolare n. 26/E e la risoluzione n. 171/E del Il fallimento pertanto produce una perdita di legittimazione sostanziale, intesa come limitazione della facoltà dispositiva, e la perdita di legittimazione processuale limitata del suo titolare, nella cui posizione subentra il curatore, ferma restando la titolarità del rapporto tributario in capo al fallito. Fin qui per quanto attiene i rapporti con l Amministrazione finanziaria. Il discorso si fa ovviamente diverso se ci spostiamo nell ambito del dovere del curatore ex art. 38 l. fall. di svolgere l attività con la diligenza richiesta dalla natura dell incarico, preservando da conseguenze pregiudizievoli il patrimonio fallimentare acquisito. Ed ecco che, qualora l inerzia o l inadempimento del fallito possa cagionare un danno al patrimonio fallimentare o un peggioramento delle aspettative dei creditori concorsuali, il curatore ha il dovere di attivarsi presso gli organi fallimentari per essere autorizzato a svolgere gli a- dempimenti accessori e complementari, anche di natura tributaria, volti a preservare la dilatazione del passivo concorsuale o il nocumento all attivo fallimentare, dovendosi altrimenti individuare una fonte di responsabilità il non aver cercato di evitare tale pregiudizio Gli adempimenti contabili del curatore fallimentare In questo paragrafo, verranno affrontare le tematiche connesse agli obblighi contabili del curatore, dando solo un cenno, considerata l ampiezza dell argomento, agli aspetti relativi alla presentazione delle dichiarazioni fiscali. Le fonti normative di tali obblighi risiedono nell art. 74-bis del DPR 633/72, nell art. 183 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, nonché nell art. 89, II co. e 38, I co., l. fall. Per quanto attiene alla normativa civilistica, possiamo affermare che l impresa fallita che non svolge esercizio provvisorio non ha l obbligo di tenere le scritture contabili previste dall art C.C. La norma del codice statuisce, infatti, l obbligo di tale tenuta solo per gli imprenditori esercitanti l attività commerciale. Ne consegue che, come chiara dottrina ha evidenziato, con la perdita della qualifica d imprenditore commerciale conseguente alla cessazione dell impresa, vengono meno tutti gli effetti che si ricollegano alla qualifica d imprenditore commerciale F. Ferrara F. Corsi, 1987, Giuffrè, Gli imprenditori e le società, pag. 71 e ss. Cass. Pen., sez. III, 8 settembre 1999, n , F. Brighenti, Adempimenti, cit., 86; D. Stevanato, Inizio e cessazione dell'impresa, 251; E. Stasi, Il curatore fallimentare, cit., 239; L. Panzani - E. Stasi, Formulario del fallimento, 104, nt. 3; C. Zafarana, Manuale tributario del fallimento,

6 Peraltro la natura di norma speciale della legge fallimentare consente di ritenere prevalente il dato normativo dell art. 38, che prevede l obbligo di tenere un registro cronologico, su quello dell art. 2214; e ciò anche nel caso che si consideri l ultimazione della liquidazione dell impresa il momento in cui si verifica la cessazione della qualifica d imprenditore commerciale. La questione è stata affrontata con riguardo alla debenza della tassa di concessione governativa per la bollatura e la vidimazione dei libri e registri contabili nell ambito del fallimento. In tale situazione, i tribunali fallimentari hanno evidenziato che le società dichiarate fallite non rientrano tra i soggetti tenuti alle scritture di cui agli artt e segg. c.c 11. Dal punto di vista fiscale, pur non essendo prevista nell art. 13 del DPR 600/73 alcuna deroga espressa, è opinione consolidata che gli obblighi contabili del curatore si esauriscano nel tenere, oltre all'apposito registro vidimato da un membro del comitato dei creditori ai sensi dell'art. 38 l. fall., i registri prescritti dalla normativa sull'iva: si ritiene, infatti, che la peculiare disciplina dettata per la determinazione del reddito del periodo fallimentare renda inutile la tenuta dell'apposita contabilità obbligatoria ai fini delle imposte dirette. Nell ambito tributario tali sono gli adempimenti che spettano al curatore. A) Ai fini Iva A 1) per le operazioni ante fallimento, qualora i termini siano ancora pendenti; fatturazione, registrazione delle fatture di acquisto e di vendita entro quattro mesi dalla nomina (art. 74- bis DPR 633/72, I comma); A 2) per le operazioni post fallimento, anche in caso di esercizio provvisorio, tutti gli adempimenti previsti dal DPR 633/72; le liquidazioni periodiche sono dovute solo se sono registrate nel periodo operazioni imponibili; le fatture devono essere emesse entro trenta giorni dall effettuazione delle operazioni (art. 74-bis, DPR 633/72, II comma); per le operazioni post- fallimentari si potrà continuare a utilizzare i registri dell impresa fallita, avendo cura di separare le registrazioni anteriori da quelle successive che devono peraltro riportare una nuova numerazione progressiva 12. Si osservi che la norma estende al fallimento tutti gli obblighi previsti nel decreto Iva, salvo per due eccezioni riguardanti la fatturazione e alla liquidazione periodica, mentre, per quelle prefallimentari, gli obblighi sono individuati e disciplinati. 11 Decreto Tribunale di Udine in Le Società, 1996, 7 con nota adesiva di Ianello e Ordinanza del Tribunale di Torino del Trib. di Treviso , Tribunale di Roma , Tribunale di Milano Maffei Alberti, Commentario breve alla legge fallimentare, p

7 Il curatore deve presentare apposita denuncia di variazione ai sensi dell art. 35 DPR 633/72 entro trenta giorni dall accettazione della carica 13. Il numero di partita iva rimane lo stesso, in quanto, come si è detto, il fallimento non costituisce un nuovo soggetto tributario, che rimane invariato, affiancandosi al fallito il curatore per gli adempimenti tributari previsti dalla legge e che gli competono per le funzioni che deve svolgere. Nel caso d imprenditore che abbia cessato la partita iva, occorre chiedere la riattivazione della stessa, qualora il fallimento abbia da compiere operazioni rilevanti ai fini di tale imposta. Tale intervento è spesso disatteso nella prassi, giacché la riattivazione del numero di partita iva deve essere eseguita entro trenta giorni dalla data di fallimento. Il fallimento poi non determina il cambiamento della periodicità della liquidazione iva. La cessazione della partita iva può essere presentata quando sono ultimate le operazioni rilevanti ai fini Iva, che non coincide esattamente con la chiusura del fallimento (CM 3/92, CM 19/93, Ris , Ris e Ris. 1 del ). Infine, si accenna solo alla criticata impostazione della giurisprudenza di legittimità secondo la quale la dichiarazione iva 74-bis sarebbe equiparabile alla dichiarazione di cessazione dell attività e conseguentemente legittimerebbe il rimborso del credito iva eventualmente esistente (Cass. N /03 e 4104/02 del ). In questo caso, ad avviso di taluno, la Corte erroneamente dimostra di non distinguere la cessazione dell attività d impresa con la cessazione delle operazioni rilevanti ai fini Iva. Fattispecie che si verifica solo con l ultimazione delle operazioni di liquidazione dell attivo 14. B) ai fini delle imposte sui redditi Un cenno sulla tassazione ai fini delle imposte dirette. B 1) Riguardo al periodo intercorrente dall inizio del periodo d imposta e il fallimento: il reddito imponibile è quello che emerge da apposito bilancio predisposto dal curatore con le variazioni previste dal testo unico (art. 183, I comma, DPR 917/1986). B 2) Relativamente al periodo compreso tra l inizio e la chiusura del procedimento, anche in caso di esercizio provvisorio: la base imponibile è pari al differenziale tra il residuo attivo alla chiusura del fallimento e il patrimonio netto dell impresa o società all inizio del procedimento, determinato in base ai valori fiscalmente riconosciuti, determinato in base al bilancio di cui al punto precedente; se il patrimonio netto è negativo, si assume un valore pari a zero (art. 183, II comma, DPR 917/1986). 13 Cass , n , sez. III pen., Comm. Trib. Milano n. 379 Contra Comm. Trib. Centr , n. 1359, comm. Trib. 2 Ravenna , 14 Tale impostazione è criticata da Messina, Corriere Tributario, 29/2010, p che ribadisce che con il fallimento non vi è alcuna cessazione dell impresa ai fini tributari. 7

8 B 3) Per quanto concerne la dichiarazione del periodo d imposta anteriore alla dichiarazione di fallimento, secondo l Amministrazione finanziaria, se il termine all atto del fallimento non è ancora scaduto, l obbligo si trasferisce in capo al curatore 15. Tale impostazione è oggetto di aspre critiche in dottrina e giurisprudenza 16, in quanto, in virtù del principio di tassatività descritto in premessa, non si può imporre alcun onere all organo gestorio della procedura in mancanza di un espresso precetto normativo. Come si è detto, il curatore è tenuto a predisporre il bilancio concernente il periodo prefallimentare. Tale bilancio dovrà essere composto di stato patrimoniale e conto economico; e ciò anche nel caso d imprese che operavano in contabilità semplificata, essendo tale adempimento finalizzato non solo alla determinazione del reddito imponibile, ma anche alla determinazione del risultato differenziale relativo all intero periodo fallimentare. In dottrina è apparsa corretta tale impostazione, posto che con il deposito del fallito delle scritture contabili ex art. 14, la contabilità viene sottratta al fallito per essere consegnata al curatore. E dunque ragionevole che sia questi a predisporre il bilancio dell ultimo esercizio prefallimentare 17, in ottemperanza peraltro all obbligo sancito dall art. 89 l. fall. In questo contesto e mancando l obbligo della redazione del bilancio finale, la dottrina ha ritenuto del tutto superflua 18 la tenuta delle scritture contabili elencate nell art. 14 DPR 600/73, ad eccezione, come si vedrà, del caso di esercizio provvisorio. Sebbene la legge fiscale non lo preveda direttamente, la conclusione anzidetta viene tratta dal sistema. Perde, infatti, di ogni funzione il libro giornale. Da un lato tutte le o- perazioni fallimentari devono essere annotate nell apposito registro vidimato dal comitato dei creditori; dall altro, ai fini della determinazione del reddito del periodo fallimentare, rileva solo ciò che residua al termine della procedura. Computo che può essere agevolmente assolto dal rendiconto del fallimento. Viene pertanto meno l utilità di registrare i componenti reddituali e di monitorare annualmente il patrimonio dell impresa. Finalità cui sono tipicamente finalizzate le scritture contabili dell imprenditore commerciale. Per quanto attiene alla redazione del bilancio iniziale di cui all art. 183 del Tuir, si osserva che tale documento non va confuso con il bilancio di cui all art. 89, II comma, l. fall. In tale norma si prevede che il Il curatore deve inoltre redigere il bilancio 15 Circ n. 5/3401 e Ris. Agenzia delle Entrate , n. 18/E. 16 Zafarana, Manuale tributario del fallimento, p. 84, Tonetti Aspetti fiscali delle procedure concorsuali, p. 215, Quatraro D Amora, Il curatore fallimentare, p. 4682, Miccinesi, L imposizione dei redditi sul fallimento e sulle altre procedure concorsuali, p. 155, Apice, Fall. 1988, 173, Comm. Tributaria di I grado Rovigo , Tribunale di Bologna , Trib. di Venezia , Cass., n. 299 Cass. Pen Contra: Comm di II grado Roma, Trib. di Trieste Miccinesi, 1990, Brighenti, 1994, 86, D Amora 4,

9 dell ultimo esercizio, se non presentato dal fallito nel termine stabilito, e apportare le rettifiche necessarie e le eventuali aggiunte ai bilanci depositati dal fallito a norma dell art. 14. Tale adempimento risulta tuttavia spesso di difficile attuazione stante la precaria, se non addirittura carente, tenuta delle scritture contabili da parte del fallito e, nella prassi, costituisce spesso un adempimento inapplicabile, non essendovi alcun obbligo in capo al curatore di provvedere all aggiornamento e alla ricostruzione di contabilità complesse, incomplete o irregolari 19. Quest ultimo è un documento endoconcorsuale e pertanto va redatto in conformità alle disposizioni di cui agli artt e segg. c.c., mentre il documento previsto dall art. 183, I comma del Tuir espone le attività e le passività del fallimento secondo criteri fiscali. Si elencano le linee guida che devono essere seguite nella predisposizione del bilancio fiscale prefallimentare: a) In primo luogo, dovrà essere costituito da stato patrimoniale e conto economico, mentre la dottrina ritiene il curatore sia esonerato dalla redazione della nota integrativa 20. b) Rileva il costo fiscalmente riconosciuto degli elementi attivi e passivi e non il valore di stima. c) Rilevano le attività e passività aziendali accertate, ancorché non registrate. d) Sono esclusi gli elementi personali dell imprenditore individuale. Ma cosa deve fare il curatore nel caso in cui non siano disponibili le scritture contabili del fallito, perché sottratte, distrutte o occultate o comunque irregolari? In tal caso, egli dovrà ricostruire il patrimonio netto dell impresa in base ai dati comunque in suo possesso, emersi nel corso della procedura fallimentare, in sede di redazione dell inventario e di accertamento del passivo. Non vi è pertanto, aldilà di quanto previsto dall art. 74-bis ai fini Iva, alcun obbligo di natura tributaria di ricostruire contabilità mancanti, carenti o comunque irregolari, dovendosi ricostruire il bilancio iniziale, partendo sì dai saldi di contabilità dell impresa fallita, ma potendo utilizzare tecniche extra-contabili. Vi è al più, nell ambito della diligenza richiesti dalla natura dell incarico, un dovere di adoperarsi per quanto possibile al fine di evitare che dal mancato aggiornamento delle scritture contabili possa discendere un aumento rilevante del passivo concorsuale a causa di sanzioni tributarie conseguenti ad accertamenti e iscrizioni a ruolo. 2. ASPETTI FISCALI DELL ESERCIZIO PROVVISORIO 19 Pajardi, Il manuale del fallimento, Abete Lo Cascio, Fall., p. 335, Il quale evidenzia che nei casi di omessa o irregolare tenuta della contabilità, il curatore dovrebbe limitarsi a una mera denuncia d inesistenza dei dati contabili e amministrativi. 20 Maffei Alberti commentario breve alla Legge fallimentare, p Brighenti, p

10 L esercizio provvisorio, secondo quanto prevede l art. 104 l. fall., comporta la continuazione temporanea dell esercizio dell impresa ed è disposto, se dall interruzione dell attività possano conseguire danni gravi e purché non arrechi pregiudizio ai creditori, dal Tribunale con la sentenza dichiarativa di fallimento, o dal Giudice delegato, previo parere favorevole del Comitato dei creditori. Durante l esercizio provvisorio i contratti pendenti proseguono, salvo che il curatore non intenda sciogliersi e i debiti sorti durante la gestione temporanea sono prededucibili. Peraltro, egli non avrà bisogno di autorizzazioni specifiche per effettuare i pagamenti di tali debiti, compresi quelli di natura tributaria che conservano, ove non diversamente statuito, le scadenze ordinarie degli altri imprenditori, derivando la sua autonomia dall autorizzazione iniziale degli organi concorsuali. L osservazione fondamentale che se ne ricava, per quanto attiene agli aspetti tributari e contabili, è che l esercizio provvisorio comporta la prosecuzione dell attività d impresa, seppur finalizzata alla conservazione dei valori aziendali e alla successiva liquidazione degli stessi. Nella sostanza, la prosecuzione (o la ripresa) dell attività commerciale comporta il mantenimento della qualifica d imprenditore commerciale, ancorché in capo al fallito e non al curatore. Ad ogni modo, quest ultimo sarà direttamente responsabile per gli eventuali fatti di rilevanza penale 21. Al fallito invero saranno attribuiti gli effetti residuali dell esercizio provvisorio una volta chiuso il fallimento. La qualifica d impresa commerciale rende applicabile l ordinaria disciplina tributaria alle operazioni poste in essere dal fallimento. Il curatore dovrà pertanto informare l Agenzia delle Entrate di tale fase con la comunicazione ex art. 35 DPR 633/72. Dal mantenimento di tale qualifica deriva l obbligo di tenuta delle scritture contabili ai fini civilistici e tributari, con particolare riferimento all Irap. Come abbiamo visto, infatti, ai fini Ires e Irpef, il reddito del periodo fallimentare, ancorché vi sia stato esercizio provvisorio, è determinato con la speciale procedura prevista dall art. 183 del Tuir 22. Invero, l esercizio provvisorio determina il verificarsi del presupposto impositivo ai fini Irap nel fallimento. A una prima lettura della disposizione normativa, effettuata nell immediatezza della sua entrata in vigore, sembrava che l esecuzione collettiva rientrasse in ogni caso 21 Cfr. Pajardi, il Manuale del fallimento. 22 Va detto, tuttavia, che prima della modifica introdotta dall art. 1, 5^ comma, DPR 542/1999, con il quale si è provveduto a coordinare il contenuto dell art. 183 DPR 917/86, il curatore, nel caso in cui era stato autorizzato l esercizio provvisorio d impresa, aveva l obbligo di presentare ai fini delle imposte sui redditi, se il fallimento si protraeva oltre il periodo d imposta in corso alla data della declaratoria, la dichiarazione relativa alla residua frazione di periodo e quelle relative a ogni successivo periodo d imposta nei termini stabiliti dall art. 2 del DPR 322/98. 10

11 nell ambito dei soggetti passivi dell imposta. Tale interpretazione veniva desunta dalla considerazione che il presupposto dell imposta è l esercizio di un attività autonoma organizzata diretta alla produzione o scambio di beni o alla prestazione di servizi, dalla mancata previsione di uno specifico esonero nel comma 2 dell art. 3 del DPR 446/97, nonché dall assoggettamento all imposta degli enti che si trovano in liquidazione senza esercizio di attività economica. Tuttavia, è la lettura del sesto comma dell art. 19 del decreto istitutivo dell imposta a fornire l esatta chiave di lettura 23. La norma in oggetto testualmente recita: «Nei casi di liquidazione, fallimento, liquidazione coatta amministrativa, trasformazione, fusione e scissione di imprese individuali, società ed enti di cui agli artt. 10 e 11 D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (abrogati), si osservano le disposizioni ivi previste, con esclusione dei commi secondo e terzo dell'art. 10 se nelle procedure fallimentare e di liquidazione coatta non vi è esercizio provvisorio dell'impresa». Inoltre la CM 141/E del indica chiaramente tra i soggetti passivi dell imposta il fallimento con esercizio provvisorio. Ben più chiaro è il comma 4 dell art. 5 del DPR 322/98, laddove stabilisce che <<Nei casi di fallimento o di liquidazione coatta amministrativa, le dichiarazioni di cui al comma 1 (dichiarazione prefallimentare e finale) sono presentate, anche se si tratta di imprese individuali, dal curatore o dal commissario liquidatore, in via telematica, avvalendosi del servizio telematico Entratel, direttamente o tramite i soggetti incaricati di cui all'articolo 3, comma 3, entro l'ultimo giorno del nono mese successivo a quello, rispettivamente, della nomina del curatore e del commissario liquidatore, e della chiusura del fallimento e della liquidazione; le dichiarazioni di cui al comma 3 (dichiarazioni intermedie) sono presentate, con le medesime modalità, esclusivamente ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive e soltanto se vi è stato esercizio provvisorio>>. Infatti, il comma 3 prevede che: <<se la liquidazione (fallimento) si prolunga oltre il periodo d imposta in corso alla data (di fallimento) sono presentate, nei termini stabiliti dall art. 2 (termine ordinario), la dichiarazione relativa alla residua frazione del detto periodo e quelle relative ad ogni successivo periodo d imposta.>> 24 Dal decreto istitutivo dell Irap si evincono i seguenti obblighi in relazione al periodo in cui sono state aperte le relative procedure: a) Le procedure dichiarate prima del 30 settembre 1997 sono escluse da Irap a prescindere dall eventuale esistenza dell esercizio provvisorio, così come le procedure 23 Cfr. Luca Mandrioli, Il Fallimento, 8, 1998, p Anche la ris , n. 199/e conferma che ai fini Irap, in presenza di esercizio provvisorio, non è configurabile un unico periodo d imposta corrispondente alla durata della procedura, come avviene ai fini delle imposte dirette, e sussiste quindi l obbligo delle dichiarazioni infraprocedurali. 11

12 aperte e chiusesi entro il 01/01/ ; ciò in base alla lettura combinata delle norme contenute nel primo e secondo comma dell art. 37 del D.Lgs 446/97. b) Le procedure dichiarate dopo il 30/09/1997 e ancora in essere allo 01/01/1998 sono soggette a Irap solo se vi è esercizio provvisorio 26 ; Vediamo ora di distinguere gli obblighi Irap in relazione alla presenza o meno di esercizio provvisorio. In mancanza di esercizio provvisorio: a. occorre presentare la dichiarazione ai fini Irap relativa al periodo intercorrente tra l inizio del periodo d imposta e la dichiarazione di fallimento entro la fine del nono mese successivo alla dichiarazione di fallimento; se risulterà un credito del fisco, nessun obbligo di pagamento ricadrà ovviamente sul curatore, trattandosi di un debito concorsuale e l Ufficio s insinuerà nel passivo; b. non vi è l obbligo di presentare la dichiarazione del periodo anteriore, ancorché siano pendenti i termini, incombendo tale adempimento al fallito che conserva la capacità tributaria optimo jure, similmente a quanto avviene ai fini delle altre imposte dirette; c. per quanto attiene al periodo fallimentare, se non vi è esercizio provvisorio, nessun obbligo compete al curatore, non essendo il fallimento soggetto passivo d imposta 27. In presenza di esercizio provvisorio: I) per il periodo intercorrente tra l inizio del periodo d imposta e la dichiarazione di fallimento; come nel caso sub a); II) per il periodo anteriore; come il caso sub b); III) per il periodo intercorrente tra la data di fallimento e la fine del primo periodo d imposta (annuale), in caso di durata ultrannuale dell esercizio provvisorio, entro i termini ordinari (30/09); IV) per i periodi annuali successivi; entro i termini ordinari; V) per il periodo intercorrente tra l inizio del periodo d imposta e la data di chiusura dell esercizio provvisorio; la norma non è chiara è la dottrina propone tre diverse soluzioni: i) Entro i termini ordinari (30 settembre dell anno successivo) 28 ; ii) Entro nove mesi dal decreto di chiusura dell esercizio provvisorio 29 ; iii) Entro il termine previsto per la dichiarazione di chiusura ai fini Ires, ossia entro nove mesi dal decreto di chiusura del fallimento Cfr. Luca Mandrioli, L Irap nel fallimento, Il fallimento, 8/1998 p Circ. Min. 4 giugno 1998 n. 141/E e istruzioni ministeriali quadro IQ. 27 Trib. di Alba Zafarana, Manuale Tributario del fallimento, p Maffei Alberti, Commentario breve alla legge fallimentare, 2009, p

13 Si ritiene preferibile la soluzione di cui al punto i). La soluzione ii) è prudenziale, ma non trova conferma nel dato normativo e la soluzione iii), sebbene appaia più aderente alla lettera della norma, porta a situazioni paradossali: si pensi, ad esempio, alle difficoltà riscontrabili nel presentare la dichiarazione Irap e a liquidare l imposta dopo tanti anni, utilizzando una modulistica superata e un sistema normativo non più in vigore da tempo. I versamenti dell Irap andranno eseguiti in prededuzione, se riferiti alla gestione durante l esercizio provvisorio, nei termini ordinari stabiliti dal DPR 435/2001 art. 17 (16 del sesto mese successivo alla chiusura del periodo d imposta). Il fallimento è tenuto altresì al versamento degli acconti, anche relativamente al I periodo. Per quanto attiene agli obblighi contabili, l art. 20 della legge istitutiva dell Irap sancisce l obbligo di osservare gli obblighi documentali e contabili ai quali sono tenuti gli imprenditori commerciali ai fini delle imposte sul reddito e sul valore aggiunto. Si osserva che le gestioni patrimoniali e contabili dell esercizio provvisorio e della liquidazione fallimentare devono rimanere separate: le prime saranno documentate nelle scritture previste dal codice civile e dal DPR 600//73, le seconde solamente nello speciale registro di cui all art. 38 l. fall. Il curatore dovrà dunque formare il bilancio iniziale dello specifico ramo d impresa per il quale è disposto l esercizio provvisorio 31. Al più, se i parametri della ditta fallita lo consentono, potrà essere tenuta la contabilità semplificata. Nel giornale del fallimento andrà riportato solo il saldo finanziario finale della gestione dell esercizio provvisorio. E bene che vengano istituiti due distinti rapporti di conto corrente separati. Le plusvalenze dei beni e i ricavi di godimento rileveranno solo se aventi natura ordinaria e ascrivibili al complesso aziendale interessato dall esercizio provvisorio 32. Tra gli obblighi contabili facenti capo al curatore si annovera infine la formazione del rendiconto semestrale e di chiusura dell esercizio provvisorio ex comma 5 art. 104 l. fall. da depositarsi in cancelleria. Tale documento sarà un vero e proprio bilancio costituito da stato patrimoniale, conto economico e relazione illustrativa, con indicazione delle future prospettive economiche della continuazione. A chiusura dell argomento e in conseguenza di quanto detto, appare evidente che in caso di esercizio provvisorio vi sarà pure l obbligo di corrispondere la tassa di concessione governativa sui libri contabili. 30 M. Grassano, il Fallimento/2002, p. 218; Stasi, Il fallimento,/1999, p. 129; Mandrioli, Corriere Tributario, 41/2000 p Statti, Corr. Trib. 98, Mandrioli, Il fallimento, 98, 768. Dulcamare Berardo, Corriere Tributario, 20/1998, p Statti F. op. cit. 13

14 3. CESSIONE, COMPENSAZIONE E ASSEGNAZIONE DEI CREDITI FISCALI 3.1 La cessione dei crediti tributari Aldilà del rimborso, i tre strumenti a disposizione del curatore per incassare i crediti e- rariali sono la cessione, la compensazione e la loro assegnazione in sede di riparto finale. I crediti erariali che solitamente ostacolano la chiusura della procedura sono il credito iva e per le ritenute d acconto subite sugli interessi attivi bancari. Escludendo che il credito derivante dalle ritenute subite possano essere chieste a rimborso in corso di procedura 33, dovendosi invero attendere il decreto di chiusura del fallimento a seguito del quale presentare la presentazione della dichiarazione dei redditi finale, è certamente consentita in corso di procedura la cessione dei crediti erariali ai sensi degli artt c.c. Le fonti normative che, rispettivamente per le imposte dirette e per l iva, disciplinano tale possibilità sono l art. 43 bis (introdotto il 28/12/95), DPR 602/73 che prevede, al comma 1, che le disposizioni degli artt. 69 e 70 del RD , n. 2440, si applichino anche alle cessioni dei crediti chiesti a rimborso nella dichiarazione dei redditi, e l art. 5, co. 4 ter dl , n La cessione dovrebbe riguardare solo i crediti risultanti dalla dichiarazione annuale richiesti a rimborso e deve comprendere anche gli interessi. Si possono cedere anche i crediti futuri, condizionali o non esigibili in quanto la norma è stata interpretata dalla dottrina come una norma di portata procedimentale e non sostanziale. Visto che il credito per ritenute si forma man mano che vengono effettuate, non vi è ragione per escludere la cessione ancora prima di presentare la dichiarazione a rimborso d imposta ovvero prima della chiusura del fallimento. In questo senso, la giurisprudenza è venuta a estendere la possibilità di cedere i crediti erariali rispetto a quanto letteralmente previsto. Si può dunque ricorrere all istituto della cessione dei crediti futuri, pacificamente ammessa in giurisprudenza e in dottrina 35, oppure, più semplicemente, alla cessione di crediti sorti ma non esigibili e alla cessione di crediti condizionali. La cessione di crediti futuri avrà, in questo caso, effetti obbligatori, implicando il trasferimento della titolarità attiva del rapporto di credito nello stesso istante in cui il credito verrà a esistenza, in al- 33 Cass Le modalità e gli adempimenti da osservare dai soggetti interessati sono stati definiti dall Amministrazione finanziaria nelle successive circolari , n. 223, cir , n. 71 e circ n. 19 e circ , n. 192/e, e il DM 30/09/97 n Tesauro 2003,

15 tre parole con la presentazione della dichiarazione dei redditi finale del curatore 36. Negli altri casi l effetto traslativo è immediato. La particolare forma scritta richiesta per la cessione, secondo dottrina prevalente, è ad probationem e non ad substantiam, cioè per rendere opponibile la cessione all Amministrazione finanziaria e lo stesso dicasi per la notifica rituale. Peraltro anche la stessa Amministrazione finanziaria, dopo un iniziale reticenza, ha pacificamente ammesso (Ris , n. 279/e) la cedibilità dei crediti erariali futuri (e a maggior ragione non esigibili o condizionali). Da ultimo, la riforma della legge fallimentare, all art. 106, ha esplicitamente contemplato tale possibilità. Anche la prassi dei tribunali fallimentari riconosce la legittimità della cessione delle ritenute d acconto e per Iva maturate nel corso della procedura, evidentemente prima di presentare le dichiarazioni finali (cfr. Comunicazione Tribunale di Milano del 3 luglio 2006). Ovviamente il curatore dovrà munirsi delle autorizzazioni degli organi del fallimento e la cessione dovrà essere prevista nel programma di liquidazione, nel rispetto di procedure competitive di selezione dell acquirente. La cessione dovrà risultare da atto pubblico o da scrittura privata autenticata e deve contenere l esatta individuazione delle parti e la previsione dell obbligo di notifica. L atto di cessione deve essere obbligatoriamente notificato dal cedente, tramite ufficiale giudiziario, sia all ufficio tributario sia al concessionario della riscossione. Il cessionario non può cedere il credito oggetto della cessione. Restano ferme le disposizioni relative al controllo delle dichiarazioni e delle relative rettifiche e irrogazione di sanzioni nei confronti del cedente (art. 5 dl ), cosicché anche qualora erogato il rimborso, l ufficio accerti l indebito potrà ripetere anche presso il cessionario le somme rimborsate, il quale resta solidalmente responsabile con il cedente per la restituzione del rimborso indebitamente eseguito. Una particolare attenzione andrà osservata da parte dei curatori nella cessione dei crediti erariali per il rischio di dover rispondere verso il cessionario dell esistenza del credito ex art c.c. Nell atto, tale garanzia andrà esclusa in capo al curatore, che comunque rimane eventualmente responsabile per fatto proprio. 3.2 La compensazione fallimentare nell ambito tributario Per quanto attiene ai crediti e debiti verso l erario, nell ambito fallimentare possono o- perare la compensazione ex art. 56 l. fall. e quella fiscale. La compensazione fallimentare trova la norma di riferimento nell art. 56 l. fall., ai sensi del quale i creditori hanno diritto di compensare con i loro debiti verso il fallito i crediti 36 Cass e Cass del

16 che essi vantano verso lo stesso, ancorché non scaduti prima della dichiarazione di fallimento. Com è noto, la norma speciale della legge fallimentare si differenzia dalle norme del codice civile relative alla compensazione legale (1241 e ss. c.c.), in quanto non è richiesto il requisito dell esigibilità delle obbligazioni. Trattandosi di norma che comporta, per certi versi, una soddisfazione del creditore al di fuori delle regole del concorso, essa va interpretata in senso restrittivo. Per operare la compensazione è necessario che vi sia il rispetto delle altre condizioni previste dalle disposizioni civilistiche. Ossia, mettendo da parte l omogeneità, posto che si tratta pur sempre di crediti erariali pecuniari, le obbligazioni devono essere reciproche (di un soggetto verso l altro) e liquide (determinabili nel loro ammontare). Per essere compensabili secondo le disposizioni della legge fallimentare, i crediti devono, non tanto essere sorti prima del fallimento, ma trovare prima di esso la loro radice causale (C. 91/3006, C. 03/8042, C. 01/11288, 99/12318, S.U. 99/775). Gli altri presupposti possono, secondo linee interpretative innovative delineate dalla Cassazione, verificarsi anche durante la procedura (Cass , n. 3280). In questo senso, la Procedura e l Amministrazione finanziaria potranno compensare il credito Iva emergente dalle scritture contabili già dallo dell anno successivo all apertura della procedura con i debiti tributari ante fallimento; e non vi è tal fine necessità di preventiva ammissione al passivo dei debiti tributari 37. Una volta ammessi, la compensazione potrà operare lo stesso ope legis, senza necessità di alcun provvedimento autorizzativo e non comporterà alcuna variazione dello stato passivo, dovendo il curatore tener conto della stessa come strumento estintivo dell obbligazione in sede di riparto. Al contrario gli organi della procedura e l Amministrazione finanziaria non potranno o- perare la compensazione dei crediti erariali sorti dopo con debiti tributari preconcorsuali del fallito (Comm. Trib. Toscana , n. 64 e Cass , n e Cass , n ). Per le stesse motivazioni, ossia il difetto di reciprocità, la Suprema Corte afferma che l Amministrazione finanziaria non può eccepire la compensazione né del credito del fallito ante fallimento con i debiti d imposta successivi (19169/2003, Cass , n ) 38, né dei debiti ante fallimento con i crediti per ritenute formatesi durante la procedura, una volta tornata in bonis la società (Cass , n ). 37 Vi è tuttavia una sentenza di merito che, per difetto del requisito della reciprocità, ritiene che non siano compensabili posizioni inerenti a tributi diversi (es. Iva e imposte dirette Trib. di Como ). 38 Con commento favorevole di Stesuri, in Il Fall. 12/2004, p

17 3.3 La compensazione fiscale Questa tipologia di compensazione è prevista dall art. 17, D.Lgs , n Con tale norma tutti i contribuenti possono compensare i crediti e debiti per le imposte, tasse e contributi, indicati nelle dichiarazioni presentate entro la data di presentazione della dichiarazione successiva. Nello statuto del contribuente, la compensazione fiscale è stata riconosciuta come strumento generale di estinzione dell obbligazione tributaria. Dopo la modifica introdotta dall art. 2 D.Lgs 422/98 e dal Dl n. 78, la compensazione di crediti iva eccedenti euro ,00 richiede la preventiva presentazione della dichiarazione (decorrenza ). Peraltro, il nuovo comma 49 bis dell art. 37 D.L. 223/2006 pone a carico di tutti i contribuenti che intendono effettuare la compensazione di crediti iva superiori a ,00 di utilizzare esclusivamente il canale telematico 39. Mentre, si rammenta che in forza della Circ. 30/E 29/09/2006, i curatori erano esonerati dall utilizzo del servizio telematico, in quanto difficilmente compatibile con i vincoli all utilizzo di somme previsti dalla legge fallimentare. In secondo luogo, i contribuenti, ivi compresi i fallimenti, che intendono effettuare compensazioni di crediti Iva superiori a ,00 hanno l obbligo di richiedere l apposizione del visto di conformità da parte di professionisti iscritti all albo dei commercialisti o dei consulenti del lavoro ovvero dei Caf o da soggetti iscritti nei ruoli degli esperti delle camere di commercio in possesso dei requisiti di cui all art. 3, terzo comma, lett. b), DPR 322/1998. L asseverazione potrà essere anche apposta dal curatore, se in possesso dei requisiti previsti. Permane il tetto massimo da utilizzare in compensazione di Euro ,90. Vi è da ultimo la limitazione introdotta dall art. 31 del Dl , n 78 che introduce, con decorrenza , la preclusione a procedere a compensazione orizzontale nell ipotesi in cui il contribuente, titolare di crediti relativi a imposte erariali, sia al contempo debitore di somme iscritte a ruolo per imposte erariali e accessori di importo superiore a 1.500,00 euro che risultano dovute per scadenza del relativo termine di versamento. A tal riguardo, vi è stato un ampio chiarimento dell amministrazione che ha pacificamente ammesso la non operatività dei predetti limiti nel caso di debiti erariali iscritti a ruolo nei confronti del fallito (per debiti ante fallimento) e crediti formatisi successivamente (Circ. 13/e dell e Circolare Consiglio Nazionale dottori commercialisti ed esperti contabili del n. 23/IR). La circolare ministeriale, richiamando la 39 E. Stasi, Il fallimento, 10/2009, p Berardo Guido e Dulcamare Vito, Corriere Tributario, 9/2010, p

18 precedente risoluzione 279 del 2002 ha evidenziato che non possa operare la compensazione tra crediti o debiti verso il fallito e debiti e crediti verso la massa fallimentare, trattandosi di posizioni sorte in momenti diversi e in capo a soggetti diversi. Da quanto sopra consegue che ricadrebbe nella limitazione prevista dall art. 31 DL 78/2010 la sola compensazione orizzontale di crediti ante fallimento con debiti sorti nel corso della procedura 40. Si osserva tuttavia che per crediti iva superiori a ,00 difficilmente il disordine amministrativo e contabile che spesso caratterizza la fase terminale dell impresa consentirà il rilascio del visto di conformità. In realtà, come si è avuto modo di precisare, la mancanza di limitazione non opererebbe non tanto per tale asserita diversità soggettiva 41, ma perché qualora fosse ammessa si ammetterebbe implicitamente la possibilità dell erario di compensare i debiti ante fallimento con i crediti tributari post fallimento, violando in tal modo sia l art. 56 l. fall. sia la par condicio creditorum. Occorre a questo punto valutare la compatibilità di tale strumento compensativo con la fattispecie della compensazione fallimentare. In particolare si dovrà esaminare se, in qualche modo, non si abbia violazione della par condicio creditorum. Si osserva in dottrina che la compensazione fiscale costituisce un istituto diverso e autonomo rispetto a quella civilistica e della correlata compensazione fallimentare, per cui, non essendovi nessuna norma che vieti al curatore di utilizzarla, l unico limite è costituito dal divieto di violazione della par condicio 42. Occorre, a tal fine, esaminare tre distinte ipotesi: La prima ipotesi riguarda la compensabilità di un debito del fallito verso l A.F., ammesso al passivo, con eccedenze d imposte maturate nel corso del fallimento. La compensazione ex art. 56 l. fall. è preclusa, mentre la compensazione fiscale è consentita purché non leda la par condicio. La compensazione dovrebbe avvenire in sede di riparto parziale o finale, essendo questo l unico momento in cui può avvenire il pagamento dei creditori concorrenti, indicando il credito tra l attivo realizzato del prospetto delle somme disponibili (e del rendiconto) del curatore 43. Il pagamento sarà effettuato mediante presentazione di delega Mod. F24. In questo modo, il più delle volte, si consente una recuperabilità diversamente non attuabile in pendenza di procedura. E in tal direzione si cita la notazione conclusiva della Circolare del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili del laddove evidenzia che appare sostenibile l ipotesi che, al fine di favorire la speditezza della procedura, il cura- 40 Diritto e pratica delle società Vedasi in premessa. 42 Mandrioli 2001, Pollio,

19 tore, previa autorizzazione del giudice delegato possa procedere in sede di riparto ex art. 117 l. f. a compensare qualsiasi credito erariale liquido, sorto in corso di procedura e utilizzabile in compensazione ex art. 17 D.Lgs 241/97, con un debito per qualsiasi imposta erariale ammesso al passivo. Ciò peraltro appare avvalorato dall ampliamento contenuto nel co. 1 dell art. 31 del DL 78/10 che ha ammesso il pagamento di qualsivoglia somma iscritta a ruolo per imposte erariali tramite compensazione da effettuarsi nel Modello F24 secondo le modalità applicative contenute nel dm La seconda ipotesi riguarda la compensabilità di un debito di massa (sorto durante la gestione fallimentare) con un credito del fallito verso l A.F. ante fallimento. In questo caso non vi è alcuna violazione della par condicio. La dottrina maggioritaria nega che si possa procedere alla compensazione di tali poste per assenza del requisito di reciprocità (credito del fallito e debito del fallimento) e di coesistenza dei rapporti obbligatori. Vi sarebbe poi un problema anche di equità, nel caso in cui l attivo non fosse sufficiente al pagamento di tutti i debiti prededucibili 44. A ben vedere tali ostacoli sono facilmente superabili. In primo luogo, si osserva che la compensazione fiscale è uno strumento diverso da quella fallimentare, che il contribuente (la procedura) ha la facoltà di utilizzare. Quindi non soggiace alle regole dell art. 56 l. fall. (reciprocità e anteriorità delle obbligazioni alla sentenza di fallimento). Inoltre, come la giurisprudenza ha osservato, il fallimento non rappresenta un diverso e terzo soggetto rispetto al fallito; ciò in quanto questi mantiene in capo a sé la soggettività tributaria, sebbene diversi obblighi fiscali siano svolti dal curatore in pendenza di procedura 45. Infine, non vi è nemmeno il rischio di una violazione della par condicio, considerato che il curatore ha la facoltà anche di compensare una parte del credito e non tutto. A tal riguardo, alcuni sostengono che la reciprocità delle obbligazioni non verrebbe meno per effetto del fallimento e quindi potrebbe sempre sussistere la possibilità di ricorrere alla compensazione ex art. 17 D.Lgs 241/97 ovvero, in via residuale, a quella dell art. 8 dello Statuto del contribuente 46. Peraltro, si osserva che già le istruzioni al modello Iva art. 74 bis vietano al curatore di chiedere al rimborso l eventuale credito iva con la dichiarazione speciale infrannuale, essendo obbligato invero a computarlo in detrazione nel periodo successivo (in senso contrario però Cass , n , che ammette la possibilità di chiedere a rimborso subito il credito). 44 A favore della tesi della compensabilità del credito del fallito ante con il debito della procedura sorto dopo, essendo lesiva della par condicio solo quella opposta cioè debito ante e credito post: Marinucci, i crediti producibili nel fallimento, p. 206, Ferrara Il Fallimento, 335, Pajardi, Manuale di diritto fallimentare, p Contrari: Mazzocca, Manuale di diritto fallimentare, 1996, 247, Inzitari, Commentario Sciaoloja Branca alla legge fallimentare, 195 e Cass /2003 e 19169/ Mandrioli, 2001, 286. Messina, Corriere Tributario 29/ Messina Sebastiano Maurizio, Corriere Tributario, 29/2010, p

20 L unica accortezza che egli avrà cura di verificare è che il credito sia fondato (due diligence fiscale 47 ). La terza ipotesi di compensazione non pone problemi, riguardando i rapporti di credito e debito maturati successivamente all apertura del fallimento. 3.5 L assegnazione dei crediti tributari Tale possibilità è prevista dall art. 117 l. fall. che prevede la possibilità del giudice delegato di assegnare a uno o più creditori concorrenti che vi consentano, e nel rispetto delle cause di prelazione, i crediti d imposta non ancora rimborsati, in luogo delle somme agli stessi spettanti. La disposizione innova la norma relativa alla disciplina del riparto finale. A tal riguardo, il legislatore non ha dato particolari spiegazioni, neppure nella relazione illustrativa. Tale innovazione è stata accolta con particolare favore, in quanto volta a favorire il realizzo dei crediti erariali e, in ultima analisi, la speditezza della procedura. Vediamo ora le caratteristiche operative principali di tale disposizione: a) essa può avvenire solo in occasione del riparto finale; b) il trasferimento dei crediti deve avvenire nel rispetto delle cause di prelazione, per cui la cessione potrà aver luogo a favore dei crediti di grado più elevato, proporzionalmente ai rispettivi ammontari 48 ; c) i creditori assegnatari devono dare preventivo consenso esplicito all assegnazione. Diciamo subito che sull argomento non si rinviene allo stato alcuna pronuncia giurisprudenziali e neppure particolari approfondimenti dottrinali. Vediamo, ad ogni modo, di mettere a fuoco la natura giuridica dell istituto. Il termine assegnazione richiama chiaramente quanto previsto dall art del codice civile e l art. 553 del codice di procedura civile relativamente alle esecuzioni individuali che hanno per oggetto crediti pignorati presso terzi. In effetti, il parallelismo tra la procedura esecutiva collettiva (il fallimento) e individuale sembra piuttosto calzante. E quindi, al pignoramento, nel fallimento si avrà la sentenza di fallimento e al posto dell ordinanza di assegnazione, vi sarà il decreto di esecutività del piano di riparto contenente un esplicita disposizione del giudice delegato di assegnazione del credito tributario, come nel dettaglio esposto nel piano di riparto stesso. L assegnazione realizza pertanto, in forza del decreto del giudice, un immediato effetto traslativo della titolarità del credito, con gli effetti previsti nell art c.c., laddove si prevede che il diritto del creditore assegnatario verso il debitore che ha subito 47 Verifica: a) esistenza documentazione contabile a supporto; b) esistenza e regolarità delle dichiarazioni fiscali accertabili; c) eventuale esistenza di attuali o potenziali contenziosi tributari; d) attestazione ex art. 10 DL 269/2003; d) attestazione carichi pendenti all ufficio e all esattoria. 48 M.R. Grossi. La riforma della Legge fallimentare, p

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