2 La manovrabilità della nave

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1 Cap.2 La manovrabilità della nave 2 La manovrabilità della nave 2.1 Introduzione L azione del timone La manovrabilità della nave L evoluzione del concetto di manovrabilità La stabilità del moto della nave Analisi della stabilità dinamica L equilibrio dinamico della nave in accostata Le prove di stabilità dinamica Soluzioni per l instabilità dinamica Le caratteristiche di manovrabilità Le prove di manovrabilità IMO La manovra di evoluzione Lo sbandamento in accostata La manovra di zig zag La manovra di arresto Illustrazione di prove al vero I parametri di manovrabilità e le prescrizioni IMO Le prescrizioni dei Registri Altre manovre IMO Manovre in acque ristrette: il crabbing Manovre varie Analisi dell efficacia del timone Osservazioni sull efficacia del timone...61 APP. 1 Elenco dei simboli

2 L apparato di governo, manovra e stabilizzazione 2.1 Introduzione Per comprendere appieno il funzionamento dei sistemi di manovra, ed in particolare del timone passivo, risulta necessario approfondire la conoscenza delle modalità con cui essi interagiscono con la carena nel determinare l effetto evolutivo, e per fare ciò è conveniente volgere l attenzione alla disciplina che tratta le caratteristiche di manovrabilità della nave. In quanto segue si partirà dalla definizione delle forze che maturano sul timone e sulla nave durante una manovra di correzione o di variazione della rotta, per giungere poi allo studio di come i due corpi (timone e nave) interagiscono. Ciò porrà le basi per la comprensione dei meccanismi che concorrono a determinare l efficacia del timone sulle qualità evolutive della nave e l attitudine della nave stessa ad essere governata dal timone. Le considerazioni che qui seguono sulla manovrabilità della nave valgono, in massima parte, sia che si tratti di timoni semplici o di timoni propulsori. Il meccanismo di interazione fra organo di manovra e nave mantiene infatti molte caratteristiche in comune fra i due tipi di controllo, e l efficacia del sistema di governo viene misurata con gli stessi parametri e le stesse modalità di prova. 2.2 L azione del timone Quando la nave si trova in moto rettilineo, con il timone diritto (in posizione detta alla via ), il complesso delle forze trasversali che agiscono sulla carena ha risultante nulla, sia di deriva che d imbardata, a meno di azioni indotte da correnti marine, da colpi di mare o dal vento. In queste condizioni ideali, la simmetria delle pressioni esercitate sullo scafo viene alterata solo per effetto della rotazione del timone di un certo angolo rispetto alla posizione diritta, detto angolo di barra. In tal caso infatti il flusso dell acqua genera sulla pala una pressione che ha una risultante prevalentemente trasversale: questa forza è la causa dell accostata della nave. La forza orizzontale generata ha una componente utile F T nella direzione normale al piano diametrale della nave orientata dalla parte opposta del timone rispetto alla mezzeria nave ed una componente longitudinale parassita detta componente ritardatrice R T poiché ha verso contrario rispetto alla spinta dell elica propulsatrice e costituisce una resistenza aggiunta di carena (si confronti la Fig.2.2.A). Il momento verticale generato dalla forza del timone rispetto al centro di massa della nave costituisce il momento evolutivo M E [Nm], il cui insorgere determina l abbandono della rotta rettilinea, ovvero l accostata della nave. 18

3 Cap.2 La manovrabilità della nave Nella pratica il momento evolutivo viene convenzionalmente calcolato sulla sola componente trasversale F T come prodotto della forza stessa per il braccio rappresentato dalla distanza longitudinale tra l asse di rotazione della pala ed il baricentro della nave. Tale braccio può quindi essere scritto come in funzione della lunghezza tra le perpendicolari della nave L PP e della posizione del centro di massa rispetto alla perpendicolare al mezzo x G (positiva se a proravia della perpendicolare al mezzo): M E = F T (0,5 L PP + x G ) [Nm] (2.2.A) In tal modo si ammette la piccola approssimazione derivante dal trascurare sia l effettiva posizione del centro di pressione (definito come centro della risultante delle pressioni idrodinamiche agenti sul timone), molto vicino all asse di rotazione, sia la componente longitudinale della forza generata dal timone, che lavora in realtà con un piccolo braccio. Ciò giustifica l asserzione che la componente trasversale è quella attiva per l evoluzione della nave, essendo la principale artefice del momento evolutivo Appare subito evidente l effetto cinematico prodotto dall azione del timone nella fase iniziale di un accostata. Infatti, considerando il sistema equivalente di forze ottenuto applicando nel baricentro di massa della nave le forze F T ed R T ed aggiungendo il momento di trasporto M E, si ha che: il momento evolutivo M E genera una rotazione attorno all asse verticale baricentrico; la forza trasversale F T produce uno spostamento trasversale della nave; la forza longitudinale R T causa infine una riduzione della velocità della nave. Lo sviluppo delle conoscenze relative all azione delle forze indotte su superfici immerse in un flusso ha permesso di migliorare la forma delle stesse, così da ottenere il migliore rendimento per le diverse condizioni di lavoro. Nel corso degli anni la superficie della pala del timone ha sperimentato, entro una serie di vincoli progettuali, un evoluzione continua che l ha portata dalla semplice lastra piana all odierna superficie idrodinamica, ossia una superficie sagomata a semplice o doppia curvatura, ottimizzata per flussi non omogenei, formata eventualmente da più parti dotate di movimento reciproco. La forza idrodinamica che si ottiene per ogni angolo di barra del timone può essere studiata con riferimento alla teoria dei corpi a profilo alare aventi allungamento finito. In particolare il comportamento del timone va studiato considerandolo investito da un flusso non omogeneo sia per l effetto di interazione con altri corpi ovvero la carena e l elica, sia per l effetto della vicina superficie marina. 19

4 L apparato di governo, manovra e stabilizzazione Trattandosi di una superficie ottimizzata per la generazione di una forza trasversale verso entrambi i lati della nave, tale superficie viene carenata a forma di profilo alare simmetrico. È pur vero che si utilizzano anche profili asimmetrici, ma solo in soluzioni particolari, per esempio per effettuare un accoppiamento migliore con il flusso non omogeneo dell elica, oppure nei timoni accoppiati (posizionati simmetricamente rispetto al piano diametrale) con lo scopo di utilizzare le pale come deviatrici di flusso, coordinandone opportunamente i movimenti. Per quanto riguarda l analisi dell efficacia del timone nelle manovre della nave, si darà ora per scontata la presenza di un certo momento evolutivo, lasciando ad un secondo momento lo studio delle modalità con cui esso matura per effetto della forma della pala. 2.3 La manovrabilità della nave Con il termine manovrabilità si intende sia lo studio dei movimenti della nave sulla superficie marina, sia l attitudine della nave a eseguire con precisione una manovra di regolazione della traiettoria o della velocità durante il suo movimento sulla superficie marina. Infatti, durante la navigazione in mare aperto la nave deve poter eseguire manovre di controllo e di variazione della rotta, mentre in acque ristrette deve essere in grado di eseguire manovre che le permettano di raggiungere o di abbandonare una banchina, e non da ultimo deve riuscire ad estinguere il suo moto, in direzione sia longitudinale sia trasversale. Tutte le navi dovrebbero possedere delle qualità di manovrabilità tali da consentire loro di effettuare in maniera soddisfacente ossia in sicurezza riguardo alle condizioni operative previste ed indipendente da ausili esterni (rimorchiatori) una serie di procedure di controllo del moto. Una nave manovrabile è quindi implicitamente anche controllabile, perché risponde in maniera sicura ai comandi impartiti. Gli ambiti in cui si classificano le diverse esigenze di controllo del moto di avanzo della nave della nave sono i seguenti: il governo della nave (steering), ovvero il controllo della rotta; la manovra della nave (manoeuvring), ovvero la modifica della rotta; la variazione di velocità (speed changing), ed in particolare l estinzione del moto della nave. Il primo aspetto riguarda la capacità di mantenimento della rotta (course keeping), con riferimento ad una traiettoria generalmente rettilinea predeterminata. Questa attitudine è quindi strettamente correlata alla facilità di mantenere una nave sulla sua rotta contro l azione delle forze ambientali che creano delle perturbazioni al moto (colpi vento, correnti, onde). 20

5 Cap.2 La manovrabilità della nave In altre parole, una volta impostato l angolo di rotta, la nave segue la traiettoria rettilinea con una serie di continue oscillazioni che la portano a percorrere un complesso movimento attorno a detta traiettoria ideale. Il mantenimento della rotta consiste perciò nel controllo e nell attenuazione del movimento ondulatorio trasversale, e deve potersi effettuare variando quasi con continuità l angolo di barra del timone attorno alla sua posizione neutra. In una nave con buone caratteristiche la correzione si ottiene con piccoli angoli di barra del timone e con piccoli angoli di deriva della nave. Il secondo aspetto concerne la capacità della nave di eseguire una variazione della traiettoria in maniera veloce e con piccoli spazi di manovra, sia per modificare l angolo di rotta con una leggera accostata, sia per invertire la sua rotta eseguendo un evoluzione completa. Appare evidente che una nave che mostra facilità all accostata risulterà più difficile da mantenere su una traiettoria rettilinea, infatti le due qualità sono antitetiche. Nella pratica è perciò necessario trovare un compromesso fra le due. A queste prerogative di manovrabilità si aggiunge inoltre la capacità di estinguere il moto di avanzo per bloccare il movimento della nave in situazioni di emergenza. Per i mezzi sommergibili, in aggiunta alle caratteristiche di manovrabilità sopra elencate, va anche considerata la capacità di controllare il movimento di immersione o di emersione, movimento realizzato tramite l azione dei timoni orizzontali. Per questi mezzi il moto avviene infatti in uno spazio tridimensionale. Per quanto detto finora, la nave deve possedere particolari attitudini marine che permettano il controllo sicuro (e facile) dei sui movimenti sulla superficie del mare. Tale controllo è esercitato dal timoniere o dall autopilota che, conoscendo il percorso che deve essere seguito ed osservando il percorso reale della nave, è in grado di valutare l errore di traiettoria. Noto l errore, il pilota interviene sulla timoneria comandando una variazione dell angolo di barra, in modo da far generare sulla pala e quindi sulla nave le forze atte a farle modificare la traiettoria. Una volta corretto l errore di traiettoria il pilota rimane inattivo fino all insorgere di un nuovo errore (o fino al ricevimento di un comando di variazione di rotta). La bontà del controllo dipende perciò da una serie di fattori molto diversi. Va considerata infatti sia l attitudine della nave a farsi manovrare, sia l efficacia del sistema di governo, sia la qualità e disponibilità dei dati sulla rotta (ottenuti oggigiorno con sistemi GPS), sia non ultimo come importanza il fattore umano. 21

6 L apparato di governo, manovra e stabilizzazione 2.4 L evoluzione del concetto di manovrabilità Storicamente la pratica di progetto nell industria marina è stata quella di non prendere in considerazione il problema della manovrabilità della nave, demandando alle risorse dei piloti la risoluzione di problemi legati alle scarse qualità manovriere della nave. Per anni infatti gli Enti di classifica si sono limitati a richiedere, riguardo alla manovrabilità, una sufficiente visibilità dal ponte di comando e soprattutto una serie di caratteristiche minime relative alla pala del timone ed al suo macchinario, ossia rispettivamente un area minima di pala ed una potenza tale da garantire una sufficiente velocità di rotazione dell asta del timone alla massima velocità della nave (oltre che un alta affidabilità dell intero apparato). Questo è successo a causa della difficoltà nel definire le qualità manovriere di una nave e quindi di misurarle, quantificando l attitudine della nave alla manovra, in altre parole di dare una valutazione quantitativa della manovrabilità. A partire dagli anni 60 le Società di classificazione hanno incominciato a definire criteri per saggiare queste qualità, sotto l impulso dei rischi connessi alla navigazione delle grandi navi cisterna. Negli anni a seguire sono stati messi in luce una serie di parametri di risposta della nave durante le manovre, tali da essere significativamente rappresentativi della qualità manovriera della nave. Questi parametri di risposta sono costituiti da tempi di risposta e da spazi di manovra, quantità che si possono misurare direttamente durante specifiche prove al vero condotte in condizioni standard. La normativa prodotta dall IMO (International Maritime Organization) definisce nei particolari le tipologie di prove da condurre al vero per saggiare la manovrabilità di una nave, oltre alle modalità di raccolta dei dati. In particolare l attività dell IMO nel campo della manovrabilità è rivolta ai seguenti aspetti: la stesura di standard di manovrabilità cui fare riferimento già nelle prime fasi del progetto, in modo da ottenere una nave che abbia buone caratteristiche manovriere (evitando che sia poi la perizia del comandante a dover sopperire ai difetti della nave); lo studio della riduzione delle qualità manovriere delle navi cisterna in condizioni di avaria o di falla (situazioni in cui la nave è cioè ingovernabile), in modo da ridurre il rischio di inquinamento; la definizione delle modalità di informazione del comando della nave riguardo alla caratteristiche manovriere della nave stessa, in modo da garantire una condotta sicura del mezzo marino. L esperienza maturata negli ultimi anni sia con prove al vero, sia con procedimenti matematici di previsione delle attitudini manovriere della nave 22

7 Cap.2 La manovrabilità della nave permette ora di valutare le qualità marine della nave già in fase di progetto. La maturità raggiunta in quest ambito ha legittimato gli Enti preposti alla vigilanza sulla sicurezza della navigazione, primo fra tutti l IMO, ad emanare regolamenti che riportano gli standard minimi di manovrabilità, ossia i valori limite dei succitati parametri significativi. Come noto, le norme contenute nelle Risoluzioni dell IMO per loro natura sono solamente raccomandazioni e linee guida che non hanno valore di legge finché non vengono fatte proprie dai singoli Governi: nel caso dei requisiti di manovrabilità tale obbligatorietà risale al Anche le società armatrici richiedono sempre più frequentemente che la nave possegga dettagliate prestazioni di manovrabilità, soprattutto per le manovre in porto o in acque ristrette anche in presenza di vento, che sono onerose perché richiedono spesso l intervento dei rimorchiatori. In conclusione, in quanto segue, nel trattare della manovrabilità delle navi verranno innanzitutto definiti i parametri che la caratterizzano e successivamente le prove al vero che servono per ottenerli. Infine si darà uno sguardo alla normativa che regola sia l esecuzione delle prove, sia i valori limite che la nave deve soddisfare, il tutto con l intenzione di comprendere le modalità di funzionamento degli organi di manovra. 2.5 La stabilità del moto della nave Nello studio del comportamento della nave nel mantenere o nel modificare la sua traiettoria, sia essa rettilinea o curva, è importante definire innanzitutto il concetto di stabilità del moto. Come noto, un corpo si trova in condizione di equilibrio stabile se, dopo la cessazione di una causa esterna che lo ha spostato dalla sua posizione (una forza o un momento), esso torna nella stessa posizione iniziale. Per quanto riguarda il moto della nave, si dice che esso si realizza in condizioni di perfetta stabilità se, a partire da una rotta percorsa con velocità uniforme su una traiettoria rettilinea, dopo la cessazione di un disturbo esterno che modifica che le condizioni del moto, viene ripresa esattamente la stessa traiettoria iniziale senza alcun intervento correttivo da parte degli organi di controllo (ossia con timone fisso). Tale stabilità si indica come stabilità di percorso. Una stabilità di questo tipo comporta che la nave si mantenga sul percorso iniziale dopo la cessazione della causa perturbativa. Ovviamente un comportamento perfetto come quello descritto non è realizzabile perché non esistono forze di richiamo verso la traiettoria iniziale. Il mantenimento della traiettoria retta sulla stessa direzione si può ottenere solamente con l ausilio di un sistema di controllo manuale o automatico. 23

8 L apparato di governo, manovra e stabilizzazione Nella realtà, la nave quando è stabile riesce a riprendere senza intervento esterno da parte del pilota solamente il moto rettilineo, ma non affatto sullo stesso percorso e nemmeno nella stessa direzione (se la nave si portasse su una rotta parallela si parlerebbe di stabilità direzionale). In pratica dopo la cessazione della perturbazione essa si mette su una nuova rotta che percorre con moto rettilineo. Una nave che si comporta in questo modo sperimenta quindi una stabilità dinamica all equilibrio in armonia con l enunciazione fisica sopra richiamata. In questo contesto la stabilità va quindi intesa come capacità di mantenere una rotta rettilinea senza manovrare il timone ed è infatti indicata in maniera concisa come controls fixed straight line stability. In conclusione la nave si dice dinamicamente stabile se, dopo l azione di una causa perturbatrice, torna su una rotta rettilinea senza che intervenga il timone: la deviazione dalla rotta iniziale dipende dal grado di stabilità della nave e dalla durata ed intensità della causa perturbatrice. Non tutte le navi la posseggono ed in ogni caso le navi possono essere stabili o instabili in diversa misura. Quando una nave è instabile mostra il suo comportamento anomalo, sotto l azione di cause perturbatrici generate dall ambiente, deviando dalla traiettoria rettilinea per portarsi su una traiettoria curva: la nave cioè alla fine della perturbazione devia dalla sua rotta iniziale, accostando anche con il timone in posizione neutra. Ciò comporta evidenti problemi di controllo della rotta per il pilota perché, con tutta evidenza, non vi è più una corrispondenza univoca fra l angolo di barra del timone e la curvatura della traiettoria percorsa. 2.6 Analisi della stabilità dinamica Le prestazioni manovriere della nave si saggiano sia con la prontezza di risposta, che rappresenta il tempo necessario per portare a termine una manovra di variazione del moto della nave, e che è strettamente correlata (tramite la velocità di avanzo) al tragitto percorso ed allo spazio impegnato per eseguire la manovra, sia con la precisione di risposta, che garantisce l univocità di corrispondenza fra l intervento del pilota (ossia l azione idrodinamica che nasce sul sistema di controllo) ed il moto della nave. Quest ultima caratteristica assume una notevole importanza perché, se la nave non risponde con precisione all azione del timone e la manovra diventa incerta, allora diventa di secondaria importanza sapere quanto tempo impiega e di quanto spazio ha bisogno la nave per manovrare. La precisione di risposta è correlata al concetto di stabilità dinamica, che, in base a quanto sopra esposto, può essere identificato con la corrispondenza biunivoca fra il raggio di curvatura della rotta R [m] e l angolo di barra del timone α [ ]. In altre parole, se per mantenere una rotta 24

9 Cap.2 La manovrabilità della nave rettilinea dopo l azione di cause perturbative esterne è necessario variare l angolo di barra del timone, la nave è dinamicamente instabile, se viceversa è sufficiente mantenere il timone in posizione neutra (nella quale non sviluppa alcuna forza utile alla manovra), allora la nave si dice dinamicamente stabile ed all angolo di barra neutro si associa un raggio di curvatura infinito. Analogo discorso vale per una traiettoria circolare percorsa a velocità costante, in questo caso la corrispondenza biunivoca sarà fra il particolare raggio della traiettoria e l angolo di barra impostato. Con tale definizione si estende il concetto di stabilità su rotta rettilinea, così come precedentemente definita, infatti una nave instabile su rotta rettilinea presenta la stessa difficoltà di controllo anche in accostata. Riguardo alla posizione neutra del timone, va detto che essa non corrisponde sempre alla posizione alla via, infatti se il timone si trova nella scia di un elica propulsatrice assume posizione neutra non al centro ma in prossimità di esso: nel caso di una nave monoelica con un elica destrogira, l angolo neutro è tipicamente dell ordine di 1 a dritta. Una piccola instabilità è generalmente accettata, perché le manovre del timone necessarie per arginarla si confondono con quelle effettuate per compensare i disturbi esterni che via via agiscono sulla nave, mentre una elevata instabilità deve essere corretta. I dati relativi alla stabilità della nave, raccolti con opportune prove al vero che verranno di seguito illustrate, consistono in coppie ordinate di valori che rappresentano l angolo di barra del timone ed il corrispondente raggio di evoluzione della nave. I dati vengono raccolti in un diagramma che prende il nome di diagramma del moto circolare uniforme (il diagramma si indica anche più propriamente come steering diagram, oppure con il nome di spiral loop curve): in ascissa sono riportati gli angoli di barra ed in ordinata i corrispondenti raggi di evoluzione (in genere adimensionalizzati sulla lunghezza della nave L [m]), ottenuti per una prefissata velocità di avanzo della nave. In esso la curva presenta due bracci, uno relativo ad angoli di barra positivi (dritta o starboard side) ed uno relativo ad angoli di barra negativi (sinistra o port side), mostrando due possibili andamenti: nel caso di stabilità dinamica le curve hanno asintoto verticale comune in corrispondenza dell angolo neutro del timone, nel caso di instabilità dinamica, al diminuire dell angolo di barra (preso in valore assoluto), le curve sono sempre crescenti ma raggiungono un valore massimo finito per valori inferiori all angolo neutro, dopodiché manifestano repentinamente il cambio di segno del raggio di curvatura (ossia della curvatura della traiettoria); la zona di sovrapposizione così definita è detta area di isteresi e rende conto dell instabilità, infatti ad 25

10 L apparato di governo, manovra e stabilizzazione ogni fissato angolo di barra non corrisponde più un solo valore del raggio di evoluzione. Dall analisi del diagramma per una nave instabile appare evidente che se la nave si trova inizialmente su una rotta rettilinea, un colpo di vento la farà deviare su una traiettoria curva tanto più velocemente quanto maggiore è il valore del raggio di curvatura letto nel diagramma in corrispondenza dell angolo di barra neutro. Analogo discorso vale per tutti quei valori dell angolo di barra compresi nella zona di sovrapposizione delle due curve. Il diagramma non dice quanto deve essere forte la causa perturbatrice perché è sufficiente un disturbo che vinca l inerzia della nave, ma mette in allerta il progettista o il pilota indicando la maggiore o minore difficoltà di controllo ai bassi angoli di barra, che sono quelli tipici del controllo della rotta in navigazione, ossia di governo della nave. Il diagramma, oltre a fornire un indice delle attitudini di manovrabilità della nave, mostra anche implicitamente quale è l efficacia del timone. Si considerino infatti due diverse soluzioni per il timone di una nave. Dalle prove si otterranno due curve diverse che, per un generico angolo di barra del timone, presenteranno due valori diversi del raggio di curvatura: tra le due quella più bassa indica chiaramente che per quell angolo di barra la nave accosta in uno spazio minore e che quindi il timone è più efficace. Le due curve dello steering diagram vengono tracciate fino all angolo di barra massimo che usualmente è di 35. La diminuzione della pendenza della curva in corrispondenza di tale valore ne giustifica la scelta come valore massimo, infatti su navi di forme tradizionali manovrate da timoni convenzionali, angoli di barra maggiori non comportano significative riduzioni del raggio di evoluzione, come si può evincere appunto dal diagramma. Nello steering diagram, in luogo del raggio di curvatura della traiettoria, è usuale riportare la curva che rappresenta i valori della velocità angolare di corpo rigido, ossia della velocità di imbardata della nave ψ [rad/s]. Infatti, durante la manovra a velocità costante, il raggio di evoluzione R (misurato al centro di massa della nave) è legato alla velocità di imbardata ψ ed alla velocità di avanzo V [m/s] dalla nota relazione: V = ψ R [ms 1 ] (2.6.A) L intercetta della curva sull asse delle ascisse indica l angolo di barra neutro e la stabilità dinamica di rotta si manifesta nei termini di una funzione monotona crescente del tipo ψ = f(α), mentre l instabilità è evidenziata da due curve che assumono valori diversi per una certa fascia di valori dell angolo di barra. 26

11 Cap.2 La manovrabilità della nave In alcuni grafici sono inoltre indicate, nella zona di isteresi, delle situazioni di equilibrio ottenute con una continua variazione dell angolo di barra del timone attorno ad una posizione media. In altre parole viene tracciata, in tale zona, una curva che mostra per ogni velocità di imbardata ψ (ossia per ogni raggio di curvatura della traiettoria) il valore medio dell angolo di barra necessario a realizzarla. Ovviamente in tali situazioni non si può più parlare di controls fixed stability, tuttavia tali dati sono indicativi della difficoltà che si incontrano per tenere una nave sulla sua traiettoria nella zona di instabilità del sistema di controllo. Tale curva mostra velocità di imbardata opposte a quelle attese e, come è logico aspettarsi, viene a raccordarsi con in due bracci precedentemente ottenuti con timone fisso, formando nel complesso un ampia curva ad S. Il comportamento instabile nella risposta della nave al timone si può spiegare analizzando le forze che si manifestano durante un evoluzione su rotta circolare uniforme. 2.7 L equilibrio dinamico della nave in accostata Le forze che agiscono sulla nave che percorre una traiettoria rettilinea con velocità costante e timone all angolo neutro sono, in condizioni ideali (ossia in assenza di cause perturbatrici ), la spinta T dell elica e la resistenza idrodinamica W 0 agente sull opera viva. Nella condizione di equilibrio descritta esse sono uguali ed opposte: T = W 0. In condizioni di stazionarietà del moto durante un accostata su traiettoria circolare le forze che agiscono sulla nave si modificano e all azione del timone corrisponde una serie di reazioni idrodinamiche e inerziali. Lo sbandamento trasversale che la nave sperimenta durante l accostata verrà studiato separatamente in quanto segue si farà infatti l ipotesi di poter considerare indipendenti i due moti. Le forze che agiscono sulla nave in accostata possono essere così riassunte (si confronti la Fig.2.7.A): la spinta dell elica T (sempre longitudinale); la forza generata a poppa dal timone, nelle sue componenti trasversale attiva F T e longitudinale R T (forza di resistenza aggiunta), applicata nel centro di pressione della pala; la forza centrifuga F C agente sulla direzione identificata dal centro di rotazione e dal baricentro della nave come tutte le forze di massa è proporzionale alla massa della nave comprensiva della massa aggiunta; la reazione idrodinamica W che rappresenta la risultante delle forze idrodinamiche che nascono sulla carena durante il moto su traiettoria circolare, avente una componente longitudinale ed una trasversale (sostituisce la resistenza all avanzo su rotta rettilinea); essa è applicata 27

12 L apparato di governo, manovra e stabilizzazione in un punto che può trovarsi a proravia o a poppavia del centro di massa della nave. Si osservi che in condizioni di non stazionarietà del moto nascono inoltre altre forze d inerzia oltre a quella centrifuga, e precisamente una forza d inerzia longitudinale, una trasversale ed un momento d inerzia. La forza idrodinamica W merita qualche considerazione e per fare ciò è necessario analizzare come si dispone la nave durante un accostata. La nave su una rotta non rettilinea mantiene sempre la prora all interno della traiettoria (si veda la Fig.2.7.B), ossia dalla parte del centro di rotazione. L angolo formato tra la linea di fede della nave e la tangente alla traiettoria descritta dal baricentro è definito angolo di deriva (della nave) ed indicato con β [ ]; come si vedrà un angolo di deriva elevato favorisce la rotazione della nave, riducendo il raggio di evoluzione. Un angolo di deriva si manifesta anche in corrispondenza del timone ed è indicato con β R [ ]. Osservando la traiettoria descritta dal centro del timone, ossia dalla traccia dell asse di rotazione dello stesso, si vede che il flusso ideale lambisce la pala lungo la direzione della tangente a detta traiettoria. La conseguenza diretta di questo fatto è la variazione dell angolo di attacco sulla pala rispetto alla situazione di moto su rotta rettilinea. In pratica, mentre su rotta rettilinea l angolo di barra coincide con l angolo di attacco, in accostata si distinguono un angolo di barra ed un angolo di attacco: con l intenzione di sottolineare la differenza fra i due il secondo è detto angolo di attacco effettivo. Per quanto detto, durante l accostata l angolo di attacco effettivo ideale α E [ ] risulta pari all angolo di barra α ridotto dell angolo di deriva al timone β R. Tale riduzione viene in piccola parte compensata dall effetto di raddrizzamento del flusso dovuto all azione dello scafo e dell elica, effetto espresso in proporzione all angolo di deriva come (1 κ) β R con 0 κ 1, ove κ è il coefficiente di raddrizzamento del flusso. L angolo di attacco effettivo viene quindi ad essere: α E = α κ β R [ ] (2.7.A) ove il valore κ = 1 sta ad indicare che non si manifesta alcun effetto di raddrizzamento del flusso. A questo punto possiamo tornare a considerare la forza idrodinamica. Nel caso di moto circolare uniforme, con una certa approssimazione, le forze idrodinamiche possono essere valutate facendo riferimento al moto ottenuto dalla sovrapposizione di due movimenti: un avanzo con deriva, che nasce dall azione delle forze (S R T ) e F T ; 28

13 Cap.2 La manovrabilità della nave una rotazione attorno all asse verticale baricentrico, che trae origine dal momento evolutivo M E. dove le velocità relative all acqua sono tali da far insorgere sullo scafo distribuzioni di pressioni le cui risultanti equilibrano dinamicamente i due moti. Tali risultanti idrodinamiche sono rispettivamente: una reazione idrodinamica orizzontale W A+D [N], con componente longitudinale resistente all avanzo e componente trasversale resistente alla deriva; tale forza, per navi di forme usuali, è applicata a proravia del centro di massa ed ha braccio b W [m] rispetto allo stesso centro di massa; un momento verticale resistente M W,Y [Nm]. Sommando le forze agenti sullo scafo e trascurando la reciproca interazione fra i due moti si possono fare alcune considerazioni sull equilibrio alla rotazione della nave in accostata sempre nell ipotesi di moto uniforme. Innanzitutto il momento verticale evolutivo M E, che è generato dal timone sotto un angolo di attacco effettivo ridotto rispetto a quello geometrico, deve essere equilibrato dal momento verticale idrodinamico complessivo M W : M E = M W [Nm] (2.7.B) Il momento di reazione M W è pari alla differenza fra il momento di imbardata M W,Y ed il momento di avanzo e deriva M W,A+D, che risulta opposto al precedente, cosicché: MW MW, Y M W, A + = D [Nm] (2.7.C) ed in definitiva: ME = MWY, M W, A + D [Nm] (2.7.D) A questo punto va osservato che l equilibrio, sempre con le stesse condizioni cinematiche, si può realizzare secondo due diverse modalità: I caso è questa la situazione di equilibrio da considerarsi normale, nella quale il momento evolutivo è equiverso rispetto all angolo di rotazione. Questa circostanza è la più usuale e si manifesta quando l angolo di attacco effettivo mantiene lo stesso segno di quello geometrico, ossia con α κ β R > 0. Di conseguenza la forza utile F T è orientata verso l esterno della traiettoria e produce un momento favorevole all accostata della nave. II caso l equilibrio si instaura con il momento evolutivo avente verso opposto rispetto all angolo di rotazione della nave. 29

14 L apparato di governo, manovra e stabilizzazione L equilibrio anomalo che si instaura in questo secondo caso è frutto di due cause concomitanti: da una parte la presenza di un angolo di deriva tanto elevato da comportare un angolo di attacco effettivo di segno opposto rispetto a quello geometrico (α κ β R < 0), e quindi una forza utile F T diretta verso l interno della traiettoria; dall altra parte una carena di forme tali da comportare un momento di avanzo con deriva M W,A+D superiore a quello dovuto all imbardata (M W,A+D > M W,Y ) in genere per uno spostamento verso prora del centro di pressione di W A+D. Nel caso normale, considerando positivi i momenti equiversi con ψ, l equilibrio si può scrivere, mettendo in evidenza i segni, come: M + M M = [Nm] (2.7.E) E W, A+ D W, Y 0 in cui, a fronte di un momento esterno positivo, deve valere M W,Y > M W,A+D, mentre per il caso anomalo l equazione di equilibrio è: M + M M = [Nm] (2.7.F) E W, A+ D W, Y 0 in cui, a fronte di un momento esterno negativo, come anticipato vale la relazione M W,A+D > M W,Y. Tale situazione può verificarsi soprattutto nella manovra di navi tozze che accostano su traiettorie larghe (ossia con elevato raggio di curvatura). In base alle osservazioni fatte è usuale definire stabilizzante il momento idrodinamico generato nel moto di imbardata M W,Y e destabilizzante quello generato nel moto di avanzo e deriva M W,A+D : quando il secondo prevale la nave è infatti instabile. Vediamo perciò quali sono le conseguenze dei due diversi comportamenti per quanto riguarda la stabilità dinamica della nave. Nel primo caso è evidente che, se il timone viene mosso e portato dall altra parte rispetto al piano diametrale della nave, o meglio rispetto alla posizione neutra, si avrà una variazione nel verso del momento evolutivo ed inizialmente (a causa dell inerzia della nave) il momento evolutivo M E e quello idrodinamico M W si troveranno ad essere equiversi. Ciò significa che il momento idrodinamico favorirà il raddrizzamento della rotta e l evoluzione dalla parte opposta: se la nave reagisce in questo modo è dinamicamente stabile poiché una variazione di segno dell angolo di barra del timone comporta una variazione di segno dell angolo di rotta. La curva dello steering diagram mostrerà infatti un andamento continuo con punto di nullo in corrispondenza dell angolo neutro. All equilibrio, nella nuova condizione cinematica, tutti i momenti risulteranno aver cambiato di segno. Nel secondo caso, se il timone viene portato dall altra parte rispetto al piano diametrale della nave, il momento evolutivo non cambia di segno e 30

15 Cap.2 La manovrabilità della nave rimane quindi opposto a quello idrodinamico, il quale perciò ostacolerà la manovra. Successivamente, l equilibrio tra momento evolutivo ed idrodinamico verrà raggiunto con un aumento dell intensità dei due momenti, senza che intervenga una variazione di segno. Ciò significa che la nave si porta su una nuova traiettoria curva dalla stessa parte: se la nave reagisce in questo modo è dinamicamente instabile poiché una variazione di segno dell angolo di barra del timone non comporta una variazione di segno dell angolo di rotta. La curva dello steering diagram mostrerà infatti un andamento discontinuo con due bracci che si estendono oltre l angolo neutro. Dall analisi dei momenti idrodinamici si evince anche che, maggiore è il momento stabilizzante, maggiore sarà anche il raggio della traiettoria percorsa dalla nave, a conferma che le qualità di stabilità di rotta e di evoluzione sono antitetiche. 2.8 Le prove di stabilità dinamica La stabilità dinamica viene testata al vero con una prova piuttosto onerosa in termini di tempo, che va sotto il nome di spiral test e che permette di tracciare per punti lo steering diagram raccogliendo una dopo l altra le coppie (α, ψ ) dalle quali si possono eventualmente valutare poi le coppie (α, R ). Vista l onerosità di questo test, è conveniente condurre una prova preliminare per vedere se l instabilità si manifesta o meno, ed in pratica si segue un procedimento di questo tipo: per prima cosa si esegue la prova detta di pull out (prova di disimpegno dall evoluzione), che permette di evidenziare la presenza di instabilità, della quale fornisce però solamente una valutazione incompleta misurando solo l altezza dell area di isteresi; successivamente, in caso di manifesta instabilità, si fanno una serie di manovre secondo un procedimento indicato come direct spiral test ottenendo coppie di valori (α, ψ ) in termini ψ (α); il procedimento è molto costoso; altrimenti, per trovare conferma del risultato positivo della prova preliminare, si esegue una serie di manovre secondo un procedimento più veloce denominato reverse spiral test ottenendo coppie di valori (α, ψ ) in termini α(ψ). La differenza di approccio tra i due sistemi di esecuzione della prova a spirale consiste nella scelta del parametro dipendente e di quello indipendente fra l angolo di barra del timone α e la velocità di imbardata ψ. Se ci si aspetta di avere una nave stabile si può pensare di ricostruire lo steering diagram secondo la funzione ψ = f(α), mentre se si prevede una 31

16 L apparato di governo, manovra e stabilizzazione nave dinamicamente instabile è meglio fare riferimento alla funzione α = f(ψ) in modo da ottenere la curva completa anche nella zona di isteresi. Il pull out test è una semplice prova che consiste in due fasi: nella prima il timone viene portato e mantenuto a circa 20 di barra finché la nave stabilizza la sua rotta su una traiettoria con velocità di rotazione ψ costante, nella seconda fase il timone viene portato e mantenuto al centro finché la nave non presenta una nuova traiettoria con velocità di rotazione ψ di nuovo stabilizzata (a questo punto la nave si può portare su una traiettoria rettilinea oppure può mantenere una velocità residua di imbardata). Il test viene effettuato con manovra sia a dritta che a sinistra, in modo da evidenziare l angolo neutro del timone. Durante l esecuzione si registra la variazione di ψ in funzione del tempo: se le curve ψ (t) ottenute con le due manovre convergono allo stesso valore ψ O vuol dire che la nave è stabile (si veda la Fig.2.8.A), perché la velocità residua con timone al centro è la stessa, ed è imputabile solo alla differenza tra l angolo neutro e l angolo di barra nullo; se invece le due curve non convergono allo stesso valore ma a valori differenti (ψ O,S per manovra a dritta e ψ O,P per manovra a sinistra) si è messa allora in evidenza l instabilità della nave, poiché per lo stesso angolo di barra (timone al centro) corrispondono due diverse velocità di rotazione e quindi due diverse curvature della traiettoria (si veda la Fig.2.8.B). Questa prova consente di valutare l altezza della zona d isteresi nello steering diagram, che per una nave instabile è infatti calcolabile come differenza (ψ O, S ψ O, P ). Il direct spiral test (secondo il metodo di Dieudonné) consiste nel portare la nave a partire da una rotta rettilinea in moto circolare uniforme, impostando un alto angolo di barra del timone (fino a 25 ) e successivamente nel ridurre l angolo di barra del timone di 5 alla volta (e di 1 alla volta quando si raggiungono angoli di barra di 5 10 ), stabilizzando la nave su rotte circolari via via più larghe, quasi a voler percorrere a gradini una traiettoria a spirale. Ogni volta che il moto si stabilizza vengono lette le coppie (α, ψ) e la manovra procede sino almeno al raggiungimento dell angolo neutro, eventualmente infittendo i punti rilevati in prossimità di tale valore. Il test viene effettuato con manovra sia a dritta che a sinistra, in modo da verificare la simmetria di comportamento ed evidenziare l angolo neutro del timone. Si ottengono quindi, in successione, le due curve ψ = f(α) per manovra a dritta e a sinistra. L utilizzo di questa procedura di prova su una nave instabile permette di individuare la zona di instabilità sia in altezza che in larghezza, ma non 32

17 Cap.2 La manovrabilità della nave consente di individuare l inclinazione della curva in corrispondenza dell angolo di barra neutro. Questi sono proprio i tre parametri che permettono di misurare il grado di stabilità o di instabilità di una nave. Il reverse spiral test (secondo il metodo di Bech) consiste in una serie di prove indipendenti una dall altra, in ciascuna delle quali, una volta predefinita una traiettoria circolare assegnando il valore della velocità di rotazione che si vuole ottenere, il timone viene manovrato finché non si raggiunge la stabilizzazione del moto con la preassegnata velocità angolare. Nella zona di instabilità il timone dovrà essere continuamente manovrato (nella pratica con escursioni di ± 2 ) per mantenere costante il valore di ψ, ed il valore medio dell angolo di barra desunto dalla prova permetterà di registrare la coppia (α, ψ) con la quale ricostruire, punto dopo punto, la funzione α = f(ψ). Il test viene effettuato con manovra sia a dritta che a sinistra, in modo da verificare la simmetria di comportamento ed evidenziare l angolo neutro del timone. Si ottengono quindi, in successione, tutti i punti dei due bracci della curva α = f(ψ). Il grafico ottenuto con questa metodologia mette in evidenza il comportamento della nave anche nella zona di instabilità, ove la stabilità della traiettoria è ottenuta solo grazie alla continua correzione dell angolo di barra. Le singole manovre del reverse spiral test, seppure più veloci rispetto a quelle del test diretto, devono essere controllabili con estrema precisione e le grandezze impostate (per esempio l angolo di barra) e quelle lette (per esempio la velocità di imbardata) si devono poter misurare con accuratezza. Va infine annotato che, per individuare e quantificare sommariamente l instabilità, vengono utilizzati anche altri metodi, seppure approssimati, che permettono di desumere tale caratteristica da prove eseguite per altri scopi (manovra di zig zag e manovra a spirale semplificata). 2.9 Soluzioni per l instabilità dinamica Il grado di instabilità di una nave è correlato all ampiezza ed all altezza (possibilmente misurata sull angolo neutro) della zona di isteresi del diagramma di stabilità. I valori ammissibili di tale grandezza non sono stabiliti da alcuna norma, ma è usuale ritenere accettabili valori bassi, o addirittura nulli, per navi veloci e valori leggermente più alti per navi lente. In pratica è usuale esigere una larghezza del ciclo di isteresi nulla per imbarcazioni piccole e veloci (aventi L/V Max < 12 s, ove L [m] è la lunghezza della nave e V Max [ms 1 ] la sua velocità massima di servizio), ed un ampiezza massima di 15 per navi grandi e lente (aventi L/V Max > 45 s). Per quanto riguarda l altezza della zona 33

18 L apparato di governo, manovra e stabilizzazione di isteresi, si indica come valore massimo il % della velocità di imbardata al massimo angolo di barra, in questo modo anche la pendenza della curva di stabilità viene regolata. Quando si manifesta un comportamento non accettabile, l efficacia del timone per il controllo della rotta della nave diventa incerta, anche se il timone è stato correttamente dimensionato per conferire alla nave buone doti di manovrabilità, ossia bassi valori dei raggi di rotazione R. La soluzione al problema già in fase di progetto va ricercata nella modifica di una serie di parametri che influenzano la manovrabilità. Infatti, un elevato coefficiente di pienezza, così come una poppa dalle forme piene, tende a favorire la separazione del flusso a poppa e quindi a far lavorare male i timoni, favorendo quindi l instabilità. Per quanto riguarda le proporzioni della carena, va detto che un rapporto L/B alto rende la nave più stabile, così come un rapporto B/T basso (essendo B la larghezza della nave e T la sua immersione di progetto). Ovviamente i primi interventi correttivi che si applicano sono quelli meno invasivi e corrispondono: all aumento dell area del timone; alla modifica della posizione del timone, che deve essere affacciato maggiormente al flusso dell elica, in modo da dare un momento evolutivo maggiore; alla modifica delle forme della volta di poppa, in modo che arrivi più acqua al timone. Per una correzione a posteriori del comportamento della nave, la soluzione non va ricercata tanto nella modifica del timone, quanto nel miglioramento delle caratteristiche idrodinamiche di carena con l aggiunta di superfici di stabilizzazione. In altre parole, si aumenta l area del piano di deriva a poppa, generando delle appendici di carena formate da pinne poste in corrispondenza del timone (anche ai lati del timone), come illustrato in Fig.2.9.A. Appare evidente che il timone stesso costituisce una pinna di stabilizzazione che, con la sua grande superficie, è sicuramente d aiuto nella realizzazione della stabilità dinamica. Questa funzione del timone è stigmatizzata nelle parole dello stesso Norrbin: The rudder serves the twofold function of stabilizing a straight motion by fin effect and controlling the ship in steering and maneuvering (Norrbin, 1960) Inoltre, sulle navi bielica è usuale inserire già in fase di progetto ampi skeg di poppa proprio per prevenire l insorgere dell instabilità di rotta (ma 34

19 Cap.2 La manovrabilità della nave anche per separare i flussi alle due eliche e per realizzare un comodo sostegno per lo scafo in bacino). Per quanto riguarda poi le navi con timone propulsore del tipo pod, va detto che esso, mentre garantisce (come sistema attivo) elevate prestazioni manovriere alle basse velocità, per le velocità di crociera dà una stabilità di rotta meno buona rispetto a quella di una nave con sistema propulsivo e di governo tradizionali. Ciò è dovuto alle forme di poppa molto aperte ed alla mancanza di uno skeg, che ostacolerebbe infatti il funzionamento del sistema agli alti angoli di orientazione. Inoltre, per gli angoli di barra tipici del controllo della rotta, a parità di angolo di barra la forza trasversale prodotta da un timone convenzionale risulta in genere maggiore di quella prodotta dal propulsore azimutale. É comunque evidente che tale sistema non ha limitazioni nell angolo di orientazione della spinta e quindi, se manovrato agli alti angoli, può fornire prestazioni superiori a quelle di un timone (i risultati della prova di evoluzione e di quella di zig zag sono infatti migliori). Le modifiche sopra illustrate, e per esempio l aggiunta di superfici fisse di stabilizzazione vicino alla pala del timone, comportano due effetti sulla stabilità di rotta: da una parte, il più significativo, consiste nel raddrizzamento del flusso sul timone durante l accostata; tali superfici favoriscono infatti il mantenimento del flusso nella direzione prora poppa inibendo l innesco del meccanismo anomalo di equilibrio. Inoltre, poiché l angolo di attacco effettivo rimane prossimo a quello geometrico, aumenta la forza utile generata dal timone. dall altra parte si ottiene lo spostamento del centro di deriva verso poppa, con la conseguente riduzione del momento destabilizzante M W,A+D. Si osservi infine che, per quanto detto, una nave risulterà più propensa alla stabilità dinamica se naviga appoppata. Cosicché una nave che viaggia con galleggiamento diritto possiede meno stabilità dinamica di una nave appoppata. Proprio per questo motivo le prove al vero comprovanti la stabilità di una nave devono essere condotte nella condizione in cui essa manifesta le peggiori prestazioni, ossia a pieno carico e non in zavorra. Ovviamente non bisogna eccedere nella stabilizzazione della nave perché una nave molto stabile è di per sé poco prona a manovrare in spazi ristretti. Ciò si evince anche dal diagramma di stabilità, dove una curva ψ = f(α) caratterizzata dall essere troppo poco ripida ai piccoli angoli indica la necessità di forti movimenti del timone per ottenere spostamenti dalla rotta rettilinea. 35

20 L apparato di governo, manovra e stabilizzazione 2.10 Le caratteristiche di manovrabilità Le normative internazionali hanno fatto ordine nella definizione dei parametri per la caratterizzazione e la misura delle qualità delle navi nei confronti della manovra, definendo in sostanza tre principali categorie di attitudini alla manovra, che consentono di saggiare: come mantenere la rotta, sia su una traiettoria rettilinea (course keeping ability) sia su una traiettoria curva (yaw checking ability), come modificare la rotta (course changing ability) in particolare per piccoli angoli (initial turning ability), come effettuare manovre di disimpegno con grandi angoli d accostata (course changing ability in termini di turning ability) o di emergenza (stopping ability). Nel primo caso, come noto, si tratta di valutare la capacità di mantenere la nave su una rotta identificata da una determinata direzione, senza dover ricorrere ad eccessive correzioni dell angolo di barra del timone attorno alla posizione neutra. Non esiste un parametro che definisca esattamente questa caratteristica, perciò essa viene spesso correlata alla stabilità dinamica della nave alla quale è strettamente legata. L esperienza insegna infatti che la nave per la quale la stabilità dinamica è stata accertata tramite prove dirette mostrerà anche soddisfacenti doti di course keeping. Nella pratica si verifica addirittura una soddisfacente capacità di mantenimento della rotta anche su navi leggermente instabili, mentre una marcata instabilità è certamente indice di scarse doti di course keeping. Per quanto riguarda l abilità di controllo dell imbardata (yaw checking ability), essa viene intesa come la capacità di raddrizzare la rotta durante l accostata (portando il timone dalla parte opposta). Anche in questo caso si tratta di un attitudine fortemente correlabile alla stabilità di rotta ma è anche possibile ottenere valutazioni qualitative da prove specifiche, precisamente con la manovra di zig zag. La capacità di modificare la rotta consiste nell attitudine della nave a variare la rotta. Si può parlare di initial turning ability quando la rotta viene modificata di un piccolo angolo, ed è questa una manovra che viene ripetuta costantemente durante la navigazione. La misura di questa abilità manovriera viene fatta tramite prove specifiche, precisamente con la manovra di zig zag, che quantificano il tempo necessario per raggiungere la nuova rotta. La capacità di realizzare variazioni di rotta più consistenti è assimilabile alla capacità di effettuare accentuate manovre di accostata per evitare un ostacolo o addirittura per invertire la rotta. Per questo motivo si definiscono una serie di parametri, desunti dalla prova di evoluzione, che misurano nel complesso la turning ability. 36

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