Oncologica. Seminari di Ematologia. Leucemia mieloide acuta NEL PROSSIMO NUMERO

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1 Editor in chief Giorgio Lambertenghi Deliliers Anno 6 Numero Seminari di Ematologia Oncologica NEL PROSSIMO NUMERO L ANZIANO IN ONCOEMATOLOGIA Principi di trattamento Leucemia mieloide acuta Leucemia linfoblastica acuta Linfomi maligni Leucemia mieloide acuta EDIZIONI INTERNAZIONALI srl Edizioni Medico Scientifiche - Pavia

2 Leucemia mieloide acuta Vol. 6 - n Profilo genetico 5 MARINO CLAVIO, MAURIZIO MIGLINO, MARCO GOBBI Leucemie secondarie therapy-related 31 GIUSEPPE LEONE, MARIA TERESA VOSO, LUANA FIANCHI, LIVIO PAGANO Terapie innovative 51 ADRIANO VENDITTI, LICIA OTTAVIANI, CHIARA SARLO, LUIGI DI CAPRIO, MICOL QUARESIMA, SVITLANA GUMENIUK, MARIA GIOVANNA CEFALO, ELEONORA CERESOLI, MARIA ILARIA DEL PRINCIPE, LUCA MAURILLO, FRANCESCO BUCCISANO, SERGIO AMADORI Editor in Chief Giorgio Lambertenghi Deliliers Università degli Studi, Milano Editorial Board Sergio Amadori Università degli Studi Tor Vergata, Roma Mario Boccadoro Università degli Studi, Torino Alberto Bosi Università degli Studi, Firenze Federico Caligaris Cappio Università Vita e Salute, Istituto San Raffaele, Milano Antonio Cuneo Università degli Studi, Ferrara Marco Gobbi Università degli Studi, Genova Mario Petrini Università degli Studi, Pisa Giovanni Pizzolo Università degli Studi, Verona Giorgina Specchia Università degli Studi, Bari Direttore Responsabile Paolo E. Zoncada Registrazione Trib. di Milano n. 532 del 6 settembre 2007 La malattia in età pediatrica 73 CARMELO RIZZARI, TIZIANA COLIVA, MARCO SPINELLI, ANDREA BIONDI Edizioni Internazionali srl Divisione EDIMES Edizioni Medico-Scientifiche - Pavia Via Riviera, Pavia Tel r.a. - Fax edint.edimes@tin.it

3 2 Periodicità Quadrimestrale Scopi Seminari di Ematologia Oncologica è un periodico di aggiornamento che nasce come servizio per i medici con l intenzione di rendere più facilmente e rapidamente disponibili in formazioni su argomenti pertinenti l ematologia oncologica. Lo scopo della rivista è quello di as sistere il lettore fornendogli in maniera esaustiva: a) opinioni di esperti qualificati sui più recenti progressi in forma chiara, aggiornata e concisa; b) revisioni critiche di argomenti di grande rilevanza pertinenti gli interessi culturali degli specialisti interessati; NORME REDAZIONALI 1) Il testo dell articolo deve essere editato utilizzando il programma Microsoft Word per Windows o Macintosh. Agli AA. è riservata la correzione ed il rinvio (entro e non oltre 5 gg. dal ricevimento) delle sole prime bozze del lavoro. 2) L Autore è tenuto ad ottenere l autorizzazione di «Copyright» qualora riproduca nel testo tabelle, figure, microfotografie od altro materiale iconografico già pubblicato altrove. Tale materiale illustrativo dovrà essere riprodotto con la dicitura «per concessione di» seguito dalla citazione della fonte di provenienza. 3) Il manoscritto dovrebbe seguire nelle linee generali la seguente traccia: Titolo Conciso, ma informativo ed esauriente. Nome, Cognome degli AA., Istituzione di appartenenza senza abbreviazioni. Nome, Cognome, Foto a colori, Indirizzo, Telefono, Fax, del 1 Autore cui andrà indirizzata la corrispondenza. Introduzione Concisa ed essenziale, comunque tale da rendere in maniera chiara ed esaustiva lo scopo dell articolo. Parole chiave Si richiedono 3/5 parole. Corpo dell articolo Il contenuto non deve essere inferiore alle 30 cartelle dattiloscritte (2.000 battute cad.) compresa la bibliografia e dovrà rendere lo stato dell arte aggiornato dell argomento trattato. L articolo deve essere corredato di illustrazioni/fotografie, possibilmente a colori, in file ad alta risoluzione (salvati in formato.tif,.eps,.jpg). Le citazioni bibliografiche nel testo devono essere essenziali, ma aggiornate (non con i nomi degli AA. ma con la numerazione corrispondente alle voci della bibliografia), dovranno essere numerate con il numero arabo (1) secondo l ordine di comparsa nel testo e comunque in numero non superiore a Seminari di Ematologia Oncologica Periodico di aggiornamento sulla clinica e terapia delle emopatie neoplastiche Bibliografia Per lo stile nella stesura seguire le seguenti indicazioni o consultare il sito International Committee of Medical Journal Editors Uniform Requirements for Manuscripts Submitted to Biomedical Journals: Sample References. Es. 1 - Articolo standard 1. Bianchi AG, Rossi EV. Immunologic effect of donor lymphocytes in bone marrow transplantation. N Engl J Med. 2004; 232: Es. 2 - Articolo con più di 6 autori (dopo il 6 autore et al.) 1. Bianchi AG, Rossi EV, Rose ME, Huerbin MB, Melick J, Marion DW, et al. Immunologic effect of donor lymphocytes in bone marrow transplantation. N Engl J Med. 2004; 232: Es. 3 - Letter 1. Bianchi AG, Rossi AV. Immunologic effect of donor lymphocytes [Letter]. N Engl J Med. 2004; 232: Es. 4 - Capitoli di libri 1. Bianchi AG, Rossi AV. Immunologic effect of donor lymphocytes. In: Caplan RS, Vigna AB, editors. Immunology. Milano: MacGraw- Hill; 2002; p Es. 5 - Abstract congressi (non più di 6 autori) 1. Bianchi AG, Rossi AV. Immunologic effect of donor lymphocytes in bone marrow transplantation [Abstract]. Haematologica. 2002; 19: (Suppl. 1): S178. Ringraziamenti Riguarda persone e/o gruppi che, pur non avendo dignità di AA., meritano comunque di essere citati per il loro apporto alla realizzazione dell articolo. Edizioni Internazionali Srl Divisione EDIMES EDIZIONI MEDICO SCIENTIFICHE - PAVIA Via Riviera, Pavia Tel r.a. Fax edint.edimes@tin.it

4 3 Editoriale GIORGIO LAMBERTENGHI DELILIERS Università degli Studi di Milano U.O. Ematologia 1 - Centro Trapianti di Midollo Fondazione IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena Seminari di Ematologia Oncologica propone in questo numero le nuove acquisizioni sulla leucemia mieloide acuta, malattia che comprende un insieme di entità diverse sul piano clinico e biologico. La scoperta di questa eterogeneità è dovuta all identificazione di markers citogenetici e molecolari, che hanno portato al riconoscimento di vari sottotipi a prognosi differente e soprattutto alla prospettiva di potenziare la terapia convenzionale con nuovi farmaci più mirati in senso patogenetico. Infatti accanto alla morfologia, alla citochimica e alla citofluorimetria oggi è consigliabile completare l iter diagnostico con indagini di citogenetica e genetica molecolare, che permettono il rilievo di alterazioni cromosomiche o mutazioni geniche correlate, sia in età pediatrica che adulta, al blocco dei processi di differenziazione o alla disregolazione del ciclo cellulare e dei processi di apoptosi o allo stimolazione dei precursori leucemici. Nelle leucemie secondarie le rotture e le traslocazioni cromosomiche da parte di agenti citotossici favoriscono l acquisizione delle mutazioni geniche, la cui attività neoplastica viene favorita anche da una suscettibilità individuale dipendente da fattori ereditari, quali i polimorfismi del metabolismo dei farmaci o i difetti di riparazione del DNA. La conferma viene anche dalla pediatria dove specifiche condizioni genetiche sono associate ad una maggiore incidenza di malattia leucemica. Nell adulto una predisposizione specifica appare associata anche dal tipo di tumore solido primitivo, come dimostrato dal rischio di leucemia acuta promielocitica nelle donne trattate per un carcinoma della mammella. La terapia della leucemia mieloide acuta è tuttora ancorata a farmaci tradizionali come le antracicline e la citosina arabinoside, che negli ultimi anni non hanno portato a sostanziali miglioramenti della sopravvivenza. Tuttavia interessanti prospettive vengono dalla sperimentazione clinica con nuove molecole che mirano a trattare la malattia nelle sue diverse espressioni genetico molecolari con un azione mirata sugli eventi epigenetici e sulle diverse mutazioni.

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6 5 Profilo genetico MARINO CLAVIO, MAURIZIO MIGLINO, MARCO GOBBI Clinica Ematologica, Università degli Studi di Genova Marco Gobbi n INTRODUZIONE Parole chiave: Leucemia mieloide acuta, Prognosi, Profilo genico, WT1 NPM Indirizzo per la corrispondenza Dott. Marino Clavio Clinica Ematologica Università degli Studi di Genova Viale Benedetto XV, Genova claviom@unige.it La leucemia mieloide acuta (LMA) comprende un insieme di entità clinico-ematologiche molto diverse, caratterizzate da un espansione clonale della mielopoiesi in cui sono spesso associati un incremento della proliferazione ed un blocco maturativo (1). Sulla base dei reperti osservabili con la microscopia ottica (colorazioni May Grumwald Giemsa e reazioni citochimiche) il gruppo FAB ha riconosciuto sei varietà (2) distinguibili in base al grado e al tipo di differenziazione del clone leucemico. L utilizzo sempre più ampio e raffinato delle metodiche citofluorimetriche ha consentito negli anni successivi una caratterizzazione sempre più precisa dei vari sottotipi, ha individuato numerosissimi fenotipi aberranti utili per il monitoraggio quantitativo del clone leucemico ed evidenziato nuove varietà (leucemie indifferenziate, leucemie bifenotipiche, leucemie bilineari ). Ben presto è risultato evidente che l eterogeneità morfologica, immunofenotipica e clinica era in relazione con la presenza di una vasta gamma di aberrazioni citogenetiche e/o di mutazioni geniche o da alterazioni della funzione o dell espressione di numerosi geni. Il ruolo centrale delle alterazioni genetiche è stato riconosciuto dalla WHO che ha pubblicato nel 1999 una nuova classificazione, in cui sono elencate diverse entità clinico-ematologiche associate a precise alterazioni citogenetiche (3, 4). Le alterazioni genomiche influenzano la funzione delle molecole di segnale, dei fattori di trascrizione e dei recettori dei fattori di crescita e la risposta al trattamento. Inoltre spesso coesistono in una singola cellula leucemica e riflettono gli eventi trasformanti che si accumulano nel clone durante lo sviluppo della leucemia (5). L identificazione di sottotipi genetici ha migliorato considerevolmente la stratificazione prognostica, precedentemente basata unicamente su elementi morfologici e clinico-ematologici e, in alcuni casi, ha consentito l individuazione di terapie adattate sul difetto molecolare, come nel caso della leucemia acuta promielocitica (LAP). Negli ultimi anni le indagini molecolari si sono concentrate sulle LMA a cariotipo normale (CN), che costituiscono circa il 50-55% delle forme, producendo una mole considerevole di dati non sempre concordi. Nella fase attuale la disponibilità di tecniche di biologia molecolare capaci di studiare (per mutazione o espressione) svariati geni ha ingenerato nell ematologo clinico una certa incertezza. Il significato prognostico dei vari profili genetici è in qualche caso ancora incerto, come il rapporto con particolari alterazioni citogenetiche e opzioni terapeutiche (ad esempio il trapianto di cellule staminali allogeniche). La presente revisione è finalizzata a fare il punto aggiornato sul significato prognostico delle prin-

7 6 Seminari di Ematologia Oncologica cipali alterazioni citogenetico-molecolari ma soprattutto a fornire al clinico delle indicazioni pratiche sulle modalità di utilizzo di tutte queste informazioni nella fase della programmazione terapeutica e nel follow-up. n ALTERAZIONI CITOGENETICHE Una trattazione esaustiva degli innumerevoli apporti della citogenetica nella definizione diagnostica, nella delucidazione dei meccanismi leucemogenetici e nella messa a punto delle strategie terapeutiche richiederebbe un intero volume ed esulerebbe dagli scopi di questa revisione. Nella già menzionata nuova classificazione WHO (3, 4) il primo gruppo comprende le forme di LMA con ricorrenti anomalie genetiche e cioè: - la LMA con t(8;21)(q22;q22) in cui si verifica la formazione del gene ibrido AML1/ETO; - la LMA con eosinofilia midollare e inv(16) o t(16;16)(p13;q22) e formazione del gene ibrido CBFB/MYH11; - la LAP con t(15;17)(q22;q11-21) e varianti; - la LMA con anomalie 11q23 (MLL), ad esempio t(9;11)(p22;q23) e t(6;11)(q27;q23). Esistono, come è ben noto, numerosissime altre alterazioni citogenetiche, classificabili come bilanciate (traslocazioni, inversioni) e non bilanciate (delezioni parziali, monosomie, trisomie ). Le principali sono riportate nella tabella 1. Ci limiteremo in questa sede a evidenziare l utilità prognostica dello studio del cariotipo, con particolare attenzione ai lavori più recenti. Numerosi studi retrospettivi e prospettici hanno dimostrato che il cariotipo rappresenta uno dei più importanti fattori prognostici per risposta all induzione, rischio di ricaduta e sopravvivenza (6-11). I cariotipi pre-trattamento sono raggruppati attualmente in tre gruppi prognostici di rischio (favorevole, intermedio e sfavorevole) e sono riportati nella tabella 2. I sistemi proposti dai vari gruppi collaboratori presentano molti aspetti comuni ma anche alcune differenze importanti. Il gruppo a prognosi favorevole include i pazienti che alla diagnosi presentano Anomalia citogenetica Alterazione genetica FAB Incidenza Traslocazioni/inversioni t(8;21)(q22;q22) RUNX1/CBFA2T1 M2 6% inv(16)(p13q22) CBFB/MYH11 M4 eo 7% o t(16;16)(p13;q22) t(15;17)(q22;q11-21) PML/RARalfa M3 7% t(9;11)(p22;q23) MLL/AF9 M5 2% t(6;11)(q27;q23) MLL/AF6 M4 ed M5 1% inv(3)(q21q26) EVI1/RPN1 M1, M4, M6, M7 1% o t(3;3)(q21;q26) t(6;9)(p23;q34) DEK/CAN M2, M4 1% Aneuploidie/delezioni +8? M2, M4, M5 9% -7/7q-? - 7% -5/5q-? - 7% -17/17p- TP53-5% -20/20q-? - 3% 9q-? - 3% +22? M4, M4 eo 3% +21? - 2% +13? M0-M1 2% +11 MLL M1,M2 2% Cariotipo complesso % Cariotipo normale - 44% TABELLA 1 - Le più frequenti alterazioni citogenetiche.

8 Profilo genetico 7 Gruppo di rischio Favorevole Intermedio Sfavorevole Alterazioni citogenetiche t(8;21)(q22;q22) inv(16)(p13q22) t(16;16)(p13;q22) t(15;17)(q22;q11-21) cariotipo normale; -Y; +8; +11; +13; +21; del(20q) cariotipo complesso; inv(3)(q21q26), t(3;3)(q21;q26) -7, t(6;9)(p23;q34), t(6;11)(q27;q23), t(11;19)(q23;213.1) -5; del(5q); del(9q); t(9;11)(p22;q23); del(11q) In grassetto le alterazioni citogenetiche con significato prognostico largamente condiviso dai vari gruppi cooperatori TABELLA 2 - Gruppi di rischio in rapporto alle alterazioni citogenetiche (ECOG-SWOG). t(8;21)(q22;q22), inv(16)(p13;q22), t(15;17); essi sono circa il 20% e hanno più spesso un età inferiore a 60 anni, l 85% di possibilità di ottenere una remissione completa ed il 30-40% di andare incontro ad una ricaduta. Il gruppo definito a prognosi intermedia comprende circa il 45% dei soggetti affetti da LMA, con outcome molto diversificato. Solo il 25% dei pazienti si può definire come lungo-sopravvivente. Infine il terzo gruppo è costituito da coloro che hanno un cariotipo complesso (con tre o più anomalie), delezione del cromosoma 5 o 7, tipiche delle LMA secondarie all esposizione a farmaci o sostanze, oppure anomalie dell 11q, t(9;11), t(6;9). Questi pazienti rispondono in modo deludente a qualsiasi tipo di terapia e hanno una probabilità di sopravvivenza a 5 anni inferiore al 5%. Numerose anomalie citogenetiche incluse nel gruppo a cattiva prognosi [ad esempio -5, -7, del(5q), abn3q, del(7q), abn11q23 ecc.] sono spesso osservate assieme ad altre anomalie. Si configura così quello che è definito un cariotipo complesso, nella cui definizione conta solo il numero (spesso 3) e non il tipo di alterazioni cariotipiche. Un recente lavoro in pazienti fino a 60 anni ha dimostrato che le monosomie autosomiche (dei cromosomi 5, 7 o di altri cromosomi) conferiscono la prognosi peggiore (12). Al contrario trisomie, tetrasomie, anelli o altre aberrazioni strutturali hanno minor significato prognostico. L impatto negativo di due o più monosomie autosomiche o di una monosomia associata ad un altra anomalia (il cosiddetto indice di monosomia cariotipica) è molto forte (OS a 4 anni del 4%) e superiore a quello precedentemente indicato dal cosiddetto cariotipo complesso. I pazienti con cariotipo complesso (anomalie maggiori o uguali a 3 o a 5) che non soddisfano i criteri del cariotipo monosomico presentano infatti una prognosi migliore. n DAL GENE PROFILE ALLE ALTERAZIONI GENICHE Principi metodologici Nuovi orizzonti si sono sicuramente aperti dopo la mappatura completa del genoma umano. Mentre è ancora in corso l identificazione della funzione e della esatta localizzazione dei vari geni, si sono sviluppate nuove tecnologie che mirano ad entrare sempre più nei fini meccanismi di espressione e regolazione genica. - Gene expression profile: questa tecnologia è basata sullo studio contemporaneo dell espressione anche di migliaia di geni. Si basa sull uso di microcard contenenti da un lato il cdna in esame e dall altro svariate sonde specifiche. Attraverso complicate analisi computerizzate si giunge all identificazione di un vero e proprio profilo genico in cui si possono identificare contemporaneamente geni silenziati e geni overespressi. L obiettivo, che peraltro in certi casi è stato raggiunto, è distinguere nella malattia in esame diversi sottogruppi con uguali caratteristiche molecolari. LMA accomunate da caratteristiche citogenetiche precise e non random possono presentare peculiari profili di espressione genica. La stessa presenza di marcatori molecolari specifici si può associare a profili ben distinti. In questo modo si compie il primo vero passo verso la differenziazione puramente molecolare e patogenetica delle patologie in esame, identificando gruppi di entità che dovrebbero essere considerate in tutto e per tutto autonome. D altro canto questa tecnologia permette anche di identificare nuovi genotipi

9 8 Seminari di Ematologia Oncologica e rappresenta il punto di partenza per lo studio di nuovi marcatori prognostici (13-20 ). - MicroRNA profiling: non troppo tempo è trascorso da quando si è arrivati a capire che minuscole sequenze di RNA variabilmente presenti nel nostro organismo rivestono un importante e insostituibile ruolo nelle regolazione e modulazione dell espressione genica. In seguito si è giunti alla dimostrazione che esistono svariati profili di assetto e che questi possono essere specifici per ciascuna entità patologica. Si è sviluppato così un nuovo filone di ricerca che mira a sottoclassificare le LMA sulla base dell assetto di microrna. È stato evidenziato ancora che entità citogeneticamente o molecolarmente definite posseggono un profilo distinto. Esistono segnalazioni che dimostrano l importanza prognostica di profili differenti di microrna. Ulteriori indagini sono in corso per costruire il quadro patogenetico ed il ruolo di queste minuscole sequenze non codificanti di RNA nella definizione fenotipica della malattia (21-25). - Analisi di polimorfismi genici: è ben noto come l espressione genica ed in parte la sua funzione possa essere alterata da mutazioni, delezioni, inserzioni, duplicazioni anche di una singola base. Svariati sono i metodi per analizzare tali polimorfismi. La comparative genomic hybridization (CGH) permette di evidenziare polimorfismi anche a carico di un singolo nucleotide (26). Accanto a questa esistono altre metodiche basate sull amplificazione mediante PCR del segmento di DNA o RNA specifico e su particolari elettroforesi in grado di evidenziare l alterata corsa del segmento mutato. Tutto si basa sul fatto che la corsa sul gel di elettroforesi, in determinate condizioni, dipende non solo dal peso molecolare, ma anche e soprattutto dalla sequenza nucleotidica del segmento in questione. Qui si fa riferimento all SSCP (27-30), un elettroforesi ad amperaggio o voltaggio e temperatura costante su un gradiente di acrilamide, al DGGE, tecnica elettroforetica per la separazione di frammenti di DNA in base alle loro differenti proprietà di dissociazione o melting (31, 32), al TGGE, tecnica in cui viene formato un gradiente di temperatura per la separazione in una seconda dimensione e in cui la separazione avviene in base a differenze di conformazione (33). Ulteriori metodiche meno diffuse sono l analisi degli eteroduplex, il non isotopic Rnase Clevage Assay (NIRCA), il Protein Truncation Test (PTT), e in particolari situazioni i test basati sulla digestione enzimatica del segmento amplificato Ultimamente molto usato è la DHPLC (Denaturing High Performance Liquid Chromatography) una tecnica che, in condizioni parzialmente denaturanti e sotto un diretto controllo della temperatura, permette di discriminare all interno di prodotti eterogenei di PCR, molecole di DNA eteroduplex rispetto alle molecole omoduplex. La tecnica sviluppata nel laboratorio del Prof. Cavalli Sforza alla Stanford University (USA) per la rilevazione di mutazioni del DNA si basa quindi, sulla differente velocità di eluizione in una colonna cromatografia per gli eteroduplex e gli omoduplex. Questi duplex si formano quando frammenti amplificati di DNA vengono denaturati termicamente e lasciati ricombinare. Una qualsiasi variazione (mutazione o polimorfismo) tra le due forme alleliche di un frammento porta alla formazione di un eteroduplex (combinazione di due catene di DNA a singola catena, non perfettamente corrispondenti, caratterizzata dalla presenza di una bolla a livello della quale si trova il mismatch). L eteroduplex si comporta cromatograficamente in modo differente sia dall omoduplex non mutato che dall omoduplex mutato: l eteroduplex è solitamente più veloce (meno trattenuto) degli omoduplex e da ciò si può caratterizzare la presenza di una variazione nucleotidica in un campione. La presenza di una mutazione o di un polimorfismo si evidenzia quindi, mediante picchi ulteriori o con un profilo diverso rispetto al wild-type (34). Tutti questi metodi sono in grado di identificare la presenza di sequenze mutate. Il passo successivo d obbligo è il sequenziamento diretto della sequenza mutata, al fine di identificarne la natura. Molto scarsi sono i dati in letteratura sul significato e sulla valenza prognostica delle differenti mutazioni dei vari geni marker. Allo stesso tempo molto importante è identificare alterazioni di sequenza non random e correlarle clinicamente e biologicamente. - Analisi di espressione genica: a tal fine viene comunemente utilizzata la Real-Time PCR su cdna 8 cioè ottenuto per trascrizione inversa dall RNA totale del paziente. La Real-Time PCR è una PCR in cinetica in cui l amplificazione ed il rilevamento dell amplificato avvengono nello

10 Profilo genetico 9 stesso momento. Questo è possibile grazie all introduzione all interno della reazione di una molecola fluorescente, che ci dà la possibilità di seguire la reazione da un punto di vista visivo, grazie all ausilio di appositi software. Sono generalmente utilizzate sonde taqman (o taqman probes). Si tratta di oligonucleotidi lineari di pb marcate al 5 con il reporter ed al 3 con il quencer. Il quencer estingue la fluorescenza del reporter solo quando la sonda è integra; quando la sonda viene tagliata, il quencer ed il reporter si liberano in soluzione e si manifesta la fluorescenza (35-38). n SIGNIFICATO PROGNOSTICO DELLE ALTERAZIONI DELL ESPRESSIONE GENICA WT1 Il gene del tumore di Wilms, localizzato sul cromosoma 11p13, è stato clonato per la prima volta nel WT1 codifica per una proteina con le caratteristiche di un fattore di trascrizione. Al momento i geni ritenuti regolati da WT1 sono molto pochi: il gene per il recettore dell EGF, sydecan 1, bcl 2, E-caderina. Dopo l isolamento del gene, vari esperimenti ne hanno messo in luce il profilo di espressione in diversi tessuti. A differenza di altri geni oncosoppressori quali P53, Rb, la cui espressione è sostanzialmente ubiquitaria, l espressione di WT1 è ristretta a pochi tessuti. Il ruolo di WT1 nelle neoplasie renali appare ormai abbastanza chiaro, mentre il suo ruolo nella ematopoiesi appare ancora poco conosciuto. WT1 risulta particolarmente espresso nei precursori del sistema ematopoietico e va incontro ad un rapido processo di down-regulation nel corso del processo di differenziamento cellulare. Il ruolo di WT1 nella leucemogenesi è ancora molto dibattuto. La maggior parte delle leucemie acute mieloidi e linfoidi esprime elevati livelli di WT1 suggerendo che questo gene oncosoppressore possa avere paradossalmente un attività oncogenica nelle cellule ematopoietiche. Alcuni lavori hanno dimostrato che linee cellulari transfettate in modo permanente con WT1 mostrano difetti nella risposta ad agenti differenzianti e questo fenomeno potrebbe contribuire alla genesi della leucemia. Alcuni modelli sperimentali riportano una tendenza all aumentata proliferazione cellulare, altri un arresto di crescita. Al momento esistono sostanzialmente due ipotesi contrastanti sul ruolo di WT1 nelle leucemie: secondo una teoria WT1 agisce come un oncogene e rappresenta la tappa finale di diverse vie di trasformazione attivate all interno della cellula; una seconda teoria parte dall assunto che WT1 agisca come oncosoppressore. La sua overespressione, pertanto, costituirebbe semplicemente un epifenomeno in risposta ai segnali trasformanti attivati all intero della cellula. Questa dualità funzionale al momento non è ben interpretata, ma è opinione diffusa che il ruolo di WT1 possa variare da cellula a cellula anche solo per il grado di differenziazione di queste (39-45). Aldilà del suo significato biologico nella leucemogenesi, dopo l introduzione delle tecniche di RT- PCR, WT1 è diventato un utile marker molecolare. I livelli di WT1 e la loro variazione in corso di terapia possono infatti essere utilizzati come indici di malattia residua minima e sembrano assumere un significato prognostico in alcune neoplasie ematologiche (46). Il ruolo prognostico dei livelli di espressione di WT1 alla diagnosi nelle LMA non è in realtà ancora ben definito. Le prime segnalazioni in letteratura sembravano dimostrarne una correlazione fra elevata espressione e prognosi negativa, come già dimostrato nelle sindromi mielodisplastiche (46-48). Più recentemente tale ruolo negativo non è stato confermato ed in un recente studio del gruppo spagnolo l espressione di WT1 alla diagnosi non riveste alcun ruolo prognostico (49). Esistono infine segnalazioni in cui si dimostra un associazione fra elevata espressione di WT1 e cariotipo favorevole (50). Nelle core binding factor LMA inoltre elevati valori di WT1 sono stati associati ad una maggiore probabilità di raggiungere la remissione completa (51). Come si vede non vi è ancora chiarezza, e questo in parte è legato a motivi statistici. Parliamo di valori elevati, ma non è chiaro se si debba porre un valore cut-off che identifichi due distinti gruppi prognostici o se si debba considerare WT1 come variabile continua o ancora se i vari laboratori debbano condurre un analisi suddividendo in percentili i vari valori.

11 10 Seminari di Ematologia Oncologica Un parziale chiarimento potrà essere raggiunto nel momento in cui l analisi verrà standardizzata, e saranno definiti i valori normali di espressione e le fasce di rischio. Al momento ciascun laboratorio deve costruirsi la propria curva di normalità analizzando l espressione in soggetti normali, utilizzando reagenti e macchinari non codificati. Per questi motivi i risultati presentati dai vari gruppi, al momento, possono essere confrontati con qualche difficoltà. ERG Il gene ETS (correlato ad ERG) codifica per un effettore delle vie di transduzione del segnale di regolazione della proliferazione. ERG è localizzato sul cromosoma 21q22. La prima descrizione del coinvolgimento di ERG nei processi di tumorigenesi deriva dall analisi di un caso di sarcoma di Ewing che presentava la traslocazione cromosomica t(21;22)(q22;q12), che a livello molecolare corrisponde al riarrangiamento fra ERG e EWS. Altri riarrangiamenti citogenetici o molecolari coinvolgenti tale zona sono stati descritti in LMA e nel carcinoma della prostata. ERG risulta overespresso in LMA a cariotipo complesso, con alterazioni a carico del cromosoma 21 anche criptiche, ma anche in LMA a cariotipo normale (52, 53). Overespressione di ERG è stata descritta anche in leucemie linfoblastiche acute soprattutto a fenotipo T. Alcuni studi dimostrano come la overespressione di ERG alla diagnosi di LMA sia associata a prognosi sfavorevole. Anche in questo caso in assenza di standardizzazione del metodo a fini statistici i pazienti vengono suddivisi in quartili sulla base dell espressione di ERG alla diagnosi. In questo modo si arriva a parlare genericamente di valori alti o bassi. Il significato prognostico della overespressione di ERG viene perduto nei pazienti FLT3-ITD positivi, mentre viene mantenuto in quelli negativi. Parimenti il significato prognostico negativo di ERG è mantenuto nei pazienti NPM1 mutati, mentre viene perduto in quelli NPM1 wild-type. Inoltre elevati livelli di espressione di ERG si associano spesso ad elevata espressione di BAALC, configurando un sottotipo di LMA a prognosi particolarmente sfavorevole (54-57). Tali correlazioni necessitano di conferma su ampia scala. BAALC Il gene brain and acute leucemia, cytoplasmic (BAALC) è localizzato sul cromosoma 8q22.3. Codifica nell uomo per almeno 8 trascritti che presentano splicing alternativi. La funzione è sconosciuta, e non sono note altre proteine che presentino analogie strutturali. È tuttavia dimostrata la overespressione di BAALC in cellule CD34 positive. Tale espressione viene down-regolata negli stadi maturativi successivi. Di qui l ipotesi che BAALC rappresenti un marcatore molecolare specifico dei progenitori emopoietici più immaturi. Una elevata espressione di BAALC alla diagnosi nelle LMA ha valenza prognostica negativa. Nel 2006 Baldus (58) analizzando 307 pazienti di età inferiore ai 60 anni e con cariotipo normale dimostrò che l elevata espressione di BAALC correlava con un inferiore percentuale di RC e con una ridotta sopravvivenza. Rispetto ai pazienti con bassa espressione di BAALC alla diagnosi, quelli con elevata espressione erano più frequentemente resistenti alla chemioterapia di induzione (16% vs 6%) e presentavano una maggiore mortalità nei tre anni di follow-up (64% vs 56%). Le osservazioni di Baldus sono state confermate da Langer in 172 pazienti affetti da LMA con cariotipo normale ed età <60 anni (59). Nell analisi multivariata l elevata espressione di BAALC correlava con ridotta percentuale di RC e una sopravvivenza più breve indipendentemente da FLT3-ITD, NPM1, CEBPA e conta dei leucociti alla diagnosi. In particolare elevate espressioni di tale gene si rinvengono in pazienti che già presentano fattori prognostici negativi, come il cariotipo sfavorevole, FLT3- ITD, NPM1 wild-type o elevata espressione di ERG. BAALC potrebbe rappresentare, pertanto, un indicatore generale della presenza di alterazioni sfavorevoli. Rappresenterebbe quindi non un fattore prognostico autonomo, ma un mero indicatore di particolare instabilità genica della cellula staminale leucemica. Contraddittori sono, infatti, i risultati che si ottengono quando si analizza il valore prognostico di BAALC in coorti di pazienti che, per altri marcatori, vengono considerati a basso rischio. Esperienze condotte su pazienti a cariotipo favorevole o NPM1 mutati, FLT3-ITD negativi non dimostrano alcun valore prognostico per i livelli di

12 Profilo genetico 11 espressione di BAALC. D altro canto quando si analizzano i profili genici di LMA ad alto rischio, il gene BAALC risulta sempre overespresso. In particolare, poi, essendo BAALC marcatore molecolare specifico di cellule emopoietiche alquanto indifferenziate, la sua overespressione si associa a LMA a fenotipo immaturo (60-62). MN1 Il gene meningioma 1 (MN1) è localizzato sul cromosoma 22q12. Codifica per una proteina membro di un complesso regolatorio trascrizionale associato con il recettore nucleare RAR-RXR o con il recettore della vitamina D. Il coinvolgimento di MN1 nelle neoplasie umane è stato descritto per la prima volta in un meningioma che presentava la traslocazione cromosomica t(12;22). Recentemente è stata descritta overespressione di MN1 in LMA che presentavano inv-16. In un altra segnalazione MN1 rappresentava il partner di fusione di ETV6 nel gene chimerico derivante dalla t(12;22 ). Parimenti in modelli murini è stata dimostrata la cooperazione fra MN1 e CBFB-MYH11 nei processi di leucemogenesi. In generale, sebbene non sia ancora nota la precisa funzione di MN1 nei processi di oncogenesi, pare dimostrato il fatto che alti livelli di MN1 alla diagnosi connotino un gruppo di LMA a cattiva prognosi. Anche in questi casi, in mancanza di standardizzazione del metodo, l analisi statistica è stata condotta per percentili. In particolare è stato rilevato come i percentili di maggiore espressione siano associati a bassa incidenza di NPM1 mutato e alta incidenza di elevati valori di espressione di BAALC. A tal riguardo, considerata la stretta corrispondenza fra elevata espressione di MN1 e di BAALC, si è valutato, recentemente, il profilo di espressione di microrna nei due distinti gruppi di pazienti e si è mostrato come fossero presenti profili di espressione del tutto similari. Si può pertanto ipotizzare una cooperazione fra BAALC e MN1 nei processi di leucemogenesi. I prossimi sviluppi tenderanno ad identificare i possibili partner di questi due geni e le vie geniche ad essi correlati (63-67). EVI1 Il gene ecotropic virus integration-1 mappa sul cromosoma 3q26. Alterazioni cromosomiche coinvolgenti tale locus come la t(3;3)(q21;q26) o la inv3(q21;q26) che inevitabilmente alterano l espressione di EVI1 sono implicate nello sviluppo di LMA ad alto rischio. La overespressione di EVI1, presente in circa il 6% dei casi, rappresenta un fattore prognostico negativo anche in assenza di alterazioni coinvolgenti il cromosoma 3. In realtà esistono varie isoforme di EVI1, tutte sono legate a diversità strutturali della zona 5 non codificante e per tutte probabilmente l overespressione costituisce un fattore di rischio. La overespressione di una isoforma in particolare, denominata EVI1-1D, presente in circa il 2% dei casi, riveste significato prognostico particolarmente negativo. Un discorso a parte va fatto sulla frequente presenza nelle cellule di LMA del gene di fusione fra EVI1 e il gene MDS1 (ME). Tale gene mappa 140 kb a valle di EVI1, ha funzione sconosciuta, e per un probabile meccanismo di splicing intergenico si trova giustapposto a EVI1. Esistono a questo riguardo due forme distinte di LMA, quelle EVI1 + ME + e quelle EVI1 + ME -. Queste ultime spesso presentano alterazioni del cromosoma 3q26, anche solo in forma criptica. Tale alterazione cromosomica, come noto, si associa ad una forma particolarmente aggressiva di LMA. La forma EVI1 + ME + d altro canto si associa spesso ad alterazioni del cromosoma 11q23, locus dove mappa MLL, suggerendo un possibile ruolo regolatorio di quest ultimo sulla espressione di EVI1 e di ME. Va ancora ricordato che le fisiologiche cellule CD34 + presentano alti livelli sia di EVI1 che di ME. Pertanto da un lato la overespressione del primo identifica un fenotipo LMA immaturo, dall altro la mancata espressione del secondo conferisce caratteristiche di aggressività particolarmente elevate (68-74). n SIGNIFICATO PROGNOSTICO DELLE MUTAZIONI GENICHE: Per quanto concerne il loro contributo alla leucemogenesi le mutazioni geniche possono essere ordinate in alcuni gruppi. Mutazioni che interferiscono con la trascrizione. Si tratta di mutazioni che modificano la funzione

13 12 Seminari di Ematologia Oncologica di fattori di trascrizione o interferiscono indirettamente con la trascrizione (75) e determinano alterazioni nel processo di differenziazione e/o l acquisizione di aberranti proprietà di self-renewal dei progenitori emopoietici. Appartengono a questa classe i geni di fusione derivanti dalle mutazioni t(8;21), inv(16)/t(16;16), t(15;17) e le mutazioni nei geni CEBPA, MLL e RUNX1. Mutazioni di attivazione. Sono mutazioni che attivano vie di trasduzione del segnale, determinando un aumento della proliferazione o della sopravvivenza dei precursori leucemici. Appartengono a questa classe le mutazioni di FLT3, di RAS e di JAK2. Mutazioni che interferiscono con il ciclo cellulare e l apoptosi. Sono rappresentate principalmente dalle mutazioni di NPM1 e da delezioni di TP53. Le mutazioni somatiche più frequentemente rilevate in pazienti affetti da LMA con cariotipo normale interessano i seguenti geni: NPM1, FLT3, CEBPA, MLL, RAS, WT1, RUNX1. Da segnalare però che queste mutazioni possono essere presenti anche in pazienti con cariotipo anomalo. Mutazioni in NPM1 Nel 2005 il gruppo di Falini ha dimostrato che in una porzione significativa di pazienti con LMA si osserva una delocalizzazione citoplasmatica della proteina NPM1 a causa di una mutazione somatica del gene NPM1. Il gene è localizzato nel cromosoma 5q35 ed è frequentemente traslocato o mutato in malattie oncoematologiche (76). Il gene codifica per una proteina chaperon presente in elevate concentrazioni nel nucleolo che svolge importanti funzioni quali il trasporto di sostanze tra nucleo e citoplasma, la promozione della genesi ribosomiale, il controllo della duplicazione del centrosoma durante il ciclo cellulare, la regolazione di geni oncosoppressori come p53 e p14 ARF e l attivazione dell apoptosi a seguito di danni subiti dal patrimonio genetico cellulare. Le diverse funzioni di NPM1 sono determinate da vari domain proteici. Si può comprendere che le alterazioni del gene suddetto siano coinvolte nella patogenesi di diversi disordini ematopoietici, anche se non sono sufficienti per determinare la malattia, ma devono cooperare con altri fattori. Nelle cellule leucemiche di pazienti affetti da LMA sono stati osservati più di 40 tipi diversi di mutazioni, che consistono principalmente di inserzioni di paia di basi (77). La comune conseguenza di tali mutazioni è la perdita di un triptofano necessario per il legame con il nucleolo e la generazione di nuclear export signal motif per cui la proteina perde la sua specificità per il nucleolo e si accumula nel citoplasma (78). L aberrante rilocalizzazione citoplasmatica inibisce la sua normale funzione di shuttle fra il nucleo ed il citoplasma, che è essenziale per la sua partecipazione a certe tumor suppressor pathway (ARF, p53). I meccanismi leucemogenetici delle mutazioni NPM1 non sono pienamente compresi in quanto la proteina NPM1 è coinvolta in altri processi cellulari, come la regolazione della funzione del centrosoma o il processing di molecole di pre-rna (78). Le mutazioni del gene della NPM1 sono state trovate in circa il 35% dei pazienti adulti affetti da LMA e nel 60% di coloro che presentano alla diagnosi un cariotipo normale (76, 78). Queste sono presenti più frequentemente in pazienti di sesso femminile, con un elevata conta leucocitaria e importante blastosi midollare. L analisi immunofenotipica di questi pazienti dimostra l assenza dei tipici marcatori delle cellule staminali emopoietiche (CD34 e CD133) e la presenza di altri marcatori mieloidi (CD13 e CD33). Le AML con NPM1 mutata appartengono a tutti i sottotipi FAB eccetto che alla M3, con frequenza bassa nelle M2(20%) e più alta nelle M4(45%) e M5b (90%). L espressione di NPM1 mutata alla diagnosi è stata associata in molti studi ad una prognosi favorevole (79-82). In un recente studio (83) i pazienti NPM1 mutati presentavano rispetto a quelli non mutati una maggiore percentuale di RC dopo terapia di induzione (80% vs 57%), più lunga sopravvivenza libera da eventi avversi (EFS) e sopravvivenza totale (OS). Altri studi non hanno potuto dimostrare questi effetti favorevoli. Circa il 40% dei pazienti con mutazioni di NPM1 è portatore anche di mutazioni a carico di FLT3 (più spesso FLT3 ITD). Numerosi studi hanno dimostrato che il genotipo NPM1 mutato senza FLT3 ITD rappresenta un marker prognostico favorevole (84, 85). Il lavoro più importante è quello di Schlenk et al. (85) che riporta i risultati del gruppo tedesco ed austriaco per la LMA (AMLSG). Il lavoro suggerisce che i pazienti con questo feno-

14 Profilo genetico 13 tipo possono essere esentati dal trapianto allogenico in prima RC, dato che l outcome dopo trapianto allogenico non è stato superiore a quello dopo chemioterapia convenzionale di consolidamento. Il ruolo del trapianto allogenico nei pazienti LMA con NPM1 mutato e concomitante FLT3-ITD rimane controverso (86). Circa il 15% dei pazienti LMA con NPM1-mutato presenta alterazioni cromosomiche, che rappresentano probabilmente eventi secondari. In uno studio recente volto a stabilire il significato prognostico di queste anomalie genetiche addizionali è stato riscontrato che nelle LMA con NPM mutato la prognosi non è influenzata dal cariotipo (87). Il riscontro di questo marcatore molecolare è importante, inoltre, per valutare la risposta alla terapia (ottenimento di RC) e la malattia residua essendo espresso da tutte le cellule leucemiche (88-90). Mutazioni di FLT3 Il gene FLT3 codifica per un recettore emopoietico ad attività tirosino chinasica che viene espresso precocemente dai progenitori emopoietici e gioca un ruolo importante nella proliferazione delle cellule staminali emopoietiche, nella loro differenziazione e sopravvivenza. Analizzando il DNA delle cellule leucemiche è stato evidenziato che le mutazioni somatiche che inducono un attivazione costitutiva di FLT3 interessano principalmente due domini funzionali del recettore, quello iuxtamembrana (JM) e l activation loop del domain tirosin chinasico (TKD). Il dominio JM, cruciale per l auto inibizione del recettore, è interessato da mutazioni nel 28-34% dei pazienti LMA con CN (91-94), più spesso per Internal Tandem Duplication (ITD), più raramente per mutazioni somatiche. Le FLT3-ITD sono localizzate negli esoni 14 e 15 e determinano una dimerizzazione ed autofosforilazione ligando-indipendente del recettore con attivazione downstream delle vie metaboliche RAS/MAPK, STAT5, PI3K/AKT (95). L activation loop del domain tirosin chinasico è interessato da mutazioni puntiformi, piccole inserzioni o delezioni nell 11-14% delle LMA con cariotipo normale, più spesso a carico dell esone 20 (93, 94, 96). Da un punto di vista clinico le mutazioni di FLT3 sono importanti sia per i risvolti prognostici sia per il ruolo che potrebbero svolgere come target di future terapie citotossiche. Numerosi studi hanno dimostrato che i pazienti affetti da LMA con CN e FLT3-ITD hanno una prognosi peggiore (<EFS e OS) rispetto ai soggetti che non presentano questa mutazione (91). Queste mutazioni hanno un ruolo prognostico dominante rispetto ad altri marcatori molecolari. Ad esempio la già citata mutazione di NPM1 è un fattore prognostico positivo, ma solo nei pazienti senza FLT3-ITD (97, 98). Nello studio di Donher del 2005 (99) si dimostra che il gruppo di pazienti con NPM1 mut /FLT3-ITD neg a 110 mesi di follow-up ha il 25% di sopravviventi senza ricaduta e pazienti vivi in più rispetto a quello composto da pazienti NPM1 mut /FLT3-TD pos. Questi risultati sono stati confermati da Boonthimat nel 2008 in uno studio condotto su 105 pazienti (100). FLT3-ITDs sono state osservate nel 76% di 55 pazienti con LMA e t(6;9)(p23;q34), traslocazione considerata a cattiva prognosi. Paragonati ai pazienti con FLT3 wild-type i pazienti con FLT3- ITD presentavano una ridotta percentuale di RC (36% vs 75%, p 0.042) e inferiore DFS e OS. La prognosi negativa dei pazienti con questa alterazione citogenetica deriva quindi non soltanto dalla presenza del gene di fusione DEK-NUP214 ma anche dalla presenza di mutazioni FLT3. Alcune ricerche sembrano indicare che non tanto la semplice presenza ma piuttosto il livello quantitativo dell allele mutato abbia rilevanza prognostica. In uno studio del 2001 Whitman et al. (92) dimostrano che FLT3-ITD non ha impatto prognostico negativo nei pazienti eterozigoti, ma solo in quelli con perdita di funzione dell allele wild-type ed in uno studio successivo Thiede et al. (94) riesce a determinare dei valori di cut off dell allele mutante con significato prognostico. Il gruppo di pazienti con genotipo NPM1 mut /FLT3- ITD neg e cariotipo normale è quello collegato alla migliore prognosi assoluta, e sembra non beneficiare del trapianto (85). Il valore prognostico delle mutazioni FLT3-TKD rimane controverso. Un ampia meta-analisi condotta su casi di LMA (FLT3 wt 833; FLT3- ITD 243; FLT3-TKD 84) ha assegnato un valore prognostico negativo alla mutazione FLT3-TKD (101). Anche Whitman (102) in uno studio del CALGB ha confermato in 139 pazienti con età <60 anni e cariotipo normale in analisi multivariata il loro valore prognostico negativo (per EFS), indi-

15 14 Seminari di Ematologia Oncologica pendentemente dall espressione di NPM1 e dalla conta dei blasti alla diagnosi. Viceversa uno studio condotto dall MRC su giovani adulti arruolati nei trials AML10 e 12 ha evidenziato un possibile ruolo prognostico positivo delle mutazioni FLT3-TKD (presenti nel 12% di tutte le AML e nell 11% di quelli a cariotipo normale) (103). In questo studio è stata effettuata una valutazione quantitativa percentuale dei livelli di allele mutato ed i pazienti con mutazioni FLT3-TKD presenti in più del 25% degli alleli totali presentavano un OS superiore rispetto ai pazienti con livelli inferiori. In questo studio l impatto delle mutazioni FLT3-TKD nei pazienti con cariotipo normale era al limite della significatività statistica e non è stata effettuata un analisi multivariata considerando altre mutazioni genetiche (come NPM1). Nel recente ampio studio di Bacher et al. (104), condotto su una coorte totale di casi con informazioni di follow-up disponibili, la prognosi non era influenzata dalla presenza di mutazioni FLT3- TKD. Mutazioni di CEBPA Il fattore trascrizionale CCAAT/enhancer binding protein alpha (CEBPA) è una molecola chiave nella differenziazione della cellula staminale multipotente nei neutrofili maturi (105). Le mutazioni del gene CEBPA sono state scoperte per la prima volta nel 2001 e sono osservate più frequentemente nei pazienti con CN e in quelli con delezione 9q al di fuori di un cariotipo complesso. Sono riscontrabili nel 5-14% delle LMA, in una percentuale quindi inferiore di pazienti rispetto ai marcatori precedentemente descritti. Nel gene codificante per questa proteina, che si trova sul cromosoma 19q13.1, sono stati riscontrati più frequentemente due tipi di mutazione: una mutazione nonsense nella regione N-terminale che impedisce l espressione dell intera proteina e un altra nella zona C-terminale che riduce la funzione di trascrizione del DNA. Le mutazioni di CEBPA sono state associate concordemente con un buon outcome, sia in pazienti con cariotipo intermedio (106, 107) sia in pazienti con CN (108) ed associate con maggior durata di EFS o OS. Queste mutazioni hanno un ruolo protettivo in quanto upregolano un fattore proapoptotico su cui agiscono i farmaci chemioterapici. Wouters et al. (109) hanno studiato 598 casi di LMA denovo, individuando 41 casi non ambigui di mutazione (6,9%). La maggior parte dei pazienti aveva due mutazioni di CEBPA e questi pazienti presentavano una migliore EFS e OS rispetto ai pazienti con una sola mutazione e persistenza di CEBPA wild-type. I casi con doppia mutazione presentavano anche un pattern caratteristico negli studi GEP. La spiegazione biologica di questa duplicità di comportamento non è chiara: è possibile che due mutazioni siano sufficienti per la leucemogenesi, mentre con una sola debbano intervenire altri fattori determinanti una prognosi peggiore. L impatto favorevole sulla prognosi delle mutazioni di CEBPA è osservato solamente in assenza di cariotipo complesso e di FLT3-ITD. Nella revisione condotta da Renneville (110) i 638 pazienti affetti da LMA con mutazioni CEBPA vennero divisi in due gruppi, uno (8%) costituito da soggetti che presentavano la mutazione di CEBPA e l altro da quelli che non la presentavano (CEBPA wt ). Il 20% dei pazienti del primo gruppo presentava FLT3-ITD e il 30% un cariotipo complesso. Egli dimostrò con un analisi multivariata che questi ultimi fattori determinavano una cattiva prognosi indipendentemente dalla presenza di CEBPA mut. Viceversa i pazienti con CEBPA mut senza FLT3-ITD e con CN presentavano EFS e OS maggiori rispetto ai pazienti con CEBPA wt. Mutazioni di MLL Il gene MLL è situato alla banda 11q23 e codifica per una proteina di circa 450 KDa con attività istone metil transferasica, che regola l espressione dei geni HOX durante lo sviluppo delle cellule staminali ematopoietiche (111). A seguito di traslocazioni o, meno frequentemente, inserzioni e inversioni coinvolgenti la banda 11q23 la porzione N-terminale del gene MLL è fusa con la porzione C-terminale di un gene partner di fusione. Questi riarrangamenti intercromosomici interferiscono con la regolazione operata da MLL nella trascrizione e con l espressione del gene HOX (112). In aggiunta a questi riarrangiamenti cromosomici esistono dei riarrangiamenti intragenici per cui il gene MLL può andare in contro a partial tandem duplications (PTD) a carico degli esoni Sono in genere intepretate come mutazioni con incre-

16 Profilo genetico 15 mento di funzione. PTD del gene MLL si osservano nel 5-11% dei pazienti affetti da LMA de novo ( ). Nel primo grande studio in pazienti LMA con CN (113) i pazienti con MLL-PTD (11%) presentavano una minore durata della RC rispetto ai pazienti senza MLL-PTD (7 mesi vs 23 mesi, rispettivamente; p.01) mentre l OS non era diversa. La gran parte degli studi successivi, tra cui lo studio di Dohner su 221 pazienti LMA con CN, ha confermato questi risultati ( ). Mutazioni di NRAS Si osservano nel 9-14% dei giovani adulti con LMA e CN (84, 117, 118) ed interessano quasi esclusivamente i codoni 12,13 e 61, determinando una perdita dell attività GTP-asica ed un attivazione costitutiva della proteina RAS. Nessun studio ha dimostrato rilevanza prognostica per queste mutazioni (84, 118), che tuttavia potrebbero essere importanti come bersaglio di terapia orientata da un punto di vista molecolare. Mutazioni di WT1 Le mutazioni di WT1 consistono in sostituzioni o delezioni dell esone 7 o 9 che annullano le sue funzioni promuovendo la proliferazione e il blocco della differenziazione delle cellula staminali. Mutazioni di WT1 si ritrovano in circa il 12% dei pazienti affetti da LMA, più spesso di giovane età, con elevata blastosi periferica ed elevati livelli serici di LDH. Sono state riportate per la prima volta da King- Underwood e Pritchard-Jones nel 1996 (119). Il ruolo di WT1 mut nel determinare la prognosi è ancora controverso. Summers nel 2007 dimostrò in 70 pazienti con LMA e CN che queste mutazioni (presenti nell 11% dei pazienti) erano associate al fallimento della terapia di induzione (120). In modo simile Virappane et al., analizzando 470 pazienti affetti da LMA (121) afferma che le mutazioni di WT1 sono un indicatore prognostico negativo indipendente da FLT3-ITD. I pazienti che esprimono WT1 mut hanno una ridotta percentuale di RC rispetto a quelli che hanno WT1 normale (79% vs 90%), di sopravvivenza libera da eventi avversi (22% vs 44%) e di sopravvivenza a 5 anni (26% vs 47%). Nel recente lavoro di Paschka (122) dei 196 pazienti affetti da LMA con CN i 21 che presentavano WT1 mut avevano una percentuale di RC simile a quella del gruppo con WT1 nor (83% vs 84%), ma andavano in contro a ricaduta più frequentemente (88% vs 51%). Il rischio di morire si è rivelato tre volte superiore nei soggetti con WT1 mut rispetto a quelli senza la mutazione. Lo stesso autore, con un analisi multivariata, ha dimostrato che l impatto della mutazione di WT1 sulla prognosi è indipendente dall espressione di altri marcatori molecolari prognostici a dalle caratteristiche cliniche alla diagnosi e che WT1 mut annulla l effetto positivo della presenza di mutazioni a carico di NPM1, in assenza di FLT3-ITD. Nel lavoro di Gaidzik et al. (123) condotto su 617 pazienti LMA con CN i soggetti WT1 mut /FLT3- ITD pos presentavano una percentuale di RC inferiore rispetto a quelli WT1 mut /FLT3 neg (CR rates 63% vs 92%) ma non erano dimostrate differenze significative di RFS e OS fra i pazienti con o senza mutazioni WT1. Mutazioni in RUNX1 (AML1) RUNX1 codifica per un fattore trascrizionale che è coinvolto nella differenziazione emopoietica normale, attraverso la dimerizzazione con il fattore di trascrizione CBFB. Sia RUNX1 sia CBFB sono coinvolte nelle traslocazioni cromosomiche associate ad AML. Mutazioni di RUNX1 sono state recentemente osservate nel 10% dei pazienti con CN (124). Il loro significato prognostico è ancora sconosciuto. Mutazioni di KIT nelle CBF LMA Le leucemie CBF sono definite dalla presenza delle traslocazioni t(8;21)(q22;q22) o inv(16)(p13.1 q22)/t(16;16)(p13.1;q22) e rappresentano circa il 10-15% delle LMA. Sono associate con outcome favorevole anche se esiste una marcata eterogeneità clinica in quanto il 30-40% dei pazienti giovani ricade. In questi pazienti è stato studiato il significato prognostico di mutazioni del gene KIT, presenti nel 30% dei casi (125, 126). Per quanto concerne le LMA con t(8;21) la presenza di mutazioni nel gene KIT (in particolare le mutazioni al codone 817) hanno significato prognostico negativo (125). Uno studio del CALGB in paziente con inv(16) / t(16;16) ha mostrato che i pazienti con mutazioni di KIT a carico dell esone 17 presentavano un maggior rischio cumulativo di ricaduta e una minore OS (126).

17 16 Seminari di Ematologia Oncologica n UTILIZZO PRATICO DEI MARCATORI CITOGENETICO-MOLECOLARI Nella fase diagnostica iniziale, come già ricordato in precedenza, lo studio del cariotipo è stato affiancato da una gran numero di indagini molecolari. Le ricadute sulla definizione prognostica e sulla programmazione terapeutica vengono didatticamente esposte di seguito attraverso la risposta ad alcune domande fondamentali. Si può fare a meno dello studio citogenetico alla diagnosi? La risposta non può che essere negativa. Al momento attuale lo studio del cariotipo ci fornisce delle informazioni prognostiche di grande rilevanza che hanno ricevuto conferma in numerosi studi prospettici. Inoltre permette di evidenziare la forma M3 che richiede una condotta terapeutica del tutto differente e ormai ampiamente sperimentata (127) e le cosiddette leucemie CBF, cioè le forme con t(8;21), l inv(16); t(16;16), caratterizzate da una prognosi favorevole, per cui è opportuno effettuare un consolidamento fondato su alte dosi di Ara-C (HDAC) ed in cui non è indicato effettuare trapianto allogenico in prima RC. Il significato prognostico di alcuni marcatori molecolari dipende poi dal tipo di cariotipo presente. Ad esempio la presenza di alterazioni FLT3-ITD sembra avere rilevanza prognostica per quanto concerne DFS e forse OS nei pazienti con CN ma non nelle forme con t(15;17) (128). È molto importante essere certi che un paziente con LMA abbia un cariotipo normale. Per questo motivo è opportuno che le indagini di citogenetica siano effettuate da esperti e che le metodiche classiche siano integrate dalla FISH e dalle tecniche di RT-PCR per documentare la presenza dei principali geni di fusioni associati con alcune anomalie citogenetiche (84, 129). Esiste infatti la possibilità, rara, di inserzioni criptiche di piccoli frammenti cromosomici non evidenziabili dalla citogenetica. Qual è la combinazione minima di marcatori citogenetico-molecolari con il maggior significato prognostico? Numerosi studi, retrospettivi e prospettici hanno cercato di rispondere a questa domanda. Nello studio italiano (83) sono stati caratterizzati 443 pazienti con meno di 60 anni di età che hanno ricevuto un trattamento uniforme, secondo il protocollo GIMEMA LMA99P (pretrattamento con idrossiurea, induzione con Ara-C, daunorubicina, etoposide; consolidamento con Ara-C e daunorubicina; trapianto allogenico e autologo in rapporto alla disponibilità di un donatore). Correlavano significativamente con il raggiungimento di una RC il cariotipo (percentuale di RC del 92%, 67% e 39% nei tre gruppi prognostici citogenetici, p=0.0001) e le mutazioni di NPM1 (percentuale di RC del 76% e del 60% nella popolazione globale per i pazienti NPM1+ e NPM1-; RC 81% e 61% nei pazienti con CN). L analisi multivariata ha indicato che il cariotipo a basso rischio e la presenza di mutazioni NPM1 erano fattori che indipendentemente correlavano con la probabilità di ottenere una RC. Le percentuali di DFS erano influenzate dal gruppo cariotipico e dalla presenza o meno di mutazioni FLT3-ITD (26% e 61% nei pazienti con o senza mutazioni FLT3-ITD) ma non dallo stato mutazionale di NPM1. L analisi multivariata per quanto concerne DFS ha evidenziato il notevole impatto prognostico delle mutazioni FLT3-ITD (p<0.001), del gruppo prognostico cariotipico e del numero di globuli bianchi alla diagnosi IL gruppo tedesco ha valutato l incidenza e l impatto prognostico di 5 geni (NPM1, FLT3, CEB- PA, MLL e RAS) in 872 adulti con <60 anni e CN arruolati in 4 trials prospettici (85). Tutti i trials prevedevano doppia terapia di induzione con idarubicina, Ara-C ed etoposide, un ciclo di consolidamento basato su HDAC ed un secondo consolidamento che prevedeva trapianto allogenico in presenza di donatore HLA matched o, a random, chemioterapia o trapianto autologo in assenza di donatore HLA identico. Mutazioni di NPM1 sono state osservate nel 31% dei pazienti, di FLT-ITD nel 31%, di FLT3-TKD nell 11%, di CEBPA nel 13%, MLL partial tandem duplications nel 7% e mutazioni di NRAS nel 13%. Per quanto concerne l ottenimento della RC, l analisi multivariata ha evidenziato che la presenza di mutazione di CEBPA, il fenotipo NPM1 mutato in assenza di FLT3 ITD e l età più giovane rappresentavano fattori favorevoli. I pazienti NPM1 mutati senza FLT3-ITD e quelli con mutazioni a

18 Profilo genetico 17 carico di CEBPA presentavano un RFS a 4 anni statisticamente superiore rispetto ai pazienti con altri genotipi (55% e 50% rispettivamente vs 16%; p<0.001). Simili significative differenze sono state riscontrate per quanto riguarda l OS. Santamaria et al. (49) in 120 LMA denovo con CN hanno studiato il significato prognostico delle espressione di WT1 e delle mutazioni di FLT3 e di NPM1 e di 9 altri markers molecolari (ERG, EVI1, MLL-PTD, MN1, PRAME, RHAMM). Il livello di espressione di WT1 non è risultato significativo né per RFS né per OS, mentre è stato confermato per RFS (ma non per OS) il significato protettivo del fenotipo NPT mutato /FLT3 neg, anche in multivariata. In analisi multivariata è risultato molto elevato il significato prognostico di ERG, EVI1 e PRAME. Assegnando un punteggio di 0 ai parametri molecolari favorevoli (bassa espressione di ERG ed EVI1 ed elevata espressione di PRAME) e di 1 ai parametri molecolari sfavorevoli (inverso dei precedenti) gli autori hanno pertanto elaborato uno score prognostico in grado di stratificare i pazienti in 4 gruppi prognostici per OS e RFS. Il sistema prognostico è stato in grado di stratificare per OS e RFS anche gli 83 pazienti appartenenti al gruppo molecolare a rischio intermedioalto sulla base di NPM1 ed FLT3 (FLT3wt/NPMwt; FLT3-ITD/NPM1 mut; FLT3-ITD/NPMwt). In questa sottoanalisi le OS a 2 anni erano 100%, 64%, 39% e 27% per i pazienti con score di 0,1,2 e 3, rispettivamente. La tabella 3 riassume l impatto prognostico dei vari marcatori molecolari precedentemente analizzati. In che modo i marcatori citogenetico-molecolari influenzano la terapia di induzione? Nell ambito delle LMA l unica terapia di induzione diversa, basata sull associazione di antraciclina (in genere idarubicina) e acido transretinoico (o sull associazione di ATRA e triossido di arsenico) viene riservata ai pazienti affetti da LMA-M3 e riarrangiamento PML-RARalfa. È noto che le rare forme di LMA M3 con t(11;17) e riarrangiamento PLZF-RARalfa non sono responsive ad ATRA (130). A parte il caso della LMA-M3 un recente contributo di Schlenk et al, derivante da una analisi retrospettiva dei pazienti con più di 60 anni arruolati nel trial AMLHD98D del gruppo austro-tedesco AMLSG, sembra indicare che sono i pazienti con fenotipo NPMmut/FLT3 wt quelli che beneficiano dell aggiunta di acido transreti- Tipo di alterazione Frequenza CRrate Impatto su DFS/EFS OS Alter. espressione genica >WT % neg neg neg >ERG 5-10% neg neg neg >EVI1* 6-7% neg neg neg >EVI1/ME - ** 3% neg neg neg >BAALC* 50% neg neg neg >MN % neg neg neg Mutazioni geniche NPM1 60% CN pos pos pos FLT3ITD 30%? neg neg FLT3-TKD 15-18%??? NPM1mut/FLT3ITDneg 12-15%CN pos pos pos MLL-PTD 10-12% neg neg? CEBPA 10% pos pos pos CEBPAmut/FLT3ITDneg 5-6% pos pos pos RAS 9-14%??? WT1 12%??? RUNX1 3-4% CN neg/? neg? *Associate a cariotipo sfavorevole e fenotipo immaturo; **associate ad alterazioni di 3q26; associate a cariotipo normale CN = cariotipo normale. TABELLA 3 - Significato prognostico delle principali alterazioni geniche.

19 18 Seminari di Ematologia Oncologica noico alla terapia intensiva di induzione e al consolidamento (131). La probabile efficacia di ATRA in questo sottogruppo di pazienti potrebbe dipendere dal fatto che NPM1 mut si comporta come un repressore della differenziazione cellulare indotta dall acido retinoico, per cui aumentando le dosi disponibili nell organismo si riesce a vincere questo blocco. Uno studio prospettico del gruppo austro-tedesco, attualmente in corso, è stato disegnato per confermare le osservazioni riportate nei pazienti con età <60 anni. In che modo i marcatori citogenetica-molecolari influenzano la terapia post-remissionale e come si combinano con i fattori prognostici clinico-ematologici? Dopo l ottenimento di una RC l obbiettivo successivo è l eradicazione della malattia residua minima, che può essere classicamente perseguito con chemioterapia, trapianto autologo e trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche. I vantaggi dell opzione trapiantologica allogenica, legati all effetto immunologico graft-versus-leukemia con conseguente riduzione del rischio di ricaduta, sono controbilanciati dal significativo rischio di mortalità e di mortalità legato alle complicanze del trapianto (graft-versus-host disease ed infezioni) (132). Per queste ragioni, già da molti anni il trapianto allogenico non viene effettuato in prima remissione nei pazienti con un pattern citogenetico favorevole e cioè nei pazienti con t(8;21) o inv(16)/t (16;16) (132, 133). Nell ambito dei pazienti con CN sono stati individuati due fenotipi relativamente favorevoli per elevata propensione a ottenere una RC e basso rischio di ricaduta. Il primo fenotipo, che rappresenta circa il 16% di tutte le LMA nei pazienti <60 anni, è stato individuato grazie al lavoro del gruppo austro-tedesco. Nella già citata esperienza prospettica del gruppo tedesco (85) durante la terapia postremissionale un trapianto allogenico è stato effettuato in 150 pazienti (82% di quelli con donatore HLA identico). Dei 481 pazienti senza donatore 147 hanno effettuato chemioterapia e 334 sono stati trattati a random con trapianto autologo o chemioterapia. Non sono state osservate differenze in Sopravvivenza Libera da Ricaduta (RFS) e OS fra i pazienti trattati con chemioterapia o con trapianto autologo, sia in intention to treat sia sulla base del trattamento effettivamente ricevuto. Per le analisi successive sono stati quindi individuati due gruppi uniformi: il gruppo dei pazienti con donatore e quello senza donatore. Il relapse free survival dei pazienti con donatore HLA identico (donor group) risultò superiore a quello del gruppo di pazienti senza donatore (no donor group) (p 0.009), senza però significative ricadute sulla sopravvivenza. La mortalità correlata a trapianto (TRM) dei pazienti sottoposti a trapianto allogenico è risultata essere del 20%. Al fine di comprendere per quale sottogruppo molecolare di pazienti fosse utile effettuare un trapianto allogenico sono stati analizzati separatamente i pazienti NPM1 mutati e FLT3ITD neg (n. 130) e quelli caratterizzati da altri genotipi, con esclusione di CEB- PA (170 pazienti). Nei pazienti con fenotipo NPM1 mutato e FLT3 ITD neg il gruppo con donatore presentava una curva esattamente sovrapponibile a quella dei pazienti senza donatore (RFS 53% circa per donor e no donor). Viceversa nel gruppo con fenotipo molecolare meno favorevole la presenza di un donatore conferiva un vantaggio significativo (RFS 32% e 10% nei gruppi donor e no donor, rispettivamente; p=0.003). Il secondo fenotipo favorevole, per cui non sembra indicato effettuare un trapianto allogenico in prima RC, è definito dalla presenza di mutazioni del gene CEBPA, in assenza di altre mutazioni sfavorevoli. Si osserva in circa l 8% delle LMA e nello studio del gruppo austro-tedesco il limitato numero di casi non ha permesso un analisi simile a quella che è stata effettuata per il fenotipo precedente. Per tutti questi sottogruppi di pazienti la terapia post-remissionale deve basarsi su HDAC ed il trapianto allogenico dovrebbe essere riservato a pazienti in seconda RC. Al contrario altri marcatori citogenetico-molecolari o altre combinazioni sembrano indicare l assoluta necessità di effettuare un trapianto allogenico appena raggiunta la prima RC. Esempi di questi marcatori sono: le alterazioni citogenetiche sfavorevoli, elevata espressione di BAALC, FLT3-ITD, NPMwt/FLT3-ITD.

20 Profilo genetico 19 Vi è assoluta necessità di programmare studi prospettici con la finalità di valutare nei singoli sottogruppi citogenetico-molecolari l effettiva utilità del trapianto allogenico. Inoltre la grande varietà di tipologie trapiantologiche, differenti fra loro per l intensità del condizionamento e la fonte di cellule staminali (donatori familiari HLA identici, MUD, donatori aploidentici, cordone ombelicale), richiederà verosimilmente una grande mole di ricerca per individuare il tipo di trapianto più adatto per ogni sottotipo citogenetico-molecolare (5). Negli algoritmi decisionali per definire l indicazione al trapianto allogenico trovano sempre più spazio alcuni marcatori molecolari (84; 129), soprattutto nei pazienti con CN. La figura 1 rappresenta un tentativo provvisorio di algoritmo decisionale terapeutico sulla base della valenza prognostica dei citati marcatori citogenetici e molecolari. Negli ultimi anni l attenzione della ricerca si è focalizzata sull individuazione di marcatori citogenetici e molecolari ma non bisogna però dimentica- Cariotipo favorevole Cariotipo sfavorevole Iter terapeutico specifico per la LAP t(15;17) t(8;21), inv(16), t(16)(16) consolidamento con HDAC Induzione standard Consolidamento trapianto allogenico in II RC Trapianto allogenico Cariotipo intermedio FLT3-ITD pos FLT3-ITD neg CEBPA mutato NPM1 non mut NPM1 mut BAALC > o EVI 1 > o MN1 > BAALC < e EVI 1 < e MN1 < ERG > ERG < MLL PTD pos MLL PTD neg Trapianto allogenico in Prima RC HDAC ASCT FIGURA 1 - Algoritmo decisionale terapeutico sulla base del profilo citogenetico-molecolare.

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