Osservazioni personali e tematiche Prof. Dr. Catello MARRA Governor General - I.O.D.R. SUI PROBLEMI DEL TERZO MONDO E DEL SOTTOSVILLUPPO

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1 MALTA Osservazioni personali e tematiche Prof. Dr. Catello MARRA Governor General - I.O.D.R. SUI PROBLEMI DEL TERZO MONDO E DEL SOTTOSVILLUPPO Il sottosviluppo: la spirale dell arretratezza economica e civile. Anche se le teorie e le dottrine economiche non hanno fornito indicazioni univoche e indiscusse per definire compiutamente il fenomeno e le condizioni distintive del sottosviluppo, come elementi costitutivi e aspetti caratteristici di un economia e di una civiltà sottosviluppata possono essere assunti, in linea generale, sia il basso reddito individuale che la scarsa produttività del lavoro nonché l arretratezza degli strumenti tecnici disponibili per la produzione. Oltre, naturalmente, l inadeguato livello culturale medio, le ridotte capacita impreditoriali, l inesistenza o l insufficienza di moderne strutture civili e sociali. Il sottosviluppo può, dunque, essere definito come una condizione economica e civile, insieme, arretrata sul piano della produzione economica e dello sviluppo culturale in misura cosi grave ed estesa che i fattori che la determinano risultano inestricabilmente condizionati e dipendenti l uno dall altro, con la conseguenza di un immobilità paralizzante di tutte le già gracili e inadeguate strutture della società sottosviluppata. Il dato di fatto più rilevante e significativo del sottosviluppo e indubbiamente costituito da un reddito pro capite che assicura, se e quando l assicura, ad una parte almeno della popolazione, la pura e semplice sopravvivenza fisica; questa diffusa, generalizzata condizione di povertà e di miseria, e l elemento fondamentale di una comunità sottosviluppata che ostacola gravemente o in misura determinante qualunque possibilità di progresso culturale e civile, oltre che economico, dei popoli arretrati. La scarsità o la mancanza totale di mezzi, infatti, non consente in nessun modo la formazione di una domanda di beni e di servizi che stimoli e alimenti la produzione, che resta in tal modo ancorata ai livelli minimi di sussistenza della popolazione. In tale situazione, ovviamente, non solo non nascono desideri e stimoli per un elevazione culturale degli individui e delle collettività, ma mancano e non é possibile creare neppure le istituzioni e le strutture adatte per promuovere un generale sviluppo civile. In tal modo l economia continua necessariamente ad

2 essere esclusivamente agricola e comunque insufficiente ai bisogni, a causa dell arretratezza tradizionale degli strumenti tecnici di cui può disporre e dei sistemi di conduzione che può utilizzare. Per un paese sottosviluppato, pertanto, il problema di fondo consiste nella necessità di elevare il reddito pro capite, in maniera che la maggiore disponibilità individuale di risorse, determini attraverso maggiori e più costanti consumi, la formazione di un mercato in grado di stimolare e sorreggere una produzione più vasta, e quindi la costruzione di un apparato produttivo che assicuri occupazione, lavoro, salari, e cioè nuove possibilità economiche a tutta la collettività. Tale problema, tuttavia, appare più facile da definire a livello teorico che da risolvere nell ambito concreto della realtà. Le economie sottosviluppate, infatti, sono caratterizzate e condizionate anche e soprattutto da mezzi tecnici estremamente primitivi e conseguentemente, da una bassa produttività del lavoro, aggravata ulteriormente dall inconsistente capacità professionale della manodopera e dalla pressoché totale mancanza di esperti qualificati. E appunto questo groviglio di problemi e di condizionamenti reciproci che determina la paralisi economica e civile dei paesi sottosviluppati, e crea il cosiddetto circolo chiuso della povertà e della miseria, dell arretratezza tecnica ed economica, culturale e civile: in una parola, del sottosviluppo. Per superare tale situazione di arretratezza tecnica, occorrerebbero molti capitali da investire nella costruzione e nell organizzazione di un moderno apparato industriale e nella rapida ed efficace qualificazione del personale addetto: ma l accumulazione di capitale richiede, tuttavia, una produzione complessiva che soddisfi i bisogni e consenta l esportazione di una quota adeguata dei beni prodotti. In altri termini, il capitale necessario allo sviluppo dovrebbe essere fornito dalla stessa produzione: ma poiché nei paesi sottosviluppati la capacita produttiva ed estremamente bassa, il processo di accumulazione capitalistica non si verifica affatto o si realizza in misura del tutto inadeguata e insufficiente condizionando o bloccando completamente le possibilità di progresso generale della società. Si tratta appunto di un circolo chiuso: il necessario aumento del reddito pro capite esige che ci sia una crescita del livello di produttività, la quale, però, dipende strettamente dalla formazione di capitale, che non e possibile senza un aumento della produzione rispetto ai bisogni, aumento reso praticamente impossibile dal basso reddito pro capite. E si ritorna in tal modo al punto di partenza, in una spirale di condizionamenti reciproci dei vari fattori del sottosviluppo, che é fatalmente destinato a restare stazionario, senza possibilità concrete né prospettive valide di soluzione. Nemmeno l industrializzazione appare, infatti, uno strumento idoneo per lo sviluppo dei paesi arretrati, in quanto la produzione industriale non solo non avrebbe un mercato interno adeguato e necessario alle sue esigenze, ma non potrebbe neppure contrastare e aver ragione della concorrenza internazionale dei pesi più avanzati tecnologicamente. Senza contare che gli enormi capitali indispensabili per avviare un

3 processo di sviluppo industriale di una economia sottosviluppata dovrebbero essere assicurati o direttamente dallo Stato, qualora ne disponga, o da potentati economici privati di altri paesi, o da stati esteri. Ma non sempre l intervento dello Stato e possibile, o voluto dai ceti dominanti in un paese, e la presenza di capitale straniero, pubblico o privato, sottomette inevitabilmente la libertà e le scelte del paese che ne beneficia agli interessi delle grandi concentrazione internazionali o delle potenze mondiali, che evidentemente investono somme ragguardevoli per il loro profitto, non certamente per spirito filantropico e umanitario. In altri termini, il sottosviluppo sembra destinato ad accentuarsi e ad aggravarsi, anche se le condizioni più esasperate che esso presenta saranno a mano a mano attenuate dall intervento degli stati più forti, interessati a non creare nuovi motivi di conflitto e di esplosioni di violenza in una situazione internazionale già di per se tesa e difficile. Il problema, tuttavia, non é soltanto politico, ma anche e soprattutto morale. Se si dovesse tener conto, infatti, soltanto degli attuali rapporti di forza e delle presenti condizioni di sviluppo e di sottosviluppo dei vari stati della terra, il problema del sottosviluppo di vaste aree del mondo avrebbe ben poche possibilità di essere risolto, nell attuale contesto internazionale, C è comunque un processo constante di crescita morale della coscienza di tutti i popoli evoluti, che risulta una condizione di fondo per una diversa analisi e per una considerazione nuova del problema dell arretratezza in cui ancora ristagna la maggior parte dell umanità. A tale coscienza è evidentemente intollerabile l attuale netta differenziazione e contrapposizione di condizione effettive e di possibilità future dei diversi popoli: che alcuni paesi debbano godere non solo di quanto e indispensabile, ma anche di ciò che é superfluo, mentre intere popolazioni, due terzi dell'umanità soffrono la fame o sono condannati fatalmente ad una sopravvivenza puramente fisica, risulta una contraddizione che ripugna all ansia di giustizia, di solidarietà, di fraternità che é uno dei non molti elementi positivi della civiltà contemporanea. A tal fine posso riconoscere che il sottosviluppo é una condizione di arretratezza economica, civile, culturale, tecnologica che potrebbe essere superata soltanto con un intervento sistematico delle grandi potenze e favore dei popoli condannati ad un destino di miseria economica e di ristagno civile; un drammatico problema che interessa e coinvolge interi paesi e la maggior parte dell umanità contemporanea. Popoli sviluppati e sottosviluppati: condizioni e bisogni diversi. Nonostante il vertiginoso progresso realizzato su scala mondiale sopratutto nel settore tecnico-scientifico ed economico-industriale, ancora oggi per due terzi del genere umano la vita resta essenzialmente ed esclusivamente una lotta quotidiana per il cibo indispensabile alla sopravvivenza. Nei paesi tuttora immobilizzati in una condizione di sottosviluppo, l esistenza non si configura come desiderio e impegno di elevazione culturale e civile di progresso umano, d innalzamento del livello economico individuale e collettivo, ma come elementare,

4 drammatico problema di sopravvivenza fisica. Nelle società industrializzate ed economicamente evolute riesce ormai difficile, se non del tutto impossibile, rendersi conto di cosa significhi anche un semplice tozzo di pane: desiderare un pugno di riso, una scodella di minestra, o morire, addirittura, per l assoluta impossibilita di avere un alimentazione quotidiana minima, risulta infatti, totalmente al di fuori degli schemi mentali e delle concrete abitudini e disponibilità economiche dei popoli progrediti. Soltanto in rari momenti, in occasione di eventi tragici, come alluvioni, terremoti, cataclismi, e cosi via, la condizione tragica dei paesi sottosviluppati s impone, anche se per breve tempo, all attenzione dell opinione pubblica mondiale, suscitando sdegno, sgomento, paura, e promuovendo forme di solidarietà internazionale che tuttavia si esauriscono nel giro di qualche giorno. La differenza fondamentale che separa, come un abisso, i modi concreti di esistenza dei popoli sottosviluppati e di quelli evoluti, consiste infatti, nella diversa dimensione dei bisogni e delle possibilità di soddisfarli, per gli uni e per gli altri. Mentre nei paesi economicamente avanzati i bisogni essenziali sono più o meno soddisfatti per la totalità della popolazione, o almeno per la maggior parte di essa, nelle società arretrate le esigenze primarie, del cibo innanzi tutto, permangono un problema non risolto per larghi strati sociali, i più deboli, naturalmente, totalmente poveri e privi di ogni risorsa. Nei paesi ricchi, pertanto, i bisogni sono rappresentati da tutto ciò che non si ha o che si desidera avere, ma che comunque possono essere soddisfatti, in linea generale, con i prodotti che il sistema economico rende costantemente disponibili: nelle società industriali, in altri termini, i bisogni sono artificiali, non naturali, riguardano un benessere sempre più alto, un tenore di vita sempre più adeguato ai modelli che l apparato produttivo stesso e le necessità dell economia propongono ed impongono, per cui appare come una privazione non tanto il non poter disporre di quello che é essenziale e fondamentale, quanto piuttosto il non avere tutti i beni che sono propagandati e fatti apparire indispensabili per uno stato sociale, una condizione individuale e collettiva a mano a mano più alta e ricca. L arretratezza dei popoli sottosviluppati, al contrario, consiste nell assoluta o drammatica mancanza dell indispensabile per vivere: in tale contesto i bisogni non sono affatto artificiali, ma reali, primari, essenziali, investendo cioè, la possibilità stessa di sopravvivere. La ricchezza mondiale risulta in tal modo inegualmente distribuita tra i vari paesi ed i vari popoli: mentre alcuni, infatti, consumano ingenti quantità di beni e creano e soddisfano bisogni non naturali, sempre nuovi, altri sono privi di gran parte o addirittura di tutti i beni necessari. Questa diversa condizione economica comporta inevitabilmente differenze abissali anche ad atri livelli, vale a dire nel campo del progresso civile, culturale, scientifico, tecnico: i paesi ad economia arretrata o debole, infatti, sono anche quelli meno evoluti, o del tutto immobili, nell ambito culturale e scientifico, civile, in genere. D altra parte le distanze che dividono i due mondi, quello sviluppato e quello sottosviluppato, sono

5 inevitabilmente destinate ad accentuarsi, per le possibilità diverse e contrapposte che essi hanno di far progredire le rispettive economie, culture, civiltà. Il rischio concreto dell attuale situazione é che le differenze già rilevanti continuino a crescere in tale misura da provocare una contrapposizione violenta tra stati evoluti e paesi arretrati, con gravi pericoli per la pace mondiale. In conclusione posso affermare che ancora oggi, mentre una parte dell umanità ha tutto quanto e necessario e spesso anche superfluo per una dignitosa e civile esistenza, intere popolazioni affrontano ogni giorno il drammatico problema del cibo e sono non di rado falcidiate dall assoluta mancanza del minimo indispensabile per sopravvivere. Il neocolonialismo Con il termine neocolonialismo si vuole indicare, in linea generale, la continuazione in forme nuove, diverse e aggiornate dell antica dominazione coloniale imposta dai paesi occidentali economicamente avanzati e militarmente forti, a molti popoli dell Africa, dell Asia, dell America Latina. Il vecchio colonialismo consisteva prevalentemente nel dominio politico e militare e nello sfruttamento economico esercitato direttamente dalle maggiori potenze sui paesi e sulle popolazioni d altri continenti: costretti a rinunciare al dominio diretto dai movimenti d indipendenza nazionale sorti ed affermatisi nei vari paesi coloniali intorno alla metà di questo secolo, gli stati colonialisti occidentali hanno tentato e in molti casi sono riusciti a conservare un vasto controllo sui paesi in via di sviluppo, continuando a sfruttarne le risorse umane e naturali, pur nel rispetto dell indipendenza formale raggiunta dai vari stati ex-coloniali. I modi e gli strumenti del neocolonialismo moderno risultano estremamente variati e perfezionati, e costantemente adeguati alle differenti situazione locali e nazionali alle quali vengono applicati. Lo sfruttamento delle materie prime di cui molti paesi sottosviluppati sono particolarmente ricchi, costituisce una forma abbastanza diffusa di neocolonialismo: le nazioni industrializzate hanno, infatti, rilevante necessità di tutte le materie indispensabili sia al loro fabbisogno normale sia alle esigenze dell apparato industriale, che normalmente é organizzato per la produzione dei beni finiti, e quindi per la trasformazione delle materie di base. L assoluto bisogno delle materie prime ha perciò determinato, nei paesi industrializzati, una politica nei confronti degli stati già coloniali ispirata ad un rigido ed esteso controllo, che spesso e stato realizzato anche con improvvisi mutamenti di regimi e di classi dirigenti, per assicurarsi, appunto l approvvigionamento costante di quanto serve al sistema industriale e produttivo delle società evolute. E questa, tuttavia, una forma di neocolonialismo che più direttamente si collega all antico sistema di dominazione e di sfruttamento coloniale: in realtà i grandi potentati economici hanno elaborato metodi di controllo indiretto degli stati in via di sviluppo che consentono loro di perseguire e realizzare gli obiettivi economici con mezzi più sottili e

6 raffinati. Uno di tali metodi consiste nel favorire lo sviluppo industriale degli stati di recente indipendenza fornendo loro conoscenze scientifiche e strumenti tecnologici moderni, e indirizzandone quindi l attività economica prevalentemente alla produzione di beni che possono essere acquistati a minor prezzo nel paese produttore e rivenduti con larghi margini di profitto nelle diverse parti del mondo. In tal modo il paese coloniale che per il suo sviluppo accetta, o é costretto ad accettare finanziamenti e tecnologia, viene non solo assorbito nella sfera economica e politica dello stato che lo aiuta, ma gravemente condizionato in ogni momento, in ogni fase e in ogni direzione del suo sviluppo: basta infatti, fermare l afflusso di prestiti finanziare o le concessioni di materiale industriale e tecnologico per provocarne la crisi e il tracollo generale. Senza contare che spesso la tecnologia fornita ai paesi in via di sviluppo é gia vecchia e superata nel sistema industriale dello stato più forte ed avanzato che la concede, e che perciò realizza utili ingenti non soltanto con l acquisto a prezzi ridotti dei beni che gli servono, ma anche con la vendita di materiale che altrimenti sarebbe inutilizzabile nel proprio sistema produttivo. Negli ultimi tempi, inoltre, ha preso piede una forma diversa e più insidiosa di colonialismo. Il progresso scientifico, infatti, con il costante perfezionamento dei sistemi di produzione, ha portato all utilizzazione di sostanze particolarmente nocive o pericolose, impiegate soprattutto nel sottore chimico. I rischi connessi alla lavorazione delle varie materie e la tossicità delle sostanze usate e prodotte ha determinato lo spostamento delle industrie chimiche che presentano maggiori pericoli, dai paesi progrediti a quelli arretrati o in via di sviluppo: in altri termini, la divisione internazionale del lavoro, che e uno dei cardini fondamentali del neocolonialismo, ha finito per assegnare alle società più deboli la produzione che comporta maggiori rischi, sia per la salute dei lavoratori che per l equilibrio dell ambiente naturale. Come dimostrano alcuni episodi clamorosi verificatisi anche nel nostro paese, gli stati più forti, non potendo e non volendo rinunciare a certi sviluppi particolari della scienza e della tecnica, soprattutto in relazione alle esigenze dell industria di guerra, conducono esperimenti di lavorazione, produzione e messa a punto di determinate sostanze, chimiche in particolar modo, nelle zone del mondo sottoposte al loro controllo indiretto. Risulta chiaro che la politica generale del neocolonialismo non potrebbe incontrare successo se suoi complici e fiancheggiatori non diventassero gli stessi dirigenti e responsabili politici dei paesi del terzo mondo. In molti stati, infatti, gli interessi delle grandi potenze hanno imposto al potere, con ogni mezzo, non esclusi i colpi di stato, le sommosse, le rivoluzioni, una classe dirigente supinamente pronta ad eseguire gli ordini degli antichi e nuovi padroni, in cambio non soltanto dell appoggio politico, ma anche di consistenti contropartite economiche. In tutti i paesi sottoposti a forme più o meno larvate di neocolonialismo, infatti, esiste una netta contrapposizione tra ristrette cricche di avventurieri politici o limitati gruppi dirigenti da una parte, mentre dall altra, la stragrande maggioranza

7 della popolazione, che non gode in nessun modo, o in misura del tutto inadeguata, degli aiuti di varia natura che giungono dall estero, e che finiscono nelle mani di pochi, corrotti uomini politici. Esercitare uno stretto controllo sulle economie e sulle società dei paesi coloniali attraverso la corruzione e l alleanza dei ceti dominanti e di loro esponenti politici risulta forse la più raffinata e proficua forma di neocolonialismo. Banche, società di importazione e di esportazione, compagnie di navigazione, imprese di lavori pubblici appartenenti alle grandi potenze, svolgono in tal modo una funzione dominante all interno degli stati neocoloniali, che non si limita al campo economico, ma si estendi necessariamente anche a quello politico e civile. Anche se in forme diverse e con obiettivi differenziati, il neocolonialismo risulta praticato egualmente da tutti gli stati più forti economicamente e più avanzati tecnologicamente, sia nel campo cosiddetto occidentale e capitalistico, sia in quello comunista. La situazione internazionale, infatti, mette l uno contro l altro i grandi blocchi economici e politici, oltre che militare e ideologici, e spinge ad una lotta serrata per l inserimento di nuovi paesi nella rispettiva zona di influenza e di dominio: una condizione generale, questa, che rende più aspra la contrapposizione, introduce nuovi elementi di instabilità e di turbamento negli equilibri internazionali, crea attriti pericolosi per la pace mondiale, da una parte, e dall altra, non consente che il controllo sugli stati più deboli e arretrati da parte delle grandi potenze sia incrinato o minacciato. In conclusione si può affermare che, a differenza della dominazione coloniale di vecchio tipo, il neocolonialismo dei moderni stati industriali a danno dei paesi in via di sviluppo fa ricorso a forme diverse di controllo e di dominio indiretto di vaste zone del mondo e di intere popolazioni. Consiste nel dominio economico, nella dipendenza politica, nella soggezione finanziaria, tecnologica, scientifica imposta dalle grandi potenze mondiali alle società arretrate del Terzo Mondo e agli stati economicamente e militarmente più deboli inseriti nella sfera di influenza politica. La fame nel mondo Una delle contraddizioni più drammatiche del nostro tempo consiste nel progresso scientifico, tecnico, economico e culturale di alcuni paesi e di milioni di uomini da una parte, e nel perdurare delle antiche condizioni di arretratezza culturale, scientifica e sopratutto economica e civile di altre, più numerose nazioni, e di centinaia di milioni di uomini, dall altra. In un secolo di spettacolari realizzazioni e conquiste in ogni campo, due terzi dell umanità hanno bisogno di tutto, e soffrono ancora la miseria o addirittura la fame. E la fame di intere popolazioni é la più grave e disumana tragedia del nostro tempo. Una tragedia che non si elimina certamente con la generosità individuale e collettiva nei momenti di più disperato e urgente bisogno, ma contribuendo sia allo sviluppo tecnico ed economico dei popoli sottosviluppati, sia ad un mutamento profondo e radicale della loro organizzazione politica,

8 della loro struttura sociale. L assistenza caritatevole, infatti, serve soltanto ad alleviare occasionalmente la miseria estrema degli affamati, ma non risolve in alcun modo il problema della loro tragica indigenza. Per eliminare la fame nel mondo occorre promuovere un adeguato sviluppo delle risorse umane e delle capacità produttive dei paesi sottosviluppati. La scienza e la tecnica, infatti, possono consentire, oggi, di utilizzare tutte le possibilità che un paese ha di tentare uno sviluppo adeguato delle sue strutture economiche e civili. Per conseguire tale fine, tuttavia, e necessario che i paesi progrediti offrono la loro tecnologia alle nazioni arretrate o in via di sviluppo. Solo cosi i popoli poveri che soffrono la fame potranno far fronte alle loro esigenze e diventare autosufficienti nel campo della produzione dei beni fondamentali e indispensabili. L aiuto economico e tecnico-scientifico non deve comportare, comunque, la dipendenza dei paesi sottosviluppati da quelli ricchi: l aiuto, in altri termini, non deve mutarsi in una forma di controllo politico ed economico, che porrebbe fine alla liberta nazionale delle popolazioni bisognose, sottoposte al ricatto e alla minaccia dell interruzione del loro sviluppo. Anche la cooperazione internazionale, tuttavia, per quanto continua e consistente, potrebbe non risolvere il problema della fame di milioni d esseri umani. In ogni paese, infatti, e in modo particolare in quelli sottosviluppati, esistono differenze notevoli tra le varie classi sociali: negli stati più poveri, anzi, ad una massa sterminata di uomini senza risorse né cultura, si contrappongono pochi privilegiati, che hanno ricchezza, educazione, potere politico e sociale. Il progresso di una nazione, dunque, non deve significare il consolidamento delle condizioni di benessere e delle posizioni di potere dei gruppi dominanti, ma un generale miglioramento delle classi diseredate, in modo particolare. L aiuto tecnico, scientifico, economico, dei paesi ricchi ed evoluti a quelli poveri e sottosviluppati deve perciò accompagnarsi ad un radicale mutamento delle strutture sociali e politiche degli stati arretrati: non ci si può fermare a superficiali riforme che attenuino la gravita dei problemi di fondo, ma bisogna realizzare un nuovo sistema di vita e nuovi valori nell organizzazione della società che si vuole diversa. Solo una trasformazione radicale delle strutture sociali dei paesi sottosviluppati può risolvere, infatti, pacificamente e definitivamente, non solo il problema angoscioso della fame, ma anche la tragedia dell arretratezza culturale, della degradazione civile di milioni e milioni d esseri umani, di creature come noi, in ogni parte del mondo. Per il momento, tuttavia, né gli aiuti internazionali ai popoli sottosviluppati sono offerti in misura adeguata, né incisivi programmi di riforme economiche e sociali vengono avviati o attuati nei paesi arretrati. E cosi la stragrande maggioranza dell attuale popolazione mondiale e sottonutrita o addirittura denutrita: il drammatico problema della fame nel mondo e reso più angoscioso dal costante incremento demografico che si registra annualmente, con il contributo rilevante proprio dei popoli che non hanno sufficienti risorse alimentari. In questo quadro si fa ogni giorno più pressante la necessità di accrescere la produzione dei generi alimentari

9 indispensabili, anche se appare notevolmente, difficile approntare in tempo opportuno gli strumenti adeguati per risolvere il problema della fame nel mondo. Per nutrire in misura soddisfacente quanti ne hanno e ne avranno bisogno, non appare sufficiente rendere coltivabili e produttive le zone della terra attualmente non sfruttate: anche ipotizzando un utilizzazione intensa dei deserti resi fertili, delle colline, delle steppe, e cosi via, non si riuscirebbe a far fronte alle crescenti esigenze alimentari dell umanità. Neppure l arricchimento del patrimonio bovino, ovino e suino, con razze selezionate, sembra poter costituire una risposta adeguata alla dolorosa, drammatica domanda di cibo di popolazioni intere. Le speranze di restituire a condizioni normali di dignitosa esistenza l ampia parte di umanità che soffre la fame, sembrano affidate ormai ai progressi della scienza e della tecnica che possano consentire l applicazione della chimica alla produzione artificiale di cibi sintetici. In realtà per eliminare la piaga della fame e della denutrizione é necessario non tanto accrescere il patrimonio di alimenti con un apprezzabile contenuto di carboidrati, come sono le granaglie in generale, quanto disporre di una quantità soddisfacente di cibi dotati di un alta concentrazione di proteine, quali la carne, le uova, i formaggi, il latte, il pesce. Il problema consiste dunque nella disponibilità di quantità sufficienti di proteine le quali, se non possono essere fornite dagli animali, devono essere prodotte artificialmente. E appunto su questa strada che sono messe la scienza e l industria, nel tentativo di definire i processi in base ai quali si possono estrarre proteine artificiali dal petrolio e dai suoi derivati. I vantaggi di una produzione industriale di proteine sarebbero enormi. L ampia disponibilità e il basso costo di cibi sintetici consentirebbero, infatti, di far fronte alle esigenze della popolazione mondiale senza contare che finalmente si potrebbero non solo sfamare ma nutrire in misura adeguata le masse di uomini che, soffrendo l indigenza e la miseria, la fame e la denutrizione, e le terribili conseguenze che ne derivano sul piano dello sviluppo materiale e civile, si ritrovano nell impossibilità di realizzare qualunque apprezzabile progresso. Per quanto gli studi per la produzione di concentrati proteici ad alto valore nutritivo siano già in fase avanzata, non sembra tuttavia vicino il tempo in cui finalmente anche questo brutale, umiliante male che da secoli affligge gran parte dell umanità, possa essere debellato definitivamente. In conclusione posso dichiarare che la fame è ancora una triste realtà del nostro tempo, pur cosi civile ed evoluto: mentre alcuni popoli hanno anche il superfluo, altri sono privi perfino del necessario, del minimo per sopravvivere. Tale drammatica contraddizione pone problemi non soltanto morali, ma anche economici e politici, a tutti gli uomini e a tutti gli stati ricchi e progrediti. Il mio intervento, il nostro intervento all interno dell INTERNATIONAL ORGANIZATION for DIPLOMATIC RELATIONS - CORRESPONDENTS DIPLOMATIQUES - MALTA, sarà quello di svolgere attività di cooperazione allo sviluppo in favore alle popolazioni, attraverso la solidarietà; un attività materiale e spirituale, che é

10 rivolta verso gli altri, per gli altri, nei confronti di persone che ne hanno bisogno, e verso situazioni nelle quali si esprime l aspetto negativo della condizione umana: solitudine, sofferenza malattie, ecc cercando di rendere meno crudele la natura umana magari in collaborazione con altre simili organizzazioni. Civiltà occidentale e paesi del Terzo Mondo Uno degli eventi certamente più importanti e significativi del nostro secolo é costituito dall emergere sul piano della storia, come protagonisti attivi, di paesi e popoli che per secoli erano stati tenuti in una condizione di passiva sottomissione agli stati colonialisti dell Occidente, e praticamente esclusi, pertanto, dallo sviluppo impetuoso che ha caratterizzato e trasformato profondamente la civiltà umana, sopratutto negli ultimi decenni. Per lungo tempo, i paesi soggetti alla dominazione coloniale dell Occidente avevano subito l evoluzione storica delle nazioni più forti, senza parteciparvi, senza ricavarne altro che oppressione e sfruttamento, repressine e miseria. In realtà, nei rapporti con gli altri paesi e gli altri popoli dell Africa, dell Asia, dell America Latina, la cultura e la società dell Occidente hanno sempre adottato la propria scala di valori e di principi, oltre che di interessi e di obiettivi economici e politici, per giudicare le condizioni umane, sociali, culturali, civili, in genere, delle zone del mondo sulle quali hanno esteso il loro dominio: su tale base di valutazione, era inevitabile che tutti gli altri popoli risultassero non solo diversi, ma arretrati e inferiori. E, di conseguenza, non solo da sfruttare economicamente, da dominare politicamente, ma anche da educare civilmente. L Occidente colonialista, infatti, ha sempre preteso di imporre il suo modello di società e di civiltà agli altri popoli, come il più alto che l umanità abbia raggiunto nel corso della sua storia secolare, se non addirittura l unico valido. Ne é derivata, inevitabilmente, una impossibilità pratica di comunicazione e di scambi reciproci, da una parte, e dall altra, un atteggiamento di rancorosa opposizione tra paesi dominanti e paesi dominati. La formazione progressiva di una coscienza nazionale, ed insieme, la maturazione graduale di una decisa volontà d indipendenza politica nei popoli oppressi dal colonialismo occidentale si sono di conseguenza realizzate con una forte carica emotiva e politica anti-occidentale. Questo elemento spiega il carattere violentemente nazionalistico di molti dei movimenti indipendentisti che alla metà di questo secolo hanno portato in vari paesi alla liberazione dell antico giogo coloniale. L occidente si é praticamente trovato impreparato ad affrontare la nuova situatine, non avendo mai rinunciato a considerare i popoli colonizzati, e quelli arretrati, in linea generale, nettamente inferiori, ancorati ad una civiltà di infimo rango, non in grado, comunque di competere con quella del mondo cosiddetto evoluto. Ancora oggi, d altra parte, permane immutato il vecchio vizio di considerare la civiltà occidentale, ed europea, in maniera particolare, come la più avanzata, e di non riuscire o non volere ammettere la validità dialtre forme d evoluzione umana i cui

11 valori non siamo soltanto quelli tecnici, scientifici, culturali, economici e politici tipici dell Occidente. La reazione delle società occidentali all affermazione nazionale dei paesi del cosiddetto Terzo Mondo si é espressa, ancora una volta, nel tentativo e nella caparbia volontà di imporre agli altri i propri modelli, la propria ideologia, i propri strumenti di valutazione e di organizzazione sociale, attraverso un influenza e un controllo sullo sviluppo faticoso dei paesi arretrati: conseguiti non più con il dominio politico diretto, ma con forme nuove di condizionamento economico, finanziario, scientifico, culturale. Questa nuova forma di dominazione é probabilmente quella che sta determinando le conseguenze più negative nei paesi in via di sviluppo. Il Terzo Mondo, infatti, stimolato sia da un desiderio pungente di rivalsa, sia da obbiettive necessità di sviluppo generale delle sue arcaiche strutture, sta progressivamente accettando e subendo i modelli e i fini, gli strumenti e i valori dell Occidente. In molte nazioni si assiste in tal modo alla sovrapposizione rapida e violenta di contenuti civili e di schemi sociali e produttivi di tipo occidentale ai moduli antichi del vivere, che in fondo erano rimasti quasi immutati durante tutto il tempo della dominazione coloniale di vecchio stampo. Da questa tendenza, anche se variata e contraddittoria nelle diverse situazioni locali, deriva non soltanto la graduale emarginazione ed eliminazione dei caratteri tipici delle civiltà nazionali, ma, ancora, di tutte le contraddizioni ed i limiti, i problemi ed i drammi che hanno accompagnato e contrassegnato l evoluzione della moderna civiltà occidentale, con un aggravamento generale di tutte le lacerazioni conseguenti nel tessuto sociale e ideologico, economico e politico dei vari paesi sottosviluppati. Il modello occidentale, infatti, che si e storicamente definito in relazione ad un tipo particolare di società e di civiltà, viene imposto a tappe forzate in una realtà profondamente diversa per strutture e caratteri storici spesso nettamente opposti. Nonostante decenni, secoli di oppressione e di sfruttamento, dunque, la maggior parte dei paesi del Terzo Mondo sta operando scelte politiche ed economiche che li riportano fatalmente nell orbita occidentale. E vero che non pochi popoli stanno faticosamente tentando una via autonoma al loro sviluppo, eliminando quando si presenta oggettivamente arretrato e negativo, ma conservando anche l originale fisionomia civile del loro paese: la tendenza generale, tuttavia, e rappresentata dall adozione, con pochi correttivi, del modello fondamentale della civiltà occidentale, sia per quanto riguarda lo sviluppo produttivo e industriale, sia, di conseguenza, per quanto si riferisce ai valori culturali, ideologici e morali. Il contatto con la civiltà dell occidente si é rivelato dunque sconvolgente: le tradizioni religiose, le visioni della vita e del mondo, i rapporti sociali, i modi della produzione, le strutture della società, gli aspetti stessi dell esistenza quotidiana ne sono stati permeati e trasformati, lungo una linea tortuosa e spesso dolorosa di mutamenti, di adattamenti, d imposizioni. Anche i miti dell occidente si diffondono, cosi, nel bene e nel

12 male, anche nel Terzo Mondo, distruggendone le forme di vita e le strutture di valori tradizionali, autonomi e originali. Ad una generalizzata realtà di astratta e teorica indipendenza nazionale, corrisponde in tal modo, in misura a mano a mano più rilevante, una sostanziale dipendenza economica e civile, culturale e politica, assicurata e tenuta in vita da una trama estesa, tenace, di vincoli e di suggerimenti, di condizionamenti e di ricatti di ogni tipo e natura. Certo non tutto della civiltà occidentale é da rifiutare, e dunque l influenza che essa esercita largamente, ormai, nei paesi del Terzo Mondo non é da rigettare o da condannare per il solo fatto di essere esercitata dai popoli che sono, in fondo, gli antichi padroni dei paesi coloniali: e tuttavia vero che un patrimonio immenso di civiltà non occidentale viene, ogni giorno di più, sacrificato e vanificato sull altare del tipico progresso di stampo occidentale, che se ha dato impulso alla storia del mondo, ne ha anche indirizzato l evoluzione verso obiettivi discutibili e talora inaccettabili. Ma la condizione generale dell umanità é forse tale da non lasciare molte scelte e quanti vogliano o tentino di sottrarsi all antico potere dei più forti e crudeli. L uomo nuovo che per un attimo ci si era illuso potesse nascere dal vergine terreno civile ed umano del Terzo Mondo, deve forse attendere altre occasioni e momenti storici per definirsi ed affermarsi. In conclusione posso affermare che dopo un primo momento di decisa opposizione e di orgogliosa affermazione della propria originale e autonoma fisionomia civile, i popoli del Terzo Mondo stanno lentamente ma inesorabilmente ricadendo sotto l influenza del modello di civiltà occidentale che li costringe, in un modo o in un altro, a rinunciare alla propria tradizione civile, politica, ideologica. Con la mia partecipazione all INTERNATIONAL ORGANIZATION for DIPLOMATIC RELATIONS - CORRESPONDENTS DIPLOMATIQUES mi impegnerò attivamente nell integrazione sociale dei cittadini aventi diritto di cittadinanza, dunque agevolare l integrazione sociale di popolazioni con usi e costumi diversi. Il Terzo Mondo: definizioni, aspetti e problemi Terzo Mondo é un espressione piuttosto generica e tutto sommato imprecisa, che si applica tuttavia in senso globale ad una realtà complessa e spesso contraddittoria la quale, pur nella varietà delle condizioni particolari che la caratterizzano, non é riconducibile né al modello di vita civile e di organizzazione sociale dei paesi occidentali, né agli schemi politici, economici e ideologici degli stati comunisti. In effetti, la dizione Terzo Mondo si riferisce a popoli e a stati dell Asia, dell America Latina e dell Africa che, pur non costituendo un insieme omogeneo dal punto di vista politico, economico, culturale, ideologico, presentano condizioni uguali o affini di arretratezza economico e civile, di debolezza o instabilità politica, di ristagno culturale, di conflitti sociali, di inadeguata e insufficiente organizzazione produttiva. Un groviglio di problemi, dunque, il cui diverso intreccio determina, nei vari paesi, situazioni

13 diverse, talora profondamente opposte, ma ugualmente lacerate e disperanti. Alcuni paesi del Terzo Mondo, infatti, sono appena usciti, attraverso una lotta nazionale di liberazione o mediante la concessione dell indipendenza, da una secolare sottomissione alla dominazione coloniale degli stati occidentali; mentre altri sono stati e continuano ad essere governati da una classe dirigente locale spesso corrotta e assertiva agli interessi delle potenze straniere, o ferocemente autoritari e illiberali; altri ancora, infine, sono retti da regimi democratici sul tipo occidentale o risultano addirittura organizzati nelle antiche forme tribali. L elemento più costante che si ritrova come distintivo delle nazioni del Terzo Mondo é costituito comunque dalle gravi lacerazioni interne, dalle tensioni sociali determinate dalle condizioni di estrema miseria della stragrande maggioranza della popolazione, provocata in parte dall arretratezza oggettiva delle strutture economiche, in parte dalla rapace politica di classe dei gruppi dirigenti, corrotti e spietati, o dall intenso sfruttamento cui spesso i paesi del Terzo Mondo sono sottoposti da potentati economici internazionali o anche da altri stati più forti ed evoluti. La complessità dei problemi é resa ancora più intricante e drammatica, infatti, dall influenza politica che viene esercitata dalle grandi potenze nei paesi arretrati, nei quali masse ingenti di capitali esteri assicurano privilegi e profitti enormi alle società multinazionali, di cui talvolta i responsabili della politica nazionale non sono altro che espressione e servili strumenti. La spietata lotta per il potere tra gruppi politici diversi e contrapposti é perciò un altro aspetto comune, in linea generale, a tutti i paesi del Terzo Mondo: una lotta che si intreccia e si complica ulteriormente con i movimenti popolari di riscatto, con le rivolte innescate da quanti si battano per una democrazia effettiva e per un indipendenza reale dei loro rispettivi paesi dal dominio economico o politico delle potenze estere. Un dato rilevante del tormento Terzo Mondo é costituito infatti dalla progressiva presa di coscienza politica di larghi strati sociali, impegnati spesso in una lotta sanguinosa non soltanto contro le cricche locali, espressione di ristretti gruppi egemoni, ma anche contro gli stati stranieri che tentano di perpetuare in forme diverse l antico dominio coloniale. Guerre civili, rivolte, insurrezioni, congiure di palazzo segnano di conseguenza il cammino doloroso dei popoli del Terzo Mondo verso un autentica liberazione della tutela e dello sfruttamento sia dei gruppi interni ancora legati ad una concezione politica tradizionale e autoritaria, sia delle grandi potenze occidentali che non si rassegnano a perdere e non vogliano in nessun modo rinunciare alle risorse naturali dei paesi sottosviluppati, sui quali da sempre esercitano uno stretto controllo. Tuttavia, anche in quegli stati nei quali attraverso lotte violente e lunghe, oltre che particolarmente sanguinose e tragiche, sì é conseguita un indipendenza non formale, una condizione di piena libertà dai condizionamenti esterni. La riacquistata autonomia politica dei problemi non facili sia per quanto riguarda lo sviluppo generale di ogni paese, sia per quanto si riferisce al modello di organizzazione sociale, economica, civile, da adottare in una realtà a lungo dominata

14 dall immobilismo politico, dallo sfruttamento economico, dalla sottomissione, in ogni caso, ad altri, diverso tipi di civiltà e di società. In effetti, gli stati della terra risultano organizzati e secondo il modello occidentale, ad economia capitalista e a regime democratico, in linea generale, o secondo il modello comunista, a struttura economica statalizzata e a direzione politica accentrata: con deviazioni in senso autoritario e spesso dittatoriale nell uno e nell altro campo. I popoli del Terzo Mondo, costretti dalle immense necessità che devono a mano a mano soddisfare, possono o devono scegliere, anche in vista degli aiuti finanziari, tecnologici, politici ed economici che si ripromettono di averne, l uno o l altro modello, l uno o l altro schieramento. É tuttavia evidente che, nell uno o nell altro caso, essi entrano fatalmente nell orbita delle potenze dominanti, e sono di conseguenza costretti a subirne l influenza in ogni settore della loro vita nazionale. A meno che essi non scelgano la strada di un organizzazione autonoma, modellata sulle esigenze, le tradizioni, i valori originali della società locale. Una strada difficile, quest ultima, che comporta sacrifici enormi e un ritmo di sviluppo certamente più lento, e che, di conseguenza, espone per altre via ed in alter forme al predominio straniero i popoli che la scelgono e siano decisi a seguirla. I problemi che i paesi del Terzo Mondo devono affrontare sono, infatti, enormi e, fuor di retorica, tragici: miseria, arretratezza culturale, oltre che civile, inesistenza di un adeguato e moderno sistema produttivo, fame, malattie, mancanze totale di conoscenze e di strumenti tecnici e scientifici. Problemi giganteschi, paralizzanti, disperanti, che tuttavia devono essere risolti. E per risolverli appare nella stragrande maggioranza dei casi del tutto indispensabile l intervento internazionale, l aiuto delle nazioni economicamente forti e tecnologicamente evolute. Un problema anche questo, tuttavia, in quanto gli aiuti internazionali presuppongono e sottolineano l inserimento dei paesi del Terzo Mondo in una delle sfere di dominio in cui appare oggi diviso e contrapposto il mondo intero. Sperare dunque che le grandi potenze mutino la loro linea di condotta e siano disposte a sacrificare anche una minima parte dei loro interessi e privilegi in favore dei paesi del Terzo Mondo, appare piuttosto astratto e del tutto inconcludente. Occorre, al contrario, che maturi una profonda ed estesa coscienza dei popoli più progrediti, in maniera che la pressione compatta delle forze democratiche costringa le grandi potenze a mutare atteggiamento. L occidente in particolare ha dei compiti ben definiti e delle responsabilità precise nei confronti del Terzo Mondo, rifiutando come non solo anacronistica, ma totalmente immorale ed antistorica, la vecchia presunzione di una superiorità della civiltà europea e degli stessi popoli europei rispetto ai paesi in via di sviluppo. I pregiudizi razziali non soltanto risultando intollerabili alla moderna coscienza civile e democratica, ma in ultima analisi mascherano e pretendono di legittimare precisi interessi economici, sopraffazioni e sfruttamento, che nessun popolo del Terzo Mondo é ormai più disposto a subire.

15 In conclusione affermo che il Terzo Mondo é un groviglio di situazioni e di problemi variamente intrecciati nei diversi paesi ai quali tale espressione si applica e si riferisce: condizioni economiche, civili, politiche, alle quali, attraverso la mia rigogliosa partecipazione come Governatore Generale nell International Organization for Diplomatic Relations voglio vivamente migliorare ed ottimizzare con impegni e solidarietà. Conclusioni Poco più di cinquanta anni fa, nel 1948, l Assemblea Generale delle Nazioni Uniti proclamava la Dichiarazione Universale dei Diritti dell Uomo, un documento basilare e di enorme importanza per la tutela della personalità umana di fronte ai regime politici delle diverse nazioni mondiali. Sono più di cinquanta anni, come dicevo, da quella storica data: un periodo di tempo estremamente lungo, se si tengono conto le trasformazioni ed il progresso dei paesi industrializzati; un attimo fuggente, se si considera da una parte l eterna sudditanza di intere popolazioni ad un destino di fame e di sottoalimentazione quasi totale e dall altro l essenza della dignità umana, che non dovrebbe conoscere secoli o ere storiche. Molti oggi ignorano la Dichiarazione dei Diritti dell Uomo, altri l hanno dimenticata, altri ancora, pur conoscendola perfettamente, fingono di ignorarla perché fa loro comodo così. In effetti, se pensiamo alle torture, alle discriminazioni, alle oppressioni di cui sono vittime ancor oggi interi popoli, anche nelle nazioni più civili e progredite, la Dichiarazione non può che sembrarci un ipocrite paravento che ricopre con una rispettabile facciata un edificio in totale disfacimento. Nessun Paese dell O.N.U. ha mai rinnegato a parole i sacrosanti principi che costituiscono i trentadue articoli di quella Dichiarazione, ma con i fatti, essi sono stati più sconfessati e calpestati. Nata dalla tragica esperienza della seconda Guerra mondiale, la Dichiarazione voleva essere il riscatto di tutte quelle nazioni che per anni avevano conosciuto soltanto la distruzione, l odio, la devastazione o la crudeltà culminante nella barbara follia del nazismo. Firmando quella dichiarazione, i Paesi membri dell O.N.U. volevano realmente dar vita ad un mondo migliore, più civile, più umano. Ma la sincera ingenuità e la volontà che ispirò quei principi, mostrò tutta la propria fragilità ed inconsistenza quando, (non si erano ancora del tutto taciuto i cannoni della guerra), i fatti di politica interna ed internazionale, ripresentarono il volto meno nobile dell uomo e del suo rapporto con i suoi fratelli. Eppure quella Dichiarazione era stata realmente importante, perché per la prima volta un enunciazione di principi aveva ricevuto il marchio dell internazionalità e diventava quindi di portata universale e lo Statuto delle Nazioni Unite imponeva agli Stati membri di rispettare ed osservare i diritti e le libertà dell uomo. Se pensiamo ai fatti di questi ultimi quarantanni, quei principi ci appaiono come grottesca favola che non é mai riuscita a veder realizzata la propria morale. Il passato si ripropone sotto altre spoglie, ad altre latitudini, ma la guerra, la

16 sopraffazione, la violenza, la tortura, lo sterminio, mantengono intatta la loro sostanza, anche se cambiano occasionalmente nome. Ma la coscienza del mondo civile, delle nazioni che hanno messo in pratica il messaggio della Dichiarazione é insorta ed ha dato vita ad un organismo internazionale: Amnesty International, il cui scopo principale é a tutela dei diritti dell uomo contro le usurpazioni che di essi fanno i governi totalitari. Accanto ad esso, il Tribunale Russel, presieduto da Lelio Basso, ha il compito di denunciare e condannare, anche se soltanto formalmente, ogni atto di violenza e sopruso di regime perpetrato contro l uomo. Può darsi che anche questi organismi abbiano compiuto degli errori, o d intervento, o di valutazione, o d ingenuità, ma é innegabile la loro buona fede e la loro imparzialità. Al di sopra delle parti ed in nome della giustizia superiore alle leggi codificate, essi hanno denunciato crimini e violenze tanto all Ovest quanto all Est, senza mai mettersi al servizio di una bandiera o di un ideologia, che non fosse quella della difesa ad oltranza dei diritti dell uomo. Purtroppo queste organizzazioni si sono dovute battere su un fronte drammaticamente esteso: dai Paesi dell America Meridionale, che conoscono realtà di sfruttamento e di violenza militare ai simili casi dell Africa centrale, per non parlare della Repubblica Sudafricana o del Medio-oriente. Purtroppo anche in Italia i principi della Dichiarazione Universale sono rispettati, anche se non in modo altrettanto macroscopico e violento. Basti pensare alla lentezza dei processi penali, alla lungaggini burocratiche della riforma sanitaria, ai mille problemi connessi alla terza età, alle continue discriminazioni fra ricchi e poveri, fra umili e potenti. A quarant anni dalla sua promulgazione, la Dichiarazione dei diritti dell uomo, rimane così intatta nella sua universale professione di fede dell uomo e per l uomo, mentre troppo spesso é calpestata e vilipesa sotto gli occhi di tutti. Allora l INTERNATIONAL ORGANIZATION for DIPLOMATIC RELATIONS - CORRESPONDENTS DIPLOMATIQUES come può intervenire? Per esempio offrendo speranza, che é il sostegno nel faticoso cammino della vita. Anche coloro che nutrono il più profondo pessimismo, per poter vivere devono ammettere che dal domani, prossimo o lontano, attendono che si realizzi qualche aspirazione segreta del loro cuore. La speranza rende possibile l esistenza all umanità, che dopo la millenaria esperienza di dolore e di lotte e di cataclismi naturali, abbattutiti su di essa, dovrebbe essere presa da un tale sconforto da preferire le tenebre della morte alla vita. Con la nostra Organizzazione vogliamo rappresentare questo: un appiglio di speranza al miglioramento. Dove il nostro dare diventa un atto d assoluta dedizione; dove le nostre idee, i nostri pensieri, i nostri interventi si trasformeranno un bagaglio di gratificazioni e di emozioni, per sconfiggere l indifferenza ed il disinteresse con amore, affetto e benevolenza verso il prossimo.

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