PREFAZIONE Capitoli 1 Capitolo 4 Capitolo 5 Ca- pitolo 2 Capitolo 2 Capitolo 5 XIV
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- Lucio Orsini
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1 Prefazione Comprendere la natura di un libro chiama in causa in primo luogo la comprensione del relativo titolo. Nel presente caso è questo doppiamente vero. La scelta del titolo, infatti, denuncia un intento chiaro: affrontare i temi della psicoeconomia applicata alla vita di tutti i giorni. Ma perché proprio psicoeconomia? In effetti, il termine non è dei più usati. Nel panorama scientifico contemporaneo si usano le locuzioni economia comportamentale, economia cognitiva, neuroeconomia. Anche psicologia economia è utilizzata, anche se più sul versante strettamente psicologico dell argomento. Tuttavia, ognuna di queste locuzioni ha un orizzonte ben preciso entro il quale si muove, che vale la pena descrivere brevemente. Quando si parla di economia comportamentale, si intende un area della microeconomia, quindi del dominio dell economia che studia la scelta individuale, che fa uso di alcuni concetti o modelli psicologici per perseguire i propri scopi. Uno degli studiosi fondamentali in questo settore, almeno dal nostro punto di vista, è George Loewenstein, professore di Economia e Psicologia presso l Università di Pittsburgh (USA). Di formazione economica, Loewenstein si è occupato di molti domini al limite fra psicologia ed economia: in particolare, sono noti i suoi studi sulle decisioni inter-temporali e gli effetti delle emozioni sulle decisioni economiche. Inoltre, utilizzando in una serie di studi il concetto di self-served bias, Loewenstein ha mostrato come la prospettiva del soggetto, che si muove in un qualsiasi ambiente economico, è fortemente auto-centrata e poco sensibile alla prospettiva altrui. La definizione di un contesto di lealtà o della nozione di conflitto d interessi è fortemente ostacolata dal self-served bias: ognuno di noi è spinto alla ricerca della decisione etica, del compromesso leale o del comportamento imparziale, ma tale ricerca è perlopiù indirizzata dal proprio punto di vista, a sua volta caratterizzato da bias, pregiudizi e obiettivi personali, per quanto magari poco, o per nulla, espliciti. Ora, in questi studi le caratteristiche psicologiche della persona sono trattati in modo piuttosto superficiale, riferendosi più che altro agli aspetti esteriori delle stesse, a ciò che è tangibile. Si descrivono, così, una serie di variabili osservabili (comportamentali) e si testano poi le ipotesi economiche attraverso prove sperimentali generalmente semplici. Di conseguenza, l economia comportamentale segue la linea tracciata dall economia sperimentale, che a partire dagli anni 50 del XX secolo ha introdotto il metodo delle scienze hard nella disciplina economica. A differenza di questa, però, l economia comportamentale introduce anche variabili psicologiche, che tuttavia sono più affini alla nozione di psicologia utilizzata dai comportamentisti d inizio secolo scorso, piuttosto che a quella contemporanea. Nell ottica dell economia comportamentale lo studio effettivo del comportamento umano può non tanto, o non solo, favorire la realizzazione di modelli economici con maggiore potere descrittivo, ma anche suggerire azioni concrete per modificare il comportamento economico nella vita di tutti i giorni. Per esempio, in diversi studi Loewen- XI
2 stein (2010) suggerisce che sostituendo gli scenari decisionali classici (come compilando il questionario di soddisfazione entro una settimana otterrete un bonus di 50 euro ) con scenari aventi il formato di lotterie (associando possibili guadagni o benefit a un qualche schema probabilistico) si ottengano evidenti vantaggi: le persone rispondono più facilmente ai questionari, aumenta la performance lavorativa, la soddisfazione ecc. Queste evidenze sono abbastanza solide perché si possano considerare le relative conseguenze come utili suggerimenti applicabili in una varietà di contesti: dall azienda, alla scuola, dai medici agli operatori sharp-end. Tuttavia, un tale approccio risulta molto simile a quello descritto da Fred Skinner quasi un secolo fa per condizionare i piccioni e, per analogia, per educare i bambini. In effetti, la pedagogia deve molto agli studi di Skinner, come ad altri comportamentisti, ma comprendere lo sviluppo del bambino partendo solo da quella prospettiva risulterebbe oggi impossibile. Di conseguenza, è lecito affermare che: come la psico-pedagogia non si possa limitare allo studio del condizionamento, così la psicologia economica non si può cristallizzare attorno all uso delle lotterie. In effetti, l economia comportamentale persegue un obiettivo più economico che psicologico e ciò ne spiega lo sviluppo (George Loewenstein è naturalmente un caso particolare, poiché il suo apporto anche nel campo psicologico è piuttosto ampio). Così come la psicologia ha superato, almeno in parte, il comportamentismo, anche l interazione fra psicologia ed economia cerca di superare l economia comportamentale. In particolare, nell ultimo decennio si sta sviluppando un nuovo approccio, definito economia cognitiva. Pur restando l economia la padrona di casa, in questo ambito non si cerca solo di catturare il comportamento umano di fronte a una scelta economica, ma se ne cercano anche le basi cognitive. Ciò partendo dal presupposto che un medesimo comportamento possa avere origini differenti e con l obiettivo di cogliere a più ampio spettro il contributo che la psicologia, adesso cognitiva, può portare alla comprensione delle dinamiche economiche. La differenza, naturalmente, si gioca anche sul piano metodologico. Studiare empiricamente il comportamento è cosa ben diversa dallo studiare il sistema cognitivo. Le variabili sono diverse e il modo di analizzarle chiama in causa metodi più sofisticati. Tuttavia, si rimane nell ambito dell economia e la comprensione della variabile cognitiva assume un valore piuttosto limitato, fungendo da punto di riferimento, da perno attorno al quale sviluppare i modelli matematici tipici dell economia. L economia cognitiva è ancora giovane, le effettive potenzialità devono essere ancora comprese; di certo si mostra di portata più generale rispetto all economia comportamentale e ciò grazie anche al contributo delle neuroscienze. Infatti, grazie alle sempre più sofisticate e affidabili metodologie, che le neuroscienze cognitive sono in grado di mettere in gioco, è possibile dare concretezza anche a molti dei concetti, spesso definiti metaforici, della psicologia cognitiva classica. L uso dei metodi neuroscientifici, tuttavia, è trasversale, attraversando tanto alcuni domini dell economia (come la neuroeconomia e il neuromarketing) e della psicologia (la neuropsicologia e, più in generale, l approccio neurocognitivo). Queste discipline sono molto promettenti e probabilmente porteranno a futuri sviluppi impensabili XII
3 anche solo qualche anno fa. Tuttavia, l alleanza fra economia e psicologia ha un orizzonte ben più ampio, le cui radici posso essere collocate lontane nel tempo. Proprio a partire da queste radici concettuali abbiamo voluto struttura quest opera, trovandone un utile sintesi nel termine psicoeconomia. Già nel 1924 Clark Dickinson, parlando al 36º congresso dell American Economic Association citava espressamente questo termine, inteso come possibilità di introdurre i metodi quantitativi nella psicologia economica, fino a quel momento considerata in modo piuttosto astratto, per non dire generico. L autore non si riferiva, comunque, alla possibilità di portare a termine studi statistici di carattere descrittivo circa il comportamento dell uomo, una sorta di economia umana, che poco ha a che vedere con la psicologia economia come s intende ora, e che, invece, aveva caratterizzato i primi anni del XX secolo. Secondo Dickinson, a cambiare il panorama di questo rapporto contribuirono fortemente le ricerche di uno psicologo americano, Louis Leon Thurstone, che in un articolo del 1922 ( The Intelligence of Policemen ) descriveva i dati di uno studio sul rapporto fra anni di servizio e intelligenza. I dati mostravano come i più intelligenti avevano una carriera più corta, portando a tema i possibili meccanismi economici, sociali e psicologici che potevano stare alla base del fenomeno. Quest articolo appare significativo, per quanto limitato nella portata, poiché mostrava come piccole porzioni di realtà all interno del dominio economico potessero essere meglio studiate e comprese partendo da una prospettiva mista. L uso di metodi statistici, come sempre in economia, porta alla necessità di restringere il campo d indagine a fenomeni molto specifici. Tuttavia, permette di raccogliere dati analizzabili a livello quantitativo. I modelli psicologici, poi, permettono di trarre conseguenze che a livello economico semplicemente non potrebbero esistere. Thurstone, per esempio, sostenne che le logiche di carriera fossero in qualche modo svincolate dalla capacità e legate, al contrario, a fenomeni psico-sociali, suggerendo, così, dei meccanismi di incentivazione e di promozione adatti a trattenere almeno una parte dei poliziotti più promettenti all interno del sistema. Un altro psicologo americano, molto più noto, ha permesso lo sviluppo dell alleanza fra economia e psicologia. Si tratta di George Katona, che utilizzò i metodi di raccolta dati estensivi e analisi statistiche in modo simile agli economisti; arrivò così a introdurre l uso di indici psico-economici, come il Consumer Sentiment Index (CSI), tuttora utilizzato da molti Paesi all interno del cosiddetto Business Climate Index, al fine di migliorare le capacità predittive delle variabili economiche. Ora, in questo scenario in cui la psicologia e la micro-economia erano soggetti a un forte sviluppo, il termine psicoeconomia stava a indicare la possibilità di studiare lo stesso dominio, il comportamento umano, attraverso metodi e concetti assolutamente diversi. Si intendeva cioè riferirsi a un alleanza disciplinare similmente a quanto accadeva in altri domini, in particolare in quell area di sovrapposizione che contraddistingue chimica e fisica e che dà luogo alla chimico-fisica. Questa non è una disciplina vera e propria, ma una sorta di alleanza disciplinare al fine di aprire una via di comunicazione e garantire una salda e leale collaborazione fra due discipline che non possono semplicemente negare l importanza di una reciproca contaminazione. In particolare, il metodo sperimentale sembra rappresentare un punto cardine di questa contaminazione. XIII
4 Anche il metodo sperimentale è stato adottato inizialmente sul lato psicologico, negli anni 50, per poi essere ripreso in modo sempre più sistematico, a partire dagli anni 60, anche in campo economico, soprattutto grazie al lavoro di Vernon Smith. Tuttavia, il metodo sperimentale trovò grande diffidenza, quantomeno all inizio, per poi essere riconosciuto in tutto il suo valore solo tempo dopo, quando in ambito psicologico si erano già sviluppati filoni di ricerca sperimentali consistenti nell ambito dell economia. In particolare, Tversky e Kahneman introdussero, oltre che un metodo, una teoria, la prospect theory (Capitoli 1 e 4), che poteva essere considerata una prima sostanziale applicazione della psicologia cognitiva all economia classica senza precedenti. Infatti, mentre la psicologia economica di Katona si muoveva su un piano macro, estensivo, e Luce e Raiffa cercarono di introdurre i formalismi matematici nei modelli psicologici, Tversky e Kahneman utilizzarono in modo sistematico il metodo sperimentale al fine di estendere la capacità descrittiva del modello dell utilità attesa grazie a un analisi cognitiva dei comportamenti economici (Capitolo 4). Si potrebbe quindi dire che la prospect theory sia un applicazione di economia cognitiva in germe, che dopo trent anni è ancora ricca di suggestioni e spunti di riflessione. Tuttavia, Richard Thaler, ormai dieci anni fai, faceva giustamente notare come una vera e propria economia cognitiva fosse ancora da sviluppare. In effetti in questo decennio molti studi sono stati condotti in questa prospettiva, ma sarà necessario un ulteriore sviluppo per portare alla realizzazione di un ampia gamma di modelli cognitivi in grado di spiegare i fenomeni economici, avvicinando così Homo economicus e Homo sapiens (Capitolo 5). L applicazione del metodo sperimentale in economia e in psicologia economica, a ogni modo, ha condotto a un ampio terreno comune sul quale confrontarsi e ciò è testimoniato anche dal premio Nobel per l economia del 2002 conferito sia a Daniel Kahneman sia a Vernon Smith. Anche se molti economisti considerano tuttora l apporto della psicologia, e anche delle neuroscienze, come qualcosa di non indispensabile (Capitolo 2), o addirittura inutile, il prestigioso riconoscimento ha sicuramente rinforzato quell alleanza psicoeconomia che già all inizio del secolo scorso andava delineandosi. Inoltre, il metodo sperimentale è ormai consolidato anche in economia, nel cui ambito si è passati da 7 esperimenti pubblicati negli 60 ai più dei 1200 dell ultimo decennio. Oltre alla prospect theory e ai concetti correlati, un altro argomenti di ricerca ha catalizzato l attenzione di psicologi ed economisti nell ambito della micro-economia: il ruolo delle emozioni. In questo senso, gli studi condotti attraverso il paradigma del cosiddetto ultimatum game. Nel Capitolo 2 si vedrà come questo gioco-paradigma è stato esteso anche alle ricerche neuro scientifiche, al fine di trovare i correlati biologici di un comportamento che per molti studiosi rappresenta un paradosso. Infatti, l uomo economico, razionale fino alla fine, e dunque necessariamente utilitarista oltre che tendenzialmente egoista (Capitolo 5), non dovrebbe trovare difficile seguire le banali regole dell ultimatum game. Un giocatore offre una cifra e se l altro accetta si divide, altrimenti nessuno dei due prende nulla. Homo economicus accetterebbe tutte le offerte, ma Homo sapiens non lo fa, facendosi corrompere da una sorta di guida emotiva che gli consiglia di non accettare offerte troppo basse o considerate sleali. XIV
5 Su queste basi, estese poi grazie al contributo di altri filoni di ricerca sia in ambito economico, si veda la regret theory, sia in ambito psicologico e neuropsicologico, grazie soprattutto a Paul Slovic, al gruppo di Bechara e Damasio e, successivamente, al già citato Loewenstein, che grazie ai concetti di hot/cold empaty gap e al cosiddetto modello riskas-feeling ha incorporato in modo compiuto l emozione nell economia comportamentale. Ciò implica dunque conoscenze psicologiche approfondite, che spesso sfociano nella psicologia clinica, dinamica, sociale e che richiede livelli d analisi che né l economia comportamentale né l economia cognitiva comprendono. La psicoeconomia, dunque, rappresenta una sorta di alleanza fra due discipline, ognuna delle quali, tuttavia, mantiene le proprie prerogative e peculiarità, perseguendo scopi a volte simili e a volte completamente divergenti. In questa complessità, dunque, è evidente quanto sia difficile discriminare il contributo effettivo di una disciplina o dell altra nella comprensione del comportamento economico. In questo senso, il termine psicoeconomia appare quello più adeguato per descrivere l approccio che vogliamo proporre. Un approccio all interno del quale psicologi ed economisti si confrontano in modo aperto, senza prendere la prima scorciatoia utile per giungere ai propri obiettivi. In effetti, come si potrà costatare leggendo i modelli proposti nei Capitoli 7 e 8, utilizzare una prospettiva psicoeconomica significa comprendere piuttosto in profondità concetti e teorie propri di entrambe le discipline. Per esempio, proponendo un modello di analisi psicoeconomico dell andamento del benessere percepito è stato necessario introdurre una teoria psicologica molto complessa. Non è sufficiente affermare il ruolo delle emozioni nei processi di scelta, è necessario anche comprendere come i costrutti psicologici, le emozioni, la motivazione e lo sviluppo del Sé modulino l esperienza quotidiana, le scelte nella vita di tutti i giorni, che i modelli micro-economici sono in grado di catturare attraverso eleganti formalismi matematici. I modelli psicoeconomici possono diventare molto complessi e, soprattutto, qualora i concetti psicologici utilizzati non siano particolarmente tangibili, difficili da mettere alla prova. Per esempio, il modello di Maurizio Pugno (Capitolo 7) prevede non solo che la teoria dell attaccamento sia una teoria valida dello sviluppo psicologico dell uomo, ma anche che sia possibile dedurne l evoluzione nel tempo attraverso indici macro, come quelli di natura sociale. Queste due ipotesi non sono scontate e la relativa valutazione richiederebbe un indagine quantitativa che di solito non è perseguita. Il valore aggiunto della psicoeconomia risiede proprio nella possibilità di elaborare modelli teorici molto più ampi di quanto ciascuna delle due discipline prese singolarmente potrebbe fare. Tali modelli, poi, devono necessariamente passare per una validazione sperimentale, che però rappresenta una seconda fase, che nulla toglie alla validità concettuale del processo di realizzazione del modello stesso. In questo senso, la psicoeconomia rappresenta una prospettiva molto fertile dalla quale guardare la relazione fra psicologia ed economia, fondamentale per comprendere lo sviluppo dei vari approcci, economici e psicologici, che negli ultimi anni si sono sviluppati in modo più o meno coerente. Per quanto non molto rappresentata in letteratura, la psicoeconomia rappresenta un punto di osservazione privilegiato dal quale XV
6 analizzare la condotta umana nella vita di tutti i giorni e le relative conseguenze sul nostro futuro, tanto a livello individuale quanto organizzativo (Capitolo 6). Partendo da questi presupposti, dunque, il libro è stato progettato per fornire al lettore le basi concettuali indispensabili per comprendere i modelli psicoeconomici in qualunque dominio si collochino, in una prospettiva che tenga conto tanto della basi concettuali di ogni disciplina interessata(capitoli 1, 2 e 4) quanto del piano storico (Capitolo 3) sul quale l uomo inevitabilmente si muove. La ricerca di un mercato delle idee che possa essere comune alle due discipline rappresenta per noi il fulcro della psicoeconomia, che in questo modo non tende a snaturare le peculiarità e le caratteristiche di ognuna, cercando, al contrario, di sfruttare il potenziale di un investimento reciproco, di psicologici ed economisti, in un terreno sempre più fertile. A partire da queste considerazioni, l opera vuole così introdurre il lettore a una serie di concetti e modelli che possano permettere un proficuo investimento in questo particolare mercato delle idee. Gabriella Pravettoni Claudio Lucchiari XVI
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