Luigi Vendrasco la Cassandra di Venezia : storia di una ricerca

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3 Paolo Voltolina Luigi Vendrasco la Cassandra di Venezia : storia di una ricerca (con documenti inediti appartenenti ad Aristide Naccari)

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5 A mio zio Francesco Bacci Figaro, che mi ha insegnato ad amare la mia città, spiegandomi la sua anima, e agli amici Marco e Monica, grazie ai quali è nata questa ricerca. 5

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7 7 Indice 9 ALBERO GENEALOGICO DI LUIGI VENDRASCO 11 PREMESSA 13 INTRODUZIONE L occasione Carlo Naya - Primo ingrandimento 33 I CARLO LORENZETTI 39 II DA NACCARI A VENDRASCO Aristide Naccari Alla Soprintendenza All Archivio Diocesano di Chioggia 65 III LUIGI VENDRASCO: FALEGNAME, CAPOMASTRO, SORVEGLIANTE Luigi Vendrasco falegname All Archivio di Stato di Venezia A San Zenone degli Ezzelini Alla Biblioteca Nazionale Marciana Luigi Vendrasco capomastro sorvegliante a Padova Alla Veneranda Arca di S. Antonio Luigi Vendrasco capomastro sorvegliante ai lavori di Palazzo Ducale 103 IV UNO SGUARDO ALLA STORIA, E UNO ALL ARTE Il contesto storico-politico veneziano tra Ottocento e Novecento Le teorie e le metodologie di restauro e i processi formativi per una legislazione inerente la tutela e la conservazione dei monumenti 109 V IL RESTAURO Dalla progettazione dell impalcatura attorno alla colonna alla deposizione del Leone Il raddrizzamento della colonna La fine del restauro e l inaugurazione Lo spostamento dell impalcatura verso il San Teodoro La rimozione del capitello, il raddrizzamento della colonna e il consolidamento della base

8 8 La deposizione del Santo e la nuova guardia in bronzo L esposizione a Palazzo Ducale e l innalzamento della statua L esecuzione dei calchi in gesso Il restauro del capitello La demolizione dell impalcatura e gli ultimi ritocchi al monumento L inaugurazione e l arcano della gratificazione agli operai Il significato delle foto Dal Genio Civile all Ufficio Regionale: la promozione mancata 2 Ingrandimento: il San Todaro dal 1945 ai nostri giorni 175 VI LA CASSANDRA DI VENEZIA Un primo monito sul Campanile Una curiosa sentenza Il primo J accuse nei confronti dell Ufficio Regionale Un secondo monito sul Campanile Quanto costano le dolorose vergogne Il processo per diffamazione La destituzione dall Ufficio Regionale Gli ultimi istanti del Campanile La profezia si avvera: il pianto sulle rovine L eccezionale previsione: da un episodio retrospettivo riportato da Il Gazzettino Viva Vendrasco! Riabilitato dalla gente: l elezione tra le file dei democratici Un nuovo allarme: il campanile di Santo Stefano Il progetto di raddrizzamento e robustimento 3 Ingrandimento: il progetto Vendrasco-Torres del Ingrandimento: il restauro del VII GLI ULTIMI ANNI Il rinvenimento della tomba Da una semplice intuizione......la singolare scoperta Dal trasferimento a Dolo alla morte L epilogo dei Vendrasco 193 VIII A FUTURA MEMORIA L ultima foto Signor Vendrasco, la Cassandra di Venezia 209 IX RITORNO AL NACCARI I due nuclei fotografici restanti Palazzo Magno e Corte de la Terrazza ai tempi del Naccari, e lo stato attuale 212 CONSIDERAZIONE FINALE 220 APPENDICI 228 BIBLIOGRAFIA

9 9 Albero genealogico di Luigi Vendrasco Matteo Vendrasco Giovanni Vendrasco Antonia Bertolotti Angelo Vendrasco Antonio Vendrasco Caterina Zanandrea Giuseppe Davanzo Michele Busacca Maria Liguori Giovanna Vendrasco 06/07/1821 San Zenone degli Ezzelini. Luigia Cinello 26/12/1832 Padova 14/01/1901 Venezia Luigi Vendrasco 06/06/1821 San Zenone degli Ezzelini 09/05/1912 Dolo 1845 Giovanna Davanzo Pietro Donadelli Virginia Barberi Rosalia Busacca 24/04/1859 Palermo 30/01/1929 Marghera Giovanni Antonio Vendrasco 01/10/1860 Padova 02/04/1937 Dolo Norma Santilli 25/11/1908 Bieda. Mario Donadelli 06/07/1889 Venezia. 20/11/1915 Luigia Vendrasco 23/10/1884 Venezia 07/09/1926 Marghera Roberto Vendrasco 22/03/1886 Venezia 26/07/1886 Venezia Roberto Vendrasco 10/05/1888 Venezia 03/12/1908 Dolo Vittorio Vendrasco 27/08/1895 Padova 03/12/1915 Monte Merzli

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11 11 Premessa Èdoveroso premettere che la presente opera è unicamente il frutto di una lunga ricerca condotta da un appassionato d arte e storia veneta; lungi da me quindi qualsiasi utilizzo di termini rigorosamente scientifici o di meri tecnicismi. La scelta effettuata è stata quella del linguaggio semplice e divulgativo seppure non semplicistico, dettata in primis dall esigenza di comunicare direttamente al lettore quell'entusiasmo che mi ha spinto passo a passo ad addentrarmi sempre più, e agli inizi quasi inconsapevolmente, in un quadro avvincente: Venezia e l annesso contesto socio-culturale dell intero bacino veneto di fine Ottocento; in secondo luogo, l idea di dover dare una nuova configurazione a un testo di ricerca storica. L impianto innovativo si sarebbe rivelato in una impostazione diversa del racconto relativo all esperienza di ricerca, dandone un'impronta in forma di diario, riportando in maniera dettagliata e consequenziale tutta quella serie di eventi e circostanze vissuti in prima persona, nonché l insieme delle città visitate e i luoghi di cultura frequentati. Avrei così, di certo, potuto coinvolgere maggiormente il lettore, stimolandone la curiosità e l immaginazione e, così facendo rendendolo spettatore partecipe di una realtà, egli si sarebbe sentito probabilmente quasi preso per mano, accompagnato in un mondo a lui sconosciuto e, al contempo, intrigante. Ma come ben sa l esperto ricercatore, le nuove scoperte non recano quasi mai data successiva alle precedenti; risulta necessario quindi, al termine della raccolta del materiale, un riordinamento sistematico e cronologico da parte dello studioso, dando la giusta collocazione alle tessere esistenti, per comporre correttamente il mosaico che si andrà a mostrare al pubblico. Risultò così, se non impossibile, di improbabile realizzazione, la stesura di un testo romanzato che, se da un lato avrebbe potuto suscitare grandi emozioni nel lettore, dall altro lo avrebbe sicuramente sviato dal contenuto della ricerca. Perciò ho cercato di trovare un compromesso: per quanto mi è stato possibile, ho tentato di raccontare i fatti, i rinvenimenti e i miei spostamenti, proprio come sono avvenuti mentre, all occorrenza, ho effettuato delle digressioni oppure ho introdotto dei flashback nel corso della narrazione, al solo fine di chiarire e approfondire quanto affermato; questo lavoro naturalmente è stato

12 12 Luigi Vendrasco semplificato attraverso l introduzione di numerose illustrazioni, di note a fine testo, e di pure trasposizioni nelle Appendici di alcuni dei documenti originali citati. Inoltre, dopo l Indice, ho voluto inserire l albero genealogico di Luigi Vendrasco. Credo possa risultare uno strumento chiaro e di facile consultazione per il lettore al quale, prima ancora di intraprendere la lettura del testo, viene offerto un quadro semplice e immediato di tutti i suoi componenti e dell intera gamma dei rapporti di parentela tra loro esistenti. In base agli strumenti disponibili, ovvero tramite la consultazione dei registri di stato civile, notarili, dei battesimi e di polizia mortuaria, ne è stata possibile una ricostruzione a partire all'incirca dalla seconda metà del Settecento fino ai nostri giorni. Note 1 U. CARATTI DI VALFREI, Guida alla ricerca genealogica, Bologna Gli atti dello stato civile sono disponibili dal 1 gennaio 1866 (lo stato civile è stato introdotto in Italia con R.D. 15 novembre 1865 n. 2062).

13 13 Introduzione L occasione Audaces fortuna iuvat. È con la celebre e incompiuta locuzione virgiliana che potrebbe esordire la narrazione di questa ricerca. Fortuna intesa non come serie di eventi e fattori concomitanti favorevoli o l assenza pressoché totale di ostacoli frapposti tra la volontà del ricercatore e i risultati ottenuti, ma nel significato propriamente dantesco di che provede, giudica, e persegue suo regno come il loro gli altri dei. Come a dire: il merito della realizzazione di quest opera va, da una parte, all audacia e all intraprendenza umana quali ingredienti necessari, e dall altra a una sequenza di giochi propizi del destino o di non so quale fausta mano divina. Certo è che l occasione arrivò e inaspettata, nel corso di una piovosa giornata di gennaio di qualche anno fa. Quel pomeriggio, io e i miei genitori avevamo concordato, assieme a una coppia di coniugi amici, Marco e Monica, di recarci al Museo Archeologico Nazionale di Adria presso il quale era stata allestita una mostra di armi antiche e suppellettili di vario genere provenienti da svariati musei, collezioni private ed enti culturali dell Europa orientale. In passato avevamo già visitato numerose mostre dal contenuto simile, legati da una comune passione per l antico, anche se le iniziali intenzioni dai forti connotati culturali spesso sfociavano in un semplice desiderio di trascorrere una piacevole giornata in compagnia. L incontro avvenne presso la mia abitazione e, già per telefono, mi fu preannunciata una sorpresa. Il pomeriggio trascorse interamente al museo, poi, verso sera, viste le peggiorate condizioni del tempo, decidemmo di rientrare a Chioggia, cenando magari in qualche locale vicino casa; così facemmo e, dopo cena, si decise di rincasare. Fu tra una fetta di panettone e un bicchiere di spumante, resti del vicino Natale, che mi venne mostrata l agognata sorpresa. Dal borsello lui estrasse un comune raccoglitore ad anelli, ma il contenuto non lo era altrettanto: apertolo, dentro le buste di plastica trasparente, comparvero alla mia vista numerose fotografie originali di fine Ottocento di una bellezza incantevole e un sapore

14 14 Luigi Vendrasco antico di raro splendore. Disse che le aveva acquistate da poco presso un mercatino, uno dei tanti che le nostre splendide città venete di solito offrono nelle pause domenicali, pagandole un giusto prezzo (su questo, poi, ci saremmo ricreduti). Le foto ritraevano vari soggetti, ma tutti di matrice artistica; già da un primissimo esame ben si poté intuire che si doveva trattare di un singolo fondo fotografico appartenente a un unica persona e non di un nucleo di foto disomogeneo o di diversa provenienza. Molte di esse rappresentavano ornati in puro stile rinascimentale, conservati probabilmente all interno di un edificio sacro (1 nucleo fotografico), altre ritraevano sculture, disegni e opere pittoriche (2 nucleo), altre ancora scene raffiguranti un insieme di persone radunate attorno a una statua posta presumibilmente in restauro o da poco riattata, raccolte all interno di un cortile delimitato da un grande porticato a pian terreno (3 nucleo). Le foto si presentavano complessivamente in buono stato di conservazione; delle piccole pieghe erano presenti ai bordi di alcune di esse, altre affisse su cartoncino 1 presentavano una superficie ondulata causata dall invecchiamento della colla sottostante, ma certamente in uno stato non così irreparabile da richiedere urgentemente un intervento di restauro. Primo ingrandimento. Carlo Naya Nella seconda metà dell Ottocento era in voga l uso da parte di artisti (pittori e scultori per la maggior parte), architetti e musei, di commissionare ai titolari degli atelier di fotografia più affermati la riproduzione di opere d arte. La richiesta poteva riguardare la riproduzione di un particolare fregio architettonico che l artista intendeva in seguito esaminare per esigenze di studio, oppure essere avanzata da importanti istituzioni culturali al fine di effettuare una catalogazione delle opere d arte presenti in un particolare luogo di cultura o appartenenti a un certo ambito socio-culturale. Famose sono le riproduzioni e stampe di numerose opere d arte realizzate prima dello scoppio della Prima Guerra Mondiale da parte di alcuni importanti studi fotografici veneziani (Carlo Naya e Tomaso Filippi) al fine di poter conservare il ricordo o le fattezze dell opera stessa in caso di un eventuale danneggiamento o distruzione a causa degli eventi bellici. Sovente, chi commissionava l opera annetteva la foto a un supporto cartaceo (cartoncino rigido per l appunto) non tanto per permettere una conservazione più duratura della stampa effettuata, ma spesso per poterci lavorare sopra per mezzo di rilevazioni da farsi sulla stessa, a puro scopo di studio o finalizzate a una riproduzione in scala. È infatti perfettamente visibile su una delle foto del Naccari (la n. 10, di Carlo Naya, raffigurante la Sacra Famiglia) la quadrettatura realizzata, ottenuta tracciando linee ortogonali sulla superficie, tecnica adottata per potere riprodurre fedelmente in scala le proporzioni rilevate. Carlo Naya (Tronzano di Vercelli, 2 agosto Venezia, 30 maggio 1882) 2, appartenente alla prima generazione di fotografi veneziani, si era specializzato in fotografie di opere d arte e di vedute caratteristiche della città, divenendo in seguito il fotografo più celebre per questo tipo di riproduzioni. Dopo aver studiato legge a Pisa laureandosi in Sapienza (l attuale facoltà di Giurisprudenza), inizia come fotografo itinerante un lungo tour per tutta Europa

15 La Cassandra di Venezia 15 insieme al fratello Giuseppe, con tappe a Praga,Vienna e Parigi, conclusosi a Costantinopoli con l apertura di un primo studio fotografico, presumibilmente nel Dopo la morte del fratello cede lo studio e decide di trasferirsi a Venezia, dove sembra attestata la sua presenza, già una prima volta, nel Al suo insediamento nella città lagunare, dopo il 1857, apre un laboratorio in Campo San Maurizio, al civico n. 2758, ove incontra e sposerà in seguito la bellissima ragazza d origine ungherese Ida Lessiak. Inizialmente collabora con l ottico e fotografo Carlo Ponti noto pioniere della fotografia veneziana, il quale svolgeva la sua attività presso il civico n (più tardi 4206) 3 di Riva degli Schiavoni, indicando come negozio per la vendita il medesimo di Carlo Ponti (si trattava essenzialmente più che di un rapporto di collaborazione, di un vero e proprio rapporto di dipendenza, essendo il Naya ancora un dilettante come lo definirà ancora, a distanza di anni, Tomaso Filippi). Il suo primo catalogo risalente al 1864, periodo in cui lavorava ancora per Ponti (suo futuro rivale), includeva circa 200 titoli. Celebre, dello stesso anno, rimarrà la pubblicazione delle fotografie degli affreschi di Giotto nella Cappella Scrovegni, prima del restauro. Sarà solo con l apertura del negozio di Piazza San Marco che comincerà a svolgere la professione di fotografo in proprio a pieno regime, instaurando di fatto il più fiorente atelier fotografico di Venezia, esercitando appieno le sue potenzialità e dimostrando le sua enorme capacità imprenditoriale. L inaugurazione avvenne lunedì 31 agosto 1868 con una singolare mostra di immagini all indirizzo 77-78a (in seguito esteso ai numeri 75 e 79) sotto le Procuratie, nello stesso luogo in cui, in precedenza, Giuseppe Milani aveva venduto vedute di Venezia eseguite da Jean Laurent e da altri fotografi (la stampa dell epoca definirà il negozio un gioiello degno della Piazza San Marco ). Carlo Naya morirà nel 1882 lasciando l amministrazione dello studio nelle mani della moglie, la direzione al bravo Tomaso Filippi, la gestione al fotografo Antonio Bacchetto e la proprietà al giovane scultore Antonio dal Zotto ( ) che diverrà il marito della Lessiak, nel Dopo la morte di Naya lo studio rimarrà comunque in auge, divenendo un punto di riferimento per le riproduzioni di architetture e capolavori d arte, e da questo punto di vista sarà secondo forse al più celebre atelier fotografico italiano di sempre, quello fiorentino dei Fratelli Alinari. Tomaso Filippi lascerà lo studio Naya nel 1893 e, nel 1895, non senza aver prima tentato una possibile assunzione da parte dello studio Alinari tramite una lettera che descriveva la sua lunga attività svolta presso Naya, deciderà di aprire in autonomia un proprio atelier. Filippi diverrà il fotografo più apprezzato dalla critica più recente che, a ragione, dopo molti anni e grazie alla mostra tenutasi alla Fondazione Querini Stampalia nel dicembre del 2000, vedrà in lui il principale artefice delle splendide foto Naya, rimasto purtroppo ingiustamente ignorato o, più giustamente, offuscato dal gigante Naya. Lo studio con annesso l intero fondo fotografico Naya verrà rilevato da Osvaldo Böhm 5, dopo la cessazione dell attività in seguito alla morte di Dal Zotto e, attualmente, è consultabile presso il civico n del Sestiere San Marco, previo appuntamento, grazie allo zelo e alla sollecitudine dell ultimo erede diretto rimasto in vita, Francesco Turio-Böhm.

16 16 Luigi Vendrasco Già a un secondo e più attento esame le immagini svelavano però alcuni particolari rimasti inosservati a un primo colpo d occhio e ci rivelavano soggetti e tematiche con cui noi appassionati d arte e storia locale avevamo una certa familiarità, anzi, talune riportavano iscritto il nome, o la dedica a un nome, noto non solo agli studiosi clodiensi: Aristide Naccari. Una foto-cartolina riproducente l urna dei Santi Felice e Fortunato (patroni di Chioggia, foto n. 3, 2 nucleo), riportava in basso a destra, in carattere stampatello, A. Naccari, e a sinistra, la data di esecuzione della stessa Venezia 6 febbraio 1904 ; dopo questa, un altra foto ritraente una sua celebre china acquerellata della Cappella del Rosario presso la chiesa dei Santi Giovanni e Paolo di Venezia (foto n. 4), una riproducente un acquerello del Prof. Aristide Naccari (foto n. 5) e, dulcis in fundo, una splendida posa recante una dedica All Eg. Signore Prof. Aristide Naccari omaggio di Carlo Lorenzetti (foto n. 6, così lessi nome e cognome dell omaggiante). Quest ultima in particolare, ci diede la prova della provenienza, da ritenersi ormai quasi certa, se non altro delle foto sopra menzionate: esse provenivano dallo studio di Aristide Naccari e molto probabilmente da quello che il professore fece erigere in Calle Grassi a Chioggia, ampliando e ammodernando un ala della vecchia casa prospiciente il canale di San Domenico, tuttora chiaramente visibile e identificabile. Non meno distratta, di primo acchito, era stata l osservazione delle foto ritraenti verosimilmente la realizzazione di un restauro (3 nucleo fotografico). Non ci era sfuggito un semplice particolare, bensì l oggetto stesso, ovvero la statua. Quella statua, per chi ha avuto la fortuna e l onore di vedere Venezia per più di una volta, non può confondere chi l ha già incontrata: è San Teodoro primo patrono della città, per i suoi abitanti San Todaro che, posto alla sommità di una delle colonne della Piazzetta San Marco, vigila da secoli il bacino lagunare più famoso del mondo assieme alla più celebre statua della Serenissima, il Leone di San Marco, posta in cima all adiacente colonna. Insomma, la sola presenza in tutte queste foto di un emblema di assodata venezianità, ne faceva presagire e determinare con certezza l origine. È pur vero però che non basta, al fine di determinare se un restauro è stato effettuato in loco anziché altrove, stabilire la sola provenienza dell opera, poiché spesso gli interventi di pulitura, riparazione, consolidamento che la riguardano, vengono fatti eseguire presso laboratori e opifici specializzati presenti in altri centri, per poi ricollocarla in situ a intervento ultimato. Ma per tutti coloro che, come il sottoscritto, sono stati iniziati fin dalla tenera età a Venezia, poco per volta si comincia ad apprezzarne i moti dell animo, le espressioni, la gestualità e quel suo peculiare campanilismo, fino a venirne quasi inconsapevolmente intrisi, e si finisce per addentrarsi in un meccanismo quasi sadico che, con il tempo, diviene un rapporto di sangue imprescindibile con la città e che inevitabilmente riconduce sempre alla fonte, ancora Venezia. E per questo, tutto ciò che parte da Venezia deve a lei, necessariamente, ricongiungersi. È quindi improbabile che il restauro del San Teodoro non si sia svolto qui; d altronde anche per alcuni restauri presumibilmente coevi a questo, come quello del monumento al Colleoni in Campo Santi Giovanni e Paolo e delle Colonne Acritane di Piazza San Marco, l usanza era la stessa e il luogo d esposizione il medesimo: Palazzo Ducale. Rilevata l opera da restaurare, dal sito originale veniva trasportata nel cortile di Palazzo Ducale per una prima ostensione e, successivamente, una volta restaurata, veniva nuovamente mostrata al pubblico: si trattava di una sorta di rito, una processione d arte in pompa magna. Le foto in questione erano quattro (l ordine è di mera presentazione). Una prima, in cui la scena è interamente presenziata dalla statua, colta in primo piano a sottolinearne i

17 La Cassandra di Venezia 17 minimi particolari; una seconda, nella quale la statua (posta al centro della scena e collocata su una pedana composta da un carrello artigianale formato da travature in legno) è attorniata da una serie di maestranze. Tra queste spiccavano e risaltavano, sia per l immediata vicinanza alla statua, sia per un abbigliamento più distinto, due individui: a destra del monumento, un signore agghindato in modo molto elegante con giacca, panciotto e bombetta, con degli strani oggetti fra le mani simili a un righello pieghevole da falegname, a sinistra, un uomo vestito interamente di bianco in tipica tenuta da artista (foto n. 2 - ingrandimento). Nelle due foto successive non è forse un caso che i soggetti ritratti siano proprio questi due signori. In una (la n. 3), il signore con il tubino è ripreso mentre tiene amorevolmente per mano un bimbo, o una bimba, fatto/a appositamente salire sopra l impalco della statua per mettersi in posa; nell altra, il signore precedentemente vestito in assetto da lavoro, siede invece sopra la coda del Drago sovrastato dal San Teodoro. L occhio non discerne immediatamente, a differenza della foto precedente, che si tratta della stessa persona, per via dell abbigliamento più elegante, ma i lineamenti del volto non tradiscono. Indubbiamente le foto che più suscitarono in noi un insolita attenzione furono queste ultime, forse per una più difficile lettura o perché ci apparivano del tutto distaccate dal contesto a cui sembravano appartenere le precedenti. Una curiosità morbosa ci sospinse a chiederci: Chi era quell uomo posizionato al centro della scena? Lo sguardo, volutamente rivolto verso un presunto spettatore, sembra indurre a un atteggiamento non forzato, come se fosse consapevole dell importanza dell evento che si sta per immortalare, conscio della persona cara, dell amico o del conoscente a cui la foto sarebbe stata in seguito indirizzata. Come e quando si svolse il restauro? Da qui e su queste ultime splendide riproduzioni patinate di fine Ottocento d un bianco e nero ingiallito dal tempo, bisognava focalizzare la nostra indagine. Soprattutto occorreva stabilire con attendibilità quale rapporto esistesse tra il signore della foto e il Naccari; questi avrebbe potuto essere venuto a conoscenza del restauro della statua di San Teodoro svoltosi a Venezia e se ne sarebbe alquanto interessato al punto da richiederne una riproduzione fotografica, oppure la persona ritratta altro non era che un artista o un professore con il quale si era instaurato un rapporto di collaborazione professionale? Meglio ancora, i due non avrebbero potuto essere semplicemente buoni amici che, nutrendo una passione comune per l arte, decisero di rendersi vicendevolmente partecipi delle proprie imprese o scoperte, al fine di condividerne l entusiasmo? Insomma, molteplici gli elementi sin qui elencati, che avrebbero potuto condurre a più filoni di ricerca. Il primo, ricordiamo, costituito da riproduzioni di ornati e fregi architettonici provenienti in modo più probabile da un edificio religioso anziché civile, un secondo da opere pittoriche e scultoree in cui l unico elemento da cui partire per indirizzare un indagine era rappresentato da una dedica autografa, e infine un terzo in cui è rappresentata la scena precedente o successiva a un restauro. A questo punto bisognava dare sfogo all animo dello studioso-ricercatore, il quale non pago della sola visione o del mero possesso, come fa spesso il collezionista, vuole decifrare, indagare, dare un interpretazione al materiale scoperto o ritrovato in qualche angusta soffitta, o magari sedimentato in una polverosa e dimenticata libreria, o di frequente frammisto alle mille cartacce e ferraglie riposte sul banco del modesto rigattiere. Si trattava quindi di capire il vero significato di quelle foto cercando di intuirne con oggettività la provenienza, di chi fossero eventuali dediche, scritte e firme apposte su di esse e, soprat-

18 18 Luigi Vendrasco tutto, di risolvere il più grande rebus che vi si celava dietro: Chi sono e qual è la storia dei personaggi o degli eventi rappresentati? Chi mai poteva essere quel Carlo Lorenzetti che si rivolse con atteggiamento di profonda stima al nostro illustre cittadino? Audaces fortuna iuvat... Iniziamo. Note 1 V. scheda allegata. 2 Immagini di Venezia , a cura di D. Ritter, Venezia 1988, p L autrice presenta, alla fine del testo, brevi profili dei più celebri fotografi veneziani operanti nel periodo esaminato. In questo di Carlo Naya sembrerebbe essere presente, a una prima lettura, un inesattezza nell indicare quale primo negozio aperto quello in Riva degli Schiavoni, frutto della collaborazione con Carlo Ponti; in realtà questa informazione è da considerarsi attendibile, in quanto, pur se precedente l insediamento di Naya nel laboratorio di Campo San Maurizio, l autrice effettua una netta distinzione tra il negozio per la vendita (quello indicato da Naya in Riva degli Schiavoni) e l atelier-laboratorio fotografico dove vengono svolte le operazioni tecniche: sviluppo, correzione foto, conservazione dei negativi, ecc. Quindi, semplificando, possiamo sostenere che Naya apre il primo negozio adibito alla sola vendita in Riva degli Schiavoni, successivamente apre lo studio fotografico in Campo San Maurizio (cfr. nota 3). Ponti e Naya, e Brusa (di cui parleremo alla fine del testo) vengono non a torto definiti da Italo Zannier Pittori-fotografi (I. ZANNIER, Storia della fotografia italiana, Roma-Bari 1986, p. 60). 3 ZANNIER, Venezia, archivio Naya, Venezia È Zannier, tra i più autorevoli studiosi e storici italiani di fotografia, a compiere le precisazioni illustrate nella nota precedente, specificando i numeri civici dei vari negozi e atelier menzionati. 4 I. ZANNIER, Tomaso Filippi fotografo. Venezia fra Ottocento e Novecento, Venezia 2000, p. 9. V. nota 18, capitolo II. 5 Cfr. ZANNIER, Venezia, cit., p. 30.

19 La Cassandra di Venezia 19 Primo nucleo fotografico Fig. 1a. Fig. 1b.

20 20 Luigi Vendrasco Fig. 2. Fig. 3.

21 La Cassandra di Venezia 21 Fig. 4. Fig. 5.

22 22 Luigi Vendrasco Fig. 6. Fig. 7.

23 La Cassandra di Venezia 23 Fig. 8.

24 24 Luigi Vendrasco Secondo nucleo fotografico Fig. 1. Fig. 2.

25 La Cassandra di Venezia 25 Fig. 3. Fig. 4.

26 26 Luigi Vendrasco Fig. 5. Fig. 6.

27 La Cassandra di Venezia 27 Fig. 7. Fig. 8a. Fig. 8b.

28 28 Luigi Vendrasco Fig. 9. Fig. 10.

29 La Cassandra di Venezia 29 Terzo nucleo fotografico Fig. 1.

30 30 Fig. 2a. Fig. 2b.

31 31 Fig. 3. Fig. 4.

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33 33 I. Carlo Lorenzetti Le prime indagini iniziarono di fatto, come verrà di seguito illustrato, con una mia prima visita presso la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Venezia e Laguna. Ho deciso tuttavia, prima di addentrarmi nel vero tema della ricerca, di offrire preliminarmente al lettore un profilo il più completo e dettagliato possibile su Carlo Lorenzetti, al fine di poter da subito identificare uno degli artisti che rientravano nella fitta rete di rapporti personali e professionali del Naccari, cercando di contestualizzarlo nel periodo storico interessato 1. Il primo capitolo è interamente dedicato ad Aristide Naccari essendo a lui riconducibile il materiale rinvenuto, che della presente accurata indagine rappresenta simbolicamente il punto di partenza e di arrivo. Da un breve racconto della sua vita, come vedremo, si sbroglierà un po alla volta quell iniziale intricata matassa che si avvierà sulla strada di Vendrasco e, più tardi, dei Vendrasco. Venezia rappresentò, sul finire dell Ottocento e l inizio del Novecento, una vera e propria officina en plein air per la maggior parte degli artisti formatisi e promossi dalla locale Accademia, dando vita a quel fervido clima artistico-culturale che contribuì a un enorme incremento e diffusione delle arti figurative e plastiche. Una felice opportunità per esibire le proprie abilità, sarà data a molti scultori attraverso la realizzazione del cimitero monumentale di San Michele, portato a compimento nel 1876, su progetto del trevigiano Annibale Forcellini 2 ; per molti di essi rappresenterà un autentico trampolino di lancio. Ugualmente si presenterà l occasione per tradurre in realtà, a Venezia, nel 1887, l Esposizione nazionale artistica che costituì, a tutti gli effetti, quel nucleo embrionale da cui si svilupperà, a partire dal 1895, il progetto della celebre Esposizione Biennale Internazionale d Arte a opera di Antonio Fradeletto. Tra questa schiera di artisti veneziani e non, operò Carlo Lorenzetti, scultore. Nasce a Venezia il 4 aprile Studia presso l Accademia di Belle Arti della città ed è allievo di Luigi Borro, di cui rimarrà un agguerrito seguace. La sua attività di scultore, dotato di ottima tecnica e di notevole intuizione artistica, viene svolta princi-

34 34 Luigi Vendrasco palmente in ambito veneto: esegue busti, ritratti, monumenti celebrativi. A proposito di questi ultimi, intensa si rivelerà, già in giovane età, anche la sua abilità di scultore nella realizzazione di monumenti funebri, molti dei quali vedranno la loro collocazione all interno dell appena eretto cimitero di San Michele (come quelli di molti scultori coetanei, come sopra accennato). Lorenzetti, a partire dal 1888 e fino al 1935, eseguirà per certo almeno nove sepolture: Favretto, Parisi, Rico, Vittorelli, Conte, cappella Azzano (medaglione in bronzo), cappella Liva (decorazione in bronzo), cappella Foscari-Widmann- Rezzonico (bassorilievo), Solveni. Nel 1888 esegue il medaglione in bronzo apposto sulla tomba del pittore Giacomo Favretto ( ) astro nascente della pittura veneziana, che scompare prematuramente all età di 37 anni durante i primi giorni dell Esposizione del 1887, collocato sulla banchina del recinto principale 3. In questa circostanza presenterà l opera Soror tua. Al 1888 risale anche l erezione del monumento a Garibaldi a Dolo, sito davanti la storica agenzia della Cassa di Risparmio di Venezia. Ancora nel 1888 espone a Bologna VII Comandamento, A Chioggia, testa (il bronzo era già stato esposto a Venezia l anno prima), Anfibio, Articolo 88 del codice penale, e a Londra, mentre a Venezia, nel 1895, in occasione della prima Biennale, esporrà Dal cunicolo di Vejo. Nel 1896, a Venezia, partono le sottoscrizioni per la realizzazione del monumento a Gustavo Modena (celebre attore di prosa e fervente patriota) a opera dell onorevole Alessandro Pascolato; l incarico verrà affidato proprio a Lorenzetti. La scultura, a tutto tondo, viene collocata nei giardini pubblici della città, in Viale Trieste; anche a Roma eseguirà un monumento al Modena, questa volta un busto, visibile percorrendo la scalinata che conduce al Gianicolo. Nel 1899 partecipa nuovamente alla Biennale con l opera Crisantemi. Valente ed eclettico artista, Lorenzetti prende attivamente parte alle numerose edizioni della manifestazione internazionale d arte più prestigiosa di Venezia, presentando nel corso degli anni un susseguirsi di opere che ne rappresentano il percorso non solo artistico, ma intellettuale, nel quale saprà adattare la sua abilità e concezione dell arte in consonanza alle nascenti mode e ai moderni movimenti artistici. Alla Biennale del 1903, è presente con una sfarzosa fontana decorativa e con una scultura ispirata ai Sepolcri di Ugo Foscolo dal titolo Involve tutte cose l oblio nella sua notte; a quella del 1905 partecipa con un busto in gesso di Francesco Petrarca e col gesso Studio, e, nello stesso anno, espone anche alla Promotrice di Belle Arti di Torino; l anno successivo realizza a Schio il monumento in bronzo ai patrioti Ludovico e Valentino Pasini, una fra le sue opere più originali; alla Biennale del 1909 è presente con l altorilievo in gesso La patria è sulla nave; nel 1910 col gruppo in gesso Laggiù; per la decima edizione, nel 1912, realizza il meraviglioso gruppo scultoreo in bronzo La marangona 4, attualmente conservata presso la Galleria d Arte Moderna a Ca Pesaro assieme a un altra opera in bronzo, Guardando una conchiglia fossile. Nel 1920 presenzia l Esposizione con il marmo Ritratto della signora Bianca Vaerini, mentre, nel 1924, espone il ritratto in bronzo del pittore Pietro Fragiacomo, insigne pittore paesista veneziano, scomparso nel 1922, per il quale l evento fu organizzato da Vincenzo De Stefani, Ugo Ojetti ed Ettore Tito, dedicandogli una mostra individuale con ben cento opere; nel 1926 concorre con due bronzi: i Lupetti di mare. Quindi è soprattutto a Venezia che Lorenzetti espone le sue opere, dove ne eseguirà di notevole importanza, tra cui:

35 La Cassandra di Venezia 35 il busto dell artista Pompeo Marino Molmenti (1898) collocato all interno di una nicchia nel loggiato terreno dell Accademia di Belle Arti 5 ; la grandiosa statua del poeta Francesco Petrarca (1904), nel palazzo della Biblioteca Nazionale Marciana, posta in fondo all attuale sala di consultazione e collocata nell arcone di centro (1904); i leoni andanti in pietra d Istria per il Campanile di San Marco; le lapidi commemorative coi relativi ritratti in bronzo di Giovan Battista Varè, illustre economista e uomo politico veneziano, di Jacopo Pesaro-Maurogonato, che fu membro del governo provvisorio veneziano del , di Enrico Cosenz, Gerolamo Ulloa, Guglielmo Pepe, Carlo Mezzacapo, Cesare Rossarol, accorsi da Napoli a Venezia per lottare contro il nemico austriaco; la lapide commemorativa con ritratto in onore di Felice Cavallotti in Campo Morosini a Santo Stefano; i busti di Iacopo Bernardi e di Daniele Manin presso la scuola di San Girolamo, sede ora dell Ateneo Veneto; il medaglione con ritratto della principessa Elisabetta Alessandra Clary nella chiesa dei Santi Gervasio e Protasio (San Trovaso); il busto di Giovanni Bordiga nella Pinacoteca Querini Stampalia; il grande leone marciano, copia di un lavoro più antico, posto sulla facciata del caseggiato quattrocentesco dei Depositi del megio ; il busto in bronzo del poeta Padre Ghevont Ališan, conservato presso il museo dell isola di San Lazzaro degli Armeni; il progetto di ripristino del soffitto della Cappella del Rosario, presso la chiesa dei Santi Giovanni e Paolo (1932) 6. Carlo Lorenzetti è, a differenza di molti altri artisti a lui coetanei, unicamente scultore. Infaticabile, continua a operare fino in tarda età (muore alla veneranda età di ottantasei anni), non stancandosi di eseguire, e soprattutto di concepire nuove forme di elaborazione artistica la cui notorietà resta legata e amplificata, in maniera indissolubile, alla Biennale, a cui partecipa per oltre un trentennio quasi consecutivamente. Ottiene riconoscimenti non solo in quella sua rinascente Venezia di fine Ottocento che di fatto ne decreta la fama di bravo e valente scultore, ma anche al di fuori di quel confine veneto che, specie per un veneziano, così difficile spesso si presenta da oltrepassare. Un vero artista, uomo pienamente affermato nel suo tempo. Muore a Venezia il 4 gennaio L arcano della foto autografa indirizzata al Naccari (a questo punto possiamo sostenere con certezza che si tratta di Carlo Lorenzetti e non di altri) è presto svelato. Si tratta di una delle opere elencate, eseguite a Venezia, che forse più di ogni altra viene ammirata, o meglio vista, ogni giorno da centinaia di persone. Colui che si reca alla Biblioteca Nazionale Marciana ed entra nella grande sala di consultazione e lettura, non può fare a meno di notare la statua del Petrarca posta alle spalle della scrivania del sorvegliante di sala, inserita nella nicchia dentro l arcone centrale. Lo spettatore ne rimane fortemente impressionato per le enormi dimensioni che, a prima vista, possono risultare inadeguate rispetto al contesto d insieme; ciò nonostante, la giusta plasticità delle proporzioni e la linearità dei contorni riconducono subito l occhio, a uno sguardo più attento, a conciliare e a contestualizzare perfettamente la statua con l architettura circostante. La statua venne collocata nel 1904, mentre risale all anno seguente (Biennale del 1905) la realizzazione del gesso raffigurato nella foto.

36 36 Luigi Vendrasco Credo sia stato proprio questo il pretesto che giustifica l invio della stessa al Naccari. Entrambi inoltre collaborarono al restauro della Cappella del Rosario della chiesa dei Santi Giovanni e Paolo, a cui Naccari dedicò anni di studio, ricerche d archivio (come vedremo innanzi), al fine di poterne effettuare una ricostruzione la più attendibile possibile sia da un punto di vista storico che architettonico. Tale contributo comune è confermato da un opuscolo a stampa ritrovato nel fondo Naccari conservato presso l Archivio Diocesano di Chioggia, stampato dall Istituto Veneto di Arti Grafiche di Venezia 7. A fine testo, nel quale sono esposti in maniera dettagliata i criteri e le tecniche adottate in sede di restauro, tra i membri del Comitato Direttivo, è possibile rilevare: CAV. CARLO LORENZETTI, prof. di Scultura nella Scuola Superiore d Arte applicata alle industrie. Più sotto, dopo quattro nominativi: CAV. ARISTIDE NACCARI, professore di Disegno nel R. Istituto Paolo Sarpi di Venezia. Nel comitato appaiono nomi di artisti e personalità di spicco dell epoca, quali Luigi Nono (professore di Disegno nel R. Istituto di Belle Arti di Venezia), Ettore Tito (professore di Disegno di figura nel R. Istituto di Belle Arti di Venezia), ovvero due dei protagonisti della pittura paesaggista non solo veneta, ma italiana dell Ottocento; Max Ongaro (direttore dell Ufficio Regionale per la Conservazione dei Monumenti del Veneto) e l ingegnere Antonio Orio, membro della Commissione ricostruttrice del Campanile di San Marco. In conclusione, Carlo Lorenzetti, visto il sentimento di profonda stima nutrito nei confronti del Naccari, risultato di anni di collaborazione professionale e artistica, invia per conoscenza all amico l opera che esporrà (o che ha appena esposto, non essendo indicata la data precisa nella dedica) alla Biennale, ovvero il gesso di Francesco Petrarca, primo sostenitore, già nel Trecento, della necessità per Venezia di possedere una biblioteca aperta al pubblico. La foto dedicata al Naccari testimonia non solo le attenzioni rivoltegli da uno dei principali artefici della scultura veneziana di fine Ottocento e primo Novecento, ma lo rende di diritto attore protagonista all interno di quella folta schiera di affermati artisti e professori che contribuirono a fare di Venezia la città cosmopolita che oggi conosciamo, grazie alla promozione e alla diffusione dell arte in tutto il mondo 8. Ora passiamo a una sintetica disamina della vita e delle opere di Aristide Naccari, senza la quale risulterebbe impossibile capire la connessione con Luigi Vendrasco e giungere alla stesura della biografia di questi. Lasceremo perciò in disparte volontariamente i primi due nuclei fotografici descritti in precedenza, per focalizzare la nostra attenzione interamente sul terzo; del restante materiale si effettuerà una breve analisi al termine del racconto.

37 La Cassandra di Venezia 37 Note 1 Le informazioni su Carlo Lorenzetti ricavate da testi a stampa sono esigue, come per la maggior parte degli scultori veneziani del tempo. Si offre qui al lettore un profilo ricostruito attraverso notizie estratte dai seguenti testi: G. LORENZETTI, Venezia e il suo estuario: guida storico-artistica, Trieste 1994; V. VICARIO, Gli scultori italiani: dal neoclassicismo al liberty, Lodi 1994; A. PANZETTA, Nuovo dizionario degli scultori italiani dell Ottocento e del primo Novecento: da Antonio Canova ad Arturo Martini, Torino 2003; F. FRANCO, voce Carlo Lorenzetti, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 65, Roma Di Annibale Forcellini parleremo articolatamente nel capitolo III. 3 C. BELTRAMI, Un isola di marmi: guida al camposanto di Venezia, Venezia Posteriore di molti anni (1919) è il monumento a Mario Conte: un bassorilievo in marmo nel quale Lorenzetti esprime in maniera allegorica e dettagliata la vicenda di cronaca che al tempo destò molto scalpore, ovvero l uccisione del venticinquenne Mario Conte, pugnalato di notte alla stazione di Venezia nel corso di un assalto alla cassaforte della linea dell alta velocità. 4 La marangona è l unica campana rimasta incolume in seguito al crollo del Campanile di San Marco (14 luglio 1902). Le altre quattro campane: la trottiera, la mezzana, la mezza terza, del malefizio (in quanto veniva fatta suonare in occasione delle sentenze capitali), andarono tutte distrutte. La marangona rappresenta quindi una Venezia che, seppur provata dal tragico evento, non si accascia, non muore, ma che grazie all animosità e alla laboriosità del popolo veneziano, si risolleva e, non a caso, la scultura rappresenta un gruppo di operai che è in procinto di estrarre la campana dal cumulo di macerie. Anche l anno in cui l opera viene presentata non è casuale: nel 1912 (il 25 aprile) verrà infatti inaugurato il nuovo Campanile, ricostruito com era e dov era. 5 Venezia per Pompeo Molmenti, in Gazzetta degli Artisti, 26 maggio V. nota 10, capitolo II. 7 AA.VV., Per il restauro della Cappella del Rosario nella Chiesa dei S.S. Giovanni e Paolo in Venezia, Venezia [1914?]. 8 A Sottomarina di Chioggia esiste, in Cale dei Bragadini, uno stupendo bassorilievo in bronzo del Lorenzetti. La scultura è inserita in una lapide apposta all esterno dell abitazione dei dott. Boscolo Mezzopan, e ritrae il sottomarinante Angelo Boscolo Bragadin, morto a Cittadella il 6 maggio 1921, nel corso di un incursione squadrista. Fatta incidere da i fascisti di Sottomarina in occasione del primo anniversario della morte, venne collocata nella piazza del mercato ortofrutticolo, presente allora lungo la riva nord del centro storico di Sottomarina, nei pressi della Corte Granda. La figura del Bragadin venne enfatizzata e strumentalizzata dalla più tarda propaganda di regime, che vide in lui uno dei primi martiri della rivoluzione fascista. Cfr. I. TIOZZO, I Nostri: note biografiche intorno a chioggiotti degni di ricordo, Chioggia 1928, pp ; G. SCARPA, S. RAVAGNAN, Chioggia nel 900 tra fascismo e democrazia: fatti, documenti e testimonianze per una storia locale, Padova 1986, pp (Quest ultima fonte cita erroneamente la collocazione della lapide nell attuale Piazza Aldo e Dino Ballarin).

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39 39 II. DA NACCARI A VENDRASCO Non spetta a chi scrive l arduo compito di redigere un profilo esauriente sulla vita di Aristide Naccari, bensì limitarsi a descriverne quegli aspetti essenziali che possano aiutare il lettore a farsi un idea di insieme sia dell uomo che dell artista. Troppo poco è stato scritto su questo nostro concittadino che fu non solo professore di Disegno e Calligrafia in Chioggia e successivamente all istituto Paolo Sarpi di Venezia, ma illustratore, architetto, critico d arte e conservatore di patrie memorie, nonché valente pittore; probabilmente, furono proprio la modestia e la grande umiltà, che ne caratterizzarono il temperamento e lo contraddistinsero da altre personalità del suo tempo, a ritardarne quel giusto riconoscimento che, a distanza di quasi un secolo dalla morte, così fortemente gli è dovuto. Tuttavia, seppure esigui, almeno rigorosamente documentati sono stati gli scritti redatti sinora 1, che ne evidenziano le vicende umane e professionali attraverso uno stile sobrio e non enfatico, essendo diffusa la tendenza, specie nei centri minori di provincia, a utilizzare spesso toni ampollosi nel rivendicare le gesta di qualche gloria locale. Non potevo quindi esimermi dall offrire al lettore una sintetica biografia del Naccari, utile a delineare i contorni storici e socio-culturali dell epoca in cui visse. Questo ci aiuterà a conoscere meglio il forte legame affettivo con Luigi Vendrasco, di cui fu galeotta Venezia, nella quale Naccari insegnava e Vendrasco svolgeva l attività di sorvegliante ai lavori di restauro di Palazzo Ducale. Aristide Naccari Aristide Naccari nasce a Chioggia il 27 aprile 1848, da Angelo e Maria Rosa, parimenti di cognome Naccari, nella Parrocchia di Sant Andrea Apostolo 2. Il padre, affittuario di alcune valli salse e al contempo possidente in Valleselle di Loreo, nella campagna di San Leonardo, sul ramo del Po detto di Fornaci, coltiva a livello dilettantistico una forte passione per la pittura, dimostrando una certa perizia nell esecuzione di acquerelli. Non

40 40 Luigi Vendrasco è un caso infatti se il Nostro, tra le molte abilità artistiche di cui darà prova, una nelle quali spiccherà per notevole padronanza, sarà per l appunto la pittura ad acquerello. Riceve i primi rudimenti scolastici e la prima educazione cristiana presso l Oratorio dei Padri Filippini di Chioggia 3, manifestando fin da subito una forte propensione per il disegno e le arti figurative in generale. Viene sottoposto alle cure di Padre DomenicoVianelli, abile incisore, e del fratello Giuseppe Maria, scultore e pittore. Successivamente, frequenta le prime classi del ginnasio presso il locale Seminario Vescovile, per poi continuare con le classi liceali a Venezia presso il Ginnasio Marco Polo, ove conseguirà la maturità classica nel Giungerà a iscriversi all Università di Padova, per frequentarne la facoltà di Giurisprudenza; più che di una scelta, si trattò sostanzialmente (come spesso allora accadeva) di un imposizione della famiglia, e infatti, dopo pochi anni, lascerà gli studi giuridici per dedicarsi interamente alla sua passione: l arte. Egli stesso dirà in alcune note autobiografiche conservate presso l attuale Archivio Diocesano di Chioggia: Il prof. Aristide Naccari abbandonò gli studi legali per darsi all arte, ma costretto da rovesci di fortuna toccati alla sua famiglia, dovette provvedersi le patenti di Disegno e Calligrafia e fu insegnante presso la scuola tecnica di Chioggia. Deciderà quindi di intraprendere un serio percorso di studi artistici anziché la carriera forense, assecondando di fatto la sua inclinazione naturale; si iscrive così alla Reale Accademia di Belle Arti di Venezia dove inizia lo studio approfondito del disegno e della pittura, ottenendo importanti riconoscimenti (risulta tra gli alunni premiati per saggi di studio durante l anno scolastico ). Vista in un ottica attuale, la scelta effettuata dal Naccari ci appare del tutto normale: oggigiorno molti sono gli studenti che, decisi a intraprendere un percorso didattico non esclusivamente artistico, decidono di lasciare Chioggia per stabilirsi in maniera stabile a Venezia; tuttavia, negli ultimi decenni dell Ottocento, non deve essere stato facile per un chioggiotto, seppure proveniente da una famiglia benestante, decidere di scindere di colpo il legame con la città, specie con quella Chioggia che faceva della propria insularità un vanto, pregiandosi di essere immune da ogni contaminazione culturale proveniente dall entroterra. Ma Naccari non si arrende: continua gli studi e il 12 aprile 1873 consegue l abilitazione all insegnamento del Disegno e il 14 settembre quella della Calligrafia, discipline che insegnerà presso la Scuola Tecnica Comunale di Chioggia 4, ove istituisce una scuola serale per artieri, disegnando modelli per mobili artistici, che gli stessi allievi eseguono nelle loro botteghe di artigiani, e allo stesso tempo insegna gratuitamente disegno e calligrafia ai maestri delle scuole elementari della città e dell intero circondario. Il suo animo prodigo e attento alle necessità espresse dalle classi più umili della città, si rivela appieno quando, nel 1882, decide di sostenere la Società di Mutuo Soccorso fra i Pescatori di Chioggia per mezzo della propria abilità di illustratore. Il pretesto fu l emanazione di un regolamento internazionale sulla segnalazione navale, da parte del Regio Ministero della Marina, il quale prescriveva l obbligo per alcune imbarcazioni, tra cui rientrava la quasi totalità dei bragozzi chioggiotti, di possedere a bordo una serie di attrezzature che si ritennero indispensabili alla navigazione notturna. Le attrezzature richieste non solo rivelavano l improbabilità di un eventuale utilizzo a bordo di un bragozzo, ma risultavano alquanto costose. Naccari elaborò per l occasione uno splendido disegno rappresentante la coperta di un bragozzo, riuscendo a definirne l intero equipaggiamento in un modo così minuzioso e aderente al naturale, tanto da riuscire a ottenere dal Ministero una deroga al provvedimento. L evento gli decretò una certa fama in patria,

41 La Cassandra di Venezia 41 annoverandolo tra i più accesi sostenitori delle istanze presentate dalla corporazione dei pescatori. Sempre nel 1882 esegue numerosi lavori, tra i quali ricordiamo: il progetto per il monumento a Vittorio Emanuele II, conservato presso la sala consiliare del Palazzo Municipale, l intero mobilio di questa (sostituito non molti anni fa in maniera frettolosa e malaccorta), nonché la ricostruzione, su incarico delle Regie Prefetture di Venezia e di Padova, degli stemmi araldici delle città 5. Sostiene e vince l esame di concorso a insegnante di Disegno presso l Accademia di S. Luca in Roma, risultando primo fra 27 candidati e, nel novembre dello stesso anno, ottiene la cattedra di Disegno presso il Regio Istituto Tecnico di Melfi. Qui svolge un intensa attività di illustratore pubblicando diversi lavori per L Illustrazione Italiana inoltre, incaricato personalmente dall onorevole Pietro Lacava, effettua una serie di eccellenti disegni di vedute della città che la Deputazione Provinciale di Melfi presenta a Re Umberto I. Lavora, e rimane corrispondente per ben cinque anni, per molte altre riviste illustrate dell epoca, quali L Illustrazione Popolare, L Arte Italiana Decorativa e Industriale, L Italia Agricola di Piacenza. Nel 1884 passa all Istituto Tecnico di Macerata, dove insegna anche presso il Convitto Nazionale Militare; anche in questo frangente sa rivelare le sue notevoli capacità di illustratore e di storico dell arte, ricevendo molti apprezzamenti dalle istituzioni locali 6. A tal proposito, di grande originalità e impatto visivo riuscirà il numero unico stampato nel 1887 sia a Macerata che a Chioggia in occasione dell inaugurazione della ferrovia Rovigo-Adria-Chioggia, che si preoccuperà di illustrare integralmente. In seguito a concorso riservato a docenti dotati di patente reale, in servizio presso regi istituti, nell agosto del 1889 viene trasferito presso l Istituto Tecnico di Venezia Paolo Sarpi, con decorrenza dal 1 ottobre 7. Quest anno assume una rilevanza particolare per il tema della nostra ricerca, perché rappresenta il momento in cui Naccari decide di stabilirsi definitivamente a Venezia (in contrada Santi Giovanni e Paolo dove, come vedremo, abiterà per un periodo anche il figlio di Luigi Vendrasco, Giovanni Antonio), ed è quindi probabile che l amicizia con Vendrasco padre sia scaturita, o si sia consolidata, in tale circostanza. Nel 1890 compie, presso la Regia Accademia di Belle Arti, un corso speciale di nudo e figura: Riportando nell esame finale punti 50 su 60. Egli è stato quindi dichiarato idoneo in tutte le materie dell insegnamento, che si riferiscono a questo ramo dell arte, ed abilitato ad intraprendere lo studio superiore della Pittura. 26 novembre Per l occasione riceve riconoscimenti relativamente alla sezione di anatomia; il 1890 rappresenta a tutti gli effetti l anno della sua maturità artistica, in cui si estrinseca in modo evidente il suo maggiore talento, quello del disegno. Contemporaneamente all attività di insegnamento presso l istituto Paolo Sarpi (che proseguirà fino al raggiungimento della quiescenza), svolge per conto terzi compiti di consulenza e progettazione artistica. Pur vivendo a Venezia, non evita di trascorrere i fine settimana nella nativa Chioggia per ricongiungersi al fratello Adolfo e alla sorella Ermenegilda (che non essendo sposata come il fratello Aristide, ne assumerà le cure fino alla morte) e rivolgere un amorevole sguardo ai numerosi nipoti; qui, nel 1894, viene incaricato si svolgere il progetto per il restauro del campanile della chiesa di San Giacomo Apostolo, da tempo inagibile. Il tentativo di restauro viene ritenuto inadeguato e il progetto di un eventuale ripristino e consolidamento viene in seguito abbandonato per procedere a una mera riedificazione. Questa terminerà nell aprile del

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