Sentenza n. 481/2010/A REPUBBLICA ITALIANA = = IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DEI CONTI SEZIONE PRIMA GIURISDIZIONALE CENTRALE

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1 Sentenza n. 481/2010/A REPUBBLICA ITALIANA = = IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DEI CONTI SEZIONE PRIMA GIURISDIZIONALE CENTRALE composta dai seguenti magistrati: Dott. Giovanni PISCITELLI Presidente Dott. Rocco DI PASSIO Consigliere Dott. Alberto AVOLI Consigliere Dott. Mauro OREFICE Consigliere Dott. Piergiorgio DELLA VENTURA Consigliere relatore ha pronunziato la seguente S E N T E N Z A nel giudizio di appello iscritto al n del registro di Segreteria, proposto dal sig. Alfo NUTI, rappresentato e difeso dall avv. Saverio Senese del Foro di Napoli e con il medesimo elettivamente domiciliato in Roma, Viale delle Milizie n. 9 presso lo studio dell avv. Giuseppe Mattina, AVVERSO la sentenza , n. 110 della Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la regione Umbria. VISTI gli atti e documenti di causa; UDITI, nella pubblica udienza del giorno 15 giugno 2010, il consigliere relatore dr. Piergiorgio Della Ventura, l avv. Giuseppe Mattina per l appellante, nonché il Vice

2 Procuratore generale dr. Francesco d Amaro; Ritenuto in F A T T O Con la sentenza in epigrafe il sig. Nuti è stato condannato al pagamento, in favore della regione Umbria, della complessiva somma di 7.746,86, oltre interessi legali dal deposito della sentenza al saldo e alle spese del giudizio. I fatti posti a fondamento della sentenza di condanna traggono origine dall intervenuta condanna in sede penale dell interessato, con sentenza del Tribunale penale di Perugia , n. 112, confermata dalla Corte d appello in data e infine dalla Corte Cassazione in data A seguito di dette pronunzie, il sig. Nuti veniva condannato a mesi 10 di reclusione con l interdizione dai pubblici uffici per i reati di cui agli artt. 476 e 479 c.p.p. (falsità in atti pubblici) poiché, nella qualità di responsabile p.t. del Servizio agricolo territoriale di Foligno, aveva attestato falsamente di aver compiuto accertamenti sul territorio al fine di rilevare le aeree danneggiate dagli eventi atmosferici del dicembre1992, indicando come danneggiati aree e fabbricati che in realtà non lo erano. Di qui la sentenza di condanna n. 110/2008, da parte della Sezione territoriale umbra di questa Corte dei conti, per il danno da disservizio (inteso come decremento della produttività funzionale della propria amministrazione), quantificato in 3.873,43, nonché per il danno all immagine del medesimo ente pubblico, determinato in ulteriori 3.873,43. = = Avverso la su citata sentenza ha interposto appello il Nuti chiedendone la riforma per i seguenti motivi: 1) Violazione dell art. 297 c.p.c.. Estinzione del giudizio per tardività della riassunzione dopo la sospensione per pregiudizialità penale disposta dal giudice (di cui all ordinanza n. 107 dell ). Osserva in proposito l appellante che la riassunzione è avvenuta in data 17 ottobre 2007 e cioè oltre il termine di sei mesi dalla conoscenza legale della

3 cessazione della causa di sospensione (termine che, secondo parte appellante, dovrebbe decorrere dalla lettura del dispositivo in udienza penale ex art. 545 c.p.p. e dalla motivazione redatta a norma dell art. 544 comma 1 c.p.p.); 2) Prescrizione dell azione di responsabilità; erronea valutazione di tardività dell eccezione ex art. 183 c.p.c. da parte del Collegio. In particolare, l appellante ritiene che l art. 183 c.p.c. sia inapplicabile al processo contabile, per la mancanza della figura del giudice istruttore; 3) Violazione dell art. 112 c.p.c..violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato sotto vari profili: a) insussistenza del danno all immagine; l appellante sostiene che la misura cautelare della sospensione dal servizio ha fatto venire meno la potenzialità offensiva del comportamento del Nuti, impedendo alla condotta illecita penalmente rilevante di esplicare riflessi sul piano della lesione dell immagine della PA, patrimonialmente valutabile come bene della vita; b) mancanza di prova del danno all immagine: la violazione dell art. 112 c.p.c. riposerebbe sull asserita, ma indimostrata, ampia risonanza in ambito locale della vicenda penalmente rilevante; c) insussistenza del danno da disservizio, che non potrebbe essere identificato con il versamento, nel periodo di sospensione dal servizio, dell assegno alimentare, che è dovuto per legge e non come compenso per prestazioni lavorative; d) mancanza di prova del danno da disservizio; 4) Mancato esercizio del potere riduttivo dell addebito da parte del giudice. = = Con le proprie conclusioni, recentemente depositate, la Procura generale della Corte dei conti ha chiesto che l appello venga respinto, ritenendolo infondato. Per quel che attiene alla presunta tardività della riassunzione del giudizio ad opera

4 del PM ai sensi dell art. 297 c.p.c., il Procuratore ritiene corretta la pronunzia impugnata, laddove essa osserva che l art 297 c.p.c. è da interpretare alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 34/1970, che ha ritenuto costituzionalmente illegittimo la norma nella parte in cui non dispone la decorrenza della causa di sospensione dalla comunicazione che ne abbiano le parti del processo sospeso; pertanto sarebbe da privilegiare l opzione interpretativa in virtù della quale la comunicazione deve operare nei confronti della parte titolare del potere di riassumere il processo sospeso (PM contabile), pena l irrazionale compressione di una facoltà processuale. Nella specie, prosegue la Procura, il principio della unicità dell Ufficio del PM non potrebbe giungere fino al punto di obliterare la distinzione che esiste in relazione alle diverse giurisdizioni (ordinaria e contabile) e, dunque, l accertamento della tempestività della riassunzione va svolto sempre per il Requirente - con riferimento alla conoscenza effettiva della cessazione della causa di sospensione da parte del PM contabile, non potendo detto termine farsi decorrere dalla diversa data della conoscenza da parte del PM ordinario (cita in proposito Corte dei conti, Sez. I, n. 266/2005). Sarebbe parimenti infondato il motivo d appello avverso il capo della sentenza appellata con il quale è stata dichiarata intempestiva l eccezione di prescrizione proposta solo il 21 febbraio e quindi non in occasione del deposito dei primi scritti difensivi - da parte dell appellante in occasione dell udienza del 25 gennaio 2000: l applicazione dell art. 183 c.p.c. (richiamato dall art. 26 R.D. n. 1038/1934) conduce infatti secondo il PM a dover dichiarare tardiva l eccezione non proposta nella prima udienza di trattazione della causa. Priva di pregio sarebbe poi al riguardo la deduzione dell appellante secondo cui l art. 183 c.p.c. sarebbe inapplicabile al processo contabile per la mancanza della figura del giudice istruttore, atteso che il rinvio dinamico al codice di procedura civile incontra come unico limite quello dell incompatibilità con la disciplina speciale e questo non è certamente il caso del regime delle preclusioni processuali, che interviene ope legis.

5 Nel merito, per il Requirente non sussiste affatto la dedotta mancata corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato ad opera del giudice. Per quel che attiene alla mancanza di prova sul danno all immagine, osserva la Procura che le misure reattive dell amministrazione nei confronti del dipendente, a fronte del riconoscimento dell esistenza del reato con sentenza penale irrevocabile, non possono di per sé eliminare il danno legato alla perdita di credibilità e prestigio dell amministrazione a fronte della condotta illecita posta in essere che si produce non appena diviene di dominio pubblico la fattispecie posta in essere. Sempre secondo il Requirente, sarebbe del tutto contrario alla logica ipotizzare che le misure cautelari e reattive dell amministrazione in sede disciplinare possano porsi come fattori impeditivi del sorgere stesso del danno, potendo al massimo operare sul piano della sua quantificazione in sede equitativa. Quanto alla mancanza di prova della notorietà della vicenda, la stessa sarebbe invece desumibile dal ruolo apicale rivestito dall appellante, ben conosciuto in ambito locale, e dalla importanza per la comunità amministrata delle provvidenze erogate a sostegno dell agricoltura, fattori questi che fanno ritenere al PM ampiamente provata la lesione, correttamente quantificata nel suo ammontare anche in relazione alla durata del comportamento illecito. Circa la mancata prova del danno da disservizio, ricorda la Procura che trattasi di tipologia di danno patrimoniale di consolidata elaborazione giurisprudenziale, il cui presupposto essa ravvisa nel venir meno del collegamento tra il potere svolto e la funzione pubblica perseguita. La fattispecie illecita accertata definitivamente in sede penale porterebbe nella fattispecie a veder ampiamente provata detta componente di danno, tenuto anche conto dei gravi errori cui - in conseguenza dell azione delittuosa dell appellante sarebbe incorsa l amministrazione regionale nell orientare la propria azione. Da ultimo, con riferimento alla doglianza relativa al mancato esercizio del potere

6 riduttivo, osserva la Procura che lo stesso è una facoltà del giudice e non un diritto della parte; nella fattispecie a fronte della gravità del comportamento, correttamente la Sezione territoriale, ad avviso del Requirente, non ha ritenuto dover esercitare tale potere. La Procura, conclusivamente, chiede che l interposto appello venga respinto con conseguente integrale conferma della sentenza appellata e condanna alle spese del doppio grado di giudizio. = = All udienza dibattimentale odierna, ha preso per primo la parola l avv. Mattina, il quale si riporta all atto scritto e ha chiesto l accoglimento dell appello proposto. Il PM insiste invece per il rigetto, affermando la piena sussistenza sia del danno all immagine che del danno da disservizio nell occasione. Non vi sarebbe poi questione di tardività nella riassunzione del giudizio, né potrebbe operare la prescrizione. D I R I T T O 1. In rito, va respinto il motivo d appello relativo alla violazione dell art. 297 c.p.c., con necessità di ritenere estinto il giudizio per tardività della riassunzione dopo la sospensione disposta con l ordinanza n. 107/2000; riassunzione avvenuta il 17 ottobre 2007, quindi secondo parte appellante - oltre sei mesi dalla conoscenza legale della causa di sospensione, che sarebbe da identificare nella lettura del dispositivo in udienza penale. Invero, come anche osservato dal primo Giudicante, l art 297 c.p.c. è da interpretare alla luce della sentenza della Corte costituzionale , n. 34, che ha ritenuto costituzionalmente illegittimo la norma nella parte in cui essa non dispone la decorrenza della causa di sospensione dalla comunicazione che ne abbiano le parti del processo sospeso; nella specie, ha affermato espressamente il Giudice delle leggi: risulta esistente il denunciato contrasto dell'art. 297, comma primo, del codice di procedura civile con gli artt. 3, comma primo, e 24, comma secondo, della Costituzione. Anche se appare razionale che sia assegnato agli interessati e non all'ufficio il compito di rimettere in moto il

7 meccanismo del processo dopo che sia venuta meno la causa della sospensione, non può dirsi legittimo il criterio secondo cui la decorrenza del relativo termine semestrale é ricollegata a fatti che, in ipotesi non eccezionali né rare (e tutte riflettenti la stessa esigenza), dalle parti del processo sospeso non sono conosciuti non solo all'atto in cui essi si verificano ma neppure successivamente, o sono conoscibili solo con l'impiego di una diligenza più che normale... Deve quindi dichiararsi l'illegittimità costituzionale della norma in esame, in parte qua, perché non fa decorrere il termine per la prosecuzione del processo civile sospeso dal giorno in cui le parti abbiano conoscenza della cessazione della causa di sospensione. Dunque, è del tutto logico ritenere che la conoscenza della cessazione della causa di sospensione del processo deve operare nei confronti della parte titolare del potere di riassumere il processo medesimo, cioè nel caso in esame il PM contabile, e non già come sembra adombrare parte appellante quello penale, che nessuna potestà ha in proposito: v. Corte dei conti, Sezione app. Sicilia, , n. 250 e , n Ne consegue che la tempestività o meno della riassunzione deve essere verificata con riferimento alla conoscenza effettiva (e, dunque, formale e qualificata) della cessazione della causa di sospensione da parte del PM regionale presso la Corte dei conti. Nel caso di specie, la Procura regionale presso la Sezione Umbria aveva ricevuto solamente in data 12 ottobre 2007 la comunicazione della sentenza della Corte di Cassazione n del 12 dicembre 2006, contenente la pronuncia penale definitiva nei confronti del sig. Nuti per i medesimi fatti oggetto del giudizio contabile. Pertanto, l atto di riassunzione, depositato il 17 ottobre 2007, si appalesa più che tempestivo. 2. Sono poi da disattendere, in via preliminare, le deduzioni di parte appellante laddove essa si duole del fatto che il primo Giudice abbia dichiarato intempestiva l eccezione di prescrizione, ai sensi dell art. 183 c.p.c., in quanto proposta dal convenuto non in occasione del deposito dei primi scritti difensivi né all udienza del 25 gennaio 2000,

8 ma solo con una successiva memoria depositata 21 febbraio 2008, in previsione dell udienza dibattimentale successiva alla riassunzione della causa. A tale riguardo e contrariamente a quanto opinato da parte appellante è da precisare che nel giudizio innanzi a questo Giudice contabile è perfettamente applicabile, in base al rinvio dinamico di cui all art. 26 del R.D. n. 1038/1933, il principio di cui all art. 183 del c.p.c., il quale prevede che entrambe le parti del giudizio possano, al più tardi nella prima udienza di trattazione, modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni già formulate [comma 4] ; e ciò, senza che abbia rilievo alcuna la mancanza, nel processo contabile, della figura del Giudice istruttore: cfr., in particolare, Corte dei conti, Sezione I app., , n. 381, ove si precisa che L'eccezione di prescrizione non proposta all'atto della costituzione in giudizio può ancora essere formulata durante la prima udienza di trattazione della causa, in quanto l'art. 183 c.p.c. prevede comunque la possibilità, per le parti, di precisare e modificare in tale sede le eccezioni già formulate, con salvezza della opportunità della controparte di richiedere termini a difesa ; v., ancora, Sezione III app., , n. 52, che chiarisce come In base all'art. 183 c.p.c. le eccezioni processuali e di merito, non rilevabili d'ufficio, devono esaurirsi nella prima udienza di trattazione della causa. Insomma, correttamente il primo Collegio ha dichiarato inammissibile, perché tardiva, l eccezione di prescrizione formulata, da parte convenuta, per la prima volta nel febbraio 2008, in un processo la cui prima udienza dibattimentale si era svolta nel gennaio dell anno 2000 (!). 3. Nel merito, l appello è infondato, sotto tutti i profili evocati dall appellante e, pertanto, deve essere respinto In primo luogo, vana è la pretesa dell appellante di far ritenere come errata la declaratoria di sussistenza di un danno all immagine, a causa della (affermata) mancanza di un clamor che giustifichi il danno all immagine dell amministrazione di riferimento (donde,

9 la dedotta violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunziato, di cui all art. 112 c.p.c.). In tema di danno all immagine, appare non inutile ricordare quanto affermato dalle SSRR di questa Corte con sentenza n. 10/QM del 23 aprile 2003: il diritto delle pubbliche amministrazioni alla tutela della propria immagine trova la sua garanzia nell'articolo 97 della Costituzione, per cui è interesse costituzionalmente garantito che le competenze individuate vengano rispettate, le funzioni assegnate vengano eseguite e le responsabilità proprie dei funzionari vengano attivate. Ove l'azione del pubblico amministratore o dipendente leda tale interesse, essa si traduce in un'alterazione dell'identità della pubblica amministrazione e, più ancora, nell'apparire di una sua immagine negativa, in quanto struttura organizzata confusamente, gestita in maniera inefficiente o, peggio, illecita (come purtroppo accaduto nel caso all esame). Sempre le Sezioni riunite, nella medesima sentenza n. 10/2003, hanno ricordato che per la sussistenza di un danno all'immagine è sufficiente che ricorra la lesione di un interesse, inteso come rapporto tra il soggetto e un bene: e l'immagine esterna della p.a. rientra, senza dubbio, tra tali valori primari protetti dall ordinamento. Ora, nell odierna fattispecie non può dubitarsi dell'allarme sociale generato dalla condanna penale di un funzionario regionale, responsabile del Servizio agricolo, per avere attestato falsamente l esistenza di aeree danneggiate da gravi eventi atmosferici: reati tanto più odiosi, in quanto diretti a danneggiare persone particolarmente bisognose e a lucrare sulla loro sofferenza, in una situazione di emergenza e difficoltà, nella quale al contrario sarebbe stato fondamentale, per la cittadinanza, sapere di poter contare sull opera disinteressata ed efficace e sul sacrificio di tutti i rappresentanti delle Istituzioni (specie quelle territoriali, più vicine ai cittadini). In tale quadro, giustamente il Collegio territoriale ha ritenuto che gli illeciti commessi dal funzionario abbiano assunto una valenza di particolare gravità e certamente hanno

10 creato un notevole discredito per il decoro della regione: circostanze, queste, più che sufficienti a provare l'esistenza del(l autonoma figura del) danno all'immagine azionato dal PM; danno che, diversamente da quello patrimoniale, consiste nel pregiudizio che il fatto arreca ex se alla personalità dell'ente pubblico. Tale pregiudizio è suscettibile non di risarcimento, ma di riparazione in termini economici, in quanto violazione di posizioni soggettive costituzionalmente protette (art. 97 Cost., cit.), come ormai è diritto vivente a seguito di numerose pronunce della Corte costituzionale e della Corte di cassazione (per le quali si rimanda alla già citata sentenza n. 10/QM/2003 delle Sezioni riunite), oltre che naturalmente di questa stessa Corte dei conti: cfr., ex plurimis, Sezione I app., , n. 122; id., , n. 128; id., , n. 3; id, , n. 24; Sezione II app., , n. 208; Sezione III app., n. 121/2004. Deve essere pertanto riconosciuta la sussistenza, nel caso di specie, del danno all immagine dell amministrazione, nella misura indicata dal primo Giudice (che, anzi, si è mantenuto in limiti più che contenuti); misura che questo Collegio d appello non ha motivo di non ritenere adeguata alla vicenda, alle caratteristiche e alla stessa gravità dell efficienza lesiva, nei confronti dell ente, dei comportamenti tenuti dall interessato Né potrebbe essere esclusa la sussistenza del danno da disservizio. In proposito, occorre premettere che il c.d. danno da disservizio è un istituto, elaborato già da alcuni anni dalla giurisprudenza della Corte dei conti, il quale presuppone un pubblico servizio al quale correlarsi, e consiste nell effetto dannoso causato all organizzazione e allo svolgimento dell attività amministrativa dal comportamento illecito di un dipendente (o amministratore), che abbia impedito il conseguimento della attesa legalità dell azione pubblica e abbia causato inefficacia o inefficienza di tale azione. In altri termini, può sussistere il danno da disservizio allorchè l azione non raggiunge, sotto il profilo qualitativo, quelle utilità ordinariamente ritraibili dall impiego di determinate risorse, così da determinare uno spreco delle stesse: si tratta, quindi, di un pregiudizio effettivo,

11 concreto ed attuale, che coincide con il maggiore costo del servizio, nella misura in cui questo si riveli inutile per l utenza. Il riferimento alla maggior spesa per il costo del servizio, connessa con tale figura, potrebbe evocare una diversa tipologia di danno, il c.d. danno da tangente, che ugualmente si collega ad un maggior dispendio di risorse pubbliche, ma che si caratterizza diversamente, in quanto riguarda le sole ipotesi dei contratti pubblici e costituisce una indebita maggiorazione del giusto prezzo a danno dell amministrazione e corrispondente, in genere, all importo della tangente ricevuta dal dipendente infedele; allo stesso modo, il danno in esame è anche diverso dal danno all immagine della p.a., che costituisce come appena visto - un danno non patrimoniale consistente nella lesione del bene immateriale della fiducia, del rispetto dell autorevolezza, della legittimità e dell imparzialità, di cui deve godere l ente pubblico. Il danno da disservizio, invece, attiene alla qualità del servizio e non alla sua materiale esecuzione. La giurisprudenza contabile lo collega, nel settore dei pubblici servizi, al mancato raggiungimento dell utilità che si prevede di ricavare dall investimento di una certa quantità di risorse, umane e strumentali (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale Trentino Alto Adige-Trento, 19 settembre 2005, n. 79; Sezione giurisdizionale Lombardia, 16 maggio 2000, n. 648), ovvero ai costi generali sopportati dalla pubblica amministrazione in conseguenza del mancato conseguimento della legalità, dell efficienza, dell efficacia, dell economicità e della produttività dell azione amministrativa (così Corte dei conti, Sezione giurisdizionale Basilicata, 22 marzo 2006, n. 83 e 21 settembre 2005, n. 198); nel caso di danno collegato alla commissione di reati, di solito corruzione o concussione, si è ritenuto costituisca danno da disservizio la spesa investita per l organizzazione e lo svolgimento dell attività amministrativa, in quanto non produttiva di risultati a favore della collettività (Corte dei conti, Sezione II app., 13 aprile 2000, n. 134 e10 aprile 2000, n. 125; Sezione giurisdizionale Veneto, 9 febbraio 2005, n. 304; Sezione giurisdizionale Marche,

12 11 gennaio 2005, n. 18). Per quel che riguarda la quantificazione concreta del danno da disservizio, essa è affidata, ai sensi dell art c.c., al prudente apprezzamento del Giudice, il quale comunque può riferirsi a parametri e criteri di determinazione sufficientemente sicuri, quali gli strumenti e le risorse, anche umane, impiegate dall ufficio in quell attività poi vanificata dal doloso comportamento dell agente, ovvero agli oneri connessi alla riorganizzazione, alle consulenze legali esterne ed al servizio di auditing impegnato nelle attività di indagine interna e di ispezione collegate ai fatti dannosi in questione. Questa Sezione prima d appello, in particolare (v. la sentenza 3 dicembre 2008, n. 532), ha di recente chiarito, in una vicenda simile a quella odierna, che L attività dolosa commessa da pubblici amministratori, consistita in percezione di tangenti per favorire illecitamente alcune imprese concorrenti nell aggiudicazione di appalti pubblici, incide negativamente sul generale funzionamento dell amministrazione di appartenenza, creando un indubbio disservizio e provocando uno specifico danno patrimoniale risarcibile per quanto attiene ai costi generali dalla stessa p.a. sopportati in conseguenza del mancato conseguimento della legalità, dell efficienza, dell efficacia, dell economicità e della produttività dell azione amministrativa. Nella stessa occasione è stato anche chiarito che il danno da disservizio inerisce non solo alla non giustificata retribuzione, indennità o analoghi emolumenti percepiti dagli autori del danno stesso, ma a tutti i maggiori costi dovuti allo spreco di personale e di risorse economiche non utilizzate in base ai canoni di legalità, efficienza e produttività; esso consiste quindi nell effetto dannoso causato all organizzazione e allo svolgimento dell attività di una pubblica Amministrazione, con una minore produttività della stessa, ravvisata sia nel mancato conseguimento della attesa legalità dell azione e dell attività pubblica, sia nella inefficacia o inefficienza di tale azione ed attività pubblica Il danno da disservizio costituisce un pregiudizio economico certo nell an, laddove sia stata fornita prova, da parte del P.M., che il perseguimento di fini diversi

13 da quelli istituzionali abbia comportato una perdita patrimoniale tangibile nelle casse dell ente, in termini di somme inutilmente spese per perseguire gli obiettivi stabiliti ma non raggiunti o di spese sostenute per ripristinare l efficienza perduta : quanto sopra si riporta anche per rispondere alle deduzioni di parte appellante, che afferma l insussistenza della voce di danno in esame, perché la ritiene (erroneamente) collegata con gli stipendi (rectius, i ratei di assegno alimentare) percepiti: mentre, invece, l orizzonte in cui si colloca tale lesione patrimoniale per la p.a., come appena chiarito, è ben più ampio. In sostanza, nessun dubbio sulla piena correttezza, anche su tale punto, della decisione di prime cure. 4. Va escluso, infine, un possibile vizio della sentenza impugnata, laddove essa non ha esercitato il potere di riduzione dell addebito, di cui all art. 52 del R.D. n. 1214/1934. Al riguardo, correttamente ha osservato il Procuratore generale controparte che il c.d. potere riduttivo costituisce una facoltà del Giudice contabile e non è certo un diritto della parte. La pacifica giurisprudenza contabile, peraltro, da sempre ha ritenuto che il carattere doloso della condotta escluda la possibilità di riduzione del quantum della condanna: v., ex plurimis, SS.RR., , n. 513/A; Sezione III d appello, , n. 228 e Sezione II d appello, , n Nella fattispecie, a fronte della gravità dei reati commessi, giustamente la Sezione territoriale non ha ritenuto dover esercitare tale potere, in piena coerenza (si ripete) con la pacifica giurisprudenza contabile, appena ricordata. 5. In conclusione, l appello proposto deve essere rigettato, con conseguente piena conferma dell impugnata decisione di primo grado. Parte appellante, da ultimo, deve essere condannata alla rifusione delle spese del presente grado di giudizio. P. Q. M. La Corte dei conti Sezione prima giurisdizionale centrale d appello, definitivamente

14 pronunziando, ogni contraria istanza ed eccezione reiette: RIGETTA l appello proposto, con conseguente integrale conferma dell appellata sentenza di primo grado; CONDANNA l appellante alla rifusione delle spese del presente grado di giudizio in favore dello Stato; spese che, all'atto della presente decisione, sono liquidate in _ 116,96 ( Cento= sedici/96). Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 15 giugno L'ESTENSORE F.to Piergiorgio Della Ventura IL PRESIDENTE F.to Giovanni Piscitelli Depositata in Segreteria il 26/7/2010. Il Dirigente F.to Massimo BIAGI

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