Lunedì 24 gennaio 2011 ore 20,30 Teatro Parrocchiale San Lorenzo di Minerbe. in ricordo della Shoah. Mai più

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1 ISTITUTO COMPRENSIVO B. Barbarani Via Verdi, MINERBE (VR) Tel / r.a. Fax C. F istituzionale: Sito: altra Lunedì 24 gennaio 2011 ore 20,30 Teatro Parrocchiale San Lorenzo di Minerbe in ricordo della Shoah Mai più Celebrazione della Giornata della Memoria con l intervento di Nedo Fiano, testimone diretto dell esperienza dell Olocausto nazista, sopravvissuto al campo di sterminio di Auschwitz

2 INTRODUZIONE Nedo Fiano nasce a Firenze nel 1925 e nel novembre del 1943 comincia il viaggio nell orrore della Shoah. Detenuto ad Auschwitz è liberato alle 15,15 dell 11 aprile 1945 dalle truppe americane nel campo di Buchenwal dove era stato trasferito dai nazisti in fuga. Per Fiano e per molti altri ex-prigionieri comincia, inizia il faticoso viaggio di ritorno verso la libertà e la vita, viaggio per tanti versi non ancora concluso. Dopo anni di trasmissione orale della Shoah, ha scelto di raccontare in un suo libro la sua esperienza che lo ha fatto giungere fino alla soglia dell inferno. Nedo Fiano dapprima torna nella Firenze in cui è nato, in seguito si stabilisce a Milano dove tuttora risiede. Nel 1949 il matrimonio con Rirì e la nascita di una grande famiglia che oggi conta tre figli e sei nipoti. Nel 1968 si è laureato alla facoltà di Lingue e Letterature Moderne dell Università Bocconi di Milano con una tesi sulla Letteratura della deportazione degli ebrei dalla Francia. Nel 1985 ha fondato a Milano uno studio per la consulenza aziendale. Nella sua attività professionale di manager ha ricoperto incarichi di Direttore Generale e Amministratore Delegato di importanti aziende. Ha affiancato al suo lavoro un intensa attività di conferenze e testimonianze sull Olocausto, in particolare presso scuole italiane e svizzere. È intervenuto a: Il fatto di Enzo Biagi, a Mixer di Gianni Minoli, al Maurizio Costanzo Show, a Matrix di Mentana, a Domenica in È un personaggio di spicco della comunità ebraica milanese ed italiana e ha contribuito come testimone alla realizzazione di numerose pubblicazioni sull olocausto tra le quali Destinazione Auschwitz, Proedi Editore e Voci dalla Shoah, La Nuova Italia. Consulente storico di Roberto Benigni nel film La vita è bella, Nedo Fiano ha raccolto la sua vita nelle pagine del libro A5405, il coraggio di vivere. A5405 è il numero tatuato, per sempre, nel lager sul suo braccio sinistro ed è anche il titolo della sua biografia attraverso un difficile viaggio nella memoria di quei giorni. In questo libro Nedo Fiano racconta la sua esperienza che non è solo l essere giunto sulla soglia dell inferno, ma anche trovare il coraggio di vivere ogni giorno con il peso del ricordo, di parlare di sé nonostante la terribile difficoltà che questo comporta: ed è un dono e un gesto di fiducia verso la capacità delle persone di saper ascoltare e di imparare dagli errori. Dice di lui Fiamma Nirenstein: Il racconto dell immane e, ancor oggi, incomprensibile marea di crudeltà abbattutasi sulla vita di quel giovane, amato dalla sua mamma, rende così grande l eroismo di chi sopravvisse e seguitò a vivere dopo i Campi da far trasecolare. Noi che camminiamo vicino a lui, o vicino ad un altro che sopravvisse ai campi di sterminio, non lo conosceremo mai veramente, non potremo mai davvero partecipare della sua vita e anche consolarlo fino in fondo: alla fine egli rimane solo, solo lui sa cosa incontra, solo lui sa chi sia davvero, rispetto alle sue in condivisibili esperienze, la persona appena salutata per strada, l oggetto quotidiano che usa, il suono di una parola o di un motivo musicale. Nedo con le sue memorie cerca ancora e ancora, dopo anni di trasmissione orale, di parlare di sé nonostante la terribile difficoltà che questo comporta: ed è un dono, e un gesto di fiducia verso la capacità delle persone di ascoltare, di imparare. Nedo ha sempre trovato l eroica determinazione di non deprimersi, di raccontare senza mai smettere ai suoi cari, nelle scuole, nei dibattiti pubblici. E tutte le volte che l ho sentito parlare mi ha investito la freschezza del suo dolore, il suo sguardo ancora di ragazzo sui ricordi, la sua purezza, le lacrime sgorgate come per una ferita appena inferta; la irrecuperabilità del senso del lutto, eppure la decisa volontà di farne qualcosa, di comunicarne l esperienza, di vivere e di guardare avanti, tutti sentimenti che ne fanno un testimone prezioso del nostro passato da conoscere ed ascoltare.

3 CELEBRAZIONE DEL GIORNO DELLA MEMORIA Il Parlamento italiano, aderendo alla proposta internazionale, ha istituito nel 2000 la Giornata della Memoria la cui legge dice: La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, Giorno della Memoria, al fine di ricordare la Shoah cioè lo sterminio del popolo ebraico, le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati. Quest anno la scuola, aderendo al dettato legislativo di riflettere sul tema, ha posto l attenzione sulla figura e l opera di Nedo Fiano. A 5405 IL CORAGGIO DI VIVERE I ragazzi leggono Nedo Fiano Pietro A 5405: una lettera e un numero per identificare un uomo. Quando il giovanissimo Nedo se lo è visto tatuare nell avambraccio non era tanto l inchiostro che andava sotto pelle a fargli male quanto la sensazione amara di essere considerato una cosa da inventariare, non più un uomo prezioso nella sua unicità. Ancor oggi quel numero è leggibile nella pelle dell uomo che testimonia da una vita quello che gli è successo prima e durante la seconda guerra mondiale. Primo Levi, sopravvissuto ai Campi di concentramento dice: È avvenuto, quindi può accadere di nuovo. Può accadere e dappertutto. A 5405 Il coraggio di vivere è anche il titolo del libro che il signor Nedo Fiano ha scritto nel A distanza di sessant anni i fatti si potevano giudicare con obiettività e i ricordi erano ormai sedimentati, ma non per questo meno vivi e dolorosi. Infatti il bel libro è un continuo rimando dagli spunti del presente ad ampi e nitidi ricordi del passato negli anni

4 Nedo Fiano ha dedicato l opera ai suoi cari che non sono più tornati: infatti lungo il filo del tempo di quei mesi ad uno ad uno vediamo nominati per tragici eventi tutti i componenti della sua famiglia fiorentina. Solo lui è tornato nella sua casa vuota. Ha dedicato il suo lavoro letterario alle generazioni future e a queste dedica tuttora la sua instancabile opera di testimonianza dall alto valore sociale perché crede fermamente nel dovere del ricordo. Egli ha sperimentato e raccontato i Campi di concentramento e di sterminio dove milioni di persone, negli anni della seconda guerra mondiale dal 43 al 45, erano stipate ed eliminate semplicemente perché considerate per vari motivi diverse. Nel suo caso il motivo era l essere ebreo. Ripercorriamo le sue vicende di quegli anni raccontate nel libro diviso a capitoli come segue, ma invitiamo a leggerlo integralmente perché è una testimonianza unica e perchè qualsiasi riduzione, per quanto buona nelle intenzioni, risulta inadeguata rispetto all emozione che suscita l originale Mamma, mamma arriva papà! Nedo era sempre il primo a sentire il suo fischio dalla strada, al suo rientro serale. Evviva, evviva, papà! Con la gioia della sua infanzia, correva da una stanza all altra, poi con mamma andava ad aprirgli la porta. Quando papà compariva finalmente sulla soglia di casa, gli saltava addosso, lo abbracciava forte forte e lui gli rispondeva con baci e carezze. Questo è l inizio del racconto da cui si intuisce che molto affetto circolava nella famiglia di Nedo nella quale egli si sentiva amato e protetto. Egli ricorda il bel sorriso della mamma che gestiva una piccola pensione ereditata dalla sua famiglia. Il figlio ne era divertito, aveva l occasione di conoscere molte persone e anche di mettere in luce i suoi talenti, come quello musicale, cantando per gli ospiti; la stessa dote gli sarà molto utile durante la prigionia. La mamma era una persona allegra e operosa che sapeva gestire la sua attività con grinta riuscendo ad ottenere piccoli successi economici che intendeva investire per indirizzare con orgoglio il figlio agli studi e alla laurea. Il papà lavorava alle Poste: bello, alto e sempre elegante gli dava protezione e sicurezza, lo rendeva orgoglioso perché era rispettato da tutti. Un ombra creava qualche discussione in famiglia: il fascismo, il cui regime compiva quasi il ventennio. La mamma Nella era antifascista, il papà invece ammirava Mussolini e aveva aderito al fascismo con convinzione. Nedo aveva un fratello più grande: mite, affettuoso, lavoratore infaticabile, protettivo nei confronti del fratellino dato che aveva dieci anni di più. La famiglia si allargò con il tempo ai nonni che condivideranno le tristi sorti della famiglia che era di religione ebrea, ma piuttosto laica. La libertà religiosa, in quegli anni, non era considerata un diritto fondamentale dell uomo, tanto che nel settembre del 38 iniziò la persecuzione antiebraica che segnò profondamente la generazione di Nedo e sconvolse la serenità della sua famiglia. Fu escluso dalla scuola maestosa e ricca di storia che frequentava con orgoglio. Aveva tredici anni e, come si può immaginare, provò angoscia e capì il reale significato della parola libertà proprio quando l aveva perduta. Lui dovette cambiare scuola e il papà il lavoro; seguirono mille restrizioni che ridussero notevolmente la libertà, anche la mamma restò senza la licenza per la pensione. Frequentò per quattro anni la scuola ebraica che lo vide impegnato e studioso. All alba dello scoppio della seconda guerra mondiale, quando il mondo esplodeva e si sgretolava annullando la speranza di un avvenire migliore, i banchi e i libri gli parvero una trincea di difesa. Ma dopo l armistizio i tedeschi, con la collaborazione fascista, procedettero alla deportazione degli ebrei italiani privati della loro cittadinanza e considerati cittadini di una potenza nemica. I Fiano, impauriti, tentarono di rifugiarsi presso una famiglia che si era dimostrata disponibile, nell eclissarsi di molti amici. Fu una lacerazione abbandonare la loro casa nottetempo, ma goderono di un ospitalità fraterna. Il tentativo non realizzò la salvezza: in tempi e luoghi diversi Nedo e tutti i suoi famigliari vennero arrestati.

5 Alle Murate di Firenze Il giovane Nedo incontra la volgarità e la rudezza del carcere, ma le sue esibizioni canore riescono a rallegrare il clima e nonostante tutto a tener vivo l ottimismo. Dopo due mesi, trattato al pari degli altri come un delinquente, venne trasferito al Campo di transito di Fossoli, in provincia di Modena, sotto il controllo degli SS. In quelle condizioni di vita ancora tollerabili rivide per l ultima volta il fratello e la sua piccola famiglia. Nonostante il comprensibile nervosismo per l imminente partenza per la Germania, nel Campo di Fossoli la gioventù emerge e Nedo ricorda le amicizie strette in quel periodo. Ricorda anche l arrivo miracoloso, nello stesso Campo, dei suoi genitori, provati ma ancora in salute. L abbraccio fortissimo gli sembrò quasi irreale. E quando si raggiunse un buon numero di prigionieri fu organizzato il trasporto per ignota destinazione. PRIMAVERA 1944 Nedo Fiano ricorda che i giovani come lui erano perfino allegri alla partenza, ma il convoglio di vagoni bestiame che li aspettava non lasciava ben sperare. Il destino era ignoto ed era motivo di scontro tra pessimisti e ottimisti. Tanti erano i diritti umani primari lesi in quell angusto spazio che si allontanava dall Italia e toccava via via città tedesche, cecoslovacche, polacche. Il viaggio durò cinque giorni ma sembrava senza fine. C era chi pregava, chi piangeva, chi guardava nel vuoto, chi pensava. Punto di arrivo il Lager di Birkenau: la ciminiera in funzione faceva pensare a uno stabilimento industriale. Il buio della notte accolse i deportati posseduti da una gran paura, ignari di quello che ne sarebbe stato di loro. La maggior parte era convinta di dover lavorare duro, ma non di rischiare la sopravvivenza. All arrivo i vagoni vomitavano persone di ogni età e condizione sociale che gridavano e cercavano i congiunti. Nedo non ha più dimenticato la mamma che in quel momento, intuendo la propria fine, reclamò un forte abbraccio. Infatti solo chi appariva più forte superava la selezione degli SS. I ricordi di quei mesi sono duri: i suoi bei capelli sul pavimento, la verità su quei forni sempre in funzione, i loro corpi che dovevano far fronte a una vita psichica e fisica devastante, esposti inermi al freddo, alla fame, alla violenza. In questa tragica situazione un opportunità insperata gli si prospetta: si propone come interprete bilingue dato che il nonno gli aveva insegnato il tedesco. Insieme ad altri duecento compagni accoglieva all arrivo i nuovi prigionieri tranquillizzandoli con pietose menzogne, rivivendo nel ricordo la medesima esperienza. Questo lavoro privilegiato, che gli procurava non pochi dubbi interiori, gli concesse condizioni di vita leggermente migliori, ma la vita ad Auschwitz era comunque un inferno senza tregua, una lotta costante per sopravvivere tra la brutalità e il terrore. La verità più tragica era rappresentata da quattro forni crematori attivi giorno e notte ad Auschwitz - Birkenau, destinati alla distruzione senza sosta degli ebrei europei. In quei mesi primaverili Nedo rimane il solo sopravvissuto della sua famiglia. Non rivedrà più la nonna che vede arrivare un giorno tra i prigionieri italiani; anche il papà, provato nel fisico e nella psiche, si ammala e condivide la fine letale dei prigionieri non più in grado di lavorare. Francesca

6 ESTATE 1944 Il Lager era anche luogo di ruberie e corruzione generale. I prigionieri provenienti da varie parti d Europa portavano con sé valigie, sacchi pieni di ogni genere di beni che, estorti alle vittime all arrivo, si accumulavano nel campo per venire poi meticolosamente selezionati e riutilizzati. Si può ben immaginare come ci fossero grossi traffici per appropriarsi di tali beni. È una realtà che Nedo ha conosciuto dato che, quando non arrivavano convogli di prigionieri, veniva assegnato a questo reparto del Campo. Del resto gli SS erano individui insensibili e corrotti, con gli istinti morali assopiti dal regime. Violenti e collerici erano anche i prigionieri elevati al rango di capi qualora fossero disposti a collaborare con i nazisti. Nedo racconta che era importante, anzi vitale, avere un occasione che li allontanasse in qualche maniera dalla loro pene, perché non bisognava pensare per non rattristarsi. Perciò i tipi buffi erano come una scialuppa di salvataggio. Anche lui in prima persona giovò a questo scopo, infatti la musica e il canto riuscivano a portare lui e i compagni con la mente fuori da quell orrore. Nedo riconosce che per sopravvivere occorreva una capacità reattiva sulla base di risorse interiori quali la fede religiosa o quella politica, ma anche gli amici, con i quali condividere umanamente la tragedia, erano un ancora di salvezza. E per Nedo c è Giulio Levi, di qualche anno maggiore, che rivela una straordinaria personalità. L amicizia, dice Nedo, fu fulminea sulla base di affinità di vario genere. Ancor oggi Giulio è parte di lui, dei suoi ricordi. Anche altri gli furono amici e insieme erano più forti: nei loro discorsi ottimismo e pessimismo si alternavano come le onde del mare che, infrangendosi sulla spiaggia, arretrano e poi ritornano. Rispetto a Giulio la fortuna di Nedo fu il saper cantare: esibendosi per i tedeschi riceveva in cambio il privilegio di un po di cibo, insperato in quel campo di affamati, che lo sottrasse dal rischio di morte per fame. Il protagonista racconta quasi incredulo che il pericolo gli dettò un azione rapida ma pericolosissima: ingoiò la carta dove c era il suo nome nell elenco dei prigionieri destinati a un nuovo Campo dalle condizioni di lavoro ben più pesanti. Per fortuna l operazione disperata riuscì. Insomma la vita di lui come degli altri era sempre in pericolo per i motivi più disparati, non da ultimo la malattia. Un prigioniero malato era condannato alla camera a gas anche perché il luogo chiamato ospedale versava in condizioni orribili, era già area di morte. Carlo Dilpreet

7 AUTUNNO - INVERNO 44 Ormai la guerra volgeva al peggio per i Nazisti, il cambiamento era ormai tangibile. All arrivo dei sovietici i Campi vennero evacuati. Nedo venne trasferito in un altro Campo vicino a Danzica presso il mar Baltico. Il lungo viaggio avvenne in mezzo a un paesaggio totalmente innevato. In un clima siberiano i loro vestiti erano ancora le casacche di cotone estive. Per un mese sperimentò un campo pessimo: affamati, bastonati senza motivo, per di più esposti al clima glaciale che gli portò via l amico Giulio. Pianse per la sua scomparsa mentre fuori ululava un vento furioso. In quei giorni Nedo per la prima volta ha temuto di non farcela più, le condizioni alimentari erano disperate e provocavano ogni giorno, insieme al freddo, tantissimi morti. Ma un nuovo trasferimento si prospetta al nostro giovane prigioniero. Il nuovo Campo, nel sud della Germania, era una grossa base tedesca per azioni belliche: qui per alcune settimane le condizioni di vita sono accettabili, non ci sono gli SS con i bastoni e i cani inferociti, ma alla fine della guerra mancano ancora quattro, cinque mesi. PRIMAVERA 45 I due mesi seguenti rappresentarono per molti aspetti uno dei periodi peggiori vissuti dal giovane. La sua forte fibra venne intaccata da problemi alla gambe dovuti alle condizioni di lavoro e alle percosse subite. Oltre al dolore, si è sentito nell anticamera della morte in quei giorni, perché un prigioniero malato era più degli altri destinato all eliminazione. Ma il ricordo dei genitori lo aiutò a non perdere la speranza, nonostante tutto. Fortunatamente il bisogno di cure immediate si incrociò felicemente con gli eventi della guerra che favorivano l avanzata degli Americani. Dopo una settimana dal suo arrivo nel Campo di Bukenwald visse i giorni incredibili della liberazione, ma anche il dover combattere per la sopravvivenza con cure e fisioterapia per recuperare la funzionalità della gamba. Nedo ricorda come l aiuto fraterno di amici fu determinante per farlo uscire dal tunnel. Ma i tempi del rientro sarebbero stati lunghi se, preso il coraggio a quattro mani, non si fosse unito a un gruppo di compagni per raggiungere l Italia con mezzi di fortuna. Viaggiò nei modi più disparati e dormì dove capitava concependo a fatica di essere libero. Rivide le città tedesche distrutte per effetto della guerra infinita e criminale. Finalmente fu a casa, a Firenze, dovendo ricominciare da zero, senza i suoi cari. Non gli fu facile ricostruire una nuova famiglia, avere fiducia nella vita e negli altri. Doveva tirare fuori tutto il suo coraggio, il coraggio di vivere. Dopo lo smarrimento e la grande stanchezza fisica, dei cugini gli aprirono il loro cuore e gli offrirono un lavoro che fu terapeutico per recuperare il rapporto con gli altri. La vita lentamente stava riprendendo il suo corso per lui come per l intera società, così un miracoloso recupero inonda ancora e dà un senso profondo alla sua esistenza. IL RICORDO Nel suo studio Nedo conserva un mattone sbrecciato e bruciacchiato del crematorio di Birkenau, testimone di molte crude vicende. Costituisce per lui uno sprone a testimoniare quanto è accaduto alla sua famiglia, lo aiuta a portare avanti la sofferenza di quel ricordo, a spiegare il perché di quella tragedia, a battersi in difesa della libertà, della solidarietà e dell uguaglianza. Riconosce gli elementi che gli hanno reso possibile venire fuori da quell inferno: la giovane età e il buon stato fisico, la conoscenza del tedesco e della musica, ma soprattutto la voglia di vivere, l ottimismo e anche il caso, lui dice, che lo ha privilegiato.

8 Così Nedo Fiano potrebbe rivolgersi oggi ai nostri alunni: Cari ragazzi, ero come voi, esattamente come voi, sorridevo come voi, pensavo e ridevo delle cose più tremende, perché il sorriso è il dono della vostra età. Avevo 18 anni quando sono stato arrestato e non avevo fatto nulla, non avevo assolutamente nessuna colpa, credevo nella vita, credevo nella famiglia, nei genitori e nel mio futuro. Sono stato messo in carcere, ho vissuto in carcere senza colpa, senza sapere quando mi avrebbero tirato fuori. Dal carcere sono stato portato al campo di concentramento, e dal campo di concentramento sono stato deportato al campo di sterminio. Ecco perché oggi vi racconterò l'inferno. Non vi parlerò del campo di concentramento ma del campo di sterminio, da cui non si può uscire vivi, né morti, perché dal campo può uscire solo l'anima, perché tu «uscirai dal camino». Tra qualche anno non ci saranno più persone che vi daranno la propria testimonianza così che possiate sentire qualche cosa di concreto di quel tempo lontano. Chi ha sofferto fa sua la sofferenza degli altri, sente un'affinità con chi soffre. Chi non ha mai sofferto non sa che cosa vuol dire soffrire. Diceva Socrate: «Solo chi è stato schiavo può capire che cos'è la libertà». Oggi è venuto da voi un uomo vecchio, provato per raccontarvi la sua storia. Il racconto di questa storia è un dono che io vi ho porto perché possiate meditarla e farne tesoro: io la metto a vostra disposizione perché è stata una grande esperienza; l'umanità ha bisogno di amore, ma anche l'amore è difficile perché è difficile donare. Una delle cose più grandi di cui l'uomo ha un bisogno insopprimibile è la libertà. Voi che, negli anni prossimi, avrete in mano il mezzo per difendere questa libertà, ricordatevelo: voi e soltanto voi avrete i mezzi per difendere la vostra libertà e la libertà degli altri. Voi sarete responsabili di preservarla, perché voi e soltanto voi sarete i protagonisti della vita. Non lasciate agli altri questo privilegio e leggete la Storia, cercate di capire cosa è successo e perché, e sappiate donare agli uomini quello che è il dono più bello: l'amore. Vi invito a farlo, siate bravi, siate responsabili, siate protagonisti. Nedo Fiano può Olga Soumia

9 Le risposte dei ragazzi Esperienze, riflessioni, disegni degli studenti CARO NEDO Chiara Chiara Greta

10 Il CAMPO DI FOSSOLI Da A 5405 Il coraggio di vivere Nedo Fiano Dopo due mesi, fummo trasferiti, ammanettati, incatenati e scortati dai carabinieri, dal carcere di Firenze al Campo di Fossoli, in provincia di Modena. Giungemmo a destinazione di prima mattina e notai che all ingresso sventolava su un alto pennone una bandiera nera con teschio e tibie incrociate. Un segno inequivocabile che stavamo passando sotto il controllo degli SS. La mia prima sensazione fu quella di entrare nella tana della belva perché, in fondo, il carcere da cui provenivo era ancora qualcosa che, nello stile e nell ubicazione, apparteneva alla mia città. Eravamo stanchi e carichi di valigie, di sacchi, ed eravamo soprattutto ansiosi di vedere cosa sarebbe accaduto: fu routine, cioè la consegna di valori e documenti, la registrazione dei dati di ognuno e l assegnazione della baracca dove avremmo alloggiato. Giunsero poi a confortarci le note di una fisarmonica suonata da un prigioniero e quella musica nostrana ci fece un gran bene. Eravamo ancora in una dimensione umana: le condizioni di vita non erano eccellenti, ma tollerabili. I nuclei familiari erano mantenuti all interno delle baracche dove erano state ricavate tante piccole stanze

11 Alunni classi VA e VB Scuola Primaria di Minerbe

12 BAMBINO: quello con il pigiama a righe. BAMBINA: quella con la valigia, Anna

13 BAMBINA: quella che viveva nascosta ad Amsterdam, Anna Frank. BAMBINO: quello che viveva felice a Firenze, tutto ricciolino, Nedo Fiano.

14 Una parola li accomuna: EBREO. EBREO, la parola che li esclude, che li emargina, che li fa DIVERSI. - Via da questa scuola! - Non sei più mio amico! - Io no ti conosco! - Tu non hai alcun diritto! DIVERSI però CONCENTRATI a FOSSOLI Fossoli, situato vicino a Carpi, in provincia di Modena, fu costituito nel 1943 vicino alla linea ferroviaria che conduce a Verona ed al Brennero. Venne utilizzato come punto di raccolta per inviare i deportati nei campi di STERMINIO tedeschi ed austriaci. Di forma rettangolare, di un chilometro per due circa, era formato da numerose baracche, recintate da un duplice filo spinato, fili elettrici ad alta tensione e con torrette munite di riflettori. Gli storici per indicare il massacro di sei milioni di ebrei compiuta dal regime nazista hanno adottato la parola OLOCAUSTO.

15 Conservo nel ricordo i colori di quel Campo in piena campagna, in mezzo i contadini che vedevamo intenti ai loro lavori e al governo delle loro bestie. I contadini passavano in bicicletta costeggiando il nostro reticolato e occhieggiavano verso di noi con palese solidarietà. Con mamma e papà potei passare del tempo durante la nostra permanenza al Campo. Il campo aveva il ristoro della natura e in quella primavera, era metà aprile, era lussureggiante, con farfalle, uccellini e profumi di ogni tipo. da A 5405 Il coraggio di vivere, N. Fiano Io ho voluto vedere Fossoli, camminare a Fossoli Io ho voluto vedere Fossoli, camminare a Fossoli, respirare l aria di Fossoli. Ci sono andata, con i miei compagni, proprio tre giorni fa e Il mio corpo e la mia mente, fin dal momento in cui mi sono alzata al mattino, erano cupi, pensierosi, mi sentivo pesante, solo al pensiero di vivere questa esperienza. Dopo aver trascorso un lungo viaggio, proprio come i deportati, sono arrivata al campo di Fossoli, dove ho avuto la sensazione di sentire le voci di tutte quelle persone che lì avevano sofferto, che mi dicevano MAI PIU!!! Davanti all entrata deserta, dove a quel tempo una fila di uomini attendeva la morte, noi abbiamo incontrato le nostre guide, che ci hanno portato a camminare sullo stesso terreno sul quale vagarono e morirono persone innocenti. Le baracche unico riparo per i deportati, sono in rovina, ma l unica integra, dove io ho ascoltato con l anima il passato di quel luogo, è formata da due stanze in cui dovevano vivere ben trecento persone, accovacciate in giacigli di paglia. In quel luogo ho sentito il freddo che saliva lungo le mie membra e ho pensato ai deportati, coperti solo da un pigiama di cotone ero INORRIDITA!!! Ci siamo quindi diretti verso l uscita: lì durante la seconda guerra mondiale, gruppi di uomini venivano ammassati su vagoni diretti alla MORTE Nel museo sono conservate testimonianze e resti materiali, che attestano ciò che è accaduto a Fossoli, ma il mio sguardo e la mia mente sono stati rapiti dalle frasi scritte sui muri; quelle parole prendevano volto: un volto dall espressione disperata, angosciata, rassegnata. La mia mente non riusciva a smettere di ripetere: E ORRIBILE! Al termine della giornata il mio volto non riusciva più a SORRIDERE!!! Camilla Camilla

16 FOSSOLI: - il primo gradino dell orrore - salire, salire, ammassarsi - in 850 nei vagoni, anche i bambini... Tratto da Se questo è un uomo di P. Levi E le madri vegliarono a preparare con dolce cura il cibo per il viaggio, e lavarono i bambini, e fecero i bagagli, e all alba i fili spinati erano pieni di biancheria infantile stesa al vento ad asciugare; e non dimenticarono le fasce, e i giocattoli, e i cuscini, e le cento piccole cose che esse ben sanno e di cui i bambini hanno in ogni caso bisogno. Non fareste anche voi altrettanto? Se dovessero uccidervi domani col vostro bambino, voi non gli dareste oggi da mangiare?...

17 I vagoni arrivano ad Auschwitz A notte fonda il convoglio entrò dentro il lager di Birkenau. C era un cielo stellato, di blu intenso. Dalle piccole feritoie del vagone vedevamo la prospettiva senza fine del Campo: centinaia, migliaia di piccole lampadine sul filo spinato. E delle fiamme altissime che si levavano da una ciminiera. È uno stabilimento industriale! disse la più parte di noi ci porteranno a lavorare come avevano fatto a Fossoli. Alle prime luci dell alba avvertimmo i passi di militari che si schieravano davanti ai nostri vagoni. Stavano aprendo: ALLE AUSSTEIGEN! LOS!! Sentimmo quell urlo ripetuto. Non tutti capivano. Eravamo giunti all Inferno. Da A 5405 Il coraggio di vivere

18 Auschwitz Son morto ch' ero bambino, son morto con altri cento, passato per un camino e ora sono nel vento. Ad Auschwitz c'era la neve, il fumo saliva lento nei campi tante persone che ora sono nel vento. Nei campi tante persone, ma un solo grande silenzio: è strano non ho imparato a sorridere qui nel vento. E ancora tuona il cannone, ancora non è contenta di sangue la belva umana e ancora ci porta il vento. F. Guccini E allora BASTA - Al silenzio, all omertà! - Agli orrori crudeli dell uomo! - All oppressione! Anna SÌ, invece - - Al rispetto della vita! - All amore fraterno! - All accettazione delle diversità! - All UOMO NUOVO! Ana

19 Note L attività è stata supportata: - dalla visione di due films: Il bambino col pigiama a righe e La vita è bella ; - dalla visione di un documentario; - dalla lettura di testi autobiografici: 1) La valigia di Hana 2) Il diario di Anna Frank 3) Gioco di sabbia di Orlev 4) A 5405 Il coraggio di vivere di Nedo Fiano - da riflessioni personali scritte e orali; - dalla visita guidata al campo di Fossoli; - dall incontro con l autore Nedo Fiano.

20 IL CAMPO DI AUSCHWITZ - BIRKENAU Da A 5405 Il coraggio di vivere Nedo Fiano Era piena di stelle la notte del nostro arrivo nel mare oscuro di Birkenau. Stavamo entrando in un luogo non ben definibile per il buio intenso della notte, ma percepivamo una nuova dimensione. Nei vagoni bestiame, dove eravamo stati rinchiusi per sette giorni e sette notti, eravamo posseduti da una gran paura. Malgrado il fetore prodotto dai rifiuti e dal cadavere che giaceva accanto a noi da cinque giorni, sporchi perché non ci eravamo mai lavati per tutto il viaggio, percepimmo che eravamo giunti alla stazione finale. Avevamo visto da una feritoia una fiamma gialla e sinuosa uscire da un altra ciminiera. La più parte di noi pensò che si trattasse di un edificio industriale. Eravamo lontani una galassia dall immaginare la verità I nazisti erano riusciti a ricreare nelle terribili condizioni del Lager il tipo di ebreo che la loro propaganda aveva assunto come modello. Per sopravvivere, gli ebrei e con loro anche le altre categorie di Häftlinge, dovevano trasformarsi in personaggi abietti, asociali e senza morale al punto che gli SS, più che assassini, giungevano a considerarsi dei benefattori perché capaci di eliminare esseri così spregevoli. Il lavoro era uno strumento nelle mani degli SS per sterminare gli Untermenschen (i sotto-uomini) e non serviva alla sopravvivenza dei prigionieri, bensì al loro annientamento. La vita ad Auschwitz era un inferno senza tregua, una lotta costante per sopravvivere tra la brutalità e il terrore. Fame, sete, sporcizia, squallore, malattie di ogni tipo, la violenza degli SS e dei Kapos erano il quadro costante di ogni giorno. Senza speranza e senza prospettiva alcuna, occorreva sopportare l insopportabile in condizioni al di là di ogni possibile descrizione. Vivevamo tutti in un gigantesco impianto per la produzione della morte. La verità più tragica è rappresentata dai quattro Forni Crematori, attivi giorno e notte a Birkenau, destinati alla distruzione senza sosta degli ebrei europei

21 Caro Nedo Fiano, come Lei ci invita a fare, io, insegnante di lettere nelle classi II B e III B, ho raccontato ai miei ragazzi la sua tragedia, incominciata nel 1938, quando uomini senza colpa sono stati cacciati dagli impieghi, dalle università, quando essi non potevano avere la radio in casa, né il telefono, né entrare nelle biblioteche,.ho letto che nel 1943 Lei e la sua famiglia siete stati costretti a fuggire dalla vostra casa e avete cercato rifugio un po dovunque. Lei ci racconta che molti amici dicevano a suo padre: Sì è vero, lo so, ma io ho famiglia, c è la legge che punisce chi ospita gli Ebrei, c è la pena di morte, come posso esporre la mia famiglia a questo rischio, non posso e presso un altra famiglia amica: Ma sai qui io ho la moglie che non sta bene. E così fino a che Lei ha trovato accoglienza presso la famiglia Corsi; ma la trappola è comunque scattata, è stato catturato come pure tutta la sua famiglia e da un giorno all altro è entrato nell inferno. Dai frammenti, con cui è introdotto ogni capitolo del suo libro, si coglie la fatica, l impossibilità di liberarsi dall inferno, ma anche la bellezza del ritornare a vivere nella normale quotidianità. Le sue parole sono quelle di chi non rinuncia a un impresa forse impossibile ma necessaria: dare voce al non esprimibile, ordire nel filo logico della narrazione ciò che sfugge o sembra sfuggire a ogni logica. Dopo decenni di incubazione e di silenzio Lei, come altri testimoni, superstiti della Shoah, comincia a parlare e a volere conferire alle parole la nota peculiare della testimonianza: ossia la nota del racconto dal quale fuoriesce per esuberanza di ricordo e di umanità, spesso anche di amore, qualcosa di originale, di talmente decantato e purificato dalla sofferenza, dal silenzio e dall ascolto, da assumere il significato e il valore del distacco storico e dell utopia, della speranza in un mondo migliore. Lei, raccontando, riesce però anche a dar vita ad una dimensione educativa ed esistenziale nella quale chi parla e chi ascolta trovano livelli metaforici e simboli d incontro, di interpretazione e di condivisione sul grande tema della vita. Pur tratteggiando una condizione tragicamente reale, nel suo libro, attraverso la presentazione chiara e sintetica del contesto storico e la rappresentazione della memoria arricchita dai frammenti, mantiene un equilibrio tra l elemento narrativo e quello riflessivo, anzi conferisce alla memoria stessa la concretezza degli eventi che si radicano nelle esperienze vissute ed elaborate nei lutti sofferti, nella dilatazione della coscienza sul passato e sul futuro attraverso la mediazione sui fatti del presente. Ciò è anche attenzione alla integralità della persona. Così facendo, Lei ci educa alla pace perché conosce il segreto del futuro del genere umano: avendo subito l odio e l aggressività può tagliare alla radice la disposizione dell uomo a prendere queste strade. Infatti c è una circostanza tipica in cui si dimostra che siamo educatori di pace o educatori di guerra, ed è l incontro con l altro, con il giovane che ha altre idee, altra cultura e non recepisce la certezza della testimonianza. Non è solo scarto generazionale, è soprattutto differenza sostanziale tra eventi culturali e tempi storici connotati da maturazioni genetiche che hanno modificato radicalmente visioni della vita e modalità di vivere la vita stessa e lo spirito dell educazione. Lei però certamente incontra i giovani raccontando la sua esperienza, ma soprattutto dimostrando il suo attaccamento alla vita. Insegnante delle Classi II B e III B A seguire le riflessioni degli studenti

22 Caro Nedo Fiano, Lei ha saputo incontrarci raccontandoci la sua esperienza, ma soprattutto facendo vibrare la sua parola sui valori che l hanno fatto vivere, costringendoci così ad un rapporto quasi personale con il suo doloroso argomento. Ecco allora che anche noi, dopo l ascolto della sua testimonianza scritta, in particolare della riflessione sulla vita nel campo l inferno come lei stesso lo chiama - abbiamo potuto apprezzare la conoscenza della sua persona e ci siamo in un certo senso riappropriati delle parole nelle quali abbiamo riconosciuto ancora il bello, il buono e il vero, insomma il valore dell uomo, delineando il suo campo, ma sovrapponendo su di esso un cielo. Il cielo sopra il Campo Il Campo Domenica B. quello della rampa, all arrivo dei deportati, del non - luogo, della non stazione con i tre binari e i dei suoi ricordi in bianco e nero, della marea di gente urlante e disperata, dell impietosa divisione delle famiglie, per selezionare, come da un gregge, chi sembrava più forte e più saldo. Gli altri, donne, vecchi e bambini, dovevano andare subito a morire per gas quello delle baracche, della testa rasata, dei pesanti zoccoli duri, imposti dalle SS per rendere goffi i movimenti, della tuta a strisce, delle gamelle poste da prigionieri affamati, della bocca immersa nella zuppa, come degli animali quello del trasporto dalla Francia, carico soltanto di bambini, tutti al di sotto dei sei anni, che giunge in piena notte quello dell ingresso nel campo a passo di parata, scandito dall orchestra del lager, del rituale della temuta conta di una durata indefinibile, tanto della sera quanto del mattino quello dell autunno polacco, freddo, che stava incalzando e che penetrava nelle ossa e mordeva il corpo indifeso quello della solita geometria del Campo e degli unici alberi visibili ad una certa distanza attorno ai Crematori, II e III, della natura che sembrava voler disertare quel luogo di morte, senza uccelli, senza farfalle quello del cumulo di cenere della madre, che sarebbe stato scaricato l indomani nella Vistola o nella Sola quello del convoglio arrivato dall Italia che trasportava nonna Gemma

23 quello del convoglio che arrivava alla non stazione, dal quale la gente non scendeva, ma era letteralmente vomitata dai vagoni come sabbia, sassi, materiale da costruzione, senza curarsi di farsi male quello della selezione, delle camere a gas, dei forni crematori quello delle furibonde risse tra prigionieri delle più disparate nazionalità, sedate dal Blockaltester con violente bastonate quello degli SS, squallidi personaggi che evitavano i rischi della prima linea al fronte di guerra quello dei cani dobermann minacciosi ed arcigni, istruiti per saltar addosso ai prigionieri strappar loro i genitali, per poi leccare il sangue al prigioniero che moriva con urla disperate quello dei Prominenten, crudeli, animaleschi, delle loro bastonate quello dei prigionieri affamati, disposti a tutto quello del campo speciale a cui è stato assegnato il suo papà quello del suo silenzio di fronte alle grida, e alle lacerazioni dei correligionari Ma sopra il campo c è il cielo e - la sua infanzia, la pensione Castiglioni, i suoi legami, - la sua famiglia, sua madre sempre accanto, con il suo Ricciolino mio - la dolcissima e curatissima nonna Gemma, afflitta da una dura sordità, - gli amici generosi, l ospitalità fraterna, - la piccola scuola, - l incauta libertà, - il canto, le amicizie e la solidarietà, - il cartellino con su scritto il nome del fratello Enzo, di sua moglie e del piccolo Sergio, - le note di una fisarmonica, - l abbraccio di mamma e papà insieme, - i contadini e le contadine con le loro vesti al vento, - il vento dei campi, l odore dei fiori, gli sguardi dei contadini, - il foulard di seta verde smeraldo, - il ricordo dell estate a Roma, la stagione dei colori, dei profumi e del caldo, - i suoi sentimenti, come onde del mare che, grandi o piccole, s infrangono sulla spiaggia, arretrano e poi ritornano. E poi ancora, ancora, all infinito, - la sua capacità reattiva, - la vita, valore irrinunciabile nelle nostre mani, - i suoi sogni, - l immagine della madre vestita di scuro, tenerissima e piena di paura, il suo abbraccio.

24 Caro Nedo, del tuo tragico racconto, mi colpisce direi davvero in modo lacerante il tuo arrivo al campo con gli altri deportati che non sapevano dove sarebbero stati portati. Eravate chiusi da sette giorni nei vagoni da bestiame, con la puzza dei rifiuti e di un povero signore morto. Quando siete arrivati alla stazione finale, tu sei saltato giù dal vagone e, confuso su cos era successo e dove ti trovavi, tua madre ti ha preso per la giacca e ti ha detto di abbracciarla perché non vi sareste visti mai più. Poi lei è andata assieme ad altre donne, mentre tu con tuo padre e con altri uomini. Successivamente siete stati rasati, vestiti con casacche a righe, zoccoli, e siete andati a lavorare, mentre tua mamma era già stata gassata e cremata. Michel Caro Nedo Fiano, la professoressa ci ha letto parte del libro A Il coraggio di vivere. Ci ha anche raccontato che voi ebrei, nei film e nei libri, eravate rappresentati come ladri o persone cattive e che, fuori dai negozi, c erano dei cartelli con impresso vietato agli animali e agli ebrei. Della lettura del terzo capitolo intitolato La fuga mi ha colpito la tua frase sentivo la sensazione di entrare nella tana della belva e ho provato un sentimento di paura e di ansia, come sicuramente hai provato tu in quel momento. Poi i patimenti, tutti quegli episodi che narri, sempre più terrificanti, mi hanno fatto sentire una profonda angoscia, anche se il ricciolino mio di tua madre mi commuove e mi fa sorridere. Credo che se non fosse stato per la mia professoressa di italiano, non avrei mai scoperto questo bellissimo libro perché a me non piacciono i racconti di guerra e di morte, però il tuo non è un semplice racconto e mi ha fatto capire cosa vuol dire vivere una vita. Io ti ammiro molto e non vedo l ora di conoscerti di persona. Arianna Caro Nedo Fiano, ho ascoltato in classe la lettura del tuo libro che racconta un momento della Shoah. Non posso nemmeno immaginare quello che hai provato in quel tragico periodo della tua vita. Dall emanazione delle leggi razziali in poi a te è stata tolta la libertà di andare a scuola, di entrare nei negozi, nei tuoi soliti luoghi pubblici, ma soprattutto è stata ferita la tua dignità. Sei stato arrestato senza nessuna colpa, deportato in un vagone da bestiame, bastonato, marchiato,... i tuoi cari sono stati gassati; nessuno di noi sopporterebbe di vedere che la propria mamma viene portata via per essere condotta alla morte! Ti ricorderò sempre, con la speranza che il nostro futuro sia segnato dall amore, dalla comprensione e dalla solidarietà, come tu ci insegni. Con affetto Riccardo Caro Nedo Fiano, l ascolto in classe della sua tragica vicenda al campo di sterminio è stato per noi alunni un momento di condiviso smarrimento e, l immaginare il dolore, la paura in quell inferno mi ha fatto sentire come l aprirsi di una voragine nel mio cuore. Come si può strappare all uomo il diritto della vita, dei suoi affetti, dei suoi sogni, delle sue speranze?! Lei deve essere stata una persona forte per riuscire a sopravvivere. A lei, al quale voglio bene, dedico questi versi che la mia anima mi detta: Fiamme giallastre / che escono da alti camini numerati / urla strazianti / incitazioni a lavorare / e accucciati in un angolo/ aspettiamo / la fine. Con affetto, Sara

25 Le condizioni di vita degli Ebrei nel campo di concentramento di Auschwitz descritte nel libro Il coraggio di vivere di Nedo Fiano sono disumane. Quando Nedo descrive il suo arrivo nel Lager, io provo spavento, sbigottimento, ribrezzo ma soprattutto rabbia, perché il modo in cui Egli ha visto le persone fatte cadere al suolo come degli oggetti o della merce di poco valore dimostra che gli S.S. non avevano il rispetto delle persone e della vita. Questa parte del libro in particolare, in cui Nedo è costretto a separarsi dalla madre che tanto amava e ammirava è un episodio duro anche per chi legge. Nel libro Nedo racconta di aver vissuto cose orribili e, visto che il suo lavoro era quello di trasportare i cadaveri dalla camera a gas al forno crematorio, ha perso subito la speranza per sé e per la sua famiglia di poter sopravvivere. Ha dovuto portare i cadaveri della sua gente. Secondo me questa forma di razzismo da parte dei nazisti nei confronti degli Ebrei, provocata da una stupida idea di razza perfetta e dalla paura di essere sopraffatti, è stata ignobile ed è amara ancor oggi; essa segna moralmente e culturalmente la nostra umanità. Nicola Le vicende di Nedo si sviluppano durante la deportazione degli Ebrei nei lager nazisti. Per sua fortuna Nedo riesce a sopravvivere alle torture fisiche e morali, diventando interprete per i deportati. Nedo aveva perso tutta la famiglia e si trovava solo a condurre i deportati alla morte nella camera a gas. Leggendo questo momento della sua vita, viviamo anche noi il suo dramma. L allontanamento dalla famiglia mi dà una sensazione terribile perché non c è dolore più grande di quello di perdere i propri cari e il lavoro che gli era stato assegnato non lo aiutava; per questo la sua storia ci scuote e ci provoca sensazioni di angoscia e disagio. I momenti in cui saluta la madre che viene poi portata nella camera a gas è un immagine molto forte, che esprime la difficoltà e il dolore a cui Nedo è sottoposto. Quando accompagnava i detenuti, Nedo era consapevole che conduceva quella gente alla morte; tali atrocità diventano ancor più terribili perché vissute da un ragazzo, ma assumono il significato di un grande insegnamento perché da esse Nedo Fiano fece emergere la sua comprensione dell importanza per la vita e l amore per i suoi cari. Alberto A 5405 Il coraggio di vivere è la storia di un ragazzo che è stato perseguitato e deportato nel campo di sterminio dove ha visto morire tra tante persone anche la mamma e tutti i suoi cari. Egli, risente su di sé l ultimo abbraccio con la mamma, rivive tutti i terribili momenti del campo. Anche a distanza di anni il ricordo del campo non è morto nel suo cuore: il tatuaggio sull avambraccio, il taglio dei capelli, la camera a gas, il crematorio sono ferite ancora aperte nella sua anima, ma egli trova il coraggio di vivere e di diventare testimone di questa tragica esperienza. È una storia che non può essere dimenticata ed è giusto mantenere vivo il ricordo di queste vittime di una follia umana. Chiara

26 RISORSE PER SOPRAVVIVERE Da A 5405 Il coraggio di vivere Nedo Fiano Un maresciallo delle SS, molto elegante, stivali lucidi e cane pastore, entrò e ci guardò con i tipici occhi vitrei dei nazisti. Era lo sguardo che si porge a degli scarafaggi, cioè senza nessun sentimento. Abbiamo bisogno di alcuni interpreti. Chi parla qui tedesco?. A quell invito alcuni compagni del nostro convoglio si precipitarono per essere esaminati. L SS li interrogò nervosamente e li respinse tutti. Io non avevo il coraggio di farmi avanti e me ne stavo da una parte, quando mi sentii sospingere dalla mano di mio nonno, quello che mi aveva insegnato il tedesco dall età di otto anni ( e che era morto nel 36, otto anni prima!). L ufficiale mi guardò con sguardo interrogativo: Da dove vieni? Dall Italia, signor maresciallo gli risposi. Sì, ma dove sei nato? Sono nato a Firenze, signor maresciallo! Caro amico, è incredibile! Sei nato nella più bella città che io abbia mai visti. È una meraviglia, ci sono andato spesso! È piena di opere d arte e di belle donne. Stupendo! Va bene, resta qua! Mi batté sulla schiena e mi aggregò a una squadra privilegiata Nel mio gruppo molti erano romani. E tutti erano dei bravi attori, capaci di raccontare senza sosta una quantità inverosimile di barzellette, che, per le risate che provocavano, erano per noi una straordinaria terapia per la sopravvivenza Anche il mio canto era una buona risorsa, perché la musica riusciva a portarmi fuori da quell orrore, a darmi, cioè, l illusione che non ero più nel Lager, ma a Firenze, nella mia casa, in libertà Così una sera, dopo l appello, entrai nella Stube del Kapo, accolto da un applauso di benvenuto Avevo un modesto repertorio e sapevo che avrei dovuto cantare senza nessun accompagnamento musicale. Così mi esibii in alcune canzoni uscite in Italia, con altre un po datate, qualche aria lirica Bohème, Aida, Turandot -, qualche motivo tedesco

27 Caro Nedo Fiano, noi ragazzi di 1 A della Scuola Secondaria di Primo Grado abbiamo appreso la storia della sua vita dalla lettura, assieme alla nostra insegnante di Lettere, di alcune pagine significative di A Il coraggio di vivere. In particolare ci siamo soffermati su alcuni passi della stessa per capire, attraverso le sue parole, come si viveva nel Lager, ma soprattutto come in mezzo a tante brutture morali e fisiche lei sia riuscito a farcela, e non solo, a non perdere fiducia nella vita e negli uomini. Gli alunni di 1^A Seguono alcune nostre lettere che abbiamo immaginato di inviarle per farle capire che i giovani dalle sue parole hanno imparato e impareranno tanto e che non potranno dimenticare, e che a loro modo cercheranno di portare avanti la sua testimonianza. Caro Nedo Fiano, ho letto la lettera che ha scritto alle giovani generazioni e mi ha fatto pensare a tante cose, soprattutto a quando era un ragazzo come me, allegro e spensierato, e di colpo si è trovato prigioniero in mezzo a tanta ingiustizia per motivi che io ritengo inesistenti; che cosa ha provato? Si rendeva conto di quello che stava rischiando? Tutta questa storia mi ha messo una profonda tristezza: pensare che l uomo può uccidere i suoi simili, adducendo motivi di religione o di razza diverse, sembra impossibile, eppure è stato così. Secondo me, fra qualche anno, quando non ci rimarrà nessuna testimonianza vivente di quel tempo lontano e terribile, si tenderà a dimenticare e a non credere che questo sia successo davvero. Mi impegno allora a studiare la storia e a cercare di fare qualsiasi cosa perché questa tragedia non si ripeta più. Gabriele Caro Nedo Fiano, leggendo il suo libro, ho capito quanto ha sofferto in quel campo di sterminio: vedere i suoi cari soffrire e morire in quel modo atroce, sentirsi uno scarafaggio, essere maltrattato solo perché era ed è ebreo, per me non ha senso. Lei ha avuto la fortuna di lavorare in una sezione del Campo privilegiata, avendo il compito di rassicurare la gente che scendeva dai treni, dicendo loro che non sarebbe successo niente. Quel lavoro lo ha aiutato a sopravvivere in quell inferno. Lei poteva salvarsi scappando con i suoi amici: perché non si è fidato a farlo? Noi ragazzi del 2011 siamo fortunati ad avere un testimone della Shoah che ci offre la sua esperienza: siamo da sempre abituati a studiare la storia nei libri ed è veramente interessante ascoltare dal vivo una persona che ci offre una pagina importantissima della storia del secolo scorso. A noi sembra impossibile che questi avvenimenti siano accaduti veramente, perché viviamo in un mondo completamente mutato da allora. Eppure le sue parole sono ancora oggi importantissime per capire che certi errori non vanno ripetuti; per capire insomma le ragioni di odio, violenza, discriminazione razziale: questo tema non è forse attuale? La sua esperienza è stata durissima, nessun uomo dovrebbe subire queste torture. Com è stato poi ritornare a casa e ricominciare una nuova vita? Le altre persone credevano ai suoi racconti o non ne parlava mai a nessuno? Comunque a me un insegnamento l ha dato: quello di non abbandonare mai le nostre idee e non perdere mai le speranze. Alberto

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