FONDATO NEL 1876 La copia dell opera Madonnina all Expo Sì dopo le polemiche di Giampiero Rossi a pagina 31

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1 GIOVEDÌ 26 FEBBRAIO In Italia EURO 1,50 ANNO N > Poste Italiane Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 conv. L. 46/2004 art. 1, c1, DCB Milano Milano, Via Solferino 28 - Tel Roma, Via Campania 59/C - Tel Professori e non solo CHI NON SI GUARDA ALLO SPECCHIO di Ernesto Galli della Loggia La decadenza di un Paese si misura anche dall incapacità della sua classe dirigente di vedere i propri errori, di discuterli e magari di correggerli. Ma la classe dirigente non è fatta solo dai politici. Ne fanno parte a pieno titolo pure le grandi corporazioni professionali pubbliche e private: l alta burocrazia, i magistrati, gli avvocati, i medici, i notai, i giornalisti, i farmacisti ecc. Da queste corporazioni però, dai loro «ordini» e associazioni, in tutti questi anni mentre il Paese si avvitava nella crisi, mentre mille nodi arrivavano al pettine non è mai capitato di ascoltare alcuna voce autocritica di qualche consistenza. A nessuno è mai venuto in mente di avere il più piccolo rimprovero da farsi. Nulla. Tutti innocenti. Tutti attenti solo al bene pubblico, si direbbe, alla deontologia professionale, al buon andamento delle cose. Del resto, come si sa, di qualunque cosa capiti in Italia la colpa è sempre e solamente dei maledetti politici. Della «casta» per antonomasia. E invece non è così. Parlo della situazione che conosco meglio, quella dell Università. Poche settimane fa sul Corriere, Gian Antonio Stella ha tracciato una radiografia spietata della composizione del suo corpo docente: «L età media delle varie fasce è impressionante: 60 anni gli ordinari, 53 gli associati, 47 e mezzo i giovani ricercatori (...); per ogni professore under 40 ce ne sono 474 ultrasessantenni». Siamo all ultimissimo posto tra i Paesi europei per presenza nell Università di docenti al di sotto dei 40 anni: l 8,8 per cento. continua a pagina 41 GIANNELLI FONDATO NEL 1876 La copia dell opera Madonnina all Expo Sì dopo le polemiche di Giampiero Rossi a pagina 31 La scrittrice che deve rimanere invisibile Elena Ferrante, senza volto, in gara allo Strega. Bene, ma ora niente ipotesi di complotto di Pierluigi Battista ra però basta con lo snervante discussificio sulle O sempiterne macchinazioni alle spalle del Premio Strega. Elena Ferrante ha accettato la candidatura. Ora si leggano i romanzi, suoi e degli altri concorrenti. Si voti. Si apprezzi la buona letteratura. Si parli di libri. E vinca il (la) migliore. La candidatura della Ferrante doveva portare un po d aria fresca nello Strega? Ecco, appunto. continua a pagina 51 con un articolo di Paolo Fallai IDEE& INCHIESTE MENO POTERI AI SINDACI Gioco d azzardo, cade il diritto di veto di Lorenzo Salvia llo studio del governo un A decreto legislativo sul gioco: dal prossimo anno, stop al federalismo dell azzardo, fine del diritto di veto per sindaci e assessori. a pagina 29 IL PRIMATO DI TORINO Trapianto di bacino Salvato un ragazzo di Mario Pappagallo a diagnosi era infausta: L osteosarcoma inoperabile. Ma al Cto di Torino, con un intervento di 12 ore, gli hanno sostituito metà bacino con una protesi in titanio e tantalio. a pagina 25 Personaggi Da dieci anni insieme Golino e Scamarcio si sposano in Puglia di Renato Franco a pagina 53 Servizio Clienti - Tel mail: servizioclienti@corriere.it Scoppia il caso dell opa Mediaset su Rai Way Il governo: «Per legge il 51% resta pubblico» Il governo prende atto dell offerta pubblica di acquisto e scambio (opas) presentata per Rai Way da Ei Towers (ovvero Mediaset). Ma l esecutivo avverte: il 51% della rete di diffusione del segnale Rai resterà pubblico. Sul fronte politico la mossa del Biscione è un caso. da pagina 2 a pagina 9 Buzzi, Conti, Massaro, Pica con la Nota di Massimo Franco e il retroscena di Francesco Verderami Legge di Stabilità Nessuna procedura d infrazione dalla Ue. Dubbi della Germania sulla Grecia Conti, l Italia passa l esame Il ministero dell Istruzione valuta sconti fiscali per chi sceglie scuole private In Venezuela Il fronte delle donne in nome dei figli uccisi Lilian, María, Mitzy Tre madri contro Maduro di Sara Gandolfi n prima fila ora a Caracas ci sono le donne. Lilian, María I Corina, Mitzy e le madri di centinaia di giovani uccisi o in carcere. Guidano, dalle piazze, la lotta al presidente Maduro. E, forse, daranno la spallata a un governo già in crisi per la caduta del prezzo del petrolio, la corruzione, il crollo dell economia. (Nella foto, da sinistra: María Corina Machado, Mitzy Capriles e Lilian Tintori). a pagina 21 POLITICA E POTERI Il conflitto di interessi che acceca noi e le tv di Daniele Manca i parla di conflitto di interessi. Ma di S fronte all operazione Mediaset-Rai Way occorrerebbe discutere di opportunità, investimenti, piani industriali. a pagina 40 ANSA / MIGUEL GUTIERREZ Nessuna procedura d infrazione per debito eccessivo e via libera alla legge di Stabilità. L Italia passa l esame della Commissione Ue, mentre la Francia ottiene due anni in più per riportare il deficit sotto il 3%, al costo di obiettivi rigidissimi. Il Parlamento tedesco si prepara a un sofferto sì al piano greco per ottenere la proroga di 4 mesi agli aiuti. In Italia, il governo valuta le detrazioni fiscali per chi va alle scuole private. alle pagine 10, 11 e 33 TASSE E INDAGINI Apple nel mirino dei pm di Milano dopo Google di Luigi Ferrarella e Google matura un intesa S fiscale da 320 milioni per il , non c è invece aria di accordi tra Procura e Apple, lontani su un supposto imponibile di 1 miliardo. E dopo i due dirigenti di Apple Italia indagati nel 2013, ora lo è anche un manager americano della casa madre. a pagina 13 IL RIASSETTO TELEVISIVO Tutte le ipocrisie di un falso pluralismo di Milena Gabanelli iassetto della Rai: per la prima volta, R dalla caduta del muro di Berlino, un direttore generale ci sta provando. Il modello di riferimento è il migliore: la Bbc. a pagina 9 CARDITELLO E LA CAMORRA In quella reggia si capirà se possiamo dirci un Paese civile di Gian Antonio Stella iantatela di parlare di «P Carditello o siete morti». C è una sola risposta che il governo può dare alle minacce contro Massimo Bray e Nadia Verdile, la cronista che da anni denuncia il degrado della reggia borbonica nella Terra dei Fuochi. Deve raddoppiare gli sforzi e gli investimenti e la presenza di agenti e carabinieri: la battaglia di Carditello va vinta. E la camorra deve uscirne umiliata. Ne va dell onore dello Stato. Cosa fosse Carditello i nostri lettori, dopo vari reportage, lo sanno bene. Era la Versailles agreste dei Borbone, progettata come reggia di caccia da Francesco Collecini, braccio destro di Luigi Vanvitelli, e poi trasformata in una villa delle delizie al centro di una tenuta agricola di oltre duemila ettari bagnati dalle acque dei Regi Lagni. Un luogo magico, che spinse Goethe a scrivere affascinato che bisognava andar lì «per comprendere cosa vuol dire vegetazione e perché si coltiva la terra (...). La regione è totalmente piana e la campagna intensamente e diligentemente coltivata come l aiuola di un giardino». continua a pagina 27

2 2 Giovedì 26 Febbraio 2015 Corriere della Sera Primo piano Il caso Polemiche per l opas di Berlusconi sul 66% della società di infrastrutture tv La sinistra insorge. L esecutivo: per decreto il 51% dovrà restare pubblico Rai Way, l offerta della discordia Matteoli La sinistra vuole impedire a Silvio anche di fare impresa Bersani Adesso aspetto soltanto che il Milan arrivi a comprarsi l Inter ROMA Rai Way resta al 51%, di proprietà pubblica, cioè della Rai. Lo ha ribadito il governo ieri pomeriggio con una nota ufficiale: «Anche considerata l importanza strategica delle infrastrutture di rete, un decreto della presidenza del Consiglio dei ministri del 2 settembre 2014 ha stabilito di mantenere in capo a Rai una quota nel capitale non inferiore al 51%. L offerta pubblica per Rai Way conferma l apprezzamento da parte del mercato della scelta compiuta a suo tempo dal governo di valorizzare la società delle torri Rai facendola uscire dall immobilismo nel quale era confinata. La quotazione in Borsa si è rivelata un successo». Infatti, come ha spiegato recentemente il direttore generale della Rai, Luigi Gubitosi, la vendita del circa 3o% delle azioni Rai Way ha fruttato un incasso di 280 milioni e una plusvalenza di 200. L offerta pubblica di acquisto e scambio (opas) per la rete di diffusione del segnale Rai sul territorio italiano presentata da Ei Towers (ovvero Mediaset, che ne controlla il 40%) non potrà andare interamente in porto così com è stata formulata con la richiesta di acquisto del 66%. Il governo è stato chiaro: bene l offerta, ma il 51% resta pubblico. E appare soddisfatto per aver «smosso le acque Rai» aprendo al mercato, anche a costo di attacchi e sospetti. La sintesi dei renziani è che l asset industriale resta solido, ma son finite le rendite di posizione dell era del duopolio. L Antitrust ha ricevuto «la notifica preventiva dell operazione di concentrazione consistente nell acquisizione del controllo esclusivo di Ray Way». L operazione sarà valutata entro i termini di legge sulla tutela della concorrenza per verificare «la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante sul mercato nazionale, in modo da eliminare o ridurre in modo sostanziale e durevole la concorrenza». Invece L Antitrust fa sapere di non aver ricevuto finora alcuna comunicazione circa «l eventuale concentrazione tra Mondadori e Rcs libri. Laddove venisse notificata sarebbe valutata sulla base dell articolo 6 della legge 287/90 che stabilisce il divieto di operazioni di concentrazione restrittive della libertà di concorrenza». La Consob ha già fatto partire gli accertamenti su Rai Way. È intervenuta anche la Rai, definendo l opas «non amichevole perché unsolicited, cioè non sollecitata». La proposta «presenta inoltre problemi per i multipli bassi, per l indebitamento e di governance sbilanciata». E poi «l attuale legge non consente l operazione» La levata di scudi è stata generale. Il primo a capire come stavano le cose è stato ieri mattina Michele Anzaldi, Pd, segretario della commissione di Vigilanza, che da anni segue la tv pubblica: «L offerta di Mediaset appare poco comprensibile, il governo è stato chiaro. Il Il consiglio del 2 marzo Rcs decide sulla vendita dei libri a Mondadori Rcs MediaGroup deciderà lunedì 2 marzo se avviare una trattativa per cedere le attività nei libri a Mondadori. Il consiglio di amministrazione del gruppo è stato convocato con all ordine del giorno l avanzamento delle cessioni e i progetti strategici in corso. Tra questi ci sarebbe anche la valutazione dell offerta non vincolante arrivata da Segrate. Sulla cessione si è espresso anche l amministratore delegato di Unipol (socio di Rcs MediaGroup con una quota pari al 4,6% del capitale) Carlo Cimbri secondo il quale è «dovere del management esplorare tutte le possibili soluzioni». L Antitrust ha precisato di non aver ricevuto alcuna comunicazione. L operazione porterebbe il gruppo della famiglia Berlusconi a controllare il 40% del mercato dei libri in Italia. decreto per la privatizzazione vincola la Rai a mantenere una quota di Rai Way non inferiore al 51%». Ma per tutta la giornata politica e mondo sindacale sono stati in fibrillazione. Il leader della Cgil, Susanna Camusso: «Mi sembra che si confermino le ragioni per cui ci eravamo opposti all alienazione di Rai Way». Pier Luigi Bersani su Twitter: «Prima Mondadori- Rcs, poi Mediaset-Rai Way: ora aspetto che il Milan compri l Inter». Arturo Scotto, capogruppo alla Camera di Sel: «Non vorremmo che quel patto del Nazareno uscito dalla porta rientrasse dalla finestra». L Usigrai, sindacato dei giornalisti Rai : «Chiediamo all Antitrust di aprire con urgenza un fascicolo. Si determinerebbe una concentrazione tale da mettere a rischio anche la libertà di informazione». Protesta invece Altero Matteoli, senatore di FI: «La sinistra e non solo, dopo aver impedito a Berlusconi di svolgere a pieno la sua legittima attività politica, ora vuole impedirgli l esercizio di quella imprenditoriale». Paolo Conti Commissione di Vigilanza Fico: io l avevo detto Aspetto ancora la querela dell ex premier La carriera Roberto Fico, 40 anni, è un deputato del M5S eletto in Campania. Ha fondato uno dei primi meetup «Amici di Beppe Grillo» nel 2005 Da giugno 2013 è presidente della commissione parlamentare di Vigilanza Rai MILANO «Mi aspettavo quello che sta succedendo, tant è che l avevo denunciato pubblicamente già a maggio dell anno scorso e Silvio Berlusconi a Porta a porta per le mie dichiarazioni mi diede del buffone e minacciò querela. La querela non è mai arrivata, in compenso è arrivata l opa di Mediaset tramite EI Towers su Rai Way...». Roberto Fico, deputato M5S e presidente della commissione di Vigilanza Rai, è un fiume in piena. E ribadisce: «Quello che è successo è una follia». Lei si è detto pronto a presentare una interrogazione parlamentare. Cosa farete d altro? «Chiediamo con forza al ministero dell Economia, al Cda Rai e all Antitrust di dire assolutamente no a questa operazione. Stiamo parlando di una rete dove passano le comunicazioni di emergenza militari e le intercettazioni ambientali dei magistrati». Ma il governo sostiene che il 51% di Rai Way rimarrà comunque in capo alla Rai. «Di quello che dice questo governo non mi fido. Si è parlato di collocare una quota prima del 10%, poi del 34%, ora del 49%. Si inizia in un modo e poi si finisce in un altro. E vorrei anche ricordare che già in altri casi, con i patti parasociali, alla fine la verità dei fatti è che è il privato che controlla e non più il pubblico». Lei tira in ballo il patto del Nazareno. «Io dico solo che è arrivato Renzi, si è incontrato con Berlusconi e poco dopo Rai Way è finita quotata in Borsa. Come denuncio da molto tempo, nel patto del Nazareno vedo una trattativa segreta, una trattativa in cui a mio avviso conta solo la politica degli affari al posto della politica del bene comune». Lei è a capo della Vigilanza Rai. Affronterete la questione anche in quella sede? «Probabilmente nel corso del prossimo ufficio di presidenza in Vigilanza cercheremo di convocare il ministro dell Economia Pier Carlo Padoan». Emanuele Buzzi

3 Corriere della Sera Giovedì 26 Febbraio 2015 PRIMO PIANO 3 Il retroscena di Francesco Verderami ROMA Sembra il figlio illegittimo di genitori che (per ora) si sono separati, il simbolo di ciò che era ma che potrebbe tornare a essere. Insomma l opas di Mediaset su Rai Way appare come il frutto tardivo del patto del Nazareno, formalmente seppellito, ma ancora così vivo nell immaginario collettivo del Palazzo da scatenare un putiferio simile a quello che provocò la norma «salva Berlusconi», introdotta da Renzi nel decreto fiscale di Natale. E mentre l interesse della Borsa è sui due titoli che schizzano, l attenzione della politica è sui quartier generali dell esecutivo e del Biscione. Perché dietro l operazione finanziaria, dietro stuoli di direttori ministeriali e legali di banche d affari, la battaglia pare concentrarsi su un solo punto: lo Stato può scendere sotto il 51% nel controllo delle torri Rai? È un interrogativo senza certa risposta, siccome la rigidità del decreto governativo si ammorbidisce tra le pieghe del prospetto informativo, e dunque italianamente sarebbe possibile l una e l altra cosa. Così in Parlamento il dubbio si trasforma subito in sospetto, i Cinquestelle riesumano l «inciucio», Bersani sente «puzza di bruciato»: «Chi può permettersi una simile operazione a Milano senza avere un appeasement con Roma? Chi può escludere si tratti di un intesa cordiale nazarena?». E per un giorno il «nazareno» risorge, con Forza Italia tutta schierata a favore della libertà del mercato e il governo impegnato a spiegare che trattandosi di asset strategico Rai Way era e resterà a maggioranza pubblica. Lo stesso concetto che il sottosegretario Giacomelli, titolare della delega alle Comunicazioni, ebbe modo di sottolineare a Confalonieri durante un incontro avvenuto prima della rottura del Patto tra Renzi e Berlusconi. Non che le relazioni tra i due si siano mai interrotte, ma in quell occasione, l esponente del governo e il presidente di Mediaset discussero sulla rete e anche sulla banda larga. E si interrogarono su come potesse svilupparsi in futuro una collaborazione tra il pubblico (che deve mantenere il golden power) e il privato (di cui c è bisogno per gli investimenti). Si capisce allora che l interrogativo dall incerta risposta è un falso problema. Il punto è la possibile intesa sulla «governance unificata», non certo la OPAS La parola Sedersi al tavolo con il governo La mossa di Mediaset Segnali e contatti prima dell iniziativa La possibile governance «unificata» battaglia sul suo controllo. Perciò la mossa del Biscione non coglie di sorpresa Palazzo Chigi, dove Giacomelli viene convocato dal premier di buon mattino. Al di là delle interpretazioni ufficiali, l opas di Mediaset non è considerata dal governo come un azione «ostile», semmai è un segnale di chi è pronto a sedersi al tavolo per discutere su un tema che vista anche l accelerazione di Renzi sulla riforma della Rai fa parte di un pacchetto complessivo, è al centro di una revisione strutturale del sistema che per importanza è pari alla revisione della Carta costituzionale. Niente guerra, si tratta. Sull asse Roma-Milano c è una comune interpretazione degli eventi, se è vero che anche lo stato maggiore di Mediaset accoglie di buon grado la nota pomeridiana del governo, giudicata come un «wait and see», L iter Rai Way è nata nel 2000 dal conferimento della proprietà delle infrastrutture e degli impianti di trasmissione della Rai Nel settembre scorso, dopo il taglio di 150 milioni di trasferimenti dal governo alla Rai, è stata quotata in Borsa una quota del 30 per cento Mediaset ha presentato un offerta pubblica di acquisto per rilevare, attraverso Ei Towers, il controllo di Rai Way L offerta pubblica di acquisto e scambio (opas) è una delle modalità di cambio di controllo di una società quotata in Borsa. La società acquirente propone ai soci della società target un controvalore misto, parte in contanti parte in azioni. Chi accetta incassa e diventa azionista della società acquirente o dell entità che nasce dalla fusione delle due. come un «prendiamoci del tempo per discuterne». In realtà della questione si discute ormai da tempo tra i vertici dell esecutivo e quelli del Biscione, dove certi messaggi sono stati decrittati prima di dare inizio all opas. E quei messaggi a sentire autorevolissimi rappresentanti dell azienda riferivano che da Roma «era giunto il segnale di fare della società delle Torri un asset più forte a controllo italiano». Così il frutto tardivo del vecchio Patto prende forma come i ragionamenti nel governo, dove rappresentanti di spicco scommettono su una ripresa dei rapporti da parte di Berlusconi dopo le Regionali. Devono saperne qualcosa del lavorio quotidiano a cui è sottoposto il fondatore di Forza Italia da esponenti della famiglia e dell azienda per la riapertura del dialogo con Palazzo Chigi. Si vedrà. Di sicuro le due storie I numeri LO STORICO I bilanci di Rai Way (Dati in migliaia di euro) (utile per azione 1,22) (utile per azione 0,43) (utile per azione 0,62) OGGI Il confronto tra i primi nove mesi del 2013 e del da Rai da clienti terzi da Rai da clienti terzi Ricavi altri ricavi servizi personale servizi personale quella politica e quella economica appaiono indissolubilmente intrecciate e ripropongono il tema del conflitto d interessi berlusconiano e degli interessi sul conflitto degli antiberlusconiani. Eppure, formalmente, governo e Mediaset discutono di infrastrutture. Con Palazzo Chigi che rivendica per la sua parte la «valorizzazione» di un asset come Rai Way e con il Biscione che sottolinea la bontà della sua iniziativa, «nata per migliorare un servizio e per metterlo al riparo dagli appetiti delle multinazionali straniere», così da restare «padroni in casa nostra». «E magari dopo Rai Way ci mettiamo anche Telecom» sussurra Bersani alludendo «al carrello della spesa di Berlusconi». D altronde, l ex segretario del Pd al divorzio tra Renzi e Berlusconi non ci crede, «non ci ho mai creduto». E mentre si attendono le prossime puntate di una storia che non finisce qui, il Parlamento torna a dividersi in curve da stadio come da copione ventennale. «Lo scontro tra mercato e politica, tra modernizzazione e immobilismo, non fa bene al Paese, disse tempo addietro il vicepresidente di Mediaset Pier Silvio Berlusconi. Una volta deposte le bandiere sulle rispettive gradinate, bisognerà capire se verrà trovata una soluzione al nodo delle infrastrutture. Per ora l o pas di Mediaset su Rai Way è vissuta in Parlamento come il frutto tardivo di un Patto che non c è più. Forse. Ricavi totali Utile operativo principali costi Utile operativo Il Patto In Parlamento in tanti vedono l operazione come il frutto tardivo del Nazareno Corriere della Sera le postazioni di Rai Way dedicate alla trasmissione e alla diffusione di segnali radiotelevisivi dislocate sul territorio nazionale 600 gli addetti tra ingegneri e tecnici impiegati nelle strutture Rai Way, che ha 23 sedi operative sul territorio, oltre a quella di Roma 150 le torri di trasmissione che superano i 50 metri di altezza. Rai Way utilizza anche ponti radio mobili e collegamenti via satellite

4 4 Giovedì 26 Febbraio 2015 Corriere della Sera

5 # Corriere della Sera Giovedì 26 Febbraio Primo piano Il caso Gli scenari e i conti Chi controlla le torri La galassia Berlusconi TUTTE LE ANTENNE IN ITALIA (*=dopo la vendita ad Albertis di torri Wind) Totale torri Mediaset Televisione e cinema 34% Fininvest 23,956% Molmed Telecom Italia Vodafone Albertis* 3 Wind* EI Towers I NUMERI DEGLI AMERICANI (Ricavi in milioni di euro e valore in Borsa in miliardi) American Towers Crown Castle Sba communication EI Towers Rai Way Ricavi Valore in Borsa 33,0 25,4 13,4 1,4 1,1 Ev/Ebitda 16,7 17,7 18,3 10,8 11,0 Rai Way Corriere della Sera L affare delle antenne tv La Borsa scommette (e guarda Telecom Italia) Mondadori Editoria 50% A.C. Milan Sport 100% 36% Mediolanum Servizi finanziari 100% Teatro Manzoni Teatro 2,06% Il morso del Biscione Dai libri alle banche la strategia Fininvest Mediobanca (di cui 1% vincolato al patto di sindacato) Corriere della Sera Se dopo l offerta di acquisto e scambio da 1,22 miliardi di euro lanciata da Mediaset era scontato che Rai Way salisse in Borsa, non lo era che guadagnasse pure il compratore Ei Towers. Invece la società delle torri al 40% della famiglia Berlusconi, che ha lanciato l opas nella notte tra martedì e mercoledì, ha segnato ieri un sonoro +5,26%, trascinandosi anche la controllante Mediaset (+1,35%). Dal canto suo Rai Way si è avvicinata al prezzo di offerta di 4,50 euro (3,13 in contanti, il resto in azioni Ei Towers) chiudendo a 4,05 euro (+9,46%). Il risultato è clamoroso specialmente per la controllata Rai +52% dalla quotazione dello scorso 18 novembre ma non coglie di sorpresa osservatori e analisti: sul mercato si assiste da tempo a una autentica corsa alla conquista delle torri, cioè alle reti fisiche di antenne e celle che consentono di ricevere i segnali tv del digitale terrestre, delle radio, dei telefoni mobili. Si tratta di un infrastruttura strategica per il Paese, che rende molto e che può offrire nuove possibilità di guadagni con l evoluzione delle tlc. In particolare sono appetite le reti cellulari, più evolute rispetto a quelle tv (cosiddette «broadcasting»), che operano in un settore considerato maturo. Oggi il mercato italiano è frammentato: le torri installate appartengono per oltre un quarto a testa a Telecom Italia e Vodafone, poi seguono Abertis, H3g, Wind, e in coda Mediaset dell allora presidente Rai Roberto Zaccaria e del direttore generale Claudio Cappon venne bocciata dal ministro delle Comunicazioni del governo Berlusconi, Maurizio Gasparri. Ufficialmente per motivi di governance. Ma l opposizione sollevò invece il sospetto del conflitto di interessi, aprendo uno scontro politico durissimo. Fabrizio Massaro fabriziomassar0 CITY BREAK ATENE DA MILANO BERGAMO BRATISLAVA Quale smobilitazione, la galassia Berlusconi è più combattiva che mai. Nell Italia distratta e in saldo, con i tassi d interesse a zero, se ne inventa una al giorno. Fatta eccezione per il Milan che certo merita una riflessione a parte, la Fininvest non vende le sue ammiraglie, a pezzi o in toto come pure qualcuno scriveva solo poche settimane fa, pronosticando la conclusione della parabola imprenditoriale del fondatore dell impero tuttologo, dalla tv al cinema, dai libri alla banca. La Fininvest è «compratore» come si dice in finanza e dunque detta l agenda dentro e fuori Piazza Affari. Con un passo e colpi di scena, come lo sono le offerte di Mediaset per Rai Way e di Mondadori per Rcs Libri, da far spendere nelle sale operative battute come «Silvio is back», Silvio è tornato. Sarebbe un errore però sottovalutare ruolo e peso crescenti della presidente della Fininvest e della Mondadori, la primogenita Marina, alla quale si deve la regia dell offerta non vincolante sui libri Rizzoli, controllata del gruppo che edita il «Corriere». Le munizioni non mancano alla holding che ha appena incassato 377 milioni dalla vendita del 7,79% di Mediaset, una dismissione che lascia saldo il controllo (al 34%) e consente «diversificazioni» negli investimenti mobiliari sulle quali non è stato alzato il velo. Per il momento è chiaro che i progetti delle controllate, qualora si concretizzassero, viaggerebbero autonomamente, finanziati a debito. In particolare per l acquisto delle torri Rai è già pronta la copertura di JPMorgan. Dal bilancio 2013 (ultimo disponibile) zavorrato dal rosso di 428 milioni dovuto quasi per intero all assegno versato a Carlo De Benedetti per il lodo Mondadori, il quadro è andato migliorando in Fininvest, dove tra l altro i soci (le quattro finanziarie di Berlusconi, più le altre tre, una ciascuna i due figli maggiori, una per i figli di Veronica, Eleonora, Barbara e Luigi) Il precedente del 2001 Rai fu vicina a cedere il 49% di Rai Way all americana Crown Castle ma l allora ministro delle Comunicazioni Gasparri bloccò l intera operazione «Compratore» Fininvest è di nuovo compratore sul mercato e non molla la presa su Mediolanum. Ma le perdite del Milan sono alte (2.700) e Rai (2.300). In altri Paesi esistono solo uno-due campioni nazionali, dalle dimensioni colossali: in Usa i gruppi American Towers e Crown Castle valgono 33 e 25,4 miliardi di euro. Il consolidamento è però partito: sul mercato si è affacciata Wind offrendo al miglior offerente oltre torri. Alla fine di una gara a quattro, cui ha concorso anche Ei Towers, l ha spuntata il gruppo spagnolo Abertis con una valutazione considerata enorme, 800 milioni di euro, pari a 15 volte i margini operativi. Ora tocca a Telecom Italia. Il gruppo guidato da Marco Patuano si prepara a quotare il 30-40% della sua società delle reti, Inwit: circa 11 mila torri valutate oltre 1 miliardo di euro. Chi comprerà? Secondo rumor circolati ieri, qualora Mediaset non riuscisse nell operazione Rai Way e il governo ha già opposto uno stop gli 800 milioni di finanziamento che le banche hanno messo a disposizione di Mediaset potrebbero essere dirottati verso le antenne di Telecom Italia, secondo qualcuno il vero obiettivo di Berlusconi. Il mercato ha fiutato l affare e Telecom ieri ha guadagnato l 1,5%. Ma la strada non è mai sgombra di ostacoli quando c è di mezzo la Rai, figuriamoci quando è coinvolto anche Berlusconi. Nel 2001 fu clamorosa la bocciatura della vendita del 49% di Rai Way ai texani di Crown Castle, che in cordata con Poste Italiane offrivano 409 milioni. La scelta DA MADRID LE TARIFFE PIÙ BASSE D EUROPA Tariffe per voli di sola andata a partire da. Prenota entro il 31/03/2015 per volare tra il 01/04/2015 ed il 31/05/2015. Da prenotare almeno 14 giorni prima della partenza. Promozione soggetta a disponibilità, limitazioni, termini e condizioni. Maggiori informazioni su Ryanair.com. Tariffe più basse d Europa in base a un confronto tra la nostra tariffa media e quella dei nostri concorrenti, considerando il totale dei ricavi diviso per il totale dei passeggeri di Ryanair e dei nostri concorrenti. hanno lasciato i dividendi in cassa. Nel consiglio della holding è tornato nel giugno scorso il vicepresidente operativo di Mediaset, Pier Silvio, dopo la conquista dei diritti Champions League e delle prime otto squadre di serie A e in vista della partita delle alleanze nella pay tv che potrebbe portare a breve nel capitale di Mediaset Premium, neocostituita spa, accanto agli spagnoli di Telefonica, i francesi di Canal Plus e la Vivendi di Vincent Bolloré. Quest ultimo, socio forte di Mediobanca, si appresta a diventare anche primo azionista di Telecom. Berlusconi non molla la presa nemmeno sul fronte bancario, la Mediolanum di Ennio Doris, della quale è socio da sempre. Alle richieste della Banca d Italia di ridimensionare la quota al 9,9% per il venir meno dei requisiti di onorabilità in seguito alla condanna per frode fiscale, l ex premier ha reagito con un ricorso sul quale il Tar del Lazio si esprimerà il prossimo 4 aprile. Infine, il Milan. Qui sì che il piano è inclinato. La Fininvest smentisce la vendita tout court del team cogestito non proprio in sintonia da Barbara Berlusconi e Adriano Galliani. Ma quanto a lungo potranno essere sostenibili milioni di perdite all anno? Paola Pica paolapica

6 6 Giovedì 26 Febbraio 2015 Corriere della Sera Primo piano La tv pubblica La Nota di Massimo Franco I TIMORI DI PALAZZO CHIGI PER UNA RIVOLTA TRA I DEMOCRATICI Le parole del sottosegretario Graziano Delrio sono un impasto di cautela e di laconicità. Il braccio destro di Matteo Renzi ieri è stato quasi evasivo quando gli è stato chiesto che cosa vuole fare il governo sulla Rai. L ipotesi di un decreto ha incrinato non tanto il rapporto con il Sel e col presidente della Camera, Laura Boldrini. La sensazione è che Palazzo Chigi tema un altra rivolta in un pezzo di Pd: come se nella parola d ordine del premier sull urgenza di cambiare le regole della tv di Stato i suoi avversari intuissero la volontà di monopolizzarla. La polemica sul ricorso alla decretazione e sull esautoramento del Parlamento riflette questa tensione. È un altolà a Renzi. E il presidente del Consiglio l ha capito così bene da programmare per venerdì una riunione con i parlamentari, nella quale discutere insieme una serie di problemi: Rai inclusa. «Si valutano le cose per la loro necessità e urgenza. Se non c è niente di necessario e urgente non si faranno decreti, altrimenti sì», ha spiegato ieri Delrio. È un invito alla discussione e insieme un larvato ammonimento a non mettersi di traverso: scontro che ha portato le minoranze a uscire dall Aula sulle riforme costituzionali. Ripetere il canovaccio della rissa si preannuncia rischioso, sebbene Renzi abbia i numeri in Parlamento e finora sia riuscito a piegare l «altro Pd». Le novità, stavolta, sono lo scontro esplicito con il vertice della Camera dei deputati; e la coincidenza con la proposta di acquisto di Rai Way da parte di una società controllata da Mediaset: mossa rispetto alla quale il governo ricorda l esigenza di mantenere il 51 per cento in mano pubblica. Ma questo non basta a quanti sono convinti che dietro ci sia l ombra del patto del Nazareno Renzi-Berlusconi. Ufficialmente, è morto e sepolto. Eppure, la Due ipotesi per la riforma della Rai Il premier sceglierà entro domenica Fondazione o un sistema duale di gestione. E resta in campo l opzione del decreto ROMA Chi è vicino a Matteo Renzi ci scommette: entro domenica il presidente del Consiglio deciderà sul complesso nodo della Rai, soprattutto dopo le polemiche nate in seguito al suo avvertimento su un possibile decreto legge: «Saremo in grado di fare qualche decreto in meno se le opposizioni faranno qualche atto di ostruzionismo in meno». E sul decreto il dibattito è aperto, soprattutto dopo l altolà del presidente della Camera, Laura Boldrini («decreto solo per urgenza, e qui non c è scadenza») e dopo l intervento del ministro dell Economia, Pier Carlo Padoan, l azionista Rai, che ha riproposto la tesi Renzi: «Ci sarà decreto se ci sarà ostruzionismo parlamentare, ci sono tanti decreti perché ci sono tanti meccanismi di ostruzionismo parlamentare». Renato Brunetta contesta Padoan: «Da un ministro della Repubblica ci si aspetterebbe Il Cda a Milano Oggi la riunione del Consiglio con il piano news di Gubitosi e il caso Verro economici. Incognita: i tempi lunghissimi di trasferimento delle azioni Rai alla fondazione. Seconda ipotesi, che sembra prendere corpo nelle ultime ore, esposta dall ex consigliere Rai Carlo Rognoni il 17 febbraio sull Huffington Post: rivedere rapidamente la legge Gasparri sui criteri di nomina dei vertici, un sistema «duale», un Consiglio di sorveglianza allargato alla società civile che nomina un Consiglio di gestione con un presidente-amministratore delegato «con tutti i poteri per rifondare la Rai di domani». Renzi pensa a una L incrocio I malumori sulla riforma del governo della tv di Stato si sommano ai sospetti per l offerta di Mediaset su Rai Way vicenda lo fa rianimare, più o meno strumentalmente, da quanti sospettano che sopravviva su alcuni punti riservati. Lo fa il M5s, che insiste da sempre su quell accordo. Ma anche l ex segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, si schiera contro la soluzione per Ray Way additata da Palazzo Chigi. E non solo. «Ho sempre detto che un azienda o è pubblica o privata», avverte Bersani. «Il misto è del diavolo». Critiche indurite da quelle ai metodi di Renzi, ritenuti a dir poco irrituali. Per Bersani «siamo quasi al limite. Da che mondo è mondo sono i capigruppo che convocano i gruppi parlamentari, e invitano il segretario... Il tema è come concepiamo la democrazia e il rapporto Parlamento-governo». Il segnale anticipa altri momenti tesi nel Pd. E si somma alla volontà di FI e del M5s (oggi Grillo sarà ricevuto al Quirinale) di appellarsi al capo dello Stato, Sergio Mattarella, perché freni il premier. Ma Renzi si sente più forte dopo che l Ue ha «promosso», di fatto, la legge di Stabilità. Se il fronte internazionale tiene, è la convinzione, quello interno sarà più gestibile. Lo scontro Il governo vuole modificare la legge Gasparri che dal 2004 regolamenta il sistema radiotv. Il premier Matteo Renzi ipotizza di intervenire per decreto Contraria la presidente della Camera Boldrini: «Non c è alcuna urgenza per un decreto» Rai produttrice di cultura diffusa, con una sola redazione giornalistica, ridotta nel numero dei canali tematici, forte nell imporre la sua fiction all estero. Il problema, Renzi lo sa bene, sono i tempi. Il Consiglio di amministrazione presieduto da Anna Maria Tarantola scade tra poche settimane. Inimmaginabile il commissariamento: la vendita parziale di Rai Way permetterà al direttore generale Luigi Gubitosi di chiudere il bilancio 2014 in attivo di alcune decine di milioni di euro. Ma la tv pubblica non si può bloccare, a giugno bisogna presentare i palinsesti autunno-inverno , atto essenziale per attirare i clienti pubblicitari. Quindi urge un vertice efficiente. Sullo sfondo la revisione del canone e il contratto di servizio Rai-Stato da rimodellare nel Dilemma finale: decreto legge, affrontando una tempesta politica, o disegno di legge, mettendo nel conto una breve proroga del Cda Tarantola-Gubitosi? Intanto oggi a Milano il consiglio di amministrazione Rai in carica vota il piano di riforma delle news prospettato da Gubitosi (due sole newsroom e due soli direttori per i Tg, un direttore per la radio). Da ambienti vicini al sottosegretario Giacomelli si fa sapere che è sbagliato parlare di uno stop al governo. Forse vanno risolte alcune criticità ma il piano può procedere. Anche questa è una tessera del grande Sudoku. Molto probabile, conti alla mano, il sì del Consiglio Il Cda, su richiesta del presidente Tarantola, affronterà il «caso Antonio Verro» dopo la pubblicazione della lettera attribuita al consigliere di Forza Italia, inviata nell agosto 2010 a Silvio Berlusconi, ai tempi a Palazzo Chigi, con un elenco di trasmissioni ostili all allora presidente del Consiglio. Paolo Conti maggior equilibrio, un attenta lettura dell articolo 77 della Costituzione e magari, visto che Renzi non ne è capace per limiti caratteriali, una rettifica e una marcia indietro». Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, chiarisce: «Lo ha detto il presidente del Consiglio, si valutano le cose per la loro necessità e urgenza. Se non c è niente di necessario e urgente non si faranno decreti, se no si proporrà il decreto» Ma Renzi vuole chiudere sulla Rai e ha sul tavolo le riflessioni del sottosegretario alle Comunicazioni, Antonello Giacomelli, e di Lorenza Bonaccorsi, responsabile cultura del Pd. Due le ipotesi. La prima, «classica»: nascita di una fondazione che erediti la proprietà della Rai, Consiglio di amministrazione snello, a cinque membri, direttore generale che riunisca (modello Ettore Bernabei) poteri editoriali ed Il leader udc Casini: tv pubblica, Boldrini ha ragione L urgenza non si giustifica «Renzi è intelligente e capirà che il decreto in materia Rai non si giustifica». Lo ha detto Pier Ferdinando Casini, che, ospite di «Otto e mezzo» su La7, ha detto di «non essere meravigliato» da quanto affermato dalla presidente della Camera Laura Boldrini in tema di decreti: «Non è stata di parte, la sua è stata una valutazione di principio. Lo dico da ex presidente dell assemblea di Montecitorio: non poteva dire nulla di diverso».

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9 # Corriere della Sera Giovedì 26 Febbraio Primo piano La tv pubblica VIALE MAZZINI IL PROGETTO DI RIASSETTO La lezione Bbc che i partiti non capiscono La vicenda Il direttore generale della Rai, Luigi Gubitosi, e il piano per riorganizzare l azienda: un progetto che prevede la riduzione di costi e dirigenze e prodotti pù competitivi. Caposaldo l accorpament o dei tre telegiornali secondo il modello Bbc La commissione parlamentare di Vigilanza (dove sono rappresentati tutti i partiti in proporzione ai voti ricevuti) hanno convocato in audizione la responsabile della newsroom Bbc, la struttura che raccoglie notizie e coordina giornalisti e mezzi Nel piano del direttore generale si prevede una direzione unica per Tg1 e Tg2 che trasmetterann o il primo le notizie rilevanti e quelle istituzionali, il secondo il costume e i grandi eventi. Una seconda direzione unica per Tg3 (informazione estera e sociale), Tgr e Rainews24. Il nodo dei criteri per le nomine Resta da sistemare anche la spinosa questione delle sedi locali della Rai, che incontra anche la resistenza dei sindacati. In calendario un Consiglio di amministrazio ne dell azienda che dovrà esprimersi a tal proposito di Milena Gabanelli La galassia Rai Percentuali di diffusione tra le famiglie italiane delle piattaforme televisive Digitale terrestre free Digitale terrestre pay Satellitare free Satellitare pay 14% 7% 18% Fonte: Auditel, Sky Italia Numero di canali a rilevanza nazionale gratuiti in Europa ITALIA 78% UK 59% Spagna 33% Francia 28% Germania 19% Fonte: Auditel Parte dai tre telegiornali il piano del direttore generale per riorganizzare l azienda, ridurre i costi e le dirigenze Il cavallo alato simbolo della Rai. La società che gestisce il servizio pubblico radiotelevisivo è oggi a un punto di svolta A parole tutti vogliono l efficienza e la riduzione dei costi, tranne quando tocca la propria sedia o il proprio potere, piccolo o grande che sia, a partire dai sindacati Decadenza inevitabile senza un piano al passo con i tempi 95% 9,3 9,2 9,2 9,0 9,2 9,4 9,8 10,2 10,4 10, Ascolti nel giorno medio 38,6% -1,2% 32,4% -1,4% Fonte: Rai ( ) share 13,0% +0,9% 6,2% 4,3% -0,2% 5,5% +0,4% +1,5% Rai Mediaset Cairo News Discovery Altri Fonte: Rai Fonte: Auditel Corp Evoluzione ascolto medio della platea televisiva Ricavi Dati in milioni di euro Risultato ante imposte Utile (Perdita) dell esercizio Prima serata ( ) 2.625,5 Dati in milioni di euro Intera giornata ( ) 2.561,7 30 Dati in minuti di ascolto , ,3 25, ,6 24,4 23,7 24,2 24,4 25,1 25,8 26,0 26, ,0-245,7 CdS to tutte queste informazioni, la commissione si è chiarita le idee sul pluralismo informativo, che con la newsroom c entra come i cavoli a merenda? Non si capisce. Noi siamo il Paese dove la notizia riportata dal Tg1 è filogovernativa, quella del Tg2 orientata sul centrodestra, quella del Tg3 verso il centrosinistra, se ne deduce quindi che i nostri giornalisti sono faziosi. Forse è per questo che in Italia, qualunque cosa racconti, il pubblico non ti crede mai fino in fondo. Forse ti percepisce come schierato a seconda del canale da cui parli, e quindi l informazione non innesca quella consapevolezza necessaria ad espellere dal sistema chi non agisce nell interesse generale, o esercita il potere per un tornaconto personale, e pertanto hai spesso l impressione di essere inutile. Vai in onda su Rai3? Sei comunista! Lavori per il Tg2? Sei leghista. Punto. Naturalmente la realtà è diversa: ogni telegiornale e ogni programma informativo trasmesso dal servizio pubblico deve essere pluralista, obbiettivo, imparziale, altrimenti sei punito dall Agcom. E allora che senso hanno tre telegiornali, ognuno con la propria struttura, mezzi, personale e dirigenza? A cui si aggiungono Rainews24, la Tgr, il Giornale radio. Per la prima volta, dalla caduta del muro di Berlino, un direttore generale ci sta provando: accorpamento sotto un unica direzione di Tg1 e Tg2, che trasmetteranno due prodotti diversi. Il Tg1 le notizie rilevanti del giorno e quelle istituzionali, mentre il Tg2 si dedicherà a fatti di costume e grandi eventi. Sotto un unica direzione finiranno poi il Tg3 (con un offerta posizionata sull informazione estera e sociale), Tgr, e Rainews24, con implemento dell edizione online che ingloberà anche le notizie locali. Un primo passo verso la «modernità» che dovrebbe es- I direttori Il vero punto cruciale dovrebbe essere il criterio di nomina dei nuovi due direttori «Nessuno fermerà la modernità, fuori i partiti dalla Rai», tuonò il premier. Furono fischi, e applausi. Io applaudo, non perché i partiti siano «cattivi», ma perché decidono indirizzo e governance di un azienda sulle cui caratteristiche capiscono poco. Fra i 40 senatori e deputati, membri della commissione parlamentare di Vigilanza, in cui sono rappresentati tutti i partiti in proporzione ai voti ricevuti, troviamo dirigenti di partito, imprenditori, architetti, impiegati, sindacalisti (Epifani) ex ministri (Gelmini, Brunetta, Gasparri), e qualche raro giornalista con esperienza di ufficio stampa. Garantiscono la lottizzazione (che chiamano pluralismo) ma come tutelano il contribuente che paga il canone? Che competenze hanno per orientare i contenuti delle trasmissioni e dell informazione? Ora il direttore generale della Rai decide che per entrare nella «modernità» bisogna riorganizzare l azienda, ridurre costi e dirigenze, differenziare il prodotto e renderlo più competitivo. Si comincia con i telegiornali. Nessuna tv pubblica al mondo ne ha tre, con tre organizzazioni autonome declinate per influenza politica. Gubitosi ha deciso di accorpare e il modello di riferimento è quello considerato il migliore su scala planetaria: la Bbc. Si studiano gli aspetti di razionalizzazione tecnica: gli anglosassoni hanno creato una unica newsroom per la raccolta delle notizie e il coordinamento dei mezzi e dei giornalisti sulle diverse piattaforme. In pochi anni hanno ridotto i costi del 20%, eliminato 50 dirigenti intermedi, e sono diventati imbattibili nella qualità dell offerta. Alla commissione parlamentare di Vigilanza questa «rivoluzione» non piace subito e ne vogliono capire di più. Lo scorso dicembre convocano in audizione la signora Anne Hockaday (lungo passato da corrispondente per la Bbc, ora responsabile della newsroom) per farsi spiegare come funziona da loro questa novità. Il collegamento con Londra cade continuamente, la signora parla, ma in aula non si sente quel che dice. Alla fine la commissione decide di inviare le domande per . Prima domanda dei nostri: «Come fate a garantire il pluralismo informativo con una sola newsroom?» Risposta: «Noi abbiamo una sola newsroom che organizza e supporta il lavoro dei giornalisti per metterli in grado di interagire sulle diverse piattaforme con la miglior velocità e qualità possibile. Ogni programma e ogni canale ha il suo direttore e la sua autonomia editoriale». Abbiamo confuso la macchina organizzativa con il telegiornale che viene trasmesso unicamente su Bb1 e della cui imparzialità è difficile dubitare. Pazienza. Seconda domanda: «Il singolo giornalista che realizza un servizio solo per la tv, può farlo anche per la radio e Internet con la stessa efficienza e qualità?». Risposta: «Certamente sì, il giornalista che realizza un servizio per la tv conosce la storia, e quindi se è richiesto la può raccontare anche alla radio e pubblicarla sul web». Se l avessero chiesto a noi, che lo facciamo da anni, avremmo risposto uguale. Facciamo solo più fatica, perché manca appunto l organizzazione. Terza domanda: «Può essere che riducendo il numero dei manager si abbassi la qualità dei controlli, come è successo con il vostro direttore generale che nel 2012 ha dovuto dimettersi perché era stata data un notizia non verificata?». Risposta: «Come dimostra il livello di audience, la qualità dell informazione della Bbc è estremamente alta, e quell errore del giornalista non è attribuibile alla creazione della newsroom». La domanda è bizzarra poiché a memoria d uomo, in Rai, non si ricorda un solo caso di un direttore generale che si sia dimesso a seguito dell errore di un giornalista (o di altre questioni altrettanto gravi) al fine di preservare la reputazione e l affidabilità della tv pubblica. Bene, adesso che ha acquisisere, in un futuro (speriamo prossimo) quella di avere un unico sistema organizzativo a cui faranno capo tutte le piattaforme news e un solo Tg nazionale. Ci sarà anche da sistemare la spinosa questione delle sedi locali: troppe, occupano spazi enormi, inutilizzati e onerosi. Qualche dirigenza salterà, magari un po di personale sarà da prepensionare, ma la decadenza sarà inevitabile se non si mette mano ad un progetto che stia al passo con i tempi. A parole tutti vogliono l efficienza e la riduzione dei costi, tranne quando tocca la propria sedia o il proprio potere, piccolo o grande che sia, a partire dai sindacati. Mentre volano i coltelli, oggi il Consiglio d amministrazione Rai si esprimerà. Siccome tutti i discorsi, con ogni probabilità, si contorceranno attorno al «pluralismo» minacciato, val la pena ricordare che i giornalisti che lavorano per il servizio pubblico devono (dovrebbero) fornire solo notizie accurate e imparziali, e che l imparzialità già racchiude il concetto di pluralismo. Inoltre i diversi punti di vista sono ben rappresentati nella infinita lista di talk show e programmi di approfondimento presenti su tutte le reti e la radio. Il vero punto cruciale dovrebbe invece essere il criterio di nomina dei nuovi due direttori. Se non vengono pescati fra chi ha competenze dimostrate sul campo, fallirà l intera operazione (nell auspicabile ipotesi che vada in porto). Siamo sicuri che Renzi non mente quando dice che vuole buttare fuori i partiti dalla Rai, e pertanto non si sognerà di metterci becco. Mentre sarebbe interessante sapere cosa intende quando dice che vuole cambiare le regole. Vuole forse dire che non sarà più il ministero del Tesoro ad indicare il direttore generale? Vuole abolire la commissione di Vigilanza perché di fatto è un parlamentino, e sostituirla con un organo più simile al Bbc Trust? Benissimo. Saprà qual è la procedura di reclutamento, visto che è ben descritta sul loro sito, dove sono presenti anche i curricula dei singoli componenti. Avrà modo di leggere che tutti coloro che hanno cariche operative hanno avuto una importante esperienza televisiva, e quindi sanno di cosa parlano quando devono valutare la nomina del direttore generale. Al fine di completare la sua informazione potrebbe leggere anche dove venivano gli ultimi 10 direttori generali, e confrontarli con i nostri. Infine, in Inghilterra come in Italia e in ogni Paese dove esiste la tv pubblica, sono i cittadini, come destinatari di un servizio per cui pagano il canone, ad avere l ultima parola. Anche sull imparzialità dell informazione.

10 10 Giovedì 26 Febbraio 2015 Corriere della Sera Primo piano Pagelle Anche la Germania è sotto accusa a Bruxelles. Gli investimenti della Germania sono «insufficienti», ha detto il commissario Ue agli Affari monetari, Pierre Moscovici (foto sotto), sottolineando che Berlino peggiora la sua posizione tra gli Stati con squilibri macroeconomici per il suo surplus in eccesso. Ma, ha precisato Moscovici, «nessuna correzione è stata chiesta» Promossi per ora dalla Commissione, ma sotto sorveglianza Italia e Belgio, che devono ridurre il loro debito pubblico Il giudizio sulla Francia invece sarà reso noto lunedì prossimo. Parigi dovrà riportare il rapporto fra deficit e Pil sotto il tetto del 3% entro la fine del 2017, ha però anticipato il vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis (foto sopra) Conti pubblici Italia promossa, due anni in più a Parigi Via libera della Commissione europea sulla legge di Stabilità. Ma il debito resta sorvegliato speciale Privatizzazioni, il segnale del Tesoro a Bruxelles: venduto il 5,7% di Enel per oltre 2 miliardi Il debito nell Eurozona DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BRUXELLES Promossa. Forse in miliardi di euro (I trimestre 2014**) in % sul Pil (2014***) graziata. E però, ancora, sotto sorveglianza. Come già anticipato 110,5% miliardi nei giorni scorsi, l Italia ha 2.139,3 74,5% di euro ricevuto il «via libera» dalla 95,5% Commissione europea per il 202,9* Area euro ,9 suo piano di Stabilità IRLANDA Austria GERMANIA 175,5% 235,8 L Ue non aprirà dunque contro Roma, come si temeva, una 127,7% FRANCIA Belgio 404,2 132,2% procedura di infrazione per il Cipro 18,2 suo eccessivo debito pubblico, 98,1% con le relative ammende milionarie. «Se l esecutivo Ue avesse Finlandia 113, ,1 Estonia 1,8 220,6 989,9 314,8 dovuto far rispettare la regola PORTOGALLO GRECIA del debito ha spiegato il SPAGNA ITALIA Lettonia 8,9 commissario Ue agli Affari economici, Fonte: *IV trimestre 2013 **Eurostat; ***Previsioni autunnali della Commissione Ue Pierre Moscovici la correzione sarebbe stata «brutale e avrebbe messo in difficoltà l intera economia». Infatti, «l applicazione rigida della regola del debito porterebbe a una correzione di 2 punti percentuali del Pil, che sarebbe chiaramente insostenibile per un Paese che viene da 4 anni di recessione consecutivi». Con una lettera, l Ue chiede al governo Renzi di «continuare negli sforzi di riduzione» del debito salito fino al 132,2% del Pil. Secondo le regole Ue i governi europei devono ridurre il loro debito ogni anno di un dodicesimo della differenza tra il 60% e il livello attuale entro il Il ragionamento «clemente» dell Ue ha però anche un altra spiegazione, forse più concreta: Bruxelles ha tenuto conto del piano di riforme «sufficientemente consistente» presentato dal governo Renzi, del loro «effetto positivo», e in particolare della riforma del Jobs act sul mercato del lavoro. Ma nello stesso tempo, spiega ancora il documento stilato da Moscovici e dal vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis, gli squilibri macroeconomici presenti in Italia dal 2014 «sono rimasti invariati, richiedono monitoraggio specifico e decise azioni politiche» determinate. Appunto, restiamo sotto sorveglianza: anche se nell Europa un po sbilenca di oggi non è certo una condizione eccezionale. Nella fotografia più generale presentata dalla Commissione, 16 Paesi europei hanno squilibri macroeconomici, e perfino la ricca Germania vede peggiorare i propri conti. Poi, ci sono casi diversi. Il Belgio, che pure attendeva il giudizio per oggi, ottiene come l Italia un assoluzione. Mentre la Francia, terzo Stato sotto la lente d osservazione, apprenderà la sua sentenza lunedì prossimo. Ma già si sa che ha ottenuto una concessione molto importante: avrà cioè più tempo, fino al 2017, per correggere il suo deficit che oggi sfiora il 5% del Prodotto interno lordo e riportarlo sotto il tetto massimo del 3% fissato dalla Ue. Dovrà però limarlo dello 0,5%, lo 0,2% in più rispetto a quanto le viene accordato oggi: sembra un inezia numerica, un francobollo, ma è invece uno sforzo finanziario non indifferente. % sul Pil 94, ,8 107,5 9,9 59,8 40,3 Tuttavia, quella dilazione temporale regalata fino al 2017 a Parigi, e la clemenza sul debito pubblico accordata all Italia o alla Grecia, e altri segnali possibilisti inviati ai governi di altri Paesi, rivelano che le regole formalmente ferree del patto di Stabilità e di Crescita sono già state «adattate» senza troppi problemi, e con il quasi certo, tacito assenso di Berlino: 8 anni di crisi globale hanno intaccato la roccia; e anche se molti lo negano, il patto è già una cosa molto diversa da quel che era nel Ovviamente non è mai stato del tutto vero, nella Ue, che «tutti siamo uguali», ma oggi sembra esserlo ancor meno. Luigi Offeddu loffeddu@corriere.it La spinta di Draghi: riforme decisive Primi effetti dall annuncio sui bond Il presidente Bce: migliora la fiducia di consumatori e imprese DAL NOSTRO INVIATO BRUXELLES Il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi vede i primi segnali positivi di un miglioramento dello scenario macroeconomico dell eurozona. Ma resta preoccupato per l inflazione costantemente al ribasso. Pertanto, intervenendo nell Europarlamento di Bruxelles, ha annunciato che la sua istituzione di Francoforte continuerà la politica espansiva nella zona euro estendendo l annunciato programma di acquisti di titoli sul mercato secondario (Quantitative easing), che inizia il mese prossimo, fino a quando sarà necessario. Il presidente della Bce ha ammonito i governi dell eurozona a non contare però solo sulla politica monetaria della Bce per rilanciare la crescita e a intervenire con adeguate riforme strutturali. «Noi vediamo i primi segnali ha dichiarato Draghi nell Aula di Bruxelles. Tutto in tutte le previsioni è più positivo di quanto era pochi mesi fa». Resta il problema dell inflazione che «per diversi trimestri è stata sempre in tendenza al ribasso nella zona euro». La reazione della Bce sarà iniziare «ad acquistare sul mercato secondario titoli emessi dai governi dell eurozona, agenzie pubbliche e istituzioni europee» raggiungendo un importo combinato degli interventi tra «pubblico e privato» di «60 miliardi al mese» fino al settembre «In ogni caso durerà fino a quando il consiglio direttivo della Bce non vedrà un aggiustamento sostanziale del percorso dell inflazione», ha specificato Draghi, che ha ribadito l intenzione di Francoforte di riportare l aumento dei prezzi nella zona euro al suo tradizionale obiettivo «vicino al 2%». Draghi ha sostenuto che già solo l annuncio del Quantitative easing ha fatto registrare iniziali effetti positivi. «Le condizioni finanziarie dei mercati dei capitali e dei titoli sono ulteriormente migliorate ha detto. I tassi d interesse per i Nuovo minimo storico Rendimenti sottozero per i Bot semestrali ROMA Nuovo minimo storico per i rendimenti dei Bot semestrali offerti ieri all asta per 7 miliardi di euro e tutti assegnati. Con una domanda che ha superato la media. Il tasso di aggiudicazione dei titoli è sceso allo 0,09% che si confronta con lo 0,16% dell asta precedente. Il livello è davvero basso, ma non è da ora che i Bot sono usciti dal calcolo delle convenienze dei risparmiatori. A comprarli sono banche ed investitori istituzionali, che li utilizzano Audizione Mario Draghi, presidente della Bce, ieri durante l audizione al Parlamento Ue principalmente per operazioni di tesoreria, e a quali non si applicano commissioni. Già perché se come fanno gli analisti di Assiom Forex ai valori lordi scaturiti dall asta si applicano prima le ritenute fiscali del 12,5%, che portano il tasso effettivo allo 0,078%, e poi appunto le commissioni massime, il rendimento dei Bot semestrali diventa negativo per lo 0,117% a tutti gli effetti. S.Ta. miliardi di euro % sul Pil Lituania 14,0 41,3 Lussemburgo 10,4 23 Malta Olanda Slovenia Slovacchia 5,5 443,0* 27,9 42, ,7 82,2 54,1 Corriere della Sera Deficit Il deficit francese sfiora il 5% Debito Il debito italiano è al 132,2% del Pil prestiti alle famiglie e alle imprese sono considerevolmente diminuiti e la dinamica dei prestiti ha continuato a migliorare con la crescita del credito nel settore privato, tornata al segno positivo per la prima volta dalla metà del 2012». Prospettive positive le vede anche nel recente miglioramento degli «indicatori sulla fiducia dei consumatori e delle imprese». Invita però i governi a ricordare che la «politica monetaria non riesce a creare crescita da sola» e va agevolata e utilizzata creando «un ambiente propizio con le riforme strutturali». Dagli eurodeputati delle opposizioni sono arrivate critiche sull anomala influenza politica assunta dalla Bce nei confronti dei governi dell eurozona in difficoltà proprio tramite i suoi acquisti di titoli. Draghi ha dichiarato che il Quantitative easing «è solo una politica monetaria espansiva, che non ha nulla a che vedere con i Paesi che sono sotto in programma di aggiustamento». Ha anche negato conflitti d interessi, quando da un lato trattava da creditore con il governo di Atene il piano di salvataggio e dall altro decideva di non accettare più i titoli di Stato ellenici come garanzia collaterale per le banche finanziate dalla Bce, che è «pronta a ripristinare la deroga sui bond greci se alla prossima riunione il Consiglio direttivo valuterà che ci sono tutte le condizioni rispetto al programma» di Atene approvato martedì scorso dall Eurogruppo. Ivo Caizzi L operazione Lo Stato scende sotto il 30% del colosso energetico ROMA I mercati aspettavano la mossa del Tesoro anche se nessuno scommetteva sui tempi. Ieri però il ministro dell Economia, Pier Carlo Padoan nell ambito del piano di riavvio delle privatizzazioni che vedono in lista anche Poste e Ferrovie ha fatto partire la vendita di una quota della partecipazione pubblica dell Enel. Si tratta di 540 milioni di azioni della società elettrica, equivalenti al 5,7% del capitale che al valore attuale di Borsa, ipotizzando una vendita a 4 euro per azione, significherebbe per lo Stato un incasso di 2,2 miliardi di euro. La quota del Tesoro in Enel scenderebbe così al 25,5% dal 31,24% ll ministero dell Economia e delle Finanze, ieri in serata quando le notizie dell avvio della vendita avevano già cominciato a circolare, ha comunicato di aver lanciato «una procedura accelerata di raccolta ordini (Accelerated Book Building ABB) per la cessione per l esattezza di Così a Piazza Affari (L andamento in Borsa nell ultimo mese) GEN Ieri 4,048 euro (-0,34%) FEBBRAIO d Arco azioni ordinarie dell Enel S.p.A., corrispondenti a circa il 5,74% del capitale sociale» attraverso un consorzio di banche costituito da Bofa Merrill Lynch, Goldman Sachs International, Mediobanca e Unicredit Corporate & Investment Banking in qualità di Joint Bookrunners, e con l obiettivo di promuovere il collocamento delle azioni presso investitori qualificati in Italia e investitori istituzionali esteri. I termini finali dell operazione saranno comunicati dal ministero che è stato assistito nell operazione da Equita Sim e Clifford Chance rispettivamente in qualità di advisor finanziario e valutatore ed advisor legale al termine del collocamento. Intanto ieri il consiglio di amministrazione dell Enel ha deciso di sospendere il processo di cessione degli asset di distribuzione e vendita in Romania e di proseguire invece quello in Slovacchia. La decisione, sottolinea una nota della società, è stata presa «anche alla luce delle linee strategiche alla base del nuovo piano industriale che sarà presentato alla comunità finanziaria il prossimo 19 marzo». S.Ta.

11 Corriere della Sera Giovedì 26 Febbraio Primo piano Le tappe Il 25 gennaio il partito di estrema sinistra Syriza guidato da Alexis Tsipras vince le elezioni promettendo di porre fine all austerità imposta dalla troika con il piano di salvataggio del Paese In vista della scadenza del 28 febbraio, per evitare il default Tsipras chiede a Bruxelles modifiche e una proroga del programma di salvataggio di 6 mesi, poi ridotti a 4. In cambio, promette di andare avanti con le riforme Per giorni i negoziati con l Eurogruppo a Bruxelles danno fumata nera. Venerdì scorso è stato raggiunto il compromesso: un accordo per estendere il programma di bailout (o salvataggio) per altri 4 mesi Il piano presentato da Tsipras prevede: tagli alla spesa e spending review, lotta all evasione e corruzione, riforma della giustizia. Per la Ue la lista è solo «un buon punto di partenza», per Fmi e Bce è un po vaga. Ue, Bce ed Fmi d ora in poi non saranno più chiamati «troika» ma «istituzioni» La crisi europea I dubbi tedeschi sul piano greco Verso un terzo pacchetto d aiuti Il Bundestag si prepara (a malincuore) ad approvare la proposta di Atene Calcio e politica di Andrea Nicastro Non c è pace per gli squattrinati greci. Appena assicurato il «panem» per i prossimi quattro mesi, i greci perdono i «circenses» a tempo indeterminato. Il governo di Atene ha sospeso i campionati di calcio di serie A, B e C fino a nuovo ordine. La misura draconiana viene dal premier Alexis Tsipras in persona. Gli ultimi episodi hanno passato il limite. Domenica il derby tra le due arci rivali di Atene, Olympiakos e Panathinaikos, è finito con la caccia ai giocatori sul campo trasformato in un tappeto di fumogeni e razzi. Martedì, in una riunione dei vertici del calcio ellenico, i presidenti e le rispettive guardie del corpo si sono presi a pugni. Così ieri il nuovo esecutivo di estrema sinistra ha preso una decisione rara in Europa: stop alle partite fino a quando tutte le squadre non avranno reso più sicuri gli DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BERLINO «Ogni volta che noi tedeschi abbassiamo la guardia, passano le truppe del debito», diceva ieri sera un politico cristiano-democratico. Si riferiva blandamente alle decisioni della Commissione Ue di non agire con determinazione contro i bilanci di Italia, Francia e Belgio; ma con forza indicava la Grecia. E che l accettazione del piano di Atene, obiettivamente generico, non piace affatto in Germania: il Bundestag (il Parlamento) domani lo accetterà quasi sicuramente, come hanno fatto tutti i ministri finanziari dell eurozona. Ma la sua credibilità a Berlino ha un rating estremamente basso. Anche perché sta prendendo corpo l ipotesi potenzialmente destabilizzante che a luglio la Grecia abbia bisogno di un altro salvataggio finanziario: tra i 20 e i 40 miliardi, si calcola. Berlino dice sì, insomma, ma con la massima riluttanza. Tra gli osservatori prende piede la convinzione che Angela Merkel abbia in qualche modo imposto una linea di non rottura sulla questione greca perché ritiene che la Ue non possa aprire un fronte di crisi interno in una fase in cui l emergenza più grave è esterna, cioè il confronto con la Russia in Ucraina. Mentre i sondaggi indicano che solo due tedeschi su dieci sono favorevoli a prolungare gli aiuti ad Atene, ieri si sono riuniti i deputati della Csu, il partito bavarese gemello della Cdu della cancelliera: tra molti distinguo e domande di garanzie, hanno detto che voteranno il pacchetto Atene. Oggi toccherà alla Cdu e alla Spd, partner nel governo di Grande Coalizione. Faranno lo stesso e, a parte alcuni dissidenti, domani al Bundestag non ci dovrebbero essere sorprese. La sorpresa (si fa per dire) viene da articoli di stampa secondo i quali Atene avrà bisogno di nuovi denari in estate. Il ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis ieri ha sostenuto di non avere problemi di liquidità per pagare gli stipendi pubblici. «Ma ha aggiunto avremo decisamente problemi a ripagare i debiti al Fondo monetario internazionale ora (cioè 1,6 miliardi a marzo, ndr) e alla Banca centrale europea in luglio (cioè 7,5 miliardi entro agosto, ndr)». Uno dei centri di analisi economica più prestigiosi della Germania, Diw, ha calcolato che in estate Atene avrà bisogno di 30 o 40 miliardi dai partner internazionali, dal momento che non sarà in grado di Senza soldi e senza pallone Tsipras ferma il campionato «Vogliamo stadi più sicuri» stadi introducendo il biglietto nominativo e le telecamere di sorveglianza. Sarà contenta Angela Merkel perché lo Stato non ci metterà un euro e il conto, se i lavori verranno effettivamente eseguiti, sarà totalmente a carico dei club. Il provvedimento ha ricevuto anche la benedizione di Francesco Totti, uno dei totem del pallone in attività. «Atene ha fatto benissimo ha sentenziato il capitano della Roma, il calcio di oggi è irriconoscibile, peccato che in Italia nessuno avrà mai il coraggio per una decisione del genere». Il commento di Totti «Atene ha fatto benissimo, in Italia nessuno ha il coraggio per decisioni simili» Il coraggio è venuto a Tsipras perché il quarantenne neopremier è un corpo estraneo agli intrighi dello sport, come lo è all etichetta dei salotti europei. Lui di sinistra è tifoso del Panathinaikos, squadra di destra. Ma il calcio greco è lo specchio dell intreccio tra economia fallimentare e affari sporchi che da premier intende combattere. E non si è lasciato sfuggire l occasione. Prima del derby un enorme striscione alzato dalla curva del Panathinaikos diceva: «Marinakis è uno spacciatore di eroina». Vanghelis Marinakis è il presidente della squadra rivale che si preparava a scendere in campo, l Olympiakos. Affermazioni da denuncia, però, si sentono da anni allo show tv «Diki ston Skai», il «Processo di skai», guarda caso il canale posseduto da Yiannis Alafouzos, presidente del Panathinaikos. Nessun processo per diffamazione si è ancora concluso, ma è stato uno dei vice di Alafouzos a denunciare i gorilla di Marinakis per avergli spaccato il labbro durante la riunione federale di martedì. Alafouzos controlla il Panathinaikos senza investimenti e senza aver ripianato i debiti. «Il governo vorrebbe che riprendessimo i campionati il più presto possibile, ma queste sono cose che non si risolvono in una o due settimane» ha detto minaccioso Giorgos Borovilos, presidente della Super League, la Serie A greca. Abituate ad aiuti pubblici, a stadi costruiti dai Comuni, a un Fisco generosamente smemorato, le società calcistiche non saranno prontissime ad adeguarsi alla inedita fermezza. Per Tsipras un altro braccio di La domanda è se si può credere alle assicurazioni di Atene In Germania ci sono molti dubbi Schäuble In campo Tifosi del Panathinaikos lanciano oggetti contro gli agenti della polizia prima del derby con l Olympiakos allo stadio Apostolos Nikolaides di Atene. Martedì presidenti e guardie del corpo delle due squadre si sono presi a pugni. Il governo di Atene ha sospeso i campionati di calcio di serie A, B e C fino a nuovo ordine (Ap/InTime Sports) andare a prenderli sui mercati. Non è stata un iniezione di fiducia nemmeno la dichiarazione del ministro dell Energia greco Panagiotis Lafazanis, un esponente dell ala sinistra di Syriza. Ieri ha detto che le privatizzazioni del produttore di elettricità Ppc e della rete elettrica Admie saranno cancellate: 48 ore dopo che Varoufakis aveva messo per iscritto che le cessioni pubbliche già in corso sarebbero state rispettate. Un segno che le divisioni interne al governo di Atene saranno un altro dei problemi seri delle prossime settimane. Frau Merkel dice di essere soddisfatta della strada intrapresa con il nuovo governo greco, ma aggiunge che ci sono sfide notevoli di fronte e di non avere «illusioni». Non le ha nemmeno il suo ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble. «La questione sostiene è se ora si può credere o no alle assicurazioni del governo greco. Ci sono molti dubbi in Germania, questo va capito». Danilo Vangelis Moras «Non si può giocare con la paura» Vangelis Moras, 33 anni, difensore dell Hellas Verona e della Nazionale greca, oltre 100 partite in serie A, anche con Bologna e Cesena e un passato all Aek Atene. La violenza negli stadi è legata alla crisi economica? «No, c era anche dieci anni fa, pressoché identica. La colpa è della federazione che non ha mai cercato di risolvere il problema. In Grecia comandano i presidenti delle grandi squadre, che hanno sempre lasciato passare le violenze dei tifosi». Fermare tutti i campionati è la soluzione giusta? «Sì. Ho parlato proprio di recente col viceministro dello Sport a una premiazione e mi ha espresso la sua voglia di cambiare davvero le cose. Perché questo che vediamo non è calcio e prima o poi ci scappa il morto». Tanta polizia negli stadi rappresenta anche un costo notevole a carico dello Stato. «È vero, ma gli steward che vogliono i presidenti delle società spesso sono gli stessi tifosi, da loro controllati. È già capitato che i primi a far male ai giocatori fossero proprio degli steward». Lo stop a tempo indeterminato resisterà? «Lo spero, anche se non è facile. Ma è assolutamente necessario fermarsi: i giocatori non possono scendere in campo con la paura e gli altri tifosi non possono andare allo stadio con la paura di morire per una partita di calcio». In Italia c è il Parma senza stipendi, in Grecia come va? «Ci sono tante squadre di serie A che non pagano, giocatori che non hanno letteralmente da mangiare. Molti si accontentano di uno stipendio fisso di 600 euro. Con tutto il rispetto, sarebbe meglio cercarsi un lavoro vero piuttosto che fare i calciatori così». Paolo Tomaselli

12 12 Giovedì 26 Febbraio 2015 Corriere della Sera

13 Corriere della Sera Giovedì 26 Febbraio Primo piano Il caso di Luigi Ferrarella Lotta all evasione I pm e le tasse dei colossi di Internet Ora Milano punta la lente su Apple Indagato anche un top manager Usa della compagnia, si discute di 1 miliardo di imponibile 320 Milioni È quanto Google dovrebbe pagare per il La condanna negli Usa itunes viola alcuni brevetti Maxi-multa da 532,9 milioni Oltre mezzo miliardo di dollari: è la multa a cui è stata condannata la Apple da una giuria texana. La casa di Cupertino (nella foto Reuters lavori di pulizia in un Apple Store) dovrà versare 532,9 milioni a Smartflash, società specializzata nel dare in licenza brevetti, per aver usato senza permesso, nel software itunes, tre invenzioni brevettate. Apple ha preannunciato appello. «Smartflash non fa prodotti, non ha dipendenti, non crea posti di lavoro, non ha una presenza negli Usa e sfrutta il nostro sistema di brevetti per cercare royalty sulla tecnologia che Apple ha inventato», ha detto a Bloomberg Kristin Huguet, portavoce di Apple. Intanto Smartflash ha fatto causa anche a Samsung, Google e Amazon. Non c è ancora intesa Punti di vista troppo distanti, e niente intesa come quella invece di Google sul MILANO Dopo Google, e l intesa che in prospettiva vale circa 320 milioni di tasse per i 5 anni , è Apple il prossimo bivio fiscale in Procura di Milano su un dossier da 1 miliardo di euro di supposto imponibile. Ma nel caso di Apple per ora non sembra esserci aria di intese simile alla scelta distensiva che invece Google ha nei giorni scorsi fatto, raggiungendo con Guardia di Finanza e pm una piattaforma sul riconoscimento di un imponibile annuale di circa 160 milioni per i 5 anni in contestazione, sui quali imposte, sanzioni ridotte e interessi graveranno per meno del 40%. La differenza si coglie già nell avviso di proroga delle indagini che svela come il pm Adriano Scudieri abbia indagato non più (come nel novembre 2013) soltanto due dirigenti italiani di Apple Italia, ma anche un top manager americano della casa madre. E la ragione della mancata intesa tributaria/penale, al momento, parrebbe il divario di metodo e quindi di numeri nel confronto tecnico in corso tra le parti (che sui casi Apple e Google annoverano sia il capo del pool finanziario Francesco Greco sia l avvocato Paola Severino). Mentre infatti Google e il pm Isidoro Palma hanno infine trovato una lingua comune su criteri e parametri da porre a base delle rispettive (e in parte diverse) opzioni interpretative e contabili, questo non è avvenuto sinora tra Apple e il pm Scudieri, distanti già solo sull esistenza o meno di costi da prendere in considerazione. Tanto che nel caso di Apple le posizioni rimarranno pietrificate almeno sino alla notifica dell avviso di conclusione delle indagini, che farà la maxiquantificazione dell imponibile di Apple asseritamente sottodimensionato con il trasferimento del reddito prodotto in Italia alla ben più favorevole competenza fiscale irlandese (per un risparmio valutato nel 2013 sui 225 milioni in 2 anni). Alla base c è l irrisolto problema legislativo della tassazione dei colossi di Internet, come ribadisce il presidente pd della commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia («Se la magistratura dovesse arrivare prima, sarebbe l ennesima sconfitta della politica»). Ma più in generale uno studio sul 2013 e 2014 della Procura mostra come «l interconnessione tra i procedimenti penali e l attività di incasso dell Agenzia delle Entrate» abbia fruttato 780 milioni nel 2013 e 762 milioni nel 2014 se si guarda a Milano, e 1,6 miliardi e 1,4 miliardi a livello di Lombardia: «La circostanza ha di recente scritto il procuratore Bruti Liberati merita un adeguata valutazione sui rischi di diminuzione delle riprese fiscali collegate all evasione che un allentamento della pressione penale potrebbe comportare». Sullo schema di intesa maturato intanto da Google, confermato anche ieri dalle rispettive fonti direttamente operative sul dossier, e destinato ad essere formalizzato nelle prossime settimane da una istanza all Agenzia delle Entrate di accertamento per adesione sulla base del processo di constatazione che verrà steso dalla GdF, un anonimo portavoce di Google veicola che «non c è l accordo ma stiamo cooperando con le autorità fiscali»; mentre il procuratore Bruti dichiara che «allo stato delle attività di controllo le intese con la società» devono essere ancora «perfezionate», a questo scopo attendendo i definitivi conteggi della compagnia «riservatasi di fornire dati ed elementi che consentano di identificare la redditività in Italia delle proprie attività economiche». Bruti aggiunge che «il contraddittorio con Google e i relativi consulenti riguardo alle annualità dal 2008 al 2013» origina dal fatto che «sono in corso indagini nei confronti del gruppo»; e che l utilizzo «degli accertamenti penali nella verifica fiscale GdF» è stato autorizzato il 24 settembre lferrarella@corriere.it Liechtenstein via dalla black list, addio al segreto bancario Oggi la sigla dell accordo sulle informazioni fiscali. I contribuenti sulla lista Falciani non potranno aderire alla sanatoria MILANO Addio segreto bancario anche in Liechtenstein. Oggi il ministro dell Economia Pier Carlo Padoan siglerà con il primo ministro del principato, Adrian Hasler, un accordo per lo scambio di informazioni fiscali (prima su richiesta, poi dal 2017 automatico) secondo lo standard Ocse, simile a quello chiuso con la Svizzera. Il Liechtenstein esce così dalla black list dei Paesi che l Italia non considera collaborativi sul piano fiscale. Questo avrà un effetto importante su chi decide di aderire alla voluntary disclosure (Vd), la sanatoria per l emersione dei fondi detenuti all estero di nascosto dal Fisco, perché permetterà di accedere a degli sconti (la finestra rimane aperta fino al 30 settembre). L evasore non può attivare la procedura in presenza di accertamenti. Il sottosegretario all Economia, Enrico Zanetti, ha spiegato che i contribuenti della «lista Falciani» non possono aderire alla Vd. Fr. Bas. 200 miliardi La stima massima dei fondi nascosti al Fisco all estero 30 settembre Il termine per presentare la voluntary disclosure 5% l aliquota per chi chiede il calcolo forfettario dei rendimenti (tetto 2 milioni) Redditi da lavoro autonomo Un milione trasferito nel 2004: in regola con 59 mila euro Quanto costa mettersi in regola con il Fisco se si hanno attività finanziarie in Svizzera non dichiarate? Se una persona ha trasferito nel 2004 un milione di euro derivante da attività di lavoro autonomo svolta in Italia nello stesso anno, ipotizzando un rendimento del 3% annuo, il costo della voluntary disclosure (Vd) per effetto dell accordo con l Italia sullo scambio di informazioni fiscali e l uscita dalla black list, sarà di circa il 4,5%, pari a euro tra imposte e sanzioni, secondo il calcolo dello studio Bonelli Erede Pappalardo. Se però la somma è stata trasferita più di recente a partire dal 2010 il Fisco può procedere ad accertamento la Vd costa di più. Per mettere in regola un milione da attività di lavoro autonomo svolta in Italia nel 2010 e portata in Svizzera nello stesso anno si paga circa il 69%: oltre alle imposte sui rendimenti generati dal 2010 e le sanzioni sulle tasse evase e per mancata compilazione del quadro RW, ci sono l Irpef e l Iva. Totale: euro. Lascito Eredità, se recente costa il 4% altrimenti si arriva al 55% Cosa accade invece a chi ha ricevuto in eredità patrimoni portati all estero e non dichiarati? Gli eredi non rispondono delle violazioni del defunto, mentre si trasmettono i debiti di imposta e restano le sanzioni per violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale e sulle imposte evase dal momento in cui si è entrati in possesso dell eredità. Anche in questo caso il costo della regolarizzazione cambia a seconda che si tratti di redditi «vecchi» o recenti. Se una persona ha ricevuto in eredità un milione di euro a fine 2010, detenuto in Svizzera e derivante da lavoro autonomo svolto in Italia nel 2004, con un rendimento annuo del 3%, il costo della voluntary disclosure calcolato dallo studio Bonelli Erede Pappalardo è di circa il 4% ( euro tra imposte e sanzioni). Se invece la somma derivava da lavoro autonomo svolto in Italia nel 2006 con un rendimento annuo del 3%, gli eredi per mettersi in regola devono pagare quasi 680 mila euro, pari al 55% tra imposte ( euro) e sanzioni (26.261). Il caso dei costi fittizi L imprenditore paga meno imposte dell azienda Se i redditi portati all estero derivano dall attività dell imprenditore con la propria società, la voluntary disclosure (Vd) si applica anche all azienda si tratta della Vd nazionale prevista dalla sanatoria che sopporta il peso maggiore. Il caso di scuola è quello di una società di capitali residente in Italia che ha dedotto costi fittizi per un milione di euro nel 2010 a fronte di operazioni inesistenti con una società estera terza (la cosiddetta «cartiera»), che ha trattenuto a titolo di compenso per l attività svolta, una percentuale pari al 5% delle operazioni fittizie. L esempio prevede che il restante 95% sia stato trasferito su un conto corrente svizzero del socio unico della società italiana. Ipotizzando un rendimento del capitale del 3%, il costo della voluntary disclosure, calcolato dallo Studio Bonelli Erede Pappalardo, è di circa il 61% pari a euro tra imposte e sanzioni: a carico dell azienda euro, a carico dell imprenditore euro. testi a cura di Francesca Basso

14 14 Giovedì 26 Febbraio 2015 Corriere della Sera Politica Dietro le quinte Mensa addio e i portaborse protestano Grande agitazione a Montecitorio per l imminente chiusura della mensa dei collaboratori parlamentari. I «portaborse» hanno scritto ai questori della Camera per segnalare il «deterioramento delle condizioni» di lavoro. Si tratta di una piccola storia dentro una più grande: la decisione della presidenza della Camera di interrompere i rapporti con la società Milano 90, proprietaria di Palazzo Marini, porta al licenziamento di 426 lavoratori. Un «dramma occupazionale» e retributivo che ha spinto Susanna Camusso a chiedere l intervento di Laura Boldrini. (M.Gu.) Lady Matacena in tribunale ignora il saluto di Scajola Dopo dieci mesi si sono rivisti davanti all aula del tribunale di Reggio Calabria. Claudio Scajola ha incrociato lo sguardo di Chiara Rizzo (nella foto), moglie di Amedeo Matacena e le ha rivolto un «ciao», senza avere risposta. La moglie dell ex deputato di FI, latitante a Dubai, è rimasta fredda e ha continuato a parlare con il proprio legale. Scajola le ha sorriso e ha proseguito verso l uscita. Nessun commento da Chiara Rizzo. Solo indifferenza. I due sono accusati di aver aiutato Matacena a sottrarsi alla cattura. (Carlo Macrì) L ultrasinistra Ue «si affida» a Berlinguer Con il Pd che si sposta verso il centro, con il Pd che ha messo da parte ex dirigenti del Pci-Pds-Ds, Enrico Berlinguer diventa icona della sinistra alla sinistra del Pd. È convocato per il 6 marzo il convegno «Berlinguer e l Europa, i fondamenti di un nuovo socialismo», organizzato da Futura Umanità, «associazione per la storia e la memoria del Pci». Partecipano i rappresentanti di partiti emergenti come Podemos (Spagna) e Syriza (Grecia), e di partiti radicali come Izquierda Unita (Spagna) e Linke (Germania) per realizzare «un Europa dei popoli e dei lavoratori», come scrisse Berlinguer nell anno della sua morte. (Andrea Garibaldi) In strada Matteo Salvini si è presentato sulla piazza del Campidoglio a Roma per contestare il sindaco Ignazio Marino. A chi lo ha fischiato ha mandato baci ironici (Agf) La vicenda La rivalità tra il leader della Lega Matteo Salvini e il sindaco di Verona Flavio Tosi è antica: in un primo momento il sindaco era stato indicato dai vertici leghisti come possibile leader del centrodestra, poi l ascesa di Salvini ha stoppato l ipotesi La polemica si è alzata di tono con l avvicinarsi delle Regionali. Tosi, che è segretario della Liga, chiede che le liste siano decise in Veneto e spinge perché a sostegno del governatore Zaia ci siano anche liste civiche, tra cui una con il suo nome Un incontro tra i due lo scorso 16 febbraio è finito in un nulla di fatto. Poi polemiche molto dure fino alla possibile rottura Lega in guerra, Salvini va avanti: «Tosi? Avrà il Veneto dopo Zaia» Blitz a Roma anti Marino. I suoi ricevuti al Colle: stop al dittatore Renzi Il retroscena di Marco Cremonesi MILANO La mossa di Flavio Tosi è diretta e insidiosa. E la scacchiera che lo contrappone a Matteo Salvini e al governatore Luca Zaia attende ora una risposta meditata. Il segretario della Liga (nonché sindaco di Verona) ha infatti convocato per giovedì prossimo il consiglio veneto del movimento per «discutere e deliberare eventuali alleanze, le liste e la loro composizione, così come previsto dallo Statuto». Peccato che soltanto il giorno prima il segretario federale, Matteo Salvini, avesse ribadito che «le liste le deciderà il governatore. E le alleanze, il governatore insieme con il segretario federale». E difatti ieri sera il presidente veneto ha detto: «Voglio vedere chi voterà a favore di queste liste. Perché chi lo farà voterà contro il suo governatore». Una situazione complicata e Confermo la linea della Lega: noi non saremo mai alleati con Ncd Silvio Berlusconi farà le sue scelte ROMA C era una volta la Lega di lotta e di governo. Ora è rimasta solo la prima e il nuovo corso di Matteo Salvini non fa sconti a nessuno. Ma c era una volta anche la Lega della Roma ladrona. Le cose cambiano e così il leader del Carroccio alza il tiro: diserta il Quirinale, lasciando il presidente della Repubblica solo con i capigruppo, e si prepara alla discesa romana di sabato, con il corteo anti Renzi. Come antipasto, ieri ha organizzato una manifestazione al Campidoglio, contro il sindaco Ignazio Marino. Ma se il livello dello scontro si alza esternamente, anche nel partito il conflitto si fa duro, con il ribelle Flavio Tosi che non si vuole adeguare alla linea di opposizione dura e pura che mira a rompere le alleanze in vista delle Amministrative. E Salvini che lo bacchetta, appoggiato anche da Umberto Bossi. Il Senatùr sentenzia così: «Tosi cerca di stare a galla, ma ha fatto troppi sbagli. Zaia deve restare davanti agli altri». Il capogruppo alla Camera Gian Marco Centinaio dà atto al presidente Mattarella di averli ricevuti: «È un fatto molto positivo». La richiesta del Carroccio è di una «moral suasion» del capo dello Stato verso il «dittatore» Renzi: «Rispetti di più il Parlamento». Ma il territorio d elezione dell opposizione leghista è la piazza. Non a caso ieri Salvini ha voluto essere presente di persona al Campidoglio, insieme a una decina di sostenitori che indossavano una t-shirt con la scritta «Renzi a casa». «A casa» Salvini vorrebbe mandare anche il sindaco Marino, «una calamità». Contro il leader della Lega, alcuni contestatori di Sel hanno gridato «buffone», «fascista», «razzista». Ricevendo in cambio baci ironici diretti alle ragazze e una replica alla stampa a posteriori: «Erano solo quattro disadattati». Sul terreno delle alleanze, assicura il governatore veneto Zaia, «può ancora accadere di tutto». Ma Salvini conferma la linea: «Non saremo mai alleati con l Ncd. Berlusconi farà le sue scelte». E le farà anche Tosi, che anche ieri non ha risparmiato attacchi ai vertici: «Quando c era Bossi, per il Veneto decideva la Liga. Salvini vuole decidere tutto da Milano. E ha disatteso tutti gli accordi». L ipotesi che Tosi si lanci in una corsa solitaria, contrapposto a Zaia, resta in piedi. Salvini scalpita. Da una parte sembra rassicurare, spiegando che «Tosi non rischia e non è fuori dalla Lega». Dall altra però chiarisce: «Chi non appoggia Zaia in Veneto è fuori. Discutere la sua candidatura sarebbe sciocco. Ora il sindaco progetta il blitz su liste e alleanze Zaia: mossa contro di me delicatissima a tre mesi dalle elezioni regionali, che preoccupa anche il presidente lombardo Roberto Maroni. Il quale, da persona «interessata al bene della Lega», ritiene che la lotta fratricida possa essere superata soltanto «facendola risolvere dal Veneto, così come prevede peraltro lo statuto della Lega». L ex segretario leghista si dice «cautamente ottimista» sull esito della vicenda. Anche se non nasconde che «il sentiero è stretto e la questione va risolta molto rapidamente. Prima di sabato». Per quel giorno è infatti fissata la manifestazione «Renzi a casa» organizzata da Salvini. E certamente, prosegue Maroni, «se per esempio Tosi venisse contestato dalla piazza, tutto sarebbe finito». Il presidente della Lombardia mette in guardia da un altro rischio. Per lunedì è infatti convocato un consiglio federale della Lega. Da alcuni giorni, circola la possibilità che si chieda l espulsione di Tosi o anche il commissariamento del Veneto. Secondo Roberto Maroni, mosse del genere «sarebbero una follia». Il nodo principale continua ad essere la possibilità che alla Il primo cittadino dopo le polemiche «La trasmissione di Isoardi? Non voleva attaccarmi» Elisa Isoardi, 32 anni, conduce programmi tv 37,2 la percentuale ottenuta dalla lista civica pro Tosi a Verona alle Comunali Nessun caso Isoardi per il sindaco di Verona, Flavio Tosi. Parlando a «La Zanzara» su Radio 24 Tosi ha detto che la conduttrice «ha riportato una notizia su una polemica che a livello locale c è. Non credo abbia fatto quel servizio per attaccarmi». Ognuno ha le sue legittime ambizioni, ma se Tosi vuole fare il governatore potrà farlo dopo il secondo mandato di Zaia». E Tosi, spiega il sindaco di Padova Massimo Bitonci, «per me è già fuori dal partito». Il sindaco di Verona non la pensa così: «Io resto nella Lega». Sul versante piazza, Salvini si prepara al sabato romano. Questa volta, sotto accusa non è la matrona romana che accoglieva nel suo grembo le uova d oro covate dal ricco nord (lo storico manifesto leghista), ma il governo. «Manifestazione pacifica e aperta a tutti, anche a Forza Italia», assicura Salvini. Ma il clima è teso. Da una parte Casa Pound si schiera con la Lega, dall altra si annuncia una contromanifestazione «antagonista». Pronti a intervenire cento agenti. Alessandro Trocino lista Zaia si affianchino, oltre a quella della Lega, altre liste civiche, tra cui quella intestata allo stesso Tosi. Il governatore, anche in considerazione dell antica contesa con il sindaco di Verona, non ne vuole sapere: vorrebbe dire consegnare all avversario il potere di condizionamento. Non solo. La convocazione del consiglio veneto chiede ai segretari provinciali «di produrre... una proposta di lista» elettorale. Insomma, Zaia rischia così di ritrovarsi sostenuto da una lista Tosi fatta da Tosi. E da una lista leghista fatta ancora da Tosi, attraverso i suoi uomini. La richiesta alle Province è anche utile al sindaco per far notare il suo rispetto dei territori contrapposto alle «ingerenze» di Salvini. per i protagonisti il braccio di ferro veneto rischia di diventare una sfida per la vita. E sarà dunque richiesto loro molto sangue freddo. Il mandato di Tosi da segretario veneto scadrà il prossimo giugno e la riconferma, dopo le ultime vicende, è tutt altro che scontata. Per Salvini la vicenda è un battesimo del fuoco da cui, senza una soluzione politica, rischia di uscire ridimensionato. In qualunque maniera la contesa finisca, la fisionomia della Lega non sarà più quella di prima.

15 POLITICA 15 Renzi convoca il Pd. Tensione con Bersani Il premier riunisce i gruppi domani: basta correnti. L ex leader: cinque minuti per il Fisco? Siamo al limite Lo sfogo di Palazzo Chigi: facciamo le cose da soli e si arrabbiano, li coinvolgiamo e se la prendono per la forma Corriere della Sera Giovedì 26 Febbraio 2015 L incontro Il premier e segretario pd Matteo Renzi ha scritto ieri ai parlamentari del suo partito per proporre un confronto su alcuni temi caldi La riunione è fissata per domani pomeriggio nella sede pd del Nazareno Nella lettera Renzi ha indicato i temi e anche i tempi della discussione: «1) Scuola, dalle 14 alle 15. 2) Rai, dalle 15 alle 16. 3) Ambiente, dalle 16 alle 17. 4) Fisco, dalle 17 alle 18» Nella convocazione ai parlamentari il segretario ha aggiunto «Vi chiedo di partecipare e/o di mandare contributi scritti (brevi e in un linguaggio semplice: astenetevi dal burocratese, per favore!) Polemico l ex segretario Bersani: «Si danno cinque minuti per parlare di Fisco, ma scherziamo?» ROMA «Carissimi senatori, carissimi deputati», comincia così la nuova lettera che il premier scrive ai suoi parlamentari. Scrive, Matteo Renzi, per dire almeno tre cose. Che il Pd ha in mano il destino del Paese, che le due cose «si intrecciano». Che in questo percorso siamo appena all inizio, visto che intende raggiungere la fine della legislatura, e che dunque «siamo ancora alla metà del primo tempo». E che infine, forse il punto più importante, è auspicabile che il primo partito della maggioranza non si divida in fazioni, gruppi di minoranza o meno, «vorrei che il nostro confronto fosse sui contenuti più che sulle etichette, che fiorissero idee più che correnti». L occasione è una sorta di convocazione, un brain storming su almeno quattro argomenti, che deve servire a compattare il partito, a fare passi avanti sui seguenti temi: scuola, Rai, ambiente e Fisco. Un ora da dedicare a ciascun capitolo, contributi scritti ben accetti («ma non in burocratese, per favore»), sede dell incontro il Nazareno, venerdì pomeriggio. Una decisione che viene però criticata a stretto giro da Pier Luigi Bersani, tacciata di superficialità, inusuale persino nelle modalità delle scelta: «Siamo al limite, è ora di fare le cose seriamente», dice l ex segretario, «il premier si è rivolto direttamente ai parlamentari», ma «i gruppi li convocano i capigruppo, stabiliscono gli ordini del giorno e invitano il segretario», ricorda ancora Bersani. «Non c entra il Pd, non c entrano i bersaniani o i renziani, c entra il tema di come concepiamo la democrazia e il rapporto tra governo e Parlamento», aggiunge. Ma non solo, Bersani è critico anche sull organizzazione dei lavori, in qualche modo teme che si tratti di una perdita di tempo, «siamo al limite perché si danno cinque minuti per parlare di Fisco, cinque per l ambiente...ma scherziamo?, io chiedo una discussione ordinata, la convocazione dei gruppi parlamentari. Una cosa seria si fa così». Ma Roberto Morassut, deputato pd che da sempre si batte contro le correnti, la mette in un altro modo: «Finalmente e giustamente Renzi ha fermato oggi l insorgere di nuove correnti nel Pd. Ha fatto bene perché non si trattava di correnti e sensibilità con diverse posizioni, ma di aggregati parlamentari di puro posizionamento. Però, per evitare che il gioco del risiko si rigeneri bisogna costruire il Pd e formare una nuova e matura classe dirigente. Che oggi non c è. Soprattutto a livello locale. I nostri gruppi dirigenti sono purtroppo, prevalentemente, pesi welter. O sono quasi dissolti. Buona parte dell opinione pubblica apprezza Renzi ed il suo stile ma diffida del partito nel suo complesso perché lo vede intrappolato da giochi di tribù interne». È alla fine anche Renzi stesso interviene, attraverso il suo staff, dicendo di «non capire le polemiche, visto che il confronto è stato sempre il nostro metodo». A Palazzo Chigi la mettono in questo modo, quasi L area che si richiama a Dossetti e La Pira Da Delrio a Richetti, debutta «Spazio democratico» Nasce «Spazio democratico», la corrente in cui si riconoscono, tra gli altri, Matteo Richetti, Angelo Rughetti e il sottosegretario Graziano Delrio. L area che si richiama alla tradizione cristiano sociale di Dossetti e La Pira ieri sera alla Camera ha tenuto una prima riunione informale. «Non siamo qui a contarci. Si tratta di un laboratorio di idee» ha detto il vicesegretario Lorenzo Guerini. Ma nella minoranza del Pd c è già chi giudica l iniziativa un errore, come Alfredo D Attorre. «Si tratta di vedere se sono aree che si cementano attorno ad idee condivise o su aggregazioni spurie che puntano a incidere solo sulla gestione del partito». Non a caso, si osserva, Renzi ha invitato a lavorare per «far fiorire le idee e non le correnti». Ma Richetti tranquillizza: «La lettera di Renzi è un incoraggiamento nello spirito del "sì" alle idee». uno sfogo: «Facciamo le cose da soli e si arrabbiano perché non li coinvolgiamo. Li coinvolgiamo e si arrabbiano perché le forme non sono quelle che vogliono loro. Convochiamo la direzione e vogliono la segreteria unitaria. Facciamo la segreteria unitaria e vogliono i gruppi. Ma se lo ricordano che abbiamo vinto le primarie con il 68% e portato il Pd dal 25 a 41% in 1 anno? Ma li frequentano i circoli? Li vedono i sondaggi? Lo sanno che i nostri non ne possono più di divisioni interne?» È anche in questa cornice che la lettera si rivolge ai parlamentari dem: non solo il Pd, secondo Renzi, «deve garantire il futuro dell Italia, almeno in questa fase storica», ma mentre «altri si dividono, altri fanno ostruzionismo, altri scendono in piazza con piattaforme ispirate alla destra xenofoba e populista europea, noi siamo quelli che devono riportare l Italia a crescere, una grande responsabilità». Nel suo chiedere che tutti forniscano un contributo di merito prima ancora che etichette, Renzi precisa che ha il «massimo rispetto per il doveroso dibattito interno al Pd tra aree culturali» e che del resto i risultati del governo, dalla responsabilità civile al Jobs act, dall accordo con la Svizzera alle riforme, «stanno arrivando» E il bello, continua, «è che abbiamo appena spento la prima candelina, ma mancano ancora tre anni. Un caro saluto, a venerdì. Matteo». Marco Galluzzo La lettera Vi chiedo di partecipare ai singoli gruppi che vi interessano e/o di mandare contributi scritti (brevi e scritti in un linguaggio semplice: astenetevi dal burocratese, per favore!) A consulto Il capogruppo del Pd alla Camera dei deputati Roberto Speranza in Aula si confronta con il leader della minoranza Gianni Cuperlo durante l esame del decreto sull Ilva (Agf) Il caso E il segretario benedirà ad Arezzo il primo circolo della cultura dem AREZZO È il primo circolo culturale del Pd. Sarà presentato sabato ad Arezzo e poi inaugurato ufficialmente a marzo da Matteo Renzi, Maria Elena Boschi e il senatore Andrea Marcucci. Una piccola rivoluzione all interno dei dem destinata ad autoreplicarsi. Il circolo, intitolato a Leopoldo II, il Granduca di Toscana dalle idee illuministe che abolì la pena di morte, cercherà di portare la cultura e il Bello in politica. Come spiega Pasquale Giuseppe Macrì, professore di Medicina legale all Università di Siena e assessore alla Cultura pd del Comune di Arezzo: «Renzi ha accolto la Merkel a Firenze e l ha accompagnata sotto il David di Michelangelo. È stato un modo vincente di fare politica. E questo circolo, come un cavallo di Troia, cercherà di portare la bellezza e la cultura nel partito e nel dibattito politico». Il primo circolo culturale democratico nasce in una città di provincia, ma non c è da stupirsi troppo. Ad Arezzo e nei suoi dintorni sono nati Michelangelo, Piero della Francesca, Giorgio Vasari, Masaccio, Petrarca e Guido Monaco. E Gaio Clinio Mecenate consigliere dell imperatore Augusto. Fu proprio questo aretino ad operarsi perché la politica fosse permeata dal sapere e dalla bellezza. «La politica non può più procedere disgiunta dalla cultura spiega Macrì che entrerà nella struttura politica del Pd. Il circolo avrà anche una funzione di sentinella e suonerà l allarme ogni volta che ci si appellerà alla cultura per marketing elettorale, magari riducendo risorse». Marco Gasperetti mgasperetti@corriere.it Chi è Massimo Paolucci, 55 anni. È parlamentare europeo del Pd dal 2014 Le primarie dei veleni in Campania Lascia l eurodeputato Paolucci NAPOLI A questo punto ci sono solo due certezze sulle primarie del Pd campano. La prima è che si faranno. Hanno provato in ogni modo a evitarle, rinviandole quattro volte e sperando di trovare nel frattempo la soluzione che mettesse da parte l eurodeputato Andrea Cozzolino e l ex sindaco di Salerno Vincenzo De Luca, entrambi molto forti e molto sgraditi nel partito, ma non ci sono riusciti. Quindi domenica si voterà. La seconda certezza è che non bisogna aspettare lo spoglio e le eventuali relative contestazioni per veder sfogare vecchi e nuovi rancori interni. A dare il via alla resa dei conti anticipata è Massimo Paolucci, oggi europarlamentare per volere di D Alema, e l altro ieri assessore regionale nella giunta Bassolino e subcommissario ai rifiuti nell epoca della grande emergenza e della ricerca (fallita) di soluzioni a qualsiasi costo. Paolucci ha annunciato che lascia il Pd. Perché, scrive in una lettera aperta agli elettori, «non posso accettare che il prossimo presidente della Regione Campania sia scelto con il voto determinante del centrodestra». E non si riferisce a Caldoro, che del centrodestra è il candidato, ma a chi vincerà le primarie. Che, secondo lui, «saranno un replay peggiore di quelle svolte nel 2011», quando si doveva scegliere il candidato sindaco di Napoli ma poi furono annullate per l ombra di La denuncia Sotto i nostri occhi si definiscono accordi con i protagonisti della stagione cosentiniana In corsa Vincenzo De Luca, 65 anni Gennaro Migliore, 46 Andrea Cozzolino, 52 brogli. Quella volta vinse Cozzolino, e da bassoliniano pentito, Paolucci è proprio contro colui con il quale condivideva il ruolo di delfino del capo che si scaglia, pur senza nominarlo. Ma è chiaro a chi si riferisce quando scrive: «Tutti vedono le fotografie riportate dai giornali. Tanti, navigando sulla Rete, hanno scoperto fotografie imbarazzanti». E le foto in Rete sono quelle di Cozzolino, all apertura del suo comitato elettorale a Caserta, accanto a due fedelissimi di Nicola Cosentino, l ex sottosegretario all Economia del governo Berlusconi, oggi detenuto per camorra. Scrive Paolucci: «Sotto i nostri occhi si definiscono accordi con interi settori del centrodestra, con i protagonisti della stagione cosentiniana». E, di fronte al «disastro annunciato» e «alla pochezza e alla miseria campana», accusa il Pd nazionale di «sconcertante irresponsabilità» perché «da mesi si ostina a lasciare incancrenire una situazione divenuta insostenibile». Quindi lui se ne va. Ma c è anche chi resta e però ugualmente abbandona cautele e diplomazia, e dice quello che pensa. Andrea Vaccaro, deputato, è tra quelli che non volevano le primarie. Perché «per la democrazia e l integrità delle casse pubbliche Caldoro è meglio di De Luca e Cozzolino. Lo sa anche Renzi, ma lui non lo può dire». Fulvio Bufi

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17 Corriere della Sera Giovedì 26 Febbraio 2015 POLITICA 17 Stretta per i corrotti, ma slitta il sì in Aula A Palazzo Madama passa in commissione l aumento delle pene fino a 10 anni. L esultanza di Renzi L Anm e la responsabilità delle toghe: favore agli imputati ricchi. Legnini: il Csm valuterà gli effetti La vicenda Il 5 febbraio la maggioranza raggiunge un accordo sulle norme anticorruzione. Previste pene più severe per la corruzione: da 6 a 10 anni (ora sono da 4 a 8). Si pensa anche a uno sconto per chi decide di collaborare con la giustizia Una stretta riguarda anche il reato di concussione per induzione: oggi è punibile fino a 8 anni, la scelta è di salire fino a 10 anni. Potrà bastare poi una condanna a due anni per corruzione, concussione o peculato per poter perdere il posto di lavoro Nello stesso vertice di maggioranza, viene presa la decisione di estendere la punibilità per il falso in bilancio: per quel reato si procederà sempre d ufficio (dal 2002 si poteva procedere soltanto su querela di parte) L accordo solleva le proteste di Forza Italia. Si comincia a lavorare al Senato, dove la commissione Giustizia esamina il ddl anticorruzione. Il varo definitivo slitta, anche per l ostruzionismo degli azzurri. I lavori riprenderanno martedì Il governo, in tema di giustizia, si trova ad affrontare anche lo scontro con i magistrati, dopo l approvazione, martedì, della legge sulla responsabilità civile dei magistrati. Un provvedimento che l Anm definisce «punitivo» L altro fronte Tarda l emendamento sul falso in bilancio, forse andrà solo in Aula Forza Italia protesta ROMA «Adesso aumentiamo le pene per i corrotti. La volta buona». Twitta ed esulta, Matteo Renzi. Nel giorno in cui si levano alte le proteste dell Anm contro la norma sulla responsabilità civile delle toghe («dita negli occhi ai giudici») e il vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini, invita ad «ascoltare le preoccupazioni dei magistrati». Guarda il bicchiere mezzo pieno. E cerca di neutralizzare le accuse valorizzando l approvazione in commissione Giustizia al Senato dell articolo 1 del ddl anticorruzione. Quello che fa salire le pene per i corrotti (da 6 a 10 anni). «Prima l Autorità affidata a Cantone, poi i commissariamenti con il decreto Madia», ora pene più severe rivendica il premier. Glissando sul fatto che, però, slitta ancora il varo definitivo di quel disegno di legge. Non solo per l ostruzionismo di Forza Italia, ma anche perché tarda ad arrivare in commissione l emendamento che dovrebbe rendere sempre punibile il falso in bilancio. E forse verrà presentato direttamente in aula, bypassando la commissione Giustizia poco incline a sconti garantisti sull annunciato giro di vite. Ieri è saltato anche l aumento delle pene per il reato di induzione indebita da parte del pubblico ufficiale. Il ddl prevedeva una sanzione da 4 a 10 anni di reclusione. La norma resta, invece, da tre a otto. Ma se ne riparlerà martedì prossimo. Con accuse incrociate per il nuovo ritardo. Il presidente della commissione Nitto Palma (FI), respinge le critiche di lentezza e le gira al governo: «Ha annunciato un nuovo emendamento sul falso Il muro dei partiti sui vitalizi ai condannati E Grasso torna giurista per farli eliminare ROMA Basta con i vitalizi agli ex parlamentari condannati, lo scandalo deve finire. Per sbloccare l impasse che impedisce di annullare un privilegio odioso, il presidente del Senato Pietro Grasso è pronto a ingaggiare un braccio di ferro con i partiti, che trovano ogni scusa per rinviare la soluzione alle calende greche. E Laura Boldrini sta dalla stessa parte: «Inaccettabile l erogazione a corrotti e mafiosi» L inquilino di Palazzo Madama, descritto come «furibondo» dai collaboratori, ieri ragionava ad alta voce: «Sui vitalizi non mi faccio raggirare. Non è possibile che rappresentanti del popolo, poi giudicati indegni, vengano pagati con soldi pubblici da un organo costituzionale che può decidere in modo completamente autonomo». Parole con cui Grasso prova a spazzar via i tentennamenti e le argomentazioni di chi vorrebbe portare il tema nelle aule parlamentari, sfilandolo ai consigli di presidenza e allungando ancora i tempi. È dal 7 giugno del 2014 che il presidente del Senato è in guerra contro i vitalizi «indegni». Una vicenda che, in soldoni, costa ai cittadini 170 milioni l anno. Grasso ne fa una questione di onore delle istituzioni e si ripromette di risolverla entro dieci giorni: «Al prossimo consiglio di presidenza la in bilancio dopo che il ddl si era bloccato in commissione per iniziativa dello stesso governo. Ora ne annuncia uno nuovo. E si rifiuta di presentarlo in commissione, come chiedono FI, Ncd e Pd». porterò in votazione e ognuno si prenderà la propria responsabilità di fronte all opinione pubblica». Un affondo contro quei parlamentari che si stanno mostrando meno sensibili al tema, temporeggiando e trincerandosi dietro la «Carta». La giornata di ieri rivela il braccio di ferro. Da una parte i presidenti di Camera e Senato e dall altra quei questori, nominati dai partiti, che tirano per le lunghe una istruttoria infinita e che solo martedì sera hanno inviato a Grasso il parere del presidente emerito della Corte costituzionale, Cesare Mirabelli, da loro acquisito il 19 febbraio. Quando la seconda carica dello Stato ha letto l illustre «parere pro veritate», ha fatto un balzo sullo scranno. Poi, deciso a stoppare il blitz, ha chiamato Laura Boldrini. La presidente della Camera lo ha raggiunto a Palazzo Madama per un prevertice in cui Grasso ha illustrato ai questori di Camera e Senato il suo controparere: Il ministro Andrea Orlando, comunque, annuncia al Tg1 che la settimana prossima: «L Aula approverà il pacchetto anticorruzione». E si difende dalle accuse dei magistrati sul ddl della responsabilità civile: L incontro Sergio Mattarella con Molly Anim Addo, nuovo ambasciatore del Ghana durante l incontro per la presentazione delle lettere credenziali avvenuto ieri al Quirinale (Ansa) «Incostituzionale» I questori delle Camere hanno inviato il parere di Mirabelli che ravvisa «criticità costituzionali» La contromossa Il presidente del Senato ha illustrato con Boldrini un suo testo che confuta l ex capo della Consulta un testo che fa a pezzi le tesi di Mirabelli e innesca un botta e risposta in punta di Costituzione. Se l ex vicepresidente del Csm rileva «plurime e rilevanti criticità costituzionali» nel provvedimento, Grasso pensa che le superpensioni dei condannati non siano affatto intoccabili. Punto primo: è «paradossale ipotizzare» che i con- La parola VITALIZIO «Non è contro i magistrati: abbiamo escluso forme di responsabilità diretta o che derivino dall interpretazione della legge. Bisognava rispondere alla domanda dell Europa e alla domanda inevasa dei cittadini La base critica sul web Grillo e Casaleggio oggi al Quirinale Con loro va solo un attivista 18enne Appuntamento al Quirinale. Oggi i leader Cinque Stelle Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio tornano al Colle dove erano già stati per un colloquio con Giorgio Napolitano nel luglio 2013 per incontrare il capo dello Stato, Sergio Mattarella. Con i due cofondatori del Movimento, a sorpresa, non ci sarà il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio (come era stato annunciato nei giorni scorsi), ma la più giovane attivista pentastellata. Si tratta di una diciottenne palermitana. La sua presenza, in realtà, arriva dopo le polemiche tra i parlamentari per la scelta di convocare Di Maio al posto dei capigruppo Andrea Cioffi (Senato) e Fabiana Dadone (Camera). Se, da un lato, la presenza della giovane attivista sembra aver placato alcuni malumori interni, ha dall altro lato suscitato il malumore della base. Ieri, a commento della notizia sul blog di Grillo, molte le critiche. «Mi interessava una persona capace e non di sola rappresentanza. Sto incominciando a rinunciare a capire», scriva Enza di Alessandria. «Scusate, va bene tutto, ma invece che portarvi dietro una bambina non potevate chiamare un Nobel dell economia», scrive caustico un attivista. 170 milioni la spesa annua per garantire un vitalizio a ex parlamentari condannati È una rendita concessa vita natural durante ai parlamentari e ai consiglieri regionali al conseguimento di alcuni requisiti (di norma la durata di uno o più mandati). C è chi equipara il vitalizio ad un trattamento pensionistico ma la dottrina non è concorde. Da tempo ormai il trattamento è considerato un privilegio ed è stato ridotto o, in qualche caso, eliminato. che, colpiti da malagiustizia, non avevano risarcimenti». Ma secondo l Anm, non è così. «È un intimidazione», accusa il presidente Anm Rodolfo Sabelli, «perché da la possibilità alla parte processuale più forte economicamente di liberarsi di un giudice scomodo». Il nodo, spiega Sabelli, è la cancellazione del filtro di ammissibilità sui ricorsi, che sinora ha consentito di «evitare azioni infondate e strumentali». E «il pericolo è chi, chiamato a giudicare, diventerà sottoposto a giudizio da parte di chi dovrebbe essere giudicato». Timori che il vicepresidente Csm, Legnini, invita a non sottovalutare: «Noi come Csm ci candidiamo a monitorare l attuazione della nuova disciplina» per verificare, «se, come temiamo, ci sia un eccesso di Il Guardasigilli Orlando: «Il pacchetto sarà approvato la settimana prossima» E replica ai magistrati ricorso ad azioni risarcitorie, e se l indipendenza, l autonomia e la serenità dei magistrati siano in qualche modo incisi da questa norma». Da oggi, comunque i magistrati scenderanno sul piede di guerra. Ci sarà una conferenza stampa della giunta Anm, guidata da Rodolfo Sabelli, come primo atto del pacchetto di iniziative deciso domenica scorsa dal Comitato direttivo centrale, che ha bocciato la proposta di uno sciopero. E intanto in apertura di alcuni processi è stata data lettura del documento che contiene le ragioni della protesta e impegna l Anm anche a procedere alla ricognizione di tutte le attività di supplenza svolte dalla magistratura, denunciandole e chiedendo al governo adeguate soluzioni. Virginia Piccolillo sigli di presidenza non possano modificare le norme su vitalizi e pensioni, ma serva una legge ad hoc. Punto secondo, «non è fondato il parere del Prof. Mirabelli secondo cui la cessazione dell erogazione sarebbe assimilabile a una sanzione penale accessoria». Conclusione, «non sussiste un divieto di retroattività». Firmato, Pietro Grasso. Il controparere del presidente sarebbe rimasto riservato, se i questori non avessero inviato alla stampa solo quello di Mirabelli, «dimenticando» di diffondere le argomentazioni di Grasso e costringendo fonti di Palazzo Madama e svelare anche il secondo documento interno. «Una doppia scorrettezza», si osserva in ambienti parlamentari vicini a Grasso. A sera i collegi dei questori hanno fatto sapere che, entro il 31 marzo, i segretari generali Pagano e Serafini completeranno l istruttoria per il «piano operativo», che dovrà «progressivamente» unificare i servizi dei due palazzi: biblioteca, archivio storico, polo sanitario e servizio informatica. La cosa sorprendente è che nella nota dei questori non ci sia una sola parola sui vitalizi. Monica Guerzoni

18 18 Giovedì 26 Febbraio 2015 Corriere della Sera Esteri Diplomazie di Massimo Gaggi Usa, la visita «distruttiva» di Netanyahu enjamin Netanyahu accusato di B «distruggere il tessuto delle relazioni tra Stati Uniti e Israele»: parole di una durezza senza precedenti quelle di Susan Rice, il capo del Consiglio per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca. Rilievi che, dicono gli analisti, non possono essere stati lanciati senza il consenso di Obama. Sono settimane che la decisione del premier israeliano di accettare un invito dei leader repubblicani a parlare al Congresso senza concordare la sua visita con la Casa Bianca, agita le relazioni tra due Paesi che, pure, sono legati da un alleanza solidissima. Fin dal primo momento il presidente ha fatto sapere di considerare «inappropriata» la visita per i modi (arrivare a Washington all insaputa della presidenza e del dipartimento di Stato è una violazione del protocollo diplomatico) e i tempi: due settimane prima delle elezioni israeliane. Ma, oltre che per raccogliere voti, Netanyahu viene a Washington per quello che Obama vede come un estremo tentativo di sabotare il suo negoziato nucleare con l Iran. Col presidente Rouhani sotto pressione a Teheran, i negoziatori Usa a Ginevra stanno facendo concessioni sulla durata del possibile accordo che verrà ridotta rispetto ai 20 anni dell ipotesi iniziale. Ma Netanyahu vuole una rinuncia senza condizioni dell Iran a produrre materiale nucleare, e per il suo ministro degli Esteri l andamento del negoziato indica che le grandi potenze si stanno abituando all idea degli ayatollah dotati entro qualche anno dell atomica. Davanti alla prospettiva di un Netanyahu che a Washington usa i palcoscenici del Congresso e dell Aipac, la superlobby ebraica, per fare comizi contro la politica di Obama sull Iran, la Casa Bianca cerca di fargli il vuoto intorno: non solo Obama ma anche il suo vice Biden e il ministro degli Esteri, Kerry, saranno altrove. E, dopo il rifiuto di Netanyahu di vedere, separatamente e in privato, i parlamentari democratici, parte l accusa più dura: con la sua partigianeria sta lacerando i rapporti tra i due Paesi. Le vie dell energia LEGENDA Gasdotti russi esistenti in programma Gasdotti di altri Paesi Tap tratti esistenti tratti in programma Fonti: l Economist, Eurogas La tregua Opal White Stream Interconnettori (in programma o costruiti) Il 12 febbraio scorso i leader di Francia, Germania, Ucraina e Russia hanno firmato a Minsk l accordo di tregua per l Est Ucraina. Tra le misure previste, oltre al cessate il fuoco, il ritiro delle armi pesanti e una zona cuscinetto Alleanze dal nostro inviato Francesco Battistini REP. PCECA CA SLOVACCHIA AUSTRIA UNGHERIA SPAGNAA Tunisia, la primavera araba riuscita Finestra per l Europa sulla crisi libica 300 FRANCIA milioni Investimenti di cooperazione dell Italia in Tunisia 4 gli anni passati dalla rivoluzione in Tunisia: prima nella regione 20 mila Gli egiziani che hanno lasciato la Libia dopo le decapitazioni e i raid aerei NORD STREAM DANIMARCA ARCA GERM MANIA ITALIA FINL NLANDIA LITUANI TUANIA POLONIA San Pietroburgo GRECIA UCRAINA Ankara TURCHIA YAMAL Mosca BIELORUSSIA RUSSIA FRATELLANZA SOYUZ BLUE STREAM GEORGIA Tbilisi Baku La minaccia di Putin: «Niente più gas a Kiev anche l Europa rischia» E Bruxelles corteggia Azerbaigian e Turkmenistan MOSCA Mentre la tregua sembra finalmente entrare in vigore, per l Ucraina si apre un nuovo fronte, quello del gas. E la nuova minaccia di taglio delle forniture avanzata da Vladimir Putin potrebbe coinvolgere anche il metano destinato all Europa. Al di là delle cifre e delle accuse reciproche, il nodo del contenzioso sembra essere la decisione russa di fornire direttamente metano alle repubbliche autoproclamatesi indipendenti di Luhansk e Donetsk, addebitando il costo al governo ucraino. Kiev invece non accetta che sia un altro Paese, il fornitore di gas, a decidere che uso deve fare del prodotto il Paese acquirente. E così rifiuta di pagare ulteriormente, visto che considera il metano spedito a Luhansk e Donetsk come «non consegnato». Dopo giorni di disputa tecnica tra Gazprom e Naftogaz Ukraina, ieri è intervenuto pesantemente il presidente russo accusando i vicini di tentato genocidio nei confronti delle popolazioni russofone del Sudest ucraino. Questo perché Kiev non consegna il gas e non rifornisce di alimentari queste aree: «Immaginate questa gente lasciata senza gas nel mezzo dell inverno, circa 4 milioni di persone. Non solo lì c è già la fame; l Osce ha constatato che c è una catastrofe umanitaria Questo già odora di genocidio», ha detto Putin. Così per alleviare la crisi delle due repubbliche alle quali L altra rotta Bruxelles punta sulla linea Trans-adriatica TAP: dal Mar Caspio alla Puglia via Turchia Kiev ha anche sospeso i pagamenti degli stipendi pubblici e delle pensioni (visto che sono fuori dal suo controllo), Mosca ha deciso di intervenire direttamente. Ha dirottato una parte del metano verso due stazioni situate nel sudest dell Ucraina che sono controllate direttamente dagli indipendentisti, Prokhorovka e Platovo. Ora Gazprom, secondo i suoi calcoli che tengono conto anche di queste quantità di metano, afferma di aver consegnato praticamente tutto il gas pagato in anticipo dall Ucraina. Se non ci saranno nuovi versamenti, afferma Putin, «Gazprom sospenderà la consegna. E questo naturalmente può creare un pericolo al transito di metano verso l Europa». Se Kiev non accetta di pagare anche per le repubbliche ribelli, dunque, la Russia è decisa a chiudere per la quarta volta i TUNISI Cinque bicchieri d acqua sul tavolo di cristallo, fra un librone dedicato alle bellezze di Tunisi e le angosce concentrate sugli orrori di Tripoli. Ebbene sì: esiste un Islam sobrio, se proprio non moderato, e alla fine d una giornata d incontri sta seduto di fronte a Paolo Gentiloni, sui divani della residenza dell ambasciatore Raimondo De Cardona. Ha barba rada e parole quiete, si chiama Rashid Ghannouchi, è il leader della Fratellanza di Ennahda che due mesi fa ha perso le elezioni e però accettato di governare coi nuovi padroni laici, perfino restauratori del panarabismo di Bourghiba. «Noi siamo diversi dai Fratelli musulmani dell Egitto dice Ghannouchi e anche da quelli di Alba libica. Noi non vogliamo lo scontro. C è un Islam che cerca di sedersi a un tavolo e trovare una soluzione. Noi appoggiamo la mediazione dell Onu tra le fazioni libiche». Il ministro degli Esteri annuisce: «Questo è un esperimento d interesse enorme per il Mediterraneo». E qui che bisogna puntare? «Con Ennahda si ragiona. Coi Fratelli musulmani egiziani, la vedo un po più dura». Avamposto Tunisia. Non combatteremo al Sud di Roma, dice Gentiloni, perché in Libia «non esiste una soluzione militare»: porterebbe solo nuove migrazioni. Non tocca solo a noi rimettere la sabbia nello scatolone, perché la strada è quella dell Onu e d un governo «inclusivo e di riconciliazione tra le milizie». Intanto però eccoci sulla linea del fronte: nella culla delle primavere arabe, l unica cullata bene, dove la riconciliazione sta funzionando, dove andranno a tirare il fiato un po dei nostri funzionari evacuati di corsa dall ambasciata di Tripoli, dove l emergenza preme con un milione di profughi o forse più, dove l Italia ha il più grande investimento di cooperazione (300 milioni) e il governo Renzi è venuto a promettere anche una cancellazione del debito. Qui non s è ricorsi a un Putin arabo, com è il generale Al Sisi al Cairo. E men che meno un Al Sisi libico, com è il generale Haftar che il governo di Tobruk quello che combatte la Fratellanza e l Isis ieri ha confermato capo delle forze armate. Nel Paese al mondo che Dove si rifornisce la Ue Produz. Ue 34% Altri 4,8% Qatar 5,1% Il leader Vladimir Putin, 60 anni: è al suo terzo mandato da presidente della Federazione russa, iniziato nel maggio 2012, dopo una «pausa» da premier 10 miliardi di metri cubi In piazza Una donna a una manifestazione contro il terrorismo lo scorso sabato a Tunisi, dopo un attacco che ha ucciso 4 poliziotti (Afp) Norvegia 20,9% Russia 26,7% Algeria 8,4% La quantità di gas azero che la linea trans-adriatica (Tap) fornirebbe all Europa entro il 2020 Corriere della Sera rubinetti. A quel punto il rischio è che per non rimanere a sua volta al freddo (ingiustamente, secondo il suo punto di vista) l Ucraina prelevi comunque gas dal tubo diretto verso l Europa centrale e occidentale, come accaduto nel 2004 e nel Per l Unione Europea, le forniture russe rappresentano il 27% dei consumi, più di un quarto. La nuova possibile crisi sta spingendo le autorità di Bruxelles ad accelerare i piani per forniture alternative. Morto il progetto di gasdotto Nabucco che avrebbe dovuto portare nel continente il gas dell Azerbaigian e del Turkmenistan, ora si punta sulla linea Trans-adriatica TAP che dovrebbe far arrivare quel metano tramite Turchia, Grecia e Italia meridionale. Si parla però di solo 10 miliardi di metri cubi, pari al 2% dei consumi europei (con una prospettiva di raddoppio dopo il 2020). Finora, però, Mosca era riuscita ad ottenere la quasi esclusiva del gas azero e turkmeno. L Europa sta corteggiando questi due Paesi per firmare contratti diretti, ma uno degli ostacoli principali è costituito dall interpretazione russa degli accordi esistenti fra i paesi del Mar Caspio: possono esportare direttamente gas solo col consenso degli altri. Vale a dire che il Cremlino avrebbe il diritto di veto. Fabrizio Dragosei esporta più jihadisti eppure è fra i più de-jihadizzati, la svolta passa per il 73enne Ghannouchi e per il novantenne Essebsi, uno dei più vecchi capi di Stato del mondo, che lo Stato islamico non vuole nemmeno chiamarlo così: da avvocato navigato, sa che «basta il nome per dare a questi folli una dignità giuridica che non hanno». E per combatterli bastano frontiere controllate, polizia efficiente, tunisini collaborativi. A capo dell antiterrorismo, Essebsi ha ripescato il contrammiraglio Kamel Akrut, un duro che Ennahda aveva esiliato negli Emirati. Ma nel suo anno zero per la ricostruzione, l ha detto anche agl italiani, al presidente interessa discutere più d aiuti dalla Banca europea o dal Fondo monetario, delle imprese chiamate a delocalizzare. E la disoccupazione, il vero fertilizzante della malerba terroristica: se volete estirparla mandate soldi, non soldati.

19 Corriere della Sera Giovedì 26 Febbraio 2015 Sono una decina i combattenti già rientrati in Italia dalla Siria Il capo della polizia Pansa: «Il rischio di attentati non è mai stato così alto» ESTERI 19 Il caso I droni su Parigi e i giornalisti di Al Jazeera di Stefano Montefiori ROMA Sono una decina i combattenti rientrati in Italia dopo essersi addestrati in Siria o in Iraq. Parte di un esercito di oltre fondamentalisti tornati in Europa, potenziali «lupi solitari» che potrebbero entrare in azione per conto dell Isis. «Soggetti pericolosi nei confronti dei quali c è massima attenzione e strumenti per controllarli in maniera adeguata» assicura di fronte al Parlamento il capo della polizia Alessandro Pansa. L allarme è al livello massimo, il prefetto lo conferma quando parla di «fattore di rischio molto più accentuato rispetto al passato, perché i teatri di guerra sono molto più vicini a noi e c è una forte complessità dello scenario degli attori coinvolti». E poi disegna gli scenari, evidenziando la necessità di avere «più uomini da schierare sul territorio e non lasciarli a lavorare in ufficio». Il reportage dal nostro inviato Lorenzo Cremonesi AL QOSH (IRAQ SETTENTRIONALE) «Porgere l altra guancia? Un errore. Siamo cristiani, crediamo nella pace, però non vogliamo morire come martiri imbelli. Dagli assassini dello Stato Islamico dobbiamo difenderci con le armi. Non sarà un modo di fare troppo cristiano, è vero. Ma, se vogliamo che le chiese del Medio Oriente continuino a esistere, non ci resta che una strada: combattere». Arrivando tra i volontari delle nuove milizie cristiane non è difficile raccogliere la reazione coerente alla disperazione che l agosto scorso echeggiava tra le basiliche di Erbil. «Dateci fucili e munizioni. Se nessuno ci difende, lo faremo noi!» protestavano i profughi in fuga da Mosul e dai villaggi limitrofi della piana di Ninive, culla storica del cristianesimo mesopotamico. L Isis li aveva derubati di tutto, umiliati, espulsi dalle loro case, cacciati dalle basiliche dissacrate; i peshmerga curdi erano fuggiti senza quasi avvisarli; l esercito di Bagdad si era sciolto come neve al sole. E loro si sentivano vittime dell estremismo islamico, ma anche alla mercé di alleati inaffidabili. Che fare? La risposta sta scritta sui gagliardetti appesi ai muri dei loro nuovi centri di addestramento, sui volantini distribuiti nei campi profughi, cucita sulle uniformi stirate di fresco. Leggi in inglese «Npu», che sta per: «Unità di protezione della piana di Niniveh». E ritrovi la volontà di reagire alla forza con la forza, di lottare contro il sopruso eletto a sistema da un avversario crudele. Va però detto che i cristiani pronti a combattere inquadrati in milizie indipendenti sono ancora pochi, forse un migliaio. Tra loro sono arrivati assiri dalle comunità della diaspora, specie svedese. Si aggiungono qualche volontario americano e un paio di canadesi. «Cresciamo. Le violenze degli ultimi estremisti che si sono addestrati in Siria o in Iraq, già ritornati in Europa. Tra questi potrebbero esserci dei potenziali «lupi solitari»: nei loro confronti c è massima attenzione da parte delle intelligence occidentali Le commissioni Giustizia e Difesa lo hanno convocato in seduta comune prima di dare il parere sul decreto antiterrorismo che dovrà essere convertito in legge. Non è l unico. Ci sono anche il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, quello di Milano Edmondo Bruti Liberati e il ca po della Direzione nazionale antimafia Franco Roberti. A lui le norme assegnano il compito di guidare la nuova struttura giudiziaria, ma la sua critica è aperta: «Il procuratore non può fare niente. Deve limitarsi a coordinare quelle poche procure distrettuali, non può coordinare le forze di polizia, non ne dispone. E ancora peggio, nell ansia di limitare e delimitare quanto più possibile questi poteri del procuratore antimafia e antiterrorismo, il legislatore d urgenza ci ha tolto il potere di coordinamento, di disporre dei servizi centrali di polizia giudiziaria in materia di misure di prevenzione antimafia. Io capisco che è una scelta, però è una scelta che finisce per fare come la montagna che partorisce il topolino, lo dico con estremo rispetto. È un coordinamento sulla carta, mi dai la responsabilità ma non lo strumento per esercitarla». Pignatone sollecita invece alcune «correzioni» alle norme «troppo vaghe» che mirano a punire chi si addestra e soprattutto chi intraprende i viaggi per raggiungere i jihadisti «perché tutti abbiamo in testa il terrorismo internazionale, ma la norma non ne parla e provocatoriamente dico che se uno organizza un viaggio da Roma a Tivoli collegato alla no Tav potrebbe ricadere nell attuale formula». Il giudizio di Pansa è positivo quando analizza le norme che Le milizie cristiane in Iraq «Contro gli assassini dell Isis c è una sola via: armarsi» valorizzano la prevenzione perché, spiega, «più dei foreign fighters è pericoloso chi si addestra su Internet, costruisce un ordigno che poi scoppia quando non dovrebbe oppure decide di lanciarsi con un auto verso i cittadini». Negli ultimi giorni il livello di vigilanza è stato ulteriormente elevato, il prefetto sottolinea «l aumento dei controlli negli aeroporti, con piani specifici adottati per voli ritenuti pericolosi». Il riferimento è alle rotte con il Medio Oriente che prevedono scali in Paesi dove pare più facile eludere i controlli e raggiungere l Europa. E sugli sbarchi ribadisce: «Immigrazione non è sinonimo di terrorismo: sui barconi non risultano terroristi ma è una eventualità che non si può escludere a priori». Fiorenza Sarzanini fsarzanini@corriere.it 67 I siti web di propaganda jihadista e profili pro Isis sui social media oscurati dalla polizia postale in un mese e mezzo. Su un altro centinaio sono in corso le indagini da parte degli esperti informatici e antiterrorismo Nel monastero Un miliziano cristiano iracheno, armato di kalashnikov, fotografato tra le rovine di un monastero a Bakufa, a nord di Mosul (Ap) L esodo La scorsa estate, con l avanzata dello Stato Islamico in Iraq, oltre 120mila cristiani sono stati costretti a lasciare le loro case a Mosul e nella piana di Ninive e a rifugiarsi a Erbil, nel Kurdistan iracheno. La maggior parte vive in tende giorni contro le comunità assire nel Nordest della Siria sono destinate a generare altri volontari» racconta Athra Mansour Kado, 25enne ufficiale che opera nel loro campo di addestramento principale presso il villaggio di Al Qosh. Il riferimento è alle centinaia di civili assiri (forse oltre 400) rapiti dall Isis a partire da lunedì. Pare siano stati trasportati nella roccaforte di Shaddadeh e a Raqqa, considerate la capitale degli jihadisti sunniti in Siria. Ad Al Qosh nessuno nasconde l estrema impreparazione delle nuove unità. «Ci mancano armi pesanti. Ognuno di noi contribuisce con i propri risparmi per l acquisto del kalashnikov personale e delle munizioni. Possiamo fare molto poco contro gli autoblindo, i mortai e persino i carri armati che Isis ha catturato all esercito iracheno. Ma non importa, il nostro è un inizio, un segnale di risveglio. Speriamo che l Europa e gli Stati Uniti ci mandino aiuti» osserva il 47enne Fuad Massud, ex ufficiale delle forze speciali nel vecchio esercito di Saddam Hussein. La loro speranza è poter cooperare con le forze militari curde. Ma due filosofie opposte caratterizzano il loro rapporto. Se i curdi si concepiscono come il braccio militare del loro futuro Stato indipendente, i cristiani al contrario sperano tutt ora in un Iraq unitario con un forte governo centrale. Tanti cristiani ricordano Saddam Hussein come un protettore, una garanzia di difesa. Per i curdi resta invece il nemico storico, per fortuna scomparso per sempre. Inoltre le gerarchie ecclesiastiche locali non hanno una posizione unitaria riguardo alle milizie confessionali. In alcuni ambienti, per esempio il vescovado di Mosul rifugiato ad Erbil, sono viste con simpatia. In altri legati al Vaticano non mancano invece inquietudini il numero stimato di soldati delle «Unità di protezione della piana di Ninive», le milizie cristiane anti Isis appoggiate dal governo iracheno e dai peshmerga curdi. Tra loro assiri della diaspora, specie svedese «All Iraq non fa per nulla bene l ennesima milizia legata a interessi particolari» dice tra i tanti padre Ghazuzian Baho della basilica di San Giorgio ad Al Qosh. Ma per il momento prevale l emergenza. Molti cristiani combattono volontari con i curdi siriani dello Ypg, con gli stessi peshmerga e nei ranghi degli eserciti regolari sia iracheno che siriano. Per gli uomini delle «Unità di protezione della piana di Niniveh» l obbiettivo prioritario resta la riconquista delle loro case a Mosul, dei borghi e villaggi tutto attorno. «È giunto finalmente il tempo che i cristiani lottino per i loro interessi» dicono ad Al Qosh. Cinque o sei ore al giorno sono dedicate all addestramento, alla ginnastica e alle esercitazioni in poligono. Ma queste ultime con parsimonia, visto che le munizioni costano caro. Per ora hanno costituito unità di guardia attorno all area urbana. Pattuglie avanzate arrivano ai villaggi abbandonati di Baqufa e Teleskof. Qui sono sempre in collegamento radio con i comandi curdi. «Le avanguardie di Isis sono a meno di 17 chilometri da noi, vicino a Mosul» spiega guardingo Kado, indicando nella notte le zone illuminate dei villaggi jihadisti. DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PARIGI Per la seconda notte consecutiva Parigi è stata sorvolata da cinque droni, stavolta più piccoli di quelli di lunedì. Resta il mistero di chi sia responsabile di una violazione della legge che può costare fino a un anno di carcere e 75 mila euro di multa. Non c entrano probabilmente i tre giornalisti di Al Jazeera di 34, 52 e 68 anni che sono stati arrestati intorno alle 15 e 30 di ieri al Bois de Boulogne, il parco a ovest della capitale. «Uno faceva volare il drone, il secondo filmava e il terzo guardava» hanno detto le autorità. I tre hanno fatto le spese della preoccupazione e anche del nervosismo delle forze dell ordine, che da molte settimane ormai sembrano non sapere come contrastare i voli proibiti. Alla fine dell anno scorso, sono stati segnalati una ventina di sorvoli di centrali nucleari; poi, nella notte del 20 gennaio, un drone è stato avvistato sopra l Eliseo; qualche giorno fa altri apparecchi hanno sorvolato quattro sottomarini nucleari nella rada di Brest, lunedì notte cinque droni sono stati visti sopra l ambasciata americana, place de la Concorde, la Tour Eiffel, place de la Bastille e la Tour Montparnasse; la notte successiva, altri sorvoli, più o meno negli stessi luoghi. Visti gli obiettivi e l azione simultanea, sembra improbabile che si tratti di una ragazzata. I giornalisti di Al Jazeera la nazionalità non è stata resa nota hanno fatto volare il loro apparecchio in pieno giorno, in una zona del Bois de Boulogne con poche persone e pochi alberi, che talvolta viene usata dagli appassionati per provare i droni giocattolo confidando nella tolleranza della polizia. Ma hanno scelto il momento sbagliato, non è più tempo per chiudere un occhio. La legge francese proibisce l uso dei droni nelle aree urbane e gli avvistamenti sopra «obiettivi sensibili» mentre il piano antiterrorismo Vigipirate è sempre al livello massimo hanno provocato l apertura di un inchiesta della Gta (gendarmeria dei trasporti aerei). Secondo la Cnn, i francesi hanno anche contattato i servizi segreti americani per ottenere la loro collaborazione nelle ricerche. Il portavoce del governo Stéphane Le Foll dice che «non è il caso di essere troppo inquieti ma bisogna comunque esercitare una certa vigilanza, prendiamo la questione sul

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