Principi di modulazione numerica

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1 Capitolo 3 Principi di modulazione numerica Il modulatore deve trasformare il segnale numerico in ingresso (proveniente dal codificatore di canale o dal codificatore di sorgente in assenza di codifica di canale) in un segnale a tempo continuo o forma d onda. Si ipotizza che la sorgente emetta simboli (binari) con cadenza costante 1/ b, dove b denota l intervallo intercorrente tra l emissione di due simboli consecutivi, e che i messaggi emessi dalla sorgente siano realizzazioni di un processo aleatorio m(k), k Z, a valori in {0, 1}; più precisamente, m(k) denota il simbolo emesso dalla sorgente all istante k b. Inoltre, si ipotizza che le m(k), k Z, siano 1 variabili aleatorie (rv) indipendenti ed identicamente distribuite (i.i.d.) con P ({m(k) = 0}) = P ({m(k) = 1}) = 1, k Z. 2 Il modulatore, al fine di adattare il segnale numerico al canale di forme d onda 2, realizza una corrispondenza iniettiva e suriettiva tra h-ple (h N) di cifre binarie e versioni opportunamente traslate (nel tempo) di un insieme di M = 2 h forme d onda S = {s 1 (t),..., s M (t)}. Per fissare le idee si assuma che la suddetta trasformazione associ alla h-pla [m(kh) m((k + 1)h 1)] uno dei segnali in S traslati di k, con = h b denominato intervallo di simbolo. Il modulatore esegue in generale anche la traslazione in frequenza necessaria alla trasmissione su di un canale passa-banda. Alcuni esempi sono riportati qui di seguito. 1 Salvo esplicita indicazione contraria. 2 La precedente descrizione del modulatore è valida solo per modulatori senza memoria. 39

2 40 CAPIOLO 3. PRINCIPI DI MODULAZIONE NUMERICA 3.1 Modulazioni numeriche: rappresentazione Modulazione M-PAM. Un segnale M-PAM (dall inglese Pulse Amplitude Modulation) in banda base è dato da u(t) = + k= c k g(t k ), (3.1) dove { c k (2i 1 M) d } M + e g 2 (t)dt = 1. 2 i=1 Quindi, le forme d onda utilizzate dalla modulazione PAM differiscono per l ampiezza. Per comprendere meglio la modulazione M-PAM si consideri, ad esempio, il caso M = 4. Poiché ciascuno dei quattro simboli è rappresentativo di h = 2 bit una possibile associazione tra le 4 stringhe di due bit e i 4 possibili valori di c k è riportata nella abella 3.1. Coppia di bit c k 00 3/2d 01 1/2d 11 +1/2d 10 +3/2d abella 3.1: Associazione tra coppie di bit e valori di c k per una modulazione 4-PAM. La potenza del segnale u(t) può essere calcolata come P u = + S u (f) df, (3.2) dove S u (f) denota la PSD del segnale u(t). È, inoltre, possibile dimostrare che la PSD di un segnale PAM in banda base, quando la sequenza c k è almeno SSL, è data da [1] S u (f) = 1 S c(f ) G(f) 2, (3.3) dove S c (ν) è la densità spettrale di potenza della sequenza di variabili aleatorie c k, ovvero, per il teorema di Wiener-Khintchine, la trasformata di Fourier della funzione di autocorrelazione di c k, R c (m), in simboli S c (ν) = F [R c (m)] + m= R c (m)e j2πmν (3.4)

3 3.1. MODULAZIONI NUMERICHE: RAPPRESENAZIONE 41 con R c (m) = E[c k c k m ]. Si noti che il precedente risultato continua ad essere valido anche quando la sequenza c k, k Z e/o il segnale g(t) sono a valori complessi; ovviamente la definizione di R c (m) deve essere modificata in R c (m) = E[c k c k m ]. Nell ipotesi che m(k), k Z, sia una sequenza di rv i.i.d. a valori in {0, 1} e che tali valori siano assunti con probabilità pari a 1/2, è facile dimostrare che (in assenza di codifica di canale): la sequenza c k, k Z, è una sequenza di rv i.i.d.; c k assume valori equiprobabili, ovvero { P c k = (2i 1 M) d } 2 e, quindi, ha media nulla. Quindi, la funzione R c (m) è data da = 1, i = 1,..., M, M R c (m) = { [ ] E c 2 k, per m = 0, 0, per m 0. (3.5) Inoltre, E [ c 2 k] si può calcolare come segue E [ c 2 ] k = 1 M = d 2 4M M (2i 1 M) 2 d 2 i=1 ( 4 4 = d 2 4M M(M + 1)(2M + 1) 6 M [ 4i 2 + (M + 1) 2 4i (M + 1) ] i=1 + M(M + 1) 2 4(M + 1) ) M(M + 1) 2 = d 2 12 (M 2 1), (3.6) dove si sono usate le relazioni M i = i=1 M(M + 1) 2 e M i 2 = i=1 M(M + 1)(2M + 1). 6 Quindi R c (m) = d 2 12 (M 2 1)δ(m),

4 42 CAPIOLO 3. PRINCIPI DI MODULAZIONE NUMERICA da cui S c (ν) = d 2 12 (M 2 1). Infine, sostituendo l espressione per S c (ν) nella (3.3), la (3.3) nella (3.2) e ricordando che g(t) è un segnale con energia unitaria, si ricava P u = 1 da cui è possibile ricavare l energia media per simbolo E uav = P u = d 2 d 2 12 (M 2 1), (3.7) 12 (M 2 1). (3.8) Si noti che la (3.8) rappresenta un energia media, perché le forme d onda utilizzate per trasmettere i diversi simboli hanno energia diversa. dove L espressione di un M-PAM in banda passante è, invece, data da u(t) = = R + k= { + c k 2g(t k ) cos(2πfc t) (3.9) k= c k 2g(t k )e j2πf ct ũ(t) = + k= } c k 2g(t k ) { = R ũ(t)e j2πfct}, è l inviluppo complesso o equivalente in banda base del segnale modulato (per la definizione di inviluppo complesso di un segnale passa-banda e per la dimostrazione di quanto affermato si rimanda all appendice C). Per il calcolo della potenza del segnale in banda passante si può utilizzare il legame esistente tra la PSD di un segnale in banda passante e quella del corrispondente inviluppo complesso È, infatti, immediato verificare che P u = S u (f) = 1 4 [S ũ(f f 0 ) + Sũ( f f 0 )]. (3.10) + S u (f) df = Sũ(f) df = 1 2 P ũ. (3.11) Si osservi anche che la precedente relazione ha validità generale stante il legame tra la PSD di u(t) e quella di ũ(t), ovvero la potenza del segnale a radiofrequenza è la metà di quella dell inviluppo complesso.

5 3.1. MODULAZIONI NUMERICHE: RAPPRESENAZIONE 43 In particolare, per un M-PAM in banda passante, tenendo presente che la PSD dell inviluppo complesso è ancora data dalla (3.3), a patto di adottare un impulso g (t) = 2 g(t), i.e. Sũ(f) = 1 si verifica con facili passaggi che P u = 1 2 P ũ = 1 d 2 6 (M 2 1) G(f) 2, d 2 12 (M 2 1). (3.12) Si noti, infine, che nell espressione del segnale in banda passante si è introdotto il fattore 2 al fine di ottenere un segnale modulato con la stessa espressione per la potenza del segnale PAM in banda base; si tratta di una posizione che non lede la generalità della trattazione; infatti, non cambierebbe nulla se si considerasse una portante del tipo A c cos(2πf c t) e, in particolare, cos(2πf c t) Modulazione M-PSK. Nella modulazione M-PSK (dall inglese Phase Shift Keying) il segnale a radiofrequenza è dato da dove u(t) = 2E φ k = R + k= { 2E + g(t k ) cos (2πf c t + φ k ) = k= g(t k )e j(2πfct+φ k) { = R ũ(t)e j2πfct}, (3.13) { } 2π M [ (i 1) + ψ, ψ 0, 2π ], (3.14) M i=1 M e ũ(t) è l inviluppo complesso del segnale u(t), i.e. ũ(t) = 2 + k= Ee jφ k g(t k ). In altri termini, nella modulazione M-PSK alla h-pla [m(kh) m((k + 1)h 1)] è associato un segnale del tipo 2Eg(t k ) cos (2πf c t + φ k ). } =

6 44 CAPIOLO 3. PRINCIPI DI MODULAZIONE NUMERICA Si osservi ora che il segnale u(t) può essere riscritto come u(t) = k= + k= E cos φk g(t k ) cos(2πf c t) E sin φk g(t k ) sin(2πf c t), (3.15) pertanto il segnale u(t) può essere pensato come la somma di due segnali PAM con portanti in quadratura. uttavia, occorre evidenziare che, in generale, i simboli corrispondenti ai suddetti segnali PAM, cioè a k E cos φ k e b k E sin φ k non sono indipendenti: infatti fra essi sussiste il seguente legame funzionale a 2 k + b2 k = E ( cos 2 φ k + sin 2 ) φ k = E. Per comprendere meglio la modulazione M-PSK si consideri, ad esempio, il caso M = 4 (QPSK, dall inglese Quadrature PSK), ψ = π/4. Poiché ciascuno dei quattro simboli è rappresentativo di h = 2 bit una possibile associazione tra le possibili stringhe di due bit e la fase da trasmettere è riportata nella abella 3.2. Coppia di bit φ k 00 π/4 01 3π/4 11 5π/4 10 7π/4 abella 3.2: Associazione tra coppie di bit e fase trasmessa per una modulazione 4-PSK In questo caso i due 2-PAM (con portanti in quadratura) utilizzano come forme d onda ± Eg(t k ) cos(2πf c t) ovvero ± Eg(t k ) sin(2πf c t). Si noti, in particolare, che il PAM in coseno utilizza la forma d onda Eg(t k ) cos(2πf c t) quando il bit di destra (il meno significativo) vale 0 e Eg(t k ) cos(2πf c t) quando lo stesso bit vale 1, mentre per la portante in seno il segno dipende solo dal bit di sinistra. Nell ipotesi che la sequenza di bit in ingresso al modulatore sia una sequenza di rv indipendenti si ha che i due PAM sono fra loro indipendenti. Un altro tipo di rappresentazione geometrica dei possibili segnali da trasmettere (che sarà di grande utilità nell interpretazione dei demodulatori) è quello di visualizzare nel piano complesso z i numeri Ee jφ k. In particolare, in Figura 3.1

7 3.1. MODULAZIONI NUMERICHE: RAPPRESENAZIONE 45 I(z) E R(z) Figura 3.1: Rappresentazione nel piano complesso dei possibili valori di Ee jφ k per il caso 4-PSK. è riportato il caso 4-PSK. Come ulteriore esempio si consideri il caso M = 8, ψ = 0. In questo caso ognuno degli otto segnali è rappresentativo di h = 3 bit. Una possibile associazione tra stringhe di bit e fase da trasmettere è riportata nella abella 3.3, mentre la rappresentazione grafica dei numeri complessi Ee jφ k è riportata in Figura 3.2. erna di bit φ k π/4 110 π/ π/4 101 π 001 5π/ π/ π/4 abella 3.3: Associazione tra terne di bit e fase trasmessa per una modulazione 8-PSK Si osservi che in tutti i precedenti esempi i punti di segnale contigui sono associati ad h-ple che differiscono per un solo bit; tale scelta prende il nome di Codifica di Gray e in seguito si vedranno le conseguenze che essa comporta. Si procede ora al calcolo della PSD e della potenza media di un segnale modulato M-PSK. Valgono ancora la (3.3) e la (3.10). In questo caso l inviluppo

8 46 CAPIOLO 3. PRINCIPI DI MODULAZIONE NUMERICA I(z) E 000 R(z) Figura 3.2: Rappresentazione nel piano complesso dei possibili valori di Ee jφ k per il caso 8-PSK. complesso ũ(t) ha la seguente espressione ũ(t) = 2 + k= c k g(t k ), (3.16) dove c k = Ee jφ k. Riguardo al calcolo di R c (m), nell ipotesi che c k, k Z, sia una sequenza di rv i.i.d. e che i valori che ciascuna di tali rv può assumere siano equiprobabili, si ha { E, per m = 0, R c (m) = (3.17) 0, per m 0; si noti, infatti, che E [ c k 2] = E [ E e jφ k 2] = E. Quindi Sũ(f) = 2 E G(f) 2 Pũ = 2E. (3.18) La potenza del segnale in banda passante si ricava facilmente ed è P u = E. (3.19) Infine, l energia per simbolo del segnale a radiofrequenza è data da E u = E. (3.20) Si noti che per un M-PSK non si tratta di un valore medio sui simboli a cui infatti si associano forme d onda con uguale energia.

9 3.1. MODULAZIONI NUMERICHE: RAPPRESENAZIONE Modulazione M-QAM. Gli schemi di modulazione numerica M-PAM ed M-PSK precedentemente studiati si distinguono per il fatto che essi convogliano l informazione relativa ad una h-pla di bit rispettivamente nell ampiezza e nella fase del segnale modulato. Più in generale, è possibile progettare schemi in grado di effettuare la modulazione numerica combinata di ampiezza e fase (AM/PM). La segnalazione M-QAM (dall inglese Quadrature Amplitude Modulation) è un caso particolare di modulazione combinata di ampiezza e fase. Il relativo segnale modulato può essere scritto come { 2 + u(t) = R dove = 2 = 2 k= + k= + k= c k g(t k ) e j2πfct } ρ k g(t k ) cos(2πf c t + φ k ) a k g(t k ) cos(2πf c t) 2 + k= b k g(t k ) sin(2πf c t), { ( c k a k + jb k ρ k e jφ k, a k, b k 2i 1 ) d M 2} M. i=1 A titolo di esempio, i possibili valori di a k e b k sono riportati nella abella 3.4 per M = 16. Inoltre, la rappresentazione geometrica dei punti di coordinate (a k, b k ) è riportata in Figura 3.3. Come negli schemi di modulazione numerica precedentemente esaminati, si procede ora al calcolo della potenza e dell energia media per simbolo nel caso M- QAM. In questo caso l autocorrelazione media della sequenza modulante, sempre nell ipotesi che c k, k Z, sia una sequenza di rv i.i.d. e che i valori che ciascuna di tali rv può assumere siano equiprobabili, è data da dove [ E c k 2] = 1 M = M M h=1 n=1 M 1 M [ R c (m) = E c k 2] δ(m), h=1 ( a 2 h + b 2 1 n) = M M a 2 h M + M h=1 M a 2 h + = 2 M a 2 h. M n=1 b 2 n h=1 M b 2 n n=1

10 48 CAPIOLO 3. PRINCIPI DI MODULAZIONE NUMERICA Stringa di bit a k b k d 3 2 d d 1 2 d d d d d d 3 2 d d 1 2 d d d d d d 3 2 d d 1 2 d d d d d d 3 2 d d 1 2 d d d d d abella 3.4: Associazione tra stringhe di 4 bit e coppie (a k, b k ) trasmesse per una modulazione 16-QAM. Per completare il calcolo è sufficiente osservare che 1 M M h=1 coincide con il valore di E[c 2 k ] per una modulazione M-PAM. Pertanto, utilizzando l equazione (3.6) (riscritta sostituendo M con M) si ottiene 1 M a 2 h = 1 M M M h=1 i=1 a 2 h ( 2i 1 ) 2 d 2 M da cui si ricava che, per una modulazione M-QAM h=1 4 = d 2 12 [ E c k 2] = 2 M a 2 h = d 2 (M 1). M 6 (M 1), Con facili passaggi si determina anche l espressione dell energia media per simbolo di una modulazione M-QAM E uav = d 2 (M 1). 6

11 3.1. MODULAZIONI NUMERICHE: RAPPRESENAZIONE 49 b k d d d d 1 2 d 3 2 d a k d d Figura 3.3: Rappresentazione dei possibili segnali trasmessi in un riferimento cartesiano (a k, b k ) per la modulazione 16-QAM Modulazione tramite forme d onda ortogonali Gli schemi di modulazione numerica fin qui descritti hanno in comune la possibilità di scrivere l inviluppo complesso della forma d onda trasmessa come ũ(t) = 2 + k= c k g(t k ). La dipendenza dall h-pla di bit trasmessi è confinata nel termine c k che può assumere, come studiato negli esempi precedenti, differenti espressioni, che permettono di ottenere modulazioni di ampiezza e/o di fase, mentre il segnale di energia g(t) non dipende dal simbolo M-ario trasmesso. Un approccio più generale al problema della modulazione numerica è quello di considerare un segnale modulato il cui inviluppo complesso assume una forma del tipo ũ(t) = 2 + k= g(t k, c k ),

12 50 CAPIOLO 3. PRINCIPI DI MODULAZIONE NUMERICA dove 2g(t, ck ) {s 1 (t),..., s M (t)}. In questo caso l informazione relativa al simbolo trasmesso è insita nella forma d onda adottata. È evidente che esistono numerose possibilità di scegliere l insieme delle possibili forme d onda da adoperare. Un approccio che è largamente usato nella pratica è quello di scegliere un insieme di forme d onda di uguale energia ed ortogonali, i.e. n, m {1,..., M} : + s n (t)s m(t)dt = 2Eδ(n m). Una delle scelte possibili è illustrata in Figura 3.4, per la quale si è posto s n (t) = 2EM ( ) t /(2M) (n 1)/M Π, n = 1,..., M. /M In questo caso l ortogonalità tra le forme d onda è garantita dal fatto che esse non si sovrappongono nel tempo. Uno schema di questo tipo prende il nome di M-PPM (dall inglese Pulse Position Modulation), in quanto la corrispondenza tra il simbolo c k e la forma d onda trasmessa è realizzata tramite la posizione del segnale all interno dell intervallo (k, (k + 1) ). L espressione dell inviluppo complesso del segnale trasmesso è ũ(t) = 2 + k= ( ) EM t /(2M) Π (ck 1)/M k, /M dove c k {1,..., M}, è una variabile aleatoria che porta in conto la h-pla da trasmettere; ad esempio, per una modulazione 8-PPM una possibile scelta dei valori di c k è riportata nella abella 3.5. Un ulteriore esempio di modulazione numerica tramite forme d onda ortogonali è l M-FSK (dall inglese Frequency Shift Keying). L inviluppo complesso di un segnale modulato M-FSK, è dato da ũ(t) = + k= ( ) 2E t /2 k ej2πfc k (t k ) Π, dove f ck = (2c k 1 M) f 2, c k {1,..., M}.

13 3.1. MODULAZIONI NUMERICHE: RAPPRESENAZIONE 51 s 1 (t) 2EM 0 M t 2EM s 2 (t) 0 M 2 M t. 2EM s M (t) 0 (M 1) M t Figura 3.4: Forme d onda adottate per la modulazione PPM. Stringa di bit c k abella 3.5: Esempio di corrispondenza tra stringhe di bit e valori di c k per un 8-PPM. In questo caso, quindi s n (t) = 2E ej2πfnt Π ( t /2 ), n = 1,..., M,

14 52 CAPIOLO 3. PRINCIPI DI MODULAZIONE NUMERICA con f n = (2n 1 M)( f/2). L espressione del segnale modulato M-FSK in banda passante è, quindi, data da u(t) = R = { + k= + k= ( ) } 2E t /2 k ej2πfc k (t k ) Π e j2πfct 2E cos(2π(f c + f ck )t 2πf ck k )Π ( t /2 k Si può dimostrare che la minima separazione in frequenza che garantisce la condizione di ortogonalità tra le forme d onda trasmesse, ovvero la condizione (k+1) k cos(2π(f c + f n )t 2πf n k ) cos(2π(f c + f m )t 2πf m k )dt, n, m {1,..., M} e k Z, è data da f = 1 2. Si può anche dimostrare che la PSD dell inviluppo complesso di u(t) è data da [5] Sũ(f) = + 1 M 1 (M ) 2 M S n (f) M S M n (f) n=1 M S n (f) n=1 2 + m= n=1 ( δ f m ), dove S n (f) è la trasformata di Fourier di s n (t), n = 1,..., M, i.e. S n (f) = F{s n (t)} = 2E sinc[(f f n ) ]e j2π(f fn)/2. La precedente espressione evidenzia la presenza di due contributi: un primo contributo è una funzione continua di f, mentre il secondo è costituito da un insieme infinito di righe spettrali. In particolare, dall espressione dello spettro di s n (t) segue che S n (f) 2 = 2E sinc 2 [(f f n ) ], pertanto, il primo addendo presente in Sũ(f) (la parte continua dello spettro) è costituito da un insieme di termini ognuno dei quali è centrato nell intorno di una delle frequenze f n. Ne consegue che la larghezza di banda bilatera dell inviluppo complesso di un segnale modulato M-FSK (equivalentemente la banda monolatera ).

15 3.2. DEMODULAZIONE E RIVELAZIONE 53 del segnale passa-banda), considerando M termini separati in frequenza di f = 1/(2 ), è circa pari a W = M 2 e, pertanto, cresce al crescere di M. Questo andamento è profondamente diverso da quello che si ha per le modulazioni numeriche di ampiezza e/o di fase, laddove la banda del segnale modulato decresce logaritmicamente al crescere di M. Occorre altresì evidenziare che in ogni intervallo di simbolo il modulatore sceglie uno tra M oscillatori locali sulla base del simbolo da trasmettere (nel caso in esame ogni oscillatore è tarato in modo da partire sempre con la stessa fase iniziale 3 che, per semplicità di notazione, è stata posta uguale a zero). Di conseguenza un segnale modulato FSK può presentare delle discontinuità (nel dominio del tempo) negli istanti di tempo del tipo t = k. ali discontinuità sono responsabili di un allargamento della banda del segnale (che non è evidenziato dalla precedente espressione per W, ma che richiederebbe il ricorso ad una misura più accurata della banda e, in particolare, alla larghezza di banda che contiene il 99 % della potenza del segnale). Un approccio alternativo è quello di prevedere la presenza di un solo oscillatore locale che permettere di realizzare una modulazione con fase continua. La modulazione M-FSK con continuità di fase prende il nome di M-CPFSK (dall inglese Continuous Phase FSK). La modulazione M-CPFSK è un caso particolare della modulazione M-CPM (dall inglese Continuous Phase Modulation), nella quale il valore della fase è funzione dei simboli passati. Schemi di modulazione in cui il segnale trasmesso nell intervallo di simbolo corrente dipende dai simboli trasmessi negli intervalli precedenti sono detti schemi di modulazione con memoria. Si può dimostrare che il ricorso alla modulazione M-CPM permette di ottenere segnali modulati in grado di garantire un occupazione di banda inferiore a quella di un M-FSK e quindi risparmiare banda al prezzo di una maggiore complessità realizzativa. 3.2 Demodulazione e rivelazione Il segnale modulato è consegnato ad un canale AWGN; quindi, il segnale in uscita al canale è dato da r(t) = Au(t t d ) + w(t), dove Au(t t d ) è una versione indistorta del segnale trasmesso mentre w(t) è rumore gaussiano bianco con PSD di livello pari a N 0 /2. In questo paragrafo si 3 Con riferimento all equivalente in banda base del segnale modulato ipotizzando, ad esempio, che il segnale sia stato generato in numerico.

16 54 CAPIOLO 3. PRINCIPI DI MODULAZIONE NUMERICA + 2 cos(2πf c t) r(t) r 1 (t) r 2 (t) LPF LPF z R (t) j z I (t) z(t) Rivelatore m(k) - 2 sin(2πf c t) Figura 3.5: Schema a blocchi del ricevitore. ipotizza, inoltre, di trasmettere la sequenza di K simboli c [c 0 c K 1 ]; di conseguenza l inviluppo complesso del segnale u(t) è dato da ũ(t) = K 1 2 g(t k, c k ). k=0 Inoltre, per semplicità, si assumerà A = 1 e t d = 0. È opportuno traslare preliminarmente il segnale ricevuto nell intorno della frequenza 0, al fine di semplificare le operazioni necessarie all estrazione del segnale di informazione. Il ricevitore è quindi costituito dalla cascata di un demodulatore (che effettua la traslazione del segnale passa-banda nell intorno della frequenza zero) e di un rivelatore che decide quale fra le sequenze ammissibili sia stata trasmessa, come mostrato in Figura 3.5. Poiché la traslazione in frequenza è una trasformazione invertibile essa non comporta perdita di informazione per il teorema di invertibilità [6]. Per calcolare l uscita dei filtri passa-basso si può applicare il principio di sovrapposizione degli effetti. Con riferimento al segnale { r(t) = u(t) = R ũ(t)e j2πfct} = u c (t) cos(2πf c t) u s (t) sin(2πf c t),

17 3.2. DEMODULAZIONE E RIVELAZIONE 55 è immediato verificare che r 1 (t) ed r 2 (t) sono dati, rispettivamente, da r 1 (t) = 1 2 [u c (t) (1 + cos(2π2f c t)) u s (t) sin(2π2f c t)] r 2 (t) = 1 2 [ u c (t) sin(2π2f c t) + u s (t) (1 cos(2π2f c t))]. Quindi, è anche facile convincersi del fatto che z R (t) = 1 2 u c (t) e z I (t) = 1 2 u s (t), se il filtro LPF (non necessariamente ideale) è tale da lasciar passare indistorto u c (t) o u s (t) (ovvero se la sua banda passante contiene quella dell inviluppo complesso del segnale utile ed il guadagno in banda passante è unitario) ed eliminare le componenti del segnale utile traslate nell intorno di ±2f c (si ricordi all uopo che f c 1/ ). Per la demodulazione è necessario, come già visto per i segnali DSB ed SSB, conoscere la fase della portante del segnale utile ricevuto. È anche istruttivo calcolare il contributo del segnale utile in uscita al filtro quando la fase dell oscillatore utilizzato in ricezione differisce per un fattore φ da quella del segnale modulato in uscita dal canale. Se, invece, r(t) = w(t), l autocorrelazione in tempo-ritardo di r 1 (t) è data da R r1 (t, τ) = R w (τ) [cos(2πf c τ) + cos(2πf c (2t τ))], e, quindi, l autocorrelazione media di r 1 (t) è R r1 (τ) = R w (τ) cos(2πf c τ) = N 0 δ(τ). (3.21) 2 Di conseguenza il contributo di rumore n R (t) in uscita al filtro passa-basso è costante nella banda passante del filtro e la sua PSD ha livello pari a N 0 /2. In realtà R w (τ) non è bianco, ma solo costante in una banda di frequenze che include la banda passante del segnale modulato. uttavia, la precedente equazione evidenzia che la PSD di r 1 (t) è in ogni caso costante nella banda dell inviluppo complesso del segnale. Considerazioni analoghe valgono con riferimento al contributo di rumore n I (t) in uscita al ramo inferiore del demodulatore. In definitiva, il segnale in ingresso al rivelatore è dato da z(t) = z R (t) + jz I (t) = K 1 k=0 g(t k, c k ) + n(t),

18 56 CAPIOLO 3. PRINCIPI DI MODULAZIONE NUMERICA dove si è posto n(t) = n R (t) + jn I (t). Si noti, inoltre, che z R (t) e z I (t) (n R (t) e n I (t)) sono, rispettivamente, la parte reale e la parte immaginaria di z(t) (n(t)). È anche possibile dimostrare che i due contributi di rumore n R (t) ed n I (t) sono gaussiani, a media nulla ed indipendenti. Per quanto attiene, inoltre, alle PSD di n R (t) e di n I (t) che, in relazione alle caratteristiche dei filtri LPF adoperati, hanno comunque una banda finita, si potrebbe anche dimostrare che per la derivazione del rivelatore la larghezza di banda può essere assunta grande a piacere ed, in particolare, è possibile ipotizzare che n R (t) e n I (t) siano rumore bianco (con PSD di livello pari a N 0 /2). Questa scelta semplifica la derivazione del rivelatore come si vedrà fra breve. Il progetto del ricevitore ha come obiettivo quello di estrarre una stima affidabile dei bit trasmessi. È necessario definire preliminarmente in modo quantitativo il concetto di stima affidabile. L obiettivo che ci si prefigge è quello di minimizzare la probabilità di errore sulla sequenza trasmessa. Si è quindi interessati a decidere sulla sequenza trasmessa (che appartiene evidentemente ad un insieme I c di sequenze ammissibili) a partire dall osservazione del segnale in uscita al canale (o, equivalentemente, come si è già evidenziato, a partire dal segnale in uscita al demodulatore). In altri termini è necessario determinare una regola di decisione D, ovvero una corrispondenza che associ ad una realizzazione di z(t) = K 1 k=0 g(t k, c k ) + n(t) = s(t, c) + n(t), t R, dove si è denotata con s(t, c) la componente di segnale utile (corrispondente alla sequenza trasmessa c), ovvero s(t, c) una tra le sequenze ammissibili, i.e. K 1 k=0 g(t k, c k ), ĉ [ĉ 0 ĉ K 1 ] I c. Il problema può quindi essere riformulato come quello di determinare nell insieme delle possibili regole di decisione quella che minimizza la probabilità di errore sulla sequenza dei K simboli M-ari trasmessi, i.e. P (e) P ({ĉ c}). (3.22) È facile dimostrare che tale regola è la Regola MAP (dall inglese Maximum A-Posteriori probability), ovvero quella che sceglie nell insieme I c la sequenza c [ c 0 c K 1 ]

19 3.2. DEMODULAZIONE E RIVELAZIONE 57 che massimizza la probabilità a posteriori, dato il segnale ricevuto, i.e. P ({c = c z(t)}). Più precisamente vale il seguente teorema. eorema La regola di decisione che minimizza la probabilità di errore sulla sequenza, definita dalla (3.22), è la Regola MAP, data da ĉ = arg max c I c P ({c = c z(t)}). Dimostrazione. Si consideri una regola di decisione che, dato z(t), decida per c. Si ha errore se e solo se la sequenza trasmessa c è diversa da c; quindi, la probabilità di errore è, per tale regola, pari a P ({c c z(t)}) = 1 P ({c = c z(t)}). È quindi evidente che per minimizzare P (e) si deve massimizzare P ({c = c z(t)}) ovvero utilizzare la regola MAP. Il ricevitore deve calcolare la probabilità a posteriori per ciascuna delle sequenze ammissibili ovvero per ciascuno degli elementi di I c. Al fine di pervenire alla struttura del rivelatore si devono calcolare le espressioni esplicite di tali probabilità e, come primo passo in questa direzione, è necessario rappresentare la forma d onda demodulata attraverso un segnale a tempo discreto. Se si ipotizza che il supporto del segnale utile sia limitato e contenuto nell intervallo ( 1, 2 ), i.e. g(t k, c k ) 0, t / ( 1, 2 ), k {0,..., K 1}, e si denota con {φ i (t)} + i=1 una base ortonormale reale per i segnali di energia in ( 1, 2 ), è poi possibile rappresentare il segnale z(t) in forma discreta attraverso la successione delle sue proiezioni lungo i versori della base prescelta. Per fissare le idee si indichino con z = [z 1, z 2, ] [z R1 + jz I1, z R2 + jz I2, ], s = [s 1, s 2, ] [s R1 + js I1, s R2 + js I2, ], n = [n 1, n 2, ] [n R1 + jn I1, n R2 + jn I2, ], le proiezioni, rispettivamente, del segnale in uscita al demodulatore, della componente di segnale utile e del rumore, lungo i versori della base, i.e. z Ri 2 1 z R (t)φ i (t)dt, z Ii 2 1 z I (t)φ i (t)dt, i N, s Ri 2 1 R {s(t, c)} φ i (t)dt, s Ii 2 1 I {s(t, c)} φ i (t)dt, i N, n Ri 2 1 n R (t)φ i (t)dt, n Ii 2 1 n I (t)φ i (t)dt, i N,

20 58 CAPIOLO 3. PRINCIPI DI MODULAZIONE NUMERICA dove I(z) denota la parte immaginaria del numero complesso z. Al fine di derivare la regola MAP, è possibile procedere come segue 1. calcolare le probabilità condizionate P ({c = c z L }) per ogni c I c, dove il vettore z L contiene le prime L componenti (complesse) del segnale z(t), i.e. z L [z 1 z L ]; 2. derivare la corrispondente regola MAP; 3. passare al limite per L + al fine di pervenire alla regola di decisione ottima. Per calcolare la probabilità condizionata P ({c = c z L }), si può far ricorso al teorema di Bayes che, per il caso in esame, afferma che [8] P ({c = c z L }) = f z L c (z L c) P ({c = c}) f zl (z L ) dove f zl (z L ) e f zl c (z L c) denotano, rispettivamente, la pdf di z L e la pdf di z L condizionata all evento {c = c}; inoltre P ({c = c}) è la probabilità a priori dell evento {c = c} ovvero la probabiltà di occorrenza di tale evento prima dell osservazione del segnale ricevuto z(t). Quindi la regola MAP che opera a partire dall osservazione di z L può essere riscritta nella forma f zl c (z L c) P ({c = c}) ĉ = arg max P ({c = c z L }) = arg max c I c c I c f zl (z L ) = arg max c I c { fzl c (z L c) P ({c = c}) }, dove si è tenuto conto del fatto che f zl (z L ) non dipende da c e, quindi, è ininfluente ai fini della massimizzazione. Se, inoltre, P ({c = c)} è indipendente da c, come accade, ad esempio, se i simboli emessi dalla sorgente sono indipendenti ed equiprobabili, la regola di decisione ottima può essere riscritta nella forma ĉ = arg max c I c f zl c (z L c). (3.23)

21 3.2. DEMODULAZIONE E RIVELAZIONE 59 La funzione densità di probabilità condizionata f zl c (z L c), pensata come funzione di c piuttosto che di z L, è detta funzione di verosimiglianza e, per questo motivo, la precedente regola di decisione prende il nome di regola di decisione a Massima Verosimiglianza o ML (dall inglese Maximum Likelihood). È anche importante evidenziare che da un punto di vista pratico le probabilità a priori sono in generale non note; in questi casi è possibile ricorrere alla regola MV, anche se essa non è ottima nel senso della minimizzazione della probabilità di errore. Nel seguito si assume che le sequenze ammissibili c abbiano la stessa probabilità di occorrenza (ovvero che le probabilità a priori dei simboli trasmessi siano uguali fra loro), lasciando al lettore la derivazione della regola MAP nel caso generale. È arrivato il momento di determinare l espressione della pdf del vettore z L, data la sequenza trasmessa. All uopo è sufficiente osservare che le variabili aleatorie n R1,..., n RL, n I1,..., n IL sono marginalmente gaussiane con media zero e varianza N 0 /2 e indipendenti. Di conseguenza, dato c = c, le variabili aleatorie z R1,..., z RL, z I1,..., z IL sono gaussiane ed indipendenti ed, inoltre, hanno tutte varianza pari a N 0 /2. Per quanto riguarda la media, z Ri ha media pari a s Ri, i = 1,..., L, mentre z Ii ha media pari a s Ii, i = 1,..., L. Quindi, f zl c (z L c) è data da f zl c (z L c) = = = L i=1 1 πn0 e 1 N 0 (z Ri s Ri ) 2 1 (πn 0 ) L e 1 (πn 0 ) L e L 1 πn0 e 1 N 0 (z Ii s Ii ) 2 i=1 1 L N 0 i=1[(z Ri s Ri ) 2 +(z Ii s Ii ) 2 ] 1 L N 0 i=1 z i s i 2, dove denota il modulo di un numero complesso. Di conseguenza, la regola di decisione può essere riscritta nella forma { } 1 1 L ĉ = arg max c I c (πn 0 ) L e N 0 i=1 z i s i 2 { L } = arg min z i s i 2. c I c Poiché, inoltre, i=1 z i s i 2 = (z i s i )(z i s i ) = z i 2 + s i 2 2R {z i s i }, la regola MV può anche essere riscritta nella forma { L { L }} ĉ = arg min s i 2 2R z i s i, (3.24) c I c i=1 i=1

22 60 CAPIOLO 3. PRINCIPI DI MODULAZIONE NUMERICA dove si è tenuto conto del fatto che L i=1 z i 2 non dipende da c (in fase di applicazione della regola di decisione z(t) e, quindi, z L è una quantità assegnata). D altro canto, passando al limite per L +, si ottiene ĉ = arg min c I c = arg min c I c = arg min c I c { + { + }} s i 2 2R z i s i i=1 { 2 1 { + i=1 s(t, c) 2 dt 2R s(t, c) 2 dt 2R { 2 1 { + }} z(t)s (t, c)dt }} z(t)s (t, c)dt, (3.25) dove la seconda uguaglianza si fonda sul eorema di Parseval per segnali di energia [8], mentre l ultima tiene conto del fatto che il segnale utile è, per ipotesi, identicamente nullo all esterno dell intervallo di osservazione ( 1, 2 ). La precedente regola di decisione evidenzia che anche per il caso di trasmissione su canale AWGN il ricevitore può essere un ricevitore di sequenze. La complessità della regola di decisione sembra proporzionale alla cardinalità dell insieme I c ovvero al numero totale delle sequenze ammissibili. Se I c = C K, dove con C si è denotato l insieme dei possibili valori assunti da c k e il concetto di potenza si fonda su quello di prodotto cartesiano, il numero di sequenze distinte è pari a M K e, quindi, cresce esponenzialmente con la lunghezza del messaggio. Una complessità che dipenda con legge esponenziale dalla lunghezza dei messaggi è evidentemente inaccettabile in tutti i casi di interesse pratico. È tuttavia possibile pervenire ad una procedura di massimizzazione del precedente funzionale che non richiede di calcolare il suo valore in corrispondenza di ogni valore di c, tuttavia, questo problema esula dagli scopi della presente dispensa. Si noti, inoltre, che per poter implementare la regola di decisione (3.25) è necessario conoscere l istante di inizio e di fine di ciascun intervallo di simbolo. Da un punto di vista pratico ciò richiede il recupero del sincronismo di simbolo a partire dal segnale ricevuto (questo argomento esula dagli scopi che ci si prefigge). In molti casi di interesse la massimizzazione può essere portata avanti separatamente per ciascuno dei simboli trasmessi o, come si suole dire, simbolo per simbolo. In effetti, il demodulatore di sequenze si riduce ad un demodulatore che decide sul simbolo se g(t) ha durata (minore o) uguale a, come accade, ad esempio, se si utilizzano impulsi rettangolari (si vedano i formati di modulazione del paragrafo 3.1.4). Senza perdita di generalità si può anche ipotizzare che il supporto di g(t) sia contenuto in [0, ]. In questo caso valgono le seguenti

23 3.2. DEMODULAZIONE E RIVELAZIONE 61 relazioni + s(t, c) 2 dt = = e, analogamente + z(t)s(t, c) dt = = + K 1 g(t k, c k ) k=0 K 1 (k+1) k=0 + k K 1 z(t) k=0 K 1 (k+1) k=0 k 2 dt g(t k, c k ) 2 dt, g (t k, c k )dt z(t)g (t k, c k )dt. Se, inoltre, I c = C K, la regola di decisione diventa dove c k C ĉ = [ĉ 0 ĉ K 1 ], { (k+1) ĉ k = arg min g(t k, c k ) 2 dt k { }} (k+1) 2R z(t)g (t k, c k )dt, k = 0,..., K 1. (3.26) k Con riferimento alle modulazioni PAM, PSK e QAM è anche utile considerare il caso in cui l impulso possa avere una durata maggiore dell intervallo di simbolo. Se l inviluppo complesso del segnale modulato ha la forma la (3.25) diventa ĉ = arg min c I c ũ(t) = K 1 2 c k g(t k ), (3.27) { + = arg min c I c { + 2R + z(t) k=0 { + s(t, c) 2 dt 2R K 1 c k g(t k ) k=0 ( K 1 k=0 2 dt c k g(t k ) ) dt }} }} z(t)s (t, c)dt,

24 62 CAPIOLO 3. PRINCIPI DI MODULAZIONE NUMERICA dove si è assunto che g(t) sia una funzione a valori reali. È, inoltre, immediato verificare che + = = K 1 c k g(t k ) k=0 K 1 k=0 2R K 1 k=0 K 1 h=0 c k c h { K 1 K 1 h=0 k=0 c k { ( + K 1 dt 2R z(t) g(t k )g(t h )dt z(t)g(t k )dt c k c h R g((k h) ) 2R } { K 1 k=0 k=0 c k v(k ) } c k g(t k ) ) dt dove R g (τ) denota la funzione di autocorrelazione del segnale di energia g(t) [3] R g (τ) + g(t)g(t τ)dt, mentre v(k ) è il segnale all istante t k = k in uscita al filtro adattato all impulso g(t), ovvero al sistema LI con risposta impulsiva h(t) = g( t). Se t d 0, è necessario utilizzare il filtro adattato a g(t t d ). In ogni caso la conoscenza degli istanti in cui campionare il segnale in uscita al filtro adattato presuppone il recupero del sincronismo di simbolo. È anche importante osservare che il filtro adattato all impulso g(t) (g(t t d )) non è fisicamente realizzabile perché è, in generale, non causale. uttavia, se g(t) ha supporto finito è possibile costruire la sequenza dei v(k) utilizzando un filtro causale ovvero ritardando di una quantità opportuna la risposta impulsiva h(t) = g( t) (h(t) = g( t t d )). Con riferimento ad h(t) = g( t) è sufficiente osservare che: v(k) è il campione all istante t 0 + k dell uscita del filtro con risposta impulsiva h(t) = g(t 0 t), t R, sollecitato da z(t); ritardando la risposta impulsiva h(t) = g( t) di t 0, con t 0 > 0 e tale che g(t) = 0, t t 0, si ottiene un sistema (LI) causale. Equivalentemente, si può definire (generalizzando la definizione già data) filtro adattato all impulso g(t) un sistema LI con risposta impulsiva h(t) g (t 0 t), t 0 R,, }

25 3.2. DEMODULAZIONE E RIVELAZIONE 63 e scegliere t 0 > 0 e tale che g(t) = 0, t t 0. Per il caso in esame la regola MV diventa { K 1 ĉ = arg min c I c k=0 K 1 h=0 c k c h R g((k h) ) 2R { K 1 k=0 c k v(k ) }}. (3.28) La precedente rappresentazione della regola MV evidenzia che per i formati di modulazione per i quali è valida la (3.27), non serve conoscere l intero segnale ricevuto per decidere sulla sequenza trasmessa, ma solo la sequenza di campioni v(k ), k Z, in uscita al filtro adattato. ale sequenza rappresenta, quindi, una statistica sufficiente per la decisione. Se, in aggiunta, si assume che il segnale g(t) soddisfi il Criterio di Nyquist, ovvero la seguente relazione { 1, se m = 0, R g (m ) = 0, se m 0, e che I c = C K, la regola MV diventa una regola di decisione simbolo per simbolo; infatti, la (3.28) può essere riscritta nella forma { K 1 { K 1 }} ĉ = arg min c k 2 2R c k v(k ), (3.29) c I c o, equivalentemente, ĉ k = arg min c k C k=0 k=0 { ck 2 2R { c k v(k )}}, k = 0,..., K 1. (3.30) Lo schema a blocchi del ricevitore che opera simbolo per simbolo è riportato in Figura 3.6. Si tornerà nel prossimo paragrafo sul Criterio di Nyquist e sulle sue implicazioni. È importante notare che le precedenti regole di decisione richiedono la conoscenza dei possibili segnali ricevuti e, in particolare, della fase della portante, sia z(t) Filtro adattato a g(t) t k = k arg min ck C { ck 2 + 2R { c kv(k )}} ĉ k Figura 3.6: Schema a blocchi del rivelatore che opera simbolo per simbolo per le modulazioni PAM, PSK e QAM.

26 64 CAPIOLO 3. PRINCIPI DI MODULAZIONE NUMERICA nel caso che il ricevitore operi simbolo per simbolo che in quello più generale di decisione one shot ovvero sull intera sequenza trasmessa. Per questo motivo il ricevitore sopra derivato è denominato ricevitore coerente. Il ricevitore coerente decide a minima distanza ; ad esempio, la regola (3.25) può essere riscritta nella forma { + } ĉ = arg min z(t) s(t, c) 2 dt, c I c e la distanza è quella tra segnali di energia. Inoltre è immediato interpretare il funzionamento del rivelatore simbolo per simbolo nello spazio N-dimensionale descritto dai segnali g(t k, c (1) ),, g(t k, c (M) ), dove N M: il ricevitore proietta il segnale z(t) nel suddetto spazio calcolando il vettore N-dimensionale delle componenti del segnale z(t) lungo i versori di una base, e sceglie, tra i possibili segnali trasmessi, quello con la minima distanza dalla suddetta proiezione di z(t). Questa interpretazione del ricevitore coerente tornerà utile per la sua implementazione Il ricevitore simbolo per simbolo per i formati M-PSK ed M-FSK Si vuole particolarizzare la struttura del ricevitore ottimo simbolo per simbolo (si ipotizza che g(t) soddisfi il Criterio di Nyquist) per alcuni dei formati di modulazione precedentemente introdotti. Si consideri, ad esempio, la modulazione M-PSK: la regola di decisione simbolo per simbolo può essere espressa nella forma { ĉ k = arg min v(k ) ck 2}, k = 0,..., K 1. (3.31) c k C Quindi, la regola di decisione calcola il punto v(k ), che ha per componenti le proiezioni di z R (t) e z I (t) lungo il versore g(t k ), e sceglie quello fra i simboli c (i) C, i = 1,..., M, a cui corrisponde la minore distanza da v(k ); tenuto conto della posizione dei c (i) nel piano complesso, si veda ad esempio la Figura 3.2 per un 8-PSK, il piano può essere suddiviso in M settori circolari D i, i = 1,..., M, definiti come segue D i { z = ρe jφ C : 2π M (i 1) + ψ π M φ 2π M (i 1) + ψ + π M e la regola di decisione diventa se arg(v(k )) D i ĉ k = c (i). },

27 3.2. DEMODULAZIONE E RIVELAZIONE 65 z R (t) Filtro adattato a g(t) t k = k m(2k) z I (t) Filtro adattato a g(t) t k = k m(2k + 1) Figura 3.7: Schema a blocchi del rivelatore per un 4-PSK. Per ovvi motivi D i è denominata regione di decisione relativa a c (i). Le precedenti considerazioni e, in particolare, l interpretazione geometrica del funzionamento del ricevitore nello spazio dei segnali si estendono in modo ovvio alle modulazioni M-PAM e M-QAM. In particolare, per la modulazione M-PAM è immediato verificare che la componente di z I (t) lungo g(t k ) non influenza la decisione sul k-esimo simbolo trasmesso in accordo con il fatto che gli inviluppi complessi delle forme d onda utilizzate possono essere rappresentati su di una retta. Si osservi, infine, che per un 4-PSK, con ψ = π/4 e l associazione tra coppie di bit e valori della fase riportate in Figura 3.1, la decisione può essere presa separatamente sui bit di ciascuna coppia come evidenziato in Figura 3.7. Si osservi che il secondo dei due sistemi presenti in ciascun ramo della figura prende il nome di decisore a soglia (in inglese hard limiter) ed è un sistema non lineare senza memoria che fornisce in uscita 1 o 0 a seconda che il segnale in ingresso sia positivo oppure negativo. Infatti, se il segno della parte reale di v(k ) è positivo la regola a minima probabilità d errore deve scegliere tra c (1) e c (4) (a seconda del segno della parte immaginaria di v(k )), mentre se il segno della parte reale di v(k ) è negativo, la regola deve scegliere tra c (2) e c (3). D altro canto c (1) e c (4) hanno come bit meno significativo uno zero, mentre c (2) e c (3) hanno come bit meno significativo un uno. Quindi il segno della parte reale di v(k ) consente di decidere sul bit meno significativo utilizzando il decisore a soglia, caratterizzato dal seguente legame ingresso-uscita { 1, se s(k) < 0, r(k) = 0, se s(k) 0, dove s(k) e r(k) denotano, rispettivamente, l ingresso e l uscita del sistema. Un analogo ragionamento mostra che il segno della parte immaginaria di v(k ) consente di scegliere il bit più significativo della coppia.

28 66 CAPIOLO 3. PRINCIPI DI MODULAZIONE NUMERICA z(t) Filtro adattato a g(t, c (1) ). Filtro adattato a g(t, c (M) ) t k = t 0 + k t k = t 0 + k R{ }. R{ } M A X ĉ k Figura 3.8: Schema a blocchi del rivelatore per un M-FSK. Si consideri ora la modulazione FSK del paragrafo 3.1.4: la regola di decisione discende immediatamente dalla (3.26). Per il caso in esame, in aggiunta, l energia del segnale g(t k, c k ) non dipende dal valore di c k C, i.e. (k+1) k g(t k, c k ) 2 dt è costante rispetto ai possibili valori che c k può assumere e, di conseguenza, la regola di decisione diventa ĉ = [ĉ 0 ĉ K 1 ], dove ĉ k = arg max c k C { { }} (k+1) 2R z(t)g (t k, c k )dt, k = 0,..., K 1. k Il corrispondente schema a blocchi del ricevitore è riportato in Figura 3.8. Si noti che per il caso in esame il filtro adattato a g(t, c (i) ) è il sistema con risposta impulsiva h(t) = g (t 0 t, c (i) ), causale se t 0. Si noti anche che il rivelatore utilizza M filtri adattati mentre quello M-PSK richiedeva un unico filtro adattato. La derivazione del ricevitore coerente per le modulazioni PAM, QAM e PPM è lasciata come esercizio al lettore. 3.3 Il criterio di Nyquist Ci si pone l obiettivo di caratterizzare quelle classi di funzioni g(t) in grado di garantire la condizione di Nyquist. Al riguardo esiste il seguente

29 3.3. IL CRIERIO DI NYQUIS 67 eorema (Nyquist). Sia g(t) un segnale deterministico di energia con funzione di autocorrelazione R g (t). Condizione necessaria e sufficiente affinché g(t) verifichi la condizione di Nyquist, i.e. R g (m ) = { 1, m = 0, 0, m 0, (3.32) è che la sua densità spettrale S g (f) verifichi la relazione 1 + m= dove S g (f) è la trasformata di Fourier di R g (t). ( S g f m ) = 1, (3.33) Dimostrazione. La condizione è senz altro necessaria infatti, se si moltiplica R g (t) per un treno campionatore ideale di periodo, cioè per la funzione si ha δ (t) R g (t) δ (t) = R g (t) + m= + m= δ(t m ), δ(t m ) = R g (0) δ(t). }{{} =1 Calcolando la trasformata di Fourier membro a membro, si ottiene [3] 1 + m= ( S g f m ) = 1, dove si è fatto uso della seguente trasformata notevole } F { δ (t) = 1 + m= ( δ f m ) = 1 δ 1 (f), e del fatto che ad un prodotto nel tempo corrisponde una convoluzione in frequenza, i.e. F [x(t)y(t)}] = [X Y ](f). Inoltre, la condizione è anche sufficiente infatti, partendo dall equazione (3.33) e antitrasformando secondo Fourier, si ha R g (t) + m= δ(t m ) = δ(t),

30 68 CAPIOLO 3. PRINCIPI DI MODULAZIONE NUMERICA che equivale a + m= R g (m )δ(t m ) = δ(t), dalla quale è evidente che il solo impulso di Dirac posizionato nell origine è moltiplicato per un coefficiente non nullo, i.e. R g (m ) = { 1, m = 0, 0, m 0, che conclude la dimostrazione del teorema di Nyquist. La relazione (3.33) permette di identificare meglio i requisiti che una forma d onda g(t) deve rispettare al fine di soddisfare la condizione di Nyquist. Si osservi innanzitutto che, per il caso in esame, vale la relazione S g (f) = G(f) 2, dove G(f) è la trasformata di Fourier di g(t). Più formalmente, l equazione (3.33) richiede che la funzione periodica B(f) 1 + m= ( S g f m ) sia una funzione costante di costante valore 1. Se G(f) 2 è rigorosamente limitata nella banda ( W, W ), dove, per semplicità di notazione, si è denotata la banda W del segnale (bilatera in banda base e monolatera in banda passante) con si possono verificare tre casi W = 2W, 1/ > 2W o, equivalentemente, < 1/(2W ): in tal caso la funzione B(f) è costituita da repliche non sovrapposte di G(f) 2 (Figura 3.9a), pertanto non è possibile garantire in alcun modo la condizione di Nyquist, poiché la funzione B(f) è nulla negli intervalli f (W + (m 1)/, m/ W ), m Z; 1/ = 2W o, equivalentemente, = 1/(2W ): in questo caso le repliche di G(f) 2 sono contigue (Figura 3.9b) e l unica possibilità di ottenere una funzione B(f) costante è quella di scegliere, per S g (f) = G(f) 2, una finestra rettangolare, i.e. S g (f) = Π(f ),

31 3.3. IL CRIERIO DI NYQUIS 69 a) B(f) 1 1 W W W +W + 1 W W f B(f) b) 1 1 W = f c) B(f) f Figura 3.9: a) B(f) per il caso < 1/(2W ), b) B(f) per il caso = 1/(2W ), c) B(f) per il caso > 1/(2W ). a cui corrisponde una funzione di autocorrelazione R g (t) = sin(πt/ ) πt/ ( ) t = sinc. Si osservi, quindi, che il più piccolo valore di in grado di garantire la condizione di Nyquist è pari a = 1/(2W ) e, in tal caso, R g (t) dovrebbe essere una funzione di tipo sinc, che tende a zero, per t +, come 1/t. Si osservi, inoltre, che il termine 1/, il quale rappresenta il numero di simboli trasmessi nell unità di tempo (in inglese denominato symbol rate), risulta vincolato ad un valore massimo. In altri termini la condizione di Nyquist impone una restrizione sul massimo symbol rate utilizzabile per una preassegnata larghezza di banda W. 1/ < 2W o, equivalentemente, > 1/(2W ): in questo caso le repliche di

32 70 CAPIOLO 3. PRINCIPI DI MODULAZIONE NUMERICA G(f) 2 presenti in B(f) si sovrappongono e, pertanto, esistono numerose configurazioni in grado di garantire una B(f) costante (Figura 3.9c). Una classe di funzioni in grado di garantire la condizione di Nyquist, con riferimento al terzo dei casi esaminati, ovvero 1/ < 2W, è quella degli impulsi con spettro a coseno rialzato e fattore di rolloff α, che è usualmente denotata con RCR(α) (dall inglese Raised Cosine Rolloff). L espressione nel dominio della frequenza dei suddetti impulsi è data da [7] G(f) 2 =, 0 f 1 α 2, cos 2 [ π 4α ( 2f 1 + α) ], 1 α 2 0, f > 1 + α 2, f 1 + α 2, dove il fattore di rolloff α è un numero reale appartenente all intervallo 0 α 1 e dove è evidente che la banda monolatera è pari a W = (1 + α)/(2 ). In Figura 3.10 è riportato l andamento della funzione G(f) 2 per vari valori di α. L espressione della funzione di autocorrelazione si può ottenere calcolando l antitrasformata di Fourier di G(f) 2, i.e. R g (t) = sin(πt/ ) πt/ cos(παt/ ) 1 4α 2 t 2 / 2 = sinc ( ) t cos(παt/ ) 1 4α 2 t 2 / 2. In Figura 3.11 è riportato l andamento della funzione R g (t) per vari valori di α, e troncata all intervallo temporale ( 5, 5 ); è importante evidenziare che R g (t) tende a zero, per t +, come 1/t 3. α = 0.1 α = 0.5 α = / 1/(2) 0 1/(2) 1/ Figura 3.10: rasformata di Fourier di un impulso RCR(α). Si osservi che le funzioni del tipo RCR(α) definiscono solo la forma dell autocorrelazione dell impulso g(t). Per ottenere il segnale g(t) corrispondente si

33 3.3. IL CRIERIO DI NYQUIS 71 α = 0.1 α = 0.5 α = Figura 3.11: Forma d onda corrispondente ad un impulso RCR(α). definisce la classe dei segnali RRCR(α) (dall inglese Root RCR) che è definita come segue 1 α, 0 f 2, G(f) [ ] π G(f) 2 1 α = cos ( 2f 1 + α), 4α 2 f 1 + α 2, 0, f > 1 + α 2, (3.34) a cui corrisponde un espressione nel dominio del tempo pari a [9] [ ] πt 4α cos (1 + α) + [ ] πt t sin (1 α) g(t) = π [ ( ) ] 4αt 2. (3.35) 1 Si osservi che, ponendo α = 0, nella (3.35) si ottiene ( ) 1 t g(t) = sinc, a cui corrisponde una risposta in frequenza che è una finestra rettangolare di larghezza 2W = 1/. Pertanto, per α = 0 ci si trova nella situazione limite di minima occupazione di banda dell impulso g(t) e di massimo symbol rate sostenibile, cioè 1/ = 2W. Occorre evidenziare che le funzioni RRCR(α) hanno in generale una durata infinita e non sono causali, pertanto sono formalmente inutilizzabili nelle applicazioni pratiche. uttavia, è pur vero che g(t) 0, per t +, quindi nella pratica si può ricorrere a versioni troncate ed opportunamente traslate nel tempo,

34 72 CAPIOLO 3. PRINCIPI DI MODULAZIONE NUMERICA al fine di ottenere segnali di durata finita e causali. È evidente che tale approssimazione è tanto più accurata quanto più rapidamente la funzione g(t) tende a zero per t +. A tal proposito si osservi che, nel caso limite α = 0, la corrispondente funzione g(t) tende a zero come 1/t. Nel caso generale α 0, invece, la funzione g(t) tende a zero più rapidamente, cioè come 1/t 2, infatti g(t) = [ ] πt 4α cos (1 + α) [ π + [ πt t sin ( ) ] 4αt 2 1 ] (1 α) 4α + t π [ ( ) ] 4αt 2 1, per t +, t2 1 dove, per effettuare la maggiorazione, si è sfruttato il fatto che le funzioni circolari seno e coseno sono limitate. Quest ultima osservazione mette in luce che la scelta α = 0, che è quella in grado di garantire un uso efficiente della banda, risulta di più difficile realizzazione pratica rispetto al caso generale α Formati di modulazione: analisi delle prestazioni L obiettivo di questo paragrafo è quello di considerare, per ciascuno dei formati di modulazione precedentemente introdotti, i parametri prestazionali e, in particolare, la banda impegnata e la probabilità di errore (sul simbolo e sul bit). ale studio consentirà di evidenziare gli aspetti peculiari di ciascuna modulazione e di effettuare un confronto tra esse Efficienza di banda L efficienza di banda di uno schema di modulazione è definita come segue η R b W (3.36) dove W è la banda monolatera del segnale modulato e dove R b è il tasso in trasmissione espresso in bit/sec, ovvero R b = 1/ b = h/. Il tasso R b è quindi la frequenza media di informazione della sorgente (assumendo assenza di codifica di canale e codifica di sorgente ideale, cioè tale da eliminare la ridondanza insita nel messaggio di informazione); più in generale, il tasso R b è il bit-rate, cioè il numero di bit trasmessi per unità di tempo. È possibile, quindi, interpretare

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