F (x, y) := f(x y)g(y) (3)

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1 2. INTEGRALI DI CONVOLUZIONE. Questo capitolo è dedicato allo studio dell operatore di convoluzione in, dapprima negli spazi L 1 ( ) L p ( ), poi negli spazi L 1 loc (RN ) L p comp( ). Valendosi dei risultati relativi si proverà la densità di Ccomp(Ω; C) in L p (Ω; C) per ogni p [1, + ) ed ogni aperto Ω. Definizione 1. Siano Ω un aperto e p [1, + ). Poniamo L p loc (Ω) = {f : Ω C : f è m N -misurabile in Ω ef L p (K) per ogni compatto K Ω}, ove m N denota la misura di Lebesgue in. Si osservi che vale l inclusione L 1 (Ω) L 1 loc (Ω), ma in generale non vale il viceversa. Definizione 2. Siano f, g L 1 loc (RN ) due funzioni tali che y f(x y)g(y) L 1 ( ) per q.o. x. La funzione (f g)(x) := f(x y)g(y) dy (1) si dice convoluzione di f e g. Esercizio 1. Siano N = 1 ed α (, 1). Posto f α (x) = x α, mostrare che la convoluzione f α f β, con α, β (, 1), α + β (1, 2), è definita per x e coincide con c α,β f α+β 1, ove c α,β = R 1 y α y β dy, mentre f α f β (x) = + per ogni x R, se α, β, α + β (, 1]. Teorema 1 (primo teorema delle convoluzioni). Per ogni coppia f, g L 1 ( ) f g è definita q.o. in, è ivi misurabile ed appartiene a L 1 ( ). Inoltre vale la seguente maggiorazione: f g 1 f 1 g 1. (2) Dimostrazione. Osserviamo preliminarmente che la funzione F (x, y) := f(x y)g(y) (3) è misurabile in. Infatti, il teorema sul cambiamento di variabile garantisce che F è misurabile in se e solo se è ivi misurabile la funzione G(ξ, η) := f(ξ)g(η) (ξ, η), (4) poiché la trasformazione ξ = x y, η = y è un diffeomorfismo di su sé stesso di classe C 1. Pertanto f(x y) g(y) dxdy = g(y) dy f(x y) dx = f 1 g 1 (5) Da ciò, tenendo conto delle ipotesi, dal teorema di Tonelli segue che la funzione F appartiene a L 1 ( ). Dal teorema di Fubini si ha che f(x y)g(y) dxdy = dx f(x y)g(y) dy (6)

2 INTEGRALI DI CONVOLUZIONE 1 e la funzione x f(x y)g(y) dy è definita q.o. in RN, è ivi misurabile ed appartiene a L 1 ( ). Inoltre vale la maggiorazione f g 1 = (f g)(x) dx dx f(x y)g(y) dy f 1 g 1. (7) Il prossimo teorema dà una significativa generalizzazione del primo teorema sulle convoluzioni. Teorema 2 (di Young). Siano f L 1 ( ) e g L p ( ), p [1, + ]. Allora f g è definita q.o. in, è ivi misurabile, appartiene a L p ( ) e f g p f 1 g p. (8) Dimostrazione. Consideriamo il caso di f e g non negative. Il caso generale si deduce poi in modo ovvio. Supponiamo dapprima g L 1 ( ) L p ( ). Osserviamo che la misurabilità di f g è garantita dal teorema 1. Consideriamo inoltre il caso p [1, + ). Sfruttando la disuguaglianza di Hölder con esponenti p e p, ricordando che p = p/(p 1) ed eseguendo semplici cambiamenti di variabili, si ottiene ( ) pdx f(x y)g(y) dy R ( N = f(x y) 1/p pdx f(x y) 1/p g(y) dy) R N ( ) p/p ( ) f(x y) dy f(x y)g(y) p dy dx R ( ) N p 1 = f(y) dy dx f(x y)g(y) p dy R N = f p 1 1 g(y) p dy f(x y) dx R N = f p 1 1 g(y) p dy f(x) dx = f p 1 1 f 1 g p p = f p 1 g p p < + Dunque f g è definita per quasi ogni x, ed appartiene a L p ( ). Infine dalla (9) segue facilmente la stima (8). Sia ora g L p ( ). Allora la successione {g n }, ove g n = gχ B(,n), è di funzioni non negative di L 1 ( ) L p ( ) e converge a g in L p ( ). Dalla stima precedente, con g sostituita da g m g n, si deduce che {f g n } è di Cauchy in L p ( ). Allora esiste una successione crescente {n k } N tale che {f g n } converge a una funzione h L p ( ) e {f g nk (x)} e {g nk (x)} convergono rispettivamente ad h(x) e g(x) per q.o. x. Per (9)

3 2 CAPITOLO 2 provare che f g è misurabile, è sufficiente mostrare che f g(x) = h(x) per q.o. x. A tal fine consideriamo la catena di relazioni f g nk (x) f g(x) = f (g nk g)(x) f(x y) 1/p f(x y) 1/p g nk (y) g(y) dy ( ) 1/p f(x y) dy ( ) 1/p f(x y) g nk (y) g(y) p dy = f(y) dy f(x y) g nk (y) g(y) p dy = f 1/p 1 f(x y) g nk (y) g(y) p dy per q.o. x. (9a) Infatti dalla definizione di {g nk (x)} e dal teorema 1 segue che i) f(x y) g nk (y) g(y) p per q.o. x ; ii) f(x y) g nk (y) g(y) p 2 p f(x y) g(y) p per q.o. x ; iii) la funzione y f(x y) g(y) p appartiene ad L 1 ( ) per q.o. x. Di conseguenza dal teorema di convergenza dominata segue l ultima relazione nella (9a). Pertanto f g nk (x) f g(x) per q.o. x. Da qui segue che f g ed h sono q.o. uguali in. Consideriamo ora il caso p = +. Ricordando che f e g sono non negative, si deducono facilmente le maggiorazioni f g(x) = f(x y)g(y) dy g f(x y) dy = f 1 g. Esse provano che f g L ( ) e soddisfa la stima (8). Osservazione 1. È facile verificare, e la verifica è lasciata al lettore, che il prodotto di convoluzione è bilineare e gode delle proprietà commutativa ed associativa: i) (f 1 + f 2 ) g = f 1 g + f 2 g per ogni f 1, f 2 L 1 ( ), g L p ( ); ii) f (g 1 + g 2 ) = f g 1 + f g 2 per ogni f L 1 ( ), g 1, g 2 L p ( ); iii) f g = g f per ogni f L 1 ( ), g L p ( ) iv) (f g) h = f (g h) per ogni f, g L 1 ( ), h L p ( ). Inoltre, dal teorema 2, si può dedurre che l applicazione (f, g) f g è continua da L 1 ( ) L p ( ) in L p ( ). Infatti, se (f, g) tende a (f o, g o ) in L 1 ( ) L p ( ), si ha che f g f g p (f f ) g p + f (g g ) p f f 1 g p + f 1 g g p (1) poiché il funzionale g g p è limitato sulle sfere aperte di L p ( ).

4 INTEGRALI DI CONVOLUZIONE 3 Vale anche la seguente generalizzazione del teorema di Young che enunciamo senza dimostrazione. Teorema 3. Per ogni coppia di funzioni f L q ( ) e g L p ( ) con r 1 = q 1 + p 1 1 si ha f g L r ( ) e vale la seguente diseguaglianza: f g r f q g p. (11) Osservazione 2. Dal teorema 3 segue facilmente che l applicazione (f, g) f g è continua da L q ( ) L p ( ) in L r ( ). Infatti, date le funzioni f, f L q ( ) e g, g L p ( ), si ha la seguente maggiorazione f g f g r f f q g p + f q g g p, (11a) la quale implica l asserto. Definizione 3. Sia f : C una funzione misurabile. Si dice supporto di f l insieme Ω c, essendo Ω := {x : esiste un intorno aperto U(x) di x t.c. f(ξ) = per q.o. ξ U(x)} Si pone Supp (f) = Ω c. È facile verificare che l insieme Ω della definizione precedente è un aperto. Infatti, se f(ξ) = per q.o. ξ U(x), allora f(ξ) = per q.o. ξ U(y) U(x), ove U(y) denota un intorno di y U(x). Pertanto U(x) Ω, che risulta aperto. Osservazione 3. Ricordando che ogni aperto A di è unione numerabile di compatti, si deduce facilmente che per ogni f C(A; C) si ha Supp (f) = {x A : f(x) }. (12) Pertanto l attuale definizione di supporto è consistente con la definizione 5 del capitolo 1. Osservazione 4. Se per le funzioni f, g L 1 loc (RN ha senso parlare di convoluzione, allora si ha che Supp (f g) Supp (f) + Supp (g) (13) ove A+B = {x+y, x A, y B} indica la somma algebrica dei due insiemi A, B. Esercizio 2. Siano A, B. Mostrare che se A è chiuso e B è compatto, allora A + B è chiuso, mentre A + B è compatto se A e B sono entrambi compatti. Per provare la (13) passiamo ai complementari e scegliamo x F + G c, ove, per brevità, abbiamo posto F = Supp (f) e G = Supp (g). Poiché F + G c è aperto, deve esistere r > tale che B(x, r ) F + G c. Dimostriamo che, per q.o. x B(x, r ) in cui f g è definita, si ha (f g)(x) = (si ricordi che f g è definita quasi ovunque in ). Supponendo, per assurdo, che sia vero il contrario, avremmo (f g)(x) = f(x y)g(y) dy = f(x y)g(y) dy (14) G

5 4 CAPITOLO 2 Di conseguenza dovrebbe esistere almeno un y G tale che x y F (altrimenti si avrebbe (f g)(x) = ). Quindi dalla definizione di somma di insiemi seguirebbe x F + G, il che è assurdo. Notazione. Sia Ω un aperto. La proprietà il compatto K è contenuto in Ω viene indicata con K Ω. Più in generale la notazione E Ω sta ad indicare che la chiusura dell insieme E è compatta e contenuta in Ω. Definizione 4. Sia Ω un aperto. Poniamo L 1 comp(ω) = {f L 1 (Ω) : Supp (f) Ω}. Si osservi che f, g L 1 loc (RN ) non implica in generale f g L 1 loc (RN ) (cf. Esecizio 1). Tuttavia vale il seguente Teorema 4. Se f L 1 loc (RN ), g L 1 comp( ), allora f g L 1 loc (RN ). Dimostrazione. Siano G = Supp (g), K. Allora K (f g)(x) dx = K G dx f(x y) g(y) dy G g(y) dy f(x) dx < +, K {y} (15) poiché K {y} è un compatto, poiché la somma algebrica A + B di due compatti A e B di è un compatto (cf. Esercizio 2). Osservazione 5. Nelle ipotesi del teorema 4 vale la seguente stima: f g L1 (K) f L1 (K G) g L1 (G), K Ω, G = Supp (g), (16) poiché K {y} K G, e quest ultimo insieme è un compatto. È opportuno fare ancora qualche considerazione sulle proprietà relative a convoluzioni e supporti. Siano f, g L 1 (R) due funzioni tali che Supp (f), Supp (g) [, + ). Allora, per ogni x >, (f g)(x) = R f(x y)g(y) dy = f(x y)g(y) dy = R + x f(x y)g(y) dy. (17) Tale formula mostra come la convoluzione di due funzioni non sempre dipenda da tutti i valori di f e g. Sia ora T >, e consideriamo f, g L 1 ((, T )). Si può osservare che x f(x y)g(y) dy = f(x y) g(y) dy R x (, T ) (18) ove abbiamo posto ũ(x) := { u(x) se x (, T ) se x (, T ). (19)

6 Siano ora f, g L 1 loc ([, T )), f, g. Allora INTEGRALI DI CONVOLUZIONE 5 τ x dx = τ f(x y)g(y) dy = τ τ g(y) dy f(x y) dx y τ y g(y) dy f(x) dx g L1 ((,τ)) f L1 ((,τ)) τ (, T ). (2) Più in generale si può osservare, adattando la dimostrazione del teorema di Young, che da f L 1 loc ([, T )) e g Lp loc ([, T )) segue f g Lp loc ([, T )) e vale la stima f g L p ((,τ)) f L 1 ((,τ)) g L p ((,τ)) τ (, T ). (21) Definizione 5. Per ogni aperto Ω si pone C comp(ω; C) := {u C (Ω; C) : Supp (u) Ω}. Mostriamo con un esempio che Ccomp(R N ). φ : R definita da Consideriamo la seguente funzione φ(x) := { exp{ (1 x 2 ) 1 } se x < 1 se x 1. (22) Si osserva che Supp (φ) = B(, 1). La funzione φ può essere vista come composta della funzione x x 2 mediante la funzione ψ(t) := { exp{ (1 t) 1 } se t < 1 se t 1 (23) È evidente che ψ C (R\{1}). Mostriamo che ψ C (R). Calcoliamo dapprima la derivata prima di ψ: ψ (t) = (1 t) 2 ψ(t), t 1. (24) Tale relazione mostra che è possibile definire (con continuità) ψ anche per t = 1. Per induzione troviamo che ψ (k) (t) = P k ((1 t) 1 )ψ(t), t 1, (25) ove P k è un polinomio di grado non superiore a 2k. Osserviamo nuovamente che ψ (k) può essere estesa con continuità nel punto t = 1; pertanto ψ C (R). Di conseguenza il teorema di differenziabilità delle funzioni composte implica che φ C ( ; R). Ora, se Ω è un aperto generico di, siamo in grado di esibire una funzione della classe C comp(ω; R). Infatti, poiché Ω è aperto, troviamo una sfera chiusa B(x, r) contenuta in Ω. Basta allora definire la funzione φ(x) := φ(r 1 (x x )). (27) Tenendo conto della seguente relazione fra i supporti di due funzioni continue Supp (f + g) Supp(f) Supp (g) (28)

7 6 CAPITOLO 2 si dimostra facilmente il seguente Teorema 5. C comp(ω; C) è un sottospazio vettoriale di C (Ω; C). Nuclei regolarizzanti. Densità di C comp(ω; C) in L p (Ω). Definizione 6. Una funzione φ C comp( ; C) si dice nucleo regolarizzante in se verifica le seguenti condizioni: i) φ in ; ii) N R φ(x)dx = 1; iii) Supp (φ) B(, 1). Un esempio di nucleo regolarizzante si ottiene facilmente dividendo la funzione φ definita precedentemente per il valore del suo integrale su (in modo da soddisfare la condizione ii) della presente definizione). Osserviamo, tuttavia, che possiamo costruire un infinità di nuclei regolarizzanti introducendo la famiglia di funzioni così definite: φ ε (x) := ε N φ(x/ε) x, ε > (29) Usando la iii), si verifica che vale Supp (φ ε ) B(, ε). Il motivo per cui abbiamo introdotto i nuclei regolarizzanti è quello di approssimare funzioni solamente integrabili con funzioni in C. A tal fine associamo ad ogni funzione f L 1 loc (RN ) la famiglia di funzioni f ε (x) := φ ε f(x) = φ ε (x y)f(y) dy x. (3) Denotiamo con d(x, E) la distanza del punto x dall insieme E. Teorema 6. Per ogni f L 1 loc (RN ) e per ogni ε >, risulta f ε C ( ; C) e vale Supp (f ε ) Supp (f) + B(, ε) o, equivalentemente, Supp(f ε ) {x : d(x, Supp (f)) ε}. (31) Osservazione 6. Sia f L p ( ); allora le funzioni f ε sono ovunque definite. Dal teorema di Young segue che f ε p = φ ε f p φ ε 1 f p = f p ε R +. (32) Dimostrazione. Dall osservazione 4 e dall esercizio 2 segue immediatamente che Supp(f ε ) Supp(φ ε ) + Supp(f) = B(, ε) + Supp(f) = {x : d(x, Supp (f)) ε}. Dobbiamo ora provare che f ε è continua e che esistono le derivate di f ε, di ogni ordine, in e sono ivi continue. A tal fine cerchiamo di applicare il teorema di derivazione sotto il segno di integrale. Osserviamo preliminarmente che f ε (x) = φ ε (x y)f(y) dy = φ ε (x y)f(y) dy x (33) x B(,ε)

8 INTEGRALI DI CONVOLUZIONE 7 Poiché per derivare sotto il segno di integrale è sufficiente una rappresentazione locale di f ε, fissiamo x ed r >. Poiché y φ ε (x y) è nulla fuori di x B(, ε), possiamo considerare la seguente rappresentazione di f ε in B(x, r): f ε (x) = φ ε (x y)f(y) dy = φ ε (x y)f(y) dy x B(x, r), (34) x B(,ε) K(x,r) ove K(x, r) = B(x, r) B(, ε) è un insieme compatto, poiché differenza algebrica di due compatti. Osserviamo che la funzione x φ ε (x y)f(y) è continua in B(x, r) per q.o. y e vale la maggiorazione φ ε (x y)f(y) φ ε χ K(x,r)(y) f(y), per q.o y, x B(x, r). L ipotesi fatta su f implica che fχ K(x,r) L 1 ( ) e quindi si conclude che f ε è continua in B(x, r). L arbitrarietà di x implica che f ε è continua su tutto. Siamo ora pronti ad applicare il teorema di derivazione sotto il segno di integrale alla funzione integranda F ε (x, y) = φ ε (x y)f(y), (35) la quale risulta di classe C ( ) rispetto a x. Si tratta di provare pertanto che la derivata di F ε rispetto ad x j (j = 1,..., N) è maggiorata in modulo da una funzione di classe L 1 ( ) nella sola variabile y per ogni x B(x, r). Ciò è garantito dalle limitazioni D xj F ε (x, y) D xj φ ε (x y)f(y) D xj φ ε χ x B(,ε) (y) f(y) D xj φ ε χ K(x,r)(y) f(y) per q.o. y, x B(x, r), (36) osservando di nuovo che fχ R N L 1 ( ) e ricordando che Supp (D xj φ) Supp (φ). Dalla (36) segue la formula D xj f ε (x) = D xj φ ε (x y)f(y) dy x R n, (j = 1,..., N) (37) K(x,r) Inoltre il teorema di convergenza dominata di Lebesgue e l arbitrarietà di x implicano che tale derivata è continua in ogni punto di. Di conseguenza f ε appartiene a C 1 ( ). Inoltre, poiché y φ ε (x y) è nulla fuori di x B(, ε), si conclude che vale la formula D xj f ε (x) = R D x N j φ ε (x y)f(y) dy x, (j = 1,..., N) (38) Sia ora α = (α 1,..., α N ) un multiindice di N N avente lunghezza m ( N j=1 α j = m). Procedendo per induzione su m è facile provare che f ε appartiene a C ( ; C) e valgono le formule Dx α f ε (x) = Dx α φ ε (x y)f(y) dy = Dx α φ ε f(x) x, α N N. (39)

9 8 CAPITOLO 2 Ciò conclude la dimostrazione. Osservazione 7. Se φ C k ( ; C), k N, e soddisfa le proprietà i)-iii) della definizione 6, allora le funzioni f ε appartengono a C k ( ; C) per ogni ε R +. Osservazione 8. Dalla definizione (29) è immediato dedurre la formula D α x φ ε (x) = ε N α D α x φ(x/ε) x, α NN. Di conseguenza, supponendo f L p ( ), dalla formula (39) si deduce la maggiorazione D α x f ε p D α x φ ε 1 f p ε α D α x φ 1 f p, α N N. Il teorema che segue è fondamentale nella dimostrazione del successivo teorema di partizione dell unità (che noi enunceremo solamente): Teorema 7. Sia K Ω, ove Ω è un aperto. Allora esiste una funzione φ C comp( ; C) con le seguenti proprietà: i) Supp (φ) Ω; ii) φ 1 per ogni x ; iii) φ 1 su K. Dimostrazione. Il punto fondamentale sul quale è basata la dimostrazione è che è uno spazio topologico T 3 e quindi permette di separare i compatti dai chiusi. Più esplicitamente poniamo d := dist (K, Ω c ) e ricordiamo che tale distanza è positiva poiché K Ω c =. Definiamo quindi l insieme K(ε ) := {x Ω : d(x, K) ε } (ε (, d /2)) (4) È immediato constatare che K(ε ) Ω. Osserviamo che è facile esibire una funzione f soddisfacente le condizioni i),...,iii) del teorema: basta scegliere f := χ K(ε ) (41) Benché tale f non sia un elemento di C comp( ; C) possiamo regolarizzarla introducendo le funzioni f ε := φ ε f ε (, ε ) (42) Le proprietà di f ε dimostrate in precedenza (unitamente alla definizione) forniscono le seguenti informazioni: i) f ε C comp( ; C); ii) Supp (f ε ) B(, ε) + K(ε ) = {x Ω : dist (x, K(ε )) ε}; iii) f ε (x) φ ε(x y)dy = 1 per ogni x.

10 Allora per ogni x K fissato si ha INTEGRALI DI CONVOLUZIONE 9 ( x y ) f ε (x) = ε R N φ f(y) dy N ε = φ(y)f(x εy) dy = B(,1) φ(y)f(x εy) dy. (43) D altra parte, x εy K(ε ) per ogni y B(, 1) ed x K implica f(x εy) = 1 per ogni x K. Pertanto dalla (42) segue che f ε (x) = 1 per ogni x K. Possiamo ora enunciare il classico teorema di partizione dell unità, di cui omettiamo la dimostrazione: Teorema 8. (di partizione dell unità). Sia {Ω n } una famiglia numerabile di aperti in e sia K + n= Ω n. Allora esiste una successione {φ n } Ccomp(R N ; R) di funzioni con le seguenti proprietà: i) Supp (φ n ) Ω n per ogni n N; ii) φ n 1 per ogni n N; iii) + n= φ n (x) = 1 x K. Per provare la densità di C comp(ω) in L p (Ω) avremo bisogno del seguente importante concetto che utilizzeremo anche nel seguito. Definizione 7. Si dice traslazione di una funzione f : C mediante il vettore a la funzione τ a (f) : C definita da τ a (f)(x) := f(x a). Osservazione 9. La misurabilità di τ a (f) segue facilmente da quella di f. Infatti, se V è un aperto di C, allora [τ a (f)] 1 (V ) = {x X : f(x a) V } = {x X : x a f 1 (V )} = f 1 (V ) + a (44) Tale insieme è misurabile, poiché lo è f 1 (V ) e la σ-algebra degli insiemi Lebesguemisurabili è invariante per traslazioni. Osservazione 1. Analogamente, sfruttando l invarianza per traslazioni dell integrale di Lebesgue, è immediato constatare che f L p ( ) implica τ a (f) L p ( ). Inoltre vale l identità τ a (f) p = f p per ogni p [1, + ]. Teorema 9. Per ogni funzione f L p ( ) con p [1, + ) l applicazione T (a)f : L p ( ) definita da T (a)f := τ a (f) è uniformemente continua come applicazione fra spazi normati. Dimostrazione. Per l uniforme continuità è sufficiente provare l asserto per un insieme denso in L p ( ) quale è C comp ( ; C). Più esattamente, per ogni fissato ε > ed ogni funzione f L p ( ) possiamo trovare una funzione g C comp ( ; C) tale che f g p <

11 1 CAPITOLO 2 ε. È sufficiente pertanto provare l uniforme continuità per funzioni in C comp( ). Infatti vale la seguente catena di disuguaglianze relativa a due arbitrari vettori a 1, a 2 : τ a1 (f) τ a2 (f) p τ a1 (f) τ a1 (g) p + τ a1 (g) τ a2 (g) p + τ a2 (g) τ a2 (f) p = 2 f g p + τ a1 (g) τ a2 (g) p. (45) Sia ora C(, r) un cubo di semilato r > e centro contenente Supp (g). Allora τ a1 (g) τ a2 (g) p p = g(x a 1 ) g(x a 2 ) p dx (46) C(a 1,r) C(a 2,r) D altra parte gli incrementi di g si controllano facilmente, poiché g è uniformemente continua in. Per il teorema di Heine-Cantor esiste infatti δ > (dipendente solo da ε e g) tale che g(x) g(y) ε se x y δ. (47) Possiamo ora scegliere a 1 ed a 2 in in modo che a 1 a 2 δ. Di conseguenza l integrale nella (46) si maggiora con ε p 2 N+1 r N. Pertanto dalla (45) segue la maggiorazione Di qui l asserto. τ a1 (f) τ a2 (f) p < ε ( (N+1)/p r N/p). (48) Siamo ora in grado di provare il seguente fondamentale risultato. Teorema 1. C comp(ω; C) è denso in L p (Ω) per ogni p [1, + ) ed ogni aperto Ω. Dimostrazione. Consideriamo dapprima il caso di Ω =. Sappiamo che f L p ( ) è approssimabile con qualsiasi prefissata precisione mediante funzioni g C comp ( ; C). Regolarizziamo tali funzioni g mediante convoluzioni con un nucleo regolarizzante. Fissato ε > ad arbitrio, scegliamo g C comp ( ; C) in modo tale che f g p < ε. Introduciamo quindi la funzione f ε = φ ε g. Da risultati precedenti segue che g ε C comp( ) e Supp (g ε ) B(, ε) + Supp (g). (49) Per valutare lo scarto in L p ( ) fra g ε e g, dalla (29) e dalla definizione 6 otteniamo le uguaglianze g ε (x) g(x) = φ ε (x y)[g(y) g(x)] dy ( ) x y = ε R N φ [g(y) g(x)] dy N ε = [g(x εy) g(x)]φ(y) dy. (5) Di qui, passando ai moduli ed applicando la diseguaglianza di Hölder rispetto alla misura µ(e) = φ(y) dy, troviamo E ( ) 1/p ( ) 1/p g ε (x) g(x) φ(y) dy g(x εy) g(x) p φ(y) dy. ( ) 1/p = g(x εy) g(x) p φ(y) dy. (51)

12 Stimiamo infine la norma in L p ( ) di g ε g: INTEGRALI DI CONVOLUZIONE 11 f ε g p p dx g(x εy) g(x) p φ(y) dy R N = τ εy (g) g p pφ(y) dy. (52) Per passare al limite sotto il segno di integrale è sufficiente osservare che: i) τ εy (g) g p per ε + per ogni y (vedi teorema 9 con a = ); ii) τ εy (g) g p 2 g p per ogni y. Possiamo quindi concludere che {g ε } approssima g in L p ( ). Prendiamo ora in considerazione un generico aperto Ω in. Allora per ogni f L p (Ω), in virtù del teorema 1 del capitolo 1, esiste una funzione g C comp (Ω; C) tale che f g p < ε. Poiché Supp (g) Ω, è possibile estendere g con a \Ω. La funzione così estesa viene ancora denotata con g ed è immediato osservare che appartiene a C comp ( ; C). Di conseguenza la famiglia {g ε } delle regolarizzate di g appartiene a C comp( ; C) ed approssima g in L p ( ) (per il punto precedente). Inoltre Supp (g ε ) Supp (g) + B(, ε). Esiste quindi ε > tale che Supp (g ε ) Ω per ogni ε (, ε ). Di conseguenza la proprietà di approssimazione vale per qualsiasi funzione f L p (Ω). Definizione 8. Sia Ω un aperto di. Allora UC b (Ω; C) denota lo spazio vettoriale di tutte le funzioni f C(Ω; C) che sono limitate ed uniformemente continue in Ω. Osservazione 11. Sia g UC b (, C). Allora per ogni η > esiste δ > tale che g(x z) g(x) η z B(, δ), x. Riscriviamo ora la formula (5) nella forma seguente: g ε (x) g(x) = B(,1) Allora per ogni ε (, δ) si deduce la maggiorazione g ε (x) g(x) B(,1) φ(y)[g(x εy) g(x)] dy. (53) φ(y) g(x εy) g(x) dy. η φ(y) dy = η φ(y) dy = η x. (54) B(,1) Quindi g ε g in nella norma dell estremo superiore per ε. Pertanto C ( ; C) è denso nello spazio UC b ( ; C), quando UC b ( ; C) sia dotato della norma dell estremo superiore.

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(2) se A A, allora A c A; (3) se {A n } A, allora + 1. Spazi di misura In questo paragrafo accenneremo alla nozione di spazio di misura. Definizione 1. Sia X un insieme non vuoto. Una famiglia A di sottoinsiemi di X è una σ-algebra se : (1) A; (2) se A

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