LA RIFORMA DEGLI ESAMI DI AVVOCATO. IL PRIMO TRAGUARDO di un lungo e tormentato cammino

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1 LA RIFORMA DEGLI ESAMI DI AVVOCATO IL PRIMO TRAGUARDO di un lungo e tormentato cammino 1. Le modifiche agli esami di avvocato sono legge. Non più con l'incertezza e la precarietà di un decreto legge (che è stato travolto dalle critiche esterne e interne al Parlamento), ma con la stabilità della legge di conversione, che ha quasi interamente riscritto il testo originario. È un provvedimento, dunque, stabile e «definitivo» (l. 18 luglio 2003, n. 180, G.U. 21 luglio 2003, n. 167, «Conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 21 maggio 2003, n. 112, recante modifiche urgenti alla disciplina degli esami di abilitazione alla professione forense»), ma è anche un provvedimento che ha una minima incidenza sulla sessione di esami del dicembre 2003, dispiegando sostanzialmente i suoi effetti a partire dal 2004! È poco, certamente, ma è anche importante essere arrivati al cambiamento del sistema, sicché riteniamo che non possano e non debbano essere formulati giudizi negativi. Ogni modifica richiede tempo e pazienza. 2. In effetti, da anni l'avvocatura sollecitava un cambiamento nel sistema della formazione e dell'accesso. Gli esami di avvocato erano diventati il bersaglio delle critiche, ancora prima dell'episodio-monstre che aveva rivelato l'esistenza in una sede di esame di compiti uguali sui presentati. Da tempo infatti era criticata l'estrema severità delle Commissioni di esame in alcuni distretti (con una percentuale di promossi intorno al 20%), a fronte della facilità del superamento delle prove in altri distretti (con percentuali di promossi intorno al 90%); facilità che aveva necessariamente calamitato i sogni dei praticanti, materializzati con il trasferimento della residenza e l'iscrizione degli stessi praticanti nei suddetti distretti per compiere l'ultimo semestre di pratica (ovvero un ulteriore semestre illegittimamente aggiunto), e avere quindi diritto di sostenere gli esami nel luogo preferito. Di qui il problema etico collettivo (proprio cioè dell'intera classe forense) di intervenire per scongiurare i trasferimenti _ il c.d. turismo forense _ e assicurare l'uniformità dei giudizi, quale mezzo idoneo per garantire la regolarità degli esami. Il Consiglio nazionale forense ha dunque formulato nell'ottobre 2002 una proposta per la complessiva riforma della formazione e dell'accesso, che è stata poi espressa in un documento che porta la data del 20 dicembre 2002 (in Rass. forense, 2003, 188), trasmesso a tutti i Consigli dell'ordine e a tutte le Associazioni. Oltre cinquanta sono state le risposte, con osservazioni, commenti e proposte di modifica, e ciò ha persuaso sull'opportunità di richiedere un provvedimento d'urgenza in attesa di poter discutere e approvare una più radicale riforma. Provvedimento d'urgenza che avrebbe dovuto concretizzarsi nei seguenti punti: (i) impossibilità di rilasciare un secondo certificato di compiuta pratica e obbligo di sostenere l'esame nella sede in cui è stato compiuto il periodo maggiore di pratica (ovvero in caso di parità di semestri in quella di prima iscrizione); (ii) divieto di far parte delle commissioni d'esame per i componenti del Consiglio dell'ordine e della Cassa di previdenza (e quindi incompatibilità di tali posizioni);

2 (iii) eliminazione della prova orale di diritto ecclesiastico e sostituzione con quella di diritto comunitario; (iv) divieto di consultare codici commentati nel corso della prova scritta; (v) correzione dei compiti sottratta al principio della territorialità, come richiesto fin dal novembre 1999 dai consigli dell'ordine, riuniti a Roma in assemblea. Il Consiglio nazionale forense ha quindi provveduto a convocare ad Arezzo il 3 maggio 2003 i consigli dell'ordine e le varie associazioni forensi, e tutti hanno convenuto sull'urgenza degli interventi e sui punti da affrontare (con alcune riserve sui codici commentati e sul luogo di effettuazione delle prove orali). 3. In linea con questa impostazione si è mosso il Governo, con la presentazione di un decreto legge (n. 112 del 21 maggio 2003) che sostanzialmente riproduceva le indicazioni sopra formulate. In particolare, per quanto riguarda il punto fondamentale (la correzione dei compiti sottratta al principio della territorialità), tra le varie alternative considerate (esame unico nazionale a Roma; sorteggio delle varie sedi di esame per i singoli candidati e quindi trasferimento imposto a tutti i candidati; trasferimento di tutti i compiti dalle varie sedi o, infine, trasferimento delle commissioni di esame), il decreto legge ha preferito la soluzione di «far muovere» i compiti scritti _ previo abbinamento per sorteggio che tenga conto di alcuni parametri dimensionali _ affinché fossero corretti dalla commissione istituita in un altro distretto di Corte d'appello, ove poi si sarebbero recati i candidati ammessi alla prova orale. 4. La presentazione del decreto legge ha suscitato ampie discussioni, non solo tra i parlamentari «addetti ai lavori» (con una trasversalità di opinioni, quasi indecifrabili se si volessero ricollegare ai singoli partiti), ma anche tra le varie componenti dell'avvocatura che hanno trovato modo per interloquire nuovamente (malgrado il documento di Arezzo), in particolare sollevando il problema dell'inesistenza di ragioni di urgenza (e quindi della non necessità di un decreto legge) e dell'aggravamento delle prove di esame, con particolare riferimento ai codici commentati e all'espletamento delle prove orali. A ciò si sono aggiunte, specie nella discussione parlamentare alla Camera, considerazioni sul «consolidamento delle aspettative» da parte dei praticanti avvocati, rispetto alle modalità di svolgimento della prossima prova d'esame. Si noti peraltro che: _ l'urgenza del provvedimento era dovuta alla necessità di ridare regolarità agli esami, fissando il luogo del rilascio del certificato di compiuta pratica nel luogo ove si è svolta la maggior parte del tirocinio e precludendo così i trasferimenti dell'ultimo semestre (al maggio 2003 sono stati monitorati oltre trasferimenti, per la massima parte in alcuni specifici distretti); _ l'abolizione dei codici commentati non intendeva aggravare la fatica dell'esame, ma al contrario valorizzare il tirocinio effettivamente compiuto, favorendo l'uso di espressioni personali, senza appiattimento nel risultato degli elaborati scritti, tutti costituiti da un collage delle massime giurisprudenziali tratte dai codici annotati, e privi pertanto di ogni decifrabile elaborazione personale; _ la sostituzione della prova orale di diritto ecclesiastico con quella di diritto comunitario era richiesta unanimemente in conseguenza della constatazione che, da un lato il diritto ecclesiastico non è normalmente oggetto di pratica negli studi legali, e d'altro lato esso è una delle prove orali più scelte dai candidati, che fanno affidamento anche sulla non conoscenza della materia da parte dei commissari;

3 _ l'introduzione di un requisito di incompatibilità era ugualmente sollecitato da più parti, per alcune disfunzioni determinatesi tra la permanenza in carica dei consiglieri dell'ordine e l'assunzione dell'incarico di commissario d'esame; _ quanto alla correzione dei compiti scritti e allo svolgimento della prova orale, la questione era più complessa. L'originario schema elaborato dal ministro prevedeva che le prove scritte si svolgessero davanti a commissari «esterni», e cioè che in ciascuna sede d'esame si recasse una commissione proveniente da un altro distretto (mediante un sorteggio che però tenesse preliminarmente conto del numero dei candidati, e quindi delle varie commissioni, così accoppiando ciascuna commissione ad una sede di analoghe dimensioni); dopo le correzioni, la commissione avrebbe ricevuto, nella propria sede di origine, i candidati ammessi all'orale. Come abbiamo detto, il decreto ha poi optato per una soluzione intermedia, e cioè lo svolgimento della prova scritta davanti alla commissione istituita presso la propria sede, e il successivo trasferimento dei compiti presso un'altra commissione, davanti alla quale si sarebbe poi svolto l'esame orale: e ciò per una regola generale dell'ordinamento, sull'unicità della commissione che deve valutare complessivamente un candidato, sia pure attraverso prove d'esame diverse; regola implicitamente richiamata dall'art. 17-bis del regolamento di attuazione della legge professionale, per il quale le prove orali consistono nella discussione di brevi questioni, «dopo una succinta illustrazione delle prove scritte». Tutto questo per realizzare il richiamato principio della correzione dei compiti sottratta alla territorialità. 5. Malgrado queste fondate ragioni, come abbiamo detto, la discussione alla Commissione Giustizia della Camera dei deputati si è sviluppata con forti contrasti e con elevate possibilità di decadenza del decreto, finché, dopo l'audizione delle varie componenti della avvocatura (che hanno espresso una posizione unitaria), la proposta di ri-abolire il divieto di utilizzo dei codici commentati e di rinviare sostanzialmente di un anno l'entrata in vigore delle altre modifiche introdotte ha ottenuto l'effetto di compattare la maggioranza, superandosi anche l'eccezione sulla mancanza a quel punto dei requisiti di «necessità e urgenza», e ciò sulla base della tesi per cui i requisiti costituzionali del decreto legge vincolano il Governo che lo propone e il presidente della Repubblica che lo emana, ma non il Parlamento che lo converte con legge ordinaria. Il 26 giugno 2003 la Camera ha così approvato un testo profondamente modificato rispetto all'originario decreto legge, e con un articolo 6-ter (che più opportunamente _ anche in relazione ai profili di cui si è appena detto, almeno sul piano formale _ avrebbe dovuto costituire un articolo aggiuntivo della legge di conversione anziché essere inserito nel decreto legge), secondo il quale tutte (o quasi) «le disposizioni non si applicano alla prima sessione di esame successiva all'entrata in vigore del presente decreto». Il testo licenziato dalla Camera è poi stato definitivamente approvato dal Senato il 17 luglio 2003, ed è divenuto legge dello Stato. 6. In sostanza le uniche novità della prossima sessione abilitante consistono (i) nelle condizioni soggettive di incompatibilità e di futura ineleggibilità per gli avvocati nominati commissari d'esame (i quali non possono essere componenti dei consigli dell'ordine o rappresentanti della Cassa di previdenza, né potranno candidarvisi in occasione del primo rinnovo di tali organi); e (ii) nella facoltà di scelta per il candidato, tra le materie per l'esame orale, anche del diritto comunitario, il quale tuttavia si aggiunge alla rosa delle materie anziché sostituire il diritto ecclesiastico. Per il resto rimane la possibilità di utilizzare i codici commentati (è stato soppresso l'art. 4 del decreto legge che imponeva il divieto, e quindi permane la situazione attuale), e si stabilisce espressamente che, fino al 31 dicembre 2003, il certificato di compiuta pratica

4 viene rilasciato dal Consiglio dell'ordine del luogo ove il praticante risulta essere iscritto alla data di entrata in vigore del decreto legge (cioè il 23 maggio 2003). Tutte le altre modifiche slittano al Tali modifiche (valide appunto a partire dalla sessione di esami del dicembre 2004) riguardano: _ il luogo in cui il praticante può sostenere gli esami di avvocato, che è fissato «nel luogo ove il praticante ha svolto la maggior parte della pratica, ovvero, in caso di parità, il luogo in cui la pratica è stata iniziata» (e «il certificato di compiuta pratica non può essere rilasciato più di una volta»); _ il sistema degli esami, con una Commissione nazionale che ha sede in Roma e tante sotto-commissioni presso i singoli distretti di Corte d'appello, quanti sono i candidati da esaminare (una Commissione ogni 300 candidati); _ il sistema di correzione delle prove scritte, che viene materialmente effettuato dalle singole sotto-commissioni di altra sede, individuate mediante sorteggio (con abbinamento dunque tra commissari esaminatori e candidati), mentre le prove orali si tengono ove sono state effettuate le prove scritte; _ il sistema di valutazione delle prove scritte, che deve rispondere ai seguenti criteri: a) chiarezza, logicità e rigore metodologico dell'esposizione; b) dimostrazione della concreta capacità di soluzione di specifici problemi giuridici; c) dimostrazione della conoscenza dei fondamenti teorici degli istituti giuridici trattati; d) dimostrazione della capacità di cogliere eventuali profili di interdisciplinarietà; e) relativamente all'atto giudiziario, dimostrazione della padronanza delle tecniche di persuasione. Sono queste dunque le varianti previste per il 2004, che devono essere intese come il primo e fondamentale tassello per addivenire alla riforma organica della formazione e dell'accesso. Per questo siamo ottimisti sui risultati raggiunti. Se invero neppure questa mini-riforma fosse stata approvata, ci saremmo sempre trovati nella condizione di prevedere un lungo differimento delle modifiche proposte. Ed infatti, posto che la vicinanza dell'esame consolida le aspettative, gli interessi legittimi e secondo alcuni perfino i diritti soggettivi in relazione alle modalità della prova, è evidente che le stesse obiezioni sarebbero state affacciate rispetto a una qualsiasi riforma che fosse approvata tra un anno; e le modifiche non avrebbero potuto operare prima del Ora invece esistono alcuni istituti comunque in vigore (ancorché non immediatamente efficaci), e l'eventuale riforma, laddove li confermasse, non dovrebbe attendere un ulteriore anno per divenire operativa. Né riteniamo che il Governo possa sottrarsi all'obbligo assunto di procedere a una nuova regolamentazione complessiva della formazione, essendo tutte le richieste concordanti sul punto. Insomma, la volontà del Consiglio nazionale forense è stata determinante nel dare l'avvio alla riforma, nella prospettiva di migliorare l'assetto attuale della professione; e in questa prospettiva anche un decreto legge convertito in una regolamentazione futura è servito e può servire alla causa dell'avvocatura. Milano, luglio 2003 REMO DANOVI avvocato in Milano presidente del Consiglio nazionale forense L'UNIONE LOMBARDA DEGLI ORDINI DEGLI AVVOCATI

5 UNA DELIBERA SUGLI ESAMI DI AVVOCATI Rilevato che la Camera dei Deputati ha approvato la conversione in legge del d.l. n. 112/2003 relativo alla riforma dell'esame di abilitazione alla professione di avvocato, differendo tuttavia all'anno 2004 l'efficacia delle norme relative al criterio di determinazione della sede d'esame e al criterio di determinazione per sorteggio della sottocommissione distrettuale competente per la correzione degli elaborati scritti dell'esame; Rilevato che appare di dubbia legittimità istituzionale differire di un anno l'applicazione di alcune norme di un decreto legge che per sua natura può invece essere giudicato solo da ragioni di urgenza; Rilevato che in ogni caso le norme, la cui efficacia è differita, sono invece assolutamente necessarie ed urgenti per rendere l'esame di abilitazione alla professione conforme ad equità ed al fine di garantire per tale esame un criterio omogeneo di valutazione nel territorio nazionale; Rilevato che non è accettabile che anche per l'anno 2003 l'esame di abilitazione si svolga in evidente violazione di principi che l'unione Lombarda ritiene inderogabile; Per questi motivi chiede che il Consiglio Nazionale Forense e l'organismo Unitario dell'avvocatura assumano tempestivamente e con determinazione tutte le iniziative necessarie perché il Senato della Repubblica converta il decreto legge disponendo l'efficacia immediata di tutte le norme relative all'esame. Il Presidente dell'unione Lombarda Avv. ETTORE TACCHINI Tale delibera era stata trasmessa il 4 luglio 2003 al Ministro della Giustizia, al CNF, all'oua, ai Consigli distrettuali degli Ordini degli Avvocati.