PAESTUM. Campania illustrata

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1 Campania illustrata PAESTUM Uno dei maggiori specialisti contemporanei sulla storia di Paestum, Mario Mello, in un titolo di un suo saggio di oltre venti anni fa, rese efficacemente il mutare dell interesse verso le antichità pestane verificatosi alla metà del Settecento: Dall oblio alla riscoperta. Oblio perché le vestigia dell antica Poseidonia furono sostanzialmente sconosciute agli studiosi e ai viaggiatori di tutta Europa, almeno fin quando non si innescò un certo interesse, graduale, a partire dalla visita nella piana pestana che lo storico dell arte Johann Joachim Winckelmann, ritenuto oggi il fondatore dei princìpi dell archeologia moderna, attuò nel Nel 1764 venne pubblicato il capolavoro dello studioso, Geschichte der Kunst des Altertums (in italiano Storia dell arte dell antichità), e nello stesso anno uscì anche l opera Suite de plans de trois temples antiques à Paestum di Gabriel-Pierre-Martin Dumont, con la quale si diedero alle stampe alcuni disegni avuti dal conte Felice Gazola, durante un soggiorno di nove mesi praticato da Dumont in compagnia dell architetto francese Jacques-Germanin Soufflot, tra il 1750 e il Prima di queste uscite editoriali, si può ritenere che le rovine di Paestum fossero note essenzialmente, se non esclusivamente, ai funzionari del Regno che disposero la saltuaria spoliazione di 1

2 marmi, pietre e colonne per reimpiegarle a Napoli o altrove: d altra parte è risaputo che anche il celebre architetto Ferdinando Sanfelice, nel 1740, propose a re Carlo III di far asportare pietre dagli edifici pestani, o meglio ancora intere colonne, per la costruzione del palazzo di Capodimonte. Riscoperta perché i templi di Paestum, contariamente alle rovine di Ercolano, individuate casualmente nel 1738, o di Pompei, scavate a partire dal 1748, furono sempre chiaramente visibili dalla costa o da chi aveva l ardire di raggiungere la piana attraversando zone paludose, praticando strade insidiose e piene di pericoli. Per questi antichi e monumentali esempi dell architettura greca non si trattava di dover scoprire nulla, bensì di riscoprire e trovare interesse per un patrimonio di inestimabile valore. 2

3 Prima del viaggio-studio del Winckelmann, anche storici e studiosi locali del Regno di Napoli avevano abbondantemente ignorato questo sito. Curiosando tra i testi presi in considerazione per questa ricerca, notiamo come nei primi anni 90 del Seicento il Pacichelli annotava, a proposito dell antica Poseidonia, soltanto che «una curia e tre palazzi prestano hora misera stanza alle capre», mentre riteneva di dover piuttosto indugiare sulla storia e sui personaggi illustri di Capaccio. Di contro, Costantino Gatta nel 1723, nell ambito della descrizione della Lucania illustrata, decantava molto la magnificenza della città (da un punto di vista storico) e la sua notevole capacità militare, senza però dare rilievo alle testimonianze architettoniche superstiti. Nel 1768 Thomas Major pubblicò The Ruins of Paestum, otherwise Posidonia in Magna Grecia. L anno successivo Joseph Jérome de Lalande diede alle stampe il resoconto del suo Voyage d un françois en Italie, fait dans les Années 1765 et 1766, nell ambito del quale fu proprio la lettura del trattato di Winckelmann a spingerlo fino a Paestum, quale estrema località prescelta nel sud Italia. Nel 1778 l abate Jean-Claude Richard de Saint-Non visitò le rovine di Pesto e ne sottolineò l importanza in un tomo del celebre Voyage pittoresque edito, illustrato, nel Ancora nel 1778 Giovanni Battista Piranesi, giusto prima di morire, pubblicò una raccolta di incisioni, Differentes vues de Pesto, che conobbe una buona circolazione. 3

4 Queste fin qui enunciate velocemente, sono le premesse che hanno portato alla composizione dell opera dalla quale ricaviamo la gran parte delle incisioni che, nell economia di questa ricerca, riguardano l antica città di Paestum: Paesti quod Posidoniam etiam dixere rudera, in italiano Rovine della città di Pesto detta ancora Posidonia, edita a Roma nel Il suo autore, Paolo Antonio Paoli, già misuratosi nel 1768 con un trattato sulle antichità di Pozzuoli, Cuma e Baia, realizzò per l editore Pagliarini un volume di grande pregio, corredato da 45 tavole recanti le vedute, le piante e i prospetti dei tre templi e dell anfiteatro, le riproduzioni di alcuni sarcofagi rinvenuti presumibilmente nell area, una magistrale veduta d insieme della piana (incisa da Francesco Bartolozzi), una pianta della città (realizzata da Carlo Nolli) e una veduta ricavata da un incrocio tra i sentieri che conducevano ai templi e agli insediamenti moderni che erano collocati nei dintorni (quest ultima a firma di Antonio Baratti). La veduta di Bartolozzi colpisce per le dimensioni della tavola incisa e per il paesaggio riprodotto con una certa precisione, nel quale si coglie anche l ellisse dell anello superiore degli spalti dell anfiteatro, ancora completamente visibile con le due porte sull asse maggiore, mentre oggi la metà orientale risulta ancora coperta dal tracciato dell ex Statale 18. Questa veduta d insieme serve a dimostrare come l area della città pestana fosse contraddistinta dalla presenza fissa di pastori, dei quali si colgono anche le residenze sparse, con i rispettivi animali. Anche la pianta della città racchiusa nelle mura, proposta da Carlo Nolli (figlio del noto architetto Giovanni Battista), denota una corretta sistemazione degli elementi e una giusta valutazione degli spazi e delle distanze: segno che è stato il frutto di rilievi e di valutazioni attente da parte di esperti del settore, come si vuole fare intendere con la raffigurazione dei personaggi e degli strumenti nella parte inferiore della mappa, laddove dei tecnici sono intenti a studiare gli spazi sotto gli occhi dei pastori e delle bufale al pascolo. Baratti invece ha realizzato per il Paoli una diversa angolazione di ripresa, ottenuta in prossimità di un incrocio tra alcuni piccoli sentieri tracciati tra i templi e le residenze moderne del posto, al fine di collegare 4

5 l entroterra e il litorale. L area in questione sembra coincidere con un avallamento, allora non ancora scavato, esistente tra l area del foro e il tempio di Nettuno. Una veduta generale a volo d uccello è quella offerta invece dal citato Joseph Jérome de Lalande, pubblicata in una tavola ripiegata cucita all interno del Voyage del 1769: qui si tratta, per stessa ammissione dell autore del libro che ha realizzato l incisione, della riduzione di sei illustrazioni in una, vale a dire della volontà di condensare in una sola stampa le informazioni tratte dall osservazione di sei diverse raffigurazioni del pittore modenese Antonio Joli, di cui si era già servito Thomas Major per le Ruins of Paestum, opera questa nota al de Lalande e apprezzata così come la raccolta delle plans del Dumont. Chiude questa rapida carrellata sulle vedute dei templi una più tarda ma straordinaria litografia disegnata da Giacinto Gigante e realizzata da Franz Wenzel per il Viaggio pittorico (1829) di Cuciniello e Bianchi, con la quale si propone una visuale tratta da una nuova angolazione rispetto alle precedenti illustrazioni fin qui esaminate. La stampa lascia apprezzare le facciate occidentali dei templi di Nettuno e di Hera e dimostra quanto fosse praticata la caccia nella piana di Paestum. Da notare il cielo assai fosco, che contribuisce a rendere l idea di un paesaggio cupo e ancora sostanzialmente poco frequentato. La copia calcografica di S. Corsi per l Atlante illustrativo (1845) ha una resa assai più modesta e presenta un differente atteggiamento delle figure sulla scena nell atto di cacciare. 5

6 Questo percorso web è stato realizzato dal Dott. Giuseppe Gianluca Cicco nell ambito del Progetto POR FESR Obiettivo Operativo1.10 La cultura come risorsa attività C Sviluppo di tecnologie per la digitalizzazione e messa in rete di archivi e biblioteche, dal titolo: Riversamento dell OPAC di Bibliorete nella Rete SBN Polo CAM e digitalizzazione del patrimonio antico relativo al territorio campano nei secoli XVII-XVIII 6