Fuori servizio UNIONE BANCARIA EUROPEA L INTERVISTA. Le carceri scoppiano, l amnistia può attendere N ello spazio dove dovrebbero vivere 100

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1 CON LE MONDE DIPLOMATIQUE + EURO 1,50 Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, Aut. GIPA/C/RM/23/2013 ANNO XLIII. N VENERDÌ 20 DICEMBRE 2013 EURO 1,50 Fuori servizio Esplode la rivolta dei sindaci contro la legge di stabilità. Il governo mette la fiducia e taglia un miliardo e mezzo ai comuni: «Così chiudiamo i servizi essenziali». Appello al Colle. Scontro sulle slot machine. Manovra bocciata anche da Confindustria PAGINE 2,3 Oggi si decide la sorte di Telecom nello scontro tra il Cda e l azionista Fossati. Letta tace mentre Berlusconi ci guadagna L ANALISI Enrico Grazzini pagina 15 UNIONE BANCARIA EUROPEA L INTERVISTA Pisapia: tagli pesanti, con Letta è scontro Parla il sindaco di Milano, che lamenta le promesse non mantenute del governo: «Non doveva tagliare più, ma ai Comuni mancano 1,5 miliardi». Il capoluogo lombardo ha già perso 800 milioni in tre anni. E per la mini-imu i milanesi ne sborseranno altri 44. SCIOTTO PAGINA 3 LEGGE ELETTORALE Forza Italia tratta, ma vuole le urne Il forzista Verdini chiama Renzi: parliamoci. Il leader Pd è pronto e al Tg4 dice: «Se Berlusconi e Grillo ci stanno la legge elettorale si fa in un quarto d ora». Ma il Cavaliere in cambio vuole le urne in primavera. E Alfano lancia in suoi Sos. COLOMBO PAGINA 4 OLIMPIADI DI SOCHI Sport e gay, lo scontro Obama-Putin Obama sfida la legge russa contro i gay, facendo rappresentare gli Usa alle Olimpiadi invernali da due icone del mondo lesbico: Billie Jean King e Caitlin Cahow. Putin gli risponde a distanza contro gli «pseudo-valori occidentali» SELLITTI, TACCONI PAGINA 7 RAPPORTO ANTIGONE Le carceri scoppiano, l amnistia può attendere N ello spazio dove dovrebbero vivere 100 detenuti, nelle carceri italiane ci sono 173 reclusi. Il 26,9% sconta una condanna minore di 3 anni. Un dato che sale tra i soli LAMPEDUSA PAGINA 5 stranieri al 37,9% e diventa abnorme tra le donne con il 65,4%. È quanto emerge dal X Rapporto nazionale dell Osservatorio Antigone presentato ieri. Nulla è cambiato rispetto all estate 2011, quando il presidente Giorgio Napolitano parlò di «prepotente urgenza costituzionale e civile». Marco Pannella è di nuovo in sciopero della fame e della sete, e tra poco sarà a capo della Boldrini contro il video del disonore: «È peggio del crollo del Pil». Rivolta dei profughi a Mineo III Marcia di Natale. Ma di amnistia non se ne parla. ELEONORA MARTINI PAGINA 4 SALVETTI, CAFEO BIANI FOTO FRANCESCO CORRADINI TAM TAM «Accordo storico» ma tardivo Vincenzo Comito C erto a volte è meglio qualcosa invece di niente ed è forse meglio tardi che mai. Comunque negli ultimi anni gli accordi che si fanno a Bruxelles, sia che riguardino l intera Unione Europea o invece soltanto l Eurozona, lasciano sempre la bocca amara per quello che si sarebbe potuto fare e non si è fatto o, al massimo, in misura molto ridotta. Non a caso Lorenzo Bini Smaghi ha subito scritto un articolo sul Financial Times per dire che l accordo del 18 dicembre è una delusione, mentre, come al solito, a Bruxelles si parla di «accordo storico» e la stessa espressione ha usato il nostro soave ministro Saccomandi, che, a detta della stampa nostrana, avrebbe efficacemente contrastato la linea tedesca. Ma di accordo storico in accordo storico stiamo in effetti finendo, sia pure lentamente, in un burrone. CONTINUA PAGINA 6 CARCERI Il romanzo criminale degli orfani di Silvio Marco Bascetta N on appena il governo e il parlamento mettono mano a qualche provvedimento che non sia puramente repressivo o persecutorio ecco che i vedovi e gli orfani dell antiberlusconismo si cimentano in quel terrorismo giornalistico in cui sono maestri. Il capofila, Marco Travaglio, con oculata scelta delle parole, annuncia che il decreto Cancellieri, il cosiddetto "svuotacarceri", si accinge a «liberare settemila criminali nei prossimi 12 mesi». CONTINUA PAGINA 4 CAMPAGNA ABBONAMENTI Il compagno del mio caffè Angelo Ferracuti Leggo questo giornale da più trent anni, ci scrivo da quasi dieci. Tutto quello che immagino di rendere esplicito del mio diario in pubblico di storie, soprattutto sociali e del lavoro, ma anche del mondo della cultura, dei ribelli dell immaginario, o reportage narrativi, la letteratura ibrida che più mi sta a cuore, li immagino da sempre su queste colonne dal conio unico che nel tempo hanno cambiato grafica, formato, senza mai tradire il progetto eretico originario, il nostro vero Patrimonio da difendere. Se per caso arrivo in un posto dell Italia o straniero del Mondo, la prima cosa che mi viene in mente è di scrivere quello che ho visto, di raccontarlo se mi ha commosso, e di pensarlo per il mio giornale, cioè una comunità di donne e uomini che tutti i santi giorni lo leggono per riconoscersi, ma anche per sorprendersi, e regalarsi un racconto diverso, originale, che nessuno dei giornali padronali fa; dirci che un libro può cambiare all improvviso lo sguardo, che una lettera può colpire al cuore, che un saggio può dirci la verità sul Potere, svelandone la ferocia, un reportage o un articolo aprirci gli occhi. Per me scriverci è un onore e una passione, una forma di amore e di condivisione. E tutte le volte che arrivo in zone di montagna, o in paesini collinari, isole comprese, la mattina, appena sveglio, raggiungo la prima edicola e cerco il manifesto. Davvero non bevo il caffè prima di averlo in mano, e spaginandolo lo sento intimo come una parte di me che saluta il nuovo giorno, criticamente. Per non perdere questo nutrimento quotidiano, bisogna abbonarsi, leggerlo, e allungargli la vita.

2 pagina 2 il manifesto VENERDÌ 20 DICEMBRE 2013 FUORI SERVIZIO Manovra Il governo mette la fiducia sulla legge di stabilità e ignora le richieste dei sindaci. Tagli da un miliardo e mezzo. «Non garantiamo i servizi» A DESTRA, GIULIANO PISAPIA. IN BASSO, GIORGIO SQUINZI Municipi instabili L Anci blocca i lavori della conferenza Stato-enti locali e annuncia che la protesta andrà avanti. Il ministero dell economia non risponde e Fassino chiede un incontro a Letta e Napolitano Si schiera anche Firenze. Il ministro renziano Del Rio: i comuni hanno molte ragioni Riccardo Chiari L a doppia fiducia chiesta dal governo sulla legge di stabilità - oggi alla camera, lunedì al senato - non chiude certo la partita fra l esecutivo di Enrico Letta e i sindaci. Dopo gli allarmi sul taglio di risorse che sarebbe determinato dai minori introiti di mini Imu e Tasi rispetto alla vecchia Imu, l Anci non ha partecipato alla conferenza unificata Statoenti locali. Bloccandone i lavori, e annunciando con Piero Fassino che la protesta andrà avanti. «Al ministro Franceschini che mi ha convocato ho ribadito le nostre ragioni - spiega il presidente dell Anci - e l ho sollecitato a mettere al corrente il presidente del consiglio, impegnato oggi a Bruxelles, affinché nel prossimo consiglio dei ministri venga approvato un decreto correttivo sul buco inferto ai Comuni con la legge di stabilità». In soldi fanno 500 milioni per le detrazioni, e un miliardo per rendere uniforme in tutti i comuni la Tasi al 2,5 per mille L Anci chiede un incontro con Giorgio Napolitano e con lo stesso Letta. Poi Fassino specifica: «In particolare la nuova service tax, che avrebbe dovuto garantire ai comuni le risorse necessarie a finanziare i servizi che erogano, configura invece una forte riduzione per il 2014, con grandissime conseguenze su milioni di cittadini e di famiglie». Una posizione condivisa, fra i tanti, sia da Ignazio Marino che da Giuliano Pisapia. «La riduzione dei trasferimenti che si profila - ricorda il sindaco di Roma - si aggiunge agli 8 miliardi persi negli ultimi anni. Nessun altra istituzione ha mai subito tagli così drastici. Proseguendo su questa via, i comuni non potranno nemmeno dare risposte ai bisogni primari». Il sindaco milanese Pisapia guarda anche al metodo: «Il governo non ha mantenuto la promessa fatta ai comuni di decidere insieme sulla fiscalità locale del 2014 e degli anni a venire. Questa decisione comporta un grave rischio per il paese. Se si rompe il rapporto istituzionale fra governo e rappresentanti dei comuni, questo danneggia la credibilità dell Italia». Fra i primi cittadini che sostengono la protesta c è naturalmente anche Matteo Renzi. E nel governo c è chi, come il ministro egli affari regionali Graziano Delrio, spezza una lancia a favore dei sindaci. Su un punto specifico: «Penso che i comuni abbiano molte ragioni a protestare per la riduzione delle risorse al fondo detrazioni per le famiglie numerose. In particolare mi preoccupa questa vicenda delle detrazioni. Ma il provvedimento era assai diverso quando è uscito da palazzo Chigi. Poi invece il senato lo ha modificato». Nel dettaglio, Piero Fassino punta l indice soprattutto sulla service tax, la «Tasi», tassa sui servizi indivisibili dei comuni come l illuminazione pubblica e la manutenzione delle strade. Già pagata dai proprietari di case in quest ultimo scorcio del 2013 insieme alla seconda rata della Tares, nel 2014 potrà arrivare fino al 2,5 per mille del valore catastale dell abitazione. Con la possibilità di una aliquota più bassa a seconda delle detrazioni che ogni singolo comune potrà articolare. A patto che arrivino i 500 milioni ritenuti necessari per le detrazioni, e inseriti nel pacchetto di un miliardo e mezzo complessivo chiesto dall Anci al governo. Nelle legge di stabilità era stato anche ipotizzato un tetto massimo dell uno per WEB TAX Bocciata anche da Bruxelles Da Bruxelles giunge una bocciatura alla Web tax (conosciuta come «google Tax») che ha scatenato un putiferio dentro il Pd che l ha proposta e poi corretta seguendo l indicazione del neo-segretario Renzi in sede di discussione della legge di stabilità. La «Web Tax» è «contraria alle libertà fondamentali e i principi di non-discriminazione dei trattati» sostiene Emer Traynor, portavoce del commissario europeo per la Fiscalità e l'unione doganale Algirdas Semeta. «Trattandosi per il momento di una semplice proposta - spiega il rappresentante Ue alla testata specializzata - dovremo analizzare il testo finale prima di dare un'opinione definitiva. Tuttavia, abbiamo seri dubbi sull'emendamento per come si presenta attualmente». Per questa stessa ragione la proposta di Francesco Boccia (Pd) è stata bocciata dall ufficio studi della Camera in quanto «non è compatibile con la normativa comunitaria in materia di libertà di circolazione di beni e servizi». Inizialmente si voleva adottare una misura basata sull'obbligo di possesso di partita Iva italiana da parte degli operatori della Rete. Molti l hanno considerata un pericoloso ostacolo al futuro sviluppo dell'economia digitale in Italia. Nella versione modificata dell'emendamento è sparito il primo comma che parlava di commercio elettronico. E anche il riferimento alla partita Iva. La Web Tax riguarda ora gli spazi pubblicitari on-line e link sponsorizzati. Con questa misura Boccia e i firmatari dell emendamento Edoardo Fanucci (Pd), Sergio Boccadutri (Sel), Ernesto Carbone (Pd), Antonio Castricone (Pd) e Stefania Covello (Pd) intendevano far pagare le tasse alle multinazionali che operano sulla Rete e con la Rete in Italia. mille per l abitazione principale, poi però si è tornati alla versione originale. L importanza data dall Anci alle detrazioni è anche dovuta al fatto che grazie ad esse nel 2014 la nuova Iuc - Imposta unica comunale - dovrebbe essere in media meno cara dell Imu pagata nel Il problema è che nel 2015, quando le detrazioni non dovrebbero esserci più, si dovrebbe tornare sugli stessi livelli dello scorso anno. Alla protesta dei sindaci, fino ad oggi il ministero dell economia non ha dato risposta, facendo sapere che comunque non ci sarà alcun aggravio per i contribuenti. Almeno in media: «L effetto sui singoli contribuenti dipende dalle modalità specifiche di applicazione delle aliquote e delle detrazioni, che sono lasciate all autonoma determinazione dei comuni». Ma è proprio su questo scarico di responsabilità fra il ministro Saccomanni e i sindaci che si innesta la dura presa di posizione dei primi cittadini. RECESSIONE Scontro Confindustria-governo, l annuncio in un report di Viale dell Astronomia «Dopo 6 anni, danni come in guerra» Roberto Ciccarelli L a recessione è finita dopo sei anni, sostiene un rapporto del centro studi di Confindustria, ma è «derisorio» parlare di una «crescita» per il L Italia «ha subìto un grave arretramento ed è diventata più fragile, anche sul fronte sociale. I danni sono paragonabili solo a quelli di una guerra». Non poteva esserci una smentita più netta degli auspici ribaditi dal premier Letta e dal ministro dell Economia Saccomanni che auspicano una crescita all 1% del Pil nel 2014, mentre il presidente del Consiglio precisa che non «sfascerà i conti». «Ho la responsabilità di tenere la barca Italia in equilibrio - ha detto Letta - e voglio che ci siano strumenti per la crescita senza sfasciare i conti. Confindustria dovrebbe sapere che tenere i conti a posto vuol dire far calare gli spread, come oggi dove abbiamo raggiunto il punto più basso in due anni e mezzo». E Squinzi precisa: «Io non ho detto di sfasciare i conti. Solo che ai ritmi ipotizzati [dal governo] il Pil non tornerà ai valori del 2007 prima del secondo trimestre del 2021». Sulle previsioni della crescita, praticamente una danza della pioggia inscenata da tutti, sindacati compresi, c è anche una previsione della Cgil che ha fissato l asticella al 2076 senza un piano preciso di rilancio degli investimenti e della domanda interna Gli industriali attaccano la legge di stabilità: «È un occasione mancata» contenuto nel suo «piano per il lavoro». Insomma, la crescita è oggi pura fantascienza. Cosa c è dietro questo affondo di Confindustria contro il governo? Nemmeno troppo gentilmente, Letta manda a dire a Squinzi - che ha indossato di nuovo i guantoni come ai tempi d oro contro Mister anti-spread Mario Monti - che il Fondo anti-tasse previsto nella legge di stabilità verrà versato sia alle imprese (e agli autonomi e piccole aziende con meno di 181 mila euro di valore della produzione) e a lavoratori e a pensionati. Confindustria, come gli stessi sindacati, non è per nulla d accordo. Usare i 32 miliardi strappati dalla spending review di Carlo Cottarelli (che dal Corsera dice di essere in «deluso») e dalla lotta all evasione su una platea così ampia è come regalare una mancetta inutile a rilanciare la domanda interna. Di più Letta non vuole, o non può fare. E, al momento, tiene duro sull emendamento che subordina l erogazione del fondo all imperativo del rigore del bilancio, l architrave dell austerità. Quella che sta stretta anche a Confindustria. Sul governo ieri si è abbattuto il report del Centro studi di Viale dell Astronomia che presenta cifre da brividi. Le stesse che vengono sparate ogni giorno sul governo da parte di tutti gli esperti in cifre. Le persone a cui manca il lavoro, o sono precari, sono 7,3 milioni. I poveri sono raddoppiati a 4,8 milioni. le famiglie hanno tagliato sette settimane di consumi: euro in media all anno. Rispetto al 2007, il Pil totale è diminuito del 9,1% e quello pro-capite dell 11,5%, cioè di 2900 euro a testa, tornando ai valori del Poi la bomba finale: la produzione industriale è scesa in termini fisici del 24,6%, cioè ai livelli del Viale dell Astronomia affonda nelle carni vive e fa male al governo. L impatto sulla crescita della Legge di Stabilità «sarà molto piccolo, dello 0,1-0,2% sul Pil del 2014» continua il Centro studi. «La manovra è un occasione mancata». L intervento proposto è, guarda caso, «quello sul cuneo fiscale», ma «le risorse stanziate non sono in grado di incidere significativamente». Se poi il «credit crunch» proseguirà nel 2015, ci sarà bisogno di una manovra aggiuntiva pari ad un punto del Pil. Poi l annuncio finale della catastrofe: per Confindustria, senza il taglio al cuneo fiscale, nel 2014 il Pil salirà solo dello 0,4% e nel 2015 crollerà di nuovo a 0. Sono valutazioni ancora più basse di quelle dell Istat (0,7%) o della Commissione Europea (0,6%). Stime realistiche che rendono indigesto il panettone per Letta. Il prossimo sarà immangiabile. «Non abbiamo la bacchetta magica» ha ripetuto sconsolato il premier.

3 VENERDÌ 20 DICEMBRE 2013 il manifesto pagina 3 FUORI SERVIZIO Sforbiciati Non solo mancano risorse per il 2014, ma il 24 gennaio si dovrà pagare la «mini-imu» I milanesi sborseranno ben 44 milioni IL SINDACO PISAPIA A Milano tagliati già 800 milioni in 3 anni. E il bilancio del 2014 rischia di saltare «Così è scontro con il governo» GIOCO D AZZARDO Una «slot-porcata» Renzi all attacco Penalizzati gli enti locali che limitano le sale. Il segretario Pd: «Inaccettabile» ANNUARIO ISTAT 2013 L Italia è un paese che invecchia, senza lavoro e molto precario L Italia è uno tra i paesi più vecchi al mondo e con il record di disoccupati. è un record che il nostro paese mantiene insieme ai tedeschi. Con una differenza sostanziale: il numero dei disoccupati è cresciuto di 1 milioni nei quattro anni della crisi, vetta mai raggiunta dopo il Dura in media 21 mesi e i precari hanno uno stipendio che è esattamente la metà degli assunti. Sono alcune delle cifre contenute nell annuario Istat 2013 che registra anche un calo della fecondità. Nel dettaglio la disoccupazione è stata alimentata da chi ha perso il posto nel 2012, cioè da 636 mila persone in più, oltre la metà è fatta da ex occupati. Sono 1 milione 382 mila (su 2 milioni e 744 mila) le persone disoccupate che si sono rimesse a cercare lavoro, dopo averlo perso. Cresce il numero degli occupati ultracinquantenni (+287 mila unità), mentre scende quello dei giovani occupati (-297 mila tra i 15 e i 34 anni). Secondo l Istat tale aumento dovrebbe essere una delle conseguenze della riforma Fornero che ha spostato in avanti l età della pensione. Infine, chi ha un contratto a termine guadagna euro in media, contro i euro degli assunti a tempo indeterminato. S fidato sul suo terreno da Roberto Maroni («Il nuovo corso di Renzi: favorire il gioco d azzardo e bastonare le regioni che lo contrastano»), il segretario del Pd muove subito all attacco. Delle slot, e del governo. Perché anche le macchinette e le videolotterie entrano nell elenco dei contenziosi fra stato centrale da una parte, comuni e regioni dall altra. A fare da detonatore un emendamento al decreto sulle misure finanziarie per gli enti locali, il «Salva Roma». L emendamento, approvato in senato e in attesa di passare alla camera, prevede una decurtazione dei trasferimenti agli enti locali che hanno cercato di limitare la diffusione di slot & c., con regolamenti meritori che però hanno dato vita a una serie di cause fra gli installatori di macchinette e lo Stato. Su una materia che è di competenza del governo centrale, e su cui può legiferare solo il parlamento. La presentatrice dell emendamento, l alfaniana Federica Chiavaroli, cerca di chiarire: «L intenzione è solo di dare l indicazione sulla necessità di convocare un tavolo tra il governo e gli enti locali per capire come vanno ripartite le competenze, per evitare contenziosi e fronteggiare la diminuzione di gettito che sta già avvenendo». Punto, quest ultimo, particolarmente sensibile per le sempre esangui casse statali. Subito denunciato dai 5 Stelle e a ruota da Sel, Lega e Sc, l emendamento era passato al senato anche grazie ai voti del Pd. Compresi i cosiddetti renziani. Ora i senatori dem precisano che era stato richiesto dal governo e sarebbe solo temporaneo, visto che la materia è già in discussione nella delega fiscale di gennaio, «e impegna l esecutivo a ridurre e concentrare il gioco d azzardo in ambienti sicuri e controllati». Ma Renzi attacca: «E stata votata una cosa inaccettabile». E chiede un intervento immediato «contro la porcata delle slot». Ma i tempi stringono. E a rischio può finire l intero decreto Salva Roma, su cui ieri il governo è già andato sotto. (ri.chi) Antonio Sciotto «A bbiamo pazientato fino all ultimo: io stesso ho detto agli altri sindaci, vediamo se si riesce a cambiare il provvedimento nelle battute finali. Ma adesso basta, con la fiducia si confermano tagli pesantissimi, e dall interlocuzione passiamo allo scontro». Il sindaco di Milano Giuliano Pisapia è netto: il governo ha passato la misura e non solo è complicato far quadrare i conti quest anno, ma si rischia un 2014 ancora più fuori bilancio, con forbici impietose sui servizi sociali: «E a pagare saranno sempre i più deboli». Quindi siete all allarme rosso: il governo Letta vi sta togliendo le risorse essenziali. Come farete? Il governo non ha mantenuto due promesse che ci aveva fatto. Non operare ulteriori tagli, dopo quelli già molto onerosi che abbiamo subito negli ultimi anni. E, soprattutto, concordare con noi le politiche fiscali che ci riguardano. Invece è arrivata una gragnuola di tagli, non sappiamo veramente come fare. A causa di queste riduzioni caricate sulle spalle dei Comuni, Milano ha perso circa 800 milioni di euro negli ultimi 3 anni. E va tenuto conto che il nostro bilancio è di due miliardi annuali, gran parte dei quali però sono costi insopprimibili, dal personale ai trasporti. Quindi quando ti sottraggono le risorse, ti dicono praticamente di tagliare i servizi per i cittadini, dalla scuola all assistenza, alla cultura. Può farmi anche solo un esempio di un servizio a cui tiene particolarmente, che con dolore ha dovuto tagliare? Esempi ce ne sarebbero tanti, ma cito l assistenza ai disabili, e gli scuolabus per i bambini. Due servizi delicati, perché riguardano due parti della popolazione che mi sento in «Sarò costretto a ridurre i servizi per i più deboli, dai bimbi ai disabili. Perché il Pd non si fa sentire?» SENATO Con l emendamento Ichino-Lanzillotta a rischio bilancio e servizi Sì al decreto salva Roma. Anzi, salvava Valerio Renzi È stato approvato ieri in Senato il decreto «Salva Roma», che ha permesso alla giunta Marino di approvare il bilancio previsionale del 2013, eredità della giunta Alemanno, senza tagli draconiani o il commissariamento di Roma Capitale. Ma non sono tutte rose e fiori. Un emendamento firmato dai senatori di Scelta civica Linda Lanzillotta e Pietro Ichino prevede il blocco dell aumento dell addizionale Irpef, creando così problemi di copertura finanziaria anche per il bilancio appena approvato. L emendamento impegna poi il Comune ad «adottare modelli innovativi per la gestione dei servizi di trasporto pubblico locale, raccolta dei rifiuti e spazzamento delle strade anche ricorrendo alla liberalizzazione». Si apre così alla privatizzazione di Atac e Ama. Invece l approvazione di un subemendamento del Pd garantisce che il 51% di Acea resti pubblica. Come se non bastasse i conti e la capacità di spesa delle aziende municipalizzate saranno da ora in poi disciplinati dal patto di stabilità e si «consiglia» all amministrazione capitolina di mettere sul mercato il patrimonio immobiliare per far fronte alle necessità di bilancio. Se all inizio il testo faceva esplicito riferimento ai licenziamenti nelle aziende controllate da Roma Capitale, nonostante il giro di parole della formulazione finale la sostanza non cambia. L emendamento è passato con i voti di Forza Italia, Ncd, Scelta Civica e M5S. Contrari Pd e Sel. Non sembra preoccuparsi il sindaco Ignazio Marino, che commenta: «E stato respinto al mittente il tentativo di privatizzare la gestione del servizio idrico della Capitale. Un importante risultato nell interesse della città e di tutte le persone che nel referendum del 2011 hanno sostenuto l importanza del controllo pubblico dei servizi locali. Il nostro unico orizzonte è l interesse collettivo». E «sbaglia chi conduce battaglie ideologiche senza tenere in considerazione la complessità della situazione della capitale che ha intrapreso la strada del rigore e della trasparenza». Stop all aumento dell addizionale Irpef, Atac e Ama aperte ai privati. Si salva Acea dovere di tutelare, e che il pubblico non può trascurare. E invece nulla, devo fare i salti mortali per tenere tutto, ma temo che questa volta non ce la faremo ad assicurare i servizi che abbiamo sempre erogato. Tra l altro la beffa è che il 24 gennaio i cittadini dovranno comunque pagare una «mini-imu» per il 2013, visto che il governo non è riuscito a cancellarla tutta. A Milano cosa significa, in cifre? Sono 44 milioni di euro che purtroppo i milanesi dovranno pagare a gennaio per le scelte del governo. Stiamo valutando in queste ore di stanziare 6 milioni di euro per esentare i cittadini di fascia bassa, così come abbiamo fatto con l Irpef. Il Di tutt altro avviso il portavoce del Forum dei movimenti per l acqua Marco Bersani che parla di «un sostanziale commissariamento del comune di Roma su scelte strategiche» e si domanda: «Come può Marino cantare vittoria? Come può accettare che sul futuro di Roma e delle sue aziende pubbliche decida il parlamento? Sembra proprio che la moneta di scambio con il governo per avere fondi sia la svendita del patrimonio dei cittadini saziando la fame dei poteri forti». Bersani annuncia battaglia contro le privatizzazioni nelle piazze e, se possibile, in sede legale: «Ci stiamo informando per capire se il provvedimento sia legittimo per un eventuale ricorso al Tar». Per Gianluca Peciola, consigliere comunale di Sel, «è in corso un operazione nazionale, trasversale, che punta allo spacchettamento dei servizi pubblici. Ma gli atti passati in aula dimostrano che il centrosinistra romano, Pd compreso, non vuole che le nostre aziende vadano ai privati. Un conto è risanare e rilanciare, un conto è svendere un patrimonio di tutti i cittadini». Preoccupato il senatore ed ex segretario del Pd romano Marco Miccoli: «Malgrado le modifiche il testo non ci tranquillizza. Proporremo eventuali modifiche alla camera. Siamo pronti a dare battaglia: l acqua deve restare pubblica e i lavoratori non devono pagare con la perdita dell occupazione il prezzo del riequilibrio dei conti. Non faremo passi indietro». Dopo la vittoria di Matteo Renzi non è detto però che gli equilibri nel Pd non cambino: l assessore alla mobilità Guido Improta, vicino a Francesco Rutelli e di fede renziana, sembrerebbe caldeggiare la privatizzazione o lo spacchettamento di Atac, così come l ad dell azienda, Danilo Brogi. Oggi a Roma sfileranno contro la privatizzazione e per il diritto alla mobilità gli autisti del servizio pubblico, comitati e utenti. Appuntamento alle 17 al Colosseo. nostro faro resta sempre l equità, cercare di far pagare solo chi può: principio che con l Imu avrebbe dovuto rispettare anche il governo. Cosa che stride ancora di più se si pensa che nella maggioranza c è il Pd. E invece è stato tagliato a tutti. Ma si doveva pur pagare un prezzo alle «larghe intese», o no? Pensa che questo governo non avrebbe mai dovuto formarsi, o che oggi Letta è meglio che torni a casa e si vada subito a votare? So che forse dopo le ultime elezioni non c era alternativa, ma allora e io lo dissi subito sarebbe stato meglio fare un governo di scopo, con pochi obiettivi chiari da portare a termine: il lavoro e le sue emergenze, la legge elettorale. Oggi certamente questo governo ha un senso se decide una svolta a favore dei più deboli, se non tartassa i comuni e chi deve assicurare servizi pubblici: e dico che potrebbe anche farlo, visto che dopo la scissione del Pdl, il Pd è sempre più l «azionista di maggioranza». Con queste decisioni sull Imu invece si conferma di voler andare allo scontro: sono ben 1,5 miliardi di euro sottratti ai nostri bilanci, cercando al solito di far apparire noi, i sindaci, come gabellieri. Il problema è sempre quello: la mancanza di risorse, il patto Ue. Ma io non nego che ci siano difficoltà, né penso che si possano ignorare i vincoli della Ue, anche se dovremmo tentare di non farci schiacciare, di non appiattirci su di essi. Noi a Milano abbiamo fatto una politica di assoluta sobrietà: rinuncia alle auto blu, contenimento degli stipendi ad esempio io e il vicesindaco abbiamo abbassato il nostro al livello di quello degli assessori tagli a sprechi che ci hanno portato un risparmio di ben 180 milioni rispetto alle spese degli anni passati. E il governo cosa fa? Ci punisce. Tornando alla composizione di questo governo che vi fa penare. In passato lei stesso ha aperto a una possibile riforma in direzione del «sindaco d Italia»: un premier cioè con un mandato più chiaro e maggiore capacità decisionale. Direzione verso cui pare voler andare anche Matteo Renzi. Ecco, proprio per evitare il rischio futuro di «grandi intese» credo che la riforma elettorale dovrebbe prevedere un premio di maggioranza, magari non alto come adesso, alla coalizione che vince: il tutto se parallelamente si supera il bicameralismo, perché tra l altro oggi la coesistenza di Camera e Senato rende molto complicata l approvazione delle leggi. Quanto all indicazione esplicita del premier all atto del voto, richiederebbe forse una seria e ponderata modifica costituzionale, quindi forse tempi troppo lunghi rispetto a quelli che possiamo permetterci. L arrivo di Renzi alla segreteria del Pd può dare maggiore speranza per eventuali, future coalizioni di centro sinistra? O si finirà per litigare, come pare già avvenire in questi giorni con l articolo 18? Credo che Renzi favorirà il coagularsi di una nuova coalizione di centro sinistra, e ho accolto positivamente il suo approdo alla segreteria del Pd. Mi pare si sia espressa una volontà di rinnovamento, a cui, ripeto, già questo governo, e non soltanto altri futuribili, dovrebbe dare risposta. Tanto più visto che è cambiata anche questo è un concetto che ribadisco la composizione interna delle «larghe intese», con il Pd ora in abbondante maggioranza. E allora cosa si sta aspettando a invertire le politiche di tagli ai Comuni e ai servizi? Noi sindaci siamo e restiamo uniti nelle nostre rivendicazioni: certo, si potrebbe sempre aspettare un decreto X o Y che riaggiusti tutto, ma dopo la fiducia sul maxi emendamento la decisione presa mi pare chiara, e mi pare che in questo modo si vada allo scontro.

4 pagina 4 il manifesto VENERDÌ 20 DICEMBRE 2013 POLITICA Il 26,9% dei detenuti ha una condanna minore di 3 anni. Tra gli stranieri sono il 37,9%. E il 65,4% delle donne Eleonora Martini ROMA L a «prepotente urgenza sul piano costituzionale e civile» pesa ancora, due anni SOVRAFFOLLAMENTO In 173 al posto di 100. Lo dice il X Rapporto nazionale di Antigone Il carcere scoppia, l amnistia no e mezzo dopo, come un macigno sulla credibilità dello Stato italiano, come dimostrano i dati dell Osservatorio Antigone pubblicati ieri nel X Rapporto nazionale sulle carceri. In uno spazio adeguato ad ospitare al massimo 100 detenuti ce ne sono 173; uno su quattro è tossicodipendente e uno su cinque è straniero. E a lavorare è solo un recluso su sei. Condizioni disumane e degradanti che producono altro crimine, con la recidiva che schizza al 57%. E morte: dall inizio dell anno sono decedute in carcere 99 persone di cui 47 suicidi (23 stranieri) e 28 per cause ancora da accertare. Come nel caso di Alfredo Liotta, morto in una cella del carcere di Cavadonna a Siracusa dopo aver perso 40 chili di peso in tre mesi. «Nell indifferenza generale», denuncia Antigone. Da quel primo monito di Giorgio Napolitano, dunque, poco o nulla è cambiato, tranne un paio di decreti chiamati erroneamente «svuotacarcere» e le ultime - più sostanziali norme varate dal consiglio dei ministri all inizio della settimana. E tranne il tempo che ormai volge al termine per l Italia se vuole evitare di affogare nelle sanzioni europee che potrebbero scattare dal 28 maggio prossimo, termine ultimo imposto dalla Corte Edu di Strasburgo a causa del trattamento riservato nel nostro Paese alle persone recluse. E come nell estate del 2011, Marco Pannella, da cui il Capo dello Stato attinse allora ispirazione per lanciare il suo primo grido d allarme sulle condizioni detentive, da qualche giorno è tornato in sciopero della fame e della sete. Tra meno di una settimana sarà pure di nuovo alla testa della Terza Marcia di Natale per l amnistia e l indulto indetta dai Radicali: un appuntamento tutt altro che rituale, molto partecipato anche quest anno da esponenti politici di tutti gli schieramenti, tranne che da leghisti e grillini, ma che pure non riesce a bucare l indifferenza politica, e non solo per il «boicottaggio mediatico» lamentato da Pannella. Eppure la presidente della Camera, Laura Boldrini, è ottimista: «Il presidente Napolitano ha fatto un messaggio molto chiaro alle Camere sulla situazione delle carceri. C'è stato un decreto, ci sono dei disegni di legge, credo che arriveremo presto a segnali e fatti concreti», ha detto ieri rispondendo a chi le chiedeva della possibilità di approvare per tempo un provvedimento di amnistia. In effetti il decreto legge approvato martedì scorso dal Cdm contiene alcune interessanti novità che vanno nella direzione delle riforme strutturali richieste dalla Corte dei diritti umani. Prima tra tutti l introduzione del collegio del Garante nazionale dei detenuti, una figura richiesta da anni e che ci porta più vicini all Europa anche se al momento non è prevista copertura finanziaria e rimane qualche dubbio sul fatto che a nominare i suoi componenti sia lo stesso Consiglio dei ministri. Importante è anche la piccola modifica alla legge Fini-Giovanardi che trasforma lo spaccio di lieve entità da circostanza attenuante a fattispecie autonoma di reato, punito perciò con pene inferiori (la detenzione massima passa da 6 a 5 anni) e di conseguenza l immediato affidamento in prova per motivi terapeutici. Lo sconto di pena per la liberazione anticipata, inoltre, passa da 45 a 75 giorni a semestre, ma senza automatismi: a decidere, caso per caso, sarà sempre il magistrato di sorveglianza. Infine, molto rilevante è il provvedimento che permette l avvio della procedura di identificazione dei detenuti stranieri direttamente in carcere, evitando così l illegale reclusione degli ex detenuti nei Cie. In questo modo si accelerano anche i provvedimenti di espulsione dei cittadini extracomunitari. E si allunga l elenco dei reati per cui è previsto il rimpatrio. Misure che però, nell insieme, sono ritenute insufficienti dal sindacato autonomo di polizia penitenziaria Sappe: «Non chiamateli svuota-carcere dice il segretario Donato Capece Saranno infatti pochissimi i detenuti in possesso dei requisiti necessari per uscire dai penitenziari, meno di 3 mila: un numero assolutamente inconsistente SVIZZERA Basilea, se le prigioni sono piene il cantone affitta i container Non ci sono le liste d attesa adottate in alcuni Paesi come ad esempio la Norvegia, ma nemmeno l illegalità di Stato come in Italia. La Svizzera, non trovando il modo di ridurre almeno per il momento la sua popolazione carceraria, ricorre ai container. Il Canton Basilea Campagna ha deciso infatti di affittare dei «container prigione» con posti per 20 persone per fare fronte al sovraffollamento carcerario. «Le carceri locali sono ormai piene», ha annunciato ieri la direzione dell amministrazione penitenziaria cantonale. La capienza dovrebbe in questo modo essere sufficiente fino all'apertura del nuovo centro penale di Muttenz, che potrà ospitare 47 detenuti. I container sono già stati collocati a Liestal vicino alle centrale di polizia, si legge in un comunicato del governo cantonale che ha già provveduto ad approvare i posti aggiuntivi. Per motivi logistici i «box prigione» devono essere affittati per minimo un anno. I costi per costruzione e gestione ammontano a circa 1,5 milioni di franchi. Andrea Colombo I secondi, Brunetta e Nardella, hanno dissodato il terreno nel week end. Ora la palla passa ai titolari: Matteo Renzi per il Pd e per Forza Italia Denis Verdini. Non Berlusconi in persona, perché lui solo a sentir parlare di legge elettorale stramazza. Ma il capofalco è da considerarsi a tutti gli effetti suo plenipotenzario. Non che i due toscanacci siano ancora entrati nel merito della faccenda. Però hanno deciso di farlo, e non è poco. Denis chiama al telefono: «E ora che ci si parli». Matteo apre le porte: «Va bene». Se sono rose fioriranno ed è facile che lo siano perché il segretario va avanti come un panzer e la diplomazia di maggioranza nemmeno sa dove stia di casa. Maria Elena Boschi, la fedelissima incaricata dal sindaco-segretario di coprire il fronte da cui dipende per intero il futuro politico dei partiti e del governo, intervistata dal Foglio non la manda a dire: «Certo che stiamo trattando anche con Forza Italia. Non è un segreto. Lo stiamo dicendo da tempo». I ragazzi di Alfano, che ogni giorno riscoprono di essere candidati al ruolo scomodo di agnelli sacrificali e non gradiscono la parte dell arrosto, s imbufaliscono. «Attenti con la politica dei due forni, che così si bruciano sia le mani che la pizza», ammonisce Paolo Naccarato. Ma Renzi tira avanti come se nulla fosse. Al Tg4 dichiara: «Le regole si fanno con tutti, così poi nessuno può rivendicare il diritto di veto. A Grillo e Berlusconi dico: siete disponibili a un intesa? Se sì, la legge si fa in un quarto d ora». Alfano sente il cerchio stringersi e fa quel che può, cioè non molto, per rompere l assedio: «Ci sono tutte le condizioni per scrivere una buona legge elettorale nell ambito della maggioranza e non vedo ragioni perché Renzi dovrebbe essere contrario». E Però quelle ragioni che ad Angelino sfuggono ci sono eccome. Il doppio turno che gli ex Il sindaco: «A Grillo e Berlusconi dico: siete disponibili a un intesa? Se sì, la legge si fa subito» pdl offrono comporta un rinvio dei tempi di approvazione della nuova legge, e non solo perché il pacchetto che sogna Ncd comprende anche una maxi riforma costituzionale con elezione diretta del premier, e per una materia simile di anni ce ne vorrebbero un paio. Ma anche se Alfano rinunciasse al suo miraggio, accontentandosi di una legge che non lo costringe a tornare in ginocchio da Silvio, i problemi resterebbero. Fino a che resta in vigore il bicameralismo, la legge dovrebbe essere tarata anche sul senato, dove il doppio turno ripresenterebbe pari pari le garanzie di ingovernabilità già proprie del Porcellum. Perché una legge simile sia efficace bisogna prima essere certi che non ci sia più il senato, ma quella certezza non ci sarà sino a che la riforma costituzionale che cancella il bicameralismo non sarà /FOTO REUTERS rispetto agli oltre 64 mila detenuti oggi presenti in strutture costruite per ospitarne circa 40 mila (in realtà sono 37 mila, secondo i dati di Antigone riconosciuti anche dalla Guardasigilli Annamaria Cancellieri, ndr). E la media degli ingressi dalla libertà negli istituti penitenziari è circa persone». E se il 40% dei detenuti è in attesa di giudizio definitivo, ricorda Antigone che il 26,9% è recluso per una condanna inferiore a 3 anni. Un dato che sale al 37,9% se si guarda ai soli stranieri, e che diventa abnorme per le donne: il 65,4%. Davanti a questi numeri, il motivo per cui bisogna ancora aspettare per un provvedimento di amnistia e indulto a parte il no di Renzi è uno dei tanti imperscrutabili misteri italiani. LEGGE ELETTORALE Ma il Cavaliere vuole in cambio le urne in primavera Verdini chiama Renzi: «Parliamoci» Il leader Pd pronto, Alfano nell angolo compiuta. Di fatto, ci vorrebbero molti mesi. Anche se tiene le carte ancora coperte («ci sono tante soluzioni possibili, l importante è che sia una legge chiara che permetta di sapere la sera stessa del voto chi ha vinto e chi governa») per Renzi il Mattarellum resta dunque il vero oggetto della trattativa. Lo vorrebbe corretto con la trasformazione della quota proporzionale, tutta o in parte, in premio di maggioranza. Ma su questa ipotesi pende la spada di Damocle della Consulta. Le motivazioni della sentenza che ha abrogato il Porcellum, annuncia Valerio Onida, arriveranno tardi, intorno al 14 gennaio. E potrebbero bersagliare proprio il premio di maggioranza. La soluzione potrebbe essere un Mattarellum modificato in un solo punto, però determinante: l abolizione secca dello scorporo basterebbe a cassare il grosso della componente proporzionalista. Renzi, Berlusconi, Grillo e Vendola potrebbero accettare una mediazione simile. Alfano, Casini e i resti di Scelta civica no, ma non avrebbero la forza di opporsi. A frenare, però, è adesso proprio Silvio Berlusconi. Dopo aver offerto in pompa magna il Mattarellum, ieri Fi ha iniziato a mostrare perplessità eloquenti. Non è che il Cavaliere abbia cambiato idea. Ma, da buon mercante, vuole essere sicuro di incassare il suo prezzo: le elezioni in primavera. Senza la certezza di ottenerle non ci sarà nessun accordo Pd-Fi, e per la fine di gennaio la legge elettorale starà dove è stata sinora. Nella palude. DALLA PRIMA Marco Bascetta Il moralizzatore quotidiano Gli onesti cittadini tremano: nonostante i 100 milioni aggiuntivi stanziati per le forze di polizia, il far west è alle porte, il mucchio selvaggio è pronto a colpire. Secondo lo squisito prosatore del Fatto quotidiano già oggi se la spasserebbeo «affidati in prova ai servizi sociali», la gran parte dei condannati, «visto che in media le pene irrogate dai tribunali, anche per reati gravi, sono inferiori ai tre anni», il tetto (totale o residuo) stabilito dalla legge Gozzini per il ricorso a misure alternative al carcere. Se ci si aggiunge l indulto di 3 anni per i reati commessi prima del 2006 e ora l innalzamento del tetto a 4 anni e dello sconto di pena per buona condotta da 45 a 75 giorni a semestre ci troveremo ben presto con Jena Plinski nella tenebrosa città di Fuga da New York. Rimane tuttavia un mistero da chiarire: come mai in un paese dove quasi nessuno va in galera e chi ci va ne esce rapidamente ci sono detenuti su posti nominalmente disponibili e effettivi? Una situazione barbarica che dovrebbe essere sanata prima di subito non perché l Unione europea ci rimprovera e ci multa, ma semplicemente perché è barbarica, né più né meno delle scene aggiaccianti filmate nel "centro di accoglienza" di Lampedusa. Che come conseguenza non avranno lo smantellamento di quel sistema disumano, ma la punizione di qualche aguzzino subalterno. Il fatto è che le misure alternative alla carcerazione piacciono poco, appaiono troppo complicate e laboriose, troppo attente alla singolarità dei casi e delle situazioni, rispetto alla "certezza della pena" e alla fede nell infallibilità della magistratura. Meglio allora un narrazione adatta anche alle menti più ottuse: i detenuti sono criminali, i criminali rimessi in libertà compiono crimini. Punto e basta. Con il che il problema è risolto alla faccia di qualsivoglia statistica sull andamento effettivo dei reati e sui comportamenti di chi esce di galera. Ma, si sa, le statistiche sono una cosa assai noiosa e di cui è bene diffidare. C è poi un secondo effetto che non è chiaro se Marco Travaglio paventi o suggerisca. Siccome le leggi permissive e le misure di clemenza garantiscono l impunità dei criminali, le vittime finiranno col farsi giustizia da sé: «Se si rischia così poco, la prossima volta non lo denuncio, gli spacco direttamente la faccia». Forse l editorialista del Fatto quotidiano pensava a quei signori in mimetica e basco che a Piazza del popolo minacciavano di aspettare i politici sotto casa uno per uno. Se davvero Silvio Berlusconi dovesse scomparire definitivamente dalla scena politica, dove si volgerà l inestinguibile sete di punire che anima i moralizzatori di casa nostra e ne garantisce l audience in assenza di qualunque ragionamento minimamente approfondito?

5 VENERDÌ 20 DICEMBRE 2013 il manifesto pagina 5 POLITICA LAMPEDUSA Alfano rescinde il contratto ai gestori del centro di accoglienza. Ispezione dei deputati di Sel Boldrini attacca il video del disonore UNO SBARCO A LAMPEDUSA. /REUTERS SOTTO IL VIDEO-CHOCK DEI MIGRANTI «DISINFESTATI» NEL CPT DELL ISOLA. A DESTRA PROTESTA A MINEO MINEO Cariche sul corteo: 2 feriti e un fermo La rivolta dei profughi contro la detenzione Giorgio Salvetti «L e immagini che da tre giorni l Europa intera e tutto il Mediterraneo conoscono sono inaccettabili, sono immagini che colpiscono l onore del nostro Paese e le considero molto peggio di un arretramento del Pil». Sono parole durissime e molto pesanti visto che a pronunciarle è la terza carica dello stato nel corso dei tradizionali saluti di fine anno con i rappresentanti della stampa parlamentare. Laura Boldrini, scurissima in volto, è tornata così a far sentire la sua voce a proposito del video aberrante mandato in onda dal Tg2 che ritrae i migranti nudi innaffiati con il disinfettante nel cortile del centro di «accoglienza» di Lampedusa. Un richiamo ancora più potente è venuto dal Colle più alto: «Voglio che Lampedusa sia soprattutto un simbolo di impegno umanitario e solidale del nostro Paese, che non può essere messo in ombra e screditato da episodi inammissibili come quello venuto in questi giorni alla luce», ha detto Giorgio Napolitano, alla Farnesina per il saluto agli ambasciatori. I vertici dello Stato hanno parlato forte e chiaro. A questo punto servono i fatti. Ma per il momento a parte l apertura di un fascicolo della procura di Agrigento - l unico fatto saliente è stato annunciato ieri da Angelino Alfano arrivando al vertice del Ppe a Bruxelles: «Abbiamo deciso di recidere il contratto con l ente che ha gestito il centro di Lampedusa. Pensiamo di chiedere che la gestione possa essere affidata alla Croce rossa internazionale». Il segretario del Nuovo Centrodestra, baluardo anti immigrazione del governo delle piccole intese, per il momento scarica tutta la responsabilità sull ultima ruota della catena di comando (proprio come fece nel caso Shalabayeva). In qualsiasi altro paese del mondo quelle immagini avrebbero potuto comportare la richiesta di dimissione del ministro degli interni. Ma siamo in Italia dove i delicati equilibri di governo contano più di tutto, molto più dei diritti umani di alcuni disgraziati migranti. Solo grazie alla richiesta di Sinistra Ecologia e Libertà Alfano questa mattina dovrebbe riferire alla Camera. Proprio ieri i parlamentari di Sel Erasmo Palazzotto e Nicola Fratoianni hanno visitato a sorpresa il centro di Lampedusa. «Non dispone di una zona adibita a mensa, i pasti devono essere consumati sui materassi di gomma piuma o all aperto hanno raccontato - I bagni sono pochi ed in condizioni disastrose, gli spazi dell infermeria non idonei ai trattamenti sanitari necessari che infatti sono effettuati in un box all aperto». «Non mi sento di condannare gli operatori ha continuato Palazzotto - in quelle condizioni non è possibile far nulla e spesso si finisce per perdere la cognizione Giuseppe Grosso MADRID I l groviglio di lame che dallo scorso novembre è sciaguratamente ritornato a luccicare sulla sommità delle recinzioni che separano il Marocco dalle enclave spagnole di Ceuta e Melilla resterà dov è. A poco sono servite le potreste delle associazioni per i diritti umani che, mercoledì scorso, nella giornata internazionale del migrante, sono tornate ad esprimere sconcerto per una misura che, oltre ad essere inefficace e pericolosa, «limita il diritto personale alla migrazione». D altra parte il ministro degli Interni Jorge Fernández Díaz si è sempre dimostrato inflessibile sull argomento, difendendo tenacemente la stretta sulle frontiere. Sia in sede nazionale, sia presso l Unione europea, la quale aveva sollevato perplessità sull uso delle lame come metodo di dissuasione nei confronti dei flussi di migranti che premono su Ceuta e Melilla, avamposti europei in territorio marocchino e snodi sempre più battuti delle rotte verso il vecchio continente. «La misura adottata dal governo spagnolo aveva dichiarato un paio di settimane fa il commissario europeo per gli affari interni Cecilia Malmström ha un dubbio effetto deterrente e può provocare lesioni gravi». Ragione per cui, le lame, che già furono poste in passato a fortificazione della frontiera africana, furono rimosse nel 2005 dal governo di Zapatero, che le definì «inumane». D altro avviso, però, Fernández Díaz, che ha cercato di divincolarsi dalle pressioni GARANTE CARCERI LAZIO «Cie come lager» «Nella nostra ottica carcere e Cie sono due strutture che, pur essendo nate per scopi diversi, hanno finito per svolgere la stessa funzione: ospitare persone limitate della loro libertà personale per periodi prolungati di tempo. I Centri di identificazione ed espulsione sono divenuti, per effetto della legislazione vigente e con il passare del tempo, dei veri e propri lager ove persone innocenti vedono calpestato il loro diritto alla libertà e dove possono accadere fatti ignobili ed indegni di una società civile come quello avvenuto nel Centro di accoglienza di Lampedusa». Lo ha detto ieri il garante per i detenuti del Lazio Angiolo Marroni commentando i dati sulla condizione di detenzione degli stranieri nella regione. Nelle carceri laziali gli stranieri sono il 37,3%, con punte di oltre il 55% nel carcere di Rieti. Proprio per questo sovraffollamento le problematiche legate all immigrazione sono divenute una delle priorità dell Ufficio del Garante non solo nelle carceri, ma anche al Cie di Ponte Galeria, dove, dice il Garante, «la nostra attività è necessaria per monitorare le condizioni di vita degli ospiti». A Ponte Galeria, senza riscaldamenti, la situazione dei reclusi è vera emergenza. della realtà». I deputati di Sel hanno chiesto il trasferimento dell uomo che con un telefonino ha girato quel filmato. Teme ripercussioni, è in sciopero della fame e ha scritto a Napolitano. Ma soprattutto hanno presentato una proposta di legge per istituire una commissione parlamentare d inchiesta sul sistema dei centri per migranti. L iniziativa lodevole e doverosa rischia però di arenarsi nei cassetti di Montecitorio. Perché a meno di un ravvedimento del Pd o di una ribellione di qualche grillino ai diktat razzisti del loro capo, i voti per approvarla non ci sono. Eppure anche il viceministro degli interni Filippo Bubbico (Pd) ha ammesso che la gestione dei centri non funziona: «Bisogna riflettere perché anche noi per l assegnazione degli appalti utilizziamo il metodo del massimo ribasso dei costi». Il governo, però, non può cavarsela derubricando tutto a un difetto di gestione. Come ha detto Boldrini, qui è in gioco l onore e la credibilità dello Stato. «Papa Francesco l ha definita una vergogna. Non ci stancheremo mai di dire che a livello delle istituzioni italiane non è stato fatto nulla per rendere quel centro un luogo umano», ha ribadito il presidente della Comunità di sant Egidio Marco Impagliazzo. «Quando si infilano da 700 a persone in una struttura da 250 posti cosa ci aspettiamo che succeda? - si chiede il sindaco Giusi Nicolini - Quando Letta è venuto a Lampedusa ho preteso che entrasse nel centro. Era necessario vedere quelle immagini per sapere quale è la situazione? Non possiamo più essere ipocriti». SPAGNA La protesta delle associazioni e della Ue contro la militarizzazione di Ceuta e Melilla Rajoy non cede: il muro di lame resta Tonino Cafeo MINEO (CT) D ue donne ferite e un ragazzo di nazionalità eritrea arrestato e condotto in carcere a Catania. È questo il primo bilancio della giornata di protesta e di scontri di ieri a Mineo, davanti al Cara. Dopo l assemblea che si è svolta davanti ai cancelli del centro di accoglienza mercoledì scorso, in occasione della giornata di azione globale per i diritti dei rifugiati, gli animi degli ospiti della megastruttura in provincia di Catania sono ancora sconvolti dalla tragica scomparsa di Mulue, il giovane eritreo in attesa del riconoscimento dello status di rifugiato politico dal mese di maggio di quest anno che si è suicidato sabato scorso. Le ultime notizie da Lampedusa, con le immagini drammatiche dei maltrattamenti all interno del centro di prima accoglienza, hanno fatto il resto, esasperando ulteriormente condizioni di vita già rese insostenibili dal limbo delle attese infinite dei pronunciamenti della commissione territoriale di Trapani e dalla precaria quotidianità del Cara. che arrivano ormai da più parti (da tutta l opposizione, ma anche dalla conferenza episcopale e dalla procura generale dello stato, che ha aperto un inchiesta) parlando di un «metodo passivo, non aggressivo ed efficace». Un efficacia nefasta che i migranti (si stima che vivano sui monti nei pressi di Ceuta e Melilla circa 1500 persone in attesa del «salto») avranno modo di sperimentare sulla loro pelle, con conseguenze che - come denunciano varie associazioni per i diritti umani potrebbero essere persino letali. Anche sulla possibile violazione delle norme Ue, rilevata dal commissario Malmström, il ministro spagnolo sembra tranquillo: «Non ci risulta che questa misura contravvenga alla legislazione comunitaria ha precisato. Anzi, a noi consta che le lame siano utilizzate anche a protezione di altre frontiere europee. Certo ha aggiunto -, se venisse dimostrato il contrario saremmo pronti a rivedere la nostra scelta». Difficile, in realtà, anche perché il ministro gode del pieno appoggio del presidente del governo Mariano Rajoy, che ha già sostenuto altre clamorose misure reazionarie come la negazione dell assistenza sanitaria agli irregolari, le limitazioni sull aborto e le restrizioni sul diritto di manifestazione. La strategia è chiara e ha come fine quello di rafforzare il legame con le correnti più conservatrici del partito e dell elettorato; ma comporta un rischio sinistro che Rajoy e il suo esecutivo sembrano tuttavia disposti ad assumersi: quello di attizzare le braci di una xenofobia che in Spagna non è ancora esplosa, ma che nella crisi e nell esasperante livello di disoccupazione trova un favorevole e virulento brodo di coltura. Le ripercussioni sociali di tale atteggiamento di sistematica stigmatizzazione dell immigrazione saranno l eredità più funesta e duratura che lascerà il Partido popular, fermo restando che, per il governo, non tutti gli immigrati sono uguali: chi viene in Spagna per comprare una casa di più di 500 mila trova ad attenderlo un permesso di soggiorno (norma approvata in questa legislatura); chi invece scappa dalla miseria, delle lame affilate su una rete di metallo alta sei metri. I richiedenti asilo protestano contro i tempi lunghi per la concessione dello status. Cariche sulla statale per Catania «Negli ultimi giorni la vita dentro il Cara è stata resa ancora più dura dal nuovo giro di vite sulle regole» racconta Giuliana Buzzone, cronista di Caltagirone che ha seguito passo passo la manifestazione. «Prima i richiedenti asilo potevano uscire dalla struttura per un massimo di tre giorni. Adesso invece la loro libera uscita è si quotidiana, ma limitata all orario 8-20». «Fra le oltre quattromila persone obbligate a risiedere nella struttura ci sono persone che attendono per mesi una risposta dalla commissione territoriale insieme a chi ha già avuto il diniego». Un limbo che alimenta disperazione e condizioni di sopravvivenza al limite della legalità. «Nessuno - né la commissione né i legali - comunica a queste persone quanto tempo dovranno attendere e neanche le motivazioni dell eventuale rifiuto di concedere la protezione umanitaria». Fanno notare i militanti antirazzisti. Così, alle prime luci dell alba di ieri erano le sei circaall interno del centro si è formato un corteo spontaneo con circa mille, mille e cinquecento richiedenti asilo di tutte le nazionalità che vi sono ospitate. «Sono stati formati tre blocchi» racconta ancora Giuliana, «lungo la statale 417 Catania Gela. Il primo all altezza del distributore di benzina, il secondo presso il bivio per Mineo, il terzo a un chilometro circa dal Cara, in direzione del capoluogo». I profughi, «non più di un centinaio» hanno eretto piccole barricate con pietre e copertoni esponendo cartelli con le principali richieste emerse dalle assemblee di questi giorni. «Tempi certi per le pratiche», «Vogliamo i documenti». Tutto si è svolto in tranquillità. Diversamente è invece andata sulla provinciale per Palagonia. La maggior parte dei richiedenti asilo, fra loro anche donne e bambini, si è diretta in corteo verso la cittadina dopo aver tentato di raggiungere Catania, che dista però circa 35 chilometri dalla zona. E qui che a un certo punto sono partiti i lanci di lacrimogeni e le cariche della polizia che hanno lasciato a terra le due donne. I militanti della Rete antirazzista catanese si stanno adoperando per garantire l assistenza legale all arrestato e richiederne la scrcerazione. Del giovane non sono state rese note le generalità. Mentre scrivendo è in corso un incontro al comune di Palagonia la cui amministrazione si farà portavoce presso il governo nazionale delle rivendicazioni dei richiedenti asilo.

6 pagina 6 il manifesto VENERDÌ 20 DICEMBRE 2013 EUROPA UE Parigi vorrebbe finanziamenti per gli interventi in Africa, freddi i partner Difesa, la Francia chiede soldi Il segretario generale Nato Rasmussen invitato d onore al consiglio europeo Anna Maria Merlo S egno dei tempi, per la prima volta all apertura di un Consiglio europeo è invitato il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen. Era dal 2008 che i 28 non discutevano di difesa. Lo hanno fatto ieri pomeriggio, su iniziativa della Francia, che dopo l intervento in Mali è ora impegnata in una nuova iniziativa militare in Centrafrica. L operazione Serval in Mali e Sagaris in Centrafrica costano care (e per di più il caccia Rafale non si vende: dopo anni di trattative, il Brasile ha scelto il Gripen, il caccia low cost della svedese Saab). Parigi vorrebbe la creazione di un «fondo permanente» della Ue per finanziare le operazioni militari esterne, in nome del fatto che la Francia con i suoi interventi «difende» i partner dalla minaccia alla sicurezza europea. Ma, a parte qualche appoggio logistico (Belgio, Germania), la Francia si scontra con un netto rifiuto britannico, che non vuole saperne di politica di sicurezza e di difesa comuni (malgrado gli impegni che Tony Blair aveva preso a Saint Malo anni fa), con le reticenze dei nordici e con l indifferenza dei nuovi membri dell est. La Ue, comunque, sottolinea di aver versato 50 milioni di euro per la Misca (la missione africana in Centrafrica), oltre a 39 milioni di aiuti umanitari (18,5 milioni sono stati approvati lunedì scorso, alla riunione dei ministri degli esteri Ue). Bruxelles insiste soprattutto sul rafforzamento delle capacità dell industria della difesa in Europa, proponendo una convergenza degli standard di costruzione degli armamenti, con l obiettivo di ridurre attraverso il coordinamento la sovracapacità di produzione che colpisce questo settore. Al massimo, i 28 sono d accordo su una migliore articolazione degli sforzi nella difesa, senza uscire dalle istanze esistenti. Oggi, molti paesi producono armamenti incompatibili gli uni con gli altri, che rispondono a standard differenti. Il risultato è un industria militare europea che si indebolisce da sola, per mancanza di strategia comune (per esempio, la Ue produce 12 tipi diversi di fregate). Per il momento non esiste un mercato interno Ue degli armamenti, ogni stato è di fatto protezionista, la Francia e la Gran Bretagna sono i mercati più chiusi, mentre alcuni paesi preferiscono comprare armi made in Usa. La Francia insiste per attivare l articolo 49 dei Trattati, mai utilizzato finora, che permette agli stati membri di finanziare operazioni realizzate da gruppi di stati. Ma né Serval né Sangaris rientrano in questo quadro, anche perché secondo Bruxelles la Francia non ha chiesto niente a nessuno prima di intervenire e i Trattati prevedono una decisione all unanimità del Consiglio. Sulla carta esiste una forza europea di reazione rapida, i battle groups (oggi diretta dalla Gran Bretagna), che però non è mai stata utilizzata e non lo sarà neppure per venire in aiuto a Serval o Sangaris. Parigi ha chiesto ieri che entro marzo venga definita una road map sul ricorso all articolo 49. In mancanza della partecipazione dei partner alle operazioni militari, la Francia avrebbe voluto che le spese per la difesa, considerate per «difendere» la Ue, potessero venire dedotte dal calcolo dei deficit. Qui arriva il nein tedesco, che teme che si aprano voragini, con ogni stato che chiede esenzioni, perché no sulle spese sociali, per la scuola, per il rinnovamento energetico o per il controllo delle frontiere esterne ecc. A cena i 28 hanno affrontato temi economici. In particolare, la delicata questione, propugnata dalla Germania, dei «contratti» che gli stati devono firmare, impegnandosi nelle «riforme» (cioè nel rigore) in cambio di aiuti. I paesi del sud sperano che il nuovo governo tedesco sia più aperto, per evitare l effetto recessivo delle riforme di austerità. Ma su questo fronte non ci saranno risultati concreti, almeno fino a dopo le elezioni europee. Sul tavolo del Consiglio c è anche il dramma delle migrazioni, acuito dalle immagini delle umiliazioni a cui sono sottoposti gli immigrati a Lampedusa. L Italia è sul banco degli accusati, anche se tutti hanno cattiva coscienza: in realtà, l obiettivo di alcuni stati, Gran Bretagna e Francia in testa, è di evitare che Romania e Bulgaria entrino nello spazio Schengen a gennaio. UNIONE BANCARIA Con un fondo unico per gli istituti in fallimento, ma non prima del 2026 L accordo è «storico», ma i tempi sono lunghi G li ottimisti sostengono che se l accordo sull Unione bancaria sottoposto al Consiglio europeo dopo il compromesso raggiunto nella notte tra mercoledì e giovedì dai ministri delle finanze dei 28 paesi della Ue, fosse stato in vigore nel 2008, praticamente il 99% delle crisi bancarie che hanno scosso la zona euro - e si sono poi ripercosse nell economia reale - sarebbero state risolte senza far ricorso al denaro pubblico, cioè alle tasche dei contribuenti. I pessimisti hanno invece dei dubbi sui tempi lunghi previsti dal compromesso sull Unione bancaria, che non sarà operativa prima del 2026, mentre le banche, chiamate a costituire un fondo di risoluzione (una specie di assicurazione) che a regime non supererà comunque i 60 miliardi di euro (per salvare SOLDATI DELL EUROCORPS DAVANTI AL PARLAMENTO EUROPEO DI STRASBURGO /REUTERS le banche spagnole Madrid ha preso in prestito 40 miliardi), già cominciano a frenare sull entità della loro partecipazione (e chiedono che venga finanziata attraverso una tassa, cioè dai contribuenti). Il ministro del Tesoro italiano, Fabrizio Saccomanni, come i suoi colleghi delle finanze, ha definito «storico» l accordo. Di «storico» c è in effetti il fatto che si tratta di un salto federale importante, perché all orizzonte di una decina di anni, progressivamente, la risoluzione delle crisi bancarie future verrà tolta dalla sfera degli stati, per passare all Unione. L accordo spezza il legame velenoso tra crisi bancarie e debito pubblico. Ma la strada sarà lunga: i tedeschi chiedono un nuovo trattato, che sarà intergovernativo, di modo che i fondi comuni non saranno gestiti da un istituzione comunitaria (la Commissione ne rivendicava la gestione), ma prima di una «mutualizzazione» (relativa, viste le somme relativamente basse) a ogni stato incomberà il dovere di far fronte alle crisi delle proprie banche. La gerarchia di chi sarà chiamato a pagare in caso di crisi, per evitare un fallimento ordinato di una banca è la seguente: gli azionisti della banca, chi ha sottoscritto delle obbligazioni, i correntisti (c è una garanzia fino a 100mila euro, però non scritta nero su bianco), il fondo di risoluzione (in un primo tempo diviso in compartimenti nazionali, in seguito mutualizzato) e, infine, se il buco è troppo grosso, di nuovo i contribuenti. Il Mes (Meccanismo europeo di stabilità) sarà anch esso chiamato in causa nel periodo di transizione, anche se i tedeschi IL COMPROMESSO Troppo poco, troppo tardi, nella confusione DALLA PRIMA Vincenzo Comito Non possiamo così, sulla conclusione delle trattative, che ribadire nella sostanza quello che scrivevamo qualche giorno fa su questo giornale, riferendo in più qualcuna delle novità principali, a nostro parere di non grande rilievo, sulle quali ci si è accordati nelle ultime ore. Nella sostanza l accordo mette a punto la seconda tappa di un processo che dovrebbe portare al varo dell unione bancaria europea; le tre parti principali della costruzione sarebbero il controllo a livello comunitario delle banche, direttamente da parte della Bce, provvedimento già malamente varato, un meccanismo di risoluzione delle crisi, appena approvato, infine un sistema di garanzia comunitaria dei depositi dei clienti, di cui ancora non si parla. A ognuna di queste tappe i buoni propositi di molti paesi si sono sempre infranti di fronte all ostilità tedesca verso qualsiasi forma di mutualizzazione dei rischi e degli impegni e nella difesa a oltranza dei propri interessi di bottega. In queste ore si menano alte grida di gioia mal riposta perché la Germania ha fatto qualche concessione soltanto marginale rispetto a questo principio. Dunque, a regime, cioè tra dieci anni, più i due necessari per varare il sistema (perché così tardivamente?), si sarà progressivamente costituito un fondo salva-banche unico, alimentato da prelievi sullo stesso sistema finanziario; tale fondo dovrebbe intervenire in caso di crisi di qualche istituto, per contribuire a risolvere la situazione senza che le difficoltà di qualche banca mettano a rischio le casse pubbliche dei vari paesi o altri hanno imposto che gli stati si portino garanti di questi eventuali prestiti. Le principali banche (130 grandi più 200 di media dimensione) sono messe sotto la supervisione della Bce, che rafforza così la sua posizione, controllando istituti che rappresentano all incirca l 85% degli attivi bancari. L Unione bancaria dovrebbe riportare un po di fiducia nel settore, dove nessuno si fida più di nessuno. La speranza è che l abbozzo di Unione bancaria mandi un segnale positivo per far diminuire la frammentazione del settore bancario della zona euro, dove i tassi di interesse restano divergenti tra paese e paese (lo spread). Si spera, inoltre, di attenuare le differenze sul livello dei crediti concessi, limando un po la stretta che colpisce il sud della zona euro. a. m. m. istituti. Il fondo, che all inizio sarà formato da sottofondi nazionali, che poi confluiranno progressivamente in quello comune, alla fine del periodo indicato, cioè tra dodici anni, raggiungerà l ammontare di 55 miliardi di euro. Oltre però al fatto che siamo di fronte a una messa a regime tardiva, il fondo appare larghissimamente insufficiente rispetto alle necessità portate da qualche crisi importante. Abbiamo ricordato qualche giorno fa che, secondo Wolfang Munchau, sempre del Financial Times, le necessità di capitalizzazione delle banche europee ammonterebbero oggi a una cifra oscillante tra 1,0 e 2,6 trilioni di euro. In ogni caso, per far fronte alle difficoltà che si dovessero presentare prima della messa a regime di tale fondo, in questi giorni ci si è messi d accordo su di un meccanismo, piuttosto contorto e complicato, come succede spesso in questi casi; noi italiani siamo, come si sa, bravissimi a trovare delle vie d uscita labirintiche, che fanno finta miracolosamente di accontentare tutti. In questo caso si sente in effetti, nella stesura dell accordo, la mano di qualche nostro connazionale. Dunque, nel caso che una banca vada in crisi, prima di tutto si assalteranno, giustamente, i capitali forniti dagli azionisti, successivamente, meno bene, quelli degli obbligazionisti e dei depositanti oltre i centomila euro, impiegando nel processo una qualche formula esoterica; in caso di ulteriori necessità, il principio di fondo è quello che a pagare devono essere le banche, ma, in caso di esigenze impellenti, si è stabilito che intervengano con dei prestiti gli stati e, in qualche modo, anche altri paesi, nonché il vecchio fondo salva-stati, che giace da tempo sepolto da qualche parte perché, come al solito, la Germania non vuole. Ma queste risorse dovranno poi essere restituite. Si tratta, in ogni caso, di un meccanismo complesso che toccherà diversi organismi, che richiederà quindi una buona volontà e una grande abilità tecnica e politica per farlo funzionare. Comunque, la minaccia di attingere ai soldi versati dagli obbligazionisti e dai depositanti sarà probabilmente sufficiente a impedire che nei prossimi anni le banche del Sud Europa riescano a far affluire nelle loro casse del denaro, se non pagandolo moltissimo. Un altro pezzo della costruzione riguarda il meccanismo di decisione in merito alla dichiarazione di fallimento di una banca. Dunque, una volta che la Bce avrà accertato che un istituto è in gravi difficoltà, sarà un organismo formato dai rappresentanti finanziari dei vari paesi che si occuperà di constatare la malattia e che deciderà come guarire il malato. In ogni caso il tutto prenderà il via soltanto a partire dal Alla fine, comunque, gli obiettivi di fondo per cui era stata concepita l unione bancaria restano sostanzialmente lontani. GERMANIA Aumentano i poveri, cresce il divario tra regioni. L ex Ddr la più svantaggiata La locomotiva a due velocità Jacopo Rosatelli «B isogna fare come in Germania». Lo ripetono tutti i fautori delle cosiddette «riforme strutturali», ignorando le voci di quanti (economisti critici, sindacati e sinistre di alternativa) provano a mettere in discussione il dogma dell infallibilità teutonica. Se è vero che l economia della Repubblica federale gira molto di più di quella di tanti altri paesi, è altrettanto certo che non è tutto oro quel che luccica. Se n è avuta un ulteriore conferma ieri: una delle principali organizzazioni tedesche del «privato sociale», il Paritätischer Gesamtverband, ha presentato il suo annuale «Rapporto sulla povertà», da cui si ricava un immagine della «locomotiva d Europa» tutt altro che esemplare. I numeri, infatti, dicono che il disagio sociale continua ad aumentare anche da quelle parti. Nella ricca Germania contemporanea esiste un 15,2% della popolazione che si trova in condizioni di povertà. È una cifra - record negli ultimi 10 anni - che comprende tutte le persone che, vivendo da sole, guadagnano meno di 869 euro al mese, o le famiglie di quattro componenti (con due bambini sotto i 14 anni) che dispongono di meno di euro mensili. A crescere è anche il divario tra le regioni. Mentre nei Länder meridionali tradizionalmente più benestanti, e cioè la Baviera e il Baden-Württemberg, la quota di poveri è in lieve diminuzione (si attesta all 11%), piove sul bagnato nelle zone più svantaggiate, che corrispondono - con l eccezione della città-land di Brema, prima nella triste classifica dell indigenza - alla Germania orientale. L ex Repubblica democratica tedesca (Ddr), nonostante gli innegabili progressi dalla riunificazione, resta un area di malessere: si annoverano oltre il 20% di poveri in Meclemburgo (regione d origine della cancelliera Angela Merkel), a Berlino e nella Sassonia-Anhalt (il Land di Magdeburgo). Si tratta di territori dove - non a caso - l estrema destra raccoglie il massimo dei suoi consensi: la Npd (su cui da un paio di settimane pende una richiesta di messa fuorilegge) alle ultime regionali ha ottenuto il 6% in Meclemburgo e il 4,6% in Sassonia-Anhalt, e nei quartieri economicamente depressi di Berlino est, come Lichtenberg e Marzahn, supera il 5% insieme alla lista xenofoba Pro Deutschland. Un arcipelago, quello neonazista, che resta minaccioso, come dimostrato dalle numerose manifestazioni anti-immigrati organizzate durante la campagna elettorale degli scorsi mesi di agosto e settembre. L organizzazione che ieri ha presentato il rapporto chiede al governo di sostenere i comuni delle aree più disagiate e di investire in un pacchetto di misure per combattere la povertà: impegni che, sulla carta, figurano nel programma del neonato esecutivo di grosse Koalition fra democristiani (Cdu-Csu) e socialdemocratici (Spd). Dove manca, però, quella tassa patrimoniale che sarebbe servita proprio a reperire risorse utili a tali scopi. Un imposta che la Spd aveva promesso, come sottolinea in ogni occasione utile la Linke. La principale forza di opposizione - in un parlamento dominato per tre quarti dalla maggioranza di governo - ha voluto ricordare che proprio ieri cadeva una ricorrenza non felice: il decennale dell approvazione delle «riforme» conosciute come Hartz IV. Volute dal governo di Gerhard Schrö -der (una coalizione Spd-Verdi), ma sostenute anche dal centrodestra, quelle misure ridussero le prestazioni dello stato sociale tedesco nei confronti dei disoccupati, al fine di «modernizzare il mercato del lavoro». Per la Linke non hanno rappresentato altro che «decretare la povertà per legge».

7 VENERDÌ 20 DICEMBRE 2013 il manifesto pagina 7 DIRITTI Obama sfida la legge russa che discrimina gli omosessuali, facendo rappresentare gli Usa alle Olimpiadi invernali da due icone del mondo lesbico americano. Lo sport da terreno di diplomazia, diventa così il teatro del confronto tra le due potenze VLADIMIR PUTIN RUSSIA La difesa delle basi «morali tradizionali» Putin contro gli «pseudo valori dell Occidente» Nicola Sellitti A ffronto politico-mediatico: due star gay dello sport statunitense vengono chiamati a rappresentre la delegazione olimpica per i Giochi invernali di Sochi, al via il 7 febbraio prossimo, in risposta alla legge anti propaganda omosessuale varata dalla Duma. Con Putin che risponde: niente interferenze a casa mia. Una tempesta da Guerra Fredda, a 50 giorni dalle Olimpiadi russe. Stavolta lo sport ha fallito. Niente strumento di tregua tra Paesi come il ping pong che avvicinava Repubblica Popolare Cinese e Stati Uniti agli inizi degli anni 70 ma propellente di un conflitto maturato negli ultimi mesi. All inaugurazione dei Giochi sul Mar Nero, il 7 febbraio 2014, Obama non ci sarà. Neppure la first lady Michelle. E nessuno dell amministrazione statunitense. Lo stesso avevano deciso il presidente francese Francois Hollande, il tedesco Joachim Gauck, la commissaria europea Viviane Reding, con Parigi e Berlino che tengono Mosca sotto il radar per le violazioni dei diritti umani. Ma la decisione americana ha un altro peso. I nomi selezionati per la missione russa hanno un peso. Billie Jean King, mito del tennis femminile (12 successi nei tornei del Grand Slam) è un icona del movimento omosessuale statunitense. E stata la prima atleta a dichiararsi apertamente gay 32 anni fa, in seguito a una disputa legale con la sua ex partner, Marylin Barnett. Per la tutela dei suoi diritti civili, per vivere liberamente la sua sessualità, ha rischiato anche la bancarotta finanziaria. In pochi mesi, ha visto sparire gli sponsor che aveva, da milioni di dollari. Chiuse per lei le porte dello sport business, la campionessa scendeva in campo per pagarsi le spese legali. E per la chiusura dei Giochi invernali Obama ha messo l asso sull olimpionica di hockey su ghiaccio Caitlin Cahow: anche lei lesbica. Il suo coming out risale a tre anni fa. Dall ex avvocato di Chicago, è arrivata così un istantanea a uso e consumo del mondo: la sfida aperta a Vladimir Putin, al ruolo internazionale della Russia, che discrimina gli omosessuali. Russia che si scaglia contro gli pseudo valori occidentali per bocca dello stesso Presidente : la replica non vale mai l originale e Vladimir Putin pare aver accusato il doppio colpo di Oba- LA CAMPIONESSA DI TENNIS BILLIE JEAN KING, IN BASSO CAITLIN CAHOW, DELLA NAZIONALE FEMMINILE DI HOCKEY SU GHIACCIO OLIMPIADI E DIRITTI Billie Jean King e Caitlin Cahow rappresenteranno l America a Sochi Sport e gay, il nuovo fronte dello scontro ma. Putin è sotto il radar anche per le condizioni disumane che avrebbe imposto ai lavoratori immigrati reclutati in massa per la costruzione degli impianti sportivi. Mentre continuano a infuriare dure critiche da Ong, da attivisti dei diritti umani. Una pessima pubblicità per l evento sportivo, assieme ai Mondiali di calcio 2018, voluto fortemente dal Presidente russo, la cartina di tornasole del suo immenso potere, con fiumi di rubli, denaro rastrellato tra pubblico e privati, che hanno rivoltato come un calzino la località sul Mar Nero. Impianti nuovi di zecca, tonnellate di neve artificiale, anche una pista da Formula Uno sarà battezzata dal Circus nel a poca distanza dal Villaggio olimpico. La provocazione di Obama, un segnale cristallino: l America non porge l altra guancia alla Russia che prova continuamente a testare la sua capacità d influenza sul piano internazionale. Scudo, atomica, questioni commerciali, ospitalità offerta a Edward Snowden, il mancato incontro tra i due leader al G20 estivo di San Pietroburgo, il braccio di ferro sulla questione siriana che ha visto prevalere Putin, in convergenza con la posizione della Santa Sede. E una sfida aperta al Cremlino sul terreno dei diritti dei gay. Anche nel corso dell ultimo G20, Obama aveva avuto un incontro con i rappresentanti delle comunità lgtb russe. Non c era all orizzonte alcun boicottaggio americano a Sochi, ma Obama rafforzava la posizione anti russa sulla normativa anti gay nel talk alla Nbc Jay Leno Show. Concetti ribaditi anche durante la commemorazione di Nelson Mandela: «le persone nel mondo sono ancora perseguitate a causa delle idee politiche, della religione, del colore della pelle e di chi amano». E la scelta de capo della Casa Bianca di inserire nella delegazione Billie Jean King riflette il successo della campagna lanciata dalle associazioni lgbt per ottenere che nella delegazione fossero incluse persone omosessuali. Con ritorno assicurato anche nei consensi in patria: le scelte sono state definite «un colpo di genio» dall editorialista sportiva di Usa Today, Christine Brennan, mentre Human Rights First, ong in prima linea nella difesa delle libertà fondamentali, scriveva di «un messaggio positivo di tolleranza e rispetto alla comunità lgbt in Russia, e anche alle autorità russe». L o scorso agosto, il giorno prima del via ai Mondiali di atletica a Mosca, Obama si piazzava al centro della scacchiera: «senza gay, la Russia è più debole», aveva ironizzato. Nessuna tolleranza per Paesi che provavano a intimidire o danneggiare omosessuali, lesbiche, transgender. La miccia era accesa già da un po. Con i precedenti tra Usa e Russia che pesano: le Olimpiadi di Mosca 1980 disertate dagli americani, ricevuta di ritorno sovietica ai Giochi di Los Angeles, quattro anni dopo. Prima di Obama, alcuni atleti si erano espressi contro la legge contraria alla «propaganda omosessuale» voluta a giugno dal Parlamento russo con il benestare di Putin. Anche russi. Ai Mondiali moscoviti faceva il giro del mondo il bacio sulle labbra con cui Tatiana Firova e Kseniya Ryzhova festeggiavano il successo nella 4x400 metri. La prima sfida plateale a Putin. E pure alla connazionale Irina Isinbayeva, monumento mondiale del salto in lungo, che aveva difeso - per poi smentire - la normativa anti gay. Nel silenzio assoluto dei media russi. Con il bacio sulle labbra, anche tra uomini, che rientra tra le consuetudini nazionali. Come quello alla sovietica scambiato 34 anni fa tra Leonid Breznev, leader del Pcus e il segretario socialista dell ex Ddr, Erich Honecker. Ma mai era accaduto sul podio di una gara sportiva. Dopo i Mondiali e il G20 di San Pietroburgo del mancato faccia a faccia tra Putin e Obama, che incontrava le comunità lgtb russe, il campione olimpico statunitense di sci alpino, Bode Miller gettava benzina sul fuoco: «è una vergogna, penso sia assolutamente imbarazzante il fatto che ci sono Paesi e persone intolleranti. Ma non è la prima volta, abbiamo già avuto a che fare con le questioni dei diritti umani». Un messaggio che flirtava con il divieto imposto dalla Carta Matteo Tacconi D ifendere i valori morali tradizionali e proteggersi dal comportamento «abbastanza aggressivo di certi gruppi sociali» che vogliono imporre sugli altri, che siano persone o che siano stati, i loro «pseudo-valori occidentali». Le parole sono di Vladimir Putin e non è difficile intuire il tema in oggetto. A tenere banco, ancora una volta, è la questione delle minoranze sessuali, sempre più terreno di scontro tra Usa e Russia, in vista dei giochi olimpici invernali che il 7 febbraio si apriranno a Sochi. Le frasi di Putin, pronunciate ieri nel corso della conferenza stampa di fine anno, tanto lunga (4 ore) quanto affollata (più di mille i giornalisti accreditati), sono la risposta alla mossa di Obama, che l altro giorno ha deciso di farsi rappresentare alla cerimonia inaugurale di Reazioni/ GLI ATLETI DENUNCIANO L INTOLLERANZA Baci, unghie colorate, proclami: gli sportivi sfidano i pregiudizi olimpica di fare dichiarazioni politiche ai Giochi. «Politica e sport si sono intrecciati per secoli - ha aggiunto Miller - fingere che sia diverso non ha senso, né lo avrebbe chiedere che gli atleti si mettano la museruola. Penso che chiedere a un atleta di andare da qualche parte e di gareggiare e poi di essere il rappresentante di una filosofia del tutto diversa dalla propria e di non poter esprimere un'opinione sia piuttosto ipocrita e ingiusto». Una posizione sostenuta dal Comitato olimpico statunitense (in precedenza si era espresso contro la legge quello australiano) che pure smentiva ogni forma di boicottaggio olimpico. E nessuna disdetta al viaggio a Sochi veniva anche dalle istituzioni sportive italiane. Anche se non mancavano posizioni più dure: «Penso che dovremmo prendere a calci il loro sedere, in risposta» commentava il bobbista statunitense Steven Holcomb, oro nel quattro uomini a Vancouver 2010, aggiungendo che il no ai Giochi da parte degli Usa sarebbe servito solo agli interessi della Russia, con più medaglie olimpiche a disposizione. Tra gli atleti contro la legge anti gay, la statunitense Nick Symmonds che prometteva di dedicare ad amici omosessuali e lesbiche l eventuale medaglia olimpica, o la saltatrice in alto Emma Green che gareggiava con le unghie dipinte dai colori dell arcobaleno. Elana Meyers, bronzo nel bob a Vancouver 2010, si preoccupava soprattutto per il potenziale pericolo per gli atleti statunitensi in gara in Russia, sottolineando la necessità di garantire i diritti della comunità lgbt statunitense. Infine, il britannico Lee Pearson, dieci medaglie d oro nel dressage alle Paralimpiadi, qualche settimana fa spiegava di volersi recare a Sochi per parlare pubblicamente contro la legge anti omosessuali. (n.s) Sochi da Billie Jean King, ex tennista dal talento strepitoso, tra le prime sportive a dichiarare apertamente i suoi orientamenti sessuali. Nella delegazione americana, che non registrerà la presenza di membri dell esecutivo e che verrà guidata da Janet Napolitano, ex consigliere nazionale per la sicurezza, oggi a capo dell università della California, ci sarà un altra atleta esponente del movimento lgbt: Caitlin Cahow, giocatrice della nazionale Usa di hockey su ghiaccio. Tutto il rumore intorno alla faccenda dei diritti gay è frutto della legge firmata lo scorso giugno da Putin riguardo la «propaganda delle relazioni sessuali non tradizionali ai minori». Questa la definizione e contemporaneamente la ratio della misura, secondo il capo di stato russo. Il provvedimento è stato bollato come omofobo dagli attivisti russi e dall occidente, con Washington in prima linea. La tesi è che questa legge blindi la discriminazione del movimento lgbt e offra ai movimenti anti-gay russi, spesso inclini alla violenza, un autorizzazione alla persecuzione. L evento olimpico, con la risonanza mediatica che avrà, è la pedana dove americani e russi combattono questa lotta. Da una parte Obama, con la sua attenzione puntigliosa alle minoranze. Dall altra Putin, con la sua idea di società fondata sull idea classica di famiglia. L approccio putiniano non stupisce. La Russia odierna è un surrogato di conservatorismo, politico e culturale, imperniato sulla riscoperta dei valori religiosi ortodossi, sul culto della grandezza della patria e sulla dottrina della «democrazia sovrana», ossia la non permeabilità ai paradigmi liberali occidentali. L enfasi riposta sulla famiglia tradizionale rientra in questo schema. Poi, certo, il modo in cui quest ultima viene esibita non è certo raffinato. Spesso scade in un fastidioso machismo. Prendi Dmitry Kiselev, giornalista da poco nominato alla guida di Rossiya Segodnya, la nuova testata pubblica che assorbirà la storica agenzia di stampa Ria Novosti, chiusa nei giorni scorsi da Putin in quanto così si è mormorato non allineata. Qualche tempo fa era arrivato a dire che agli omosessuali andrebbe impedito di donare sperma e sangue, aggiungendo che in caso di incidente automobilistico i loro cuori andrebbero bruciati. Putin ricorre a un lessico meno brutale, ma tutt altro che criptico. «Molti paesi stanno cambiando i codici morali e cancellando le tradizioni. Si sta affermando l obbligo di riconoscere l equivalenza tra bene e male, a prescindere da quanto essa possa essere bizzarra», ha dichiarato l uomo forte di Mosca una settimana fa, nel consueto discorso di fine anno in parlamento. Anche in questo caso era chiaro che alludesse al tema delle minoranze sessuali. Quanto al discorso più recente, quello di ieri, è emersa una possibile, eclatante novità: la grazia a Mikhail Khodorkovsky, l ex oligarca in carcere dal L uomo più inviso al Cremlino. Avrebbe inviato una lettera, invocando il gesto di clemenza e legandolo alla necessità di assistere la madre malata. Sulla base di queste circostanze la grazia può essere presa in considerazione, ha riferito Putin.

8 pagina 8 il manifesto VENERDÌ 20 DICEMBRE 2013 INTERNAZIONALE SUD SUDAN, PROFUGHI VERSO IL CAMPO DI BOR /FOTO REUTERS SUD SUDAN Assaltato compound dell Onu «Attacchi su base etnica», rischio guerra civile DATAGATE Un team di esperti chiede di limitare i poteri di controllo dei dati dell Agenzia di sicurezza 46 raccomandazioni per Obama Simone Pieranni Q uarantasei raccomandazioni, all'interno di un documento di trecento pagine, sono state consegnate ad Obama al fine di riformare in modo storico la National Security Agency e più in generale le attività di raccolta dei «big data» da parte della sicurezza americana. Obama ha preso con sé il report elaborato da esperti del settore e lo studierà alle Hawaii dove si Già bocciata la proposta di guida civile dell agenzia. Il presidente dovrà autorizzare l Nsa allo spionaggio dei paesi alleati recherà per Natale. A fine gennaio sono previste le prime decisioni al riguardo, anche se la raccomandazione più rilevante, quella di togliere dalle grinfie dei militari tutto il lavoro di intelligence, per affidarlo ad un capo che sia un «civile», pare sia già stata rigettata dal Presidente. Il report era stato commissionato da Obama lo scorso agosto, a seguito delle rivelazioni di Edward Snowden, l ex agente Cia, attualmente ospitato dalla Russia. «Le nazioni libere devono proteggere se stesse e le nazioni che proteggono se stesse devono restare libere», specifica il rapporto. Il team che ha redatto il documento e i consigli al Presidente è di prim ordine per quanto riguarda la gestione della privacy e tutto quanto attiene all'intelligence e ai diritti costituzionali americani. Tra i membri c erano infatti Richard A. Clarke, esperto di tutto quanto è dati e rete, nonché ed ex capo della sicurezza nazionale durante la presidenza di Clinton e di George W. Bush, Michael J. Morell, ex vice direttore della Cia, Cass Sunstein, professore di Harvard a capo del dipartimento di Information and Regulatory Affairs della Casa Bianca con Obama, Peter Swire, specialista sulle leggi in materia di privacy al Georgia Institute of Technology e Geoffrey R. Stone, esperto di diritto costituzionale alla Chicago Law School. Alcune delle raccomandazioni secondo quanto affermato dagli esperti sarebbero «destinate a fornire maggiori rassicurazioni pubbliche sulla tutela della privacy piuttosto che portare ad uno smantellamento dei poteri di sorveglianza della Nsa». Secondo gli osservatori, se anche solo una parte delle «raccomandazioni» dovesse essere accettata, si tratterebbe della riforma più importante nella storia dell'agenzia nazionale di sicurezza, perché verrebbero posti dei limiti ben precisi, non solo all attività di controllo, ma anche alle possibilità di azione della Nsa. Si tratta, in parole povere, di porre delle limitazioni al potere di chi gestisce l'incredibile mole di dati che fino ad oggi è stata raccolta, ponendo nuove basi per futuri immagazzinamenti di materiale relativo a persone. Nel report è scritto che «sono state individuate una serie di riforme che sono progettate per salvaguardare la privacy e la dignità dei cittadini americani e quella che appare la raccomandazione più importante, prevede la necessità che a gestire i dati telefonici degli americani continuino ad essere le compagnie telefoniche o un ente terzo, e che solo a seguito dell autorizzazione di un tribunale, possano essere prese in gestione della Nsa per le proprie attività di data mining. Viene inoltre richiesto di depotenziare lo strumento principale della Nsa per raccogliere i propri dati, ovvero disinnescare la possibilità di creare delle back door, quei pertugi all'interno dei quali infilarsi per carpire dati, all'interno dei sistemi di sicurezza delle compagnie che ne gestiscono in grandi quantità. Un capitolo a parte è dedicato alla gestione delle informazioni sui leader e sui paesi stranieri. Il report raccomanda «limiti formali», specificando nuove procedure dovrebbero applicarsi ai «popoli con cui condividiamo valori e interessi fondamentali», tra i quali l approvazione del Presidente in persona e del Congresso. Michele Giorgio GERUSALEMME L espansione delle colonie ebraiche nella Cisgiordania occupata non si fermerà, assicura il premier israeliano Netanyahu, nonostante le critiche degli Stati Uniti e gli ammonimenti dell Unione europea. «Non ci fermeremo un attimo per costruire il nostro paese per rafforzarci e sviluppare... gli insediamenti», ha ribadito il primo ministro confermando che il suo governo e la destra continuano a considerare i territori occupati palestinesi parte di Israele. Parole pronunciate nelle stesse ore in cui il capo dei negoziatori palestinesi affermava la volontà dell Autorità Nazionale (Anp) di continuare i negoziati anche dopo aprile - termine dei nove mesi fissati per la conclusione delle trattative dal segretario di stato Usa John Kerry - a patto che le parti concludano una schema d accordo complessivo su tutti i temi principali del negoziato. Un accordo di massima è possibile, ha spiegato Erekat, ma potrà concretizzarsi solo se Israele deciderà «di preferire la pace alla costruzione nelle colonie». Netanyahu ha già fatto sapere cosa preferisce. Non cessa l espansione degli ANTI-SPIONAGGIO L Onu approva la risoluzione di Germania e Brasile L Assemblea generale dell Onu ha approvato la risoluzione Merkel-Rousseff per mettere fine agli eccessi della sorveglianza digitale emersi con lo scandalo Datagate. La risoluzione, proposta alle Nazioni Unite in tandem da Germania e Brasile, approvata per consenso dai rappresentanti dei 193 paesi dell organizzazione dopo aver già ottenuto il via libera dalla terza Commissione (quella che si occupa di diritti umani), è stata però ammorbidita rispetto al testo iniziale per ottenere l ok di Stati uniti e Gran Bretagna. Si tratta di un appello a tutela della privacy contro lo spionaggio digitale di massa da parte dei servizi segreti mondiali in paesi esteri e contro la raccolta a strascico di dati personali di cittadini e leader politici, senza mai fare riferimento specifico al «grande orecchio» americano. Non ha valore vincolante ma esprime una «moral suasion» molto forte per i governi mondiali. Un passaggio del documento ribadisce che «gli stessi diritti che valgono offline devono essere garantiti anche in Rete», sottolineando il rischio per i diritti fondamentali dell'uomo, in particolare quello alla privacy, derivanti dall abuso di controllo digitale. insediamenti colonici e continuano i raid militari all interno di campi profughi e centri abitati palestinesi. Quella di mercoledì è stata una notte di incursioni israeliane nelle aree A della Cisgiordania che pure, secondo gli accordi di Oslo, sono sotto il pieno controllo dell Anp. Nel raid compiuto nel campo profughi di Jenin - allo scopo, ha detto un portavoce militare israeliano, di arrestare un presunto capo di Hamas - è stato ucciso Nafea Saadi, 23 anni, che con altri giovani era sceso in strada a protestare contro l incursione. Almeno altri otto palestinesi sono stati feriti, alcuni dei quali in modo grave. Poco dopo un altro palestinese, Samir Yasin, 28 anni, agente delle forze di sicurezza dell Anp, è caduto in un agguato di una unità speciale israeliana a Qalqilya. La popolazione, come a Jenin, subito dopo si è riversata in strada per protestare lanciando pietre e bottiglie incendiarie. Per il portavoce militare Yasin era armato ed era ricercato per aver sparato contro obiettivi israeliani. Nel 2013 Israele ha intensificato i raid nei centri abitati della Cisgiordania uccidendo una ventina di palestinesi, in buona parte durante le proteste seguite alle incursioni delle unità speciali. «Questa pericolosa escalation israeliana è rivolta a vanificare gli sforzi americani e internazionali per avanzare nel processo di pace portando i negoziati ad un punto morto», ha commentato Nabil Abu Rudeineh, portavoce della presidenza palestinese, che poi ha chiesto alla comunità internazionale di «muoversi per mettere fine alle misure (israeliane) che tengono chiusi i palestinesi in una spirale di tensioni e violenza». Le condanne di Abu Rudeineh lasciano indifferenti i palestinesi dei Territori occupati a dir poco scettici nei confronti delle trattative con Israele e che guardano con crescente sfiducia all Anp. D altronde non potrebbero avere un atteggiamento diverso visto che nonostante la crisi palestinese resti grave i dirigenti dell Anp non trovano di meglio che farsi la guerra tra di loro. Due giorni fa a Ramallah la guardia presidenziale ha dovuto circondare la sede del Consiglio Legislativo Palestinese a Ramallah per proteggere Israele /IL PREMIER GELA I NEGOZIATI: L ESPANSIONE IN CISGIORDANIA NON SI FERMERÀ Alta tensione, Netanyahu: avanti con le colonie LA BASE DELL'NSA IN BLUFFDALE, NELLO UTAH /REUTERS JIBRIL RAJOUB un deputato minacciato da un pezzo grosso di Fatah. Nelle stesse ore uomini armati hanno aperto il fuoco contro gli uffici del ministro palestinese per gli affari islamici. A quanto si è saputo Jamal Abu al Rab, un parlamentare che in passato aveva fatto parte del gruppo armato le «Brigate di al Aqsa» (Fatah), e Jibril Rajoub, un ex comandante delle forze di sicurezza ora presidente della Federazione Calcio Palestinese, erano incaricati di accogliere il ministro degli esteri cinese Wang Yi in visita in Israele e Territori occupati. All improvviso, per vendicarsi di un aggressione subita un mese fa, al Rab ha schiaffeggiato Rajoub e si è dato alla fuga. Rajoub, mettendo da parte il fair play che ostenta quando parla di calcio, ha ordinato agli uomini della sua scorta di inseguire al Rab e vendicarlo. Il deputato ha quindi cercato rifugio nella sede del Clp dove è rimasto nascosto per ore sotto la minaccia degli uomini di Rajoub, fino all arrivo della guardia presidenziale che ha formato un cordone attorno all edificio permettendo al deputato di potersi allontanare senza rischio. Le vecchie e inutili rivalità ai vertici dell Anp aggravano la sfiducia della popolazione. In un sondaggio diffuso a giugno dal Centro palestinese per la Politica e la Ricerca Statistica, il 77 per cento degli intervistati palestinesi ritiene ci sia corruzione tra i funzionari dell Anp in Cisgiordania e il 61 per cento nel governo di Hamas a Gaza. 20mila sfollati nei compound dell Onu. 200 sono dipendenti dell industria del petrolio Andrea Pira L o spettro evocato dalle violenze e dagli scontri tra opposte fazioni dell esercito scoppiati ormai cinque giorni fa in Sud Sudan è quello del rischio di una guerra civile. «I nostri soldati hanno perso il controllo di Bor, conquistata dalle forze di Riek Machar», ha annunciato ieri un portavoce dell esercito di Juba. La città, capoluogo dello stato del Jonglei, riporta alla memoria il massacro del Allora i soldati di etnia Nuer, cui appartiene l ex vicepresidente Machar, deposto mesi fa, uccisero centinaia di Dinka, gruppo da cui viene il capo di Stato sudsudanese, Salva Kiir, oggi coinvolto in uno scontro politico, e ormai armato, con il suo vecchio numero due. Ieri è stata attaccata una base Onu nello Stato del Jonglei, ci sarebbero vittime. Dall inizio delle violenze nella capitale Juba i morti sono stati almeno 500. Ieri un comunicato del ministero degli Esteri cercava di rassicurare sul ritorno della normalità nella capitale dopo quello che il governo centrale continua a denunciare come uno sventato colpo di Stato orchestrato da Machar. Il ministero degli Esteri ha cercato di allontanare il fantasma delle violenze etniche. «Si è trattato delle ambizioni politiche di Riek Machar e dei suoi complici. È sufficiente dire che di 11 politici agli arresti soltanto due sono Nuer», ha sottolineato il titolare della diplomazia Barnaba Marial Benjamin. Testimonianze raccolte da Human Rights Watch riferiscono tuttavia di soldati intenti a chiedere la nazionalità ai fermati, prima di decidere se ucciderli o rilasciarli. «Siamo molto preoccupati per gli attacchi su base etnica condotti da entrambe le parti», ha scritto in un nota Daniel Bekele, direttore per l Africa dell organizzazione per i diritti umani. Di suo, dal luogo in cui è latitante, l ex vicepresidente accusa Kiir di incitare alle divisioni, dichiarandolo un leader non più legittimo. A complicare ulteriormente il quadro è da registrare l ammutinamento del generale Peter Gadet Yak e dei soldati a lui fedeli. Come Machar anche Gadet è un Nuer. Non è chiaro se le truppe leali all ex vicepresidente e quelle generale stiano collaborando. Ma come ricordano sia la Bbc sia Al Jazeera non è escluso che ciò possa accadere. Come sottolinea un commento dell International Crisis Group, quella che è stata a lungo una crisi interna al partito di governo, il Movimento di liberazione popolare del Sudan (Splm), si è estesa a un esercito spaccato in due da problemi interni, comprese le divisioni etniche. «La confusione tra istituzioni, figure politiche di primo piano, comunità etniche - oltre alla diffusione su larga scala di armi - rendono la situazione particolarmente instabile», scrive il centro studi. La crisi è il frutto di lotte intestine al partito, che covano da mesi e che vedono l ufficio politico del Splm spaccato sulle regole, tra chi è orientato a una maggiore democrazia e chi, come Kiir, vuole mantenere un controllo più stretto. La situazione è riassunta dalle parole di un diplomatico citato da Al Jazeera. «Non si possono avere un presidente e un vicepresidente che non si parlano», ha spiegato nel descrivere i problemi che affliggono il Sud Sudan quando sono trascorsi appena due anni dall indipendenza da Khartum, che si aggiungo alla carenza di infrastrutture e alla fragilità delle istituzioni. A Juba intanto è arrivata una delegazione dell Unione Africana per cercare di mediare tra le parti. Almeno 20mila sfollati hanno trovato riparo nei compound delle Nazioni Unite. Tra loro anche 200 dipendenti dell industria petrolifera, in fuga dagli scontri scoppiati in due impianti, che hanno fatto 16 morti.

9 VENERDÌ 20 DICEMBRE 2013 il manifesto pagina 9 BRASILE RIO DE JANEIRO Le manifestazioni contro i megaeventi in vista dei Mondiali e delle Olimpiadi Si alza una voce povera nera, favelada Gizele Martins* RIO DE JANEIRO D a giugno, le strade di Rio de Janeiro e di diversi stati del Brasile hanno cominciato ad essere occupate da grandi manifestazioni. All inizio l obiettivo era il blocco dell aumento dei biglietti dei mezzi di trasporto. Varie città del paese stavano subendo una nuova azione dello Stato e dei padroni delle imprese dei mezzi di trasporto, che aveva l obiettivo di aumentare il prezzo dei biglietti senza offrire in cambio nessun miglioramento del servizio. Al contrario: biglietti più cari, bigliettai disoccupati; mentre gli autisti, oltre a guidare, devono riscuotere il prezzo dei biglietti. Ma l obiettivo delle manifestazioni è ben presto andato oltre il problema dei biglietti. «Non sono solo per i 20 centesimi» (le manifestazioni), questa idea ha cominciato a diffondersi. Vari movimenti sociali hanno iniziato, quindi, a inserire nei loro striscioni, negli slogan e negli interventi dai camion - da cui gli attivisti parlavano - altre richieste della popolazione. E, oggi, anche altre bandiere sono sventolate dalle moltitudini che ancora occupano le strade del centro di Rio: c è il tema della sicurezza pubblica, per esempio, che automaticamente coinvolge le Unità di polizia pacificatrice (Upp), oltre a quello della demilitarizzazione della polizia; quello degli sgomberi; del diritto alla città, all educazione, alla sanità; la libertà sessuale e il sistema penitenziario. Sono obiettivi che hanno a che vedere con il momento attuale che vive questo luogo Rio conosciuto come «città meravigliosa». Rio è la città che è stata scelta per ricevere i Megaeventi che ci saranno nel 2014 e nel E perché sia pronta per la Coppa del Mondo e per le Olimpiadi, i governanti stanno cambiando le strutture fisiche di questo territorio. Ma il territorio scelto per essere, ancora una volta, stravolto è un luogo abitato da una popolazione povera, nera, favelada. Esempio di questo è che, nella stessa settimana in cui Rio è stata scelta come sede dei Megaeventi, l attuale sindaco, Eduardo Paes, ha annunciato che 119 favelas, per un totale di più di persone, sarebbero state sgomberate. Si tratta di favela localizzate principalmente nella Zona Ovest e nella Zona Nord di Rio. Delle favela designate, cinque sono già state com- SOPRA E A DESTRA, DUE IMMAGINI DI POVERTÀ NELLE FAVELA DI RIO/REUTERS «L emergenza degli esclusi». Questo il titolo di un incontro che si è svolto di recente in Vaticano. In quell occazione, i movimenti popolari latinoamericani hanno incontrato papa Francesco, che ha sollecitato l iniziativa. Poi hanno discusso con varie realtà politiche italiane, dai No Tav ai centri sociali. Per il Movimento dei lavoratori rurali senza terra (Mst - via Campesina) era presente Joao Pedro Stedile, che ha sottolineato l importanza di comprendere le cause che producono l aumento del numero degli esclusi nel mondo. Tra queste, ha indicato alcuni tratti del capitalismo contemporaneo, come l offensiva del capitale nei confronti della natura, tesa a «privatizzare tutti i beni comuni dell umanità: terra, acqua, sottosuolo e anche l aria». Lo storico leader dei Sem Terra ha anche segnalato l insufficienza della democrazia formale nel permettere la partecipazione di tutte le persone, in particolare quella «dei lavoratori e dei poveri», e ha insistito sulla necessità di forme partecipative di democrazia. Infine, ha denunciato l esistenza di «monopoli mediatici che pretendono di controllare la stampa e la cultura mondiale ponendole al servizio del modello consumista e delle strutture di potere egemoniche». Il movimento Sem Terra, attivo nelle proteste esplose in Brasile a giugno, è la più grande organizzazione contadina latinoamericana, presente in 24 Stati del Brasile. Vi aderisce circa un milione e mezzo di persone. Nasce nel 1984 con tre obiettivi fondamentali: la lotta per la terra, la riforma agraria e una profonda trasformazione sociale. Nei suoi trent anni di vita, ha organizzatocentinaia di occupazioni. Grazie alle sue lotte, famiglie hanno pletamente cancellate dalla mappa della città. In un lavoro recente, fatto dalla organizzazione internazionale Witness e da un gruppo di giornalisti e militanti dei diritti umani del Brasile, frutto di una ricerca durata più di un anno (arricchita da oltre 100 video) è stato denunciato che, nelle favela minacciate di sgomberi, il 44% degli abitanti non ha nessun tipo di informazioni su questo problema e il 31% sta subendo - prima dello sgombero - proposte molto sfavorevoli di reinsediamento. Ossia le famiglie non sono correttamente avvertite di quel che sta per succedere, quindi gli abitanti non hanno la possibilità di tentare nessuna forma di resistenza o di organizzarsi per provare a negoziare con le autorità comunali. Un altro modo di negare e eliminare i poveri è l invasione delle Unità della polizia pacificatrice nelle favela di Rio. Si tratta di un altra forma di protezione dei Megaeventi. Il modello di città che c è dietro è quello per cui è importante proteggere le strade e i turisti che arrivano per i giochi. È un tipo di politica fatta dall alto. Un altra forma di azione brutale che mostra bene il razzismo dello Stato che considera la favela marginale, criminale e violenta. Alla Rocinha, è scomparso un manovale, Amarildo. Si tratta di un caso la cui eco si è diffusa nel mondo. Lì, come nelle 18 favelas che sono oggi occupate dalle UPP, sono in realtà spariti molti altri lavoratori. «Tra il 2007 e il 2012, sono stati registrati 553 casi di scomparsa nelle 18 prime comunità. Le relazioni dell Isp (Istituto di sicurezza pubblica) indicano un aumento annuale progressivo fino al 2010, quando l indicatore ha raggiunto il suo apice: 119 casi». (ISP agosto 2013). Oltre alla presenza dei militari, le favelas che sono invase dalle Upp vedono il loro territorio valorizzato. Vengono portate luce acqua e quindi tasse. Ma non c è nessuna possibilità di lavoro, abitazione decente o altro diritto; gli abitanti subiscono l aumento di ogni pezzetto del loro territorio e sono costretti ad andare via dalle loro abitazioni e occupare altri spazi meno cari della città. Questa operazione è conosciuta come Sgombero Bianco. La maggior parte delle favelas che ricevono le Upp sono nelle aree nobili di Rio, o in punti strategici della città, come nel caso degli Agglomerati di Favelas della Maré e dell Alemão, entrambi prossimi all aeroporto internazionale e alle vie veloci che lo collegano al centro della città. Gli abitanti dell Agglomerato di Favelas della Maré, con circa 130 mila abitanti e con più di 16 favelas (si trovano nella zona Nord di Rio) continuano a subire questa politica pacificatrice. In giugno, così come migliaia di altri gruppi e movimenti, gli abitanti della Maré hanno occupato l Avenida Brasil, protestando soprattutto contro l azione violenta quotidiana della polizia nelle favelas, giacchè abbiamo subito costanti invasioni negli ultimi mesi. Ma, così come sempre succede nei luoghi più poveri della città, lo Stato oppressore ha mandato le proprie forze armate rappresentate dalla Polizia Militare e dal Bope, a fermare quella manifestazione. In quella serata, le forze armate sono arrivate e hanno sparato su quei manifestanti della Marè, nel tentativo di mettere fine al corteo. Ed è finita in una strage. 13 persone sono state brutalmente assassinate, non tutti durante la manifestazione ma anche durante la notte. Una prova ulteriore che non viviamo in un paese democratico. I proiettili di gomma sparati dai poliziotti, che oggi colpiscono i manifestanti, per quanto brutali e violenti, sono comunque diversi dai colpi che arrivano nelle strade e nei vicoli delle favela carioca. E questo non succede per caso, poiché arrivano soprattutto nelle favela dove c è una maggioranza di neri, quelli che storicamente soffrono maggiormente l oppressione e l evidente razzismo di uno stato e di una società che si dichiarano sempre a parole non razzisti. Secondo il rapporto dell Ipea (Instituto de ricerca economica applicata), divulgato nello scorso ottobre, la possibilità di un adolescente nero di essere vittima di omicidio è 3,7 volte maggiore di quella di un ragazzo bianco. Secondo l Ipea «il razzismo è istituzionale in Brasile, e si esprime principalmente attraverso le azioni della polizia». L attuale governatore di Rio de Janeiro, Sergio Cabral, ha già dimostrato che questa è una questione di classe e il razzismo è istituzionale. In un intervista ai giornali del 2007, nel sostenere l aborto, egli afferma che «la donna della favela è una fabbrica che produce marginali», per questo lui è a favore dell aborto. Storicamente anche i media si comportano in modo razzista nei confronti della favela e approvano e mettono in copertina solo azioni che si riferiscono alla sicurezza pubblica. Negli ultimi mesi, dall inizio delle manifestazioni, non sono solo le favela e i movimenti sociali ad essere criminalizzati, ma tutti quelli che hanno tentato di andare nelle strade per rivendicare i propri diritti. Gli stessi professori delle reti pubbliche comunale e statale, in sciopero per più di due mesi a Rio, sono stati trattati come vandali che bloccavano il traffico della città. I diritti, le bandiere e le richieste DITTATURA Riabilitato l ex presidente Goulart VATICANO L emergenza degli esclusi. Le organizzazioni popolari da papa Francesco Il movimento dei Senza terra a tutto campo Joao Stedile, storico leader dell Mst, denuncia i monopoli mediatici che pretendono di asservire al consumismo la stampa e la cultura mondiale Con una solenne cerimonia, il Congresso brasiliano ha restituito simbolicamente il mandato all ex presidente Joao Goulart, deposto dalla dittatura nel 64, e omaggiato la settimana scorsa. A dirigere la sessione, la presidente Dilma Rousseff, ex guerrigliera torturata durante il regime militare ( ). Presenti anche i vertiti delle Forze armate. Il presidente del Senato, Renan Calheiros, ha consegnato il riconoscimento al figlio di Goulart, Joao Vicente, e insieme al presidente della Camera, Henrique Eduardo Alves, ha chiesto scusa a nome del legislativo per quell atto che, nel 64, diede inizio alla dittatura, e che il Senato ha annullato il mese scorso. Il 13 novembre, il corpo di Goulart (morto in Argentina nel 76) è stato riesumato: si sospetta che sia stato ucciso nell ambito dell operazione Condor. Da giugno, le proteste animano le strade del paese. L obiettivo è presto andato oltre il problema del caro-trasporti, estendendosi a tutto l ambito dei diritti negati e contro gli abusi della polizia conquistato terra, casa, cibo e diritti, mentre stanno lottando negli accampamenti. Il Brasile è, infatti, uno dei paesi con la più forte concentrazione di terra al mondo: la maggior parte del territorio è ancora in mano a grandi latifondisti e, nonostante negli ultimi anni si siano succeduti al potere i governi d impronta popolare di Lula e di Dilma Roussef, la riforma agraria non è stata realizzata. I grandi latifondi sovente sono gestiti dall'agrobusiness che distrugge il territorio attraverso monoculture, spesso finalizzate alla produzione di agrocombustibili, e mediante l impiego di enormi quantità di veleni, una vera e propria emergenza nel paese. Il Mst ha sempre mostrato grande interesse per le questioni internazionali, assumendo un ruolo centrale nell organizzazione dei Forum sociali mondiali, e favorendo il collegamento tra i movimenti contadini del Latinoamerica e del mondo, e tra i movimenti sociali brasiliani e latinoamericani. Le sue brigate di lavoro agiscono ad Haiti, in Mozambico, in Palestina, in Venezuela, in Bolivia (Ge.Co.) dei professori non erano raccolti dai grandi giornali commerciali di Rio. Solo dai media popolari e comunitari. Le parole vandalo, violento, criminale sono diventate di moda per questi giornali commerciali. Tutti i giorni comparivano articoli a favore di una polizia che criminalizza sempre di più i movimenti che tentano di protestare o già si mobilitano per le strade. I media popolari e comunitari che avevano già un ruolo importante, hanno dovuto lavorare ancora di più per far venire alla luce le rivendicazioni di questo popolo oppresso che sta nelle strade. Oltre ai video e ai messaggi inseriti nei media sociali, cose che hanno aiutato, conferenze, laboratori e corsi vengono fatti dai comunicatori popolari e comunitari di Rio, per mostrare una altro aspetto della notizia, un altro punto di vista che non sia quello dei governanti. Parlando di questo, viene fuori chiaramente che un altro obiettivo contro cui lottare è quello del monopolio dei media. I movimenti sociali hanno assunto questa bandiera come propria e hanno cominciato a sostenere anche il diritto alla comunicazione. Quindi questa rivendicazione non appartiene più soltanto a chi fa o faceva comunicazione alternativa. Come povera, nera e favelada, so che questo è un momento importante in cui discutere dell attuale politica del nostro paese. Il momento di portare le rivendicazioni delle favela al di là dei muri invisibili che ci circondano. Di valorizzare la cultura popolare e parlare della vita diversa che conduciamo all interno dei nostri luoghi di abitazione. Di mostrare a tutti e tutte che non siamo criminali, ma criminalizzati, non siamo violenti ma violentati e non siamo marginali, ma marginalizzati ogni giorno perché la favela è parte della città. Sono rivendicazioni che prima erano solo della favela e ora occupano le strade del centro di Rio. Oltre a ciò, quel che abbiamo ottenuto di positivo da questa mobilitazione cominciata in giugno è stata la ricerca di una unità tra i movimenti delle favela. Molti faveladi stanno cercando di avvicinarsi sempre più gli uni agli altri sapendo che andiamo verso un peggioramento della situazione, perché la repressione cresce di giorno in giorno per le strade quando si tenta di fare qualche manifestazione, ma nella favela è tutto più vigliacco, la repressione qualche volta apparentemente si ferma. Il prossimo anno iniziano i Megaeventi è certo che lo stato non vuole che i turisti rinuncino a venire nella città sapendo che i vandali - così come i governanti e i media ci chiamano - stanno occupando con le loro bandiere le strade della città meravigliosa. (giornalista del Jornal O Cidadão, Rio de Janeiro).

10 pagina 10 il manifesto VENERDÌ 20 DICEMBRE 2013 CULTURE GRAND TOUR Le immagini intraprendenti Van Gogh e le sue parole febbrili, i templi del Kerala e le miniature indiane del Cinquecento, le mucche dissezionate di Damien Hirst e la vita privata di Pistoletto. Un giro fra gli scaffali natalizi a caccia di libri che raccontano l arte Arianna Di Genova U no dei protagonisti dell anno che verrà è senz altro Vincent Van Gogh: a Milano si aprirà una grande mostra dedicata al pittore olandese e, intanto, presso la Fabbrica del Vapore si può «assaggiare» una visione virtuale delle sue opere, attraverso un tour multisensoriale e immersivo, un po in stile «parco a tema». A lui, Einaudi ha dedicato un corposo volume di Lettere (a cura di Cynthia Saltzman, pp. XLV - 768, euro 85,00). La corrispondenza dell artista (con il fratello Theo, con Gauguin e altri amici) ha una valenza particolare: non solo autoritratto per riempire il puzzle della sua travagliata biografia, le lettere di Van Gogh rappresentano anche dei taccuini progettuali. È lì, tra quelle sofferte righe, che nascono alcuni capolavori, lì che la creazione si fa febbrile prima attraverso le parole, poi spremuta direttamente dal tubetto in colori brucianti. La lettura permette di entrare nei recessi emotivi di un genio mai reticente, pronto a predicare la sua passione pur di renderla visibile a se stesso e poi agli altri. Molto interessante è anche rovesciare la prospettiva: per questo esercizio filologico, torna utile il libretto della casa editrice Torri Del Vento Verranno giorni migliori. Lettere a Vincent Van Gogh (euro 18): per la prima volta, vengono qui raccolte trentanove missive che Theo spedì al suo fragile fratello. Ce ne sono anche alcune della cognata Joanna e di Paul Gauguin: risultato, un «plot» affascinante che si svolge dentro i misteri della mente. Non solo capolavori Divertente e per nulla pedante, anzi molto intraprendente, è il volume di Camille Paglia Seducenti immagini (pp. 294, euro 34, Il Mulino) che prende di mira l «espansione inebriante della comunicazione globale» per scrivere una storia dell immaginario visivo che butti giù dal piedistallo alcuni miti (le Madonne di sterco di elefante di Chris Ofili, per esempio) e riprenda le fila di quadri poco noti, come l Andrea Doria del Bronzino, Il mare di ghiaccio di Friedrich o una foto come Chillin with Liberty di Renée Cox. Diviso per capitoli - uno è tutto dedicato ai boots (stivali) di Eleonor Antin, un altro ai fulmini di Walter De Maria, uno al Ritratto del 35 di Magritte (un piatto apparecchiato in tavola con una fettina di prosciutto al cui centro campeggia un occhio umano) - ha un andamento libero da cronologia e nessuna ansia compilatoria: le opere sono aggregatrici di senso ed è intorno a loro che si costruisce una strada concettuale. Per saperne di più, c è anche L arte contemporanea del secondo Novecento di Alessandro Del Puppo (pp. 255, euro 34, Einaudi) in cui l autore, fin dall inizio, annuncia la difficoltà se non l impossibilità di scrivere una narrazione coerente del contemporaneo. Qualcosa, infatti, dagli anni Sessanta in poi, è mutato definitivamente, ma non tutto è perduto: Rebecca Horn trasformava una ragazza in unicorno in una celebre performance richiamandosi ai bestiari medievali, così come l allucinata ritrattistica di Cindy Sherman può ricordare nelle pose e nel vestiario, spesso proprio per mimesi e travestimento alcuni capolavori fiamminghi. Dopo il «congedo dal modernismo» e il «fattore Duchamp», la storia ha voltato pagina. Per sfogliarla con una qualche perizia, bisognerà far proprio il linguaggio del mondo e indagare su un ontologia della creazione che tenga conto di oggetto, soggetto, percezione, contesto sociale e antropologico. Non è poco come banco di prova. Per guardare intensamente al sempre sorprendente - in senso buono e cattivo - Damien Hirst è, invece, necessario il volume-catalogo Relics (pp. 306, 162 a colori, euro 60, Skira, a cura di Francesco Bonami). Nata a côté di una mostra a Doha, in Qatar, è una monografia lussuosissima che riunisce oltre cento opere dell artista inglese, dai celebri animali in formaldeide (squali, mucche, pecore) alle pillole delle sue Pharmacy, fino alla vanitas eaimemento mori resi attuali dalle ali di farfalle composte in forme geometriche o dai teschi tempestati di diamanti. Per una full immersion «british» si consiglia di prendere in visione anche il libro Interviste agli artisti inglesi di David Sylvester (Castelvecchi, pp.221, euro 29). Qui si viaggia in compagnia di Gilbert & George, Bridget Riley, Tony Cragg, Douglas Gordon, Rachel Whiteread. Sempre Skira, propone anche un altra monografia di pregio: è dedicata a Agostino Bonalumi (euro 59) che, insieme a Manzoni e Castellani, si avviò in direzione dell azzeramento del linguaggio, facendo riferimento alla rivista Azimuth. Un uomo privato e pubblico è quello che si racconta nelle pagine di La voce di Michelangelo Pistoletto, pubblicato da Bompiani (euro 35): un libro ricco di immagini e foto di famiglia per seguire, con l aiuto di Alain Elkann, l intervistatore, la storia di un ragazzo che cominciò a restaurare quadri antichi nella bottega paterna per poi divenire uno dei punti di riferimento dell arte contemporanea. Da non perdere, è poi l uscita in due volumi di una Storia dell arte dell India. È un excursus nelle creazioni del subcontinente: qui ci si inoltra lungo i sentieri di millenni di cultura, frugando fra tombe reali, architetture templari e decorazioni indo-islamiche. È un affresco corale (pp. 794, euro 76 per entrambi i volumi Einaudi, a cura di Cinzia Pieruccini che insegna indologia presso l Università degli Studi di Milano) che parte dalle creazioni dell India classica, quelle relative all epoca Gupta (IV- VI secolo). Il tutto passando per un tripudio di materiali e tecniche raffinatissime: avori, terracotte, statuette votive come le bellissime spose dei Sette Rishi, monumenti grandiosi e antichi siti buddisti come quello di Karla che si compone di sedici grotte, i Giardini dei Lodi di Delhi, le celebri miniature di Bikaner dove alla fine del Cinquecento sorgevano importanti laboratori di pittura che continueranno la loro produzione fino al XIX secolo. Ci sono poi i templi del Kerala con i loro caratteristici tetti a falde, unici nel loro genere, e le chiese della vecchia Goa che mostrano un sincretismo di stili occidentali e orientali: coincidono con il periodo di dominazione portoghese. Si arriva infine al Novecento, chiudendo il percorso su due declinazioni della pittura murale, al femminile: i dipinti della regione di Madhubani e quelli della comunità tribale dei Warli, gli «abitanti originari». SOPRA, DAMIEN HIRST CON IL SUO CELEBRE SQUALO IN FORMALDEIDE; AL CENTRO GRANDE, JANA STERBAK «TÉLECOMMANDE II. REMOTE CONTROL II», 1989; A SINISTRA, JEAN ARP «SHIRT FRONT AND FORK» (1922); A DESTRA ISA GENZKEN AL MOMA MOSTRE I corpi ambigui di Sterbak e le donne affusolate di Modì A. Di Ge. J ana Sterbak è un artista ceca (è nata a Praga) che vive in Canada di cui difficilmente si possono vedere le opere in Italia. Esordì in campo artistico con delle potenti performance verso la fine degli anni Settanta che riconducevano tutto al corpo femminile in particolare, ma alla fisicità dell essere umano in generale. Ora è in mostra presso la galleria Raffaella Cortese di Milano (fino all 8 febbraio) e a chi capiti di andare nella città lombarda la consigliamo vivamente. Se Vassily Kandinsky a Palazzo Reale, con i suoi ottanta dipinti provenienti direttamente dal Pompidou di Parigi catalizzerà gran parte dell attenzione del pubblico, nulla esclude una tappa anche nella galleria di via Stradella. Sterbak, nonostante il suo «trasferimento» in Nord America confessa di amare Hrabal e di guardare al corpo come «la prima restrizione di libertà con cui ci si scontra fin dalla nascita». Popolata di gabbie, muri, dispositivi minacciosi, la sua arte è una metafora della condizione umana, a partire da quelle strutture che impediscono i movimenti che hanno costellato la sua produzione. Nella personale milanese, ci sono installazioni come Cage for Sound e Spire Spine, una colonna vertebrale di scorta in bronzo, o anche Chemise de nuit, una camicia da notte femminile con dei peli sul petto, a sottolineare l ambiguità sessuale e di genere. Molto più tranquilla e meditativa è invece la mostra che pone a confronto due ritratti. Melotti guarda Melotti al Museo Marino Marini di Firenze (fino al 4 gennaio) presenta, uno di fronte all altro il ritratto di Melotti che fece Marini nel 1937, nella sua versione in cera, con l aereo e filiforme Teorema del 1971 dell artista di Rovereto: un dialogo impossibile che si svolge nel sacello della cripta La storia del collezionista Netter che salvò gli artisti maledetti e le forme sinuose e organiche di Jean Arp che approda in Sardegna del museo. A Roma la scena è tutta per Modigliani, Soutine e gli artisti maledetti. La collezione Netter, a cura di Marc Restellini. Per la prima volta, a Palazzo Cipolla in via del Corso, si possono ammirare i capolavori appartenenti alla ricca collezione del mecenate Jonas Netter ( ), in un percorso di 120 opere che narra la vita bohèmienne dei pittori che vissero e dipinsero a Montparnasse agli inizi del Novecento. Netter, che di mestiere faceva il rappresentante, fu messo sulla buona strada al mercante e poeta polacco Léopold Zborowski, che gli suggerì opere di artisti non ancora famosi da comprare a ottimi prezzi. Fra questi, c era Modigliani che poté sopravvivere anche grazie a lui. Napoli accoglie il visitatore con la stupefacente mostra presso il Museo Pignatelli di Mark Dion (fino al 2 febbraio). Con The Pursuit of Sir William Hamilton, l artista americano crea dei cabinets, che mettono in discussione la distinzione tra il metodo scientifico «oggettivo» razionale e le influenze soggettive. Il progetto espositivo si concentra sulla figura del diplomatico inglese Sir William Hamilton, ambasciatore tra il 1764 ed il 1800 presso la corte di Napoli durante il regno di Ferdinando IV. Per chi si trovasse in Sardegna, il Man di Nuoro, fino al 16 febbraio, ha allestito una importante retrospettiva del francotedesco Jean Arp ( ), a cura di Rudy Chiappini e Lorenzo Giusti. Insieme alle sculture - Hurlou, Pas encore de titre, Feuille-miroir - vengono esposti anche gli arazzi e dodici bassorilievi, oltre ai lavori di artisti come Calder, Klee, Masson, Picabia, Schwitters, Richter, Sonia Delaunay. Infine, un salto all estero. Londra entra nell anno nuovo cavalcando un evergreen come Paul Klee (Tate Modern, fino al 9 marzo), mentre la National Gallery si affida fino al 12 gennaio a Facing the Modern: The Portrait in Vienna 1900, un affresco mitteleuropeo della borghesia ai primi del secolo disegnato da Schiele, Klimt e Kokoschka. Parigi si farà interessante in primavera, preparandosi a ospitare la mostra di Augusto, ma soprattutto aprendo Monumenta 2014 con la grande coppia russa Ilya & Emilia Kabakov. Saranno loro, nel maggio prossimo, a portare una Strange City nei tredicimila metri quadrati della navata del Grand Palais. Naturalmente, c è anche New York fra le mete d arte. Qui, conviene affacciarsi al Moma: c è la tedesca Isa Genzken con le sue sculture dissacranti.

11 VENERDÌ 20 DICEMBRE 2013 il manifesto pagina 11 CULTURE oltre tutto LA SICUREZZA CIBERNETICA MADE IN ITALY Un «Quadro strategico nazionale per la sicurezza dello spazio cibernetico» e un «Piano nazionale per la protezione cibernetica e la sicurezza informatica»: sono due dei progetti messi in cantiere dal Consiglio dei ministri del governo italiano. È l ultimo, per il momento, atto di un programma di lavoro avviato un anno fa on la firma di un decreto per la definizione dell'architettura di sicurezza cibernetica nazionale, e che a livello sovrannazionale ha visto la Ue tracciare la via dell'approccio comunitario al problema della cyber-sicurezza, partendo dalla messa in sicurezza delle cosiddette infrastrutture critiche (energia e trasporti) e dall'obbligo per tutti i Paesi di istituire dei «Computer Emergency Response Team»(CERT) in grado di reagire tempestivamente ad eventuali attacchi informatici. Le controculture nella Milano degli anni Ottanta. Tra insorgenza dello stile e esistenziale, un attitudine ribelle nata nel pieno della crescita della finanza che punta a valorizzare la ristrutturazione urbana della città Massimiliano Guareschi I capelli possono essere rasati ai lati, oppure innalzarsi vaporosi. L abito è di rigore nero, le scarpe a punta. Su volti resi cerei dal trucco si staglia il nero di pesanti linee di eyeliner e il rosso vivo, sanguineo, di un lipstick applicato con mano pesante. Per i ragazzi come per le ragazze. Qui e là compare qualche croce. Li si inizia a scorgere in alcuni punti di Milano, dietro Corso Vittorio Emanuele, al metro Duomo e lungo via Torino, sulla direttrice che dal centro conduce al Ticinese. Cominciano a essere riconosciuti con un nome, vengono chiamati dark. Siamo negli anni Ottanta, in una Milano che celebra una presunta vitalità ritrovata dopo il grigio degli «anni di piombo» affidandosi allo slogan di un noto amaro. Mala patina della Milano da bere avvolge una realtà più complessa. La deindustrializzazione avanza, dissolvendo le forme di vita che intorno a essa si erano strutturate, mentre le dinamiche della valorizzazione immobiliare promuovono una massiccia espulsione di popolazione dal centro urbano. Oltre la sconfitta Il combinato disposto di repressione ed eroina, poi, ha annientato le forme di militanza e le strutture che avevano fatto di Milano, a partire dagli anni Sessanta, un laboratorio di radicalismo politico e esistenziale. Restano solo luoghi più o meno vuoti, conquiste di un ciclo di lotte precedenti, in attesa di qualcuno che li sappia rianimare. Ogni continuità è rotta. E allora la dissidenza si affiderà al linguaggio della controcultura. Seminale, in proposito, si rivelerà l esperienza del Virus. Intorno alla musica e all immaginario di rottura proveniente dal punk si consolida un gruppo composto da giovani decisi a opporsi alla miseria del presente e da altri che, avendo vissuto liminarmente i fermenti del movimento degli anni Settanta, non sono disposti a ripiegarsi sul privato ma, allo stesso tempo, non ne vogliono sapere della residualità di quanto è rimasto della precedente ondata. Ed è proprio in seno ad alcune componenti del Virus che inizia a maturare una sensibilità dark oriented. A incidere sono questioni di gusto musicale. La rivendicata elementarità del punk suona limitata, e ripetitiva, per chi, invece, rimane folgorato dalla proposta musicale di dischi come Second Edition dei Public Image o Unknown Pleasure dei Joy Division oppure dei nascenti orientamenti industrial. Ma c è dell altro. Se nell ambiente punx, così si autodefinisce il punk italico più politicamente impegnato, si manifesta un rifiuto nei confronti di tutto ciò che non è autoprodotto e la tendenza a un autorappresentazione «antintellettualistica», in altri l esigenza di radicalità non esclude il confronto con istanze culturali e artistiche provenienti da ambienti differenti. Si flirta con il nero e con INCHIESTE Dal punk al dark, le «Strane creature» di Simone Tosoni e Emanuela Zuccalà per Agenzia X L apocalisse che ritorna al futuro un immaginario apocalittico ma si raccolgono suggestioni esistenzialistiche, istanze antipsichiatriche, spunti legati alle avanguardie storiche. Nelle parole di Joykix, uno dei protagonisti di quella scena, «mentre il punk urlava fuori, il dark urlava dentro». Si definiscono così percorsi che, passando per fanzine come «Amen» e «Hydra mentale» o la «rivitalizzazione» generazionale del Leoncavallo tramite l esperienza dell Helter Skelter, sfociano, superando le strettoie dell annus horribilis dell underground milanese, il 1987, sugli anni Novanta. Battaglie di strada Nel frattempo il darksi era affermato a livello globale come dimensione sottoculturale, a partire dall impatto, musicale e iconico, di gruppi quali Cure e Bauhaus. Nel chiuso della loro cameretta, in qualche punto del desolato hinterland, adolescenti poco in sintonia con lo spirito del tempo modellano il loro look su quello di Robert Smith e Peter Murphy. Si scontrano con i genitori e affrontano il dileggio dei compagni di classe o dei professori. Il sabato pomeriggio intraprendono viaggi iniziatici a Milano dove, magari girando per via Torino o la Fiera di Sinigaglia incontrano creature simili, che riconoscono e da cui sono riconosciuti. Ma c è anche il pericolo di imbattersi nei paninari, sottocultura iperrealista sviluppatasi in quegli anni, o negli skin. E allora sono botte. Si crea così un altra scena dark, non direttamente politica e più ortodossa rispetto al mainstream internazionale della subcultura, scandita dalle serate e, soprattutto, dalle domeniche pomeriggio all Hysterika, discoteca nei pressi di Porta Venezia. Le vicende sommariamente presentate sono ricostruite in dettaglio e analizzate nel libro Strane creature. Il dark a Milano negli anni Ottanta (Agenzia X, pp. 320, euro 16) scritto da Simone Tosoni e Emanuela Zuccalà, due insider di quella scena che, nel frattempo, hanno fatto molto altro, il primo come sociologo la seconda come giornalista, senza mai tradire la fedeltà al look total black. Diversamente dal punk, oggetto di una notevole storicizzazione, il dark, nonostante l impatto che la sua estetica continua ad avere, è rimasto nel corso del tempo un universo sottoculturale relativamente inesplorato. Il volume di Tosoni e Zuccalà interviene quindi a colmare una lacuna, e lo fa recuperando le voci e le testimonianze di molti protagonisti di quella scena, appartenenti a differenti «generazioni», intrecciando la ricostruzione storica dei differenti percorsi con approfondimenti tematici relativi agli orientamenti musicali e letterari, le sensibilità politiche, le dinamiche di socializzazione e conflitto, la sessualità, l uso delle droghe, i consumi, le geografie urbane di elezione. Pur sottolineando le differenze, culturali ed esistenziali, fra i LA TIPICA ACCONCIATURA DEL DARK ANNI 80 Roberto Ciccarelli I l movimento 5 Stelle è il braccio politico-elettorale di un complesso aziendale, Beppe Grillo e la Casaleggio & Associati, che ha come obiettivo il profitto. Nel pamphlet Clic! Grillo, Casaleggio e la demagogia elettronica (Cronopio, pp. 150, euro 12,50), Alessandro Dal Lago spiega che non si tratta solo di un profitto monetario, anche se i guadagni del blog di Beppe Grillo sembrano cospicui, bensì di un valore pregiatissimo nella politica contemporanea: l influenza e dunque il consenso. Per Dal Lago la tecnica M5S per conquistare il consenso è ispirata ad un antica formula filosofica: la complexio oppositorum. In logica questa espressione, immortalata da Carl Schmitt in un saggio sul cattolicesimo, significa «aggregazione degli opposti». Nella pratica quotidiana dei 5 stelle essa permette di mantenere sullo stesso piano un discorso sulla No Tav o sul «reddito di cittadinanza», temi di «sinistra», e la xenofobia anti-immigrati, tema di «destra». La conquista dell influenza avviene a costo della cancellazione della contraddizione politica destra contro sinistra («sono solo congetture», dice l inno dei 5 Stelle) e a favore dalla contrapposizione tra il bene (il «popolo») contro il male (la «casta»). Questa idea «moralistica» della politica è l altra faccia dell autocrazia istituita da Grillo in un movimento che cancella l autonomia strategica degli eletti dal Parlamento in giù. Vengono trattati da «dipendenti», scrive Dal Lago due principali filoni del dark milanese, uno più politico l altro più «estetico», la ricerca di Tosoni e Zuccalà evidenzia anche la reciproca permeabilità fra le due tendenze, con una circolazione di figure dall uno all altro contesto alla ricerca della collocazione più congeniale. Del resto, anche il filone più distante dall assunzione di una militanza esplicita manifesta una consapevole politicità, nei termini che Dick Hebdige definiva della «rivolta dello stile». In tal senso, ai codici sottoculturali, ostentati nello spazio pubblico, è affidata la funzione di scioccare, di creare sconcerto nell ambiente circostante, di esprimere estraneità verso i valori dominanti. Da qui il disprezzo nei confronti dei fashion dark,o dei dark della domenica, che si indirizza verso coloro che solo in certe occasioni sfoggiano un look estremo, in contesti separati rispetto a quelli della loro quotidianità. Evidente, in proposito è la distanza rispetto all itinerario che le tendenze dark intraprenderanno a partire degli anni Novanta, ibridandosi con una componente fetish, tendenzialmente assente nel decennio precedente, e rinchiudendosi nello citando un passaggio del libro Siamo in guerra di Grillo e Casaleggio: «Dobbiamo abituarci a pensare al politico come a un nostro dipendente scrivono -. Un dipendente che fallisce tutti i suoi obiettivi è licenziato dal datore di lavoro. Noi siamo i datori di lavoro». Per «noi» qui s intende il «popolo», ma anche il possessore del marchio dei 5 Stelle. Che un blog riesca a governare un cospicuo numero di rappresentanti è un fatto senza precedenti nella democrazia italiana. Per Dal Lago questo è un esempio di manipolazione della sfera politica che configura una «democrazia plebiscitaria virtuale» o «fascismo elettronico». Se nel fascismo storico il capo-partito, era superiore allo stato in quanto espressione diretta del popolo in quello virtuale i due leader sono superiori alla rappresentanza politica perché agiscono in nome dei «cittadini». C è tuttavia da chiedersi perché 9 milioni di persone abbiano votato, o continueranno a votare, un movimento così pericoloso. Esprimono una preferenza per il fascismo? Trovano nell illusione della democrazia diretta, e nell offerta di visibilità mediatica a questioni come la disoccupazione, la lotta contro le grandi opere, i costi della politica, un motivo sufficiente per correre un rischio così grave? Certo, la manipolazione del blog grillino è potente, la retorica anti-casta è ormai un idioma comune. Ma, qualora fosse reale il pericolo di «fascismo», è probabile che l M5S perderebbe gran parte del suo consenso. Al momento, il populismo digitale «grillino» sembra offrire un alternativa alla crisi dello «stato dei partiti» e in particolare alla sua difficoltà a garantire la continuità di un esecutivo forte e ad assicurare il concorso dei cittadini alla partecipazione politica. La stessa riforma costituzionale che rientra nella missione delle larghe intese vuole risolvere la crisi dei partiti proponendo una forma istituzionale fondata sul presidenzialismo e sugli imperativi di un austerità soft. Con la sua proposta di «democrazia diretta», Grillo è riuscito nell impresa di farsi accreditare come l alternativa a questo progetto. Un alternativa che confonde il massimo della partecipazione democratica con il massimo della subordinazione ad un capo. spazio separato dei club. Inoltre, sempre in termini politici, non si deve dimenticare come il dark sia stata la prima sottocultura programmaticamente «ospitale» nei confronti dell omosessualità. Cesure radicali Molti sono gli elementi di interesse che emergono da Creature simili. La vicenda del dark fornisce numerosi spunti per rendere più articolata la percezione di un decennio, gli anni Ottanta, spesso schiacciato su alcuni facili stereotipi. Per certi versi, da quel decennio non si è mai usciti. Per altri aspetti, invece, da esso ci separa una cesura assolutamente radicale, di cui il libro di Tosoni e Zuccalà ci permette di cogliere la portata per quanto riguarda i cambiamenti intervenuti nello spazio pubblico, nella fruizione della città, nei processi di socializzazione dei giovani. Ai due autori, poi, si deve riconoscere il merito di avere prodotto e approcciato materiali e le interviste su solide basi sociologiche, ma senza farlo intendere, senza troppo esplicitarlo, lasciando intatto il gusto di una lettura piacevole e incalzante a chi è disposto a lasciarsi coinvolgere dall intreccio fra decine di romanzi di formazione che alimenta la loro narrazione delle vicende del dark a Milano. Saggi / UN ANALISI DEL MOVIMENTO 5 STELLE DI ALESSANDRO DAL LAGO PER CRONOPIO La demagogia di un impresa politica nel vuoto della rappresentanza Questo consenso rispetto ad un progetto paradossale è probabilmente il risultato di una speranza, quella di rovesciare la crisi della democrazia italiana, la sua ideologia liberaldemocratica anche nelle versioni aggiornate neoliberali, quella che non afferma la «volontà popolare», non recluta i «migliori» per le cariche pubbliche, non risolve i problemi sociali ed economici. Il successo dei 5 Stelle dipende dall avere conquistato questo credito. Un valore inestimabile sul mercato della politica, dopo vent anni di berlusconismo, che tuttavia non garantisce un apertura nell orizzonte delle possibilità, né una reale innovazione politica. Anzi, nella sua debolezza, rischia di confermare il regime contro il quale questo movimento sostiene di volersi opporre. Al fondo di questa vicenda, Grillo e Casaleggio hanno compreso come i movimenti di base siano plurali e non riconducibili alla sintesi della forma partito, quello del secondo Dopoguerra, come ancora crede la sinistra. Tuttavia indirizzano il movimento, che è democrazia reale in atto, non verso la liberazione dalle istituzioni che opprimono le persone, bensì verso la crescita della loro influenza. «Se vogliamo sfuggire alla cattura del mondo grillinio, new Age e manipolatorio conclude Dal Lago dobbiamo tornare all idea di movimento che non comporta alcun telos, e quindi nessun risultato conclusivo». Il movimento è «assenza d opera», categoria desunta dal filosofo francese Jean-Luc Nancy. Per questo si presta a strumentalizzazioni, aggiunge Dal Lago. È vero, ma in quanto assenza d opera il movimento è anche costruzione di potenzialità e rovesciamento della dialettica tra schiavo e padrone, dominato e dominante. Proprio quelle possibilità escluse oggi.

12 pagina 12 il manifesto VENERDÌ 20 DICEMBRE 2013 Fotografia VISIONI All artista iraniana Gohar Dashti è dedicata l esposizione milanese «Inside Out». La difficile realtà del paese rappresentata con un approccio simbolico e poetico Manuela De Leonardis MILANO L a memoria personale è quella di una ragazzina il giorno del suo compleanno, davanti alla torta con le candeline. La luce si spegne e fin qui è tutto nella norma, se non fosse che l azione non è voluta ma subita. La corrente è andata via e le sirene dell allarme antiaereo attaccano il loro grido ossessivo. Intorno a lei gli adulti hanno i volti tesi, consapevoli della gravità della situazione, invece per i più giovani non è che un momento di festa. Le candeline vanno spente, si continua a mangiare, ridere e ballare. Su questa dicotomia tra conflitto e quotidianità è incentrata la poetica di Gohar Dashti (Ahwaz 1980, vive e lavora a Teheran), particolarmente evidente in uno dei suoi progetti più noti, Today s Life and War (2008). «Era come vivere nel paradosso», ricorda la fotografa iraniana a proposito della sua infanzia e adolescenza, trascorse nella sua città natale al confine con l Iraq durante gli anni della guerra Iran-Iraq. Questa serie, insieme ad una selezione di Slow Decay (2010) e Volcano (2012) fa parte della sua prima personale italiana, Inside Il conflitto quotidiano dicotomia dello scatto «Metto a fuoco ciò che è per me la violenza, i ricordi di guerra. Affronto temi sociali e politici, ma non direttamente le questioni del governo» ALCUNE FOTOGRAFIE ESPOSTE A «INSIDE OUT» MOSTRA DEDICATA A GOHAR DASHTI, NELLA FOTO A DESTRA Out da Officine dell Immagine a Milano (la mostra curata da Silvia Cirelli è aperta fino al 24 gennaio 2014). Non si ritiene un attivista Gohar Dashti, solo un artista. «Il mio lavoro, pur affrontando questioni sociali e politiche, non è direttamente coinvolto con le questioni del governo. Si tratta solo delle mie opinioni in cui metto a fuoco quello che per me è in generale la violenza, i ricordi della guerra, il QATAR La principessa ha un budget da un miliardo di dollari «Art Review», la più importante rivista di arte contemporanea inglese, ha reso noto la classifica delle cento personalità più prestigiose e potenti nel mondo dell Arte. Al primo posto quest anno c è la sorella dell emiro del Qatar, Sheikha Al- Mayassa bint Hamad bin Khalifa Al-Thani. Solo l anno scorso ha fatto l acquisizione più «alta» sborsando poco più di 185 milioni di euro per il quadro «I giocatori di carte» di Paul Cézanne. La trentenne principessa è a capo del Qatar Museum Authority, l organismo che racchiude in sé e organizza tutte le mostre, i musei e le manifestazioni artistiche dell intero Paese Arabo. Proprio con questo museo, inaugurato nel 2008, il piccolo Emirato del Medio Oriente punta a diventare il fulcro e il punto di riferimento per tutto il mondo. Il budget della principessa è faranoico e le consente di spendere più di un miliardo di euro l anno per diffondere l arte in Qatar. sentimento di felicità in Iran.» Il suo approccio al soggetto è sempre simbolico e anche quando il messaggio sembra più esplicito, sono le emozioni a trovare le diverse chiavi d accesso. Dopo gli studi di grafica, durante i quali comincia ad entrare in confidenza con la fotografia, Dashti sostiene il difficile esame di ammissione all Università pubblica di Teheran. È incerta se studiare cinema o fotografia, ma alla fine prevale l interesse per l immagine fissa. La sua metodologia di lavoro rimane, tuttavia, strettamente connessa con quella cinematografica. Intanto per lei è fondamentale il lavoro di squadra (anche a Milano l hanno seguita i suoi due assistenti, il fratello Raoof e Hamed Noori). L idea in tutte le sue fasi evolutive, dal passaggio agli schizzi e ai disegni preparatori alla scelta della location e dei modelli, è sempre affrontata e discussa con il team fino al momento dello scatto. L insieme di persone è anche un concetto che torna nel suo lavoro di fotografa - «L idea stessa del gruppo racchiude in sé la potenzialità di un confronto, di un movimento di opinioni che vengono condivise e discusse», afferma - soprattutto negli ultimi due progetti Volcano e Iran, Untitled (2013), al di là dell aspetto stilistico profondamente diverso. Ci sono voluti parecchi mesi per realizzare Iran, Untitled - presentato per la prima volta proprio in occasione di Inside Out - di cui tre solo per lo shooting in un ambiente desertico nei dintorni di Mashhad, a quasi mille chilometri dalla capitale. I colori desaturati restituiscono in maniera realistica gruppi fitti di persone, fotografati a distanza, intenti a fare qualcosa (sposi che ballano su un tappeto, coppie sdraiate su un materasso, giovani che salgono e scendono da uno scivolo ), ma circondati dal nulla. In Volcano, invece, tutte le foto sono state scattate in studio, sotto le forti luci artificiali che annullano la profondità di campo. Il codice linguistico viene direttamente dalla fotografia pubblicitaria dove tutti sono belli, perfetti, sorridenti, felici. Allo stesso modo i personaggi, solitamente serissimi e immersi in un atmosfera pesante, sono ritratti in momenti di ilarità, di spensieratezza innaturale (le studentesse durante la lezione di anatomia, le donne mentre puliscono la verdura e intanto sorseggiano il tè ). La finzione è esaltata dalla presenza di un qualcosa di ibrido che obbliga l osservatore a porsi delle domande senza potersi dare risposte. «Ho voluto mettere in discussione quella che è l apparenza superficiale della vita di oggi in Iran, che spesso viene proposta come serena e allegra, ma questa è solo la visione più superficiale perché si tratta spesso di storie tristi strettamente connesse con la situazione politica e sociale. Quindi è un allegria di cui non ci si può fidare. Infatti in tutte le foto compare una figura coperta, un elemento di disturbo che suggerisce che c è qualcosa che non va.»

13 VENERDÌ 20 DICEMBRE 2013 il manifesto pagina 13 VISIONI ENRICO CARUSO Un riconoscimento anche dalla scienza al grande tenore partenopeo: dal 16 dicembre esiste un Cratere «Caruso» su Mercurio, grazie all'impegno di Mario D'Amore, collaboratore della missione Nasa attualmente su Mercurio e ricercatore a Berlino presso il DLR (Deutsches Zentrum fuer Luft- und Raumfahrt e.v), l'agenzia spaziale tedesca che si occupa delle ricerche nel settore del volo spaziale. DAFT PUNK Il duo francese composto da Thomas Bangalter e Guy-Manuel de Homen Christo - che con «Random Access memories» e il singolo «Get Lucky» hanno sbancato le hit mondiali, si esibiranno ala prossima cerimonia di assegnazione dei Grammy Awards, in programma il 26 gennaio prossimo allo Staples Center di Los Angeles. I Daft Punk sono in lizza nella categoria «miglior album». WALKING DEAD Darabont cita network Amc Il regista e sceneggiatore Frank Darabont e la sua agenzia Caa hanno intentato una causa legale contro il network Amc per quanto riguarda i profitti derivati da «The Walking Dead», il serial televisivo basato sul fumetto di Robert Kirkman, accusando la rete di avere utilizzato pratiche contabili discutibili privando così i partecipanti alla serie dei giusti profitti. Darabont - sositene l accusa «è stato ingiustamente escluso dallo show», e «che questi dovrebbe continuare ad avere un accredito come produttore esecutivo e ha diritto ai proventi di The Walking Dead». ManiFashion QIl blog è troppo griffato La moda corre ai ripari Michele Ciavarella CLASSICA Il direttore con microfono in mano spiega Britten al pubblico Bella lezione di novecento con Antonio Pappano Andrea Penna ROMA D irige Santa Cecilia ha ospitato anche il ciclo di lieder per orchestra «Le ceneri di Gramsci» dell autore tedesco Manfred Trojahn senza bacchetta ma il microfono lo sa maneggiare meglio di chiunque altro. Antonio Pappano si conferma una volta di più un direttore pienamente contemporaneo, vicino al pubblico e all orchestra, lontano dalle distaccate, sacrali presenze dei miti direttoriali del passato anche recente. Anche chi non ama i discorsi dal podio non può che condividere lo sforzo con cui Pappano introduce un pubblico talvolta distratto alla musica contemporanea e persino a pagine tutt altro che ignote del Novecento storico. Così ha fatto, raccomandando perfino l applauso anche per la qualità dell esecuzione, se il pubblico la considera meritevole, nel concerto che martedì (ultima delle tre serate) si è aperto a Parco della Musica con la Sinfonia da Requiem di Britten, passaggio conclusivo delle celebrazioni del centenario britteniano, e in ogni caso scelta di programma ben bilanciata accanto al concerto K 488 di Mozart e alla Prima Sinfonia di Brahms. Fra le influenze che il ventiseienne Britten ha distillato nella Sinfonia da Requiem l esecuzione di Pappano mette soprattutto in luce quelle di Mahler, specie nella danza macabra del Dies Irae centrale, e di Vaughan Williams, senza per questo tradire l originalità del linguaggio di Britten, e la calibrata misura nella costruzione della splendida pagina sinfonica, antiretorica quanto toccante. Un tratto d intensità che contraddistingue anche l esecuzione della Prima Sinfonia di Brahm, la più riuscita di quelle proposte nelle stagioni precedenti con l Orchestra dell Accademia: esecuzione accesa e luminosa, forse a scapito dei passaggi più umbratili e malinconici. Nei movimenti centrali un enfasi danzante esaltava le singole invenzioni melodiche, anche a rischio frammentare in episodi il disegno complessivo della sinfonia, mentre il finale ritrovava, con procelloso entusiasmo, le ragioni e il rigore formale della grande pagina Brahmsiana. Il concerto di Mozart segnava la prima collaborazione con il pianista Radu Lupu, che ha risposto alla lettura orchestrale brillante e sanguigna con un esecuzione assai felice, per asciuttezza leggerezza, totale assenza di manierismi e infine qualità di un suono che appartiene a Lupu e a lui soltanto. Libertà quasi rapsodica e suono di ipnotiche virtù ritrovati poi nell applauditissimo bis mozartiano, la fantasia in re minore K 397. La sala grande del Conservatorio di Santa Cecilia, una delle antiche sedi dei concerti dell Accademia, ha ospitato sabato scorso, per la stagione di Nuova Consonanza, la creazione del ciclo di lieder per orchestra Le ceneri di Gramsci, del compositore tedesco Manfred Trojahn. Una ulteriore benemerenza per Nuova Consonanza, che ha presentato questa prima assoluta al termine di un seminario dello stesso Trojahn, noto e apprezzato didatta, tenutosi nei giorni precedenti al Conservatorio. Poco conosciuto in Italia, Trojahn, è un artista che ha speso un esistenza intera alla ricerca di un linguaggio proprio verso la modernità, rifuggendo le appartenenze alle avanguardie e la negazione aprioristica della tonalità. Non a Stefano Crippa L hip hop che ha da tempo perso le connotazioni originali, trasformandosi (troppo) spesso in un prodotto di marketing dalle iconografie ipertrofiche: macchinone, ragazzoni pompati e tatuati avvinghiati a fanciulle prosperose, qualche volta riesce miracolosamente ancora a sorprendere. E se in Italia il fenomeno si è contaminato con il pop producendo - tranne eccezioni - ibridi stucchevoli, in Inghilterra stiamo decisamente mille passi avanti. Prendiamo Tine Tempah, ventiquattro anni, allampanato ragazzone magro come un giunco (muscoloso però, qui il cliché viene rispettato...). Le origini sono nigerianee, ANTONIO PAPPANO caso uno dei suoi punti di riferimento è sempre stato Hans Werner Henze, la cui influenza si faceva a tratti evidente nella scrittura sapiente e frastagliata delle sei liriche, con un ben dosato equilibrio fra abbandono lirico e plumbee asperità, attentamente modellato sulla parola poetica di Pier Paolo Pasolini, colta nella sua commovente solitudine e unicità. La presenza dell Orchestra da camera musikfabrik, guidata con la consueta sensibilità e precisione da Peter Rundel offriva le migliori condizioni al canto del baritono Dietrich Henschel, interprete elegante e preciso, anche se di voce leggermente aspra, dalla perfetta, perfino troppo esibita, pronuncia italiana. OPERA DI ROMA SINDACATI DI NUOVO SUL PIEDE DI GUERRA Sono pronti a «bloccare tuta la produzione e anche ad occupare il teatro». I sindacati dei lavoratori del teatro dell Opera di Roma (Slc Cgil, Fials Cisal, Libersind Confsal) annunciano, dopo la mancata convocazione del sindaco Marino e contro l ipotesi di un ricorso al fondo Speciale previsto dalla Legge Bray, presidi mobili in Campidoglio e davanti al ministero della cultura. Nel frattempo, il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, ha indicato i nomi per il Cda: sono Francesca Chialà e Paolo Petrocelli. «Sono due professionisti giovani ed esperti - spiega in una nota Zingaretti - con un curriculum vita brillante e poliedrico. La Regione li ha scelti per le capacità finora dimostrate. E in particolare per l entusiasmo e la passione che hanno sempre palesato nelle loro esperienze lavorative». La giornata capitaolina ha visto anche le dimissioni- previste per scadenza di mandato - del presidente del Cda del teatro di Roma Franco Scaglia. CINEMA A Bellocchio e Morandi medaglie Solinas A Marco Bellocchio, Francesco Bruni e all'etnografo cineasta Giuseppe Morandi sono andate le medaglie del Presidente della Repubblica concesse con la sua adesione al Premio Solinas edizione 2013, il riconoscimento che ha lanciato la carriera di tanti sceneggiatori. Assegnati anche i riconoscimenti dei concorsi «Storie per il cinema» e «Documentario per il cinema». Per «Storie per il cinema 2013» di 5 mila euro, vincono ex-aequo Massimo De Angelis con «Il giorno dei fantasmi bianchi - Mexico e nuvole» e Massimiliano Gherzi e Saverio Pesapane con «L'ingegnere». La borsa di studio Claudia Sbarigia è andata a Domenico Davide Pappalardo per «Destinazione sempre», mentre la menzione speciale è stata assegnata a «Dolomite Zen» di Margherita Ferri. Il premio Solinas «Documentario per il cinema» di 7 mila euro, in collaborazione con Apollo 11, è stato invece assegnato ex-aequo a «Nello» di Alessandro Locatelli e «Lupino» di Francois Farellacci e Laura Lamanda. TINE TEMPAH L artista britannico di origini nigeriane pubblica il secondo album «L hip hop? Suona meglio in Inghilterra» ma il suo hip hop si mescola con la dance senza dimenticare la lezione dei grandi del soul. «Cerco di mantenere un approccio originale - spiega - il mio obiettivo è dimostrare che il rap inglese e anche europeo, che rimane sempre ispirato a quello americano, può farcela con le proprie gambe». Nel 2011 Disc-Overy, il duo debutto, era schizzato alto nelle classifiche, aggiudicandosi un British award e una considerazione dell ambiente tanto da portarlo ad esibirsi in festival di prestigio come Coachella e il Glastonbury. Ora è uscito Demostration; titolo provocatorio, visto che tutti lo aspettavano al varco della seconda prova... Sì, perché il disco di debutto gli aveva aperto le strade del mercato a stelle e strisce, dove aveva piazzato oltre un milione U no dei più problemi più discussi della moda di questi anni è l informazione. Un problema che ha una difficile soluzione perché affronta anche il diversissimo panorama che si è formato con l arrivo di Internet che ha costretto alcuni mezzi a orientarsi verso la multimedialità e alla nascita di testate online con caratteristiche le più diverse possibili tra loro. Oltre a una proliferazione di Blog, e di blogger. Messi insieme, questi elementi hanno prodotto un ingorgo incredibile e una confusione di ruoli e di significati simile a un sestetto rossiniano, dove ognuno canta la parte che vuole e chi ascolta comprende poco. Il problema si è talmente ingigantito che alcune organizzatori delle Fashion Week (le settimane delle sfilate che si svolgono soprattutto a Milano, Parigi, Londra e New York) stanno correndo ai ripari per razionalizzare gli accrediti stampa. La prima a muoversi è stata New York che ha annunciato il drastico taglio dei posti riservati ai blogger nelle sale delle sfilate e un aumento dei posti riservati ai giornalisti. La notizia ha provocato delle reazioni molto dure da parte degli esclusi che, sentendosi la New Gard dell informazione, hanno gridato al complotto dei giornalisti, la Old Gard. Il fatto è che negli ultimi cinque anni nei sitting (i posti a sedere) delle sfilate si è assistito a un Circo Barnum di dubbia efficacia sia per l informazione sia per l immagine della moda. Per esempio, qualche anno fa, Tavi Gevinson, una quattordicenne blogger americana vestita, truccata e con i capelli tinti di bianco, veniva accolta alle sfilate con la stessa pompa magna dedicata ai direttori dei grandi giornali di moda senza che a nessuno venisse in mente di chiedere l intervento di un Ente di protezione del fanciullo, vista la trasformazione di una bambina in un fenomeno da baraccone. Dopo di che, è arrivata tutta una deriva di blogger, più o meno maggiorenni, che Suzy Menkes, titolare della sezione Fashion dell International Herald Tribune, ha battezzato «uomini sandwich», perché indossano solo abiti presi in prestito dalle case di moda e scrivono articoli pagati dagli stessi marchi. Ora, i grandi giornali internazionali, a partire dall americano New York Times e dall inglese Telegraph che non pubblicano gli articoli di moda in Cronaca ma in sezioni dedicate (a differenza dei quotidiani italiani, tranne il manifesto), si sono attrezzati mettendo a disposizione dei loro giornalisti le piattaforme multimediali (carta e digitale) per portare l informazione autorevole e competente alla velocità che richiedono i tempi. Un cambiamento culturale dell editoria che in pochissimo tempo ha svelato il reale ruolo di molti Blog di Moda: vetrine online pagate dalle aziende. Gli editori italiani e francesi sono un po in ritardo su questo percorso e non sembrano capire che più che di lotta tra la Old e la New Gard si tratta di difendere, anche per il bene del loro business, la qualità e l indipendenza dell informazione. Il che è davvero molto New Gard. manifashion.ciavarella@ gmail.com fra copie fisiche e digitali. Ma Tine non cade nel tranello ed è convinto che: «Noi europei non ci sentiremo mai come gli americani, siamo profondamente diversi, anche nei suoni. Forse il segreto è cercare di mantenere questa differenza senza voler imitarli a tutti i costi». Non a caso il secondo album - il cui processo creativo ha avuto inizio a Los Angeles, è stato chiuso a Londra: «Il fatto è che quando registro devo sentirmi a mio agio e sinceramente lì le persone sono fin troppo entusiaste e tutto, nelle loro parole, diventa meraviglioso. Così sono tornato a casa perché gli inglesi mi sembrano più realistici». Le influenze? Certo Kanye West è un modello: «Credo che sia riuscito ad avvicinare all'hiphop persone che come me non amavano per forza certi stereotipi, come il modo di vestire con i jeans larghi». Nel disco tante collaborazioni: Dizzee Rascal, Naughty Boy, Emeli Sandè. «Il successo di Disc-Overy mi ha aperto molte strade. Mi piacerebbe in futuro lavorare con James Blake. E perché no, anche con Kanye West...».

14 pagina 14 il manifesto VENERDÌ 20 DICEMBRE 2013 CAMPANIA Venerdì 20 dicembre EVAN DE VILDE Prosegue la mostra fotografica di Evan De Vilde,eclettico artista fondatore dell'archeorealismo. In questi scatti Evan De Vilde, si è divertito a sperimentare nuovi linguaggi nell'ambito della fotografia, facendo ricorso ad una tecnica particolare, poco conosciuta dal grande pubblico, ma di certo apprezzata da estimatori e addetti ai lavori: la scanografia, ottenuta attraverso l'uso di uno scanner opportunamente adoperato. I risultati sono entusiasmanti e talvolta suggestivi. Fino al 30 giugno. Terme Stufe di Nerone, via Stufe di Nerone, 45, Bacoli (Na), EMILIA ROMAGNA Venerdì, 20 dicembre, ore 18 SERATA NAPOLETANA L'Associazione il Manifesto in rete presenta: «Serata napoletana. Una serata per discutere di meridione, di storia del riscatto sociale, di agricoltura e dieta mediterranea, organizzata dal Il Manifesto Bologna». Ne discutono: Gian Mario Anselmi italianista Unibo, Giuseppe Cilento Sindaco di San Mauro Cilento, Raffaele Riccio docente di storia e filosofia, Adriano Turrini Presidente Coop Adriatica. Modera: Gian Franco Nappi associazione Oltre il giardino al termine dellincontro brindisi augurale Alle cena (prenotazioni entro oggi al manifestoinrete@gmail. com, tel Centro sociale anziani Giorgio Costa, via Azzo Gardino 44, Bologna LAZIO Venerdì 20 dicembre, ore 10 TESTIMONI DI GIUSTIZIA Incontro-dibattito con l'associazione Nazionale Testimoni di Giustizia, organizzato e moderato da Sabrina Pisu. Un incontro per dare finalmente voce ai testimoni di giustizia, cittadini onesti, circa 90 in Italia, che hanno denunciato le mafie e sono stati costretti a lasciare per sempre la propria terra d'origine, a trasferirsi in luoghi segreti, rinunciando alla propria vita. Corso Vittorio Emanuele II 349, Roma LOMBARDIA Venerdì 20 dicembre, ore 17 PRESIDIO ANTI MAFIA Un presidio antimafia in prossimità dela prefeettura di Milano (angolo Corso Monforte / Via Donizetti) viene organizzato venerdì in solidarietà con il P.M. Di Matteo e tutto il pool antimafia della Procura di Palermo minacciati più volte di morte da parte di anonimi e per ultimo dal boss stragista Totò Riina. Info: federicoferme69@tiscali.it tel Milano PIEMONTE Giovedì 9 gennaio, ore LA NOTTE DEGLI SCRITTORI In occasione dell ottantesimo anniversario della fondazione della Casa Editrice Einaudi, viene proposta a inizio 2014 «La notte degli scrittori» di e con Carlo Bonini, Giancarlo De Cataldo, Diego De Silva, Valentina Diana, Francesco Piccolo e Wu Ming a cura di Giorgio Gallione. Letture di Rosanna Naddeo e Giorgio Scaramuzzino, conduce Danilo Di Termini. Un progetto del Teatro dell Archivolto e di Giulio Einaudi editore. Maggiiori informazioni al numero telefonico: Teatro Carignano, p.zza Carignano, 6, Torino Tutti gli appuntamenti: eventiweb@ilmanifesto.it L amnistia sotto l albero Rischiamo seriamente di essere secondi persino alla Russia, ora che la Duma ha approvato all unanimità un provvedimento di amnistia. Certamente l iniziativa, partita da Vladimir Putin in persona, ha una valenza celebrativa (i 20 anni della Costituzione russa post-sovietica) e "pubblicitaria" a livello internazionale (gli occhi del mondo puntati addosso per la carcerazione di Pussy Riot e Arctic 30), tuttavia il nostro Paese dovrebbe trarne un severo monito. Gli amici Radicali, nel silenzio mediatico che spesso accompagna le loro battaglie, a Natale saranno in marcia proprio per chiedere che, con l amnistia, lo Stato italiano cominci finalmente a uscire da quella che Pannella chiama ossessivamente "flagranza criminale di reato" in tema di giustizia e di diritti umani negati. Forse, a questo punto, si potrebbe invitare a quella marcia natalizia proprio il presidente Putin: non sia mai che riesca a convincere anche l amico Berlusconi e magari, perché no, il cagnolino Dudù. Allora sì che i media farebbero la fila per dare la notizia e, di striscio, ne gioverebbe - dopo quella russa - anche la giustizia italiana. Pietro Rizzo Matera Alternanza di poltrone Alfano insiste col bipolarismo e Renzi gli fa eco «Garantire l alternanza». Ma bipolarismo e alternanza non sono linee politiche di partito. Alcuni provvedimenti strutturali, decisivi per lo sviluppo civile di un Paese, sono alternativi, ma richiedono tempi lunghi per dare risultati visibili che consentano un giudizio. Due esempi: l istruzione e la salute. Può esserci un indirizzo politico, diciamo di sinistra, che privilegia il «pubblico», con pregi e difetti, o alternativamente uno privato, diciamo di destra o «di mercato». Si può investire nell istruzione pubblica oppure in quella privata, idem per la salute. Ma per vedere i risultati della scelta occorre almeno una decina di anni per la salute, più ancora per l istruzione: come si può pensare di alternare gli indirizzi e i relativi investimenti, magari ogni 5 anni? C è il forte sospetto che l alternanza riguardi solo l occupazione di poltrone. Un po per uno non fa male a nessuno. Franco Ajmar Genova Il Barone non sa volare Al ricordo del «Barone di Münchhausen», mi ha rimandato in queste ore, il giovin signore fiorentino che si appresta anche lui ad andare sulla Luna, dove da tempo riposano le speranze deluse degli italiani. Quelle speranze che il «Barone Renzi-Peter Pan», da me così arbitrariamente battezzato, ha promesso di riportare sulla Terra entro i prossimi due mesi. Capace anche lui come il Barone di Münchhausen di tirarsi fuori dalle sabbie mobili, nel suo caso quelle del potere politico italiano, prendendosi per i capelli, intanto ha deciso di dimostrare di non temerle le sabbie mobili, e «saggiamente», invece di puntare subito come promesso sulla «terra dei fuochi», o su quella «isola che purtroppo c è», (da qui il rinvio all accostamento con l altro nome, dovuto anche per il suo essere eternamente giovane) il «Barone Renzi-Peter Pan» ha fatto visita al gran ciambellano della politica italiana, per dimostrare appunto che.. sa volare. Vittorio Melandri Grazie ma torno in edicola Cari amici, da quando avete inaugurato la nuova versione digitale del quotidiano io non riesco più a leggerlo. La versione Pdf, quella che io utilizzavo quotidianamente, per vostra scelta non esiste più. Alla versione web non riesco ad abituarmi: non si distinguono le notizie di oggi da quelle dei giorni passati, non è possibile dare una scorsa a titoli ed occhielli prima di scegliere quali articoli leggere perché non si capisce mai se abbiamo almeno visto tutti i titoli del giorno. Insomma l accesso via web è una cosa diversa dalla lettura di un quotidiano; a qualcuno potrà piacere di più ma l impressione che io ricavo dalla nuova impostazione è che mi è venuto a mancare qualcosa. Non parlo poi della ridicola «versione sfogliabile» in formato flash che fra l altro non funziona sui tablet Android. In attesa di poter rileggere il mio quotidiano come prima su mezzi informatici, vi auguro buon lavoro e ritornerò a comprarlo in edicola quando mi è possibile. Luca Fini Firenze Riuso dei terreni agricoli In un momento di crisi così acuta e dolorosa è giocoforza scegliere tra le mille cose da fare quelle più urgenti e possibili. Se comincia a spuntare qualche voce di finanziamento governativo al lavoro, per esempio, è necessario incaricare i parlamentari di seguire ogni giorno, testardamente, il percorso dei pagamenti e finanziamenti che il governo decide; fino a che non siano arrivati ai destinatari. E sarebbe necessario che tutto questo percorso fosse reso pubblico attraverso i media. Nel frattempo è urgente avviare lavori nuovi, utili, sani. C è un nuovo avvio nel campo agricolo; da parte di uomini e donne, specialmente per ottenere prodotti di ottima qualità (cosa essenziale ) e biologici; nei modi più agili ed economici possibili. In alcune regioni praticamente non si avvia l attività senza aver prima frequentato un serio corso presso una buona scuola di Agraria. Che da alla fine una certificazione che consente di vendere il proprio prodotto; accompagnata, in alcuni luoghi più fortunati, da una somma per l avvio. I giovani imprenditori tendono a dare molta importanza sia a una esigente formazione teorica sia al patrimonio di esperienza che gli anziani consegnano loro. Qua e là dei sindaci hanno reso disponibili agli agricoltori alcuni terreni pubblici abbandonati, con pratiche abbastanza semplici e veloci che spesso sono a costo zero. Cos è realmente che intralcia nel nostro paese un progetto diffuso, e sagace, di riuso di terreni abbandonati, a cominciare da quelli di pertinenza locale? Chi sarà mai, se non una cittadinanza «libera e pensante», che trova soluzioni adeguate all oggi? Su un altro versante, ma affine, quello della cura del territorio. Oggi - dice chi l ha provato - all atto di ogni costruzione o ristrutturazione di edifici è obbligatoria anche la messa in sicurezza antisismica. Potrebbe essere finalmente l avvio di un programma più sistematico che, ad opera per esempio di Sbilanciamoci, è già stato delineato da anni. Qualche ente pubblico, di fronte alle necessità di una ricostruzione vasta (come la Regione Emilia dopo il terremoto) e impegnativa ha predisposto, a quanto so, una serie di parametri anche di spesa entro i quali devono stare gli interessati alle agevolazioni per ottenerle. Questo da maggiore possibilità di realizzare programmi ampi e induce un controllo più generalizzato dei prezzi. In campo più strettamente industriale e di questi giorni finalmente una buona notizia. Come abbiamo letto i ministri del Lavoro e dello Sviluppo hanno chiamato la Fiom a discutere per una rifondazione del sistema industriale italiano e si avvieranno tavoli per i vari settori. Era ora. Anche Di Vittorio aveva presentato un Piano del lavoro per il suo paese. Dovrebbe nascere intorno a questo un grande dibattito da parte della popolazione; e dei sindaci e di tutti i più attenti enti locali. Carla Grandi Senza fare indagine sociologica astratta e ancor meno dare una schematica interpretazione politica del cosiddetto movimento dei forconi, il quale auspica addirittura una rivoluzione, vale la pena ragionare intorno a una delle poche idee di fondo, almeno sul piano economico, che esso ha avanzato. Si tratta di una sorta di rivendicazione del made in Italy, di un rilancio della piccola e media impresa, dell artigianato, dentro un quadro che resta decisamente competitivo. Anzi dentro tale competizione si ha la presunzione che la piccola imprenditoria possa essere la migliore. Nel programma di Santoro uno dei leader del coordinamento 9 dicembre ha sostenuto che «l Italia ha, anzi aveva, una forza produttiva devastante rispetto agli altri paesi». Nostalgia di un sistema che non esiste le lettere INVIATE I VOSTRI COMMENTI SU: lettere@ilmanifesto.it COMMUNITY NUOVA FINANZA PUBBLICA L economia dei «forconi» Marco Bertorello più. In un libro dall eloquente titolo «Se il piccolo non cresce», scritto dieci anni fa, Fabrizio Onida spiegava come già a partire dai primi anni Novanta si affermasse un inversione di tendenza nelle quote italiane di esportazione. Dagli anni Cinquanta erano più che raddoppiate mentre in meno di un decennio ( ) si erano ridotte di un terzo. Terminato l effetto della svalutazione della lira, il calo era responsabilità non solo dei paesi emergenti e dei nuovi paesi aderenti alla Ue, ma anche dei più antichi concorrenti come Francia e Germania. Indubbiamente per tutto un periodo la frammentazione produttiva del sistema italiano ha rappresentato una risorsa quanto a qualità e tenuta occupazionale, ma tali fattori positivi hanno cambiato di segno al cambiare del profilo dei mercati. Quando il ciclo economico diventa meno favorevole e i mercati si allontanano il profilo industriale necessario modifica i connotati, imponendo nuove gerarchie. Nel nuovo contesto il famoso distretto rischia di essere troppo fragile e volatile. La retorica su «piccolo è bello» perde credibilità. Si affermano forti ricambi dei soggetti industriali dediti alle esportazioni. Nel complesso l industria italiana, pur restando il secondo comparto manufatturiero continentale, non riesce a rappresentare un fattore di coesione sufficiente per una nazione di oltre 60 milioni di residenti. La globalizzazione ipercompetitiva impone il passaggio da strategie puramente di esportazione a quelle di insediamento e radicamento nei mercati di sbocco. Accordi distributivi, reti di rappresentanza, filiali e assistenza in loco, investimenti diretti, per non parlare delle quote di spesa in ricerca e sviluppo necessarie per reggere. Persino in termini di flessibilità l impresa medio-grande ha una resa migliore nel nuovo contesto. L apparato nostrano diventa sempre più de-specializzato e progressivamente si aggrappa all appetibilità di prezzi contenuti su prodotti a basso valore aggiunto. Ne consegue una rincorsa per ridurre il costo del lavoro: l aumento della giornata lavorativa e l intensità della prestazione si collocano dentro un infernale meccanismo di sub-fornitura che stringe la produzione tra modalità e tempi di consegna, facendo scivolare il sistema italiano verso il RIFORME Addio senza rimpianti alla legislatura che doveva cambiare la Costituzione Franco Monaco D entro il gruppo parlamentare Pd ingaggiai una battaglia solitaria contro la violazione della procedura ordinaria di revisione costituzionale contemplata dall'art. 138, la inopinata estensione dell'oggetto della riforma, l'indebita interferenza del governo in una materia di schietta competenza parlamentare. Ancora una volta si è riaffacciato il mito fuorviante della grande riforma: quattro o cinque titoli, quasi tutta intera la seconda parte della Carta. Sono stato tra i pochissimi deputati del Pd a non votare la legge costituzionale istitutiva del Comitato dei quaranta che, appunto in deroga al 138, avrebbe dovuto fare da motore del processo riformatore. Sia chiaro: non sostenevo e non sostengo l'intangibilità della Costituzione, né contesto che adeguamenti puntuali e mirati di essa (appunto revisioni) fossero utili e persino necessari, ma pensavo e penso che si dovesse seguire la procedura ordinaria e concentrarsi sulle poche materie per davvero bisognose di riforma e sulle quali è maturo un largo consenso. In concreto: il bicameralismo, con la riduzione dei parlamentari, e l'aggiustamento del titolo quinto relativo ai rapporti tra Stato ed enti territoriali. Ora, dopo l'abbandono della maggioranza da parte di Fi, esattamente lì siamo tornati. Se si fosse seguito il sentiero ordinario ci saremmo risparmiati tempo e tensioni. Saremmo già avanti nell'iter parlamentare e avremmo evitato l'ostilità di quel mondo politico, civico, culturale - compresa una parte cospicua e qualificata della comunità dei costituzionalisti - da sempre e apprezzabilmente sensibile alla difesa dell'ispirazione e dell'impianto costituzionale. Diciamo la verità, fuor di ipocrisia: quel percorso, autorevolmente sollecitato dall'alto e inscritto nella stessa ragione sociale del governo Letta, era un tributo pagato all'esecutivo delle larghe intese e rispondeva al malcelato proposito di allungare l'orizzonte temporale di esso. È la riprova che non è buona norma mettere mano a impegnative riforme costituzionali all'insegna del tatticismo e dentro uno stato di eccezione. Ma tant'è. Ex malo bonum. Non mi piace fare la parte del pierino, cioè di quello che "io avevo avvertito...". Non potevo prevedere esattamente gli sviluppi politici e la rottura della maggioranza di governo. Ma - questo sì - non ci voleva un genio per immaginare che questa non sarebbe stata una legislatura costituente. Con un parlamento abitato da tre forze pressoché equivalenti e tuttavia tra loro profondamente divise anche e soprattutto sulla visione di una democrazia costituzionale. Domando: come si poteva pensare che avremmo potuto operare una sostanziale riscrittura della seconda parte della Carta - lo chiedo al mio Pd - con chi, come Fi, mette in discussione elementari principi di legalità e propugna una repubblica presidenziale ovvero con chi, alludo a 5Stelle, rifiuta in radice la democrazia rappresentativa inseguendo il mito della democrazia diretta? Era facile previsione un tale epilogo in questo quadro parlamentare e forse, più al fondo, possiamo di nuovo apprezzare le ragioni di vecchi e saggi costituenti - penso a Giuseppe Dossetti - che ci ammonivano su tre punti: 1) si deve distinguere tra potere costituito e potere costituente, il quale ultimo si esaurì con l'assemblea costituente del e dunque non può essere attribuito all'attuale parlamento, titolato semmai a un opera di revisione ex art. 138; 2) il nostro non è tempo propizio per una impresa in senso proprio costituente: difettano in radice le condizioni e la temperie etico-culturale, prima ancora che la legittimazione giuridico-politica; 3) è decisamente improprio applicare la coppia conservatori-innovatori alla materia costituzionale, se non in senso descrittivo: in tema di sostanziale espansione dei diritti e della democrazia la Costituzione sta ancora davanti a noi. basso della scala gerarchica produttiva. Qui si inserisce la crisi attuale, che destruttura ulteriormente il sistema, imponendo strategie di selezione e concentrazione, in cui i meccanismi finanziari affossano ulteriormente i soggetti più deboli e periferici. È difficile ipotizzare un recupero delle condizioni di operai e piccoli e medi imprenditori, se restano inalterate le regole del gioco e si attribuiscono tutti i mali alla sola politica. Per salvare le condizioni di vita di milioni di individui bisogna uscire dalle leggi dell ipercompetizione, provare a immaginare un economia basata su cooperazione e coordinamento. Anziché una «forza produttiva devastante» bisognerebbe auspicarne una capace di salvare la vita del pianeta. Questo sarebbe l inizio di una vera rivoluzione.

15 VENERDÌ 20 DICEMBRE 2013 il manifesto pagina 15 COMMUNITY LARGHE INTESE Sindrome d impotenza del socialismo europeo Nella guerra Telecom Letta tace, Silvio ride Enrico Grazzini E il giorno della battaglia tra Telco e l azionista Fossati. All assemblea la decisione se confermare o cambiare il Cda di un azienda cruciale per le telecomunicazioni I l governo Letta favorisce la svendita di Telecom Italia alla spagnola Telefonica? Oggi l assemblea degli azionisti decide chi comanderà in azienda e quali saranno le sorti della principale società tecnologica italiana. All ordine del giorno la conferma dell attuale consiglio di amministrazione espressione dell azionista di controllo Telco che con il 22,4% del capitale comprende Telefonica, IntesaSanpaolo, Mediobanca e Generali o se invece, come vorrebbe l azionista Marco Fossati, il CdA verrà revocato e verranno nominati nuovi amministratori espressione di una nuova, per ora ancora sconosciuta, maggioranza azionaria. Neppure i maghi potrebbero oggi profetizzare come andrà a finire la durissima e opaca battaglia tra gli azionisti. Incerto appare il destino della società fortemente indebitata (per oltre 28 miliardi). Ma Telecom macina profitti, controlla un gioiello come Tim Brasil, e ha margini operativi ancora elevati sul mercato italiano, pari a circa il 40%, ha quindi notevoli potenzialità nonostante i debiti, e non dovrebbe essere svenduta. Invece venerdì si deciderà se finirà in bocca al suo concorrente, il colosso spagnolo Telefonica, o se vincerà Fossati (e se poi magari interverrà anche la Cassa Depositi e Prestiti per salvare la società italiana). La sorpresa potrebbe venire dal fondo speculativo americano Blackrock che ha acquisito in poco tempo il 9,97% del capitale e che probabilmente nasconde qualche altro azionista estero per ora sconosciuto. Blackrock è però già azionista di Telefonica e quindi potrebbe giocare a favore della società spagnola (fatto che potrebbe generare qualche problema legale). Gli esiti della battaglia tra Telco e Fossati, che ha il 5% delle azioni, sono incerti: infatti gli altri principali azionisti, i fondi esteri, non si sono ancora schierati e i giochi di alleanza sono ancora aleatori. Ma una cosa è invece certa: l assenza strabiliante del governo Letta in una vicenda che deciderà il futuro di un azienda strategica per l economia e per l industria nazionale. Senza il controllo della rete nazionale sarà difficile per l Italia sviluppare un economia basata sull innovazione e sull intelligenza collettiva. Una multinazionale estera non ha interesse a sborsare miliardi di euro per realizzare una nuova rete in fibra ottica che darà profitti solo nel lungo periodo e che perciò riguarda prevalentemente l intervento pubblico. L assenza del governo Letta è il fatto certamente più eclatante e scandaloso di questa guerra azionaria: Telecom è una società privata ma anche in un paese del cosiddetto terzo mondo, anche in Messico e in Brasile, per non parlare della Cina, degli Stati uniti, della Germania e della Francia, i governi intervengono sempre per motivi di politica economica e industriale e di sicurezza nelle questioni che riguardano le reti di Tlc. Pochi giorni fa l autorità brasiliana ha denunciato il conflitto di interesse di Telefonica che da un lato controlla Vivo, il principale gestore brasiliano di telefonini, e dall altro, come socio di Telco, è anche azionista di Tim Brasil, concorrente di Vivo. Grazie all intervento dell autorità brasiliana, Cesar Alierta (il capo di Telefonica) e Julio Linares hanno dovuto dare le dimissioni dal CdA di Telecom Italia e il loro assalto a Telecom è a rischio. Il paradosso è che il governo brasiliano interviene su Telecom mentre il governo Letta tace. E tace forse anche perché Mediaset è socio di Telefonica. Secondo il Sole 24 ore infatti il gruppo Mediaset starebbe studiando un offerta assieme a Telefonica per la pay-tv spagnola Digital+. dell editore Prisa con il 56%, ma partecipata anche da Telefonica e da Mediaset, entrambi con il 22%. Il silenzio di Letta fa nascere il sospetto che il governo voglia ingraziarsi la benevolenza di Silvio Berlusconi impegnato sul fronte spagnolo dando il via libera a Telefonica in Italia. Non a caso Massimo Mucchetti, senatore a capo della Commissione industria, continua giustamente a reclamare l intervento italiano su una questione che non riguarda solo decine di migliaia di lavoratori ocma l intera economia nazionale. Letta potrebbe intervenire presso i principali azionisti italiani, Mediobanca, IntesaSanpaolo e Generali, che stanno svendendo un patrimonio nazionale per poche lenticchie (circa 850 milioni di euro) ignorando di fatto gli interessi della maggioranza degli azionisti. Il governo potrebbe soprattutto intervenire con la Cassa Depositi e Prestiti, la società controllata dal Tesoro. Allo stato attuale la Cdp con un investimento limitato di 2,5 miliardi di euro potrebbe acquisire il controllo non solo della rete ma di tutta Telecom Italia e di Tim Brasil. Non a caso Fossati propone come nuovo amministratore di Telecom Italia anche Vito Gamberale, numero uno del fondo F2i controllato dalla Cdp. Qual è l opinione di Matteo Renzi, il neosegretario Pd, a riguardo? La battaglia è senza esclusione di colpi e sulle intricate vicende di Telecom stanno indagando la Consob, l organismo di vigilanza della borsa, e la magistratura. Esistono infatti fondati dubbi su due operazioni: l emissione del prestito obbligazionario convertibile dell 8 novembre, e la vendita di Telecom Argentina del 14 novembre. Per quanto riguarda il convertendo, la contestazione principale riguarda il trattamento prioritario alla sottoscrizione ottenuto da Telefonica con l esclusione di Fossati. Fossati ritiene inoltre che la vendita della partecipazione di Telecom Italia in Telecom Argentina sia avvenuta con troppa fretta e a prezzi troppo bassi. Ad avvantaggiarsi della vendita (svendita?) sarebbe stata Telefonica, anch essa presente in Argentina. Oggi l assemblea di Telecom Italia chiarirà molte cose ma è probabile che la drammatica vicenda della principale società nazionale di Tlc avrà altre puntate. Germania, Inghilterra, Francia, Austria e paesi dell Est. La sinistra va al governo quando abdica al proprio orizzonte Tommaso Nencioni L a decisione della Spd di favorire in Germania la nascita di una grande coalizione, visti i rapporti di forza tra i partiti e la crisi ideale e sociale della socialdemocrazia, ha molti aspetti di resa incondizionata. Per quanto nella scelta operata dalla Spd via sia molto di tedesco, di inerente cioè tanto alla storia quanto all attualità politico-sociale del paese, essa getta ulteriore luce sul precario stato di salute del socialismo europeo. Che si traduce in una sempre più marcata mancanza di autonomia ideale e di "ragione sociale" rispetto ai gruppi dirigenti del capitalismo, oltre che in percentuali elettorali in netto calo o addirittura risibili, come nel caso della Grecia e di alcune regioni spagnole. Si tratta di una crisi generalizzata, con radici anche di lunghissimo periodo (si può ad esempio sostenere che, per ciò che riguarda il decisivo campo delle scelte internazionali, l utopia di una autonoma politica estera socialista giaccia sepolta fin dal 1914), ma che è deflagrata di fronte all impotenza del socialismo continentale di scendere in campo con un progetto proprio quando più ce ne era bisogno: ovvero al momento di costruire l unità europea, o per lo meno di presentare un disegno autonomo dalla destra, magari perdente nell immediato, ma suscettibile di essere riproposto adesso, nel fallimento eclatante dell "europeismo reale" e delle politiche economico-sociali ad esso sottese. Sul caso inglese, da questo punto di vista, poco c è da aggiungere alla fulminante riflessione di Margareth Tatcher, secondo la quale il New Labour avrebbe costituito il suo maggior successo politico. In Germania, nel corso degli anni Ottanta, la Spd seppe, è vero, elaborare un programma innovativo, eppur fortemente ancorato alla storia e alla pratica del movimento operaio: ma il partito rimase all opposizione finché, con Schroeder, sposò le ricette neoliberali e si fece dettare il proprio programma (a proposito di mancanza di autonomia) da un grande manager dell apparato industriale-finanziario. In Francia, nel corso degli anni Ottanta, il Ps instaurò una sorta di monarchia democratica: ma Mitterrand (di formazione comunque non socialista) dovette rinunziare a buona parte del proprio ambizioso programma economico; nel decennio successivo, poi, la coabitazione tra Jospin e Chirac ha lasciato una eredità ben scarsa alla storia del socialismo continentale. In Austria una grande coalizione è, nella sostanza, al governo dalla fine della seconda guerra mondiale, ed è arduo individuare un impronta socialista autonoma nel consenso diffuso creatosi attorno a quel modello di governo. Nei Paesi dell Est europeo i socialisti, spesso espressione della vecchia nomenklatura comunista, furono precipitosamente richiamati pressoché ovunque al governo nella seconda metà degli anni Novanta, dopo che i partiti direttamente espressione dell opposizione ai regimi avevano data scarsa prova di sé: tuttavia essi poco o nulla fecero per caratterizzare in senso autonomo la propria azione, continuando nella pervicace politica dei loro predecessori di distruzione del welfare, di svendita degli asset di proprietà dello Stato e di benvenuto alle basi Nato. Nei paesi mediterranei, Spagna, Portogallo e Grecia, che a partire dalla fine degli anni Settanta si liberarono da sanguinose dittature di matrice fascista, i socialisti goderono di un ampio e diffuso consenso popolare, e furono in grado di varare alcune riforme di segno progressista, anche grazie al livello minimo di partenza dei rispettivi sistemi di welfare. Ma i gruppi dirigenti della sinistra non comunista, formatisi non tanto nell opposizione interna al regime quanto nelle università e nei centri studi occidentali in Spagna fu preponderante il ruolo giocato dalla Germania federale, in Grecia quello degli Stati Uniti si dettero soprattutto a rafforzare il vincolo esterno, dal duplice punto di vista militare ed economico. Vasti processi di deregulation finanziaria presero allora il via (Manuel Vázquez Montalbán ci ha lasciato, nei suoi romanzi gialli, impietosi ritratti della nuova mappa del potere spagnolo), continuati poi dai loro eredi negli anni Duemila: la crisi finanziaria, la disoccupazione e la precarizzazione straordinarie poco hanno lasciato intatto del caduco mito di Zapatero. In questo panorama, l Italia rappresenta forse il paese in cui meno breccia ha fatto, nell immaginario collettivo e nella pratica politica, il modello e l organizzazione dei socialisti europei. In due epoche diverse, Saragat e Craxi (più il primo che il secondo, per la verità), ne furono l espressione italiana più autorevole, e questo di per sé valse a limitarne l influsso sul movimento operaio. La sinistra maggioritaria fu prima espressione del Pci, e quindi poco contribuì a far crescere nel paese il lievito della socialdemocrazia, poi preda di un "oltrismo" che ha variamente condizionato Occhetto (pur fondatore del Pse col suo Pds), D Alema (col suo vagheggiamento di un "Ulivo mondiale" assieme a quel Cardoso, leader della destra brasiliana poi travolto da Lula) e i fondatori del Partito democratico. Tuttavia, nel corso degli anni Novanta, una qualche sintonia tra sinistra italiana ed europea ha preso ad affermarsi: come si è tentato di illustrare, questo è successo nel momento di maggior crisi dell una e dell altra cioè, verrebbe da dire, nel momento sbagliato. Di questa duplice crisi ora ci troviamo a pagare le conseguenze, ed urge in Italia ed in Europa la messa in campo di un modello nuovo e autonomo che riproponga la valenza della battaglia socialista. Se molto in avanti (troppo in avanti) si è spinta la sinistra italiana nell introiezione del fallimento dei propri orizzonti politico-culturali, anche quella europea dovrebbe finalmente cominciare a ripensare criticamente il proprio passato, pena lo scadimento nell irrilevanza. Abbonamenti 2014 il manifesto DIR. RESPONSABILE Norma Rangeri CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE Benedetto Vecchi (presidente), Matteo Bartocci, Norma Rangeri, Silvana Silvestri, Luana Sanguigni il nuovo manifesto società coop editrice REDAZIONE, AMMINISTRAZIONE, Roma via A. Bargoni 8 FAX , TEL REDAZIONE redazione@ilmanifesto.it AMMINISTRAZIONE amministrazione@ilmanifesto.it SITO WEB: TELEFONI INTERNI SEGRETERIA 576, ECONOMIA 580 AMMINISTRAZIONE ARCHIVIO POLITICA MONDO CULTURE 540 TALPALIBRI VISIONI SOCIETÀ 590 LE MONDE DIPLOM LETTERE 578 iscritto al n del registro stampa del tribunale di Roma autorizzazione a giornale murale registro tribunale di Roma n ilmanifesto fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge n.250 ABBONAMENTI POSTALI PER L ITALIA annuo 320 semestrale 180 versamento con bonifico bancario presso Banca Etica intestato a il nuovo manifesto società coop editrice via A. Bargoni 8, Roma IBAN: IT 30 P COPIE ARRETRATE 06/ arretrati@redscoop.it STAMPA litosud Srl via Carlo Pesenti 130, Roma - litosud Srl via Aldo Moro 4, Pessano con Bornago (MI) CONCESSIONARIA ESCLUSIVA PUBBLICITÀ poster pubblicità srl poster@poster-pr.it SEDE LEGALE, DIR. GEN. via A. 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