FONDATO NEL 1876

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1 GIOVEDÌ 30 APRILE In Italia EURO 1,50 ANNO N > Poste Italiane Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 conv. L. 46/2004 art. 1, c1, DCB Milano Milano, Via Solferino 28 - Tel Roma, Via Campania 59/C - Tel Tecnologie che alimentano il futuro Nuova legge elettorale LE REGOLE COME ATTO DI FEDE di Michele Ainis Più che la fiducia, ormai serve la fede. Un atto religioso, non politico. Un giuramento, non un voto. Ieri il governo ha chiesto (e ottenuto) la fiducia dai parlamentari; ma è come se l avesse chiesta a tutti gli italiani, separando gli infedeli dai fedeli. È infatti questo il retroscritto della legge elettorale: non ne cambio più una virgola, nemmeno quella falsa clausola di salvaguardia che desterà non pochi grattacapi a Mattarella quando dovrà metterci una firma. Non lo faccio perché l Italicum è già il meglio, perché non si può migliorare il meglio. E voi dovete crederci. Noi crediamo alle buone intenzioni del presidente del Consiglio. Ne ammiriamo l energia, ne appoggiamo il progetto d innovare norme e procedure. Ma quando l impeto riformatore investe le stesse istituzioni occorre la ragione, non la fede. E il costituzionalismo alleva una ragione scettica, diffidente nei confronti del potere. Perché ha esperienza dell abuso, sa che l uomo troppo potente diventa prepotente. Non sarà il caso di Renzi, ma può ben esserlo di chi verrà dopo di lui. D altronde le regole del gioco durano più dei giocatori. Da qui il primo dubbio che ci impedisce d ingoiare l ostia consacrata. L Italicum determina l elezione diretta del premier, consegnandogli una maggioranza chiavi in mano. Introduce perciò una grande riforma della Costituzione, più grandiosa e più riformatrice di quella avviata per correggere le attribuzioni del Senato. Ma lo fa con legge ordinaria, anziché con legge costituzionale. continua a pagina 2 FONDATO NEL 1876 Domani con il Corriere Cibo, spreco & persone Cambiare è possibile di Umberto Veronesi e Emma Bonino Un supplemento di 80 pagine in italiano e inglese Riforme Va avanti alla Camera il provvedimento. Quell appello di Boldrini per evitare lo strappo Italicum, sì alla prima fiducia Si divide la minoranza pd: 50 a favore, 38 non votano. Renzi: è la volta buona Il governo incassa la fiducia nella prima delle tre votazioni alla Camera sulla legge elettorale e frena la ribellione della minoranza pd: alla fine i «sì» sono 352, di cui 50 dalla sinistra dem, mentre i dissidenti sono 38, tra cui Bersani e Letta. La presidente della Camera Boldrini: avevo auspicato che non si arrivasse a questa rottura. da pagina 2 a pagina 6 IL RETROSCENA Il premier: gli ex leader non trainano nessuno di Francesco Verderami on farò più mediazioni con la minoranza». Al termine della giorna- «N ta Renzi chiarisce la ragione delle sue mosse: evidenziare la supremazia assoluta all interno del suo gruppo. a pagina 3 GIANNELLI Padova I ragazzi ricordano gli universitari del Kenya La preghiera laica per gli studenti uccisi di Paolo Giordano Q uanto può essere vicina Padova al Kenya? Ottantaquattro studenti nel cortile dell università distesi come i ragazzi africani massacrati dai terroristi. Una preghiera laica per riscoprire la pietà. a pagina 20 «Sono stufo, non disegno più Maometto» Luz, il vignettista che firmò la copertina di Charlie Hebdo dopo la strage a Parigi di Stefano Montefiori on disegnerò più Maometto, non mi interessa «N più». Ad annunciarlo, a meno di quattro mesi dalle strage nella redazione di Charlie Hebdo, è una delle figure più rappresentative di quel giornale, quel Renard Luzier per tutti «Luz» che aveva disegnato la storica «copertina dei sopravvissuti». Ma, spiega, «i terroristi non hanno vinto. Avrebbero vinto se la Francia intera continuasse ad avere paura». a pagina 18 IDEE& INCHIESTE VENEZIA BUROCRAZIA LENTA MOSE IN RITARDO di Sergio Rizzo l Mose, il sistema di dighe I mobili che difenderà Venezia dall acqua alta, sarà pronto con 18 mesi di ritardo, non prima di fine 2018: l inchiesta ha allungato i tempi di politica e burocrazia. a pagina 33 CAPUA COSÌ AGONIZZA L ANTICA ARENA di Gian Antonio Stella palti e muri devastati dalle S erbacce, poco più di 50 mila spettatori all anno. È l agonia dell Arena di Capua, il più grande stadio del mondo romano dopo il Colosseo. a pagina 31 Markaris e i riti del Mediterraneo di Antonio Ferrari all interno del supplemento ENRICO BOSSAN / FABRICA L emozione di essere al centro del mondo di Elisabetta Soglio n avventura lunga sette anni. Il 31 marzo 2008 a Parigi, l Italia di ogni colore politico festeggiava unita l aggiudicazione dell Esposizione del E adesso ci siamo. Un avventura macchiata da polemiche, ritardi, inchieste, scetticismi e proteste. Ma un avventura che ha indubbiamente rimesso Milano e l Italia al centro del mondo. continua a pagina 15 Servizio Clienti - Tel mail: servizioclienti@corriere.it LITIGI E BILANCIO PUBBLICO Poche illusioni, con i nostri conti non ci meritiamo i tassi a zero di Daniele Manca el mondo ci sono banche, N istituzioni finanziarie, investitori che sono disposti a prestarci soldi senza avere in cambio alcun interesse. Non era mai accaduto che il tasso dei Bot, in questo caso semestrali, scivolasse mediamente sotto lo zero. Prestiti a breve termine, si dirà: ma anche ieri il Tesoro ha messo all asta titoli a 5 anni collocandoli tutti con un interesse dello 0,63%. Niente male per un Paese che si è visto rovinare gli ultimi anni da una parolina, spread: la differenza di interessi che dobbiamo garantire a chi compra i nostri titoli rispetto a quelli tedeschi. Peccato che ci meritiamo ben poco questa situazione di tassi zero. continua a pagina 34 La svolta Inzaghi in bilico dopo un altra sconfitta Berlusconi, trattative su Milan e Mediaset Dal Milan a Mediaset. Dalla partita Mondadori agli incontri con Murdoch per le tv. Ad Arcore tornano a sfilare i protagonisti del mondo degli affari, mentre tutta la galassia Fininvest è presa da un fermento che non si ricordava da tempo in Piazza Affari. Il cuore e le energie del fondatore in queste ore sono assorbite dalla vendita del Milan, e quindi dalle trattative con gli interlocutori orientali. Ieri sera la squadra ha incassato l ennesima sconfitta 1-3 a San Siro con il Genoa e oggi Pippo Inzaghi potrebbe lasciare il posto a Cristian Brocchi. Un ultima decisione, da parte di Berlusconi, prima della possibile cessione del club con cui ha vinto tutto. Per poi tornare alle grandi manovre sui media. da pagina 8 a pagina 11 Costa De Rosa, Pica, Ravelli e alle pagine 53 e 54 Bocci Colombo, Monti, Sconcerti Vieni a scoprirle su siemens.com/expo LA NEMESI L anticomunista (forse) salvato dall ex nemico di Aldo Grasso na vita a combattere il U comunismo e poi la più sfacciata e divertita delle nemesi. Comunque vada, nella trattativa per la cessione del Milan ci sono di mezzo i comunisti e corrono molti milioni di dollari. Lo stesso Silvio Berlusconi qualche giorno fa ha sorriso: «Abbiamo toccato il fondo». Se Berlusconi vende a Mr Bee vende anche alla China Citic Bank, istituto di credito legato direttamente al governo cinese. a pagina 9

2 2 Giovedì 30 Aprile 2015 Corriere della Sera Primo piano Le riforme Il governo incassa 352 sì, oggi altre due fiducie. Il premier: grazie, strada ancora lunga Il pianto della deputata dem Fabbri, Sel in lutto. La maggioranza rischia al Senato Renzi supera il primo ostacolo Minoranza pd divisa, 38 i ribelli ROMA Tra lo scrutinio segreto sulle pregiudiziali e la prima fiducia a voto palese, la maggioranza perde «solo» 42 voti potenziali e spazza via, senza fatica, il temuto «incubo di imboscate» sull Italicum che, come da tabella di marcia imposta dal governo, ora vola spedito verso la meta definitiva prevista per lunedì sera o martedì. Matteo Renzi ringrazia anche quella parte di minoranza interna (una cinquantina di deputati di Area riformista) che ha fatto quadrato intorno al governo pur ritenendo indigesta una «legge elettorale da approvare a scatola chiusa senza modifiche»: «Grazie di cuore ai deputati che hanno votato la prima fiducia. La strada è ancora L incidente sfiorato La maggioranza passa per un solo voto al Senato sulla pubblica amministrazione I numeri In nero i sì alla fiducia, fra parentesi il totale del gruppo non partecipano al voto in missione votano no astenuto Ap 29 (33) 3 1 Sc 24 (25) 1 Pd 269 (310) 38 3 I sì 352 Per l Italia-Cd 13 (13) I no 207 GLI ALTRI VOTI DI FIDUCIA L insediamento Il più alto (dopo il primo) Il più basso 378 sì 354 sì 316 sì 220 no 167 no Le lacrime Lasciata l Aula in lacrime, l onorevole pd Marilena Fabbri si sfoga: «Non vorrei passare per la deputata che piange ma per me è stato difficile non votare la fiducia». Misto 16 (37) Sel 1(25) 1 23 Astenuti no astenuto sul astenuto Milleproroghe sullo sblocca Italia Corriere della Sera Lupi e l esecutivo Il centrista: lo scrutinio conferma che non c è un monocolore ma un esecutivo di coalizione lunga ma questa è #lavoltabuona...», ha scritto su Twitter il presidente del Consiglio che incassa (con 352 voti favorevoli, 207 contrari, 1 astenuto) il quarto miglior risultato dall inizio del suo mandato A questo punto, dopo gli altri due voti di fiducia previsti per oggi, gli occhi sono puntati sul voto finale: solo allora si saprà, sul merito della legge elettorale, quanto grande è il dissenso all interno della maggioranza. Così, se alla fine sono stati «solo» 38 i dissidenti del Pd sulla fiducia (oltre i 3 di Alleanza popolare e quello di Scelta civica), la tentazione di Forza Italia è quella di non chiedere più lo scrutinio segreto sul voto finale per rendere più trasparente il ruolo dell opposizione. Ieri, alla chiama per la fiducia, per il Pd non hanno risposto Bersani, Bindi, Bruno Bossio, Civati, Cuperlo, D Attorre, Fabbri, Fassina, Giorgis, Gnecchi, Gregori, Leva, Letta, Meloni, Pollastrini, Stumpo, Vaccaro, Zoggia e altri 18 mentre Speranza ed Epifani erano registrati in «missione»; per Ap non hanno votato Nunzia De Girolamo, Cera e De Mita ma il capogruppo Lupi ha comunque detto che dopo questo voto «il governo non è più un monocolore del Pd»; per Sc assente la Galgano ma il segretario Zanetti promette che pure al voto finale il suo partito sarà unito. I deputati di Sel (Matarrelli ha votato la fiducia) hanno indossato la fascia nera del lutto. Marilena Fabbri (Pd) è scoppiata in lacrime («Per me è stato difficile non votare la fiducia») mentre Enzo Lattuca (il più giovane deputato del Pd) ha deciso di «rispondere alla chiama con rispetto e ammirazione» per chi non lo ha fatto. Su tutti ha vegliato come al solito il capogruppo vicario Ettore Rosato, che è stato anche rassicurante con la minoranza orfana del capogruppo Speranza: «Non ci saranno sanzioni disciplinari per chi non ha votato la fiducia, noi del Pd non conosciamo mica le espulsioni, a differenza di altri». Le parole di Rosato, uno dei candidati per la successione a Speranza, sono state apprezzata da un gruppo della minoranza che in serata ha sciolto la tensione alla buvette davanti a un prosecco: «Adesso dobbiamo riprenderci il Pd, ma sarà una lunga marcia», ha detto la deputata calabrese Bruno Bossio. Il senatore Gotor, invece, ha sfidato via Twitter Rosato: «Aveva previsto 5 no alla fiducia #aggiornapallottoliere». E al Senato, in aula, si è subito accesa una spia di pericolo per Renzi perché, sulla prima questione «di buon senso», il governo ha rischiato grosso sulla legge Madia (Pubblica amministrazione). Un emendamento della Lega sull autonomia idrica dei piccoli comuni montani è stato firmato anche da Federico Fornaro del Pd (che, a suo tempo, non aveva risparmiato critiche di merito all Italicum) e poi è stato votato da una quindicina di senatori dem. Risultato: emendamento leghista respinto per un voto (110 a 109) e solo una provvidenziale mancanza del numero legale ha poi evitato il governo altre prove a rischio sulla legge Madia che sarà votata oggi. «Sarei disonesto se dicessi che c è un collegamento con l Italicum ma ribadisco che sulle questioni di buon senso, e l autonomia idrica lo è, il Parlamento deve poter far sentire la sua voce e il governo non può zittirlo», ha commentato Fornaro. Al Senato i «38 della Camera» sono una ventina. Ma potrebbero fare la differenza quando si voterà di nuovo sulla riforma costituzionale. Dino Martirano Sorrisi Maria Elena Boschi e Renato Brunetta in Aula. Davanti a loro, Ivan Scalfarotto e Andrea Orlando (Benvegnù) L iter Dopo il primo via libera della Camera, a marzo 2014, l Italicum è stato modificato in Senato, dove è passato a gennaio. Ora è di nuovo all esame di Montecitorio per il via libera definitivo Martedì alla Camera la maggioranza ha superato l ostacolo del voto segreto sulle questioni pregiudiziali di costituzionalità, poi il governo ha posto la questione di fiducia sul ddl dell Italicum In segno di dissenso con la linea imposta dal premier Renzi, alcuni esponenti del Pd hanno manifestato l intenzione di non sostenere il governo, uscendo dall Aula Ieri, nonostante la protesta, l esecutivo ha incassato la prima delle tre fiducie (352 i sì) poste sull articolo 1 della legge elettorale Oggi sono in programma altri due voti di fiducia, sugli articoli 2 e 4. Il voto finale sarà probabilmente la prossima settimana Il commento Le regole come atto di fede e l idea fallace di governabilità L SEGUE DALLA PRIMA avessero saputo, i nostri costituenti sarebbero saltati sulla sedia. Loro non volevano questa forma di governo, e infatti ne hanno stabilita un altra. Dunque l Italicum stride con la Costituzione vecchia, ma pure con la nuova. Perché quest ultima toglie al Senato il potere di fiducia, e toglie dunque un contrappeso rispetto al sovrappeso dell esecutivo. Mentre a sua volta dimagrisce il peso dell opposizione: con una soglia di sbarramento fissata al 3 per cento, in Parlamento si fronteggeranno un polo e una poltiglia. Eppure basterebbe poco per trasformare i vizi in altrettante virtù. Alzando la soglia dal 3 al 5 per cento, come avviene in Germania. Distribuendo il premio fra tutti gli alleati, o meglio fra i partiti coalizzati che abbiano superato quella soglia minima, per evitare che in futuro si ripeta quanto sperimentò Prodi con Mastella. Rendendo obbligatorio il ballottaggio se nessuno conquista il 45 (non il 40) per cento dei consensi, in modo che il bonus di maggioranza lo decidano sempre gli elettori, anziché il legislatore. E magari aggiungendo un bonus di minoranza, in premio al secondo partito. Come del resto succede in Champions League, dove accedono le prime due del campionato. Ne otterremmo in cambio un opposizione più forte, non un governo più debole. Nessuno di questi correttivi demolirebbe l impianto dell Italicum. Il presidente del Consiglio tuttavia li ha rifiutati, declamando una parola magica: governabilità. Sta a cuore anche a noi, rendere il sistema più efficiente. Ma la governabilità dipende dalla politica, non dalla matematica. Non basta trasformare i deputati in soldatini, e non basta un deputato in più per conseguirla. La governabilità dei numeri su cui insiste, per esempio, D Alimonte è una formula rozza, oltre che fallace. Quest ultima deriva viceversa dalla legittimazione dei governi, dunque da regole legittime e da politiche condivise. Altrimenti divamperà l incendio, sicché a Palazzo Chigi avremo bisogno d un pompiere. Come disse Leonardo Sciascia in Parlamento (5 agosto 1979): «governabilità nel senso di un idea del governare, di una vita morale del governare». Ma Sciascia è morto, e neanche noi stiamo troppo bene. Michele Ainis michele.ainis@uniroma3.it

3 Corriere della Sera Giovedì 30 Aprile 2015 PRIMO PIANO 3 Il retroscena di Francesco Verderami La scelta Rosy Bindi lascia l aula della Camera per non votare la fiducia chiesta dal governo Renzi sull articolo 1 della nuova legge elettorale. Così facendo non ha risposto all appello, come hanno fatto altri suoi 37 compagni di partito tra cui Pier Luigi Bersani, Roberto Speranza, Enrico Letta e Stefano Fassina (la loro scelta nelle foto del tabellone) (Ansa) Il premier e gli ex leader: non trainano nessuno, è la stessa fronda del Jobs act Sul web Notizie in tempo reale, foto e video sulle votazioni in corso alla Camera dei deputati su corriere.it ROMA Ha resistito per tutta la giornata, ma in Consiglio dei ministri dopo il risultato alla Camera sulla fiducia non si è trattenuto: «Facciamo un po di conti. Sul Jobs act gli assenti della minoranza pd furono trentatrè. Rispetto ad allora, sull Italicum hanno espresso il loro dissenso un ex presidente del Consiglio, un ex presidente del partito e due ex segretari del partito. Bene: a quanti sono arrivati dopo questo annuncio? Quanto fa trentatré più quattro? Ecco. Si può dire che messi tutti insieme Letta, Bindi, Epifani e Bersani hanno aggiunto alla minoranza solo loro stessi». Ora è chiara la premeditazione di Renzi, dalle sue parole si capisce che fin da quando la legge elettorale è arrivata a Montecitorio voleva la prova di forza. E conoscendo i tic dei suoi avversari interni si è servito della fiducia (e dei loro errori) per evitare gli agguati a scrutinio segreto, ma soprattutto per evidenziare la supremazia all interno del gruppo parlamentare: un autentico regolamento di conti, l ennesima appendice alla sfida infinita nel Pd, che offre oggi al premier il dominio della scena e lo consegnerà però a quella che Bersani definisce «la sua nuova condizione: la solitudine. Davanti ai problemi del Paese, da questo momento Renzi sarà solo». In verità il leader democratico ha sempre voluto ballare da solo, ma dopo lo strappo sull Italicum c è una differenza rispetto al passato: i forni di Renzi sono finiti. Chiusa la bottega del Nazareno con Berlusconi, sancito il divorzio in casa con gli ex proprietari della «ditta», al premier non resta che la sua maggioranza. E già ieri il capogruppo di Ap, Lupi, si è affrettato a dire che «non accetteremo più un ritorno alla politica dei due forni», come a voler vincolare il capo del governo a quell «intesa riformatrice che dal Jobs act alla giustizia è stata l unica capace di battere i conservatorismi di destra e di sinistra». Possibile che Renzi si faccia imbrigliare in questo schema, ora che sta per disporre dell arma elettorale? Si vedrà fino a che punto manterrà la sua promessa, «perché da oggi così ha spiegato ai suoi alleati di governo non torno indietro. Dopo quanto hanno fatto con il voto di fiducia, non farò ulteriori mediazioni con la minoranza del mio partito». Una minoranza che nei numeri si è dimezzata, ma che formalmente può ancora avere peso e ruolo negli equilibri al Senato. Non a caso il premier si dispone a rallentare il percorso della riforma costituzionale a palazzo Madama, ed è pronto ad accettare modifiche al testo. Il suo intento è stabilizzare la legislatura, mentre sarà il corso degli eventi a modellare il futuro quadro politico. Oltre le colonne dell Italicum c è infatti la navigazione in acque ignote, e non ci sono mappe che segnalino gli scogli sulla rotta del governo per le incognite sull economia e sull emergenza immigrazione, dove Renzi sta mettendo a dura prova i suoi nervi e le sue doti diplomatiche, se è vero che ha Tweet contro la senatrice M5S Campania, candidato pd insulta Taverna Paola Taverna M5S, 46 anni Bufera in Rete per un tweet. Un candidato campano del Pd, Gerardo Giannone, ha insultato Paola Taverna definendola una «z...». A difendere le senatrice cinquestelle è intervenuto Luigi Di Maio, ricordando l esclusione dalle liste del M5S di un candidato dopo una battuta «infelicissima» sul Pd: «Adesso questo Giannone ha chiesto di Maio farà un passo indietro?». I nodi Sono due gli aspetti dell Italicum che la minoranza del Pd ha contestato. Il primo riguarda i capilista bloccati: nei 100 collegi ogni partito presenta una lista in media di 6 candidati: il primo è eletto in automatico, dal secondo eletto in poi intervengono le preferenze Altro punto contestato, il premio di maggioranza (340 seggi su 630) alla lista, e non alla coalizione, che supera il 40% dovuto trattenersi quando la scorsa settimana il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon si è presentato a Roma con un intervista alla Stampa nella quale confutava il piano italiano per l affondamento dei barconi provenienti dalla Libia. In effetti Renzi è «solo davanti ai problemi del Paese», e da solo deve per un verso fronteggiare il calo di fiducia dei consumatori (con un tesoretto che non c è), e per l altro deve gestire la reazione del tessuto sociale che non assorbe il fenomeno del flusso migratorio. Non c è dubbio che finora il premier sia stato abile a rinnovare la propria luna di miele con l opinione pubblica: lo fece l anno scorso dopo la vittoria alle Europee e ci riproverà quest anno con le Regionali. La scommessa dei suoi oppositori interni ed esterni è vedere come e quanto sarà in grado di reggere al logorio quotidiano. Ma in assenza di alternativa, oggi Renzi mostra i muscoli e fa i conti: «Sul Jobs act ha detto ieri alla riunione di governo quelli della minoranza erano trentatrè. Sull Italicum Letta, Bindi, Epifani e Bersani hanno portato solo loro stessi». «Potevano almeno portarsi un amica», ha commentato un ministro, suscitando l ilarità dei colleghi. Quel ministro era il Guardasigilli Orlando, che un tempo era esponente dell opposizione nel Pd... Tourbillon Automatico Extrapiatto 5377 BREGUET BOUTIQUE VIA MONTENAPOLEONE,19 MILANO /

4 4 Giovedì 30 Aprile 2015 Corriere della Sera

5 Corriere della Sera Giovedì 30 Aprile Primo piano Le riforme Ora a sinistra si evocano i gruppi autonomi L idea che circola tra i «duri». Area riformista lacerata: l ipotesi delle carte bollate per contendersi il marchio Ma sulla scissione i big dell ala dissidente frenano. Bersani: «Non esco dal Pd, è Renzi che ha fatto lo strappo» ROMA «E chi li guida i nuovi responsabili, Scilipoti?» ironizza un bersaniano reduce dalla lunga notte che ha lacerato la minoranza, prima che il giorno spaccasse come una mela anche il Pd. Dalle ceneri di Area riformista nascono due nuove componenti del Pd. Da una parte i 38 «riformisti» (opposizione dura e pura) che non hanno votato la fiducia. Dall altra i nuovi filo-renziani, che si sono smarcati dai «padri» rottamati dicendo sì al governo e professando lealtà con la lettera dei 50: un documento che Nico Stumpo paragona a un «volantino ciclinprop» stile anni 70 e un altra dissidente bersaniana, Enza Bruno Bossio, definisce «falso perché senza firme». Dopo i tormenti e le lacrime potrebbero arrivare anche le carte L intervista di Andrea Garibaldi ROMA «Cominciamo dalla fine: questo è il quarto miglior risultato sulle 17 fiducie chieste dal governo Renzi. E anche se tutti gli assenti avessero votato contro, la fiducia sarebbe passata: prova di solidità della maggioranza». Piero Fassino, sindaco di Torino, segretario dei Ds dal 2001 al 2007 quando il partito si sciolse e diede vita con la Margherita al Pd, due volte ministro. Ma è legittimo porre la fiducia su una legge elettorale? «La domanda è legittima. Ma se, dopo mesi di dibattito, si fosse di nuovo cambiato il testo, la legge sarebbe tornata al Senato: tutto daccapo, sarebbe finita su un binario morto». Questa legge è una buona legge? «Oggi abbiamo un Parlamento in cui nessuno è stato scelto dagli elettori. Con la nuova legge, salvo i capilista, indicati col nome sulle schede, gli altri saranno scelti con le preferenze. Consideriamo che nel Bundestag tedesco le liste sono bloccate dai partiti al 50 per cento, nel Senato spagnolo La protesta L esponente della minoranza dem Pippo Civati, 39 anni, interviene al presidio di Sel contro l Italicum a Montecitorio. Civati non ha votato la fiducia posta dal governo (LaPresse) bollate, perché si litiga anche sul marchio di Area riformista. Adesso nel partito di Renzi tutto può succedere. Dalla costruzione di una agguerrita corrente ulivista che si riconosca in Letta e Bersani (ma anche in Prodi e D Alema) alla nascita di un nuovo soggetto politico. «Renzi ha compiuto un atto grave sul piano democratico, questo strappo lascerà dei segni pensa al dopo Stefano Fassina Sarebbe stupido negarlo. Il congresso è chiuso, ora la minoranza è quella che vota in modo diverso». La nuova fase potrebbe portare alla nascita di gruppi autonomi. «Sul no al provvedimento saremo più di 38», spera Rosy Bindi. Non teme sanzioni? «Se vogliono cacciarci, lo facciano». A sinistra si sono convinti Fassino: bene i più giovani, hanno rifiutato il ghetto Assurdo che non si accetti la leadership di Matteo al 100 per cento». La minoranza pd chiedeva di aumentare le scelte dei deputati tramite preferenze. «Questo è in contraddizione con molte battaglie del centrosinistra, che da tempo considera le preferenze permeabili a clientele e a corruzione. Inoltre, la nuova legge elettorale è stata modificata in questi mesi su input della minoranza pd: premio di maggioranza al 40 anziché al 37 per cento, soglia minima per i partiti non coalizzati dall 8 al 3 per cento». Quindi, secondo lei, la protesta dentro il Pd ha altre mo- tivazioni? «L impressione è che una parte del partito faccia fatica ad accettare la leadership di Renzi. Cosa incomprensibile, vista la sua vittoria alle primarie e poi il 40 per cento di voti superato dal Pd alle elezioni Europee». Trentotto deputati del Pd non hanno votato la fiducia, una ferita aperta? «Sì, ma mi auguro la si possa sanare. Anche perché non si toglie la fiducia al proprio governo a causa di un singolo atto legislativo. Segnalo che esponenti significativi che vengono La polemica sugli F35 Attaccò Pinotti, senatore di Sel si scusa ROMA Nell ottobre dello scorso anno aveva attaccato il ministro della Difesa Roberta Pinotti per l acquisto degli F35 definendola «falsa». Ma adesso il senatore di Sinistra e Libertà Giulio Marcon porge «le più sentite scuse» e in una lettera aperta indirizzata alla stessa Roberta Pinotti e in un comunicato spiega che «le iniziative del ministro della Difesa sono sempre state improntate alla correttezza dei nostri rapporti istituzionali». E, aggiunge il senatore: «Il lessico che ho utilizzato non corrisponde al mio giudizio». dall area Bersani hanno votato la fiducia». Di chi stiamo parlando? «Orlando, Martina, Amendola, Mauri, Damiano, per esempio. Non è un caso che si tratti dei più giovani di quell area. Hanno percepito per primi che non ci si può chiudere nel ghetto del rifiuto». Gli altri cosa faranno dopo questo non voto? «Spero che prendano atto che la loro è una posizione di netta minoranza e tornino a considerare il Pd la loro casa». Si può ipotizzare una scissione? «Non ci ho mai creduto. Non credo che una scissione abbia mercato. La cosa più impopolare in questi anni è dire: fondo un nuovo partito». Ci saranno espulsioni? «Lo escludo. Anche queste procedure appartengono al passato». Bersani ha detto di non riconoscere più nel Pd la sua «ditta». «Mi auguro che sia uno sfogo momentaneo. Il Pd ha bisogno di tutte le energie, di tutti i dirigenti. Chiedo a Bersani e Chiedo a Bersani e agli altri di considerare ancora il Pd il loro partito Non credo in una scissione, chi lo fa rischia la marginalità Non si toglie la fiducia al proprio governo a causa di un singolo atto Spero che capiscano che la loro posizione è di netta minoranza che Renzi stia correndo verso le elezioni anticipate. Cuperlo, che ha perso nel primo voto 7 deputati su 21, pensa che la fiducia avrà «ripercussioni sui tempi della legislatura». E Bindi: «Elezioni più vicine? Chi lo dice non ha torto, l Italicum è un arma che Renzi vuol tenersi per avere le mani libere». Bersani è durissimo, pensa che Renzi stia sottovalutando un precedente che «non porterà nulla di buono» e non accetta, dichiara, che «si zittisca il Parlamento su un tema così». Il presidente dell Emilia Romagna, l ex bersaniano Stefano Bonaccini, comprende il dramma degli ex compagni: «La scissione? È legittimo che qualcuno se ne voglia andare perché non si sente più a casa». Il dilemma di Bersani è che un fondatore del suo calibro non ha alcuna voglia di fare «il nanetto di Biancaneve» in un partito mignon del 3%: «Io non esco dal Pd, bisogna tornare al Pd. È Renzi che ha fatto lo strappo, non io». Ma Alfredo D Attorre non esclude nulla: «Dobbiamo trovarci una prospettiva nuova in tempi brevi». Stumpo frena: «Ci batteremo per costruire un area di minoranza che contenderà a Renzi la guida del Pd». Rancori, veleni, amicizie in pezzi. In termini di rapporti umani e politici chi paga il prezzo più alto è Roberto Speranza, che si è visto sfilar via più di mezza corrente dai «governativi» Martina e Mauri, dopo il drammatico processo subito dai suoi la notte della vigilia. Tra i deputati che non hanno tradito l ex capogruppo si parla molto della presunta «compravendita» da parte dei renziani: un pressing tutto politico per convincere bersaniani e lettiani incerti a passare il guado: «Si sono mossi Renzi, Boschi e Lotti promettendo posti in lista e presidenze di commissione». Damiano e Boccia? «Hanno votato la fiducia...». Il ministro Orlando non fa mistero di aver fatto un paio di telefonate: «Pressing? Ma no... Una è andata bene, l altra no». Lettiane come l ex ministro Carrozza e la sottosegretaria De Micheli hanno votato sì. E c è anche chi è riuscito a resistere, a metà. Lattuca dice di essersi fatto «violenza» per votare la fiducia, ma boccerà l Italicum. Monica Guerzoni agli altri di continuare a considerare il Pd il loro partito, conducendo le battaglie dentro e non fuori». Le fratture dipendono da una gestione troppo sbrigativa e prepotente di Renzi? «Non confonderei l impulsività di carattere con la determinazione delle scelte politiche. Una parte crescente dell opinione pubblica guarda con lontananza e ostilità ai partiti e Renzi sta cercando di invertire la tendenza». In quale modo? «I partiti sono accusati innanzitutto di autoreferenzialità, di privilegiare i loro equilibri interni rispetto al rapporto con i cittadini. Della politica, poi, si pensa che non decide mai, fa riunioni che si chiudono convocando altre riunioni. Renzi è in sintonia con la domanda di una politica capace di decidere, anche senza unanimità». Renzi aprirà alla minoranza sulla riforma costituzionale, il Senato potrà diventare elettivo? «Il governo si confronterà con le proposte esistenti. Ma anche per la riforma costituzionale l obiettivo sarà arrivare fino in fondo, non arenarsi». Lei fa parte dei dirigenti del Pci passati attraverso Pds e Ds. Come sono i suoi rapporti attuali con Renzi? «Ho sempre sostenuto Renzi, perché credo in una sinistra che non abbia paura, che sia capace di misurarsi con il mondo di oggi e si ponga alla guida del cambiamento. Renzi è adatto a questo compito». agaribaldi@corriere.it I nomi Il gruppo del Pd conta 310 deputati, 269 i sì dem alla fiducia. Mancano all appello 41 voti, ma 3 sono assenti «giustificati»: Gianluca Benamati, Francantonio Genovese e Lapo Pistelli Sono quindi 38 le assenze che contano nel Pd. L ex capogruppo Roberto Speranza (foto) risulta in missione, ma aveva già annunciato che non avrebbe votato la fiducia. Così Guglielmo Epifani. Gli altri sono: Roberta Agostini, Tea Albini, Pier Luigi Bersani, Rosy Bindi, Luisa Bossa, Vincenza Bruno Bossio, Angelo Capodicasa, Eleonora Cimbro, Pippo Civati, Gianni Cuperlo, Alfredo D Attorre, Marilena Fabbri, Gianni Farina, Stefano Fassina, Vincenzo Folino, Paolo Fontanelli, Filippo Fossati, Carlo Galli, Andrea Giorgis, Luisa Gnecchi, Monica Gregori, Francesco Laforgia, Enrico Letta, Danilo Leva, Patrizia Maestri, Gianna Malisani, Marco Meloni, Anna Margherita Miotto, Michele Mognato, Delia Murer, Giorgio Piccolo, Barbara Pollastrini, Nico Stumpo, Guglielmo Vaccaro, Giuseppe Zappulla, Davide Zoggia

6 6 Giovedì 30 Aprile 2015 Corriere della Sera Primo piano Le riforme La Nota di Massimo Franco LA MAGGIORANZA MARCIA SULLE MACERIE DEI PARTITI ROMA «Siamo pronti a ogni evenienza...». Entrando nell aula di Montecitorio per presiedere la seduta cruciale della legislatura, Laura Boldrini lascia cadere solo poche parole, che rivelano qualcosa del suo animo. La bagarre della vigilia, con gli insulti dei 5 Stelle e gli attacchi di Sel, hanno lasciato i segni. «Mi dispiace che sia fallita la mia moral suasion» è il grande cruccio della presidente, la quale giorni fa aveva auspicato che non si arrivasse «a questa rottura». Da chi siede sullo scranno più alto della Camera, la decisione del governo di porre la fiducia sulle regole del gioco non è stata vissuta come un passaggio indolore. Prova ne siano le sottolineature di martedì in Aula, quando la presidente ha spiegato perché a norma dell articolo 116 del regolamento e in punta di Costituzione, articolo 72 lei non abbia potuto porre alcun argine alla scelta di Renzi. «Tra le materie escluse dalla facoltà del governo di porre la questione di fiducia non ci sono quelle elettorali» è il leitmotiv dell inquilina di Montecitorio. Ma c è un passaggio che rivela il conflitto che Laura Boldrini deve aver vissuto, tra il sentimento politico e un ruolo Si discuterà a lungo se i 38 voti del Pd contro la fiducia al governo sulla riforma elettorale siano pochi o molti; se Matteo Renzi, imponendo la forzatura, abbia dato mostra di forza o di debolezza; e se davvero in questo caso si tratta di «no che si contano e si pesano», nelle parole di Rosy Bindi, una degli sconfitti. L impressione è che il presidente del Consiglio abbia scommesso sulle divisioni della minoranza e vinto; e che per i suoi avversari interni si apra una fase delicata. Dovranno affrontare non tanto l arroganza di Palazzo Chigi, che pure è evidente, quanto il rischio di apparire irrilevanti. Quando il vicesegretario del Pd, Lorenzo Guerini, parla di «strappo contenuto» e nega azioni disciplinari contro chi ha disubbidito al governo, archivia politicamente lo scontro. Lo declassa, come il ministro Maria Elena Boschi, a qualcosa di fisiologico. Eppure l Italicum rappresenta una svolta, drammatizzata dalla fiducia. Ma quando cinquanta deputati del Pd anti-renzi fanno sapere che voteranno comunque «sì» per senso di responsabilità, la istituzionale che le impone di far rispettare le regole della Camera: «La presidenza, senza entrare nel merito dell opportunità politica, non può che ammettere l esercizio di tale prerogativa». Dove il riferimento all opportunità di una scelta da molti ritenuta divisiva la dice lunga sul suo stato d animo. Vista la gravità del momento, la Boldrini si sta muovendo con grande cautela. Per scongiurare invasioni di campo ed evitare accuse di partigianeria schiva con cura i giornalisti. Ma a Palazzo Chigi non devono aver dimenticato il doppio affondo sul Jobs act. Prima la bacchettata per non aver tenuto «nel dovuto conto» il parere delle commissioni e poi (era il 21 febbraio) la professione di fede «nei ruoli intermedi», come associazioni e sindacati: «L idea di avere un uomo solo al potere contro tutti e in barba a tutto a me non piace, non rispetta l idea di democrazia». Parole che riecheggiano Bersani e altri spaccatura con i fautori del «no» è evidente. E rivela la diversità di obiettivi che si annida tra gli oppositori del premier. È indubbio che colpisca la presenza tra i «no» dell ex segretario Pier Luigi Bersani, dell ex presidente del Consiglio Enrico Letta, dell altro ex segretario Guglielmo Epifani e della stessa Bindi. Ma con i numeri che si sono delineati ieri, c è da chiedersi se davvero esista una fronda ristretta ma «pesante» a Palazzo Chigi; oppure se il ridimensionamento di alcuni esponenti storici del Pd sia stato sancito proprio ieri. L ipotesi di una qualunque scissione è ancora meno verosimile; e si allontana anche quella di elezioni anticipate. Si delinea invece un renzismo deciso a Gli effetti Lo sfaldamento della minoranza dem rende pagante la sfida di Renzi sull Italicum e indebolisce le ipotesi di scissione Fiducia, il rammarico di Boldrini: è fallita la mia moral suasion Divergenze con il Pd, nasce un caso sullo stop ai vitalizi dei condannati Montecitorio Laura Boldrini, 54 anni, presidente della Camera (Lanni) esponenti della minoranza pd. Boldrini spera che dalle riforme di Renzi il Parlamento esca rafforzato, non indebolito. Forse anche per questo ieri da Montecitorio (come da Palazzo Madama) è trapelata la «forte irritazione» dei due presidenti per la velocità con cui il Pd ha comunicato alla stampa la notizia dello stop ai vitalizi ai parlamentari condannati, che doveva restare riservata fino all annuncio ufficiale. Dal poco che filtra da ambienti parlamentari della maggioranza sarebbe stato il vertice del Pd a rendere noto l esito della riunione riservata tra Boldrini, Grasso, il capogruppo «dem» del Senato Luigi Zanda e il questore di Montecitorio Paolo Fontanelli. «Ok Pd a stop vitalizi a condannati», batte l Ansa alle 16.28, bruciando sul tempo la notizia che i vertici di Camera e Senato si riuniranno il 7 maggio per formalizzare la scure sulle pensioni. Tanta rapidità ha sollevato sconcerto sulla rotta Montecitorio-Palazzo Madama, dove tra i parlamentari delle minoranze c è chi usa la formula «quasi padronale» per descrivere l atteggiamento del Pd rispetto al Parlamento. Monica Guerzoni Tensioni A marzo è polemica Renzi-Boldrini. Si parla di riforma della Rai e la presidente della Camera critica l idea del decreto: «Non c è urgenza» Il premier replica: l intervento di Boldrini è fuori «dal perimetro istituzionale» A febbraio tensioni anche durante lo scontro tra governo e sindacati sul Jobs act: Boldrini critica «l uomo solo al comando» utilizzare le debolezze altrui, approfittando della mancanza di una leadership alternativa; e pronto a sfidare i nemici, a costo di prendere iniziative destinate a lasciare lividi istituzionali profondi, e precedenti ingombranti. Forza Italia si vanta della propria compattezza, ma non può nascondersi che l appello alla rivolta nel Pd è caduto nel vuoto. E il Movimento 5 stelle ironizza su un Sergio Mattarella «imbavagliato» al Quirinale. Ma la realtà è che la maggioranza marcia sulle macerie dei partiti: anche del Pd come è stato fino a poco tempo fa. Può permetterselo perché è sostenuta da un Parlamento provocato sulle riforme; e spaventato dall idea di un fallimento. Almeno fino a che non si capirà se la ripresa economica è una finzione o una realtà, Renzi insisterà sulla narrativa della «volta buona»; dei diritti della maggioranza e dei doveri delle minoranze. Il Nuovo centrodestra, alleato renziano, cerca di negare che ci sia «un uomo solo al comando». Eppure, la giornata di ieri dice il contrario. Forse gli avversari dovrebbero cominciare a porsi qualche domanda. Autocritica. Le scelte Vertice senza leader, Rossi vara le liste di FI Alessandra Mussolini corre in Campania ROMA Una riunione breve, presieduta da Mariarosaria Rossi in qualità di tesoriere e amministratore del partito, per approvare all unanimità le candidature per le presidenze delle Regioni e le liste. Una riunione senza il leader, Silvio Berlusconi, rimasto ad Arcore a trattare la vendita del Milan e il futuro di Mediaset. Quasi a rassicurare i suoi che non sta abbandonando la nave, il Cavaliere ha mandato comunque una lettera di ringraziamento letta ai suoi (mancava Verdini), nella quale invita tutti a «impegnarsi al massimo» per la campagna elettorale e annuncia che sta predisponendo visite di sostegno ai candidati. Agenda fitta, se è vero che il coordinatore della Puglia Vitali, che ieri assieme alla candidata Poli Bortone lo è andato a trovare, rivela che il Cavaliere volerà prossimamente in Cina. E se dalla Campania giunge la notizia che Alessandra Mussolini guiderà la lista azzurra, è solo dalla Puglia che potrebbe arrivare un improbabile colpo di scena. Fitto infatti che si è dissociato dal ricorso contro la Rossi fatto da D Anna e respinto con grande soddisfazione dei forzisti (ma per il futuro non sono escluse mosse in questo senso), ieri ha rinnovato il suo appello per un estremo tentativo di accordo, e ha invitato tutti i responsabili dei partiti del centrodestra pugliese a un incontro da lui organizzato per «arrivare a una soluzione». Il problema però è che né Schittulli candidato di Fitto, Fdi e Ncd né Poli Bortone (riconfermata da FI ufficialmente ieri), hanno intenzione di fare passi indietro e Vitali ieri sera fingeva di cadere dalle nuvole: «Un incontro? Non ne so nulla...». Servirebbe un miracolo, ma non ci crede nessuno. P.D.C.

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8 8 Giovedì 30 Aprile 2015 Corriere della Sera Primo piano La holding Fininvest è la holding storica attraverso cui Silvio Berlusconi ha gestito il suo impero, dalle tv (Mediaset) al calcio (Milan), all editoria (Mondadori), alla finanza (Mediolanum). Fanno parte del gruppo anche il Teatro Manzoni e le quote in Molmed (24% circa) e Mediobanca, con il 2% Dopo un riassetto durato anni, le 22 holding originarie che costituivano l azionariato di Fininvest sono state ridotte a sette. Berlusconi ne controlla quattro, pari al 60% circa. I cinque figli Marina, Pier Silvio, Barbara, Eleonora e Luigi hanno il 7,6% circa a testa 86 è l anno in cui Berlusconi ha acquistato il Milan 500 milioni, quanto Taechaubol intende offrire per il 51% del club 3,4 per cento è il calo ieri, di Borsa, del titolo Mediaset La vendita Cessioni e alleanze, Berlusconi ridisegna l impero Dal Milan alla partita delle torri televisive con il piano Mediaset-Rai Way. Il ruolo dei figli L ipotesi di cessione di Premium a Sky e gli intrecci con Telecom Italia e i francesi di Vivendi Sospeso il tempo della polica, Arcore è tornata al centro della vita economica, il luogo fisico dove si decidono i destini di un pezzo importante dell industria italiana dei media e dell intrattenimento, dal Milan a Mediaset, alla Mondadori e si scrive il futuro del gruppo Finivest e di migliaia di lavoratori. A Villa San Martino sembra di colpo lontano anche la stagione di feste e olgettine. Nella residenza settecentesca di Silvio Berlusconi, provincia di Monza e Brianza, sono tornate a sfilare le auto blu dei protagonisti del mondo degli affari, per lo più internazionali, mentre tutta la galassia Fininvest è presa da un fermento che non si ricordava da lustri in Piazza Affari. Mediaset e Mondadori sono al centro di grandi partite, la prima nella convergenza tra contenuti e tlc, vicenda che interessa anche Telecom,Torri Rai e almeno tre gruppi stranieri; la seconda per le mire di conquista di Rcs Libri, acquisizione che farebbe di Segrate un gruppo di stazza europea. E anche se il cuore e le energie del fondatore in queste La galassia Berlusconi Gli azionisti Fininvest Holding italiana 7,65% quinta (soci: Pier Silvio Berlusconi) Holding italiana 7,65% quarta (soci: Marina Berlusconi) Holding italiana 21,42% quattordicesima (soci: Barbara, Eleonora, Luigi Berlusconi) Fininvest 2,07% (azioni proprie) Le televisioni di Federico De Rosa MILANO «Il controllo di Mediaset non è in discussione». Pier Silvio Berlusconi approfitta dell assemblea annuale del gruppo di Cologno per fare chiarezza, dopo le voci che si rincorrono da mesi sul futuro del Biscione. L ultima, che non è solo una voce, riguarda un vertice che si è tenuto lunedì scorso ad Arcore tra Silvio Berlusconi e Rupert Murdoch, confermato dal vicepresidente di Mediaset, presente all incontro insieme a Lachlan Murdoch. Nel segno della continuità. «Incontri di questo livello sono nella norma, i rapporti tra la nostra famiglia e quella Murdoch ci sono sempre stati» ha detto Berlusconi «si è parlato di vari temi». Uno potrebbe essere Mediaset Premium, dossier che gli uomini di Sky hanno studiato a lungo. Di recente si è anche parlato di un possibile interesse per tutta Mediaset. «Noi non Al vertice Marina Berlusconi è presidente di Fininvest e Mondadori mentre Pier Silvio è vicepresidente esecutivo di Mediaset Controllo L impero Berlusconi potrebbe aprire alle alleanze ma il controllo resterà alla famiglia 7,83% Holding italiana terza (soci: Silvio Berlusconi, H.I.Prima, H.I. Ottava) 20,48% Holding italiana ottava (soci: Silvio Berlusconi) 17,15% Holding italiana prima (soci: Silvio Berlusconi) 15,75% Holding italiana seconda (soci: Silvio Berlusconi) Mediaset Fininvest Molmed ore sono quasi del tutto assorbite dalla vendita del Milan, l attenzione del mercato è tutta rivolta al cosiddetto core business, le grandi manovre sui media. Gli uomini della Borsa sono stati i primi a intuire quali sarebbero stati gli effetti della lontananza dell ex Cavaliere da Roma. E la corsa al listino di Mediaset sembra inversamente proporzionale al disinvestimento dalla politica. Con una galoppata «post Nazareno» che ha portato la perfomance degli ultimi sei mesi al 71,76% oltre la soglia dei 4,5 euro, dai 2,2 di fine ottobre. Tra i principali personaggi e interpreti visti in questi mesi ad Arcore, gli ultimi in ordine di tempo sono stati ieri gli aspiranti compratori del Milan. A incontrare Berlusconi e la figlia Barbara sono arrivati il thailandese Bee Taechaubol e soci della cordata della quale fa parte anche China Citic Bank Internayional, Pablo Victor Dana di Ads-Securities, società di servizi finanziari di Abu Dhabi, di James Davies-Yandle, co-fondatore della Global Legends Series. Se andrà in porto la cessione del club rossonero, una passione ormai insostenibile da milioni di perdite all anno, il capitolo grandi vendite potrebbe chiudersi lì. Per il resto dell impero, l ha detto chiaro ieri Pier Silvio Berlusconi, sarà aperto alle grande alleanze ma il controllo resterà alla famiglia. La successione che l ex premier non ha preparato in politica, sembra invece ormai definita in affari. È toccato a Marina, presidente di Fininvest e Mondadori, pochi giorni fa confermare il riassetto e il rinnovato impegno nell editoria. «Quel che è certo è che siamo un gruppo in movimento - ha detto all Ansa la primogenita di Berlusconi -. Insieme alla Mondadori di nuovo in utile, il 2014 ha visto Mediaset tornare a distribuire dividendi. I progetti di crescita sono avviati». Non sarà estraneo al nuovo assetto l amico parigino Vincent Bollorè, anche lui in visita ad Arcore qualche tempo fa, presidente e primo azionista di quella Vivendi che intende diventare una media company leader in Europa, grande azionista di Mediobanca, e in procinto di diventare primo socio anche di Telecom Italia, dove si dice voglia crescere fin quasi al 30%. Quella stessa Telecom che un accordo siglato con la Sky di Rupert Murdoch, altro big appena passato per Arcore, ha già reso una piattaforma di distribuzione di contenuti televisivi. Paola Pica paolapica Mondadori 33,4% 50% 23,956% 2,06% Mediobanca I paletti sul futuro delle tv nel vertice con Murdoch In scena Pier Silvio e Lachlan siamo venditori» ha affermato Berlusconi, ma «tenere coerentemente questa posizione con Sky la vedo difficile» e «partnership di minoranza non ci interessano». Ancora più esplicita la battuta del presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri: «Murdoch in minoranza non lo vedo, nemmeno a giocare a scopa». Capitolo chiuso? Potrebbe anche essere una posizione negoziale. Una risposta all offerta del patron di NewsCorp per Mediaset. Di certo quella dei Murdoch (padre e figlio) ad Arcore non è stata una semplice visita di cortesia. Il mercato dei Confalonieri Il presidente Mediaset: Murdoch in minoranza non lo vedo nemmeno in una partita a scopa La vicenda Il vertice tra Silvio Berlusconi e Rupert Murdoch si è tenuto lunedì scorso. Presente anche il figlio di Murdoch, Lachlan In Italia il Biscione si è mosso con il tentativo finora respinto di scalata a Rai Way, le torri di trasmissione della Rai A.C. Milan 100% 100% Teatro Manzoni Mediolanum 30% d Arco media è in gran fermento e Mediaset è uno snodo strategico. Lo dimostra non solo l attenzione di Murdoch, ma anche quella di Vivendi e le voci su un possibile ingresso del Biscione in Telecom Italia, in chiave convergenza. «Oggi questo tema non esiste» ha tagliato corto il vicepresidente del Biscione. «C è una grande attenzione per noi da parte di gruppi internazionali ha spiegato Berlusconi. Lavoreremo a tutte le possibili collaborazioni mantenendo la certezza che il nostro gruppo resterà italiano». L obiettivo è allargare la geografia del business e le piattaforme di trasmissione. Incluso il satellite, dove Mediaset debutterà nel 2016 con «un offerta dei prodotti più pregiati». La «nostra italianità», ha poi spiegato Confalonieri, è «la base migliore per operare in una dimensione internazionale, innanzitutto europea». La situazione finanziaria, ha aggiunto, «consente di pensare di nuovo a investimenti per crescere in Italia e all estero». In Italia il Biscione ha tentato la scalata a Rai Way. «Il fuoco di sbarramento che ha bloccato l operazione non è del tutto comprensibile e quando le polemiche si saranno placate siamo sicuri che la questione di creare una grande unica infrastruttura italiana per la diffusione del segnale tv tornerà in primo piano» ha detto Confalonieri. Che, intanto, ha rimesso in primo piano l annosa questione delle tassazione degli «over the top», ossia Google, Amazon, Facebook. Il governo «faccia seguire i fatti al progetto di tassare alla fonte i ricavi dei gruppi americani nel nostro Paese ha detto Confalonieri. Si stima che Google dreni risorse pubblicitari per quasi un miliardo e mezzo all anno». Milan A.C. Le mire di Bee il thailandese Dopo 29 anni il Milan potrebbe cambiare presto proprietario. Il finanziere thailandese Bee Taechaubol sta trattando l acquisto del 51% del club rossonero per circa 500 milioni di euro, in cordata con gli arabi di Abu Dhabi Ads Securities e la China Citic Bank controllata dal governo di Pechino. Obiettivo: la quotazione della società a Hong Kong e a Milano Mediaset Sul tavolo i contenuti pay Il gruppo televisivo del Biscione fondato da Berlusconi è in una fase di profondo riassetto. Se l intero gruppo di cui Fininvest controlla adesso il 33,4% non è in vendita, come ha spiegato Pier Silvio Berlusconi, in discussione è la piattaforma Mediaset Premium, titolare dei diritti per la Champions League: Fininvest cerca soci di minoranza. Si parla di Sky, Vivendi, o anche Telecom Italia Mediolanum Il nodo del Tar sul 20% Entro pochi giorni si saprà se il Tar del Lazio avrà dato ragione a Silvio Berlusconi che si oppone alla Banca d Italia che gli ha imposto di vendere il 20% circa di Mediolanum in seguito alla perdita dei requisiti di onorabilità per la condanna per frode fiscale, restando sotto il 10%. La quota nella banca di Ennio Doris vale 1 miliardo. E Mediolanum ha sempre reso buone cedole a Fininvest Mondadori e Ei Towers Libri e antenne dossier aperti I libri di Mondadori e le antenne tv di ei Towers sono i due settori in cui la famiglia Berlusconi appare acquirente e non venditrice. Il gruppo di Segrate ha un esclusiva con Rcs MediaGroup (che edita il Corriere della Sera) per acquisire Rcs Libri. Mentre la società delle torri tv di cui Mediaset ha il 40% è reduce da un opa tentata su Rai Way ma il fronte di un eventuale aggregazione è ancora aperto

9 # Corriere della Sera Giovedì 30 Aprile 2015 PRIMO PIANO 9 L arrivo ad Arcore L automobile che porta Bee Taechaubol oltrepassa i cancelli di Villa San Martino ad Arcore poco prima delle 19 di ieri (Ansa) L offensiva di Bee sul Milan: 500 milioni per la maggioranza Incontro di 4 ore per convincere Berlusconi, che valuta pure l offerta di Lee Contattato Spalletti L idea è Lippi supervisore dell area tecnica, a Miami contatto con Spalletti MILANO C è chi l ha chiamata la notte del Bee-nga, Bee-nga, con una certa irriverenza, perché milioni di tifosi sono poco disposti a scherzare sulla vendita del Milan. Più che altro è stata una notte di riflessione per Silvio Berlusconi. Sarà questo quarantenne che ama postare foto su Instagram con la moglie (anche poco prima di andare ad Arcore), uomo di finanza nato in Thailandia, alle spalle una famiglia che ha fatto fortuna in Australia e gode dell appoggio del governo cinese, il prossimo proprietario del Milan? Bee Taechaubol è arrivato a Villa San Martino poco prima delle 19 e se n è andato alle 23. E per tutta la serata sono filtrate voci che lo definivano molto fiducioso di chiudere subito l operazione. Se ha ragione lo sapremo presto, forse già oggi (si aspetta un comunicato): dipenderà da quanto Berlusconi è rimasto impressionato dalla proposta del broker thailandese, 500 milioni per il 51% del club (con una piccola quota intestata a Bee), un piano che prevede la quotazione del Milan sulla Borsa di Hong Kong e poi su quella di Milano. Berlusconi, in realtà, ha sempre detto di voler ascoltare anche la proposta della cordata concorrente, cinese, guidata da Richard Lee (con cui il patron rossonero dovrebbe aver parlato al telefono ieri mattina) che si dice offra di più (e c è chi mette in relazione la presenza, a Milano, per l Expo, di Zong Quinghou, il miliardario delle bibite). Appare chiaro che Berlusconi ha deciso di liberarsi del suo ex gioiello ed evitare dispiaceri (che magari fanno anche perdere voti) come quelli di ieri sera. «Quest chi l è vera», è la frase in dialetto che Fedele Confalonieri, il presidente di Mediaset, ha scelto per commentare l offerta di Bee. Aggiungendo: «Cina e Thailandia sono il futuro economico». Ad Arcore, a discutere della proposta e a guardare in tv il Milan crollare (chissà se Bee ha chiesto uno sconto), c erano gli uomini Fininvest Pasquale Cannatelli (ad) e Alessandro Franzosi, l eurodeputata Licia Ronzulli che ha svolto il ruolo di mediatrice presentando il broker a Berlusconi, James Davies-Yandle, cofondatore (con Fabio Cannavaro) del torneo di vecchie glorie che Bee sponsorizza, esponenti del fondo di Abu Dhabi Ads e della banca cinese Citic, i due principali investitori. C era anche Barbara Berlusconi, che si è trattenuta a discutere con il padre fino a mezzanotte e mezza. Non c era, perché a San Siro, Adriano Galliani: «Berlusconi ha a cuore il Milan, qualsiasi decisione prenderà lo farà per il bene della società. Se resterò come dirigente? Ho firmato un patto di riservatezza». È proprio il ruolo di Galliani quello più oggetto di discussione: Berlusconi sarà presidente onorario, a Barbara ora ad per la parte commerciale sarà offerto di rimanere, non tutti i consiglieri di Taechaubol sono d accordo nel confermare Galliani (ma è probabile la spunti Berlusconi). Per il resto, le idee sono chiare: mr Bee pensa a Paolo Maldini come ds, anche se l uomo attorno a cui si vuole costruire il settore tecnico è Marcello Lippi. L ex c.t. potrebbe in teoria fare da chioccia ad allenatori inesperti come Oddo e Gattuso (o Cannavaro che però pare voglia restare in Cina), ma c è già stato un contatto, a Miami, con Luciano Spalletti. C è tutto, manca il sì di Silvio. Arianna Ravelli I volti Bee Taechaubol, 41 anni, thailandese, vuole chiudere subito l affare: 500 milioni per il 51% del Milan che sarà quotato sulla Borsa di Hong Kong Ad Arcore ieri sera c era anche Barbara Berlusconi: nei piani di Taechaubol l ad per la parte commerciale dovrebbe restare, non è sicuro che accetti Anche Adriano Galliani potrebbe restare almeno come traghettatore, anche se il suo ruolo è quello messo maggiormente in discussione Il commento L anticomunista salvato dall ex nemico di Aldo Grasso erlusconi salvato dai comunisti. Ci mancava solo questa! Comunque B vada, nella trattativa per la cessione del Milan ci sono di mezzo i comunisti e corrono molti, molti milioni di dollari. Una vita a combattere il comunismo e poi la più sfacciata e divertita delle nemesi storiche. Lo stesso Silvio Berlusconi qualche giorno fa ha ammesso sorridendo: «Abbiamo toccato il fondo, ci tocca vendere ai comunisti». Forse il fondo cui accennava è il fondo d investimento Ads Securities che starebbe dietro i compratori. È vero che i soldi non odorano, però l «ironia della Storia» (Hegel) è sempre un attentato alle buone intenzioni. Se Berlusconi vende a Mister Bee (il thailandese Bee Taechaubol) vende anche alla China Citic Bank, istituto di credito legato direttamente al governo cinese. Pare siano stati esponenti di primo piano del Partito comunista cinese a spendersi per far decollare il progetto. Se vende a Mister Lee, vende direttamente al cinese Richard Lee. Insomma non si scappa dai nipotini di Mao e, come dice Fedele Confalonieri, «Quest chi l è vera. Cina e Thailandia sono il futuro economico». Si sa, i comunisti non sono più i comunisti di una volta: gli oligarchi russi si stanno comprando una bella fetta d Italia e Vladimir Putin è grande amico di Silvio, che gli ha prestato persino il lettone. I comunisti cinesi, poi, non sono più quelli descritti da Michelangelo Antonioni o da Tiziano Terzani. Eppure la lotta al comunismo è sempre stata una fissa di Silvio: «Combatto il comunismo come Churchill combatté il nazismo. Già a 12 anni andavo ad attaccare i manifesti della Dc contro il Pci». Nel 1982, dal palco della festa di Atreju, salutando i i giovani che lo hanno appena ringraziato «per averci salvato dal comunismo», non ha dubbi: «Il comunismo è l ideologia più disumana e criminale della storia». Nel 2000, durante un convegno, ribadisce il concetto: «Mi si accusa di aver detto che i comunisti mangiano i bambini, ma se volete posso dimostrare che hanno realmente mangiato i bambini e fatto anche peggio». Nel 2006 sfiora l incidente diplomatico proprio con Pechino: «Nella Cina di Mao i bambini li bollivano per concimare i campi». «Quanto all Italia, i comunisti non mangiano più i bambini, mangiano e basta». Se la trattativa va in porto l ex Cavaliere ha però promesso di dare alle stampe un opera riparatoria, «Il libro rossonero del comunismo». Balla, Boccioni, Boldini, Crane, Cremona, De Nittis, Fattori, Fontanesi, Lega, Palizzi, Previati, Segantini, Signorini Il Bel Paese L Italia dal Risorgimento alla Grande Guerra dai Macchiaioli ai Futuristi 22 febbraio - 14 giugno 2015 Sponsor ufficiale via di Roma, 13 tel mar.ra.it Comunedi Ravenna Assessorato allacultura RAVENNA 2015

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11 Corriere della Sera Giovedì 30 Aprile Primo piano La storia L AVVENTURA ROSSONERA 29 anni da presidente del Milan per Silvio Berlusconi: è diventato numero 1 della società rossonera il 24 marzo 1986, dopo aver acquistato il club da Giussi Farina, che si dimise da presidente il 13 dicembre trofei vinti dal Milan sotto la gestione Berlusconi: 8 scudetti, 1 Coppa Italia, 6 Supercoppe italiane, 5 Coppe Campioni, 5 Supercoppe europee, 2 Coppe Intercontinentali, 1 Coppa del mondo per club 12 gli allenatori di Berlusconi: Nils Liedholm, Arrigo Sacchi, Fabio Capello, Oscar Tabarez, Alberto Zaccheroni, Cesare Maldini, Fatih Terim, Carlo Ancelotti, Leonardo, Massimiliano Allegri, Clarence Seedorf e Pippo Inzaghi Quella che ormai è giunta ai titoli di coda, per un numero impressionante di stagioni ha avuto le cadenze di un crescendo rossiniano. L epopea berlusconiana ha trasformato il Milan in un club a dimensione planetaria ed è stata caratterizzata da un numero impressionante di trofei (28), tra i quali spiccano soprattutto gli scudetti (8), le Coppe dei Campioni (5). Tra il primo titolo (lo scudetto by Sacchi dell 88) e l ultimo (la Supercoppa di Lega strappata all Inter nel derby pechinese del 6 agosto 2011) sono trascorsi 23 anni, quasi un quarto di secolo in cui Silvio Berlusconi da Sua Emittenza si è trasformato nel più medagliato presidente rossonero. Subentra a Farina La data d inizio di questo periodo d oro viene convenzionalmente fatta risalire al 13 dicembre 1985 con le dimissioni di Giussi Farina, l ultimo anello di una catena che, con la benedizione di Gianni Rivera, aveva portato in via Turati personaggi come Vittorio Duina e Felice Colombo. Il 10 febbraio 1986 Paolo Berlusconi, fratello di Silvio, annuncia: «Abbiamo preso il Milan». Una settimana più tardi, il 17 febbraio, Silvio Berlusconi in persona conferma: «Tenteremo di applicare al calcio le nostre tecniche di gestione e di marketing. Interverremo anche nei particolari. La squadra non ha la divisa, ci vorrà forse un pullman nuovo». Appunti sparsi prima di partire alla conquista del mondo. Il 1 marzo il nuovo padrone sbarca a Milanello. Alle dall elicottero che atterra in mezzo al nevischio scendono anche il figlio Pier Silvio e il quarantunenne Adriano Galliani, l uomo destinato a diventare non soltanto il plenipotenziario della proprietà ma l irrinunciabile punto di riferimento della grandeur rossonera. 1986, l inizio di un epopea La collezione Silvio Berlusconi, 79 anni, mostra i trofei conquistati dal Milan sotto la sua gestione: il numero 1 rossonero ha rivoluzionato il mondo del calcio con le sue intuizioni Stipendi e Cartier Foto di gruppo con Nils Liedholm, l allenatore, con Rosario Lo Verde e Gianni Nardi, gli ultimi rappresentanti di un Milan crepuscolare. Per dare la sveglia Berlusconi si presenta con gli assegni a copertura degli stipendi arretrati, con un calice di Cartier per ciascuno dei giocatori e con l annuncio dell acquisto di Dario Bonetti, cui seguiranno a ruota gli arrivi di Massaro, Giovanni Galli, Galderisi e, soprattutto, quello di Roberto Donadoni, soffiato alla Juve di Giampiero Boniperti. In uno scenario del genere l ascesa al soglio rossonero risulta una formalità: il 24 marzo Fotogrammi Lo sbarco Estate 1986: Silvio Berlusconi sbarca in elicottero all Arena di Milano con il sottofondo della Cavalcata delle Walchirie di Wagner. Si presenta così il 21 presidente del Milan Re d Europa 24 maggio 1989, Barcellona: il Milan di Sacchi batte in finale lo Steaua Bucarest con doppiette di Gullit e Van Basten e conquista la prima Coppa dei Campioni con Berlusconi 1986 Sua Emittenza diventa infatti il ventunesimo presidente del club ma, sorpresa delle sorprese, non all unanimità: tre soci nostalgici di Rivera, 98 azioni complessive su un milione di titoli, votano niet. Sbarco in elicottero Il lucido progetto del Grande Milan parte da qui. «Dando retta al cuore e non alla ragione», Berlusconi manda gradualmente in orbita la sua creatura. C è lo sbarco in elicottero all Arena con la cavalcata delle Walchirie, si materializza lo sconosciuto Arrigo Sacchi, Hateley e Wilkins sono rimpiazzati da Van Basten e Gullit, arrivano il primo scudetto (a Como), la prima Coppa dei Campioni L ultimo abbraccio Berlusconi abbraccia Kakà, uno degli ultimi grandi talenti portati in rossonero, insieme con Boban, Desailly, Savicevic, Weah, Shevchenko, Rui Costa, Pirlo, Ibrahimovic Record di trofei: 8 scudetti 5 Coppe Campioni Sacchi in cattedra e il trio olandese (a Barcellona esodo biblico dei tifosi rossoneri) e la prima Coppa Intercontinentale (a Tokyo, punizione di Evani al 119 ). Arriva tutto. Anche la notte di Marsiglia. E sul tappeto rosso(nero) sfilano Fabio Capello con i suoi Invincibili, Boban, Savicevic, Desailly, Weah, Shevchenko, Gattuso, Rui Costa, Inzaghi, Carletto Ancelotti ambasciatore degli ultimi anni realmente felici, Seedorf, Pirlo, Kakà, Ibra. La discesa arriva però inesorabile e rovinosa e la cessione di Kakà per fare cassa ne è il primo indizio. Oggi il Milan non è più il Milan. E se un allenatore che non sa più che pesci pigliare trasforma la conferenza stampa prepartita in una esibizione bulgara senza contraddittorio davanti alle telecamere del canale sociale significa che tutto è perduto, anche lo spirito originario. È accaduto martedì, vigilia della sfida di ieri con il Genoa. Caro presidente, si affretti a vendere. Quello in cui credeva non esiste più. Alberto Costa L annuncio Abbiamo preso il Milan Tenteremo di applicare al calcio le nostre tecniche di gestione e marketing Cureremo anche i particolari: la squadra non ha la divisa, ci vorrà anche un pullman nuovo...

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13 Corriere della Sera Giovedì 30 Aprile Primo piano Il salvataggio Varoufakis contestato ad Atene Più fondi dalla Bce Il ministro: sono io il negoziatore con l Europa 7,2 miliardi di euro l ultima tranche di aiuti che Atene aspetta dall ex troika e per cui le trattative vanno avanti da febbraio Exharkia è il quartiere anarchico di Atene. Si raggiunge in 20 minuti a piedi dai ristorantini vista Acropoli pieni di turisti, ma è un altro mondo dove anche i greci dei quartieri bene tendono a non andare. Non è solo per i cornicioni pericolanti, i sub affitti ai clandestini, ai disoccupati, lo spaccio h24 e gli okupa, c è dell altro meno concreto fatto di sguardi, gruppetti che si chiudono al passaggio degli sconosciuti, richiami da una via all altra, come fosse una casa, un fortino, una setta. Durante i governi pro austerity, da qui partivano i cortei più violenti. Qui parole come debito, troika, neoliberismo sono anatemi. Eppure proprio qui martedì sera è stato aggredito Yanis Varoufakis, l economista-ministro più anti troika e più anti debito che l Europa abbia mai avuto. «Una trentina di giovani ha raccontato lui stesso mi hanno tirato bottiglie di birra mentre cenavo con mia moglie in una taverna. È stata lei a difendermi, mettendosi tra me e loro. Gridavano vattene dalla nostra zona». Le cose si sarebbero risolte fuori dal locale dove Varoufakis avrebbe dibattuto una quindicina di minuti. C è sempre «uno più puro che ti epura» diceva Pietro Nenni. È capitato a Varoufakis, a un «marxista anomalo» che incanta o irrita per i suoi attacchi alla dottrina dei bilanci in ordine come per il fascino da cattivo ragazzo. Martedì se l è cavata, da oggi avrà di nuovo a che fare con i funzionari dai gemelli ai polsini e invece della moglie Danae Stratou a fargli da scudo ci saranno i ministri e sottosegretari che il premier Alexis Tsipras gli ha messo davanti. «Sono ancora io a dare il tono ai negoziati» ha però dichiarato Varoufakis. E come per dimostrarlo ha spiegato che le trattative sono «molto più vicine all obiettivo di quanto si pensi» e che «una lunga lista di riforme esiste già». Varoufakis ha anche annunciato uno «scudo per il ritorno dei capitali greci all estero», una «voluntary disclosure» con Bankitalia Dal Qe spinta al Pil italiano dell 1,4% in due anni Il Quantitative Easing (Qe, l acquisto di titoli, in particolare di Stato, da parte della Bce) spinge l economia italiana. Per la Banca d Italia l impatto sul Pil sarà pari a quasi l 1,4% tra 2015 e 2016 tra effetti diretti (tassi e prezzi degli asset) e indiretti (calo dell euro e conseguente spinta alle esportazioni): il calcolo è contenuto in uno studio firmato dagli economisti di Bankitalia Pietro Cova e Giuseppe Ferrero. Via Nazionale ritocca dunque le stime delle scorse settimane di un impatto di oltre 1 punto, già compreso nelle ultime previsioni della crescita economica (+0,5% quest anno e +1,5% nel 2016). Il deprezzamento dell euro e del tasso effettivo nominale incideranno per 0,4 punti quest anno e 0,5 il prossimo. una tassa tra il 15 e il 20%. Una misura meno «prociclica» delle tante applicate in passato. I negoziati sono già ripresi ad Atene e oggi si trasferiranno a Bruxelles. Intanto però la Bce ha per l ennesima volta aumentato il fondo di liquidità per le banche greche (Ela) per altri 1,4 miliardi. Il ruolo di Varoufakis potrebbe essere dirimente visto che qualche nota ottimistica è arrivata dalle capitali europei solo dopo l apparente ridimensionamento del ministro. Atene ha necessità dell ultima tranche del salvataggio finanziario internazionale per far fronte ai debiti e non dichiarare bancarotta entro l estate, ma non sembra voler ripercorrere la via dei risparmi che le era stata chiesta. Ieri è stata approvata la legge che riapre la tv pubblica Ert chiusa bruscamente due anni fa. I dipendenti saranno riassunti per un costo di circa 30 milioni l anno. L obiettivo sarà vicino, ma l ultimo miglio appare comunque lunghissimo. Andrea Nicastro La protesta Il ministro greco delle Finanze Yanis Varoufakis con la moglie Dane Stratou. I due sono stati aggrediti in un ristorante di Atene da un gruppo di giovani Il Fisco Tasse a rate per 900 mila contribuenti di Corinna De Cesare agare a rate i debiti con il Fisco: circa la P metà delle riscossioni di Equitalia avviene ormai tramite il pagamento rateale. Come confermano i dati 2014 della società di riscossione che ha accolto 920 mila richieste di rateizzazione per un importo che sfiora i 14 miliardi di euro. Numeri che portano a 2 milioni 765 mila il totale dei piani di rateizzazione attivi, per un importo di circa 29,7 miliardi. Non solo: 50 mila contribuenti hanno chiesto e ottenuto, nel 2014, di potersi avvalere anche della norma «anticrisi» che consente, in particolari condizioni di difficoltà economica, di mettersi in regola in 10 anni anziché in 6, accedendo a un piano ad hoc fino a un massimo di 120 rate. Uno strumento pensato proprio per venire incontro a chi è stato messo in ginocchio dalla crisi di questi anni. A cui si aggiunge la possibilità di compensare le cartelle con i crediti, sia fiscali sia nei confronti della pubblica amministrazione.

14 # 14 Giovedì 30 Aprile 2015 Corriere della Sera Oggi il concerto, domani l inaugurazione Ore 20.30, parte una sfida che durerà sei mesi Nuovo blitz contro gli antagonisti. Alfano: «Rinforzi in arrivo». Maroni: «Non nel sito, sarebbe Fort Apache» 184 Giorni La durata complessiva di Expo 2015 a Milano. L evento apre i battenti domani e chiude il 31 ottobre. Sono attesi circa 20 milioni di visitatori Il dossier MILANO Ieri stavano finendo l eliporto, per dire una cosa che tanto useranno in pochi: oggi ci mettono la H in mezzo e sarà pronto. Già l altra sera col buio hanno fatto la prova generale di suoni, luminarie, fontane, tornelli e naturalmente fornelli (tutti a induzione perché in nessuno dei 130 ristoranti dell Expo c è il gas, ci manca solo quel pensiero): e «ti giuro che con tutto acceso è uno spettacolo», dice il capomastro Pietro Priolo. Alle tre di oggi manderanno fuori tutti i novemila operai degli ultimi giorni (alle 9 di stasera scadrà il loro badge: per vedere l Expo che hanno costruito compreranno il biglietto anche loro) per lasciar spazio ai «bonificatori» di polizia e carabinieri che perquisiranno ogni metro dell area. Dopodiché finalmente, dopo sette anni di attesa, alle di oggi in Piazza Duomo ci saranno orchestrali e coristi della Scala schierati, Lang Lang seduto al piano e Andrea Bocelli davanti a un microfono che in mondovisione daranno il via all Expo Il tutto, oltre che per quanti riempiranno gratis la piazza, in diretta su Rai 1 per tutti gli altri: con Paolo Bonolis e Antonella Clerici a raccontare in anteprima, in collegamento con l area Expo vera e propria, l accensione dei padiglioni. La prima volta in cui si vedranno sul serio. Naturalmente l inaugurazione e l apertura vera sarà domani, officiata dal premier Matteo Renzi nella sua parte «ufficiale» che inizierà alle 12 nello stesso Open Air Theatre da 12 mila posti in cui per mesi si esibirà il Cirque du Soleil, ma in realtà avviata sin dalle 10 con l ingresso del primo visitatore La doppia partita della Farnesina Arrivano dall estero un miliardo di euro e oltre mille ministri «normale». Difficile dire quanti come lui ce ne saranno nel giorno d esordio. Certo è che a quota 250 mila i tornelli si chiuderanno e chi c è c è. Nel prossimo weekend, per darne un idea, le Ferrovie Nord che insieme col Metro sono il principale mezzo pubblico d accesso al sito, di visitatori ne hanno calcolati 130 mila solo per la loro quota. Ieri l area era rastrellata dai mezzi dell Amsa per le pulizie. Solo per portar via gli avanzi di cantiere da Palazzo Italia erano lì 65 uomini. Palazzo Italia di cui, peraltro, si sta valutando se posticipare l apertura al pubblico alle 15 in quanto farà da «campo base» alle centinaia di vip dell inaugurazione ufficiale sorvolata dalle Frecce Tricolori. Tutto questo con un occhio «razionalmente preoccupato ma fiducioso», per dirla col commissario Giuseppe Sala, rivolto ai cortei dei No Expo previsti in concomitanza con l inaugurazione. Ieri nuovo blitz della polizia, perquisizioni negli ambienti antagonisti e del disagio sociale, dodici persone identificate. «Nessun allarme concreto ha detto il direttore generale del Dipartimento informazioni sicurezza, Giampiero Massolo ma l intelligence è al lavoro». Il ministro dell Interno, Angelino Alfano, ha ripetuto che «la prevenzione funziona». Nelle ultime settimane le forze dell ordine già disponibili hanno ricevuto altri rinforzi, militari compresi. «Vorrei dice il governatore Roberto Maroni non vederli anche dentro il sito. Sembrerebbe Fort Apache». Paolo Foschini MILANO Gli Emirati Arabi hanno investito 72 milioni, la Cina 60 (cui però si aggiungono altri 40 dei due padiglioni realizzati dalle proprie aziende) e la Germania 58. Quarantotto ne hanno spesi gli Stati Uniti (che per regolamento interno può ricorrere esclusivamente a fondi di privati e imprese), Giappone, Messico e Russia sono arrivati a 42. Ma ci sono anche i 12 milioni ciascuno di Angola, Argentina e Bahrain, i 9 dell Ecuador. Anche chi non è una superpotenza ha voluto esserci e spendere: 4 milioni per Moldavia, Lituania, Vietnam e Repubblica Ceca. Fino, tra gli altri, al milione di Uzbekistan, Malta e Grecia, e ai 500 mila euro di Montenegro e e Guinea Equatoriale. Il totale è oltre un miliardo di investimenti dei Paesi, diretti o indiretti, cui si aggiungono 96 milioni di varie fondazioni o aziende. Expo è anche un grosso business internazionale e le diplomazie italiane hanno lavorato in questi anni per attrarre investimenti, vendendo il «prodotto» Expo, ma anche il «prodotto» Italia. «Se non fosse attrattivo uno, non avrebbe funzionato neppure l altro», riassume Stefano Gatti funzionario della Farnesina dal 2009 distaccato a Milano prima per dirigere il settore Partecipanti e oggi anche direttore generale del Padiglione Italia. La diplomazia ha lavorato in due diversi momenti: prima del 31 marzo 2008 per promuovere l esposizione e il suo tema, Nutrire il Pianeta Energia per la Vita, nel mondo, andando a conquistare uno ad uno i consensi dei Paesi che poi avrebbero votato Milano invece di Smirne. Poi, per convincere i Paesi a esserci e a investire. Intanto, una precisazione: il calcolo degli investimenti riguarda solo una parte degli Stati rispetto ai 140 che parteciperanno all evento (obiettivo indicato nel dossier di registrazione con cui l Italia si era I numeri Gli investimenti nell Expo da parte dei Paesi (140) è di oltre un miliardo di euro. Non tutti hanno partecipato Nove padiglioni raggruppano i Paesi meno ricchi, ospitati nei «cluster» Fra chi ha investito di più ci sono gli Emirati Arabi (72 milioni), la Cina (60, più 40 dei due padiglioni realizzati dai privati), la Germania (58), gli Stati Uniti (48), il Giappone il Messico e la Russia (42) Ci sono anche Angola, Argentina e Bahrain (12), l Ecuador (9), Moldavia Lituania Vietnam e Repubblica Ceca (4), Fino al milione di Uzbekistan, Malta e Grecia e ai 500 mila euro di Montenegro e Guinea Equatoriale candidata) perché gli altri vengono «ospitati» da Expo nei cosiddetti «cluster» e dovranno soltanto mettere a disposizione un minimo di risorse per coprire la gestione del proprio spazio: novità di questa edizione, infatti, nove padiglioni raggruppano i Paesi meno ricchi intorno a un prodotto o a un clima, dando però anche a loro la possibilità di una vetrina per presentare i propri saperi e sapori, un pezzo di storia e di tradizione. Gli altri, invece, hanno prenotato spazi più o meno grandi, lotti che variano da mille a 5 mila metri quadrati e L ambasciatore Valensise: «Centinaia di eventi promozionali nel mondo hanno dato i loro frutti» poi si sono affidati ad architetti locali o ad archistar internazionali per dare forma al concetto dell alimentazione, interpretandolo sia nelle strutture che nei contenuti presentati. Come riassume l ambasciatore Michele Valensise, «il lavoro capillare, corale e sistematico della Farnesina, con centinaia di eventi promozionali in tutto il mondo, ha dato i suoi frutti. La Farnesina da Roma e attraverso la sua rete estera diplomatico-consolare ha contribuito in misura determinante alla straordinaria dimensione internazionale di Expo, dal successo della candidatura di Milano, alla raccolta di adesioni fino alla firma dei contratti di partecipazione». Altro termometro è quello delle visite di delegazioni straniere annunciate: durante i sei mesi sono attesi all interno del sito espositivo da 40 a 70 Capi Ultimi ritocchi Un operaio lavora agli ultimi ritocchi all interno del padiglione della Cina a poche ore dall inizio di Expo 2015 (foto Italy Photo Press) di Stato o di Governo, oltre mille ministri e un gruppo nutrito di rappresentanti delle varie famiglie reali del mondo. Molti di loro atterreranno a Milano in occasione della giornata dedicata al proprio Paese. All Expo, infatti si sono organizzate 115 giornate nazionali, alle quali si aggiungeranno le «feste» di Expo, dedicate ad alcun prodotti e la giornata sulla lotta allo spreco il 16 ottobre, con la presenza nel sito del segretario dell Onu Ban Ki-moon. E. So. Gratis con il «Corriere della Sera» In edicola domani lo speciale Ottanta pagine (e due lingue) Prima pagina Il dorso di 80 pagine dedicato a Expo 2015 con la copertina firmata da Lorenzo Mattotti. In edicola gratis da domani con il Corriere verrà distribuito per dieci giorni in 16 grandi città italiane Domani, gratis con il Corriere della Sera un dorso di 80 pagine, in italiano e in inglese, su Expo 2015 che si apre a Milano. L inserto verrà distribuito, sempre gratis, per dieci giorni nelle piazze di 16 tra le principali città italiane e, a Milano, anche negli accessi all Expo, oltre che sui taxi e dal servizio Car2Go. Il dorso affronta i grandi temi di Expo: c è l analisi dell oncologo Umberto Veronesi sulla nutrizione, il racconto dei simboli contenuti nell Albero della Vita, a firma di Carlo Sini, mentre l attivista Vandana Shiva parla della sostenibilità. E ancora: le anteprime dei Padiglioni, le istruzioni pratiche per vivere l Expo in Fiera e in città (con mostre ed eventi). Infine, un intervento di Emma Bonino sull impegno da parte delle donne.

15 Corriere della Sera Giovedì 30 Aprile 2015 PRIMO PIANO 15 Il commento Al centro del mondo Cruise, DiCaprio, Sophia Loren Tutti sul tappeto rosso di Milano Il gesto Il saluto di Tina Turner in via Monte Napoleone a Milano. La cantante è arrivata per le celebrazioni del 40 anniversario della Giorgio Armani assieme al marito Erwin Bach (foto Olycom) In città anche emiri e capi di Stato. Tra Expo, Scala e la festa di Armani I volti Una città che si prepara all evento di sei mesi e che celebra anche uno dei marchi più famosi. Ecco alcuni dei personaggi in questi giorni a Milano per l Esposizione universale e per la celebrazione del 40 anniversario della maison di Giorgio Armani: 1 Leonardo DiCaprio; 2 Glen Close; 3 Kasia Smutniak; 4 Margherita Buy; 5 Tom Cruise; 6 Lindsay Lohan; 7 Sophia Loren 5 7 MILANO Tom (Cruise) e Leo (Di- Caprio) sono atterrati a Linate ieri, hanno appoggiato i bagagli e si sono concessi un pomeriggio di relax, prima della cena da Nobu. Tina (Turner)e Glenn (Close) hanno preferito una sessione di shopping nel Quadrilatero, come Lindsay Lohan. Anche Sophia Loren è arrivata in città, come Janet Jackson e Claudia Cardinale. La famiglia reale del Qatar è da tre giorni ospite all Hotel Four Seasons. E tra oggi e domani sono attesi Cate Blanchett, il presidente emerito Giorgio Napolitano, il premier Matteo Renzi, il «collega» francese Manuel Valls. Per un tappeto rosso grande come Milano. E lungo quasi una settimana. Emiri, rockstar, modelle, premi Oscar, capi di Stato, ministri, banchieri. Che sia il concerto inaugurale di Expo oggi in piazza Duomo, la festa per i quarant anni della maison Giorgio Armani sempre oggi, con apertura dell Armani/ Silos in via Bergognone e sfilata la Prima della Turandot alla Scala (domani alle 20) o la cerimonia di apertura dei padiglioni (domani a mezzogiorno, con il premier), Milano non ha mai visto simile spiegamento di celebrities. Già da ieri: party nella boutique Armani di via Monte Napoleone con raffica di fotografie (anche dei passanti) per Margherita Buy, Kasia Smutniak, Eva Riccobono, Pierfrancesco Favino, Vittoria Belvedere, Gabriele Salvatores, Tina Turner, Sophia Loren, Paolo Sorrentino. E visto che «re Giorgio», Expo special ambassador, fa le cose in grande, ecco altri ospiti della soirée di oggi: Cruise e Di- Caprio, Sergio Castellitto, Margaret Mazzantini, Pierce Brosnan, Isabella Ferrari, Raoul Bova, Aishwarya Rai, Zhang Ziyi, Isabelle Huppert, Chris Pine. Giusto per citarne alcuni. Attesi e non confermati: Madonna e Sean Penn. Una giornata sotto i riflettori. Con inviti per pochi ed eventi per tutti: stasera alle 21 in piazza Duomo concerto gratuito per Expo con Andrea Bocelli e Lang Lang. Presentano Antonella Clerici e Paolo Bonolis. Altra musica, domani sera, con la Prima della Turandot alla Scala (sempre per Expo). Sul podio Riccardo Chailly, nel palco reale Napolitano, i ministri Pier Carlo Padoan, Maurizio Martina, Dario Franceschini, il sindaco Giuliano Pisapia, il governatore Roberto Maroni (ancora in forse Renzi). In platea, tra sponsor e delegazioni, Francesco Micheli, Franco Tatò e Sonia Raule, il milionario Gilbert Kaplan, Marco Carrai, Gabriella Magnoni Dompé. Dubbi sul dress code (in lungo come il 7 dicembre?). Ma il sovrintendente Alexander Pereira, pare certo, sarà in smoking. Elisabetta Andreis Annachiara Sacchi SEGUE DALLA PRIMA o ha fatto partendo dal tema dell alimentazione che è stato il segreto L della vittoria di quella giornata francese. Piace parlare di cibo, perché il cibo racconta la storia di un popolo, esprime il suo modo di essere e tramanda le sue tradizioni. Il cibo è colorato, profumato e fonte di piacere. Il cibo è anche un problema per chi non ne ha, per chi ne consuma troppo, per chi non lo abbina ad un corretto stile di vita. Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita significa imparare i saperi e i sapori del mondo in una tavola planetaria ideale racchiusa nel milione di metri quadrati del sito espositivo. E significa interrogarsi su quale futuro avranno i nostri figli e su come sarà possibile superare le disuguaglianze fra ricchi e poveri. Forse per questo motivo intorno all Expo si sono riunite le adesioni, i pensieri e le riflessioni di tante personalità: abbiamo ascoltato il richiamo accorato di Papa Francesco e visto le immagini poetiche di Ermanno Olmi; ci sono stati gli insegnamenti di scienziati come Umberto Veronesi e la testimonianza del Nobel Aung San Suu Kyi; c è l Onu che userà la Carta di Milano, eredità culturale di Expo, per ridefinire gli obiettivi del millennio nella campagna Fame Zero. Ci sono tante donne, quelle riunite dall entusiasmo e dalla caparbietà di Emma Bonino intorno al board di Women for Expo, a ripetere che la terra è madre e la mamma nutre il proprio figlio fin da quando lo ha in grembo. La nutrizione è femminile perché in molte civiltà del passato era la donna a garantire cibo alla propria famiglia e oggi ci sono, in alcuni Paesi in via di sviluppo, storie esemplari di donne che studiano nuove tecniche di agricoltura e creano cooperative di lavoro per dare slancio e speranza alla loro nazione. Queste non sono suggestioni. Questo è un messaggio che può diventare chiave di volta per trasformare l evento da «fiera» a momento storico. Si parte dal cibo e si arriva all acqua, alle nuove energie, all agricoltura sostenibile, al rispetto dell ambiente. Per questo motivo anche il Corriere ha cercato e cercherà di mettersi in gioco: partendo dall idea che anche la buona informazione è cibo per la mente e cercando di approfondire con i contributi più ampi possibili, con inchieste e cronaca, questi temi. Come è legittimo avere dubbi sull utilità di Expo, sui soldi spesi, sulle scelte fatte (le multinazionali a fianco dei contadini, ad esempio), così è legittimo avere fiducia. Pensare che l orgoglio di novemila lavoratori che in queste ore stanno ancora facendo uno sforzo collettivo per arrivare in tempo e bene possa essere da esempio per tutti. Valutare che se il mondo crede all Expo e fa a gara per aggiudicarsi le prossime edizioni, forse dovremmo crederci un po di più anche noi. Augurarsi che le proteste non diventino inutile violenza. Credere che magari quando si apriranno i cancelli un po ci stupiremo, vedremo qualcosa che ci emoziona e torneremo a casa un po più ricchi dentro. Sperare, almeno adesso, non ci costa nulla. Elisabetta Soglio

16 16 Giovedì 30 Aprile 2015 Corriere della Sera Esteri Il terremoto dal nostro inviato Lorenzo Cremonesi Il Nepal allo stremo Viaggiatori in fuga, sherpa senza futuro VALLE DI KATHMANDU «Invece di arrivare, i turisti nel periodo più turistico dell anno se ne vanno. Fanno la coda giorni e giorni, bivaccano nei giardinetti dell aeroporto pur di andarsene il prima possibile. Che ne sarà della nostra economia?», si lamentano sconsolati gli sherpa che accompagnano a valle i loro clienti. Nell intera regione di Kathmandu, tappa obbligatoria per tutti gli oltre stranieri che ormai annualmente visitano il Nepal, la stragrande maggioranza delle strutture turistiche è chiusa. Nella capitale ieri qualche negozietto di mandala, pashmina e articoli da trekking aveva timidamente alzato le saracinesche, ma più che altro per facilitare ai proprietari la possibilità di rimettere sugli scaffali e nelle vetrine impolverate dai calcinacci la merce scaraventata a terra dai sussulti del terremoto. E sono mosche bianche, diciamo approssimativamente uno su trenta. Gli uffici che organizzano i tour in montagna sono sbarrati, come del resto gran parte dei lodge e dei ristoranti minori. Il conto del danno è presto fatto: il turismo rappresenta il dieci per cento della 415 milioni di euro: i finanziamenti chiesti dall Onu a istituzioni e Paesi donatori per far fronte all emergenza dei prossimi 3 mesi in Nepal ricchezza del Paese, vi lavorano ufficialmente oltre nepalesi (ma il dato reale è più alto). E i benestanti sono coloro che hanno a che vedere con i turisti. Basti pensare che un semplice portatore nei trekking può guadagnare 35 euro al giorno, una fortuna visto che il reddito pro capite giornaliero si aggira sui 6 euro. Ora tutto questo risulta fortemente pregiudicato. «Una catastrofe. Ci vorranno un paio d anni per rimetterci in sesto. Ma sino ad allora non resta che stringere la cinghia e resistere», afferma Anil Sapkota, Salvo Il neonato di quattro mesi estratto vivo ieri dalle macerie della sua casa a Bhakhtapur, nella valle di Kathmandu, ferito ma non in pericolo di vita noto operatore 38enne di Bhakhtapur, la città di mattoni rossi, legni pregiati, pagode e templi indù che ha uno dei centri storici più belli della regione. Arrivandoci sulla nuova superstrada dalla capitale si stenta a credere che possa essere tanto danneggiata. Qui gli edifici sono spesso rifatti, le strade pulite, il benessere indotto dal turismo è subito evidente. Ma, una volta superata la caratteristica piscina antica 300 anni di Guhya Pokhari tanto vasta e fonda da attirare i pescatori locali, le rovine di piazza Durbar fanno venire le lacrime agli occhi. Non c è palazzo che non sia colpito, se non distrutto del tutto in montagne di mattoni color ocra e spezzoni di legni intarsiati. A terra pezzi di intonaco con gli immancabili bassorilievi erotici dell arte indù, gli elefanti di pietra, gli idoli che hanno fatto grande nei secoli la «città dei devoti». Una trentina di metri del «Palazzo dalle 55 Finestre» sono sbriciolati. Crollato su se stesso il tempio dedicato a Shiva. «Tutte le strutture più vecchie di mezzo secolo hanno subito danni», aggiunge Sapkota. Il quale però non si scoraggia: «In Oriente abbiamo viso catastrofi peggiori. Lo tsunami ha devastato le coste di Thailandia, Sri Lanka e Indonesia. Sembrava un colpo mortale per quelle economie. Pure, due anni dopo i turisti sono tornati più numerosi di prima». Un interpretazione più fatalistica arriva da Jamlin Norgay, figlio cinquantenne del celeberrimo Tenzing Norgay, lo sherpa che nel 1953 giunse sulla vetta dell Everest con Sir Edmund Hillary. Ieri lo abbiamo incontrato per caso all aeroporto di Kathmandu mentre attendeva di imbarcare per New Delhi dieci ragazze: una spedizione promossa dal governo indiano che, a causa del terremoto, si è dovuta interrompere a quattro giorni di marcia dal campo base dell Everest. «Già mio padre pensava che gli uomini stessero violando i territori delle divinità che risiedono sul Tetto del Mondo. Ora la montagna si vendica», dice. L altra sera lui e il figlio di Hillary, Peter, si sono visti a cena in un piccolo hotel del villaggio di Lukla per coordinare gli aiuti alle famiglie degli sherpa isolate da frane e slavine. I figli dei due primi scalatori dell Everest adesso vorrebbero salvarlo dall assedio degli uomini, che a suon di banconote sognano di comprare la salita «facile» alla cima, ma nel contempo si preoccupano del benessere degli sherpa, che garantiscono questo obbiettivo. La missione sembra impossibile. Il commento Gli aiuti umanitari da Cina e India: debutta la «diplomazia del disastro» di Guido Santevecchi primi a mobilitarsi per I soccorrere il Nepal sono stati gli indiani. Già sabato pomeriggio hanno organizzato un ponte aereo con Kathmandu, nonostante la loro protezione civile fosse sotto pressione perché le onde del terremoto hanno causato distruzioni e decine di morti anche nelle regioni dell India. Si sono mossi con rapidità ed efficienza anche i cinesi, con centinaia di soccorritori specializzati nella ricerca di sopravvissuti (e anche Pechino doveva contemporaneamente far fronte ai danni subiti nel suo Tibet). Queste belle prove di solidarietà, però, non sono disinteressate. India e Cina si sfidano da anni per la supremazia geopolitica in Nepal. E Pechino ha visto nel disastro di questi giorni un opportunità per superare i rivali dell India. Quale che sia il fine strategico, resta il fatto che le due potenze regionali stanno aiutando il piccolo e povero vicino in questa catastrofe. Ma la Cina sta giocando la partita con una certa spregiudicatezza, o almeno il governo di Kathmandu sta gestendo il flusso dei soccorsi internazionali in modo da non dispiacere a Pechino. Taiwan ha rivelato che la sua offerta di aiuto umanitario immediato è stata respinta dal Nepal: gli aerei inviati da Taipei sono stati bloccati con la motivazione che l aeroporto di Kathmandu era ormai intasato e sarebbe stata data la precedenza ai voli provenienti dai Paesi vicini. La spiegazione avrebbe una sua logica, se nel frattempo non fossero stati accolti gli apparecchi inviati da Stati Uniti ed Europa e anche dal Giappone, decisamente più lontani di Taiwan dalla zona di operazione. Il fatto è che Taiwan è sempre considerata dalla Cina una provincia ribelle, non uno Stato sovrano: quindi, meglio non irritare Pechino. C è un altra questione piuttosto cinica: in Nepal vivono (vivevano) almeno 20 mila rifugiati tibetani, mai ufficialmente censiti da Kathmandu, sempre per non creare risentimenti da parte cinese. Che sorte hanno subito questi rifugiati-fantasma del Tibet concentrati nei villaggi intorno all epicentro del sisma? Gli esperti di geopolitica hanno definito queste manovre «diplomazia del

17 Corriere della Sera Giovedì 30 Aprile 2015 LA LETTERA RITROVATA Lo Porto: «I pachistani, gente meravigliosa» Caro Beppe, ho visitato tre settimane fa Srinigar, la capitale turistica del Kashmir indiano e mi sono innamorato della gente, della cultura e dei paesaggi di quella regione. Là mi sono convinto anche di visitare il Pakistan e in meno di due giorni mi trovavo a Delhi con il mio bel visto pachistano e tutto eccitato per la nuova esperienza. Nonostante i vari avvertimenti di alcuni amici di non andare, io mi sono innamorato della gente del Pakistan. Ho trovato qui le persone più ospitali e amichevoli di tutta l Asia. Per la prima volta in un anno qualcuno si offriva di pagare a me e alla mia compagna di viaggio il tè, il biglietto del bus oppure la colazione. Pensare di etichettare come terroristi 150 milioni di persone per colpa di alcuni è ridicolo, un po come etichettare tutti i siciliani mafiosi (io sono di Palermo e mi capita spesso di sentire un affermazione del genere). Adesso mi trovo nella stupenda valle di Hunza nel nord del Pakistan, mi ritengo più che fortunato nell essermi trovato nel posto giusto al momento giusto; non lontano, a 300 chilometri, ci sono circa 40 mila persone che sono morte in mezza giornata. Qui siamo una trentina di turisti bloccati in una cittadina aspettando che la strada per Islamabad venga riaperta. Nel frattempo, oltre alle belle passeggiate nella valle, passo il tempo anche visitando vari siti Internet per tenermi aggiornato sulla situazione. Leggo Italians quasi ogni giorno, e devo dire che mi ha stupito un poco nel non trovare dopo quattro giorni nessuna lettera di solidarietà per il popolo pachistano. Giancarlo Lo Porto Ottobre 2005 Sul campo Giovanni Lo Porto, che in famiglia veniva chiamato Giancarlo (tanto che lui stesso si firmava con questo soprannome), lavorava per una Ong tedesca. E rimasto ucciso in un raid di un drone americano in Pakistan a gennaio Il commento di Beppe Severgnini ESTERI 17 Un professionista lasciato solo Da vivo e anche da morto I eri è ricomparsa una lettera. Quella che Giovanni Lo Porto scrisse a Italians nell ottobre Il cooperante italiano si trovava nello stesso Paese dove, dieci anni dopo, sarebbe stato ucciso in un raid antiterroristico americano: il Pakistan. La ripubblichiamo. È una lettera che dovrebbe farci riflettere. Chi l ha scritta era un giovane uomo all epoca Lo Porto aveva 30 anni innamorato del Pakistan, dell Asia, della cooperazione, degli altri popoli. Voleva diventare un esperto. Ci era riuscito. Aveva preso una laurea in Gran Bretagna e un master in Giappone. Aveva ricoperto incarichi a Haiti e in Centrafrica, prima di raggiungere le montagne del Pakistan. Non era uno sprovveduto. Era un italiano con la testa sulle spalle. Generosità non è sinonimo di professionalità. Ma le due cose non si escludono. I cooperanti devono essere professionisti: non possono permettersi di sbagliare. Per sé e per gli altri. Ecco perché le cattiverie che circolano sono gratuite. «Se la sono andata a cercare!», inveisce l opinionista di turno. Certo: talvolta c è anche incoscienza, ideologia, gusto per il pericolo. Non è il caso di Giovanni Lo Porto. Né dei due italiani appena morti in Nepal, a causa di una slavina, mentre cercavano di portare medicinali a popolazioni isolate. Ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «Lo Porto è stato un portatore dei nostri valori di pace e di dialogo internazionale». Matteo Renzi l ha definito «un italiano che ha dedicato la sua vita al servizio degli altri». Avrebbe potuto aggiungere: un italiano lasciato solo. In vita e in morte. Quando il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha riferito sulla vicenda, nell aula di Montecitorio c erano solo una quarantina di deputati: i coraggiosi del venerdì. Gli altri, assenti. Alcuni di loro, probabilmente, pieni di opinioni su Giovanni Lo Porto. Pronti a parlare di cose che non sanno, a condannare il coraggio che non hanno. (Ha collaborato Stefania Chiale)

18 18 ESTERI La vicenda Il re Salman Bin Abdulaziz Al Saud, 79 anni, è salito al trono alla morte di suo fratello Abdullah a gennaio Ieri il re ha estromesso il fratello dalla successione, nominando Mohammad Bin Nayef e Mohammad Bin Salman, nipote e figlio (nella foto) Scossone al vertice dell Arabia Saudita I nuovi eredi del Re Spazio ai «giovani». La priorità: contenere l Iran DAL NOSTRO INVIATO GERUSALEMME Corone&poltrone, si cambia. In una dinastia che solo tre mesi fa seppelliva il penultimo sovrano Abdullah, 90 anni, per festeggiarne il suo successore, 79 anni, i trentaquattro regi decreti promulgati ieri da Sua Altezza il Custode delle Due Nobili Moschee Salman Bin Abdulaziz Al Saud, 3 mesi trascorsi dall ascesa al trono di re Salman, fratello di Abdullah 34 regi decreti promulgati ieri dal re saudita: una rivoluzione di palazzo 93 miliziani arrestati nei giorni scorsi in Arabia Saudita: sarebbero una cellula dell Isis per tutti il nuovo re Salman, sono una rottamazione mai vista a Riad. Una rivoluzione di palazzo. Fuori i dinosauri della seconda generazione dei Saud: dentro i giovani leoni della terza. A casa un ministro degli Esteri che stava là dal 1975, il vecchio Al Faisal: avanti con l ex ambasciatore a Washington, Al Jubeir, 53 anni, che sarà il primo di sangue non reale a coprire quella carica. Dall Arabia felix all Arabia ferox: il placido re Salman ha uno scatto d orgoglio e caccia quasi tutti. Scegliendosi anche quel che più gli preme: un nuovo erede. E così costretto a dimettersi «di sua volontà» il principe-fratello Muqrin: a succedergli in prima linea non sarà nemmeno qualcuno del ramo cadetto, ma addirittura il principe-nipote Nayef, 55 anni, ministro dell Interno e gran mastino dell antiterrorismo. Questo finché non verrà poi il turno del principefiglio di re Salman, Mohammad Bin Salman, 30 anni, che solo quattro mesi fa era un perfetto sconosciuto ed è già diventato ministro della Difesa: continuerà a coordinare i bombardamenti sui ribelli sciiti nello Yemen e, investito del ruolo d erede dopo Nayef, studierà anche lui da sovrano. Diceva il vecchio re Faisal che Dio ci ha dato due orecchie e una sola bocca, per ascoltare molto e parlare poco. L impenetrabile corte saudita ha sempre applicato benissimo l insegnamento. La nuova successione e il rimpasto erano attesi, ma non ora e non così. Ne è rimasto sorpreso pure il mercato del greggio, subito calato. Anche perché l incertezza è su quel che accadrà ora all Aramco, il colosso che gestisce i pozzi del primo Paese esportatore del mondo: il numero uno della compagnia è stato nominato nuovo capo della Sanità e non è detto che il suo rimpiazzo sarà deciso dall attuale ministro del Petrolio, il vecchio Ali al-naimi, 79 anni, da venti sempre lo stesso. Tutto cambia perché nulla cambi. La rivoluzione di re Salman, che in futuro potrebbe riguardare anche più diritti alle donne, serve a dare un immagine più aperta e una visione più strategica a una monarchia che si sente nel mirino: dell Iran e del suo espansionismo dal Libano alla Siria, dall Iraq al Bahrein e allo Yemen; dell amico americano, sempre meno amico e sempre più disimpegnato nel Golfo, dopo l intesa con Teheran sul nucleare; dell Isis, comparso anche in Arabia con una cellula di 93 persone che preparavano clamorosi attentati. I clerici wahhabiti non perdonano ai Saud d avere perso terreno di fronte all avanzata sciita e la risposta, dicono diplomatici a Riad, è proprio la scelta di Nayef: scampato per caso a un kamikaze che superò Il principe Mohammed Bin Nayef, 55 anni, guida l antiterrorismo. E sfuggito a un attentato Il caso Charlie Hebdo Giovedì 30 Aprile 2015 Corriere della Sera Abe al Congresso Usa-Giappone, asse rafforzato di Giuseppe Sarcina Divisi dagli affari, uniti dalla geopolitica. Il discorso tenuto ieri dal premier giapponese Shinzo Abe davanti al Congresso Usa (foto) è una prima assoluta. L alleanza Washington-Tokyo garantisce gli equilibri politico-militari nel Pacifico. Abe può inviare un segnale all attivismo della Cina. Obama incassa l impegno di un partner disposto a mobilitare energie in diverse aree di crisi. Tutto codificato nelle «nuove linee guida» dell alleanza. Ancora bloccato invece l accordo commerciale trans-pacifico: il Giappone non rinuncia alle barriere doganali su molti prodotti, dalle auto al riso. tutti i controlli, perché gli entrò in ufficio con l esplosivo installato nello stomaco, il tosto sceicco dell antiterrorismo è quello che meglio conosce i dossier della penetrazione iraniana nella Penisola arabica. La complicata missione sua e di Jubeir, piaccia o no a Obama, sarà di coalizzare tutti i sunniti in un fronte militare comune, dall Egitto al Pakistan. Per festeggiare la svolta, dopo aver regalato una Bentley a ciascuno dei piloti di ritorno dai bombardamenti sullo Yemen, re Salman ieri ha firmato un ultimo decreto: un mese di stipendio in più ai 200mila soldati del regno. Perché si preparino. Francesco Battistini Il vignettista Luz annuncia: non disegnerò più Maometto dal nostro corrispondente Stefano Montefiori Prima pagina Il vignettista francese Luz mostra la prima pagina del giornale satirico «Charlie Hebdo» il 13 gennaio scorso, a Parigi, solo 6 giorni dopo l attentato PARIGI Il disegnatore Luz è scampato per poco al massacro del 7 gennaio 2015 alla redazione di Charlie Hebdo. Ha perduto amici e colleghi, e ha disegnato la copertina del «numero dei sopravvissuti», quello tirato in otto milioni di copie con Maometto che dice «Tutto è perdonato». Una nuova vignetta giudicata blasfema che provocò scontri, incidenti e feriti in tutto il mondo musulmano, da Algeri a Kabul. Ieri, in un intervista al settimanale Les Inrockuptibles in occasione della prossima uscita del romanzo grafico «Catharsis», Luz è tornato su quella scelta: «Disegnare Maometto non aveva niente a che vedere con la rivalsa, quella prima pagina doveva avere un legame diretto con la ragione del dramma ed è per quel tipo di disegno che i miei compagni sono morti. Vi ho aggiunto un messaggio bizzarro, tutto è perdonato. Ma chi perdona chi? Il disegno mi dice: Ce la caveremo perché ci sei ancora tu a disegnarmi». Poi Luz fa un annuncio significativo: «Ma non disegnerò più il personaggio di Maometto, non mi interessa più. Mi ha stancato, proprio come quello di Sarkozy. Non passerò la mia vita a disegnare». Luz parla poi delle persone che nelle ultime settimane si sono via via dissociate dallo slogan «Je suis Charlie», come il sociologo Emmanuel Todd e il rapper Booba. «In linea generale, questo non mi disturba. Il nostro ruolo non è mai stato quello di essere consensuali. Quel che mi infastidisce, sono quelli che dicono non sono Charlie mettendo sullo stesso piano terroristi e vittime. Non si tratta di uno scontro tra bande rivali. I terroristi sono per la pena di morte e la mettono in pratica. Metterli sullo stesso piano è accettare l idea della pena di morte, è intollerabile».

19 Corriere della Sera Giovedì 30 Aprile

20 20 ESTERI Giovedì 30 Aprile 2015 Corriere della Sera Un mese dopo la strage al college di Garissa di Paolo Giordano Q uando, un mese fa, vidi la foto degli studenti riversi a terra nel cortile dell università di Garissa, fui sconcertato dalla mia reazione perfino più che dall orrore impresso nello scatto. L immagine che stavo guardando così sentivo non riusciva a penetrare la mia emotività quanto avrebbe dovuto. Tutta la cultura cosmopolita, tutto l apprendistato all annullamento delle diversità esteriori non sembravano sufficienti a cancellare la distanza con il Kenya e la sorte degli studenti «infedeli». Perciò proposi un esperimento banale, per certi versi perfino ricattatorio: attribuire a quei corpi delle fattezze più simili alle nostre, sostituire al cortile di Garissa il chiostro di un università europea, e valutare che cosa sarebbe cambiato. Sapevo di lambire un sentimentalismo pericoloso, la semplificazione eccessiva. Ma la nostra pietà è assai più conformista di quanto non vorremmo e, di tanto in tanto, dovremmo avere il coraggio di riconsiderare la sua meccanica primitiva. Certo non immaginavo che qualcuno mi avrebbe preso in parola. Su impulso di Silvia Giralucci, del fotografo Enrico Bossan e dello staff di Fabrica, alcuni studenti dell università di Padova hanno deciso di posare per uno scatto simile a quello comparso su Internet e sui giornali, con i loro corpi distesi nel luogo che frequentano ogni giorno. Immagine contro immagine dunque, perché almeno a giudicare dalle motivazioni scritte che in molti hanno allegato per aderire al progetto non vi è mezzo che comunichi in maniera più ampia ed efficace di una fotografia. Sulle prime ero perplesso. In parecchi si erano interrogati sull opportunità di far circolare la foto originale: a che scopo, addirittura, replicarla? Su uno scempio come quello di Garissa non erano ammessi esercizi di stile. Sono andato a vedere. E, subito, ho intuito che cosa avesse acceso la fantasia degli studenti. Il Cortile Antico di Palazzo del Bo, sede di uno degli atenei più prestigiosi al mondo qui è conservata la cattedra-pulpito di Galileo, qui si trova un teatro anatomico a ovali concentrici perfettamente conservato, il Cortile Antico ha una somiglianza evidente con il cortile di Garissa, specie se osservato dalla balconata. Una somiglianza imprecisa, è chiaro, perché se uno è recente e disadorno l altro è ammantato di una storia secolare, ma comunque una somiglianza. Non si è trattato di un esercizio come temevo, semmai di una performance. Che ha mostrato alcuni risvolti interessanti. Innanzitutto, non è stato troppo facile raggiungere il numero necessario di 84 volontari, tanti quanti le vittime nella fotografia. In molti non avranno apprezzato l idea, è evidente, ma la freddezza degli altri ha giustificato di per sé l urgenza dell installazione. Padova, Kenya Ottantaquattro studenti nel cortile dell università distesi come i ragazzi africani massacrati dai terroristi Una preghiera laica per riscoprire il senso della pietà Nella realtà La foto pubblicata su Internet e giornali dopo la strage mostrava i corpi degli studenti uccisi nell università di Garissa: 84 nel cortile, le altre vittime furono ritrovate in diversi punti del campus. L esperimento di Padova, sostenuto dal rettorato, ha replicato l immagine: un iniziativa contro l indifferenza Sul «Corriere» L articolo che denunciava l apatia degli occidentali L articolo di Paolo Giordano del 4 aprile che ha ispirato l iniziativa di Fabrica: «Siamo educati e terzomondisti, ma resiste un nocciolo di apatia. Cambiare colore alla pelle dei ragazzi riversi fra le chiazze di sangue cambia la nostra reazione». Lasciarsi infettare non è così facile neppure nell epoca della «viralità», e se aggiungersi al cordoglio multimediale è ormai diventato un gesto semiautomatico, a basso costo, partecipare davvero, in carne e ossa, richiede comunque un investimento di tempo e di energie. A presentarsi, poi, sono state soprattutto ragazze, in una percentuale schiacciante. «La solidarietà è femmina», mi ha detto una di loro, aggiungendo una pacca consolatoria sulla spalla (in un ingresso adiacente al Cortile Antico c è la statua di Elena Lucrezia Cornaro Piscopia, la prima donna laureata della storia, proprio qui a Padova, anno 1678). La provocazione Un esperimento banale, ricattatorio: attribuire ai corpi dei ragazzi kenioti fattezze simili alle nostre, sostituire a Garissa un università europea Corrispondenze La preparazione della performance è stata meticolosa, mentre cadeva la pioggia Poi è calato il silenzio e un senso di rispetto Compassione Uniti non da una fede ma dall appartenenza comune all idea di «università», per allargare i limiti della compassione individuale Nel tardo pomeriggio gli studenti si sono disposti nel cortile secondo le posizioni assegnate. Una preparazione meticolosa, che ha richiesto del tempo, mentre iniziava a cadere una pioggia leggera che non li ha scoraggiati. Alcuni sono rimasti pazientemente a torso nudo contro il pavimento. Non sembrava esserci particolare commozione nell aria, almeno al principio. Ma, quando dalla balconata Bossan ha intimato il silenzio per lo scatto, qualcosa è successo ce ne siamo accorti tutti. Il silenzio è calato all improvviso, e insieme a esso una particolare concentrazione, un senso di rispetto e insieme di sgomento. Per qualche istante si è creata una corrispondenza autentica con i colleghi trucidati a Garissa: i pensieri di noi tutti erano là. In un certo senso, la performance di Padova è stata un modo di pregare per gli studenti kenioti, di pregare in maniera laica, adeguata a un tempio dell istruzione e del sapere, uniti non da una fede ma dall appartenenza comune all idea di università qualcosa che non ha veri confini territoriali né temporali, qualcosa di universale, come suggerisce la parola. Spesso la preghiera collettiva è servita anche a questo, ad allargare momentaneamente i limiti meschini della compassione individuale, per abbracciare qualcosa di più grande e, altrimenti, inafferrabile. «Mai più» La performance realizzata dagli studenti di Padova su impulso di Silvia Giralucci, del fotografo Enrico Bossan e dello staff di Fabrica nel Cortile antico di Palazzo del Bo, cuore dell ateneo veneto, per ricordare i 147 studenti kenioti uccisi il 2 aprile da estremisti islamici nell università di Garissa, in Kenya La vicenda Alle 5.30 del 2 aprile 2015 un commando di terroristi del gruppo somalo degli Shebab irrompe nel campus dell università di Garissa, Kenya orientale, e sequestra 700 studenti. Liberati i musulmani, uccisi quelli che sono identificati come cristiani. L assedio dura 15 ore, fino all intervento di esercito e forze di sicurezza keniote. Alla fine le vittime sono 147, un ottantina i feriti. Muoiono anche quattro autori del massacro, il più sanguinoso in Kenya dagli attacchi all ambasciata Usa del 1998

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