UNIVERSITA DEGLI STUDI DI PADOVA

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1 UNIVERSITA DEGLI STUDI DI PADOVA DIPARTIMENTO DI SCIENZE ECONOMICHE E AZIENDALI MARCO FANNO CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN ECONOMIA E DIRITTO TESI DI LAUREA IL PIANO INDUSTRIALE DI UN'AZIENDA IN CRISI TRA NORMATIVA E PRASSI: ANALISI DI ALCUNI PIANI REDATTI EX ART 67 LEGGE FALLIMENTARE RELATORE: CH. MO PROF. ANTONIO PARBONETTI LAUREANDO: FEDERICO LAGO MATRICOLA N ANNO ACCADEMICO

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3 Un sincero grazie a Federico, Nicola e Teo

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5 Indice Introduzione Il piano industriale Che cos è un piano industriale e perché lo si redige Il modello di business La guida di Borsa Italiana Il modello operativo e finanziario La guida di Borsa Italiana L analisi di sensitività Valutazione degli investimenti L orizzonte di piano La guida del CNDCEC: Principi generali di redazione del Piano Industriale Il piano industriale di un azienda in crisi La disciplina di legge La ratio dell introduzione del Piano di risanamento Le leggi di riferimento al momento dell approvazione dei piani analizzati La giurisprudenza e la dottrina di riferimento al momento dell approvazione dei piani analizzati Forma Pubblicità Nomina dell attestatore Prospettiva e durata del piano Riflessioni sull esenzione da revocatoria Il piano attestato secondo la bibliografia analizzata Le ragioni della proposta del piano attestato di risanamento Il soggetto proponente Una consulenza esterna all interno dell azienda: il temporary manager Il professionista che attesta la ragionevolezza del piano Gli aspetti critici del processo di revisione e attestazione

6 Natura del controllo L attestazione sottoposta a condizione Piano attestato di gruppo Transazione fiscale Prededuzione dei crediti sorti in esecuzione del piano L utilizzabilità dei covenants per garantire la nuova finanza I piani analizzati Il piano di Cassiopea Il piano industriale L accordo bancario L attestazione e lo sviluppo del piano Il piano di Andromeda Il piano industriale L accordo bancario e lo sviluppo del piano Il Piano di Pegaso Il piano industriale L attestazione del piano L accordo bancario e lo sviluppo del piano Il piano di Perseo Il piano industriale e la relazione di attestazione L accordo bancario Lo sviluppo del piano Le modifiche alla disciplina di legge Il nuovo testo delle leggi di riferimento I commenti sulle novità introdotte con il d.l. 83/ Conclusioni Riferimenti bibliografici

7 Introduzione La legge fallimentare, che ha il compito di dare una disciplina alle imprese in crisi nel nostro ordinamento, ha visto la prima stesura nel 1942; molte riforme si sono succedute nel corso degli anni, tra le quali risulta particolarmente interessante quella del 2006, che ha abolito alcuni effetti personali che equiparavano, in un certo senso, il fallito ad un intoccabile della società. Fino a quel momento era tenuto, infatti, dalla cancelleria di ciascun tribunale, il registro dei falliti, che inabilitava l interessato all esercizio di alcuni diritti, come la partecipazione ai concorsi pubblici, fino al momento della cancellazione dal registro stesso, inoltre il soggetto fallito non poteva esercitare il diritto di voto per cinque anni. La stessa riforma ha introdotto la figura del cosiddetto piano attestato di risanamento, insieme ad una importante revisione degli istituti del concordato preventivo e dell accordo di ristrutturazione dei debiti. La modifica degli strumenti previsti ha avuto l obiettivo di rendere più gestibile la crisi d impresa, dando all imprenditore la possibilità di raggiungere accordi con i principali debitori attraverso procedimenti meno controllati e guidati dall autorità giudiziaria. In particolare, la nuova disciplina del piano attestato è sicuramente stata accolta con favore, soprattutto da parte del tessuto imprenditoriale nazionale, che vede la norma come un importante strumento di risoluzione privatistica e stragiudiziale delle situazioni di crisi finanziaria che può attraversare un impresa. Esso, infatti, con l obiettivo di proteggere gli atti previsti al proprio interno dall azione revocatoria in caso di fallimento, non richiede l intervento del tribunale; l unica tutela obbligatoria verso i creditori è l attestazione da parte di un professionista con i requisiti individuati dalla stessa legge fallimentare. Purtroppo nelle sue prime formulazioni la legge non risulta completa: molti i dubbi interpretativi sollevati dalla dottrina e dalla giurisprudenza, come sarà analizzato nel corso del documento. Per cercare di dissipare alcuni di questi dubbi, il cosiddetto decreto sviluppo del 22 giugno 2012, ha risolto direttamente il discusso tema dell indipendenza dell attestatore e prevede sanzioni penali in caso di falsa attestazione. Il tema della legge fallimentare è di grande attualità: dall inizio della crisi globale nel 2008 ad oggi molte imprese hanno deciso o sono state costrette ad accedere agli istituti previsti nella disciplina. Non sono disponibili dati sul numero di accessi e sugli esiti del piano attestato di risanamento, data la sua natura privatistica. Sono comunque abbondanti le ricerche e le analisi sugli altri strumenti individuati dalla legge fallimentare, sottoposti a una disciplina pubblicistica. Secondo gli studi di Cerved Group (2011), che ha istituito un osservatorio sulla 7

8 crisi d impresa in Italia, nel quarto trimestre 2010 (periodo di riferimento per alcuni piani analizzati in quest opera): La lunga corsa dei fallimenti è proseguita nell ultima parte del 2010: tra ottobre e dicembre del 2010 si contano circa fallimenti, facendo registrare per l undicesimo trimestre consecutivo un tasso di crescita a due cifre rispetto allo stesso periodo dell anno precedente (+11%). ( ) Complessivamente, nel 2010 sono state aperte più di 11 mila procedure fallimentari: è il valore più alto da quando, tra il 2006 e il 2007, è stata riformata la disciplina sulla crisi di impresa, che di fatto ha escluso un numero rilevante di piccole aziende dall ambito di applicazione della legge. Rispetto al 2009 le procedure sono aumentate di circa il 20%, proseguendo la dinamica già sostenuta dell anno precedente (+25%). Di seguito il grafico che mostra la situazione dei fallimenti tra il 2009 e il 2010: (fonte: Cerved Group, 2011) Lo stesso osservatorio (2012), nell ultima analisi disponibile relativa al secondo trimestre 2012, scrive: Tra marzo e giugno del 2012 sono state aperte circa procedure fallimentari, il 3,2% in meno rispetto allo stesso periodo del Il dato del secondo trimestre, pur interrompendo la lunga corsa dei default (sedici trimestri consecutivi di incrementi su base annua), rimane elevato in termini assoluti (+10% rispetto al dato del 2010 e +37% rispetto a quello del 2009) e porta a il totale dei fallimenti dei primi sei mesi 8

9 dell anno, in leggero aumento rispetto al primo semestre 2011 (+0,8%). La crisi, come ben noto, non è ancora terminata, infatti anche il numero dei concordati preventivi è in aumento da qualche anno a questa parte: Nella prima metà del 2012 i concordati preventivi sono tornati a crescere a ritmi preoccupanti. Tra marzo e giugno si contano infatti 312 domande di concordato (+17% rispetto allo stesso periodo del 2011) che portano a 578 il totale delle procedure aperte nei primi sei mesi del 2012, contro le 518 dell anno precedente (+11,6%). (fonte: Cerved Group, 2012) La crisi d impresa viene da sempre vissuta dagli imprenditori italiani come qualcosa che è possibile risolvere al proprio interno. La scarsa efficacia delle procedure concorsuali cosiddette minori è in gran parte riferibile al fatto che spesso si ricorre a questi strumenti quando la crisi oramai è manifesta e la via più corretta sarebbe la messa in liquidazione della società, come afferma Campolattaro (2006). In questo contesto, il piano attestato di risanamento dovrebbe invece essere inteso quale strumento di risoluzione anticipata del dissesto finanziario. Esso viene proposto al management delle imprese principalmente dal ceto bancario (essendo le banche le principali creditrici di un impresa), per proteggere l erogazione della nuova finanza e il mantenimento delle vecchie linee dall azione revocatoria in caso di fallimento. Se il piano viene attuato in tempo e la crisi dell azienda è sostanzialmente di natura finanziaria e non economica, esso ha 9

10 una buona possibilità di portare ad un esito positivo, come sarà analizzato nei piani che è stato possibile acquisire. Questo documento ha lo scopo di analizzare la disciplina e i problemi ancora non risolti dalla dottrina e dalla giurisprudenza in relazione al piano attestato di risanamento, partendo da una breve analisi su come si debba redigere un piano industriale secondo la prassi migliore. Si è avuta inoltre la possibilità di acquisire quattro piani, fatto raro data la natura privatistica di questi ultimi. L analisi dei documenti consentirà di indagare le affinità e le differenze tra le previsioni normative e giurisprudenziali e la prassi (ancora frammentaria) seguita dai professionisti che predispongono e attestano questi importanti strumenti di risanamento aziendale. 10

11 1. Il piano industriale 1.1. Che cos è un piano industriale e perché lo si redige Il business plan è un documento che descrive un progetto imprenditoriale futuro, delineando il contesto nel quale sarà realizzato, le scelte strategiche e le principali scelte operative ritenute più opportune, le prospettive economiche e il fabbisogno finanziario connessi al progetto (Parolini, 2011). Questa definizione ci può aiutare a comprendere l essenza di un piano industriale, che si differenzia rispetto ad un business plan per il fatto di riferirsi ad un azienda nel suo complesso e non ad una specifica area d affari. La pianificazione aziendale è un processo continuo, che dovrebbe portare l imprenditore a interrogarsi continuamente sul posizionamento della propria azienda nel contesto globale e sulla sua organizzazione interna. In alcuni momenti, evolutivi o di crisi, della vita di un impresa, sorge la necessità di esplicitare in forma scritta la pianificazione, attraverso un piano industriale. La spinta che porta alla redazione di questo documento è quasi sempre la necessità di presentarlo a terzi: nuovi finanziatori o nuovi partner per espandere o ristrutturare la propria azienda. Si tratta di passare da un idea imprenditoriale grezza ad un piano fondato su solide basi, derivanti da una profonda analisi del contesto competitivo nel quale l azienda si troverà ad operare e sulla sostenibilità economico-finanziaria del percorso. Anche le linee guida del CNDCEC affermano che In ambito internazionale, il Business Plan rappresenta lo strumento cardine del management accounting (contabilità di direzione), inteso come insieme di principi, tecniche e strumenti impiegati dalle organizzazioni aziendali per: pianificare le strategie, le tattiche e le operazioni future; ottimizzare l uso delle risorse; misurare e valutare le prestazioni; ridurre, per quanto possibile, la soggettività del processo decisionale; migliorare la comunicazione esterna ed interna. Ovviamente un piano industriale inizia a invecchiare (perdere di aderenza con la realtà economica) non appena viene redatto. Esso può aiutare ad evitare gli errori più evidenti: dà un 11

12 punto di riferimento alla gestione. Quello che non può fare è prevedere le conseguenze di ogni azione ex ante. Il futuro è, per sua natura, inconoscibile. Perciò il progetto imprenditoriale non può che procedere gradualmente attraverso analisi, prove sul campo, errori e modifiche continue del progetto iniziale. La letteratura sul business plan e sul piano industriale è particolarmente vasta. In aggiunta ai contributi accademici e di esperti nel settore, Borsa Italiana e il CNDCEC (Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti contabili) hanno redatto le linee guida per la redazione di un piano industriale. Per rendere più lineare la trattazione dell argomento, si è scelto di seguire lo schema proposto da Parolini (2011), che deriva il modello economico finanziario dal modello di business. La parte di valutazione dell investimento segue la linea tracciata da Borello (2009), mentre la prospettiva di orizzonte del piano è tratta dal lavoro di Mazzola (2003). Verranno proposti, in parallelo, gli schemi adottati dalle guide e dagli autori che si ritengono più rappresentativi Il modello di business Qualsiasi progetto imprenditoriale, semplice o complesso che sia, può essere illustrato in estrema sintesi descrivendo che cosa si pensa di offrire, a chi ci si vuole rivolgere e come si intende fare per fornire ai destinatari prescelti la propria offerta ( Parolini, 2011). Il paradigma di base è quello di offrire ad un mercato conosciuto una risposta ad un preciso bisogno o problema. Si parte da questa assunzione nel momento in cui si voglia far nascere una nuova azienda o entrare in un nuovo mercato con un area strategica d affari creata allo scopo. In alcuni casi i piani industriali nascono dal desiderio di sfruttare al meglio le competenze, il marchio, le strutture produttive e commerciali di cui dispongono imprese già avviate. Questo è il caso davanti al quale si trova ad operare chi è chiamato a risanare un azienda in crisi. Egli ha il compito di recuperare l azienda proponendo un evoluzione, più raramente una rivoluzione del modello di business già consolidato. Date le premesse, si giunge a delineare cinque principali elementi di un modello di business, adattamento di quello proposto da Coda nel 1984 e 1988 (Parolini, 2011): 12

13 Il sistema di offerta che si intende proporre: include gli elementi materiali dell offerta, vale a dire il prodotto o i servizi principali con le loro caratteristiche, la gamma offerta e gli accessori. Nel sistema di offerta sono altresì inclusi gli elementi immateriali come l immagine del prodotto e lo status conferito a chi lo possiede, così come il sistema di prezzi, di consegna e di garanzia. Il mercato target è il punto di arrivo di un analisi volta all individuazione e segmentazione della clientela che si intende servire. Questo processo è fondamentale per la definizione del sistema di offerta, che deve rispondere alle richieste del mercato target. Le politiche di comunicazione riguardano tutte le scelte relative alla pubblicità, alla promozione, alla comunicazione del sistema di offerta. Le politiche di comunicazione sono strettamente legate al sistema d offerta, tanto che a volte ne determinano il valore per il cliente. Nonostante questa correlazione tra i due elementi è concettualmente utile tenere distinte le politiche di comunicazione in quanto l acquirente acquista un certo sistema di offerta e non la pubblicità che lo promuove (Parolini 2011). La struttura è l insieme delle risorse materiali e immateriali che consente di svolgere le attività produttive, commerciali, logistiche, amministrative necessarie per far arrivare al mercato il sistema di offerta proposto. La guida di Borsa Italiana Il documento di Borsa Italiana divide la descrizione del modello di business in due fasi: La strategia realizzata che identifica il posizionamento formatosi per effetto delle scelte e delle azioni del passato, consolidatosi nel tempo a seguito del crearsi di una struttura, di meccanismi operativi e di una cultura aziendale coerente. Il piano, infatti, dovrebbe consentire di esplicitare il collegamento tra i risultati ottenuti nel passato e le principali scelte strategiche effettuate e offrire una più chiara illustrazione delle origini e dei presupposti delle intenzioni strategiche della società. L analisi dei nessi causali fra scelte e risultati è essenziale per individuare le leve gestionali e le relative metriche che hanno avuto il maggior impatto sulle performance aziendali (cosiddetti key value driver e key performance indicator) e verificare anche sul piano quantitativo la qualità della strategia realizzata. Le linee guida sono pensate per aziende quotande, che raramente sono di nuova costituzione. Le intenzioni strategiche rappresentano, invece, le scelte dichiarate del management relativamente al campo di attività dell impresa, alla crescita dimensionale da perseguire e al ruolo che si intende rivestire nell arena competitiva. Nel piano industriale esse devono essere 13

14 descritte con un sufficiente livello di dettaglio così da poter cogliere i cambiamenti che queste comportano nella strategia adottata, il loro grado di coerenza con il fabbisogno/opportunità di rinnovamento e i risultati attesi cui condurranno. La descrizione dettagliata delle scelte del management è affidata all Action Plan; esso deve enunciare in termini sintetici le principali direttive tramite cui dare attuazione al progetto strategico. Esso deve includere almeno i seguenti punti: l insieme di azioni che consentono la realizzazione delle intenzioni strategiche, con la specifica dell impatto in termini economico-finanziari e della tempistica stimata per l implementazione; la descrizione degli investimenti che saranno realizzati, evidenziandone l ammontare, la tipologia, gli esercizi di riferimento e le voci patrimoniali su cui andranno ad impattare; l impatto organizzativo delle singole azioni in termini di Business Model, struttura manageriale, organico aziendale, aree geografiche da coprire, canali distributivi e struttura commerciale; gli eventuali interventi sul portafoglio prodotti/servizi/marchi offerti alla clientela; le azioni con le quali si intende realizzare un eventuale mutamento del target di clientela da servire; il sistema di responsabilità ovvero l indicazione dei manager responsabili delle azioni programmate; le condizioni e i vincoli che possono influenzare la realizzabilità delle azioni Il modello operativo e finanziario Con modello operativo si intende il sistema di ricavi, costi operativi, capitale circolante, investimenti in immobilizzazioni che deriva dalle scelte relative al progetto imprenditoriale. È, in un certo senso, la conseguenza quantitativa delle scelte strategiche compiute a livello di modello di business. 14

15 La guida di Borsa Italiana Il documento di Borsa Italiana esplicita nel dettaglio queste affermazioni: Qualsiasi piano industriale viene valutato sulla base delle ipotesi e delle prospettive economiche, patrimoniali e finanziarie connesse alle scelte strategiche. Il piano industriale deve pertanto contenere un insieme di prospetti economico patrimonialifinanziari redatti in piena coerenza con le scelte strategiche e con l Action Plan, dei canali distributivi, aree geografiche, tipologie di clienti, prodotti, servizi e/o marchi al raggiungimento degli obiettivi stabiliti. Devono inoltre essere indicate tutte le ipotesi relative ai key value driver e ai principali dati previsionali, ovvero i criteri attraverso cui, partendo dalle intenzioni strategiche e dall Action Plan, la società è arrivata a definire, sulla base di un metodo rappresentativo della logica economica aziendale, gli obiettivi quantitativi che intende raggiungere negli esercizi successivi. In sintesi, un piano industriale deve indicare: le ipotesi di fondo riguardanti grandezze macroeconomiche (tasso di inflazione, tassi di cambio, ecc.); le ipotesi alla base dello sviluppo dei ricavi e dei costi diretti e per le variabili gestionali rilevanti; le ipotesi alla base dei costi indiretti (ad esempio spese generali, costi di comunicazione, ammortamenti), degli oneri finanziari e della fiscalità; le ipotesi alla base dell evoluzione del capitale investito, sia fisso sia circolante; le ipotesi alla base dell evoluzione della struttura finanziaria e della copertura dell eventuale fabbisogno finanziario generato dalla realizzazione dell Action Plan. La formulazione delle ipotesi rappresenta una delle fasi più importanti dell intero processo di elaborazione dei preventivi economico-finanziari: non solo, infatti, questi ultimi assumono pieno significato solo se vengono chiariti puntualmente i presupposti alla loro base, ma la qualità delle stime elaborate dipende essenzialmente dalla fondatezza delle assunzioni fatte. L elaborazione delle ipotesi di piano prende generalmente avvio dall analisi dei dati storici relativi agli ultimi tre esercizi. Al fine di giustificare l andamento dei margini economici, di particolare importanza appaiono: 15

16 l esistenza di valori percentuali relativamente costanti nel tempo (ad esempio l incidenza dei costi operativi sul fatturato), la cui variazione nell orizzonte di piano deve essere puntualmente motivata; l individuazione di trend registrati negli ultimi esercizi che proseguiranno negli esercizi successivi; l esistenza di azioni destinate ad avere degli effetti significativi sui valori percentuali prospettici, come, ad esempio, investimenti effettuati che non hanno ancora espresso i loro effetti, integrazioni di società acquisite, l ingresso di nuove risorse umane, ecc L analisi di sensitività Come già accennato, il risultato di ogni singola azione programmata nell Action Plan è condizionato sia all efficacia del piano stesso sia all avverarsi delle assunzioni fatte in fase di redazione del Piano Industriale. Per questo motivo non è sufficiente proporre l andamento prospettico dell impresa in maniera lineare, ma è necessario includere nell analisi il variare del risultato economico e della sostenibilità finanziaria al variare degli aspetti più significativi (key value drivers), come evidenzia la Guida di Borsa Italiana. Nel caso in cui la logica sottostante il piano industriale sia di tipo top down, è opportuno effettuare un analisi di tipo what if rispetto all andamento della domanda di mercato, alle quote di mercato potenzialmente raggiungibili dalla società e all incidenza percentuale dei principali costi operativi. Le società che seguono un approccio di tipo bottom up dovrebbero focalizzarsi invece su parametri gestionali quali il numero di punti di vendita di nuova apertura, il fatturato e i costi operativi per metro quadro/lineare. Infine, le aziende che operano su commessa dovrebbero concentrarsi sulle principali commesse da acquisire e in particolare sul coefficiente di successo nell assegnazione delle commesse e sulla presunta marginalità delle stesse. 16

17 1.5. Valutazione degli investimenti Il piano industriale di un'azienda in crisi tra normativa e prassi Il profilo finanziario di un operazione di investimento viene giudicato in base a tre fattori (Borello, 2009): L entità dei flussi associati all investimento; La distribuzione temporale di tali flussi; Il valore finanziario del tempo. In merito al primo aspetto, la prima regola di valutazione suggerisce di considerare migliore quella alternativa di investimento che produce il maggior flusso di entrate attese, a parità di capitale investito. L entità del ritorno economico, nelle analisi più semplici, è spesso considerato il parametro di selezione dell alternativa migliore. Questo modo di procedere è quantomeno incompleto, perché occorre altresì considerare la distribuzione di tali flussi: un investimento che produce flussi finanziari più modesti, ma in un arco di tempo più ravvicinato, potrebbe infatti risultare preferibile. In questo caso la convenienza tra le opzioni si determina attraverso la considerazione del terzo fattore menzionato, ossia il valore finanziario del fattore tempo. Secondo tale principio, il valore di una somma di denaro decresce nel tempo. Questa decrescita è determinata principalmente da due fattori (Borello, 2009): L inflazione: è l incremento generale dei prezzi in un economia. Tale crescita erose il valore reale del denaro nel tempo; Il rischio del progetto: è rappresentato da qualsiasi fattore che possa mettere in pericolo la remunerazione o, nei casi estremi, lo stesso ammontare dei capitali investiti. Esempi di fattori di rischio sono la congiuntura economica, le caratteristiche del settore e la posizione dell impresa al suo interno, il rischio del paese dove si effettua l investimento. Per dare una valutazione numerica del rischio del progetto si usa il costo medio ponderato del capitale (WACC): la sua formula pondera il costo del capitale sociale e di debito del progetto, bilanciandolo secondo la loro incidenza nell investimento complessivo. 17

18 1.6. L orizzonte di piano Lo scopo di fondo del piano industriale è valutare l evoluzione dell azienda: esso riguarda, come d altra parte si può evincere dalla sua stessa denominazione, un periodo che eccede l esercizio amministrativo (Mazzola, 2003). Nonostante la chiarezza di questa constatazione, la determinazione dell ampiezza del periodo di tempo che deve essere considerato nel piano è un problema di non facile soluzione. Da un lato, infatti, c è l esigenza di estendere l orizzonte così da osservare la presumibile situazione di operatività a regime del progetto strategico presentato e l intero percorso necessario a raggiungerla. Dall altro c è l opposta necessità di limitare il periodo di piano per minimizzare le difficoltà tipiche dell attività previsionale, in particolare quelle connesse all elaborazione dei preventivi economico-finanziari, soprattutto in un contesto di elevata incertezza imprenditoriale e di ambiente. Convenzionalmente, si dà soluzione a tale problema fissando un orizzonte di piano compreso tra i 3 e i 5 anni, coerente con l esigenza di elaborare preventivi economici e finanziari analitici per ogni periodo amministrativo. Ciò non esclude che si possa considerare un periodo più limitato in caso di contesti altamente imprevedibili o estendere l orizzonte di indagine oltre il quinto anno, quando le richieste dell ambiente e del progetto strategico lo richiedano. Per esempio, nel caso di una strategia che richieda una fase di messa a regime piuttosto prolungata e caratterizzata da risultati reddituali e finanziari inizialmente negativi, fermare l orizzonte del piano al quinto anno non consentirebbe di stabilire se il progetto strategico che si vuole realizzare presenti una effettiva attrattività e quando esso sia in grado di sostenersi in condizioni di autonomia finanziaria. Secondo un differente approccio, l orizzonte del piano deve sempre estendersi fino al primo esercizio espressivo di una situazione di regime della strategia. In questo caso si ricorre a forti semplificazioni per gli esercizi oltre il quinto: il numero delle variabili indipendenti considerate cala e si introducono stime parametriche. In questo modo si evidenzia con abbondanza di dettagli l impatto che si presume avrà l implementazione delle nuove strategie, con i relativi investimenti e i flussi di cassa calcolati mensilmente, allettando l investitore con le previsioni economiche di medio periodo, che dovrebbero portare ad un ritorno dell esborso iniziale. 18

19 1.7. La guida del CNDCEC: Principi generali di redazione del Piano Industriale Il Consiglio ha dedicato parte della guida ad elencare quali siano i principi da seguire durante la redazione del piano: a causa della mancanza di norme specifiche e principi generalmente riconosciuti, la redazione dei piani è stata nel passato spesso guidata da considerazioni di carattere intuitivo e soggettivo, basate sull esperienza dell imprenditore e del redattore del piano aziendale. Da questa situazione discende l esigenza di identificare principi redazionali cui attenersi per la formulazione di un Piano Industriale corretto ed adeguato, dunque credibile ed il più possibile obiettivo. I principi elencati sono i seguenti: Chiarezza: inteso come semplicità di lettura e comprensibilità. A ciò si ricollega il concetto di univocità terminologica: si ha univocità terminologica quando ciascun termine o vocabolo impiegato nel documento viene usato con una ed una sola determinazione semantica, ossia con un unico significato; Completezza: implica l inclusione di ogni informazione ritenuta rilevante per l effettiva e consapevole comprensione del progetto cui il documento previsionale si riferisce. Si parla di completezza sostanziale nel senso in cui l analisi dell iniziativa economica ipotizzata non deve limitarsi agli elementi propri dell iniziativa stessa ma deve anche identificare e, se possibile, studiare le interferenze significative con l organizzazione aziendale nel complesso in cui s inserisce. Si parla di completezza formale quando il piano è composto da tutti i documenti elencati nella guida. Affidabilità ed Attendibilità: il documento è corretto ed adeguato quando sono affidabili le assunzioni ed i procedimenti attraverso i quali avviene la formulazione delle proiezioni e la derivazione delle conclusioni. Pertanto, deve essere affidabile il metodo utilizzato sia per la raccolta dei dati, sia per la loro successiva elaborazione. Affinché la procedura complessiva risulti affidabile, è necessario che: o la raccolta dei dati sia documentata; o l elaborazione dei dati sia sistematica; o l analisi dei dati sia controllabile. Il Piano Industriale è attendibile quando il suo contenuto complessivo ed i suoi singoli elementi costitutivi risultano compatibili, coerenti e ragionevoli. Pertanto, il giudizio 19

20 di attendibilità conforta il lettore esclusivamente in merito alla presumibile realizzabilità del piano. La differenza che intercorre tra i principi, entrambi prerequisiti parimenti essenziali, di affidabilità ed attendibilità non è meramente formale e logica, ma anche sostanziale e tecnica. Infatti l affidabilità va perseguita e riscontrata in relazione al processo di formazione dello stesso, mentre l attendibilità va perseguita e riscontrata con riguardo ai risultati di siffatto processo di simulazione dinamica. Neutralità: Il Business Plan deve essere redatto con criteri il più possibile obiettivi e ponderati. Quindi, la redazione di tale documento a contenuto previsionale non deve essere influenzata da fini non dichiarati che il redattore o il committente intendono perseguire. Trasparenza: il piano deve rispondere al principio della trasparenza, il quale si lega strettamente a quelli di chiarezza e di affidabilità. La trasparenza significa che: o deve essere possibile percorrere a ritroso ogni elaborazione del piano, dal risultato di sintesi al singolo elemento di analisi. Tale eventualità può anche richiedere, in concreto, l accesso ad informazioni, carte di lavoro ed altra documentazione disponibile presso il redattore e/o l organizzazione aziendale cui le previsioni si riferiscono. In ogni caso, è necessario che il documento enunci i principi contabili e le metodologie di calcolo sui quali si fondano le previsioni elaborate; o di ciascun dato elementare deve essere identificabile la fonte. Prudenza: Le ipotesi sottostanti devono rappresentare gli scenari più probabili alla data di redazione del piano pluriennale. Nella eventualità di due o più scenari alternativi, di pari probabilità di realizzazione, è necessario adottare quello che fornisce, in termini economici, minori ricavi o maggiori costi ovvero, in termini finanziari, una maggiore esposizione debitoria. Il principio di prudenza implica valutazioni ragionevoli e spiegazioni adeguate sui criteri di adottati. A nostro avviso, lo sforzo compiuto dal Consiglio di proporre dei principi di redazione del piano industriale, alla stregua di quanto previsto dal Codice Civile in materia di bilancio d esercizio, è sicuramente lodevole. Essi però risultano quantomeno ridondanti; ad esempio non si riesce bene ad inquadrare la differenza tra il principio di trasparenza e quelli di 20

21 attendibilità e affidabilità. Oscura rimane la scelta di introdurre un principio come quello della neutralità, dato che il professionista che si accinge alla redazione di un piano industriale ha il dovere di fare gli interessi del proprio cliente, sia che li voglia dichiarare sia che preferisca tacerli. Il destinatario di un piano è, inoltre, sempre ben individuato. A lui ci si rivolge per ottenere una prestazione ben precisa, che sia una concessione di credito o un apporto di capitale di rischio. Infine sembra poco sostanziale il contributo fornito dai principi di chiarezza e prudenza, già richiamati dal Codice Civile. Un piano industriale è sì una proposta di business, ma si traduce in pratica nel conto economico previsionale e nello stato patrimoniale con il rendiconto finanziario ad esso strettamente collegato. Risulta dunque quantomeno auspicabile l utilizzo degli stessi principi che devono essere alla base del bilancio d esercizio consuntivo Il piano industriale di un azienda in crisi Nonostante le indicazioni riportate nei precedenti paragrafi siano valide per la redazione di ogni piano industriale, chi si apprestasse a stilare il piano di un azienda in crisi dovrebbe tener conto della specificità della situazione. Nella oramai vasta casistica di aziende italiane in crisi, si nota come l imprenditore acceda ai meccanismi messi a disposizione dalla legge fallimentare quando la continuità aziendale è spesso già precaria. Le procedure concorsuali minori introdotte dalla riforma hanno il pregio di disciplinare una serie di strumenti di regolazione della crisi orientati alla conservazione e al recupero dell azienda mediante la valorizzazione delle intese tra creditori e imprenditore, con un maggiore coinvolgimento dei primi nella gestione della crisi stessa (Riva, 2009). Il piano attestato di risanamento ex art. 67 lf è stato istituito per supportare l imprenditore che deve rimediare ad una situazione di squilibrio nella quale l insolvenza non si sia ancora manifestata. E finalizzato al risanamento di aziende il cui squilibrio sia di natura principalmente finanziaria, e sia superabile in base alle prospettive reddituali e finanziarie dell impresa. In sostanza alle banche (che spesso sono i principali promotori della redazione del piano) viene chiesto in un primo momento di mantenere una situazione di stand still (non interrompere le linee di credito autoliquidanti), in una seconda fase di apportare nuova finanza per normalizzare i rapporti con i fornitori e gli istituti di leasing. Quanto ai fornitori è richiesto di non interrompere il flusso di materie prime, indispensabili all operatività aziendale, anche in presenza di partite scadute da tempo. 21

22 Queste operazioni potrebbero essere le prime ad essere revocate in caso di insuccesso della manovra di ristrutturazione; la norma citata le protegge da questa eventualità, nel caso in cui si predisponga un piano atto al risanamento aziendale e che la ragionevolezza di quest ultimo sia attestata da un professionista indipendente, iscritto nell albo dei revisori legali. La delicatezza del compito affidato al redattore del piano e all attestatore dello stesso risulta evidente sin dalla lettura della disposizione di legge. Il piano sintetizza, infatti, una serie di scelte strategiche che l imprenditore ha già fatto ma che, probabilmente, ancora non hanno avuto un integrale manifestazione economica e finanziaria che si dispiegheranno nel futuro. Nella fattispecie del Piano attestato ex art. 67 l.f. esso contempla due tipologie d attività: le scelte fatte dall imprenditore e le richieste ai terzi, garantite proprio dall art. 67 l.f. Per tale ragione, è opportuno che il piano sia destinato a circolare e ad essere giudicato, da vari interlocutori, anche e soprattutto al di fuori dell azienda. Sarà pertanto considerato anche come uno strumento di marketing. Dovrà essere, piacevole nella presentazione, con foto di momenti di vita aziendali e delle pubblicità usate, di grafici che faranno facilmente comprendere i macro fenomeni aziendali. Dovrà, inoltre, essere chiaro nella definizione dei punti di partenza e d arrivo (proprio nella sua ragionevolezza sarà, infatti, attestato) e coprire tutti i possibili dubbi che i vari interlocutori potranno avere. Ogni punto critico avrà un appropriata evidenziazione e proposta di soluzione; per le variabili legate al business che si ritengono fondamentali per il raggiungimento dei risultati si dovrà procedere con un analisi di sensitività. Le prime pagine si comporranno di elementi descrittivi preliminari, necessari ad inquadrare l azienda, le ragioni della crisi e le soluzioni previste. Successivamente, saranno illustrate le strategie aziendali prima in maniera sintetica, con un Executive Summary che dia un idea generale del percorso delineato e dei numeri che si prevede di realizzare, poi in maniera più analitica, come già visto in precedenza. Questa impostazione del piano è raccomandata da Borsa Italiana per le società quotande: ha dunque il pregio di rispettare la linea del più importante organismo di mercato nazionale. Seguire questa strategia di presentazione è finalizzato all uso che il piano si propone, infatti: Nelle presentazioni che l azienda o gli advisors faranno ai vari interlocutori, difficilmente si avrà il tempo di presentare l intero piano nei suoi dettagli. Si tenderà, pertanto, a sintetizzarne i contenuti, lasciando agli interlocutori il tempo di analizzarlo in un momento successivo. 22

23 Il piano sarà facilmente letto e compreso anche da chi ha poco tempo per un analisi integrale, consentendo comunque, a questo tipo d interlocutori, di ottenere nella parte d approfondimento gli eventuali dettagli necessari per una più chiara comprensione. La parte sintetica, potrà essere usata come promemoria veloce da chi dovrà fare delle relazioni o da chi dovrà fare un ulteriore presentazione all interno della propria organizzazione. L introduzione al piano industriale di un azienda in crisi potrà differenziarsi dall introduzione ad un piano di un impresa in espansione seguendo tre punti principali, in modo tale da offrire al lettore una panoramica veloce ma completa dei motivi che hanno condotto l impresa a predisporre un piano per interlocutori esterni, che la dovranno supportare nel difficile cammino del risanamento. 1. Breve storia dell azienda e sua governance La storia dell azienda, soprattutto per chi la conosce solo attraverso il piano, deve dare un indicazione dei valori espressi dell azienda in termini di proposizione sul mercato e posizionamento. Inoltre si dovrà evidenziare l evoluzione, per tappe fondamentali, della governance aziendale. 2. Ragioni della crisi Questo aspetto è fondamentale. Utile anche per dimostrare, agli interlocutori terzi rispetto all azienda, di avere capito quali sono i punti che hanno causato lo squilibrio aziendale. Si dovrà indicare con puntualità la genesi degli errori strategici commessi: quale visione del marcato non si è rivelata corretta, quale sistema di offerta non è stato percepito come un valore aggiunto dalla clientela individuata inizialmente, quali eventuali eccessivi o insufficienti investimenti hanno portato alla crisi attuale. 3. Strategie di riorganizzazione interna e riequilibrio aziendale Normalmente le strategie previste per riequilibrare l azienda sono molteplici, ed è con la combinazione di tutte le azioni che si punta al turnaround. Per ogni azione prevista si dovrà indicare l impatto economico, finanziario e patrimoniale così che l azione combinata di tutte le strategie potrà immediatamente essere valorizzata, nel volume complessivo, all interno del piano. Inoltre, si conoscerà facilmente l impatto che l eventuale mancata attuazione di una o più azioni porterà al piano industriale. Le strategie indicate dovranno naturalmente avere il requisito della ragionevolezza, richiesto per l attestazione ex art. 67 l.f. Pertanto alcune scelte difficilmente saranno considerate valide, 23

24 quali ad esempio l aumento delle marginalità sulle vendite o l incremento del volume d affari. Tali strategie, infatti, dovranno essere validamente motivate altrimenti non si potrà comprendere la ragione per cui non siano state implementate in precedenza. Viceversa tutte le decisioni che dipendono dalla volontà dell azienda, quali diminuzione dei costi fissi, tagli di rami d azienda poco produttivi, diminuzione del costo del personale, saranno ragionevolmente accettate nel piano se ritenute raggiungibili e soprattutto se tali azioni siano state già intraprese dalla società, anche se non vi sia stata la loro completa manifestazione economica e finanziaria. 24

25 2. La disciplina di legge 2.1. La ratio dell introduzione del Piano di risanamento La riforma della Legge Fallimentare, iniziata nel 2005, si è ispirata ad un nuovo concetto: privilegiare il rapporto diretto intercorrente tra debitore e creditore, nel senso che, in linea generale, il primo propone una soluzione alla crisi e l altro diventa arbitro dell esito della proposta (Riva 2010). Questa nuova impostazione è volta a trovare strumenti giuridici idonei a preservare e risanare (uscendo dall unica strada che la precedente normativa sembrava tracciare: la liquidazione) l impresa insolvente. Per le grandi imprese in stato d insolvenza, il legislatore ha introdotto nel dicembre 2003 la disciplina della c.d. Legge Marzano con la quale l obiettivo tendenziale è di risanare l impresa insolvente, che deve essere dichiarata fallita solo nel caso in cui tale finalità non sia concretamente perseguibile (Gianni, 2010). Lo stesso obiettivo è poi stato perseguito dal legislatore con l introduzione dei nuovi strumenti di risoluzione della crisi. Ed infatti con la riforma ha ridisegnato la disciplina concorsuale che ora vede l insolvenza (Art 5, secondo comma l.f.: lo stato di insolvenza si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni) come fenomeno privatistico, rilevabile solo dallo stesso debitore o dai suoi creditori (fatta esclusiva eccezione per l ipotesi di sussistenza di reati, che giustifica l intervento pubblicistico dello Stato per il tramite dell istanza di fallimento presentata dal PM), con eliminazione del carattere pubblicistico che prima si rinveniva nel potere officioso del tribunale di dichiarare il fallimento. Gli effetti dell insolvenza ora sono disciplinati non più solo dagli artt. 5, 1 comma, e 160 della Legge Fallimentare (fallimento, o, prima della riforma, in caso di sussistenza del requisito della così detta meritevolezza e di predeterminate condizioni di pagamento minimo dei creditori, procedura di concordato preventivo), bensì da diverse disposizioni normative (art. 67, 3 comma, lett. d, art. 182-bis, artt. 160 ss. l.f.) che innanzitutto escludono l obbligatorietà per l imprenditore insolvente di accedere necessariamente ad una procedura concorsuale liquidatoria, con conseguente uscita dal mercato. In secondo luogo l accesso alle procedure concorsuali diverse dal fallimento non è più riservato esclusivamente all imprenditore meritevole (avendo l art. 160 l.fall. abrogato fra i presupposti di accesso alla procedura il requisito). Infine la riforma ha portato ad eliminare la previsione per cui il piano 25

26 di risanamento comportasse necessariamente la comprovata capacità dell imprenditore, all esito del piano, di pagare integralmente i creditori. Ora l imprenditore può risanarsi anche grazie ad accordi di ristrutturazione dei debiti, che in molte occasioni vedono i creditori chiamati ad aderire a proposte di soluzione della crisi o dell insolvenza che comportano sacrifici economici per gli stessi in termini, per esempio, di decurtazione delle loro posizioni creditorie. E una richiesta al ceto creditorio di credere alle capacità dell imprenditore di risanarsi, senza avere certezza dei risultati e in un quadro di fiducia verso l impresa in crisi, da mantenere o rinnovare Le leggi di riferimento al momento dell approvazione dei piani analizzati Il testo a cui hanno fatto riferimento i piani attestati su cui è stata svolta l analisi è contenuto nel seguente articolo, modificato dal decreto legge 35 del 14 maggio 2005; la lettera d) del comma 3 è stata novellata ulteriormente dall art. 4 del d.lgs. 12, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 241 del 16 ottobre 2007, con effetto dal 1 gennaio 2008: Art. 67 comma 3 della legge fallimentare Non sono soggetti a revocatoria fallimentare: (omissis) (omissis) (omissis) d) gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore purché posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria e la cui ragionevolezza sia attestata da un professionista iscritto nei revisori contabili e che abbia i requisiti previsti dall'art. 28, lettere a) e b) ai sensi dell articolo 2501-bis, quarto comma, del codice civile; 26

27 Il richiamo all articolo 28 della legge fallimentare individua dunque le categorie professionali che soddisfano i requisiti per attestare la ragionevolezza del piano: Art. 28 della legge fallimentare Possono essere chiamati a svolgere le funzioni di curatore: a) avvocati, dottori commercialisti, ragionieri e ragionieri commercialisti; b) studi professionali associati o societa' tra professionisti, sempre che i soci delle stesse abbiano i requisiti professionali di cui alla lettera a). In tale caso, all'atto dell'accettazione dell'incarico, deve essere designata la persona fisica responsabile della procedura; Il professionista attestatore deve dunque rientrare, in forma individuale od associata, nelle categorie professionali di cui alla lettera a) (avvocati, dottori commercialisti, ragionieri e ragionieri commercialisti) e deve anche essere iscritto nel registro dei revisori contabili. Il richiamo al quarto comma dell articolo 2501-bis del codice civile individua, pur contenendo a sua volta un rimando, la disposizione da applicare alla relazione degli esperti. Sarebbe risultato più lineare un rimando diretto all articolo 2501-sexies, visto che la norma non fa altro che ripetere ciò che è già previsto dalla legge fallimentare; l ulteriore riferimento al secondo comma dell articolo non semplifica l interpretazione della disposizione, aggiungendo un indicazione sulle risorse finanziarie necessarie che si può già desumere dal testo della legge fallimentare. Art bis del codice civile (omissis) Il progetto di fusione di cui all'articolo 2501-ter deve indicare le risorse finanziarie previste per il soddisfacimento delle obbligazioni della società risultante dalla fusione. (omissis) La relazione degli esperti di cui all'articolo 2501-sexies, attesta la ragionevolezza delle indicazioni contenute nel progetto di fusione ai sensi del precedente secondo comma. Al 27

28 progetto deve essere allegata una relazione del soggetto incaricato della revisione legale dei conti della società obiettivo o della società acquirente. (omissis) Arrivati ad interpretare l articolo rubricato relazione degli esperti, si comprende come la disposizione si intrattenga principalmente sul metodo da seguire nella stesura della relazione più che sul suo contenuto. Particolarmente interessanti risultano gli ultimi commi dell articolo, che disciplinano il diritto dell attestatore ad accedere alla documentazione aziendale e la sua responsabilità in caso di danni causati alla società. Art sexies del codice civile Uno o più esperti per ciascuna società devono redigere una relazione sulla congruità del rapporto di cambio delle azioni o delle quote, che indichi: a) il metodo o i metodi seguiti per la determinazione del rapporto di cambio proposto e i valori risultanti dall'applicazione di ciascuno di essi; b) le eventuali difficoltà di valutazione. La relazione deve contenere, inoltre, un parere sull'adeguatezza del metodo o dei metodi seguiti per la determinazione del rapporto di cambio e sull'importanza relativa attribuita a ciascuno di essi nella determinazione del valore adottato. L'esperto o gli esperti sono scelti tra i soggetti di cui al primo comma dell'articolo 2409-bis e, se la società incorporante o la società risultante dalla fusione è una società per azioni o in accomandita per azioni, sono designati dal tribunale del luogo in cui ha sede la società. Se la società è quotata in mercati regolamentati, l'esperto è scelto tra le società di revisione sottoposte alla vigilanza della Commissione Nazionale per le Società e la Borsa. In ogni caso, le società partecipanti alla fusione possono congiuntamente richiedere al tribunale del luogo in cui ha sede la società risultante dalla fusione o quella incorporante la nomina di uno o più esperti comuni. Ciascun esperto ha diritto di ottenere dalle società partecipanti alla fusione tutte le informazioni e i documenti utili e di procedere ad ogni necessaria verifica. 28

29 L'esperto risponde dei danni causati alle società partecipanti alle fusioni, ai loro soci e ai terzi. Si applicano le disposizioni dell'articolo 64 del codice di procedura civile. Ai soggetti di cui ai precedenti terzo e quarto comma è altresì affidata, in ipotesi di fusione di società di persone con società di capitali, la relazione di stima del patrimonio della società di persone a norma dell'articolo Il terzo comma dell articolo disciplina la nomina dell esperto nel caso in cui la società da risanare sia una S.p.A. o una S.a.p.A., indicando il tribunale quale organo preposto alla sua nomina. La dottrina e la giurisprudenza si sono espresse più volte sull applicabilità della norma anche ai piani ex art. 67 lf, come vedremo in seguito La giurisprudenza e la dottrina di riferimento al momento dell approvazione dei piani analizzati La brevità della disposizione a cui fa riferimento il piano attestato lascia molti dubbi interpretativi, di natura sia sostanziale che procedimentale. Forma Stando alla lettera dell articolo 67 non si ha nemmeno la certezza sul requisito della forma. Nel silenzio della legge si ritiene comunque necessaria la forma scritta, data la complessità e l analiticità richiesta da un piano industriale. Per beneficiare dell esclusione della revoca fallimentare, inoltre, l apposizione di una data certa sul documento è requisito imprescindibile. Pubblicità All insegna di quel principio di favore nei confronti della prosecuzione dell attività che ha improntato tutto il procedimento di riforma della disciplina concorsuale in Italia, dunque, il legislatore ha inteso incoraggiare la formulazione di progetti tesi al risanamento dell esposizione debitoria ed al riequilibrio della situazione economico-finanziaria dell impresa, anche qualora questi siano raggiunti ed abbiano esecuzione a livello totalmente privatistico. In questo senso si è pronunciato, tra gli altri, il Tribunale di Roma (23/02/2011). 29

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