Il danno biologico: genesi, evoluzione ed inquadramento sistematico
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- Linda Pappalardo
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1 CAPITOLO PRIMO Il danno biologico: genesi, evoluzione ed inquadramento sistematico 1.1. Origine ed evoluzione del danno biologico La tendenza, manifestata nell ultimo quarantennio dalla dottrina e dalla giurisprudenza, ad ampliare i confini del danno risarcibile, si è tradotta, sul piano giuridico, nel perenne dibattito avente ad oggetto la delimitazione dell area di operatività prima dell art c.c. e successivamente dell art c.c. In ordine al primo, i principali dubbi dottrinali e giurisprudenziali hanno investito l individuazione del concetto di danno ingiusto su cui, ai sensi dell art c.c., s incentra la responsabilità aquiliana e si sono conclusi con il riconoscimento dell atipicità del danno patrimoniale risarcibile, sancita dalla storica sentenza della Cassazione, a sezioni unite, n. 500 del 22 luglio La pronuncia recepisce l opinione, costantemente sostenuta per il passato dalla dottrina che individuava l essenza dell illecito aquiliano nella lesione di una posizione soggettiva non necessariamente costituita da un diritto assoluto, sempre che la stessa fosse ritenuta meritevole di tutela alla luce di una valutazione complessiva dell ordinamento giuridico 2. 1 Secondo la Cassazione ivi richiamata danno ingiusto è qualsiasi conseguenza pregiudizievole che incide negativamente sulla sfera giuridica del soggetto danneggiato, che trova causa nella lesione di un interesse rilevante per l ordinamento giuridico, sia che esso assuma la forma e la sostanza del diritto soggettivo, sia che esso si presenti come interesse legittimo. L area della risarcibilità pertanto non è definita da norme recanti divieti e/o costitutive di diritti (con conseguente tipicità dell illecito in quanto fatto lesivo di ben determinate situazioni ritenute dal legislatore meritevoli di tutela), bensì di una sola clausola generale, espressa dalla formula danno ingiusto in virtù della quale è risarcibile il danno che presenta le caratteristiche dell ingiustizia, e cioè il danno arrecato in difetto di una causa di giustificazione (non iure), che si risolve nella lesione di un interesse rilevante per l ordinamento (contra ius). Ne consegue che l art c.c. non è norma (secondaria), volta a sanzionare una condotta vietata da altre norme (primarie), bensì norma (primaria) volta ad apprestare una riparazione del danno ingiustamente sofferto da un soggetto per effetto dell attività altrui. Occorre precisare che la rilevanza dell interesse per l ordinamento potrà affermarsi solo a seguito della comparazione degli interessi in conflitto, effettuata dal giudice, al fine di accertare se il sacrificio dell interesse del soggetto (assunto) danneggiato trovi o meno giustificazione nella realizzazione del contrapposto interesse del soggetto (preteso) danneggiante, in ragione della sua prevalenza. Cfr. sul punto F. CARINGELLA, Manuale di diritto amministrativo, vol. I, Giuffrè, 2007, p. 167 e ss. 2 Riguardo detto giudizio sintetico e comparativo è utile riportare i passaggi salienti della citata sentenza n. 500/1999 delle sezioni unite (ripresa da ultimo dalle Ordinanze nn e del 13 giugno 2006: In definitiva, ai fini della configurabilità della responsabilità aquiliana non assume rilievo determinante la qualificazione formale della posizione giuridica vantata dal soggetto, poiché la tutela 4
2 Con riguardo all art c.c., il confronto si è articolato intorno al concetto di danno non patrimoniale risarcibile 3, onde circoscrivere l effettiva portata del vincolo di tipicità posto dalla norma in esame. Tale vincolo è stato per decenni considerato dalla prevalente giurisprudenza come un invalicabile limitazione del danno non patrimoniale risarcibile al solo danno morale derivante da reato ex art. 185 c.p. (c.d. tesi restrittiva del danno non patrimoniale), nonché alle altre sporadiche ipotesi di danno non patrimoniale espressamente contemplate dal legislatore 4. A causa di quest interpretazione restrittiva dell art c.c., il danno biologico, derivante dalla lesione del diritto alla salute quale interesse costituzionalmente garantito all integrità psichica e fisica della persona, tradizionalmente considerato dalla dottrina come tipologia più rilevante del genus del danno non patrimoniale, era risarcibile soltanto indirettamente, entro i limiti in cui si fosse tradotto in una perdita della capacità della vittima di produrre reddito (danno patrimoniale, da perdita della capacità lavorativa specifica). Si comprende dunque come il substrato dogmatico, nonché le istanze pratico-applicative poste alla base del danno biologico si rinvenivano proprio nell esigenza di superare lo sbarramento risarcitoria è assicurata solo in relazione alla ingiustizia del danno, che costituisce fattispecie autonoma, contrassegnata dalla lesione di un interesse giuridicamente rilevante. Quali siano gli interessi meritevoli di tutela non è possibile stabilirlo a priori: caratteristica del fatto illecito delineato dall art c.c., inteso nei sensi suindicati come norma primaria di protezione, è infatti la sua atipicità. Compito del giudice, chiamato ad attuare la tutela ex art c.c., è quindi quello di procedere ad una selezione degli interessi giuridicamente rilevanti, poiché solo la lesione di un interesse siffatto può dare luogo ad un danno ingiusto [ ]. Cfr. F. CARINGELLA, Manuale di diritto civile, Le obbligazioni, vol. II, Giuffrè, 2007, p All indomani dell entrata in vigore del codice civile del 1942 è emerso un problema di fondo relativo all esegesi dell art c.c. : se in altri termini la norma in esame riguardi tutti i danni non patrimoniali di qualsiasi tipo (c.d. tesi estensiva del danno non patrimoniale) oppure se la disposizione si riferisce esclusivamente a quella parte di danni patrimoniali per i quali la questione del risarcimento era stata maggiormente avvertita nella vigenza del precedente codice, cioè i danni morali puri (o soggettivi), consistenti nelle sofferenze psicologiche transeunte (turbamento emotivo, patema d animo, dolore momentaneo) patite dalla vittima dell illecito (c.d. tesi restrittiva del danno non patrimoniale). La tesi estensiva pertanto sosteneva che per danno non patrimoniale risarcibile solo nei casi determinati dalla legge dovesse intendersi qualsiasi tipo di pregiudizio diverso dalla lesione del patrimonio in senso stretto, e quindi sia il turbamento emotivo transitorio (danno morale soggettivo) sia ogni altra offesa di beni non patrimoniali (l integrità fisica, l onore, la riservatezza). Si evince chiaramente tuttavia come una simile opzione esegetica comportasse l illogica e costituzionalmente dubbia limitazione della risarcibilità del danno alla salute allo stretto vincolo di tipicità imposto dall art c.c., cioè all ipotesi in cui l illecito civile lesivo della salute costituisca reato ai sensi dell art. 185 c.p. In caso contrario (danno alla salute derivante da illecito non penale) il pregiudizio al bene dell integrità psicofisica era risarcibile soltanto nei limiti in cui si fosse tradotto in una perdita della capacità della vittima di produrre reddito (c.d. capacità lavorativa specifica) ed in definitiva in un danno patrimoniale. La salute verrebbe così ad essere tutelata non in quanto bene fondamentale rilevante ex se ai sensi dell art. 32 Cost., bensì come strumento di produzione di un reddito. Cfr. sul tema C. M. BIANCA, Diritto civile, La responsabilità, vol. V, Giuffrè, 1994, p. 178; F. CARINGELLA, Manuale di diritto civile, cit., p Si vedano, esemplificativamente, i casi dell art. 89 c.p.c. e 598 c.p., dell art. 2, comma 1, legge n. 117/1988, dell art. 29 legge n. 675/1996 (v. ora art. 15, comma 2, d. lgs. n. 196/2003), dell art. 44, comma 7, d. lgs. n. 286/1998, dell art. 2 legge n. 89/2001, art. 3, comma 3, legge n. 67/2006, art. 37, commi 3 e 4 e art. 38, comma 1, d. lgs. n. 198/
3 costituito dalla tipicità del danno non patrimoniale imposta dall art c.c., anche al fine di evitare le conseguenti illogiche ed inaccettabili discriminazioni di tipo censitario. In particolare l esigenza più avvertita e gradualmente inseguita da parte di dottrina e giurisprudenza è stata quella di riconoscere comunque una pretesa risarcitoria a chi avesse subito un danno alla salute, a prescindere dalla presenza e dalla prova di riflessi economici negativi nella sfera del danneggiato. A questo scopo la giurisprudenza per superare l ostacolo rappresentato dai limiti di applicazione dell art c.c. e consentire la tutela risarcitoria della salute anche in favore di categorie areddituali (casalinga, disoccupato, pensionato) ammette in una prima fase una dimostrazione semplificata del suddetto riflesso patrimoniale, facendo perno sul concetto di capacità lavorativa generica, propria di tutti i soggetti indistintamente a prescindere da una capacità lavorativa specifica 5. Altri escamotages a tal fine elaborati dalla giurisprudenza sono rappresentati dalle categorie del pregiudizio alla vita di relazione: il soggetto leso nella salute perde la possibilità di inserirsi nel contesto sociale o di mantenervisi, ha minori chanches di concorrere nel mercato del lavoro e conseguentemente minori occasioni di produrre reddito. Trattasi di un danno non già morale (non essendo legato a sensazioni dolorose momentanee) ma neanche stricto sensu patrimoniale (non essendo rapportabile ad una perdita di capacità lavorativa specifica), comunque rientrante nella nozione di danno patrimoniale latamente inteso 6 posta alla base della clausola generale di cui all art c.c. Le medesime considerazioni valgono per il concetto di danno estetico (minore gradevolezza estetica del soggetto leso nella salute): per esempio un soggetto che abbia riportato un importante danno estetico al volto è menomato con riguardo alle occasioni non solo lavorative ma anche di socializzazione, perdendo così capacità relazionali fonte diretta o indiretta di guadagno. Anche in questi casi tuttavia resta fermo che la lesione della salute è risarcibile unicamente se è provata, sia pure in modo semplificato, la perdita di capacità reddituale. Pertanto le suddette categorie dogmatiche non risolvono il problema della tutela risarcitoria della salute in quanto tale, cioè senza distinzioni basate sul censo, sulla classe sociale di appartenenza del danneggiato o su connesse valutazioni probabilistiche 7 ; infatti le nozioni di 5 Qualunque vittima di un illecito offensivo del bene salute può agevolmente dimostrare la perdita di capacità lavorativa conseguente (danno reddituale presunto). 6 Tale nozione, accogliendo una lettura ampia ed aggiornata del concetto di patrimonio di cui all art c.c.,che sarà ripresa anche dalla storica sentenza della Corte cost. n. 184/1986, intende lo stesso come comprensivo dei beni strettamente inerenti alla persona, come la salute appunto, e non solo di quelli materiali di immediato carattere economico. Sul punto cfr. F. CARINGELLA, Manuale di diritto civile, cit., p Autorevole dottrina (cfr. ID, op. ult. cit., p. 861) rileva che con riferimento al minore vittima dell illecito sarebbe necessario effettuare un giudizio prognostico e probabilistico relativamente alla futura capacità reddituale che 6
4 capacità lavorativa generica, danno alla vita di relazione, danno estetico, operando solo sul piano della semplificazione probatoria, implicano comunque un inaccettabile giudizio discriminatorio di tipo censitario o fondato sulle condizioni personali della vittima. È soltanto la storica sentenza della Corte Costituzionale n. 184/ che si è avuto il superamento di tale discriminazione: essa ha delineato i confini del danno biologico come danno alla salute considerata ex se, a prescindere dalle eventuali ripercussioni patrimoniali subite dalla vittima dell illecito aquiliano, quali ad esempio la riduzione della sua effettiva o potenziale capacità lavorativa. La Consulta ha interpretato in modo realmente innovativo gli art e 2059 c.c. arricchendoli di nuovi significati emergenti dal tessuto costituzionale. La Corte Costituzionale, attraverso un operazione ermeneutica fondata sulla lettura dell art in combinato disposto con l art. 32 Cost., nonché mediante la qualificazione del danno alla salute come danno evento (poiché le conseguenze dannose sarebbero in re ipsa dimostrate, cioè per il semplice fatto della lesione del bene/interesse fondamentale), ha sostenuto la necessità di una lettura ampia ed aggiornata del concetto di patrimonio di cui all art c.c. 9 in senso non solo economico, ma anche personale, comprensiva del bene salute onde svincolarlo del tutto dai rigori dell art c.c. Secondo il Giudice delle leggi la lesione di diritti fondamentali costituzionalmente sanciti in norme precettive (salute di cui all art. 32 Cost.) doveva quindi essere necessariamente risarcita alla stregua dell art c.c. in quanto menomazione di una posta attiva del patrimonio individuale latamente inteso (danno alla salute come pregiudizio lato sensu patrimoniale). Ne discendeva che dall ambito operativo dell art c.c. andavano depennati i pregiudizi derivanti dalla lesione di diritti fondamentali per transitare nella sfera di operatività dell art c.c. Pertanto l art c.c. in combinato disposto con l art. 185 c.p. riguardava soltanto i danni morali soggettivi (accoglimento della c.d. tesi restrittiva del danno non patrimoniale). In tal modo sorgeva quella concezione tripartita della responsabilità civile fondata sul: 1. danno stricto sensu patrimoniale ex art c.c. (danno-conseguenza di carattere patrimoniale, fondato sulle conseguenze negative dell illecito sul piano economico, che andranno allegate e provate dalla parte che invoca la tutela risarcitoria); 2. danno biologico scaturente dalla lettura combinata dell art c.c. con l art. 32 Cost. (danno-evento lato sensu patrimoniale, uguale per tutti, presunto risarcibile ex tenga conto delle condizioni socioeconomiche della famiglia in cui vive, dovendosi ritenere plausibile che il figlio svolga la stessa attività del padre (vedi Trib. Milano, 18 gennaio 1971, in Giur. merito, 1971, I, p Cfr. Corte cost., 14 luglio 1986, n. 184, in Foro it., 1986, I, c ss. 9 Cfr. le considerazioni espresse in nota 6. 7
5 se per il semplice fatto dell alterazione dell integrità psicofisica a prescindere dalla prova della ricorrenza di conseguenze dannose); 3. danno morale soggettivo costruito sulla rigida interpretazione della clausola di tipicità dell art c.c. (danno conseguenza non patrimoniale, identificato nelle sofferenze psicologiche transeunte patite dalla vittima dell illecito e conseguentemente risarcibili, ai sensi dell art c.c., soltanto nei casi previsti dalla legge, ovverosia di coincidenza tra l illecito civile e quello penale ex art. 185 c.p.). Tale tripartizione ha resistito sino agli interventi della Corte di Cassazione del maggio , successivamente avallati dalla Corte Costituzionale con la sentenza n dello stesso anno. Tuttavia già prima delle storiche sentenze del 2003, a partire dalla pronuncia della Corte Costituzionale n. 372/1994, è stato assestato un duro colpo alla costruzione del danno evento in quanto la risarcibilità del danno biologico è stata subordinata alla dimostrazione oltre che dell esistenza della lesione dell integrità psicofisica, anche della derivazione, dalla lesione medesima, di conseguenze dannose per la vittima dell illecito 12. Non si è infatti mancato di notare come il danno è necessariamente conseguenza dell illecito, per cui anche il danno alla salute non può che essere qualificato come tale 13. A fondamento di tale assunto è stato posto l art. 5, comma 4, legge n. 57/2001 (nella formulazione antecedente alla novella di cui all art. 23, comma 3, l. n. 273/2002), disposizione che consente al danneggiato da sinistro stradale di dimostrare in giudizio un danno biologico ulteriore rispetto al quantum determinato in base al criterio legislativo generale del punto percentuale variabile, ossia una conseguenza ulteriore della lesione della salute, un peggioramento aggiuntivo della qualità della vita dell offeso (danno biologico consequenziale). L impostazione tricotomica del danno non patrimoniale prospettata dalla Consulta del 1986 è stata comunque completamente ribaltata, allorquando la Suprema Corte, sez. III, sentt. nn e 8828/2003, superando definitivamente la qualificazione del danno biologico come danno evento, ha incluso nell area del danno non patrimoniale ex art c.c. oltre al 10 Cfr. Corte Cass., sez. III, 31 maggio 2003, n e Cfr. Corte Cost., 11 luglio 2003, n L impostazione della Corte Costituzionale del 1986 è stata perciò parzialmente ribaltata dalla successiva pronuncia n. 372/1994: se nel 1986 il Giudice delle leggi ritenne sufficiente la prova dell esistenza della lesione ( in se ) dell integrità psicofisica (essendo considerato il danno biologico un danno-evento presunto ) per far sorgere l obbligazione risarcitoria con i conseguenti rischi di duplicazioni e sperequazioni, nel 1994 l efficacia della presunzione di cui si è detto viene circoscritta alla dimostrazione dell an del danno, necessitando il profilo del quantum di una prova ulteriore. 13 Cfr. M. ROSSETTI, Il danno biologico dal diritto vivente al diritto vigente, in Opinioni di diritto civile, 2001, p. 5: Anche ad ammettere che il danno biologico sia un danno evento, la sua risarcibilità non scaturirebbe ipso facto dalla dimostrata esistenza di lesioni alla persona, ma sorgerebbe soltanto dall ulteriore prova che le lesioni hanno causato la riduzione di un valore personale dell individuo, cioè dalla prova di un danno-conseguenza. 8
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